L`etichettatura degli alimenti

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L`etichettatura degli alimenti
L’ETICHETTATURA DEGLI ALIMENTI
Ognuno di noi ha un nome e dei documenti che ne dimostrano l’identità, senza non saremmo un grado
di farci riconoscere nel mondo, non potremmo viaggiare, lavorare, andare a scuola ecc. Lo stesso vale per i
prodotti alimentari, che devono possedere un’adeguata forma di presentazione e riconoscimento, affinché
il consumatore possa comprendere appieno che cosa sta comperando. Il ruolo di rappresentare l’identità
degli alimenti spetta dunque all’etichettatura, che ci fornisce preziose informazioni sugli ingredienti, sul tipo di trattamento tecnologico che hanno subito, sulle modalità di conservazione, sulla qualità, sul materiale
di cui è fatta la confezione ecc.
La legge definisce l’etichettatura come l’insieme di voci, marchi, simboli, indicazioni ed immagini che compaiono sull’etichetta, sull’imballaggio e sui dispositivi di chiusura (tappi ecc) dei prodotti alimentari. Tutte
queste informazioni non devono essere tali da poter trarre in inganno il consumatore.
L’etichettatura di alcuni alimenti quali cacao, acque minerali, estratti di caffè, cioccolato, confetture, gelatine, marmellate, formaggi freschi a pasta filata, miele, latte disidratato, succhi di frutta, vini a marchio di
qualità, alimenti speciali, è regolamentata da norme specifiche, a causa di loro particolari caratteristiche.
Vediamo ora cosa sono voci, simboli, marchi e tutto quanto fa parte dell’etichettatura di un alimento.
La primissima cosa che salta all’occhio è sicuramente la denominazione di vendita (ad esempio Latte
parziolmente scremato in polvere), una descrizione che permette di individuare la natura del prodotto (latte), fornendo anche indicazioni sullo stato fisico dell’alimento (in polvere) e sul tipo di trattamento tecnologico subito (parzialmente scremato).
Il consumatore attento legge sempre l’elenco degli ingredienti, ma qual è il trucco per saperlo leggere
bene? Bisogna sapere che sono riportati in ordine decrescente di quantità, quindi quelli riportati per primi
sono quelli presenti in proporzione maggiore. Attenzione però, perché per alcuni alimenti non esiste
l’obbligo di riportare l’elenco degli ingredienti, come per aceti, alcolici, latticini, prodotti monoingrediente
(come lo zucchero) e prodotti ortofrutticoli freschi.
Diciture particolari nell’elenco degli ingredienti possono essere: Ingredienti del prodotto ricostituito (per
prodotti concentrati o disidratati, da consumarsi dopo essere stati ricostituiti, come il latte in polvere) e In
proporzione variabile (indica che sono stati utilizzati miscugli, di frutta e ortaggi o di spezie ed erbe aromatiche, nella preparazione del prodotto).
Se nella denominazione di vendita o sull’etichetta compare la scritta A ridotto contenuto di…, la legge prevede che venga riportata la percentuale di tale ingrediente accanto alla denominazione di vendita, oppure
nell’elenco degli ingredienti. La stessa cosa vale per qualsiasi riferimento all’ingrediente caratterizzante,
come ad esempio Al burro, Con prosciutto ecc.
Gli additivi sono indicati con la lettera “E” (che ne indica l’autorizzazione da parte dell’Unione Europea) seguita da tre cifre e dalla categoria di appartenenza (ad esempio conservanti, emulsionanti, stabilizzanti
ecc.). Per quanto riguarda gli aromi, la dicitura Aroma significa che è una sostanza chimica creata in laboratorio, che ha le stesse caratteristiche della sostanza naturale; Aroma naturale indica invece la sostanza estratta da fonti aromatiche naturali.
Altra importante componente dell’etichettatura è la quantità netta, riportata con diverse unità di misura in base allo stato fisico del prodotto (ad esempio 100g oppure 1l). Attenzione ad alcuni alimenti a mercato estero, perché possono riportare la quantità netta anche in unità di misura di altri paesi (come le once, la
cui abbreviazione è oz), quindi non bisogna travisare questa informazione.
I prodotti con liquido di governo (come fagioli in scatola, pomodori pelati ecc), oltre alla quantità netta riportano anche il peso sgocciolato (perché generalmente il liquido che contiene questi alimenti non viene
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consumato), mentre quelli precotti sono identificati dal peso del prodotto originale e della percentuale del
prodotto finito (in quanto la cottura modifica il peso degli alimenti).
Per sapere entro quando è meglio consumare un alimento, lo sanno tutti, bisogna guardare la data apposta sulla confezione o sull’etichetta. Ma che differenza c’è fra la scritta Da consumarsi entro il e Da consumarsi preferibilmente entro il? La prima (data di scadenza) indica che oltre quella data il prodotto può
costituire un rischio igienico-sanitario ed è infatti utilizzata per cibi molto deperibili (latte, formaggi freschi,
yogurt, pasta fresca ecc). La seconda (termine minimo di conservazione o TMC), usata per prodotti poco
deperibili, indica che fino a quella data il prodotto conserva le proprie caratteristiche chimico-fisicosensoriali in adeguate condizioni di conservazione, se consumato invece dopo tale data non presenta un
aumento del rischio igienico-sanitario, ma potrebbe essere alterato nelle caratteristiche sensoriali (ad esempio i biscotti possono perdere di croccantezza).
Per alcuni alimenti l’indicazione della data di scadenza o del TMC non è obbligatoria. Si tratta di prodotti
che, per loro particolari caratteristiche fisico-chimiche o merceologiche, non presentano particolari rischi di
alterazione igienico-sanitaria e/o sensoriale, in quanto non possono costituire un buon substrato per lo sviluppo di microrganismi patogeno-alterativi e devono essere consumati in tempi brevi per poterne assaporare appieno le caratteristiche sensoriali. Come ad esempio lo zucchero allo stato solido, il sale, l’aceto, i
prodotti ortofrutticoli freschi, le bevande alcoliche con gradazione ≥10, i chewing gum ed i prodotti di panificio-pasticceria che devono essere consumati entro 24 ore.
Come capire la conservabilità di un alimento dalla data di scadenza o dal TMC? Se la data è espressa come
giorno e mese il prodotto è conservabile per meno di 3 mesi, se è espressa come mese e anno il prodotto è
conservabile da 3 a 18 mesi, se invece è indicato solo l’anno significa che il prodotto è conservabile per almeno 18 mesi.
Sapere dove, come, quando e da chi è stato prodotto l’alimento è importantissimo, perché in caso di rischio igienico-sanitario è possibile risalire alla fonte della contaminazione. Le informazioni relative alla
produzione sono rappresentate dalla data di produzione (Prodotto il 12/07/2008), dal nome del produttore
(Centrale del latte di…), dalla sede dello stabilimento (Nello stabilimento di via Roma 6) e dal lotto di produzione (L2256), che indica le partite di alimento prodotte nelle stesse condizioni tecnologiche (stessa temperatura, stesse materie prime ecc).
Come e dove conservare un prodotto a casa? Come scongelarlo? Come cuocerlo? L’etichettatura ci fornisce anche queste informazioni, tramite le istruzioni per l’uso, che comprendono le modalità di cottura e
preparazione, nonché le indicazioni per la corretta conservazione, come ad esempio Conservare il frigorifero da 0°C a +4°C. Rispettare queste indicazioni è importante sia per preservare le caratteristiche sensoriali
del cibo, ma anche per evitare l’alterazione dei prodotti molto deperibili.
Probabilmente molti consumatori si chiedono cosa significhi la e (in grassetto e molto grande) riportata
sull’etichetta degli alimenti. È un simbolo metrologico che indica che il produttore ha rispettato le normative europee concernenti il confezionamento del prodotto.
E il codice a barre? Può dirci qualcosa di utile? Certo che si, ma prima vediamo cos’è e a cosa serve. Si
tratta di un codice numerico, le cui cifre rappresentano alcune informazioni riferite al prodotto, espresse in
un formato che può essere compreso dai lettori ottici (come quello del supermercato). A livello europeo esiste un sistema comune, chiamato EAN (European Article Number), che permette di identificare i prodotti
(non solo alimentari) tramite il codice a barre.
Le sue cifre hanno un preciso significato: le prime due indicano il paese d’origine del possessore del marchio (ma non il paese in cui l’alimento è stato prodotto o il paese d’l’origine delle materie prime), dalla terza alla settima indicano il produttore, dalla ottava alla dodicesima indicano il prodotto, mentre l’ultima cifra
è il codice di controllo dell’intero codice. Al consumatore, tuttavia, basta leggere le prime due, per sapere di
dov’è il possessore del marchio, secondo questa tabella:
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NAZIONE
PRIME DUE CIFRE
CODICE A BARRE
Argentina
Australia
Austria
Belgio e Lussemburgo
Brasile
Canada
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Giappone
Grecia
Israele
Italia
Messico
Norvegia
Olanda
Portogallo
Regno Unito
Spagna
Sudafrica
Svezia
Svizzera
Ungheria
USA
779
93
90
54
789
09
57
64
30
40
49
520
729
80
750
70
87
560
50
84
600
73
76
599
00
L’etichetta, che è la carta d’identità dell’alimento, non può non fornire informazioni circa il suo valore
nutrizionale. A tale scopo esiste infatti un sottoinsieme dell’etichettatura, che è l’etichettatura nutrizionale, rappresentata da una tabella in cui vengono riportati il valore energetico e la composizione in nutrienti
(proteine, carboidrati, lipidi, vitamine, minerali, fibra e sodio) per 100g di alimento e/o per porzione. Non è
obbligatoria, ma lo diventa quando il prodotto è accompagnato da una dicitura nutrizionale a scopo pubblicitario (ad esempio A ridotto contenuto di grassi).
Come si può verificare se i valori energetici riportati nell’etichettatura nutrizionale sono corretti? Basta applicare una semplice formula:
APPORTO ENERGETICO (KCAL) = (g proteine x 4) + (g grassi x 9) + (g carboidrati x 4) + (g alcol x 7)
Sulle etichette nutrizionali e sulle tabelle di composizione degli alimenti, il valore energetico viene espresso
anche in kJ (chilojoule), che è l’unità di misura internazionale dell’energia. Attenzione però, perché 1 caloria
è pari a 4,186 joule, quindi non spaventiamoci quando per sbaglio o distrazione leggiamo il valore energetico in kJ anziché in kCal.
La sigla RDA, in genere riportata accanto alla quantità di minerali e vitamine, è l’acronimo inglese di Raccomanded Daily Assumption, ovvero Razione Giornaliera Raccomandata. Indica in che percentuale la quantità
di quel nutriente soddisfa i fabbisogni giornalieri medi di un individuo.
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Con l’istituzione dell’Unione Europea i prodotti sono liberi di circolare sul mercato comunitario senza essere sottoposti a controlli doganali. Per i prodotti alimentari la certificazione della salubrità igienica è garantita dalla nazione produttrice tramite il bollo UE, che consente al prodotto di circolare sul mercato europeo
senza essere sottoposto ad ulteriori controlli.
Diciture come UNI ENI ISO 9001:2000 indicano che il produttore ha ricevuto la certificazione della qualità da parte di un ente autorizzato. Può riferirsi al prodotto, al personale ed a qualsiasi altro aspetto della
produzione.
Come tutti gli italiani ben sanno, il nostro paese è una miniera di tradizioni enogastronomiche e di prodotti tipici, a tutela dei quali le autorità europee hanno istituito dei marchi di qualità (DOC, DOCG, VQPRD e
IGT per i vini; DOP, IGP e STG per gli altri prodotti), rappresentati da simboli specifici. Per ottenere tali marchi il produttore deve rispettare un disciplinare di produzione e viene controllato da un consorzio. Il prodotto deve invece possedere delle caratteristiche legate all’ambiente naturale di produzione o alle materie
prime o ad alcune tecniche particolari di lavorazione, che ne giustifichino la particolarità.
Marchi particolari possono essere invece Dolphin Safe (per i tonni catturati senza uccidere i delfini che
restano intrappolati nelle reti da pesca), Trans Fair (per i prodotti fabbricati nel terzo mondo senza sfruttamento della schiavitù), Marine Steward Council (per pesci e frutti di mare pescati in modo ecologicamente
sostenibile), Ecolabel (una margherita con 12 stelle ed inscritto il simbolo dell’euro; marchio ufficiale europeo che indica un prodotto a impatto ridotto sull'ambiente in ogni fase del suo ciclo di lavorazione; viene
rilasciato dall’Agenzia Nazionale per la Protezione Ambientale), Punto Verde (due frecce intrecciate, una
verde ed una gialla; in Germania attesta il pagamento di una tassa per il riciclo, ma in Italia non ha valore in
quanto tutti i produttori devono pagare le tasse sulla raccolta differenziata).
Quando si consuma un alimento, poi bisogna smaltire l’imballaggio o la confezione, ma come? Leggendo
l’etichetta, che riporta anche diciture ecologiche utili alla corretta raccolta differenziata degli imballaggi.
Prima fra tutte la dicitura Non disperdere nell’ambiente dopo l’uso, eventualmente sostituita dall’immagine
di un omino che getta l’imballaggio nel bidone della spazzatura.
Per i materiali diversi dal vetro è riportata la sigla del materiale dell’imballaggio, inscritta in un cerchio o in
un esagono, l’importante è saper decifrare la scritta e destinare correttamente il rifiuto in base alle regole
di raccolta differenziata in vigore nel proprio comune:
SIGLA
PS
PT
PE
CA
PET
PI
AL
ACC
PP
PVC
MATERIALE
Polistirene (plastica)
Poliestrusi (plastica)
Polietilene (plastica)
Carta
Polifenilftalato (plastica)
Poliaccoppiati (carta, alluminio e plastica)
Alluminio
Carta stagnata
Polipropilene (plastica)
Polivinilcloruro (plastica)
Oltre a racchiudere tutto ciò che la legge impone venga comunicato al consumatore, l’etichettatura riporta anche una serie di informazioni “non essenziali”, legate alla natura commerciale ed al marketing del
prodotto. Si tratta di messaggi promozionali o pubblicitari di vario genere, riferiti alla qualità del prodotto
(Azienda certificata per la qualità), ai suoi possibili impieghi gastronomici (ad esempio si trovano molte ricette sulle confezioni della pasta), alle sue caratteristiche nutrizionali, alle tradizioni dell’azienda (Produ-
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ciamo prosciutto dal 1906), ma anche raccolte punti, buoni sconto, numero verde, informazioni su altri
prodotti dell’azienda ecc.
Tutte queste componenti dell’etichettatura hanno la finalità di attirare il cliente e persuaderlo a comperare
quel prodotto. La legge non vieta questa forma di pubblicità, ma impone che i messaggi promozionali comunicati tramite l’etichettatura risultino veritieri e non siano formulati in modo da trarre in inganno il consumatore.
CASI PARTICOLARI
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Non tutti gli alimenti devono però essere etichettati nello stesso modo, vediamo quindi qualche caso di etichettatura particolare.
- Prodotti ortofrutticoli freschi - Per i quali va riportata la varietà, il prezzo al chilo, il luogo o lo stato di provenienza e la categoria. Quest’ultima può essere Extra (prodotto di qualità superiore e privo di difetti), Prima (prodotto di buona qualità, ma con leggeri difetti di forma, colore, buccia), Seconda (prodotto con difetti di forma, colore, buccia e alterazioni in superficie).
- Carne - Deve essere accompagnata dal Bollo UE, dal numero che identifica l’animale o il lotto di animali,
dal paese di nascita e di ingrasso dell’animale e dal paese e numero di approvazione dell’impianto di macellazione e del laboratorio di sezionamento.
- Prodotti ittici - Per questi alimenti è obbligatorio dare indicazioni delle modalità di pesca, tramite tre diciture: Pescato (indica che è stato pescato in mare ed è seguita dall’indicazione della zona di pesca), Pescato
in acque dolci (indica che è stato pescato in acque dolci interne) e Allevato.
- Uova - L’etichettatura deve riportare la loro classificazione in categorie di peso e qualità, in base alla tabella seguente:
Di peso
Categorie
Di qualità
XL
L
M
S
A
B
C
Grandissime > 73g
Grandi
63 - 73g
Medie
53 - 63g
Piccole
< 53g
Fresche (se “extra” sono freschissime)
Uova di seconda qualità
Declassate (destinate all’industria)
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