La vita in comunità... 7 tazzine

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La vita in comunità... 7 tazzine
Raccontare la Comunità significa raccontare le storie di adulti e minori che la vivono..
che si intrecciano nella quotidianità…
A
BAT JOUR
Ogni sera le luci si spengono verso le 23:30. Alcune abat-jour rimangono invece accese. E lo
rimarranno fino al giorno successivo. Si rincorrono i tramonti e le albe in comunità. Ogni giorno
diverso dall'altro: programmato negli appuntamenti ed orari fissi della scuola e delle attività
pomeridiane.
Tanti però i piccoli eventi quotidiani non programmabili, tante le questioni che nascono in un
luogo che accoglie storie simili, ma mai uguali; operatori che lavorano in sintonia, ma con stili e
caratteri diversi.
Ogni giornata è diversa perché costruita sulle relazioni, parola dopo parola, sguardo dopo sguardo,
silenzio dopo silenzio. Alcune abat-jour si spengono al mattino, altre la sera.
La comunità è anche questo, riconoscere tempi differenti e differenti bisogni di luci e ombre.
B
ISOGNI
Se hai necessità di travasare liquidi in contenitori dall'imboccatura stretta lo strumento di cui hai
bisogno è l'imbuto. Se hai necessità di ripararti dalla pioggia, l'ombrello è quel che fa per te. Se
devi montare un mobile, il cacciavite ti verrà in soccorso. A seconda del bisogno cui occorre
rispondere, devi cercare di dotarti dello strumento più funzionale. Ad ogni obiettivo, un diverso
attrezzo.
Per ogni ragazza accolta in comunità, l’équipe, insieme al Servizio Sociale e alla NPI, scrive un PEI,
un progetto educativo individuale. Ogni ragazza ha storia, rete familiare, capacità e carattere
differenti. I bisogni con cui ci si deve confrontare e da affrontare sono molteplici.
E’ attraverso il PEI che si definiscono gli obiettivi (a breve, medio o lungo termine) specifici per
ogni singola fanciulla, e gli strumenti per raggiungerli; progetti che annualmente vengono verificati
e rimessi in discussione. E’ il documento che l’equipe stila per decidere se c’è bisogno di un
cacciavite, di un imbuto o di un ombrello. Perché se devi montare un mobile, di un imbuto non te
ne fai assolutamente nulla…
C
AFFE'
Sette tazzine, una bottiglia d’acqua, bicchieri, qualche biscotto e una caffettiera enorme fumante.
Il planning, il diario ed i turni.
Tutti i martedì mattina, per 52 volte l’anno l’équipe della comunità si ritrova intorno a un tavolo
così. Sette educatori e una coordinatrice. A confrontarsi, scontrarsi, mediare e trovare decisioni
comuni che rispondano ai bisogni delle ragazze.
Occorre decidere chi le accompagnerà alle varie attività, chi si occuperà di fare l’ordine degli
alimentari, chi dovrà scrivere la mail di aggiornamento alla psicologa, chi gestirà le pulizie e la
riorganizzazione della dispensa... E soprattutto si dà spazio all’aggiornamento sugli avvenimenti
della settimana e al confronto sui metodi ed interventi da attuare.
Insomma, senza caffè è dura arrivare all'ora di pranzo. Solo la coordinatrice ci riesce (e ancora ci
si chiede quale sia il suo segreto).
1
D
IALOGO
Qui si ascolta e si parla tanto. Il dialogo è il pane quotidiano della comunità, una strada
impalpabile dove camminare accanto all'altro. Ogni giorno è uno scambio di idee, commenti,
esperienze, interventi, domande, chiarimenti, sentimenti. Si dialoga con gli altri e con se stessi. Ci
sono dialoghi immaginati, verbali e non verbali e tra chiacchiere e confronti si costruisce e narra
assieme una storia di volta in volta diversa. Le riunioni, le discussioni e le collaborazioni stimolano
la creatività, la criticità e rafforzano le capacità relazionali ed emotive di ciascuno. Le parole
diventano filo invisibile che unisce distanze ed individualità. Perchè la comunità è una macchina
complessa, un posto dove storie difficili si incontrano e devono vivere insieme, condividere spazi,
accettare compromessi e regole. Ogni cosa è divisa: i bagni, la stanza, la tavola. Ed è una palestra
quotidiana quella che porta dal dividere al condividere.
E
QUIPE
Un’équipe educativa deve funzionare sapendo che ognuno è necessario, ma nessuno
fondamentale.
La coordinatrice, sette educatori più tre educatori sostituti (strana parola che descrive gli
educatori che sostengono l’equipe nei turni settimanali, ma non ne fanno parte) e una Adest.
Undici persone in tutto, come in una squadra di calcio. Ognuno un suo ruolo, ma la tattica di gioco
è condivisa e il pallone che passa da un piede ad un altro è uno solo. Metafora non scontata per
una équipe formata per gran parte da donne.
F
AMIGLIA
In Comunità si cerca di “fare famiglia” senza simulare la famiglia. Lo sforzo è costruire insieme un
luogo che sia “come una casa”, facilitando il vivere in una situazione di normalità, di naturalezza
almeno parziale, in grado di favorire la costruzione di relazioni veramente significative. Perchè
l'inserimento in struttura è prima di tutto un'esperienza relazionale. Stare e Fare insieme, nel
rispetto dei ruoli, delle esigenze e delle potenzialità di ognuno: preparare i pasti, avviare una
lavatrice, stirare la biancheria, riordinare gli ambienti, prendersi cura di sé e degli spazi, dedicarsi
ai compiti o giocare a carte, insomma, partecipare attivamente alla vita quotidiana, innescano
meccanismi di fiducia e di sviluppo delle potenzialità. Trascorrere una quotidianità significa
costruire insieme uno scenario comune di riferimento, fatto non solo di regole, ma di abitudini, di
legami basati sul rispetto e sulla condivisione. E' la graduale scoperta che un modo diverso di stare
assieme è possibile. E divertente. I passatempi possono essere i più diversi: una serata a base di
film, pop-corn e coccole sul divano; giocare a palle di neve nel cortile per poi correre su in
Comunità a scaldarsi con una tazza di tè; fare pic-nic e gite dove il divertimento spesso sta proprio
negli imprevisti; cucinare una torta da condividere o dipingere un cartellone da appendere;
guardare o creare un album di fotografie... perché certi fotogrammi rimarranno ricordi indelebili,
momenti magici per tutti, educatori e ragazze. Insieme si sviluppa un sentimento di appartenenza
di tipo affettivo, dove festeggiare il Natale, il Capodanno, il Compleanno è davvero una festa!
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G
IORNATA
La giornata tipo di una comunità inizia con la sveglia. Ogni ragazza ha impegni e orari differenti.
Chi va a scuola (anche molto lontano) e deve prendere un pullman o un treno e si alza molto
presto; chi lavora; chi si trova in un momento di pausa o di passaggio e non ha impegni quotidiani
(ancora!) specifici.
Per tutte comincia con la colazione nel salone. Tè, succhi di frutta, latte e caffè. Ci si saluta e ci si
da appuntamento per pranzo. L'educatore della notte si congeda e si da il cambio con il collega
dopo un approfondito passaggio di consegne ed aggiornamenti sulle ultime ore.
La mattina è il momento delle pulizia, del riordino, della spesa e della riunione d'équipe, degli
appuntamenti per le plenarie (incontri con gli altri attori sociali della rete) o con la scuola. Le ore
della mattina sono le più silenziose in comunità. Spesso la televisione è spenta, gli stereo anche.
Unici suoni dominanti: il trillo del telefono ed il rumore del fax. Nella struttura, solo l'educatore in
turno, l’Adest e le ragazze momentaneamente senza impegni o malate. Dalle 13 in poi comincia a
suonare il citofono. La tavola è già apparecchiata e varie pietanze sono pronte.
L’ultima ragazza rientra verso le 15, sul tavolo ancora la tovaglia ed il suo piatto...e qualcuno
pronto a farle compagnia. Nel pomeriggio si parte con i compiti e si prosegue con le attività scelte
dalle ragazze (danza, palestra, piscina, teatro…). Spesso i pomeriggi sono anche momenti in cui si
incontrano i parenti delle ragazze, gli amici, fidanzati e fidanzate. Ora di rientro per tutte sono le
19:30. Perché la sera si mangia tutti insieme, sul lungo tavolo. Si sparecchia insieme. E poi in serata
passeggiata, film, musica, e piano piano le luci si spengono....e nei periodi e giorni di vacanza si
ricomincia: con meno doveri, più gite e gelati! Salvo occasioni speciali, verso le 23 tutte nelle loro
stanze. Camomilla, confidenze, coccole. Buonanotte.
H
ACCP
Hazard Analysis and Critical Control Points, letteralmente «Analisi del Pericolo e Controllo dei
Punti Critici».
Strano pensare che in comunità si adotti un sistema ideato negli anni sessanta, negli Stati Uniti,
con l'intento di assicurare che gli alimenti forniti agli astronauti della NASA non avessero alcun
effetto negativo sulla salute e non potessero mettere a rischio missioni nello spazio. Anche se a
volte le missioni che attendono gli educatori sono, per complessità, pari a quelle spaziali, nulla
hanno a che fare con satelliti e viaggi interstellari.
Per l’educatore in turno significa moduli da compilare, etichette da appiccicare, procedure da
rispettare...ma garanzia di a real good job!
I
MMAGINAZIONE
L'adolescenza, come l'infanzia, è il tempo in cui l'immaginazione spesso regna sovrana: “cosa fare
da grandi”, “cosa potrebbe succedere se”, “come sarebbe la vita se fosse diversa”...
L'immaginazione diventa una possibile chiave di lettura del mondo, un filtro che può determinare
le nostre scelte.
La Comunità è un luogo di confronto, dove le storie reali ed ipotetiche, presenti e passate, si
arricchiscono nell'incontro delle storie altrui. Il compito degli educatori è anche quello di stimolare
l'immaginazione, di ampliare gli orizzonti e le prospettive, perché le ragazze possano tornare ad
immaginare il loro futuro, anche quello più immediato, quando tutte le porte sembrano loro
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chiuse, quando troppe ombre opacizzano colori ed entusiasmo.
Non perchè l'immaginazione possa essere semplicemente una forma di evasione da una realtà
sgradita o dolorosa, ma perchè possa dare la concreta possibilità di crearne una migliore. Una
relazione d'aiuto è una relazione che tende al cambiamento e “se consideriamo che cambiare
appartiene allo stesso campo semantico di scambiare introduciamo un elemento di reciprocità che
costituisce un'importante base etica” (C.Bosetto).
E l'immaginazione è anche uno strumento fondamentale per gli educatori nel tentativo di trovare
soluzioni pratiche a problemi complessi, nella ricerca di alternative a miracoli e superpoteri:
moltiplicazione delle risorse e del budget, dono dell'ubiquità e teletrasporto, sensi iper sviluppati,
omnilinguismo, onniscienza, manipolazione del tempo e della meteorologia, invulnerabilità,
capacità di conversione energetica...
Immaginazione è anche l'arte di non lasciarsi mai scoraggiare e di sapersi arrangiare!
J
AZZ
“Il jazz è la metafora del coraggio che bisogna avere nella vita: improvvisare vuol dire partire per
una nuova avventura. Ogni persona ha l'opportunità di esprimere se stessa. Tu apri la porta, entri,
ti unisci agli altri, poi riapri la porta e vai via, ma la festa c’era prima di te, e continua dopo di te.”
W. Shorter
Pomeriggio, sera, weekend. La comunità è continuamente immersa nel suono della musica,
attraverso gli stereo nelle stanze delle ragazze, i cellulari e le loro casse, la televisione con le sue
reti musicali, i lettori mp3.
Da una stanza all’altra si rincorrono brani reggaetone, note neomelodiche napoletane, bassi
techno hardcore e musica pop italiana, rap e dance est-europea.
La comunità è un complesso musicale...che da valore a molti gusti e ha tante partiture... Rimane la
speranza di ascoltare un giorno anche del buon jazz.
K
RAPFEN
Le nostre abitudini alimentari e il modo in cui ci rapportiamo con il cibo assumono, consciamente
o inconsciamente, molteplici valenze, il cui significato riguarda non solo gli aspetti essenziali della
nutrizione, ma anche quelli della socialità e della cultura, rendendo il cibo qualcosa più di un
'semplice' alimento. E questo è ancora più vero se si parla di adolescenti. Quindi il lavoro
dell’educatore non può non soffermarsi sul tema dell’alimentazione, non solo per quelle ragazze
che arrivano in comunità con disturbi conclamati del comportamento alimentare.
Perché a volte si andrebbe avanti mangiando solo cioccolata, pasta, krapfen e dolci...
Ed i pasti sono importanti nella quotidianità comunitaria. Soprattutto la cena, in cui risate, litigi,
battute ed aneddoti accompagnano il momento in cui ci si trova tutte insieme a tavola dopo
un’intera giornata di impegni ed episodi da raccontare o nascondere.
La cena è il momento più coinvolgente, perché obbliga tutte a sedersi intorno al tavolo e a
confrontarsi con le altre, a far emergere antipatie e simpatie, ad affrontare questioni scomode di
convivenza e cercare compromessi nella vita comune.
L
AVORO
Lavorare in comunità ti porta, nella quotidianità, a svolgere vari mestieri: dall’impiegato
all’insegnante di matematica, dal cuoco all’autista, dal manutentore all’addetto delle pulizie, dal
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responsabile qualità all’informatico, dallo sportivo all'artista.
L'intento pedagogico viene mediato dagli spazi, dai tempi, dalle comunicazioni, dai gesti condivisi:
tutti i momenti della giornata e tutte le azioni svolte, hanno rilevanza terapeutica ed educativa.
Senza però dimenticare qual è il tuo lavoro e ruolo e le finalità educative del tuo esser lì ad
avvitare un armadio...
M
IMOSA
Se fosse un fiore sarebbe una mimosa, perché la comunità è Femmina. Non solo per chi si
appresta a fare l'analisi grammaticale del sostantivo “comunità”, anche per chi tende a descriverla
come un posto dove si ritrova dolcezza, accoglienza, sensibilità, protezione e fragilità. Chi la vive
però sperimenta anche forza e determinazione.
Ma la comunità Accomazzi è femmina soprattutto perché accoglie ragazze. Che nella loro vita
parentale e amicale si sono trovate ad affrontare abusi e violenze. E ci sono alcune che portano
sulle spalle storie di abbandono ed incuria, di disagio e solitudine. Alcune, cresciute troppo in
fretta, si sono trovate a ricoprire ruoli da donne e madri (pur non essendolo) in un’età ancora
acerba. Sono ragazze e bambine che nelle relazioni più intime, hanno trovato le fatiche più grandi.
E’ compito arduo ricostruire una possibilità di futuro, far riscoprire le potenzialità presenti e
latenti, e, per dirla alla Freire “ nell'aiutarle ad aiutare sé stesse, nel farle agenti del loro stesso
recupero, nel collocarle in una posizione critica di fronte alla propria storia”.
N
AVIGAZIONE
“Una nave nel porto è al sicuro, ma non è per questo che le navi sono state costruite” J.A. Shedd.
La comunità è un porto sicuro, dove le ragazze ricevono protezione e cura. Dove le paratie
vengono rinforzate per affrontare le onde del mare aperto. Il momento della partenza, del lasciare
gli ormeggi non è mai facile. L’aver sperimentato, dopo una breve vita burrascosa, che esistono
porti sicuri, non rende facile tornare in balia delle onde. Ma ripartono con l’augurio di avere scafi
più forti, capacità di navigazione maggiori e la competenza del riconoscere le stelle per orientarsi
e non farsi incantare dalle luci delle altre navi che passano all’orizzonte.
Un viaggio è verso la memoria, all’indietro, un altro è verso il futuro, verso il nuovo che
entusiasma ma anche un po’ spaventa per la sua incertezza… E' rischio di perdita ma anche
promessa di conquista, è speranza di ritorno ma anche abbandono fiducioso al nuovo.
La Comunità alloggio costituisce per le minori ospitate un luogo dove sentirsi protette, ma funge
anche da trampolino -da porto!- per aprirsi verso l'esterno, verso un futuro di indipendenza e
maggior serenità.
O
ROLOGIO
C’è un vecchio orologio a pendolo nel soggiorno della comunità. Un bell’orologio in legno che
suonava ad ogni ora. E’ fermo ormai da qualche anno, non perché non funziona più, ma perché il
suono del battito delle ore con la sua forza d'intensità spesso disturbava e spaventava!
Il tempo è una variabile importante, in comunità come nella vita. Il tempo dell'orologio si
amalgama al tempo dell'esperienza ed al tempo interno.
C’è un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per demolire e un tempo per edificare
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
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Un tempo per essere inserite, e un tempo per essere dimesse
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per andare a scuola e un tempo per uscire con gli amici.
Un tempo per serbare e un tempo per buttar via,
un tempo per incontrare la famiglia e un tempo per starne lontane.
Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
(Qohelet)
Anche se l’orologio è fermo, i secondi, i minuti, le ore corrono.
P
ORTA
Probabilmente se si chiedesse a un passante come si immagina una comunità per minori, una delle
cose che direbbe è che è un posto con la porta chiusa. Per non permettere agli ospiti di uscire.
La porta della nostra comunità è chiusa, ma solo dall’esterno. Come la porta di una casa normale.
Serve a proteggere dall’esterno, non a rinchiudere chi vive all’interno. La comunità non è un
carcere con condannati che devono scontare una pena. Si può dire, magari venendo tacciati di
troppa retorica, che la loro pena le ragazze ospiti l’hanno già scontata. Senza una condanna o una
colpa da scontare. La comunità è quindi un luogo dove rielaborare la pena, e cercare di ripartire.
Decidendo quando aprire la porta e uscire, quando chiudersi all’interno e aspettare.
E dopo l'uscita dalla Comunità la struttura comunitaria si presta a restare un punto di riferimento
per le ragazze dimesse, supportandole in maniera indiretta, ma costante nel tempo, nel delicato
percorso verso l'autonomia per diventare adulte indipendenti.
La porta per loro resta sempre aperta.
Q
UADERNO
La scrivania è spazio fondamentale: c’è chi la tiene ordinata in maniera maniacale, colleghi che la
lasciano a fine turno in condizioni irriconoscibili, altri che la svuotano e la riempiono in maniera
compulsiva. Strumenti indispensabili il quaderno-diario ed il planning. Sul planning si segnano gli
appuntamenti della settimana, le telefonate, gli orari delle ragazze, eventuali riunioni o eventi
particolari che riguardano il gruppo. Il diario invece è lo strumento principale del lavoro in
comunità. E’ il quaderno su sui si scrivono le vicende della giornata, gli interventi portati avanti, i
dubbi da condividere con i colleghi, riflessioni o confessioni delle ragazze. E’ la prima cosa che si
prende in mano quando si arriva in turno e l’ultima che si abbandona quando si stacca. Per leggere
e scrivere. Di tutto ciò che succede all’interno delle mura comunitarie deve rimanere traccia sul
diario. Non ha un lucchetto a forma di cuore, ma lo si può definire come diario intimo e segreto
della comunità.
R
ETE
E' fondamentale riconoscersi, come educatori, parte di una realtà, di una rete, che influisce ed
educa il minore, perché “Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano
insieme, con la mediazione del mondo” (P. Freire). E col mondo quotidianamente si interagisce e si
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lavora per accompagnare le ragazze. Per integrare risorse, saperi e prospettive in funzione di
obiettivi comuni. Attraverso la scuola o il posto di lavoro, nell’interazione con la famiglia (quando
possibile), e con la rete dei servizi sociali e del servizio di NPI, nella conoscenza e monitoraggio
delle amicizie più o meno intime. Ed è questo il lavoro che quotidianamente affrontiamo: la
singola ragazza e il mondo che la circonda e con cui interagiamo, nel tentativo di tessere una rete
che raccolga ed ordini nelle proprie maglie il caos brulicante e disordinato.
S
OGGIORNO
Il Soggiorno è la stanza più grande della Comunità. E' una zona di vita in comune, non è solo spazio
a disposizione, ma qualcosa di ben più profondo.
Qui ci si concede più tempo per le relazioni interpersonali, per imparare a conoscersi ed accettarsi;
per progettare il futuro, divenendo più maturi e responsabili tra i compiti scolastici e quelli della
quotidianità; per socializzare con una partita a carte, con una sfida ai videogiochi; per scatenarsi in
balli e karaoke; per coccolarsi con tisane e biscotti.
E' il luogo dove si sogna in compagnia, si viaggia con l'immaginazione guardando un film, e si
fantasticano e organizzano partenze vere. Durante l'anno, infatti, si cerca sempre di creare
esperienze di viaggio: che si parli di weekend o di intere settimane, di mare o di montagna,
l'importante è la bellezza di nuove mete, di un nuovo cammino insieme. Ma quando si parla di
soggiorno estivo, non si può proprio mettere in discussione che sia al mare. Si trova un alberghetto
o una colonia che preveda pensione completa ed inizia la vacanza! In soggiorno non ci sono più
compiti scolastici; turni pulizie e cucina; sedie e divani da spostare per improvvisare danze
scatenate: si dimenticano i malumori sulla pista da ballo ed ognuno tenta di trovare il proprio
ritmo sulla pista delle biglie. E se capita di sbandare, di uscir di strada in qualche temibile curva
sabbiosa, poco importa, c'est la vie, basta rimettersi sul sentiero e ricominciare.
T
RE
Sono tre i compiti principali che competono ad un educatore di una comunità:
 tutèla s. f. [dal lat. tutela, der. di tutus, part. pass. di tueri «difendere, proteggere»]. – a.
Difesa, salvaguardia, protezione di un diritto o di un bene materiale o morale, e del loro
mantenimento e regolare esercizio e godimento (da parte non solo di un individuo ma
anche di una collettività). b. Protezione, assistenza, difesa, custodia
 protezióne s. f. [dal lat. protectio -onis, der. di protegĕre «proteggere», part. pass.
protectus]. – 1. L’azione del proteggere, del riparare cose e persone allo scopo di
difenderle da ciò che potrebbe recare loro danno
 cura s. f. [lat. cūra]. – 1. Atteggiamento premuroso e costante verso qlcu. o qlco.
E’ un caso che siano tre sostantivi femminili?
U
NO
Il coordinatore. Nel nostro caso la coordinatrice. Risolutrice di qualsiasi dubbio, latente di tutte le
verità, destinataria di ogni richiesta, “colei che è e colei che ha” (il telefono sempre in funzione).
Tornando alla metafora calcistica usata in una voce precedente lei ricopre il ruolo di allenatore e di
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libero. “Al libero sono richieste doti fisiche comuni ai difensori (potenza fisica, preparazione
atletica) e doti tecniche più affinate, più vicine a quelle dei centrocampisti che a quelle dei
difensori: tra esse hanno particolare importanza la visione di gioco e il senso della posizione”.
Insomma è colei grazie alla quale la squadra fa goal e non ne prende.
V
ASI
A Natale dello scorso anno l’educatrice in turno ha regalato ad ognuna delle ragazze un vaso e un
bulbo di fiore con l’invito a prendersene cura e ricordarsi di innaffiarlo quotidianamente. Alcune
sono arrivate a vedere il fiore sbocciare, altre l’hanno abbandonato, altre ancora l’hanno
innaffiato troppo ed è marcito.
Parafrasando Plutarco, non siamo vasi da riempire, ma piantine da far crescere e far frutto.
In comunità comunque l’unica col pollice verde è Anna, l’Adest, grazie alla quale i davanzali si
riempiono periodicamente di fiori.
W
EEKEND
I turni! Questa grande parola che tanti appartenenti alla categoria temono. Indispensabili per
garantire il servizio per 8760 ore l’anno.
La comunità è un servizio che non chiude mai. Si sposta a volte (durante i soggiorni), ma è
garantito sempre. Giorno, notte, pioggia, sole, estate, inverno, mare o montagna. In settimana
come nel weekend. Il lunedì mattina come la notte di san Silvestro.
X)
Si rimane sempre un po’ giovani lavorando in comunità. Perché bisogna, volenti o nolenti, essere
sempre aggiornati su mode, slang, musica, film.
Perché quella è la musica che si ascolta in comunità, quando si va al cinema i film si scelgono
insieme alle ragazze, sempre loro hanno in mano il telecomando della tv, e stando con loro molte
ore al giorno finisce che anche tu cominci a parlare di “fissa”, commentare con “bella!” o
concludere gli sms con le faccine X).
Y
OUTUBE
Video. Immagini. Massima condivisione. Zero privacy.
Ogni tanto ci domandiamo cosa ne uscirebbe da un reality show girato in comunità. Una
telecamera per stanza. Un canale youtube con audience garantito: il pubblico ne avrebbe di sicuro
da commentare in continuazione.
L’esatto opposto di ciò che la comunità deve dare.
Proteggere, preservare e tutelare la quotidianità delle ragazze è uno dei compiti più importanti di
una comunità. Proprio perchè le singole storie, e i comportamenti che da esse dipendono,
possono essere complesse, delicate da affrontare, da capire o da scoprire.
Le ragazze devono potersi sentire protette nella loro intimità, accolte con i loro problemi e le loro
difficoltà, in un ambiente sereno, dove poter essere se stesse ed accettate con atteggiamento non
giudicante (non sottoposte al pubblico giudizio...).
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Z
ERBINO
Ci si pulisce le scarpe prima di entrare in comunità. Cercando il più possibile di lasciar fuori la
polvere, il fango, le tracce del proprio cammino. Per non portare con se amarezze, fatiche, rabbia
della propria vita privata.
Ma quando si esce è spesso impossibile ripulirsele. Tanta è la strada percorsa e le pozzanghere
attraversate, che un po’ di sporco rimane sempre e sta lì attaccato. Non basta lo zerbino per farlo
saltar via. Ti porti a casa quello che è stato il turno appena trascorso. E continui a pensarci, per
riaffrontare il tutto, con più lucidità, il giorno seguente.
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