Cile, Bolivia e Isola di Pasqua… tu chiamale se vuoi Emozioni!!!

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Cile, Bolivia e Isola di Pasqua… tu chiamale se vuoi Emozioni!!!
Cile, Bolivia e Isola di Pasqua… tu chiamale se vuoi Emozioni!!!
Riceviamo dalla collega Igina Fabbrizi e con piacere pubblichiamo sul nostro sito, un significativo resoconto
sul viaggio Cile, Bolivia e Isola di Pasqua, organizzato dal Circolo.
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“Por la Razon o la Fuerza” eccomi atterrata a Santiago del Cile. Ammetto che il primo impatto non è stato
dei migliori: stanca dell’ennesimo lungo viaggio aereo senza aver chiuso occhio mi ritrovo in una città grigia
e fredda… ma quaggiù non doveva essere primavera? Mah…
La guida locale ci prende subito tutti e, con fare militare, ci porta a vedere un panorama sbiadito del Barrio
Bellavista ed il cambio della guardia al Palazzo del Governo, si vabbe’ co’ sto freddo ma chissenefrega di
questi militari che marciano al suono della banda e degli interrogativi sulla sorte subita da Salvador Allende
(l’hanno ammazzato o si è suicidato? la guida lancia l’enigma e non si esprime).
Con questo dubbio e con quello più rilevante di aver sbagliato viaggio torno in albergo ma… nel giro di un
paio d’ore cambia il tempo e la musica. Esce il sole ed io esco nuovamente.
La città è diventata improvvisamente colorata ed apprezzo la Plaza de Armas, il cuore simbolico della città,
con musicanti e giocolieri che la animano, di fronte alla maestosa cattedrale, il Palazzo de la Moneda e
lungo una via della quale non ricordo il nome ma la degustazione di fragole fresche ed enormi… oh allora è
primavera davvero!
Nanna presto perché all’alba si vola a Calama diretti a San Pedro de Atacama.
Ecco finalmente il mio viaggio, studiato per scappare dalle metropoli ed immergersi nella natura più
sconosciuta e selvaggia. Solo qui capisco che in Cile l’avventura è ciò che capita mentre ci si accinge a vivere
un’avventura.
Siamo già in quota e cominciamo a volare.
San Pedro de Atacama è decisamente l’unico posto turistico della zona ma la sua solida tradizione
montanara e mineraria la rende ancora un posto autentico, rude ed intenso e già nel raggiungerla visitiamo
paesini old wild west nei quali sembra dover apparire da un momento all’altro qualche pistolero, Zorro ed
il sergente Garcia.
Da qui per tre giorni abbiamo battuto tutti i dintorni ed il cuore ha preso i suoi spazi.
Partiamo all’alba per il deserto di Atacama. Scrive Luis Sepulveda: “ E se poi avremo abbastanza coraggio
per raggiungere l’Universo infuocato del deserto di Atacama, minuscoli fiori rossi che spuntano dalla sabbia
per appassire dopo poche ore ci ricorderanno che spesso la vita non è altro che una stoica forma di
resistenza”.
Comincia il giro del deserto e delle sue lagune e si ha davvero l’impressione che Dio si sia divertito con una
insolita tecnica pittorica: si passa dalla superficie ruvida e polverosa ad oasi piene di vita e di colori.
La laguna Chaxa è un insieme di sale, roccia e fenicotteri ma ancor più belle ed emozionanti sono le lagune
di Miscanti e Miniques dei veri e propri laghi di alta quota raggiunte passando per il Tropico del Capricorno!
Qui il paesaggio diventa mozzafiato ed anche se il freddo dovuto all’altitudine mi entra nelle ossa sento
l’anima riscaldata dai mille colori del terreno, dalla vista di cime innevate che si specchiano nell’azzurro
intenso dei laghi.
Rientrando a San Pedro apprendiamo che una turista in visita al campo termale di El Tatio è caduta dentro il
cratere di un geyser e che, di conseguenza il sito è stato chiuso per le indagini del caso. Delusione immensa
dovevamo andare al sorgere del sole per assistere allo spettacolo degli oltre cento geyser zampillanti… azz
ma questa qua proprio oggi doveva lasciarci la pelle? E come poi… scattandosi un selfie davanti al cratere…
va bene l’umana pietà ma proprio non ci voleva.
Saltato El Tatio partiamo la mattina successiva per le valli del deserto di Atacama: la Valle dell’Arcobaleno e
la Valle della Luna.
Sorpresa in multicolor la Valle dell’Arcobaleno… e non era da dare scontato solo per il nome. Spuntano nel
mezzo del deserto più arido una miriade di alture in multicolor: rocce rosse, verdi, grigie sfumate e
artisticamente modellate dal vento.
A seguire la Valle della Luna: la cartolina cambia totalmente e ci si trova in un altro pianeta…. il paesaggio è
davvero lunare con insolite formazioni geologiche create nel corso di milioni di anni dall’acqua e dal vento.
Da qui, dopo un veloce passaggio alla Valle della Morte, similare per aspetto alla più nota Dead Valley negli
States, assistiamo ad uno struggente tramonto sopra una gigantesca duna di sabbia dalla quale è possibile
vedere il sole che scivola all’orizzonte e colora il lontano anello dei vulcani, l’ondulata Cordillera de la Sal ed
il surreale paesaggio lunare si tinge di rosa, di viola e di oro…
Tutti a nanna soddisfatti, domani si varca il confine: la Bolivia ci aspetta!
“La Union es la Fuerza” eccomi in Bolivia ed è subito incanto… è il Tibet delle Americhe: aspra, selvaggia,
avventurosa, semplicemente meravigliosa e non ci sono parole o foto che possano spiegarla. La Bolivia va
vissuta, tappa dopo tappa, sorpresa dopo sorpresa.
Passato il confine proseguiamo con le jeep in quel territorio dove non esistono strade e tutti ci chiediamo
come facciano gli autisti a capire la direzione dove andare tra infiniti deserti, brulle colline, geyser
gorgoglianti e rocce dai colori psichedelici.
Non c’è una indicazione che una e dobbiamo imparare a vivere sempre oltre i 4000 mt in quota… la foglia di
coca in questi casi non è una droga tant’è che la guida locale ci da un sacchetto di foglie fresche a testa da
masticare all’occorrenza ai primi sintomi di male d’altura.
Cominciamo con il geyser del Sol de la magnana, fuori programma boliviano organizzato per recuperare El
Tatio che, considerata la bellezza dei luoghi in cui siamo, è ormai solo un lontano ricordo che non diventerà
mai un rimpianto.
Freddo pungente pur sotto un sole deciso ci troviamo in una valle infernale: odore di zolfo, fumi, zampilli e
gorgoglio… geyser in tutte le forme ed intorno il nulla, km e km di nulla se non la Natura con la N maiuscola
in tutte le sue più inaspettate esibizioni. Secondo me solo la Natura riesce sempre ad interpretare gli
spettacoli più belli dell’Universo e nessuna opera dell’Uomo potrà mai eguagliarla.
Percorriamo zone indescrivibili ed i colori sembrano veramente essere definitivamente caduti dalla
tavolozza di un Dio.
E sono colori vivi, animati e ricchi di ogni tipo di fauna: passeggiano tranquilli, padroni del loro habitat:
eleganti vigogne, frotte di lama, superbi fenicotteri rosa, simpatici nandù e tanti altri tipi di volatili che
hanno scatenato le furie fotografiche di tutti i partecipanti.
Ma ogni volta che fermi un particolare in uno scatto ne perdi altri che ti sembrano anche più importanti:
laghi rossi, gialli, verde smeraldo, turchino intenso… combinazioni cromatiche che anche l’occhio più
smaliziato fatica a ritenere reali. Un altro mondo, al di là di ogni realtà anche solo immaginata. La Laguna
Colorada è un sogno anche per chi sogni non ne ha più.
Il paesaggio spazia poi da distese infinite e desertiche a scoscese colline fino a cancellare le vette andine del
confine del Cile e si arriva al villaggio di Uyuni, solitario ed orgoglioso presidio di quest’angolo di Bolivia.
La mattina successiva ci aspetta l’attraversamento del Salar de Uyuni uno dei posti più incredibili ed assurdi
che abbia mai visitato: una immensa distesa mattonata di sale: un candore accecante, un abbaglio
continuo, un contrasto indecente tra il blu del cielo ed il bianco del pavimento. Si attraversa il nulla e si
sente dentro tutto: emozione, contraddizione, illusione…
Ed al centro dello stesso l’Isla Incahuasi, avamposto collinare coperto di cactus intrecciati tra rocce dalle
mille forme e sostanze. Qualcuno tempo fa mi paragonò ad un cactus perché mi trovo a vivere sempre in
situazioni estreme ma comunque riesco a fiorire anche se è difficile apprezzare questo per via delle spine…
In questo immenso deserto di sale ho visto i cactus fioriti con un fiore insolito ed interessante che nessuno
osa cogliere perché ci si può far male. Sono fiera di essere un cactus, l’ho capito solo qui.
Il giorno successivo si ritorna verso il Cile attraverso il Salar de Coipasa, un altro isolato deserto di sale
accidentato, sconnesso, fantastico. E lungo il cammino piccole cittadine semideserte ma con una grande
attenzione all’ambiente: raccolta differenziata ovunque e cartelli con concetti del tipo “Queremos una
poblacion limpia para un buen vivir”. E poi si pensa che le popolazioni civilizzate siamo noi…
E ancora, lama, alpaca, fenicotteri, conigli selvatici, sale, sole, vento , verde, azzurro, giallo… fino a
raggiungere Colchane alle pendici del Vulcano Islunga.
Il giorno successivo di nuovo in marcia verso Putre attraverso la Riserva di Islunga ricca di altri paesaggi
spettacolari in quota ed alle pendici del maestoso vulcano.
Da Putre raggiungiamo il Parco di Lauca a 4.500 mt di quota e lo splendido lago Chungarà circondato da
diversi vulcani, riserva della Biosfera, un ecosistema unico per flora e fauna presente. Ineguagliabile lo
spettacolo del Vulcano Paranicota che si specchia nelle acque del lago e accanto i Vulcani Pachatayas
(gemelli) a supporto. È tutto così bello che il freddo manco lo sento più…
Dopo aver goduto di questi paesaggi dirottiamo verso il mare, Arica la città dell’eterna primavera grazie al
suo mite clima del deserto costiero. In effetti in poche ore passiamo dal freddo pungente ad un venticello
caldo e leggero. Ecco il mare ed una deliziosa cittadina con una lunghissima zona pedonale e tanti attrezzi
ginnici disseminati lungo la stessa.
Il giorno dopo torniamo a Santiago per volare verso l’ultima e più remota tappa: l’Isola di Pasqua!
Gran finale per noi, ben oltre le nostre aspettative. Rapa Nui è più di quel che si narra: è un luogo unico al
mondo che vanta storie e leggende secolari, natura incontaminata e paesaggi magici.
Non solo Moai ma cominciamo da questi: enormi statue alti da 3 fino a 10 metri. Sparsi dissennatamente
per tutta l’Isola ovvero impilati in fila su piattaforme di pietra con le spalle al mare. E’ vero sono
impressionanti, enigmatici, imponenti, sicuramente mistici e rendono l’intera Isola un parco archeologico
all’aperto.
Moai in ogni dove: dalle falde del Vulcano Anu Araku dove si estraeva la pietra per costruirli, all’idilliaca
spiaggia di Anakena fatta di sabbia bianca, mare turchese, palme da cocco e… grandiosi Moai alle spalle!
Tutti i percorsi di quest’isola sono incredibili, insoliti, affascinanti. I siti archeologici si susseguono uno dopo
l’altro, impossibile ricordare i nomi di tutti.
Ed io che già amo le isole in quanto tali ricordo immagini che sempre resteranno nel mio cuore: i Moai
immersi nel verde pronti a salire o scendere da una sorta di collina verde, l’ineguagliabile tramonto in riva
al mare che colora di rosso fuoco tutte le statue in fila davanti allo stesso, gli occhi grandi del Moai sulla
spiaggia e l’inquietante cratere del Vulcano Rano Kao con i petrogriflici e l’immagine leggendaria dell’Uomo
Uccello.
In quest’Isola ci si sente davvero fuori dal mondo e un po’ lo è visto che il posto più vicino è il Cile, di cui fa
parte, anche se cinque ore di aereo la separano da esso.
La sintesi di questo piccolo e sconosciuto Paradiso sono panorami unici e commoventi, spiagge appartate e
selvagge, inquietanti crateri vulcanici, flora e fauna da sballo e…. quelle immense statue che la rendono il
luogo più misterioso della Terra.
It is not alone, it is far. Questo è il motto dell’isola che sento anche molto mio…
Chiudo qui e non aggiungo altro se non qualche immagine.
Ogni commento in questi casi diventa retorica, confermo solo che è nelle esplorazioni che si può
immaginare di pensare ancora ai valori veri. Io in questo viaggio li ho trovati.
Igina Fabbrizi