earnings management e analisi della qualità degli utili
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earnings management e analisi della qualità degli utili
Università della Svizzera Italiana Facoltà di Scienze Economiche Lugano EARNINGS MANAGEMENT E ANALISI DELLA QUALITÀ DEGLI UTILI: UN CONFRONTO TRA METODI QUANTITATIVI PER IL RILEVAMENTO DI MANIPOLAZIONI DEL BILANCIO D’ESERCIZIO Tesi di Master di Jan Hofmann Matr. Nr. 97-980-155 Relatore: Prof. Eric Nowak Correlatore: Prof. François Degeorge Giugno 2006 INDICE PREFAZIONE....................................................................................................................................4 1. INTRODUZIONE. ...................................................................................................................... ...5 1.1 Obiettivo e motivazioni ..........................................................................................................5 1.2 Metodo di lavoro .....................................................................................................................6 1.3 Organizzazione del lavoro ....................................................................................................7 2. FONDAMENTI TEORICI.............................................................................................................9 2.1 Cosa è l’earnings management? .........................................................................................9 2.2 Evidenze empiriche ..............................................................................................................15 2.3 Motivazioni per l’earnings management ...........................................................................21 2.4 Conseguenze per gli investitori ..........................................................................................24 3. TECNICHE PER L’INDIVIDUAZIONE DI MANIPOLAZIONI DEL RAPPORTO FINANZIARIO .............................................................................................................................29 3.1 Premessa...............................................................................................................................29 3.2 Metodo della stima degli accruals ......................................................................................30 3.2 Modello di Beneish (Beneish 1999)...................................................................................35 4. APPLICAZIONE DEI MODELLI ..............................................................................................45 4.1 Enron (NYSE: ENE).............................................................................................................46 4.1.1 Profilo dell’azienda........................................................................................................46 4.1.2 Metodo della stima degli accruals ..............................................................................47 4.1.3 Modello di Beneish........................................................................................................49 4.1.4 Analisi dei risultati .........................................................................................................53 4.2 Logitech (SWX: LOGN) .......................................................................................................56 4.2.1 Profilo dell’azienda........................................................................................................56 4.2.2 Metodo della stima degli accruals ..............................................................................57 4.2.3 Modello di Beneish........................................................................................................58 4.2.4 Analisi dei risultati .........................................................................................................61 4.3 ABB (SWX: ABBN)...............................................................................................................64 4.3.1 Profilo dell’azienda........................................................................................................64 4.3.2 Metodo della stima degli accruals ..............................................................................65 4.3.3 Modello di Beneish........................................................................................................67 4.3.4 Analisi dei risultati .........................................................................................................69 5. PREGI E LIMITI DEI METODI..................................................................................................71 6. CONCLUSIONI...........................................................................................................................76 6.1 Risultati ottenuti ....................................................................................................................76 6.2 Rivalutazione della metodologia utilizzata........................................................................77 6.3 Possibili sviluppi della ricerca .............................................................................................77 7. BIBLIOGRAFIA ..........................................................................................................................79 7.1 In print ....................................................................................................................................79 7.2 Internet ...................................................................................................................................81 RINGRAZIAMENTI Ringrazio: - il Prof. Eric Nowak per avermi stimolato nel suo corso di “Financial statement analysis” all’approfondimento delle tematiche affrontate in questo lavoro e per aver fatto da relatore - il Prof. Giovanni Barone-Adesi per avermi suggerito di partecipare al simposio sull’earnings management a Zurigo che si è dimostrato molto utile ai fini della tesi - Jonfilippo Fabiano per avermi assistito e consigliato nell’elaborazione della tesi 1 ELENCO GENERALE DELLE TABELLE E DELLE FIGURE Capitolo 2 Fig. 2.1 Continuum della contabilità 12 Capitolo 3 Tab. 3.1 Valori medi delle variabili del modello di Beneish per le aziende facenti parte del gruppo di manipolatori e del gruppo di controllo dei nonmanipolatori 41 Tab. 3.2 Coefficienti, significatività e previsione delle 8 variabili del modello di Beneish 43 Capitolo 4 Fig. 4.1 Andamento dell’azione Enron dal 1.4.1997 al 1.7.2002 alla borsa statunitense (NYSE) 46 Tab. 4.1 Caso Enron: modello degli accruals basato sul conto dei flussi di cassa (in USD migliaia) 48 Tab. 4.2 Caso Enron: modello degli accruals basato sullo stato patrimoniale (in USD migliaia) 48 Tab. 4.3 Caso Enron: valori M-Score del modello di Beneish con 5 e 8 variabili 49 Tab. 4.4 Caso Enron: variabili del modello di Beneish 50 Fig. 4.2 Evoluzione della componente accrual di Enron dal 1996 al 2000 con gli approcci basati sul conto dei flussi di cassa e sullo stato patrimoniale 53 Fig. 4.3 Evoluzione dell’M-Score di Enron dal 1996 al 2000 con il modello di Beneish a 5 e 8 variabili 54 Fig. 4.4 Andamento dell’azione Logitech dal 4.1.2000 al 30.12.2005 alla borsa svizzera (SWX) 56 Tab. 4.5 Caso Logitech: modello degli accruals basato sul conto dei flussi di cassa (in USD migliaia) 57 Tab. 4.6 Caso Logitech: modello degli accruals basato sullo stato patrimoniale (in USD migliaia) 57 Tab. 4.7 Caso Logitech: valori M-Score del modello di Beneish con 5 e 8 variabili 58 Tab. 4.8 Caso Logitech: variabili del modello di Beneish 59 Fig. 4.5 Evoluzione della componente accrual di Logitech dal 2001 al 2005 con gli approcci basati sul conto dei flussi di cassa e sullo stato patrimoniale 61 Fig. 4.6 Evoluzione dell’M-Score di Logitech dal 2001 al 2005 con il modello di Beneish a 5 e 8 variabili 62 2 Fig. 4.7 Andamento dell’azione ABB dal 25.6.2001 al 4.5.2006 alla borsa svizzera (SWX) 64 Tab. 4.9 Caso ABB: modello degli accruals basato sul conto dei flussi di cassa (in USD migliaia) 66 Tab. 4.10 Caso ABB: modello degli accruals basato sullo stato patrimoniale (in USD migliaia) 66 Tab. 4.11 Caso ABB: valori M-Score del modello di Beneish con 5 e 8 variabili 67 Tab. 4.12 Caso ABB: variabili del modello di Beneish 67 Fig. 4.8 Evoluzione della componente accrual di ABB dal 2001 al 2005 con gli approcci basati sul conto dei flussi di cassa e sullo stato patrimoniale 69 Fig. 4.9 Evoluzione dell’M-Score di ABB dal 2001 al 2005 con il modello di Beneish a 5 e 8 variabili 70 Capitolo 5 Tab. 5.1 Tabella riassuntiva con le conclusioni dei vari modelli applicati ai casi empirici 71 3 PREFAZIONE Il tema della manipolazione dei bilanci e delle frodi contabili è da alcuni anni molto sentito nell’opinione pubblica, in seguito ai noti scandali finanziari avvenuti indistintamente in tutto il mondo occidentale. Ciò che non sempre traspare è che tali eventi costituiscono la punta dell’iceberg di un determinato stile di gestione delle imprese che, favorito da un perverso sistema di incentivi economici per i manager, ha come obiettivo dominante la massimizzazione del valore per gli azionisti nel breve termine. I bilanci finanziari, che dovrebbero rappresentare un fedele specchio dell’andamento delle attività aziendali e una guida trasparente ad uso degli investitori, diventano così spesso lo strumento per impressionare positivamente i mercati a scapito della rispondenza al vero e dunque dell’attendibilità. Lo stimolo ad approfondire l’argomento e sceglierlo come tema per la tesi di master è scaturito dall’aver assistito nell’autunno del 2005 ad un simposio presso la Borsa di Zurigo intitolato “Earnings management: myths and realities“ alla presenza di autorevoli esperti del campo 1. In questa occasione si è fatto il punto sullo “stato dell’arte” dell’argomento in questione e si è discusso di eventuali metodi per affrontare e limitare il problema. Molto utile per affrontare questo lavoro si è pure rivelato il corso di Analisi dei bilanci (Financial Statement Analysis) del Prof. E. Nowak nell’ambito del Master in Finanza dell’Università della Svizzera Italiana. 1 Sono intervenuti al convegno il Prof. Baruch Lev (Stern School of Business, New York University), il Prof. Paul Healy (Harvard Business School), il Prof. Hans Caspar von der Crone (University of Zurich), Raymund Breu (CFO di Novartis), Paul Lee (gestore del fondo pensione Hermes Pensions Management) e Heinrich Wiemer (analista finanziario di Sal. Oppenheim). 4 1. INTRODUZIONE 1.1 Obiettivo e motivazioni Questo lavoro è stato concepito con l’intenzione di addentrarmi nel mondo della comunicazione economico-finanziaria approfondendo il rapporto spesso controverso tra aziende e portatori di interesse (stakeholders). Non sempre infatti il rapporto è caratterizzato da trasparenza . Sovente leggiamo le notizie di libri contabili manipolati e dei conseguenti crolli improvvisi del valore delle azioni o addirittura, nei casi più gravi, del fallimento dell’azienda che per l’investitore equivale a perdite spesso ingenti di denaro. Questa esposizione mediatica ha contribuito a portare la problematica della falsificazione degli utili all’attenzione del grande pubblico. Quello che non traspare quasi mai dalla stampa è che oltre a questi scandali che fanno clamore ci sono moltissimi esempi più ambigui e difficilmente individuabili di aziende che ingannano i loro investitori tramite trucchi contabili (chiamata anche finanza creativa) che spesso si trovano in una zona grigia tra legalità ed illegalità. L’informativa economico-finanziaria, in particolar modo delle aziende quotate sui mercati finanziari, concretamente serve a motivare il pubblico ad investire nell’azienda o a non smettere di farlo, illustrando lo stato attuale dell’impresa e le prospettive economicofinanziarie. Ciò crea determinate aspettative negli investitori, aspettative che però spesso non possono essere soddisfatte. La delusione di queste aspettative provoca una diminuzione dei capitali investiti nell’azienda. La storia ed il recente passato ci dicono che pur di non scontentare i propri investitori, e di riflesso dimostrare le proprie abilità gestionali, i manager di molte aziende hanno fatto capo a trucchi contabili e falsi in bilancio che rendessero le condizioni apparenti di salute dell’azienda migliori di quanto effettivamente lo fossero. Capire quali aziende fanno uso di questi metodi ingannevoli, sleali e a volte illegali risulta uno dei compiti più difficili ed intriganti per analisti ed investitori, ma è un’attività che può evitare investimenti sbagliati. La difficoltà maggiore deriva dall’impossibilità di accedere alle informazioni interne delle aziende. Lo strumento principale per l’analisi rimane dunque il rapporto di bilancio e le periodiche informazioni economico-finanziarie, obbligatorie per le aziende quotate in borsa. Una lettura attenta e approfondita dei conti aziendali può, se non dimostrare l’esistenza di frodi o manipolazioni, perlomeno far sorgere dubbi su determinate operazioni e di conseguenza allertarci sul vero valore di un’azienda. In altri termini andando ad analizzare determinate voci del conto 5 economico, dello stato patrimoniale e del conto dei flussi di cassa è possibile farsi un’idea più precisa dell’andamento degli affari e di quanto trasparente sia la comunicazione economico-finanziaria dell’azienda. Data la complessità e la quantità di informazioni presenti nei bilanci aziendali nasce però l’esigenza di disporre di strumenti che sintetizzino i dati rilevanti e aiutino di conseguenza l’interpretazione. La letteratura ci viene in soccorso presentandoci svariati modelli di analisi, sia quantitativi che qualitativi. Alcuni di questi strumenti analitici sono stati messi a punto di recente e permettono ai destinatari delle informazioni societarie di verificarne l’affidabilità. Questo lavoro si concentrerà su una serie di indicatori quantitativi utilizzabili per analizzare la qualità dei bilanci pubblicati e proteggersi così da investimenti sbagliati e rischiosi. Grazie ad alcuni casi pratici si cercherà di descrivere ed analizzare questi strumenti comprendendone l’utilità e l’implementabilità. Scopo principale del presente lavoro infatti è proprio comprendere come possono essere usati questi modelli, quale è la loro affidabilità e quali sono i pregi ed i relativi difetti, consapevoli tuttavia che la verità sul reale andamento dell’azienda non è conoscibile dall’esterno. L’approccio, considerando che la letteratura sull’argomento è prevalentemente teorica, intende dunque essere più che altro pragmatico. In definitiva, non essendo un esperto di contabilità, il mio obiettivo principale di questa ricerca, soprattutto nella parte dell’applicazione empirica dei modelli, non è quello di fare un’analisi tecnicamente perfetta dei bilanci, bensì capire e imparare ad utilizzare in modo autonomo questi strumenti di analisi che la letteratura mette a disposizione , individuandone opportunità e limiti. 1.2 Metodo di lavoro In primo luogo ho analizzato la letteratura dedicata al tema dell’earnings management che costituisce la base teorica di questo lavoro, constatando che negli ultimi 10-15 anni è stata prodiga di contributi, grazie in parte probabilmente anche alla quantità di scandali finanziari ed il clamore da essi suscitato che ha stimolato la ricerca e l’analisi. Come si potrà evincere dai capitoli teorici che presenteranno lo stato dell’arte sulla tematica sussiste una generale uniformità di opinioni sulle motivazioni e l’essenza della pratica di “gestione” degli utili. Tuttavia la maggior parte delle ricerche si concentrano sulla 6 dimostrazione dell’esistenza dell’earnings management, sulla spiegazione di perché ha luogo e delle possibili conseguenze per gli investitori. Minor accento viene invece dato alle tecniche per individuare tali pratiche , probabilmente perché modelli infallibili non possono esistere e dunque a livello teorico il risultato non risulta molto rilevante. Ciò nonostante la letteratura propone alcuni metodi con la funzione appena citata. Grazie ad alcuni articoli della stampa specializzata 2 sono però venuto a conoscenza dell’esistenza di un metodo particolare 3 per analizzare più a fondo i bilanci aziendali proprio dal punto di vista della coerenza dei dati e della possibile esistenza di manipolazioni. Si tratta di un metodo molto pragmatico e che nella letteratura non trova grande riscontro forse proprio perché non abbastanza solido a livello scientifico, ma che è già stato usato con successo nello scoprire anticipatamente stranezze e incorrettezze di bilanci 4. Per una precisa scelta di lavoro approfondirò unicamente questo particolare modello e un altro approccio analitico molto citato nella letteratura 5: verranno invece tralasciati altri metodi più specifici. Principali strumento di acquisizione di informazioni per questo lavoro sono la rete bibliotecaria, che dà accesso a tutta una serie di pubblicazioni specialistiche, ed Internet. Per analizzare e capire le caratteristiche di questi modelli di analisi presi in considerazione ho deciso di provare ad applicarli su casi reali. Ho dunque scelto due aziende quotate sul mercato svizzero che utilizzano il metodo di contabilità US GAAP, che è quello preso come riferimento dai modelli da me scelti, e un caso di un’azienda americana particolarmente rile vante. I dati di bilancio usati per l’analisi sono stati estrapolati direttamente dai siti aziendali o dall’archivio della SEC (Securities and Exchange Commission). 1.3 Organizzazione del lavoro Il Capitolo 2 è dedicato all’illustrazione dei fondamenti teorici che stanno alla base di questo lavoro, accompagnati da alcune considerazioni che intendono mettere in risalto da un parte i punti più significativi e dall’altra i passaggi critici. 2 Trattasi di “The power of auditors” (Wiedman 2002) e “Irrational ratios” (Wells 2001). Trattasi del modello di Beneish (Beneish 1999) che verrà spiegato in seguito nel Cap. 3.2 di questo lavoro. 4 Informazioni tratte da Harrington (2005). In questo articolo si spiega che il modello di Beneish è stato usato nel 1998 da un gruppo di studenti della Cornell University di Ithaca per testare i bilancio di Enron del 1996 e del 1997. I risultati hanno colto alcune stranezze contabili portandoli ad affermare che Enron stava manipolando i bilanci, come si può verificare nel rapporto di Ghosh et. al (1998). 5 Trattasi del metodo per stimare gli accruals. 3 7 Nel Capitolo 3 presenterò i due approcci per l’analisi del bila ncio che ho preso in considerazione. Verranno spiegati nel dettaglio e commentati. Nel Capitolo 4 tenterò di applicare i modelli di analisi ai casi aziendali selezionati. Potrò così verificare la coerenza dei risultati e soprattutto capire che tipo di interpretazioni e conclusioni è possibile fare. Nel Capitolo 5 farò un’analisi relativa all’applicazione dei modelli di analisi, evidenziandone pregi e limiti. Verranno infine , nel Capitolo 6, tratte le conclusioni generali e si evidenzieranno eventuali implicazioni e future possibili ricerche. 8 2. FONDAMENTI TEORICI 2.1 Cosa è l’earnings management? Prima di definire cosa è l’earnings management è necessario premettere che la contabilità non è un scienza precisa, dunque non descrive esattamente i fatti. La contabilità, e di conseguenza la misura dei risultati finanziari e dello stato delle risorse dell’azienda, è basata su convenzioni e su una serie di stime che possono essere più o meno fatte per proprio interesse. Per ovviare a questa eventualità si fa riferimento a principi contabili che devono essere rispettati dalle aziende che ne fanno uso, pena sanzioni ed eventualmente nei casi più estremi l’esclusione dal mercato. Le informazioni sono da considerarsi fraudolente o manipolate quando costituiscono deviazioni intenzionali dai principi contabili. Tra i diversi i principi contabili accettati, in questo lavoro verranno analizzati i principi US GAAP (General Acceptable Accounting Principles). Non sempre è facile capire quando ha luogo una manipolazione o una frode contabile. I manager delle aziende hanno infatti la possibilità di manipolare le informazioni dirette al mercato, aumentando per esempio artificialmente gli utili, anche senza violare le regole contabili e dunque senza correre il rischio di essere puniti. Questo può accadere in due modi (Lev 2005b): • Cambiando il momento delle transazioni e degli eventi: per esempio rinviando una campagna pubblicitaria nel quadrimestre successivo, oppure anticipando la vendita di un bene. • Aggiustando le stime: considerando che una parte dei dati del conto economico e dello stato patrimoniale è basato su stime è facile raggiungere determinate soglie cambiando determinati parametri della stima 6. Per descrivere questa pratica di modificazione dei dati del bilancio vengono comunemente usati vari termini quali manipolazione, correzione, aggiustamento, attenuamento, ecc. Il termine più diffuso nella letteratura specialistica è “earnings management”. Trattasi di un’espressione neutra che non intende suggerire giudizi morali e che in italiano si 6 Le principali voci contabili basate su stime e proiezioni sono: Impianti, immobili e macchinari, Goodwill e altri intangibili, Crediti, Scorte, Imposte differite e debiti potenziali; Ricavi, Costo per pensioni, Ricerca & Sviluppo in corso, Stock options esercitabili (Lev, Li, Sougiannis 2005a). 9 potrebbe tradurre come “gestione degli utili” 7. Questo termine è stato usato anche dalla SEC (Securities and Exchange Commission) in svariati procedimenti contro aziende. Tuttavia non c’è una definizione universale condivisa di earnings management . Per Schipper (1989) l’earnings management consiste nell’intervento strategico da parte dei manager nel processo di reporting dei dati finanziari al pubblico esterno con lo scopo di ottenerne un guadagno personale. Alla base di questo comportamento sta la disponibilità da parte dei manager di dati che non sono accessibili da parte degli stakeholders esterni: in altri termini c’è un’asimmetria informativa che permette la pratica dell’EM. Il concetto di asimmetria informativa è dunque fondamentale nell’analisi dell’earnings management. L’asimmetria informativa avviene infatti quando in una relazione o in una transazione commerciale una delle parti coinvolte ha un vantaggio informativo sull’altra o sulle altre. Secondo Schipper (1989) tale asimmetria esiste nella relazione tra i manager e gli altri gruppi di interesse ed essa non può venire totalmente eliminata tramite il cambiamento degli accordi contrattuali. Visto che tale asimmetria c’è ed è una condizione inevitabile sono state definite strutture organizzative per evitare l’utilizzo delle maggiori informazioni da parte del management per fini propri. Nonostante questi sforzi, possono sempre sussistere lacune nei sistemi di monitoraggio o nelle strutture organizzative che rendono possibile la pratica dell’earnings management. Davidson, Stickney e Weil (1987) dicono che l’earnings management è il processo con il quale i manager, rimanendo all’interno dei principi contabili accettati, cercano di arrivare ad un determinato livello desiderato di utili da riportare all’esterno. Questa è invece la definizione di Healy e Wahlen (1999): L’earnings management occorre quando i manager utilizzano il proprio giudizio nel riferire i dati finanziari e nello strutturare le transazioni con l’obiettivo di alterare i rapporti finanziari per ingannare i portatori di interesse sulle prestazioni economiche fondamentali dell’azienda o per influenzare le conseguenze di contratti che dipendono dai dati contabili riportati. Questa ottica mette al centro della questione il giudizio dei manager nella definizione dei dati finanziari. Ci sono diversi modi con i quali è possibile esercitare il proprio giudizio per influenzare i rapporti finanziari. Per esempio tramite le stime che riguardano il valore finale e la durata di un certo bene, oppure riguardo a possibili spese future non ancora avvenute, 7 Dato che l’espressione italiana “gestione degli utili” non viene comunemente utilizzata, in questo lavoro si farà riferimento al termine inglese “earnings management”. 10 o anche sui differenti metodi contabili per descrivere determinate transazioni (classica le scelta tra metodi LIFO e FIFO nel calcolo del deprezzamento), senza dimenticare le scelte relative alla strutturazione delle transazioni aziendali quali il leasing, il noleggio o l’acquisto di determinati beni; e altro ancora (Healy, Wahlen 1999). Questo modo di agire, nel caso in cui un giudizio si rivelasse errato, determinerebbe una sbagliata allocazione di risorse e dunque dei costi per l’azienda, i creditori, gli investitori e in generale tutti coloro con interessi nell’azienda. Ma mentre la maggior parte della letteratura sottolinea gli aspetti opportunistici e dunque negativi di tale pratica, Healy e Wahlen (1999) prevedono anche dei benefici a livello informativo dall’earnings management. Ovvero affermano che il giudizio può servire a migliorare la qualità delle informazioni trasmesse tramite i bilanci. Tali benefici consistono nel miglioramento della credibilità del management nel caso le informazioni private comunicate all’esterno servano realmente a meglio descrivere la situazione finanziaria dell’azienda colmando le lacune della contabilità US GAAP. Secondo questa logica gli investitori riceverebbero dunque, nel caso di buonafede dei manager, informazioni più obiettive rispetto a quelle che si potrebbero trovare in un bilancio in linea con le norme contabili e ciò risulterebbe vantaggioso per tutti. Beneish (2001) analizza le diverse definizioni di earnings management e constata che, mentre la prospettiva opportunistica è stata molto studiata, poca rilevanza nella letteratura è stata data alla prospettiva informativa, per la quale l’arbitrio manageriale è un mezzo per i manager per rivelare agli investitori le proprie aspettative riguardo ai futuri flussi di cassa dell’azienda. Tuttavia ritiene che l’approccio informativo non sempre ha risvolti positivi: in effetti i segnali che i manager lanciano sulle prospettive dell’azienda e che dovrebbero aiutare gli investitori a scegliere tra le buone e le cattive aziende possono anche essere ingannevoli. Per esempio un manager può ingannare gli stakeholders nascondendo utili nei momenti positivi (per esempio sovrastimando le perdite sui prestiti oppure l’obsolescenza delle infrastrutture) e “utilizzarli” per migliorare i risultati quando ce n’è più bisogno (Beneish 2001). Tecnicamente l’attività di earnings management include uno spettro di azioni che va dalla contabilità conservativa alla frode passando per la contabilità aggressiva e quella neutrale, tramite un’ampia gamma di scelte contabili (Giroux 2004). In altri termini, scelte di questo tipo possono essere applicate ad ognuna delle voci contabili e, ad eccezione della contabilità fraudolenta che evidentemente è manipolativa, per valutare se costituiscono 11 earnings management è necessaria un’analisi approfondita che considera anche il contesto in cui vengono intraprese. in linea con le norme US GAAP Contabilità conservativa Contabilità neutrale contabilizzazione delle spese di marketing già sostenute .......... violazione delle norme US GAAP Contabilità aggressiva Contabilità fraudolenta contabilizzazione delle spese di marketing stimate capitalizzazione delle spese di marketing su più anni .......... .......... Fig. 2.1 Continuum della contabilità (fonte: adattato da Giroux 2005). Per esempio, come illustrato nella Figura 2.1, le spese di marketing possono essere contabilizzate come semplici costi (trattasi in questo caso di contabilità conservativa o neutrale), come costi calcolati con formule che possono essere manipolate (contabilità aggressiva) oppure capitalizzati e ammortizzati su vari anni (frode contabile, a parte alcune eccezioni). La contabilità conservativa può essere potenzialmente tanto manipolativa quanto la contabilità aggressiva in un caso in cui ad esempio la sottovalutazione del valore di un bene è attuata per abbassare volontariamente l’entità degli utili. America Online nel 1994 fece esattamente quanto accennato poco fa nell’esempio della contabilità fraudolenta con le spese di marketing. Il management decise di escludere dai profitti i costi di marketing per l’acquisizione di nuovi clienti (“Deferred membership acquisition costs”, detti DMAC) e li capitalizzò come attivi da ammortizzare nell’arco di 12 mesi. Si noti che ciò è possibile solo nel caso in cui l’incidenza di questi investimenti, dunque i futuri ricavi derivanti dai nuovi abbonamenti, sia stimabile con accuratezza. Questo non fu sicuramente il caso di AOL che operava in un contesto altamente competitivo ed innovativo e con un modello di business incerto e imprevedibile. Confrontati con massicce defezioni di clienti che si aspettavano prestazioni migliori da parte dell’azienda, le cui infrastrutture erano inadeguate di fronte alle richieste, e con utili deludenti AOL diventò ancora più aggressiva nel contabilizzare i costi di marketing 12 allungando nel luglio del 1995 il periodo di ammortizzazione a 24 mesi. Se l’azienda avesse contabilizzato questi costi come spese gli utili di 6 su 8 trimestri tra il 1995 e il 1996 sarebbero diventati perdite. A questo punto gli investitori capirono che c’era qualcosa che non andava e punirono l’azienda in borsa con ampie vendite di azioni. Dal maggio 1996 al mese di settembre dello stesso anno il prezzo delle azioni di AOL passò così da 75 a 25 dollari 8. Il 29 ottobre 1996 l’azienda annunciò che avrebbe cancellato tutti i costi DMAC capitalizzati come attivi tramite un addebito una tantum di 385 milioni di dollari nel primo semestre del 1997 e che in futuro avrebbe contabilizzato tutte queste spese correttamente come costi nel conto economico. Con una decisione datata 15 maggio 2000 la Securities and Exchange Commmission concluse che AOL violò le norme contabili e la multò per 3,5 milioni di dollari. Nonostante casi evidenti come quello di America Online è spesso arduo valutare cosa è possibile e cosa no a livello legale. L’earnings management ha a che fare con un’ampia zona grigia e definire quali operazioni sono fraudolente diventa spesso un’operazione molto difficile. Raymund Breu, CFO della Novartis in un simposio sull’EM 9 , ha illustrato come molte operazioni che quotidianamente si fanno all’interno di un’azienda potrebbero venir interpretate come manipolative. Breu (2005) classifica l’earnings management in tre categorie: • tramite operazioni reali • tramite operazioni contabili in linea con le norme IFRS/US GAAP • tramite operazioni contabili che violano le norme IFRS/US GAAP Nella prima categoria rientrano tutte le normali decisioni quali la diminuzione dei costi, l’investimento di utili in eccesso, la vendita di beni. Queste scelte, quando messe in atto per raggiungere gli obiettivi di breve termine, possono risultare ambigue . Per esempio se le vendite di un’unità di business sono sotto le aspettative e i profitti sono a rischio il manager può decidere di non riempire eventuali posti vacanti nel settore Marketing & Sales fino alla fine dell’anno contabile così da raggiungere gli obiettivi annuali, chiaramente con il rischio che una minore presenza sul mercato abbassi le vendite nei periodi successivi. È difficile però giudicare fraudolente scelte di questo tipo, nonostante il 8 9 Informazioni tratte dal sito della SEC (www.sec.gov/litigation/admin/34-42781.htm) e da Schilit (2002). Simposio del 24 ottobre 2005 presso lo SWX di Zurigo intitolato “Earnings management: myths and realities”. 13 reale andamento degli affari possa così in un certo modo venire falsato agli occhi degli investitori. Per capire con certezza quali decisioni rappresentano un earnings management fraudolento bisognerebbe capire le intenzioni dei manager, cosa chiaramente impossibile (Breu 2005). Nella seconda categoria, nella quale rientrano le decisioni che rispettano le norme contabili, si possono citare alcune voci potenzialmente manipolative: le società veicolo (Special Purpose Entities) per esempio permettono diverse interpretazioni; gli strumenti finanziari strutturati e i derivati comportano complesse valutazioni riguardo alla loro misurazione; e anche per quanto riguarda i fondi pensioni le stime e dunque le possibili inesattezze hanno un ruolo centrale. Il numero crescente di valutazioni soggettive, stime, assunzioni e aspettative nei confronti del futuro possono così portare a differenti combinazioni di dati finanziari, alcune più plausibili di altre ma tutte in un modo o nell’altro possibili e legali. Rivestono un ruolo importante in questa categoria gli accruals, ovvero quegli importi guadagnati o spesi in un periodo, ma per i quali nello stesso periodo non ha ancora avuto luogo una transazione monetaria. Infine la terza categoria comprende le operazioni non consentite dalle norme contabili e dunque in questi casi diventa chiaramente più facile individuare l’earnings management, anche grazie al lavoro degli organismi di controllo che identificano e sanzionano le aziende che falsificano i bilanci. Bhattacharya, Daouk e Welker (2002) parlano di “opacità” degli utili come conseguenza dell’azione di earnings management. Tre sono le misure di opacità individuate: • aggressività degli utili (earnings aggressiveness), ovvero quanto gli utili sono il risultato di scelte contabili azzardate e di stime troppo ottimistiche da parte dei dirigenti • comportamento per evitare perdite (loss avoidance), ovvero quanto gli incentivi di comunicare utili positivi disturba la relazione tra utili e andamento economico e dunque nuoce all’info rmatività degli utili riportati • smussamento degli utili (earnings smoothing), ovvero quanto l’informatività degli utili è guastata dall’attività di abbassare artificialmente gli utili per poi utilizzarli in seguito In questo lavoro per non complicare troppo un soggetto già complesso si parlerà di earnings management con un’accezione generale senza fare distinzione tra i vari tipi di “gestione” degli utili. 14 Nel corso del lavoro si parlerà anche di qualità degli utili, un concetto collegato alla pratica dell’earnings management. Si definiscono infatti “utili di qualità” quegli utili, riportati all’interno dei bilanci aziendali, che riflettono i reali utili dell’azienda e che sono in grado di prevedere e anticipare gli utili futuri (Bellovary 2005). Utili dunque che non sono stati “maneggiati”. Dopo aver illustrato cosa si intende comunemente con earnings management è giusto comunque ribadire che obiettivo di questo lavoro non è decidere quali operazioni sono fraudolente e quali legali. Obiettivo è analizzare gli strumenti per individuare eventuali segnali di manipolazione dei bilanci, manipolazioni che spesso sono consentite dalle norme contabili e che proprio per questo motivo è molto difficile scoprire. 2.2 Evidenze empiriche La letteratura ha dato ampio risalto alla verifica della presenza nel sistema economico contemporaneo dell’attività di earnings management. Nonostante l’opinione comune che l’earnings management effettivamente esiste non è sempre stato facile per i ricercatori confermare tale ipotesi con prove concrete. Recentemente numerosi studi sono riusciti a dimostrare che tale attività effettivamente ha luogo in maniera diffusa. In questo capitolo sarà presentata una serie di evidenze empiriche. Healy e Wahlen (1999) esaminano le evidenze dell’earnings management e le implicazioni sull’aggiornamento delle norme contabili. Gli autori concludono che l’evidenza generale dice che le aziende “manovrano” gli utili in corrispondenza con una prossima offerta pubblica di azioni. Teoh, Wong e Rao (1998) vanno più nel dettaglio e riferiscono che approssimativamente il 62% delle aziende che fanno un’offerta iniziale pubblica d’acquisto hanno degli accruals inaspettati più grandi rispetto ad un campione-controllo di aziende simili. Ciò, come verrà spiegato più in là nel lavoro, è ritenuto un segnale di earnings management. Degeorge, Patel e Zeckhauser (1999) introducono invece un modello basato sulle soglie degli utili. Considerando che i dirigenti manovrano gli utili con lo scopo di influenzare la percezione degli outsider e siccome questi ultimi giudicano l’attività dei manager proprio 15 sulla base di determinati obiettivi di utili, gli autori ipotizzano che i dirigenti focalizzino la propria attenzione sulle soglie che verranno prese in considerazione per valutare l’andamento dell’azienda. Degeorge, Patel e Zeckhauser individuano tre soglie che sarebbero tenute d’occhio dai dirigenti quando comunicano gli utili, ovvero: • comunicare profitti positivi, cioè utili superiori a 0 • sostenere le recenti performance, cioè fare almeno gli stessi utili dell’anno precedente • raggiungere le aspettative degli analisti, in particolar modo centrare la previsione consensuale degli utili Analizzando una serie di risultati aziendali dal 1974 al 1996 gli autori giungono alla conclusione che quando i manager sono motivati al raggiungimento di queste soglie la distribuzione degli utili riportati diventa anormale: ossia storicamente ci sono troppe aziende che superano le soglie di utili rispetto a quelle che non le superano. Per esempio, relativamente alla soglia “sostenere le recenti performance” si osserva un grande salto nella distribuzione degli utili attorno allo valore 0. Il valore 0 in questo caso si riferisce alla differenza degli utili per azione tra un anno e l’altro (?EPS= EPSt – EPSt-1). In altri termini dunque, nella regione di piccoli cambiamenti negativi di EPS la distribuzione sembra essere stata “limata”: parte della densità che secondo una distribuzione normale sarebbe dovuta stare tra i valori -1 e 0 di ?EPS appare infatti spostata nella zona leggermente superiore a 0. Comunicare utili in calo, anche se per un’inezia, per un manager è un problema soprattutto a livello di immagine : è più facile dunque, in queste situazioni limite, aumentare artificialmente gli utili di quell’importo minimo che permetta di eguagliare o leggermente migliorare i risultati del periodo precedente così da non allarmare gli investitori. Questo fenomeno rappresenta una prova dell’esistenza di attività di earnings management. Inoltre, sempre secondo gli autori, emerge una gerarchia di soglie: l’obiettivo più importante per i manager è la soglia degli utili positivi, che prevale indifferentemente dalle altre soglie; una volta raggiunta questa prima soglia si cerca di migliorare gli utili del periodo passato; ultima in ordine di importanza è invece la soglia dell’aspettativa degli analisti (Degeorge, Patel, Zeckhauser 1999). Riguardo ai risultati che spesso appaiono migliori di quanto effettivamente dovrebbero essere prima di offerte di nuove azioni sui mercati finanziari, Beneish (2001) ricorda che , nonostante gli organismi di certificazione e le norme che vietano le comunicazioni fraudolente , l’asimmetria informativa rimane e di conseguenza esiste la possibilità di ingannare i potenziali investitori. Anche perché, come verrà illustrato nel prossimo sottocapitolo, le motivazioni per i manager ad agire in questo modo sono molto alte. 16 Similmente ai risultati riguardo agli utili riportati, Dichev e Skinner (2001) ipotizzano che i manager intraprendano delle azioni con il fine di evitare un’inadempienza del contratto. I due ricercatori trovano, con un risultato statisticamente significativo, che la maggior parte delle aziende riesce a superare leggermente le soglie che determinerebbero una violazione dei contratti di debito (debt covenants). Questo chiaramente costituisce un’evidenza di earnings management dato che statisticamente dovrebbero esserci tante aziende che superano poco le soglie quante ce ne sono che non le superano di poco. Un altro metodo che la letteratura riconosce come segnale di earnings management è la manipolazione dei dati sui fondi pensione. Bergstresser, Desai e Rauh (2003) definiscono “Effetto Gerstner” l’aumento del rendimento assunto a lungo termine sui fondi pensione nel periodo in cui si stanno preparando fusioni o esercizi di opzioni da parte dei dirigenti. Così facendo, infatti, si migliora l’andamento finanziario apparente dell’azienda aumentando il valore delle sue azioni. Quella dei fondi pensione è sicuramente un area della contabilità nella quale è facile fare opera di earnings management e la tecnica appare essere diffusa 10. Una ricerca di Myers, Myers e Skinner (2005) che analizza un insieme di aziende con una realizzazione di utili per azione (EPS) positivi per almeno 20 trimestri consecutivi dimostra che il numero di aziende che fanno parte di questo gruppo tra il 1963 ed il 2004 è maggiore di quanto ci si aspetterebbe. Questo fenomeno è definito earnings momentum, ovvero “la capacità di riportare utili trimestrali positivi per azione per diversi anni consecutivi”, e rappresenta un’evidenza di earnings management. Per riuscire in questa impresa i manager delle aziende prese in esame agirebbero per aumentare gli EPS riportati quando starebbero declinando e, viceversa, per diminuirli quando altrimenti starebbero aumentando più del necessario. Più in dettaglio i manager tenderebbero a riportare special items (ovvero le componenti più discrezionali degli utili) positivi o negativi in modo da attenuare gli utili. Inoltre c’è pure una tendenza nei dirigenti a pianificare il riacquisto di azioni proprie per dare una spinta agli utili per azione riportati quando queste sono in calo. Anche per quanto riguarda la contabilità delle tasse i ricercatori hanno 10 La FASB (Financial Accounting Standards Board) sta valutando di cambiare le norme contabili riguardo al calcolo delle pensioni. Obiettivo chiaro è evitare che questa voce contabile diventi uno strumento per manovrare gli utili a proprio piacimento. Tale revisione secondo le previsioni degli esperti durerà almeno 3 anni (Silverblatt 2005). 17 trovato della anomalie: le stime sulle tasse da pagare verrebbero usate per attenuare utili altalenanti affinché la volatilità degli stessi e dunque il rischio per gli investitori sia minore (Myers, Myers, Skinner 2005). A questo proposito Beneish (2001) conclude che l’insieme delle evidenze suggerisce che tendenzialmente l’earnings management atto ad aumentare i guadagni è più dilagante di quello con lo scopo di diminuirli. Evidentemente le situazioni in cui un’azienda va troppo bene rispetto alle aspettative e agli obiettivi, e dunque gli utili possono essere “messi in cassaforte” per tempi peggiori, sono meno frequenti rispetto ai casi in cui ogni franco guadagnato in più ha un effetto positivo sulla funzione di utilità dei manager. Queste sono le principali evidenze relative all’earnings management illustrate nella letteratura sul tema. Evidentemente nel processo di conduzione di un’azienda ci sono altre potenziali situazioni che possono indurre i manager a correggere gli utili. Esistono numerosi casi empirici che illustrano questi particolari processi. Una tecnica diffusa è quella di sopravvalutare impropriamente l’entità di un aggravio speciale (special charge). Per esempio quando un nuovo CEO (Chief Executive Officer) giunge a capo di un’azienda da riorganizzare può sovrastimare i costi di ristrutturazione una tantum includendovi spese operative future che, se non incluse in questo aggravio speciale, sarebbero state registrate nei periodi successivi. L’ingente spesa per la ristrutturazione, proprio perché straordinaria, sarebbe valutata come inevitabile dagli analisti e dagli investitori, i quali oltretutto non possono stimare l’effettiva entità di questo aggravio. Con questa tecnica nel primo anno della nuova gestione ci sarebbero probabilmente pesanti perdite, la cui responsabilità può tranquillamente essere data all’ex CEO; gli utili di breve-medio periodo verrebbero però alleggeriti di una parte delle spese future e dunque aumentati artificialmente , così da far sembrare migliori di quanto realmente sono i risultati economici sotto la nuova dirigenza . Oppure nel caso di un’acquisizione si può fare un grande debt write-off (cancellazione dei debiti) così da anticipare nel presente i costi operativi di pertinenza futura. Verrebbe così creata una riserva (cookie jar) da utilizzare eventualmente per gonfiare gli utili futuri (Schilit 2002). È necessario notare che si tratta di trucchi difficilmente individuabili, siccome valutare a priori quanto una previsione di un aggravio è realistica risulta inverosimile: rientrano dunque nella logica dell’earnings management. Tali pratiche producono una contabilità di bassa qualità in quanto rendono gli utili correnti un povero indicatore degli utili futuri. 18 Penman (2004) elenca una serie di situazioni dove la manipolazione, secondo la storia recente, è più probabile , dividendole in condizioni istituzionali e condizioni contabili legate al rapporto finanziario. Queste sono le condizioni istituzionali: • l’azienda è nel mezzo di un processo di raccolta di capitali o di rinegoziazione di prestiti; il periodo più a rischio è prima di un’offerta pubblica • i contratti di debito sono a rischio di violazione • ci sono stati cambi dirigenziali • è avvenuto un cambio dei revisori contabili • le ricompense manageriali (quali i bonus) sono legate all’entità degli utili • è in atto un repricing (cambio del prezzo di acquisto delle azioni da parte del management) sulle stock options • la struttura di governance è debole: a dominare la gestione è il consiglio di amministrazione e il comitato di revisione contabile è debole o addirittura non c’è • i requisiti normativi (quali i capital ratios per le banche e le compagnie assicurative) sono a rischio di violazione • le transazioni sono condotte con società correlate invece che con dipartimenti interni all’azienda • sono in corso eventi speciali quali negoziazioni sindacali o battaglie delle deleghe (proxy fight) • l’azienda è in gioco per essere un potenziale obiettivo di takeover • gli utili sfiorano le aspettative degli analisti • l’azienda intraprende decisioni sospette quali la creazione di società veicolo al di fuori del bilancio o di contratti derivativi ambigui Queste sono invece le condizioni contabili e legate al rapporto finanziario: • un cambiamento nei principi contabili o nelle stime • una sorpresa in fatto di utili • un calo della redditività dopo un periodo positivo • vendite costanti o una caduta delle vendite • utili che crescono più velocemente delle vendite • utili molto bassi (che senza manipolazioni potevano essere perdite) • crescita minima o nulla del margine di profitto (che senza manipolazioni poteva essere negativo) 19 • l’azienda raggiunge le aspettative degli analisti, ma solo minimamente • ci sono differenze nei costi tra il rapporto per le tasse (tax reporting) e quello finanziario • i rapporti finanziari sono usati per altri scopi quali i rapporti per le tasse e le negoziazioni sindacali • correzioni contabili nell’ultimo trimestre dell’anno (Penman 2004) Per dimostrare l’esistenza dell’earnings management Lev (2003) elenca tre categorie di evidenze dirette e specifiche a casi reali, ovvero: • cause (legali) di frode • restatement dei bilanci • misure coercitive della SEC Gli investitori che si sentono danneggiati per il fatto di aver comprato azioni a prezzi più alti a causa di una frode nel rapporto finanziario generalmente si uniscono per intraprendere azioni legali contro i dirigenti aziendali, i membri del consiglio di amministratore o i revisori contabili. Il successo di queste cause legali costituisce un’evidenza di earnings management. Per quanto riguarda il restatement dei bilanci, ovvero la correzione di errori nei rapporti economici, non sempre è una prova di earnings management, visto che può derivare anche da errori matematici o da un’applicazione sbagliata delle norme contabili. Tuttavia, soprattutto se gli errori si ripetono, possono sorgere dubbi sulla qualità dei bilanci. Infine la Securities and Exchange Commission (SEC) può applicare misure coercitive nei confronti di aziende, manager e revisori che violano le norme contabili e di reporting finanziario (Lev 2003). Di queste tre categorie di evidenze non è difficile trovare casi reali: tanto è vero che a scadenza più o meno regolare i giornali riportano di aziende che presentano irregolarità contabili che spesso implicano manipolazioni. In conclusione, le evidenze qui illustrate e la presenza di numerosi casi empirici portano ad affermare che l’earnings management esiste ed è una pratica diffusa. Nel prossimo capitolo sarà spiegato perché ciò succede analizzando gli incentivi e le motivazioni dei manager. 20 2.3 Motivazioni per l’earnings management Illustrando le evidenze dell’earnings management si è già in parte fatto riferimento alle motivazioni che inducono i dirigenti ad agire in questo modo. Chiaramente la causa principale di tale comportamento è l’asimmetria di informazioni tra gli agenti interni all’azienda ed il pubblico esterno. È questa caratteristica nel rapporto mittenti-destinatari che permette ai primi di manovrare i numeri, a volte anche in modo non consentito, con una probabilità generalmente bassa di venire scoperti. Healy e Wahlen (1999) distinguono le motivazioni per l’earnings management in tre categorie: motivazioni provenienti dalle aspettative e dalla valutazione dei mercati dei capitali, dai contratti che sono scritti secondo termini contabili, dalle norme anti-trust o da altri regolamenti governativi. Il fatto che gli investitori e gli analisti finanziari usino le informazioni contabili per valutare il valore delle azioni può chiaramente incentivare i manager a manipolare gli utili cercando così di influenzare l’andamento a breve termine del prezzo della azioni (Healy, Wahlen 1999). Considerando che una buona fetta della retribuzioni dei dirigenti di aziende quotate in borsa è legata all’andamento delle azioni (per esempio tramite le stock options), influenzarne il prezzo equivale aumentarsi la remunerazione. Un importante incentivo all’earnings management è dunque legato al guadagno pecuniario personale . Nel famoso caso Enron i dirigenti riuscirono a far salire il prezzo delle azioni dell’azienda dai 20 dollari di inizio 1998 agli 80 e più di inizio 2001. Secondo gli accusatori questo fu possibile grazie a diverse irregolarità contabili tese ad ingannare gli investitori sul reale andamento del business. Si è stimato che grazie a questo incremento del valore delle azioni Kenneth Lay, presidente ed ex-amministratore delegato della Enron, sia riuscito ad incassare più di 217 milioni di dollari dalle stock options tra il 1998 ed il 2001, mentre l’amministratore delegato Jeffrey Skilling nello stesso periodo ne portò a casa 89 milioni 11. Gli incentivi non sono solo economici: un valore delle azioni in crescita migliora pure l’immagine del management e la sua credibilità, aumentandone così anche il potere contrattuale e la sicurezza di mantenere il lavoro. L’ottenimento di bonus non sempre è legato unicamente all’andamento in borsa delle azioni, ma può dipendere dal raggiungimento di determinate soglie contabili ed economiche interne stabilite dal Consiglio di Amministrazione, oppure può derivare da obiettivi esterni quali le previsioni degli analisti. In qualsiasi caso il manager è incentivato a fare in modo che questi obiettivi vengano raggiunti o superati. Myers, Myers e Skinner 11 Informazioni tratte da un articolo dell’Economist, apparso sul numero 4 del 28 gennaio 2006 (The Economist 2006). 21 (2005) dimostrano addirittura che la ricompensa per utili che aumentano in maniera costante e regolare ogni singolo trimestre è maggiore che se l’aumento è misurato unicamente sull’arco dell’anno. Utili sempre crescenti, anche se solo in minima parte, hanno infatti un importante impatto psicologico positivo sugli investitori e di questo fatto i dirigenti tengono conto quando devono stilare e poi comunicare i risultati finanziari. Evidenze dimostrano che pur di massimizzare i bonus salariali alcuni manager differiscono i guadagni quando sono sicuri di non riuscire a raggiungere le soglie di un certo periodo, così da avere più possibilità di centrare gli obiettivi nei periodi successivi, oppure quando il massimo dei premi è già stati raggiunto (Guidry, Leone, Rock 1999). Se il massimo del bonus viene per esempio elargito quando gli utili aumentano del 10% rispetto all’anno precedente un incremento del 13% è inutile per quanto riguarda il compenso dei manager, che dunque preferiscono tenere via questo 3% per il futuro. Secondo Degeorge, Patel e Zeckhauser (1999) i manager sono anche riluttanti a rendicontare grandi balzi degli utili perché questo rischia di alzare eccessivamente gli obiettivi futuri rendendoli in questo modo difficilmente raggiungibili. Meglio, in altre parole, non comunicare risultati troppo esaltanti per non dover poi affrontare aspettative troppo ambiziose da parte del CdA e degli investitori e dunque difficilmente soddisfabili. A supporto dell’ipotesi che i dirigenti siano incentivati dalla politica dei bonus ad avere orizzonti a breve termine c’è la scoperta che i CEO negli ultimi anni di impiego in un’azienda abbiano l’abitudine di diminuire le spese di ricerca e sviluppo, presumibilmente per aumentare gli utili riportati (Dechow, Sloan 1991). Questi costi ricadrebbero così sui dirigenti subentranti. Un business normale e che apparentemente non presenta problemi facilita pure la raccolta di fondi: ciò evidentemente stimola la manipolazione da parte di quelle aziende che in realtà hanno ricavi in calo e perdite operative e che per questo motivo avrebbero difficoltà a trovare il supporto dei mercati di capitali e dei fornitori. L’attività di earnings management, inoltre, pare che accada con probabilità maggiore quando i manager si attendono che anche i concorrenti a l intraprendano, siccome la performance di un’azienda è spesso comparata con quelle del medesimo settore (Bagnoli, Watts 2000). Si tratta perciò di una reazione a catena in cui chi manipola i bilanci e ottiene risultati migliori viene trattato meglio e dunque spesso viene imitato allargando così il fenomeno dell’earnings management. Pure i contratti di debito rappresentano una motivazione all’earnings management. Come spiegano Watts e Zimmermann (1978) questi contratti, che sono scritti in modo che i 22 manager non intraprendano azioni che beneficiano gli azionisti dell’azienda a discapito dei creditori, creano degli incentivi alla manipolazione perché non rispettarli diventa costoso. Defond e Jiambalvo (1994) analizzando una serie di aziende che hanno violato un contratto di debito hanno scoperto che l’anno antecedente alla viola zione gli utili venivano aumentati. Questo viene interpretato come un’evidenza di tentativo di earnings management messo in atto dalle aziende che sono in prossimità della scadenza del contratto . Si parla di tentativo perché in questi casi analizzati l’obiettivo non è stato raggiunto e la violazione è realmente avvenuta. La violazione dei contratti di debito spesso provoca la revisione delle condizioni dei contratti e in alcuni casi il richiamo del prestito, che può portare alla bancarotta (Lev 2003). Healy e Wahlen (1999) illustrano tre motivazioni normative per l’earnings management. La prima è legata alle regolamentazioni del settore industriale in cui l’azienda opera (per esempio le assicurazioni devono rispettare determinate condizioni minime di salute finanziaria): queste norme creano incentivi nei manager a manipolare i dati di bilancio che sono presi in considerazione dai regolatori. La seconda motivazione è quella di apparire meno redditizi nel caso di risultati troppo buoni, riducendo così i rischi di investigazione e di un intervento dei regolatori dell’anti-trust. La Microsoft, ad esempio12, negli anni d’oro in cui gli utili erano molto alti, anche grazie alla sua posizione quasi monopolistica, usò diversi metodi (quali la contabilizzazione come costi delle spese di sviluppo dei software che i suoi concorrenti invece capitalizzavano su diversi anni) per mantenere bassi gli utili correnti ed evitare così l’intervento del governo per sviluppare la concorrenza. Incentivi simili esistono pure per i dirigenti di aziende che ricevono o cercano sussidi o protezione governativa. La terza motivazione è legata alla contabilità delle tasse: è infatti possibile che gli utili vengano manipolati con lo scopo di ottimizzare la pianificazione delle tasse. Discutendo delle motivazioni per l’earnings management, Feng (2004) sottolinea che potrebbe esserci una motivazione informativa. Infatti il desiderio di segnalare informazioni private precise e di comunicare alti utili motiva i manager a raggiungere o battere di poco le previsioni tramite l’earnings management. Il fatto di possedere informazioni private precise chiaramente è visto come un segno della conoscenza del proprio business. D’altra parte, nonostante questi incentivi, i dirigenti con informazioni private inaccurate hanno una probabilità minore di raggiungere questi obiettivi: in questi casi i possibili errori di 12 Esempio tratto da Giroux (2005). 23 previsione rendono troppo costoso raggiungere o superare le proprie stime. Ciò non fa altro che dar più valore al conseguimento degli obiettivi finanziari. Di conseguenza il mercato interpreta il raggiungimento o il superamento delle previsioni come un valido segnale della precisione delle informazioni private dei manager e dunque delle prospettive future dell’azienda, premiando questo fatto con un valore più alto delle azioni (Feng 2004). Questa cosa rafforza ulteriormente la motivazione a non deludere gli investitori e dunque a manipolare i bilanci. Volendo stilare un bilancio è possibile affermare che tutt’ora sono più le motivazioni ad intraprendere l’earnings management piuttosto che quelle a non intraprenderlo, e tra gli incentivi alla trasparenza dei bilanci la gran parte sono esterni all’azienda, in particolar modo legati alle norme e le leggi che se non rispettate determinano consegue nze negati ve a chi le infrange. A questo proposito è aperto il dibattito sui modi, soprattutto relativi alla corporate governance e alle norme contabili, per disincentivare i dirigenti ad attuare l’earnings management. Non a caso è stata trovata una relazione tra debolezza del sistema di imposizione legale di un paese ed il dilagare dell’earnings management (Burgstahler, Hail, Leuz 2004). 2.4 Conseguenze per gli investitori Considerando che la motivazione principale per l’earnings management è legata al mercato dei capitali e alla reazione dei suoi attori alla pubblicazione dei dati di bilancio in questo capitolo saranno valutate le conseguenze per gli investitori di tali pratiche. Una parte della letteratura sostiene che gli investitori non sarebbero ingannati dall’earnings management e che dunque i bilanci forniscano informazioni utili. Per esempio, secondo Hand (1992), gli investitori capiscono che le aziende hanno incentivi legati alle tasse per adottare il metodo LIFO (Last In First Out) per il calcolo del valore dell’inventario quando i prezzi in entrata sono in crescita e dunque non reagiscono negativamente ad utili in declino nel momento in cui viene cambiato questo sistema contabile . Tuttavia altri studi indicano che l’earnings management può influire sull’allocazione delle risorse. La sopravvalutazione del prezzo della azioni dopo una nuova offerta pubblica per esempio sembra essere attribuibile alla pratica dell’earnings management antecedente all’offerta stessa (Healy, Wahlen 1999). Nonostante ciò, in 24 generale, gli utili correnti come riportati dal management sono considerati migliori indicatori dell’andamento futuro del cash flow rispetto al cash flow corrente. Rimane tuttavia aperto il dibattito sull’utilità dell’earnings management nell’informatività degli utili rispetto alla reale situazione dell’azienda. Il management infatti può smussare gli utili “prendendo in prestito” guadagni dal futuro oppure spostandoli dal presente al futuro. In altri termini, i guadagni possono essere presi in prestito negli anni cattivi e accumulati negli anni buoni. Questo rischia però di ridurre la qualità delle informazioni sugli utili e di conseguenza compromettere la qualità delle analisi di bilancio basate sui dati comunicati dall’azienda. A questo proposito una ricerca di Degeorge, Patel e Zeckhauser (1999) evidenzia come le aziende che raggiungono di poco le soglie poste come obiettivo (e dunque secondo quanto detto in precedenza potrebbero esserci riusciti manipolando gli utili) tendano poi ad avere un andamento futuro peggiore rispetto ad un campionecontrollo di aziende meno sospette. Ciò non crea troppi problemi se si può essere certi che gli anni cattivi sono seguiti da anni buoni. Se però questo non dovesse accadere e ad anni cattivi dovessero seguire altri anni cattivi allora la qualità degli utili attuali, aumentati per sembrare migliori, verrebbe messa in discussione (Penman 2004). E allora gli utili correnti perderebbero la loro capacità di prevedere l’andamento futuro del cash flow. Oltre a determinare possibili costi per gli investitori in termini di investimenti sbagliati, l’earnings management può provocare all’azienda stessa costi che poi in futuro ricadrebbero sugli investitori. I costi più importanti derivano dall’earnings management tramite operazioni reali (chiamato anche direct earnings management), quello che prevede operazioni quali la diminuzione dei costi per la formazione del personale, il rinvio della manutenzione dei macchinari oppure il taglio dei prezzi per stimolare le vendite. Queste azioni infatti non sono mere operazioni contabili ma cambiano concretamente la gestione del business e dunque mutano le prospettive dell’azienda (Degeorge, Patel, Zeckhauser 1999). L’ottica del risultato trimestrale che deve sempre soddisfare gli obiettivi rischia infatti di determinare scelte opportunistiche che possono compromettere la stabilità economica dell’azienda nel lungo periodo. L’earnings management può risultare costoso anche se effettuato con tecniche contabili quali il trasferimento di oneri o entrate da un anno all’altro (il cosiddetto misreporting). Difatti se ciò avviene spesso è perché i manager cercano di massimizzare il proprio compenso derivante dai bonus. A questo proposito la letteratura suggerisce che i manager tendono a fare scelte che , per raggiungere gli 25 obiettivi di utile a breve termine, non massimizzano il valore reale, anche se ciò è a scapito della redditività a lungo termine complessive dell’azienda 13 senza . Questa abitudine aumenta le spese retributive tuttavia migliorarne effettivamente le condizioni economiche: ciò diminuirà l’entità degli utili e gli azionisti si vedranno così diminuire eventuali dividendi e parte del guadagno in conto capitale. Per cautelarsi da questo pericolo e per evitare che il miglioramento degli utili attuali sia a spese dei risultati futuri alcune aziende permettono ai manager di esercitare le stock options solo dopo un determinato periodo temporale allungando così il loro orizzonte (Degeorge, Patel, Zeckhauser 1999). Così facendo le loro scelte saranno sviluppate in un’ottica più a lungo termine. Il design dei contratti retributivi ha infatti un’influenza determinante sull’atteggiamento opportunistico dei manager e quindi sull’entità di earnings management (Gao, Shrieves 2002). A dimostrazione di quanto costosa possa risultare la pratica dell’earnings management si possono citare alcuni studi che analizzano la reazione del mercato alla scoperta di tale pratica. Secondo Healy e Wahlen (1999) il fatto che , dopo l’annuncio da parte della stampa di accuse di earnings management da parte della SEC, i titoli delle aziende in questione subiscano una reazione negativa sui mercati azionari suggerisce che gli investitori non riescano ad individuare perfettamente l’earnings management nemmeno nei casi più estremi. Il calo del valore del titolo di un’azienda subito dopo l’annuncio di un’investigazione per earnings management secondo un’analisi di Dechow, Sloan e Sweeney (1996) si situa attorno al 9%. Inoltre il solo fatto di essere criticati nella stampa per pratiche contabili ingannevoli provoca in media un calo dell’8% del prezzo delle azioni (Foster 1979). Una reazione analoga ha luogo quando un’azienda annuncia di voler correggere utili precedentemente pubblicati (il cosiddetto earnings restatement), cosa che spesso nasconde una bassa qualità degli utili. Secondo una ricerca di Richardson, Tuna, Wu (2002) le aziende che correggono i bilanci perdono in media il 25% del proprio valore di mercato in un periodo di 240 giorni intorno all’annuncio del restatement ed il valore del titolo cala dell’11% su un arco temporale di 3 anni. Gli stessi autori hanno calcolato che mediamente l’annuncio del restatement avviene 454 giorni dopo la fine dell’anno fiscale in cui gli errori contabili o le presunte manipolazioni avrebbero avuto luogo. 13 Si veda ad esempio Graham, Harvey, Rajgopal (2004), che trovano che la maggioranza dei manager eviterebbe di iniziare un progetto con un valore attuale netto (NPV) positivo se ciò comportasse il non-raggiungimento delle stime consensuali degli analisti per il trimestre. 26 Queste pesanti reazioni del mercato alle notizie di possibili irregolarità nei libri contabili fanno ipotizzare che sia possibile ingannare gli investitori per un determinato lasso di tempo ma che alla fine, se la situazione economica-finanziaria non migliora, la realtà dei fatti emergerà sempre. Bhattacharya, Daouk e Welker (2002) in un loro studio analizzano il livello di earnings opacity (termine traducibile con “opacità degli utili” e che quantifica l’inaffidabilità dei dati di bilancio comunicati dalle aziende) in diversi paesi per cercare di capire quanto essa dipende dalle norme legali, dalla struttura politica ed economica e quali conseguenze ha sul mercato. Ebbene, gli autori scoprono in maniera significativa che più è alta l’opacità degli utili in un dato paese più sarà alto il costo del capitale (cost of equity) e più basso sarà il livello di trading (anche detto turnover) nel mercato finanziario di tale paese. In altri termini, utili poco trasparenti, spesso dovuti all’earnings management, intaccano la fiducia degli investitori i quali fanno più fatica ad investire e quelli che lo fanno richiedono un rendimento maggiore perché il rischio è maggiore. I recenti scandali contabili negli Stati Uniti, molto pubblicizzati, sembra abbiano avuto proprio questo effetto sui mercati. La preoccupazione degli investitori riguardo alla credibilità dei rapporti finanziari ha probabilmente, secondo Lev (2003), aumentato il costo del capitale correlato con una maggiore incertezza e fatto lievitare il costo di monitoraggio delle aziende. Questo fattore, assieme ad un’attitudine generale dei mercati di diffidenza nei confronti delle aziende e i loro dirigenti, sembra costituisca una ragione per la timida crescita degli investimenti aziendali e la conseguente perdita produttiva tra il 2000 ed il 2003. I costi sociali legati al crollo del valore delle azioni o addirittura al fallimento di alcune aziende che hanno manipolato i bilanci sono dunque ingenti per gli investitori e di riflesso per l’intero sistema economico. In aumento sono pure i costi dei sistemi legali (per esempio di un organismo quale la SEC) e delle istituzioni pubbliche (Lev 2003). Come già anticipato alcuni autori sostengono che l’earnings management possa avere anche conseguenze positive per l’azienda ed i suoi investitori. Feng (2004) ad esempio analizzando un campione di aziende ha scoperto che la aziende che hanno raggiunto o leggermente battuto le previsioni del management hanno una performance futura (misurata in termini di ROA, CFO e Crescita dei ricavi) migliore rispetto alle aziende con utili negativi o largamente positivi. Questo capita perché in un contesto economico incerto il fatto che i manager dispongano di informazioni private più precise, e che dunque siano facilitati a stilare previsioni oggettive (che risultano poi in errori di previsione minori), è un 27 segnale positivo. L’accesso a dati più completi e precisi permette infatti loro di prendere decisioni operative più efficienti e dunque generare profitti maggiori. In maniera simile, il fatto di non deludere le aspettative del mercato migliora la reputazione del management, anche se poi risultati che battono nettamente le previsioni pare che la indebolirebbero (Feng 2004). Nei casi più benigni, in definitiva, l’earnings management potrebbe determinare benefici a livello di informatività dei dati di bilancio, nel senso che alcuni limiti delle norme US GAAP possono essere superati affinché le informazioni pubblicate risultino il più possibile utili per gli investitori perché verosimili e coerenti con l’andamento reale degli affari e le prospettive future dell’azienda. Oltre ai vantaggi di reputazione e di informatività c’è chi sottolinea anche vantaggi economici concreti. Secondo Titman e Trueman (1988) il fatto di smussare gli utili può abbassare la stime degli investitori riguardo alla volatilità degli utili dell’azienda e dunque il rischio, riducendo così il tasso di rendimento richiesto. Un costo del capitale più basso è dunque un beneficio per l’azienda. La discussione sull’esistenza di eventuali benefici derivanti dall’earnings management in ogni caso è ancora aperta e appare come uno dei temi da sviluppare più interessanti nella letteratura. In conclusione si può certamente dire che in alcune situazioni gli investitori non sono efficienti in quanto non sono in grado di “vedere attraverso” l’earnings management e dunque in questi casi tale pratica può avere un effetto profondamente negativo . Ed è proprio per questo motivo che diventa cruciale per l’investitore rilevare eventuali manipolazioni e stranezze. Altre volte i trucchi contabili usati dalle aziende per “aggiustare” i bilanci vengono subito individuati e dunque la valutazione non ne risente. Con il crescere delle ricerche sull’earnings management ed il perfezionamento dei metodi di rilevamento è in aumento chiaramente anche la sofisticatezza delle analisi sulla qualità degli utili e dunque la capacità per analisti e investitori di proteggersi e conseguentemente di investire in maniera più sicura e consapevole. Nel prossimo capitolo saranno analizzate due tecniche che possono nell’identificazione delle manipolazioni dei bilanci e si cercherà di valutarne l’utilità . 28 aiutare 3. TECNICHE PER L’INDIVIDUAZIONE DI MANIPOLAZIONI DEL RAPPORTO FINANZIARIO 3.1 Premessa I casi di earni ngs management più noti (ovvero Enron, Worldcom, ecc.) sono quelli di aziende investigate dalla SEC che hanno a che fare con violazioni dei principi contabili generalmente accettati e che dunque si possono definire chiari esempi di manipolazione o frode. Esistono però molti altri casi di earnings management dove i manager agiscono in maniera opportunistica intervenendo sul processo di reporting finanziario, spesso a scapito degli investitori, pur non infrangendo le norme contabili. Identificare queste pratiche senza conoscere le reali intenzioni del management risulta compito molto arduo. Per riuscirci gli analisti prima di tutto devono capire quali sono le situazioni in cui è più probabile che l’earnings management accada. Poi analizzando i bilanci, scomponendoli e confrontando i vari dati in essi contenuti è possibile individuare schemi ricorrenti. In altri termini grazie a studi e ricerche effettuate su campioni di aziende manipolatrici si è scoperto che determinate combinazioni e correlazioni numeriche sono più ricorrenti in tali aziende rispetto alla norma e dunque quando questi schemi si ritrovano in un bilancio sorge il sospetto che l’azienda in questione possa essere impegnata in attività di earnings management e dunque gli utili possano essere di bassa qualità. Evidentemente un modo di agire simile non darà mai la certezza assoluta di sapere se un bilancio sia falsificato o ingannevole solo perché alcuni dati portano a sospettare ciò: può infatti sempre darsi che alcune informazioni o tendenze apparentemente strane e dubbie siano dovute a operazioni di business perfettamente legali. In ogni caso sul medio-lungo termine è possibile valutare con una certa affidabilità la qualità degli utili di una data azienda e di conseguenza il valore informativo dei dati finanziari per l’investitore. La qualità degli utili infatti, seguendo Richardson et. al. (2001), è misurata come il grado con cui l’andamento degli utili persiste nel periodo successivo. Se questi dati sono a rischio di inattendibilità diventerà molto difficile utilizzarli per valutare il reale andamento di un’azienda e le sue prospettive e investire in questa azienda si porterà dietro incognite e pericoli. Da qui l’importanza di sviluppare metodi che aiutano nell’individuazione di eventuali manipolazioni dei bilanci, anche perché un analista che valuta la qualità degli utili diagnostica le anomalie contabili e può in questo modo ottenere rendimenti maggiori. Considerando che le aziende vedono il loro valore sui mercati finanziari crollare quando si scoprono eventuali manipolazioni, essere in grado di prevederle equivale a guadagnare parecchi soldi. 29 3.2 Metodo della stima degli accruals Secondo le norme contabili US GAAP gli utili sono composti da una parte cash, ovvero quanto effettivamente entra ed esce con le operazioni aziendali nel periodo preso in considerazione, e da una parte non cash. Questa parte non cash, definita anche accruals, comprende le entrate e le spese che hanno avuto luogo in un certo periodo ma che non hanno generato un’entrata o un’uscita di contante nello stesso periodo. Il fatto di calcolare gli accruals e di inserirli nel conteggio degli utili che verranno poi comunicati alla comunità finanziaria ha l’obiettivo di rendere gli utili un indicatore più verosimile del reale andamento degli affari rispetto alla semplice quantità di cash flow. Valutare l’entità delle entrate o delle spese generate ma non ancora monetizzate, tuttavia, non è sempre facile e per farlo bisogna far capo a stime, previsioni e valutazioni soggettive. Proprio per questo motivo l’informazione contenuta negli accruals relativa ai benefici e agli obblighi futuri attesi è ritenuta rilevante per chi legge i bilanci, tuttavia è pure considerata meno attendibile rispetto alle informazioni relative alle entrate e agli esborsi sottostanti di contante. La letteratura dedicata all’earnings management ha dato ampio risalto al ruolo degli accruals, dato che non essendo quantificabili con precisione rappresenta no potenzialmente proprio la parte più facilmente manipolabile dei bilanci. Ci sono diversi metodi per misurare gli accruals 14, inoltre c’è chi distingue gli accruals non-discrezionali dagli accruals discrezionali (discretionary accruals), ovvero la parte non legata all’andamento congiunturale dell’azienda. Il primo metodo che sarà illustrato in questo lavoro considera gli accruals totali non prevedendo distinzioni: ciò permette di semplificare e velocizzare i calcoli senza comunque perdere troppo in affidabilità. Il secondo fa una distinzione temporale degli accruals: considera infatti solo la parte corrente, i cosiddetti current accruals. Healy (1985), in un articolo seminale per la letteratura sul tema, ha posto la seguente relazione per arrivare a misurare l’earnings management: Utili = Cash flow + Accruals. Partendo da questa relazione, gli accruals vengono calcolati come la differenza tra gli utili e la liquidità effettivamente incassata dall’azienda. Accruals alti denotano che gli utili sono poco basati sul cash e dunque potenzialmente più a rischio. In modo simile Deangelo 14 Si veda Dechow, Sloan, Sweeney (1995) che confrontano diversi modelli avanzati basati sugli accruals per identificare l’earnings management. 30 (1994), assumendo implicitamente che gli accruals rimangano generalmente costanti, si concentra sul cambiamento degli accruals tra un anno e l’altro e, quando tale cambiamento non risulta seguire un random walk, secondo l’autore si può ipotizzare che sia in atto earnings management. Una variazione rilevante da un anno all’altro della magnitudine degli accruals può infatti significare che alcune stime siano state cambiate in modo considerevole, potenzialmente anche con scopi di distorsione dei risultati. Ad esempio, negli anni negativi i manager possono stimare in eccesso vendite non ancora effettuate così da gonfiare temporaneamente gli utili senza tuttavia che la quantità del cash flow sia toccata. Kasznik (1999) tramite un’analisi empirica conva lida l’ipotesi che i manager usino gli accruals discrezionali per migliorare utili che altrimenti non raggiungerebbero le previsioni del management. In modo simile Sloan (1996) dimostra che accruals crescenti rappresentano un indicatore di utili e rendimenti azionari in deterioramento. Aziende con una componente di accruals rilevante , secondo un’opinione comune, sembrano dunque essere più a rischio di earnings management. Evidentemente non sempre la relazione è vera: ovvero accruals imponenti non implicano automaticamente che ci sia una manipolazione degli utili. Si consideri ad esempio il caso di un’azienda che confrontata con un andamento generale negativo dell’economia si vede confrontata con vendite in calo e maggiori scorte in magazzino: automaticamente gli accruals saranno più alti. Se poi, per rispondere alla concorrenza e non perdere consumatori, l’azienda decide di estendere i crediti di lungo termine con i propri clienti l’importo totale dei crediti aumentarà e di riflesso pure gli accruals. Ma in questo caso tali operazioni che vanno ad aumentare la componente accrual degli utili non costituiscono necessariamente un tentativo di manipolazione ma possono essere una semplice strategia di massimizzazione del valore (Beneish 1997). Questa connessione tra entità degli accruals e bassa qualità degli utili è possibile perché gli investitori sembrano concentrarsi in modo ingenuo unicamente sugli utili, trascurando la distinzione tra la parte cash e quella accrual dei risultati. Diversi studi hanno scoperto che le aziende con un livello relativamente alto di accruals sperimentano un rendimento anormale negativo del titolo (abnormal stock return) attorno agli annunci di utili futuri 15, e viceversa. In altri termini la componente degli utili legata agli accruals pare meno persistente di quella legata al cash flow, molto più ancorata alla realtà e dunque meno manipolabile. Sloan (1996) trova che la componente accrual ha una persistenza del 10% minore rispetto alla componente cash flow. Di conseguenza le aziende con una 15 Si veda ad esempio Sloan (1996). 31 componente alta di accruals tendono ad avere un valore delle azioni sopravvalutato rispetto alla reale consistenza degli utili. Questo errore verrà corretto quando gli utili futuri non saranno al livello delle attese e dunque per la delusione rispetto alle aspettative i rendimenti anormali del titolo saranno negativi. Richardson et. al. (2001) trovano una correlazione positiva tra il livello degli accruals e le azioni di sorveglianza della SEC. Analogamente , secondo gli stessi autori, le aziende con accruals rilevanti hanno più probabilità di andare incontro a restatement dei bilanci. Secondo tutti gli autori sopraccitati è dunque possibile usare il livello degli accruals (o dei discretionary accruals) come indice per l’earnings management. Il metodo più intuitivo è basato sui dati inseriti nel conto dei flussi di cassa e calcola semplicemente gli accruals totali come la differenza tra gli utili e il cash flow operativo. Per questo motivo viene comunemente definito cash flow statement approach (Hribar e Collins 2002). Questa è la formula dell’approccio basato sul conto dei flussi di cassa: Accruals (Cash flow stat. approach) = Net income – Cash flow from operations Con “Net income” si fa riferimento agli utili prima delle voci straordinarie 16 . Le voci straordinarie (i cosiddetti extraordinary items) e le voci non ricorrenti sono escluse perché i dati di bilancio spesso non forniscono i dati necessari per decomporre tali voci nelle loro componenti cash e accrual. Diversamente il modello presentato da Sloan (1996) è più complesso e considera le transazioni che determinano gli accruals in maniera più approfondita. In tale modello vengono considerati gli accruals correnti e la componente accrual degli utili viene calcolata utilizzando informazioni dal conto dello stato patrimoniale e dal conto economico. Questo approccio si fonda sulla presunta connessione tra i cambiamenti del working capital nel conto dello stato patrimoniale e la componente accrual dei ricavi e delle spese nel conto economico (Hribar, Collins 2002). Nella letteratura questo è il metodo più citato e viene comunemente definito come l’approccio del calcolo degli accruals basato sullo stato patrimoniale (Balance sheet approach). 16 Precisamente la voce “Income before extraordinary items (Statement of Cash Flow)”, Compustat #123. 32 Questa è la formula per il calcolo degli accruals correnti secondo l’approccio basato sullo stato patrimoniale : Accruals (Balance sheet approach) = (? CA – ? Cash ) – (? CL – ? STD – ? TP) – Dep dove: ?CA = cambiamento negli Attivi correnti (Change in current assets) ? Cash = cambiamento nella Liquidità (Change in Cash/Cash Equivalents) ? CL = cambiamento nei Passivi correnti (Change in Current Liabilities) ?STD = cambiamento neI Debito a breve termine incluso nei Passivi correnti (Change in Debt Included in Current Liabilities) ? TP = cambiamento nelle Imposte sul reddito dovute (Change in Income Taxes Payable) Dep = costo di Deprezzamento e ammortamento (Depreciation and Amortization Expense) Con questo calcolo si calcola la componente accrual contenuta negli attivi correnti, le si sottrae la componente accrual contenuta nei debiti correnti e poi le si toglie il deprezzamento. Il debito a breve termine incluso nei passivi correnti viene escluso siccome si riferisce a transazioni di tipo finanziario o di investimento e non operative. Anche le imposte sul reddito dovute sono da escludere dagli accruals nel debito perché gli utili che vengono considerati sono il reddito relativo alle attività permanenti (Income from continuing operations17 ) dove sono già esclusi i costi delle tasse. L’obiettivo di queste sottrazioni è misurare accruals che siano il più possibile legati alle operazioni aziendali e che non siano distorti dalle attività finanziarie e di investimento, attività spesso incostanti e che non sempre seguono o determinano il reale andamento degli affari. Secondo la relazione presentata precedentemente, la componente del cash flow degli utili è calcolabile come la differenza tra gli utili netti e gli accruals. Per meglio analizzare l’andamento degli utili, e in particolar modo degli accruals , e poterlo confrontare con altre aziende od altri periodi temporali, Sloan (1996) suggerisce di standardizzare le variabili Utili, Accruals e Cash flow con la grandezza dell’azienda. 17 Si noti che la voce “Income from continuing operations” usata in questo contesto è analoga alla voce “Income before extraordinary items ” citata nel calcolo degli accruals basato sul conto dei flussi di cassa. 33 Si giunge così alle seguenti 3 variabili finanziarie (Sloan 1996): 18 19 Componente utili (Earnings) = Income from continuing operations 15 Average total assets 16 Componente accrual (Accrual component) = Accruals Average total assets - Accruals Average total assets Componente cash flow (Cash flow comp.) = Inc. from cont. op. Si noti che in questo lavoro per entrambi gli approcci la componente cash flow verrà computata come la differenza tra gli utili e la componente accrual degli utili, ciò per ottenere le medesime variabili finanziarie e poterle confrontare più facilmente. Come già ricordato in precedenza Sloan (1996) nel suo studio cerca di dimostrare che le aziende con una componente accrual importante tendono ad avere un andamento futuro in borsa peggiore delle aziende con accruals più bassi. In questo lavoro il calcolo degli accruals verrà utilizzato con il fine di trovare aziende con la componente accrual insolitamente consistente o bilanci nei quali gli accruals variano in modo importante: questo come spiegato nella letteratura può indicare la presenza di earnings management. L’analisi degli accruals può così aiutare gli investitori a dare la giusta importanza al ruolo che questi accruals ricoprono nella formazione dei risultati finanziari spingendoli a non investire nelle aziende che hanno utili alti grazie alla componente non cash. Se i manager fanno capo a questa possibilità per migliorare i propri conti probabilmente è anche perché gli analisti e gli investitori non danno abbastanza risalto al ruolo degli accruals nella determinazione dei risultati aziendali. 18 Si tratta del Reddito relativo alle attività operative permanenti. È calcolato come il reddito operativo al netto degli interessi, delle tasse e dei proventi/perdite dalla vendita/acquisto di investimenti. In altri termini è il reddito netto senza le componenti straordinarie e non ricorrenti. 19 Si tratta della media degli Attivi Totali tra l’anno t e l’anno t-1. 34 3.2 Modello di Beneish (Beneish 1999) Beneish, Professore alla Kelly School of Business (Indiana University) nel suo paper “The detection of earnings manipulation” (1999) analizza i dati di bilancio di un campione di aziende manipolatrici degli utili, ne identifica le caratteristiche e, ricercando le differenze quantitative con le aziende non manipolatrici (appartenenti ai medesimi settori), elabora un modello per individuare le manipolazioni. Tale modello è disegnato affinché utilizzando i dati che si trovano nel bilancio si possa captare gli effetti di una manipolazione o almeno le condizioni base che potrebbero portare un’azienda ad intraprendere tale attività. Il risultato del modello , come sarà illustrato dopo, è infatti un valore che indica se l’azienda ha un’alta o una bassa probabilità di aver manipolato gli utili. Le condizioni e i metodi per manipolare gli utili tendono infatti a ricorrere e ripetersi nei vari casi, per cui sommando le variabili del modello è possibile scoprire se una certa azienda sta agendo in un modo analogo ad aziende che sono poi state individuate come manipolatrici dei bilanci. Questa analogia fa chiaramente scattare un campanello d’allarme e spinge l’analista ad andare più a fondo nei dati per capire cosa sta accadendo alla contabilità aziendale . Il modello , secondo i test di Beneish (1999) con campioni di validazione, identifica con esattezza circa la metà delle aziende coinvolte in manipolazioni degli utili prima della scoperta pubblica. La differenza rispetto al modello degli accruals è che qui si parla di earnings manipulation e non di earnings management. Ovvero, con manipolazione ci si riferisce alle violazioni dei principi contabili US GAAP compiute con lo scopo di volontariamente migliorare l’andamento del business aziendale e la situazione finanziaria apparente, mentre earnings management è un’accezione più larga che include anche operazioni di dubbia trasparenza nei confronti degli azionisti ma ciò nonostante legalmente accettabili. Dato che entrambe le accezioni si riferiscono comunque alla pratica dei manager di distorcere i dati contabili per ottenerne un vantaggio, e siccome lo scopo di questo lavoro sta proprio nell’analisi di alcuni modelli che captano tali distorsioni, si tratteranno i due termini come equivalenti. Il modello include otto variabili, basate sulla letteratura dedicata al tema dell’analisi dei bilanci e dell’earnings management. Alcune di queste variabili (DSRI, GMI e TATA) si focalizzano sulla capacità dell’azienda di generare liquidità e utili dalle proprie attività aziendali. Due di esse (SGI e LVGI) cercano di captare le abilità dell’azienda e le motivazioni che potrebbero portare alla manipolazione delle norme contabili. Infine le altre (AQI, DEPI e SGAI) valutano gli investimenti in attivi dell’azienda e la capacità di controllare i costi. 35 Le variabili sono misurate usando i dati dell’anno fiscale in cui è stata accertata la prima violazione delle regole contabili. Sette di queste otto variabili sono indici, così da catturare le distorsioni che potrebbero sorgere dalla manipolazione comparando i dati di bilancio nell’anno della prima violazione riportata rispetto all’anno precedente (Beneish 1999). Queste sono le otto variabili che formano il modello di Beneish (1999): 1. Indice del tempo medio di incasso (Days Sales in Receivables Index, DSRI) DSRI è il rapporto tra il tempo medio di incasso (days sales in receivables o days sales outstanding) nel anno t in cui è svelata la manipolazione degli utili e la misura corrispondente nell’anno precedente t-1. Il tempo medio di incasso è calcolato come il rapporto tra i crediti verso i clienti (receivables) e il fatturato (sales) moltiplicato per i giorni del periodo preso in considerazione. La formula del DSRI è: DSRI = (Receivables t) (Sales t ) (Receivables t - 1) (Sales t - 1 ) Un aumento del tempo medio di incasso può essere la conseguenza di un cambiamento nella politica dei crediti con lo scopo di sostenere le vendite, ma un aumento sproporzionato dei crediti relativamente alle vendite può essere un chiaro sintomo di un “aggiustamento” dei profitti. Di conseguenza, un incremento importante nel tempo medio di incasso è associabile ad una maggiore probabilità che le entrate e gli utili siano ingigantiti. Beneish determina, come illustrato nella Tabella 3.1, che le aziende che non hanno manipolato i ricavi (non-manipolatori) hanno un indice medio di 1,031, mentre le aziende che hanno manipolato i ricavi (manipolatori) hanno un indice medio di 1,465, equivalente ad un incremento del 42%. 2. Indice del margine lordo (Gross Margin Index, GMI) GMI è il rapporto tra il margine lordo nell’anno t-1 e il margine lordo nell’anno t. Per quantificare il margine lordo si calcola il tasso di profitto lordo (gross profit), come la differenza tra i ricavi (sales) e il costo del venduto (costs of goods sold), e lo si divide per i ricavi (sales). 36 La formula del GMI è: GMI = (Sales t - 1 - Costs of goods sold t - 1) (Sales t - 1 ) t (Sales - Costs of goods sold t) (Sales t) Un GMI maggiore di 1 indica che i margini lordi si sono deteriorati. Questo peggioramento potrebbe spingere i dirigenti a manipolare gli utili. Di conseguenza esiste una correlazione tra l’indice del margine lordo e la probabilità di manipolazione. Nella ricerca di Beneish il valore medio per questo indice è 1,014 per i nonmanipolatori e di 1,193 per i manipolatori, il che equivale ad un incremento del 18%. 3. Indice della qualità degli investimenti (Asset Quality Index, AQI) La qualità degli investimenti è il rapporto tra gli attivi non correnti (meno gli Immobili, impianti e macchinari) e gli attivi totali, e misura la proporzione degli attivi totali (total assets) per i quali i benefici futuri sono potenzialmente meno sicuri. Per calcolare gli attivi non correnti si sottraggono agli attivi totali (total assets) gli attivi correnti (currents assets) e gli Immobili, impianti e macchinari (PPE). AQI è il rapporto tra le qualità degli investimenti dell’anno t e dell’anno t-1. La formula del AQI è: AQI = - Current assets t + PPE t ) Total assets t Current assets t - 1 + PPE t - 1 (1 Total assets t - 1 (1 ) Un AQI maggiore di 1 indica che l’azienda ha potenzialmente aumentato la pratica di capitalizzare e posporre alcuni costi, il che spesso rappresenta un segnale di earnings management, oppure ha aumentato gli attivi intangibili (chiamati anche soft assets) diminuendo la qualità degli attivi. Nella ricerca di Beneish il valore medio per questo indice è 1,039 per i nonmanipolatori e di 1,254 per i manipolatori, il che equivale ad un incremento del 21%. 4. Indice della crescita delle vendite (Sales Growth Index, SGI) SGI è il rapporto tra le vendite (sales) nell’anno t e le vendite nell’anno t-1. Evidentemente vendite in aumento non implicano che vi sia manipolazione, tuttavia 37 le aziende in crescita sono considerate come più potenzialmente a rischio di commettere frodi dei libri contabili siccome la loro posizione finanziaria e la necessità di capitali mette pressione ai manager affinché raggiungano determinati obiettivi riguardo agli utili. Questo soprattutto se dopo i primi segnali di rallentamento l’azienda si vede confrontata con grandi perdite di valore delle proprie azioni sui mercati finanziari. La formula del SGI è: Sales SGI = Sales t t - 1 Un SGI superiore a 1 indica che le vendite stanno crescendo rispetto all’anno precedente. Considerando che le aziende cercano di nascondere eventuali diminuzioni del tasso di crescita per non deludere gli investitori, ci si può aspettare una correlazione positiva tra l’SGI e la probabilità di manipolazione degli utili. Nella ricerca di Beneish il valore medio per questo indice è 1,134 per i nonmanipolatori e di 1,607 per i manipolatori, il che equivale ad un incremento del 42%. 5. Indice del deprezzamento (Depreciation Index, DEPI) DEPI è il rapporto tra il tasso di deprezzamento nell’anno t-1 e il corrispondente tasso nell’anno t. Il tasso di deprezzamento in un dato anno è calcolato come il rapporto tra il deprezzamento (depreciation) e la somma tra il deprezzamento (depreciation) e gli attivi fissi, ovvero gli Immobili, impianti e macchinari (PPE). Si noti che nel deprezzamento (depreciation) non si include l’ammortamento degli intangibili (amortization of intangibles) che se compresi nella voce “Depreciation and amortization” sono quindi da sottrarre. La formula del DEPI è: DEPI = (Depreciation t - 1) (Depreciation t - 1 + PPE t - 1) (Depreciation t) (Depreciation t + PPE t) Un DEPI maggiore di 1 indica che il tasso al quale sono stati ammortizzati gli attivi è calato. Ciò incrementa la possibilità che l’azienda abbia alzato le proprie stime riguardo alla vita utile del bene oppure abbia adottato un nuovo metodo di 38 misurazione che migliori i risultati. Si può dunque ipotizzare una correlazione positiva tra DEPI e probabilità di earnings management. 20 Nella ricerca di Beneish il valore medio per questo indice è 1,001 per i nonmanipolatori e di 1,077 per i manipolatori, il che equivale ad un incremento dell’8%. 6. Indice delle spese di vendita, generali e amministrative (Sales, General and Administrative Expenses Index, SGAI) SGAI è il rapporto tra le spese di vendita, generali e amministrative (SGA expence) e le vendite (sales) nell’anno t, rapportato alla misura corrispondente per l’anno t-1. La formula dello SGAI è: SGAI = (SGA expence t ) (Sales t ) (SGA expence t - 1) (Sales t - 1) Uno SGAI maggiore a 1 significa che le spese di vendita, generali e amministrative aumentano proporzionalmente più che le vendite. Oppure, se si vuole vederlo in modo opposto, significa che i ricavi stanno calando rispetto alle spese occorse per sviluppare e commercializzare i prodotti. Ciò può essere un segnale di un rallentamento dell’attività aziendale che rischia di peggiorare le prospettive future aumentando così il rischio di manipolazioni. Nella ricerca di Beneish il valore medio per questo indice è 1,054 per i nonmanipolatori e di 1,041 per i manipolatori, il che equivale ad un calo dell’1% 21. 7. Indice della leva finanziaria (Leverage Index, LVGI) LVGI è il rapporto fra il totale dei debiti di un’impresa, calcolato come la somma tra debito a lungo termine (LTD) e debiti correnti (current liabilities) e il valore dei suoi attivi nell’anno t, rapportato alla misura corrispondente dell’anno t-1. In altri termini viene misurato il cambiamento dell’indebitamento da un anno all’altro. La formula del LVGI è: 20 In questo caso, considerato che ad esempio allungare la vita utile di un bene non rappresenta solitamente violazione delle norme US GAAP, è preferibile parlare di probabilità di earnings management invece che di manipolazione. 21 Questo dato rivela che il parametro SGAI non è significativo ai fini della ricerca d i possibili manipolazioni, tuttavia Beneish mantiene questo indice nel suo modello perché potrebbe essere associato con l’earnings management, termine che include anche le pratiche che non violano le norme contabili (Beneish 1999). 39 LVGI = (LTD t + Current liabilities t) (Total assets t ) (LTD t - 1 + Current liabilities t - 1) (Total assets t - 1 ) Uno LVGI maggiore di 1 equivale ad un incremento delle leva finanziaria (leverage), ossia un aumento della componente di debito nella struttura finanziaria dell’azienda. Questo indice è incluso nel modello essenzialmente per captare gli incentivi legati ai contratti di debito che possono portare a manipolare gli utili. Considerando che quando i termini di un contratto di debito sono a rischio di violazione è più facile che i manager aumentino artificialmente gli utili per evitare gli effetti di una violazione, un aumento della porzione di debiti secondo l’ipotesi di Beneish dovrebbe essere collegato ad un incremento del rischio di manipolazione. Nella ricerca di Beneish il valore medio per questo indice è 1,037 per i nonmanipolatori e di 1,111 per i manipolatori, il che equivale ad un incremento del 7%. 8. Accruals totali rispetto agli attivi totali (Total Accruals to Total Assets, TATA) Gli accruals totali sono calcolati in modo analogo al modello precedente illustrato precedentemente, ossia come la differenza tra attivi e passivi correnti (ovvero il working capital) che non siano sotto forma di cash e sottraendo poi il deprezzamento e l’ammortamento degli intangibili (depreciation and amortization). La differenza è che qui si misura un valore assoluto e non il cambiamento tra un anno e l’altro nelle voci prese in considerazione . Per calcolare la reale entità e l’impatto degli accruals e per poterli confrontare tra aziende diverse si dividono gli accruals totali (total accruals) per gli attivi totali (total assets): questo parametro ci dice quanto degli utili è basato sul cash e quanto invece deriva da proiezioni e stime sul futuro (ovvero gli accruals). La formula del TATA è: TATA = [(Curr. ass. t - Cash t) ] - [(Curr. liab. t - Curr. matur. of LTD t - Income tax payable t) ] - Depr. and amort. t Total assets t Il valore del TATA può essere negativo, quando il cash flow operativo supera largamente gli utili netti e dunque ci sono accruals negativi, o arrivare all’unità, il che significa che tutti gli attivi sono costituiti da accruals. Un valore pari a 0 equivale ad attivi completamente liquidi. Evidentemente non essendo gli accruals una risorsa 40 reale esistente in azienda più l’indice TATA è alto meno gli utili saranno basati sul cash e dunque, seguendo la teoria di Sloan (1996) sulla persistenza degli accruals, più sarà grande il rischio di manipolazioni. Nella ricerca di Beneish il valore medio per questo indice è 0,018 per i nonmanipolatori e di 0,031 per i manipolatori, il che equivale ad un incremento del 72%. La tabella 3.1 riassume la media dei valori delle variabili appena descritte per il campione di aziende manipolatrici, rispettivamente non-manipolatrici, usate da Beneish per lo sviluppo del suo modello. VARIABILI DSRI GMI AQI SGI DEPI SGAI LVGI TATA MANIPOLATORI 1.465 1.193 1.254 1.607 1.077 1.041 1.111 0.031 NON-MANIPOLATORI 1.031 1.014 1.039 1.134 1.001 1.054 1.037 0.018 Tab. 3.1 Valori medi delle variabili del modello di Beneish per le aziende facenti parte del gruppo di manipolatori e del gruppo di controllo dei non-manipolatori (fonte: Beneish 1999). Beneish (1999) indica alcune situazioni limite in cui è consigliabile adottare determinati valori per rendere significativo il modello. Innanzitutto, relativamente all’AQI (indice della qualità degli investimenti), nel caso in cui gli attivi totali (total assets) dell’anno t-1 equivalgono alla somma tra attivi correnti (current assets) e attivi fissi (PPE) sempre dell’anno t-1 non è possibile calcolare il rapporto perché il denominatore sarebbe pari a 0. In questo caso Beneish (1999) suggerisce di assegnare all’indice il valore di 1 (suo valore neutrale). L’assegnazione del valore neutrale 1 è suggerita pure nel caso in cui elementi del calcolo quali “Amortization of intangibles” e “Selling, general and administrative expense” non sono disponibili nei bilanci22. Il valore neutrale è pari a 1 perché l’autore assume che in situazioni normali dove non c’è manipolazione i rapporti calcolati da tutti gli indici, ed eccezione del TATA, rimangano costanti nel corso degli anni. 22 Nei casi empirici del Cap. 4 in caso di mancanza di uno di questi dati si manterrà comunque il valore ottenuto, in linea con le applicazioni del modello presenti nella letteratura. 41 Nell’analisi e nell’illustrazione di questo modello è sorto un problema: Beneish infatti nel suo paper (Beneish 1999) non illustra esplicitamente il modo in cui applicare concretamente il suo metodo, si limita a descriverlo e commentare i risultati del suo lavoro. Per colmare questa lacuna del paper è possibile riferirsi alle fonti della letteratura sul tema 23, che invece spiegano il metodo concreto per applicare il modello di Beneish. Sul come la letteratura sia arrivata a definire la metodologia di applicazione del modello si possono fare due ipotesi: la prima è che altri autori abbiano sviluppato tale metodologia sulla base dei dati statistici contenuti nel paper di Beneish, la seconda è che qualcuno possa aver riportato in forma scritta quanto espresso ma mai pubblicato dal suo ideatore. Dato che le varie applicazioni pratiche del modello che si trovano su Internet in svariati rapporti analitici (quali Equity Research o Company Report 24 ) si basano tutte sulla metodologia illustrata nella letteratura ad esso dedicata, in questo lavoro, il cui scopo è testare e verificare l’applicabilità empirica del modello, si farà riferimento a tale metodologia. La letteratura contempla due alternative del modello di Beneish per identificare la propensione di un’azienda alla manipolazione. La prima (il cosiddetto modello completo) prevede l’utilizzo di tutte le otto variabili sopraelencate. La seconda alternativa invece (il cosiddetto modello semplice) tiene conto di sole cinque variabili, tralasciando quelle ritenute meno rilevanti e significative. Le formule delle due varianti del modello, che combinano le variabili relative ai dati contabili, determinano un valore che segnalerebbe se l’azienda analizzata possiede un’alta o una bassa probabilità di manipola re i bilanci. Questo valore viene definito M-Score nella letteratura dedicata al modello di Beneish. In questo lavoro si adotterà tale termine per definire il valore che risulta dalle formule del modello . Beneish (1999) prende i dati contabili di un campione di aziende manipolatrici e nonmanipolatrici e utilizzando la tecnica della massima verosimiglianza ottiene le stime per i coefficienti relativi alle otto variabili del modello che poi portano alla formula del M-Score indicata qui sotto. È così possibile prendendo i dati contabili dell’azienda che si vuole analizzare stimarne la probabilità che ci sia stata una manipolazione dei bilanci. La Tabella 3.2. riassume i coefficienti stimati delle variabili e della costante, la loro significatività statistica (t-statistico) e la previsione relativa al segno: come si vede tutti gli indici sono 23 24 Si vedano ad esempio Université de Lille (2004), Wells (2001) e Harrington (2005) Si veda ad esempio Bucharest Associates (1999). 42 costruiti con l’aspettativa che siano positivamente correlati con la probabilità di manipolazione. VARIABILI Costante DSRI GMI AQI SGI DEPI SGAI LVGI TATA PREVISIONE + + + + + + + + COEFFICIENTE -4.840 0.920 0.528 0.404 0.892 0.115 -0.172 -0.327 4.679 t-STATISTICO -11.01 6.02 2.20 3.20 5.39 0.70 -0.71 -1.22 3.73 Tab. 3.2 Coefficienti, significatività e previsione delle 8 variabili del modello di Beneish (fonte: Beneish 1999) Con i coefficienti indicati nella Tabella 3.2 è possibile derivare la seguente formula relativa al modello a 8 variabili 25: M-Score 8 = - 4,840 + 0,920 DSRI + 0,528 GMI + 0,404 AQI + 0,892 SGI + 0,115 DEPI - 0,172 SGAI - 0,327 LVGI26 + 4,679 TATA Il modello a 5 variabili, che tralascia gli indici SGAI, LVGI (non significativi) e TATA, prevede la seguente formula 27: M-Score 5 = - 6,065 + 0,823 DSRI + 0,906 GMI + 0,593 AQI + 0,717 SGI + 0,107 DEPI L’interpretazione dei risultati è la seguente: se M-Score > -2,22 allora c’è un’alta probabilità di manipolazione se M-Score < -2,22 allora c’è una bassa probabilità di manipolazione 25 La formula per la variante a 8 variabili, derivabile dai dati riguardo ai relativi coefficienti contenuti nella Tabella 3 di Beneish (1999) e riportati nella Tabella 3.2 di questo lavoro, è esplicitata in diversi art icoli e paper (ad esempio Montier 2003). 26 Il coefficiente per l’indice della leva finanziaria (LVGI) stranamente, data l’ipotesi di una correlazione positiva con la probabilità di manipolazioni, risulta avere un coefficiente negativo. Il coefficiente è dunque da considerarsi non significativo e, come indicatomi da Beneish via e-mail, può essere anche fissato a 0 per il calcolo del M-Score con 8 variabili. Ciò nonostante in questo lavoro, nell’ambito dell’applicazione del modello ai casi reali, si userà il coefficiente originale come presentato nell’articolo pubblicato di Beneish sul Financial Analysts Journal. 27 La formula del modello a 5 variabili non è indicata in Beneish (1999) ma è descritta in diverse fonti della letteratura (si veda Université de Lille 2004) che trattano tale modello. 43 Il valore -2,22 è un valore standard usato in maniera generale e accettato nella letteratura che ha adottato il modello di Beneish e che rappresenta la soglia simbolica sopra la quale la probabilità che l’azienda abbia manipolato i bilanci è ritenuta alta, e rispettivamente sotto la quale è da ritenersi bassa. Tale soglia non è indicata nel paper di Beneish, ma si presume sia stata definita tramite l’osservazione del comportamento di un campione significativo di aziende manipolatrici e non-manipolatrici. Beneish riconosce che il suo modello può in alcuni casi generare errori di valutazione. I possibili errori possono essere la classificazione come non-manipolatore di un’azienda che invece ha manipolato e la classificazione come manipolatore di un’azienda che invece non ha manipolato. Considerando che generalmente un’azienda manipolatrice perde approssimativamente il 40% del suo valore nel trimestre in cui viene scoperta la manipolazione e assumendo che il valore di un’azienda tipica aumenti in media dell’1% in un trimestre sono necessarie 40 aziende nel portafoglio di un investitore per recuperare quanto perso a causa dell’azienda manipolatrice (Beneish 1999). Tenendo conto di questa proporzione Beneish stima che il modello riesce ad identificare correttamente il 76% dei manipolatori, mentre identifica erroneamente come manipolatori il 17,5% dei nonmanipolatori. Tale margine di errore è da considerare accettabile. Ciò nonostante una successiva investigazione dei risultati rappresenta in ogni caso un passo importante nell’implementazione del modello. Le distorsioni nei bilanci riflesse nelle variabili del modello , che fanno inizialmente pensare a manipolazioni, in alcuni casi potrebbero infatti avere origini differenti. Un rilevante mutamento del contesto economico circostante, un’acquisizione nel periodo analizzato o un cambiamento nella strategia aziendale di massimizzazione del valore, ad esempio, possono essere la causa di tali distorsioni. 44 4. APPLICAZIONE DEI MODELLI In questo capitolo verranno applicati i modelli illustrati nel Cap. 3 su alcuni casi reali di aziende che adottano le norme contabili US GAAP. Si vedrà così prima di tutto se l’esito dei due diversi sistemi di analisi combacia, ovvero se la probabilità che sia in atto earnings management è analoga con l’applicazione dei distinti modelli, e inoltre andando più a fondo nei risultati si potrà capire quando e come questi modelli risultano utili nell’individuazione dell’earnings management. Per facilitare il raffronto dei modelli si farà capo a tre aziende. La prima sarà Enron, azienda statunitense fallita nel 2001 proprio in seguito alla scoperta di gravi manipolazioni contabili e che dunque diventa interessante come caso estremo. Qualche anno prima (precisamente nel 1998) e quando nessuno ancora sospettava di tali irregolarità contabili alcuni studenti universitari, come già ricordato precedentemente, hanno applicato il modello di Beneish utilizzando i dati contabili del 1996 e del 1997, concludendo che Enron stava manipolando i bilanci. L’estensione di questa particolare analisi su un arco temporale più ampio e il confronto con il metodo della stima degli accruals potrà dire qualcosa di più sulla situazione contabile (come rappresentata nei bilanci) dell’azienda americana in quegli anni e sull’utilità di questi modelli di analisi. In seguito verranno analizzate due aziende quotate nella borsa svizzera e che adottano il sistema contabile US GAAP. Le aziende selezionate sono: Logitech (settore informatico) e ABB (settore energia e automazione). La prima è un’azienda in fase di crescita e appartenente ad un settore in continua evoluzione; la seconda è invece una multinazionale che appartiene ad un settore maturo ed ha alle sue spalle una storia decennale, parzialmente macchiata da alcune irregolarità contabili come verrà illustrato nel Cap. 4.3.1. I dati contabili per l’applicazione dei modelli sono estratti dai rapporti finanziari annuali delle aziende prese in esame, direttamente dai siti aziendali oppure dai formulari 10K presenti nell’archivio EDGAR della SEC all’indirizzo internet http://www.sec.gov/cgibin/srch-edgar e dove sono raccolti tutti i documenti ufficiali che le aziende quotate in borsa sono tenute a pubblicare. 28 Le tabelle con i dati contabili utilizzati e i risultati dell’applicazione dei modelli ai tre casi empirici analizzati sono accessibili dalla pagina internet all’indirizzo internet http://www.janhofmann.com/tesimaster.html. 28 In alcuni casi i dati contabili tra i bilanci pubblicati in anni diversi differiscono. Per l’applicazione dei modelli, nel caso di importi differenti relativi alla stessa voce di bilancio si sono utilizzati, come regola generale, i dati contenuti nei bilanci più recenti. 45 4.1 Enron (NYSE: ENE) 4.1.1 Profilo dell’azienda Enron, come già anticipato nel Cap. 2.3, è nota al grande pubblico per essere stata al centro del più grande scandalo finanziario della storia americana. Grazie ad una serie di trucchi e manipolazioni contabili i dirigenti sono riusciti ad ingannare la comunità finanziaria rispetto all’andamento degli affari facendo così salire il prezzo delle azioni fino al crollo , seguito poi dalla bancarotta di fine 2001, come si può vedere nella Figura 4.1. Il valore del titolo , quotato al NYSE, è passato dai 15,125 dollari di inizio 1995 ai 83,125 dollari di fine 2000. Prima degli scandali Enron era però considerata un’azienda modello: non a caso la rivista Fortune l’ha eletta “azienda più innovativa d’America” per cinque anni consecutivi. Fig. 4.1 Andamento dell’azione Enron dal 1.4.1997 al 1.7.2002 alla borsa statunitense (NYSE) (fonte: www.globeinvestor.com). Nata nel 1984 dalla fusione di Internorth e Houston Natural Gas, due società di trasporto per il gas, Enron verso metà degli anni ’90 trasforma il settore della commercializzazione 46 all’ingrosso del gas naturale in un mercato altamente efficiente tramite soluzioni innovative. Comincia a vendere l’energia elettrica direttamente alla clientela commerciale e crea un mercato di scambio online dell’energia. Per finanziare i vari progetti il debito però cresce: per mascherare la situazione Enron sposta il suo debito su società esterne i cui conti non vengono considerati nei bilanci dell’azienda. Si crea dunque una specie di conglomerato di borse virtuali dove vengono spostati miliardi di dollari quotidianamente senza però dover sottostare agli obblighi di un istituto bancario normale. Quando inizia a girare voce che i bilanci sono stati truccati il valore del titolo crolla e l’azienda è costretta a chiudere 29. Per l’applicazione dei modelli di identificazione di manipolazioni per Enron si è considerato il periodo dal 1995 al 2000, anni in cui la crescita del valore del titolo in borsa è stata (eccezion fatta per il 2000) relativamente costante e leggera rispetto all’impennata del periodo 2000-2001 e soprattutto anni in cui si presume sia iniziata la pratica di gonfiare gli utili 30. Proprio per questi motivi diventa interessante capire se dai dati contabili riportati in tali anni è possibile avvertire qualche segnale di manipolazioni. In questo lasso di tempo Enron è passata da ricavi riportati di 9,189 miliardi di dollari nel 1995 a 100,789 miliardi di dollari nel 2000. Gli utili prima delle voci straordinarie sono aumentati dai 520 milioni di dollari nel 1995 ai 979 miliardi di dollari nel 2000. Il patrimonio aziendale (total assets) è quintuplicato passando dai 13,239 miliardi di dollari del 1995 ai 65,503 miliardi del 2000. Grazie all’elaborazione di nuovi modelli di business, ad acquisizioni e, come si è poi visto grazie anche a trucchi contabili, l’azienda è dunque cresciuta notevolmente diventando leader nel suo settore. 4.1.2 Metodo della stima degli accruals Il primo metodo applicato al caso Enron per individuare eventuali segnali di earnings management è quello che misura gli accruals. Come spiegato nel Cap. 3.2. si possono usare due approcci di base differenti: il primo basato sui dati presenti nella parte dei 29 Informazioni tratte dal sito internet Archivio900. Dopo gli earnings restatements di Enron si è scoperto che gli utili netti nel 1997 invece di 105 milioni di dollari come riportato erano solo 26 milioni di dollari, nel 1998 erano 564 milioni e non 703 milioni di dollari, nel 1999 erano 635 milioni e non 893 milioni di dollari e nel 2000 erano 842 milioni e non 979 milioni di dollari. Anche i debiti riportati erano leggermente sottovalutati rispetto alle reali entità (Schilit 2002). 30 47 rapporti finanziari dedicata al conto dei flussi di cassa (cash flow statement approach), il secondo facendo capo alle informazioni contenute nel bilancio (balance sheet approach) 31. Ebbene, come si vede nella Tabella 4.1 , con il metodo basato sul cash flow statement Enron ha un andamento della componente accrual incostante ma sempre negativo : dal valore -2,04% del 1996 si arriva, tramite aumenti e successivi cali, al -7,69% del 2000, equivalente ad accruals di -3,800 miliardi di dollari. Elemento principale che ha determinato questa diminuzione degli accruals totali è l’aumento del cash flow from operations: si è infatti passati da un valore per il cash flow from operations di 884 milioni di dollari nel 1996 ai 4,779 miliardi di dollari del 2000 mentre gli utili prima delle voci straordinarie sono aumentati in maniera più graduale e meno intensa. CASH FLOW STATEMENT APPROACH Accruals totali Componente utili Componente accrual Componente cash flow 1996 -300'000 3.98% -2.04% 6.02% 1997 -106'000 0.53% -0.54% 1.07% 1998 -937'000 2.66% -3.55% 6.22% 1999 -204'000 3.26% -0.65% 3.92% 2000 -3'800'000 1.98% -7.69% 9.67% Tab. 4.1 Caso Enron: modello degli accruals basato sul conto dei flussi di cassa (in USD migliaia). Una tendenza analoga la si riscontra negli anni 1996-1998 con l’approccio basato sullo stato patrimoniale i cui risultati sono illustrati nella Tabella 4.2. BALANCE SHEET APPROACH Accruals totali Componente utili Componente accrual Componente cash flow 1996 -357'000 3.98% -2.43% 6.41% 1997 -243'000 0.53% -1.23% 1.76% 1998 -995'000 2.66% -3.77% 6.44% 1999 1'061'000 3.26% 3.38% -0.12% 2000 -912'000 1.98% -1.84% 3.82% Tab. 4.2 Caso Enron: modello degli accruals basato sullo stato patrimoniale (in USD migliaia). 31 Nei dati di bilancio la voce “Income tax payable” (TP), da utilizzare nell’approccio basato sul bilancio della formula degli accruals e nell’indice TATA del modello di Beneish a 8 variabili, non è sempre disponibile. Per questo motivo, e seguendo il senso contabile delle formule, nei casi empirici di questo lavoro per tale voce si è fatto riferimento alla voce “Deferred tax liabilities” contenuta nella parte del bilancio dedicata ai debiti correnti. Un’eventuale eliminazione di questa voce dalla formula degli accruals, come per esempio fatto da Hribar, Collins (2002), non muterebbe comunque l’esito generale e l’interpretazione dei risultati dei tre casi empirici. In relazione alla formula dell’indice TATA (nella quale non si misurano i cambiamenti degli importi da un anno all’altro e dunque le singole voci hanno un impatto più forte sui risultati), l’eliminazione della voce relativa ai debiti correnti per la tasse muterebbe invece l’M-Score, cambiandone in alcuni casi l’interpretazione. Per esempio nel caso Enron l’eliminazione della voce TP non porterebbe al superamento del limite -2,22 nel 1998 come invece avviene con il TP, nel caso ABB invece tale soglia non sarebbe superata nel 2001 e nel 2003. Per semplicità in questo lavoro verranno commentati esclusivamente i risultati derivanti dalle formule che contengono tale voce relativa ai debiti correnti per le tasse. 48 La differenza più rilevante rispetto all’approccio precedente è che nel ’99 gli accruals sono positivi, con una componente accrual di 3,38%, pari a 1,061 miliardi di dollari di accruals su un patrimonio stimato a più di 33 miliardi di dollari. Risulta dunque estremamente difficile tirare una conclusione sulla possibilità dell’esistenza di earnings management sulla base del valore e dell’evoluzione degli accruals. Ciò che si può senz’altro affermare è che, visti i frequenti valori negativi degli accruals nel lasso di tempo esaminato, gli utili non sembrano essere stati stabilmente aumentati per mezzo degli accruals. A dimostrazione di ciò si possono prendere i valori della componente cash flow che in tre anni su cinque sono relativamente alti: un segnale questo che in genere indica una buona qualità degli utili. Rimane in ogni caso l’incognita riguardo agli altri due anni. 4.1.3 Modello di Beneish Il secondo metodo per analizzare i bilanci ed avere un responso sulla probabilità che essi siano manipolati è il modello di Beneish presentato nel Cap. 3.3. Utilizzando i dati che si trovano nei bilanci finanziari si computano gli indici delle variabili del modello. I valori delle singole variabili vengono poi inseriti nella formula per otte nere l’M-Score, ovvero il valore che determina se la probabilità di manipolazione è alta o bassa. Nel caso Enron la variante con 5 variabili del metodo di Beneish presenta valori del MScore, come si può vedere nella Tabella 4.3, inferiori alla soglia di -2,22 dal 1997 al 1999 compreso, ovvero indicanti una bassa probabilità di manipolazione. M-SCORE coeff 5 var. coeff 8 var. 1996 -2.21 -1.11 1997 -2.26 -1.48 1998 -2.67 -1.76 Tab. 4.3 Caso Enron: valori M-Score del modello di Beneish con 5 e 8 variabili. 49 1999 -2.56 -1.56 2000 -0.61 0.02 Nel 1996 il valore è di poco superiore al valore limite di -2,22. Il dato più significativo è però quello del 2000: l’M-Score di -0,61 implica una considerevole probabilità di manipolazione dei risultati finanziari. Se si applica la variante con 8 variabili si scopre che tutti i valori suggeriscono un’alta probabilità di manipolazione: nel 1996 l’M-Score ha un valore di -1,11 per poi calare un po’ fino al -1,76 del ’98 e poi aumentare di nuovo nel ’99 con -1,56. Anche con questa variante del modello il valore del 2000 segnala una probabilità particolarmente grande di manipolazione: 0,02 è infatti un valore estremamente alto e nettamente superiore alla soglia di -2,22. Entrambe le varianti del modello di Beneish indicano dunque che i risultati del 2000 presentano gravi problemi, con la variante a 8 variabili che presenta valori allarmanti per tutti gli anni considerati. A questo punto diventa interessante esaminare le singole variabili per capire quali sono i parametri specifici che determinano il rischio di manipolazione. Nella Figura 4.4 sono illustrati i valori delle 8 variabili relative al caso Enron per gli anni che vanno dal '96 al 2000. VARIABILI Days sales in receivable index (DSRI) Gross Margin Index (GMI) Asset Quality Index (AQI) Sales Growth Index (SGI) Depreciation Index (DEPI) SGA Index (SGAI) Leverage Index (LVGI) Accruals to total assets (TATA) 1996 1.093 1.264 1.136 1.446 0.947 0.798 1.053 0.145 1997 0.625 1.448 1.308 1.526 1.017 0.911 1.041 0.110 1998 0.872 0.936 1.063 1.542 0.853 0.770 1.007 0.074 1999 0.956 1.170 1.064 1.283 0.956 1.013 0.908 0.122 2000 1.376 2.144 0.771 2.513 1.110 0.378 1.354 0.061 Tab. 4.4 Caso Enron: variabili del modello di Beneish. Andando nell’ordine del modello e partendo dall’indice del tempo medio di incasso (DSRI) si notano valori estremamente altalenanti. Tenendo presente che il valore medio dell’indice per le aziende manipolatrici è 1,465 e considerando che per la Enron nessun valore supera questa cifra negli anni presi in considerazione non si può parlare di segnali allarmanti, almeno per gli anni 1996-1999. L’aumento da 0,956 del 1999 a 1,376 del 2000 fa però sorgere più di un dubbio sul fatto che per sostenere le vendite ci sia stato un aumento sproporzionato dei crediti verso i clienti. A questo proposito i dati di bilancio 50 mostrano che a provocare questo aumento sono i crediti commerciali (Trade receivables) che aumentano dai 3,030 miliardi di dollari del ’99 ai 10,396 miliardi dell’anno successivo. Questa voce contabile rappresenta generalmente una di quelle più a rischio di manipolazione, infatti risulta abbastanza semplice sopravvalutare l’entità dei crediti, per esempio creando crediti inesistenti, ma anche sottovalutando il fondo di svalutazione dei crediti, cambiando la data dei crediti così da farli risultare correnti oppure non prendendo atto che alcuni crediti non sono più ricevibili 32. In questo caso è difficile valutare se vi è stata manipolazione, anche perché dal ’99 al 2000 sono aumentati notevolmente anche i ricavi (da 40,112 miliardi di dollari del 1999 a 100,789 miliardi del 2000) e il patrimonio globale dell’azienda (33,381 miliardi di dollari nel ’99 e 65,503 nel 2000). Una tale crescita della attività aziendali viene spiegata nel rapporto finanziario con lo sviluppo di EnronOnline, il sistema telematico di trading di prodotti energetici. Nonostante questa crescita dei ricavi l’indice del margine lordo (GMI) mostra che i margini, ad eccezione del 1998, si stanno deteriorando. Il valore medio dell’indice di 1,193 per i manipolatori viene infatti superato in 3 anni per la Enron (nel ’96, nel ’97 e nel 2000) e nel 1999 il valore è di poco inferiore, ma senz’altro superiore alla media di 1,014 dei nonmanipolatori. Particolarmente significativo il valore nell’anno 2000: un GMI di 2,144 significa che il margine lordo si è più che dimezzato dal 1999 (anno in cui era pari al 13,3%) al 2000 (pari al 6,22%). Una situazione questa che indubbiamente mette sotto pressione il management e dunque innalza il rischio di manipolazioni. L’Indice AQI che valuta la qualità degli attivi si situa nel caso Enron sopra il valore 1 dal 1996 al 1999 per poi calare improvvisamente nel 2000. Un valore superiore all’unità può indicare un incremento dei soft assets, ed è esattamente ciò che sembra essere accaduto alla Enron in particolar modo nel 1997, dove il valore di 1,308 supera la media dei manipolatori. Se si va ad analizzare il conto dello stato patrimoniale si vede che, mentre gli “Attivi correnti” e gli “Immobili, impianti e macchinari” hanno registrato un aumento leggero, la voce denominata “Total Investments and Other Assets” (comprendente “Investments in and advances to unconsolitad subsidiaries”, “Assets from price risk management activities”, “Goodwill” e “Other”) è passata da 5,046 miliardi di dollari nel 1996 a 9,583 miliardi nel 1997, ovvero quasi il doppio. Si tratta di un aumento ambiguo perché concernente voci vaghe, legate alle società veicolo (Special purpose entities) e alle attività di gestione del rischio e quindi con una solidità e affidabilità difficilmente verificabile. Come si vedrà dopo un aumento analogo concerne anche i debiti correnti. 32 Spiegazioni tratte da Price Waterhouse Coopers (2006). 51 L’indice della crescita delle vendite (SGI) presenta per tutti gli anni considerati valori molto alti. Il valore medio di 1,134 per i non-manipolatori è sempre superato e nel 2000 con un indice pari a 2,513 viene largamente superata anche la media dei manipolatori di 1,607. Come è già stato sottolineato in precedenza questo indice misura unicamente l’evoluzione dei ricavi: un aumento così marcato e costante dei ricavi come nel caso di Enron non vuol dunque dire che vi siano assolutamente manipolazioni, bensì può piuttosto creare una pressione sui manager ad aumentare continuamente le vendite e quando questo non dovesse più accadere tramite le normali operazioni aziendali potrebbe sorgere lo stimolo a manipolare la contabilità. Si valuta dunque, con questo indice, il rischio e non l’effettiva manipolazione , e nel caso Enron è alto. L’indice del deprezzamento (DEPI) , che misura l’evoluzione del tasso al quale vengono ammortizzati gli attivi, non mostra valori particolarmente significativi: essi si situano infatti attorno all’unità, il che significa che i dirigenti di Enron non sembrano far leva sul tasso di deprezzamento per gonfiare gli utili. I valori dell’indice SGA I, ovvero delle spese di vendita, generali e amministrative , presenta valori relativamente bassi, ad eccezione del 1999 quando si ha un valore di 1,013 che tuttavia rappresenta un risultato non allarmante. Questa situazione si spiega, in particolar modo nel 2000 quando si registra un valore pari a 0,378, con il fatto che, nonostante l’aumento costante dei ricavi, le spese di vendita, generali e amministrative subiscono un incremento solo lieve e addirittura una diminuzione nel 2000 a fronte di ricavi più che raddoppiati. Si tratta di un fenomeno certamente strano e insolito, spiegabile forse con lo sviluppo del sistema di trading online che potrebbe aver tenuto sotto controllo i costi. Per quanto riguarda l’indice della leva finanziaria (LVGI) si hanno valori leggermente sopra l’unità per gli anni 1996-1998, leggermente sotto nel 1999, mentre nel 2000 si ha un indice pari a 1,354, superiore alla media di 1,111 dei manipolatori. Questo valore alto è determinato dall’ingente aumento di debiti correnti nell’ultimo anno considerato: si è infatti passati da 6,759 miliardi di dollari di debiti correnti nel 1999 a 28,406 miliardi nel 2000. Una quadruplicazione di questo tipo di debiti da un anno al successivo fa nascere qualche perplessità, soprattutto perché 10,495 miliardi di dollari di questi debiti sono derivanti da attività difficilmente valutabili come quelle di gestione del rischio di prezzo (Liabilities from price risk management activities) nell’ambito dei servizi di trading di energia, nel 1999 erano solo 1,836 miliardi di dollari. L’ultima variabile del modello è l’indice TATA (Accruals totali rispetto agli attivi totali): nel caso di Enron il valore è particolarmente elevato nel 1996 quando è pari a 0,145. I valori rimangono sopra la media di 0,031 dei manipolatori per tutti gli anni seguenti, indicando 52 che la componente accrual risulta, secondo la formula del TATA, molto elevata e che dunque potrebbe esserci il rischio che gli utili siano stati aumentati anche con il supporto di stime e valutazioni relative ad utili non ancora incassati e dunque incerti. 4.1.4 Analisi dei risultati Il confronto dei risultati dei diversi metodi applicati con il fine di capire se è in atto la pratica dell’earnings management, e così valutare la qualità degli utili, mostra notevoli differenze . L’interpretazione che scaturisce da entrambi gli approcci usati per misurare gli accruals sostanzialmente è identica: ovvero Enron non utilizza gli accruals per manipolare gli utili. Negli anni dal 1996 al 1998 e nel 2000 sia il balance sheet approach che il cash flow statement approach danno infatti valori negativi, un esito che secondo la teoria presa come riferimento in questo lavoro significherebbe utili di buona qua lità perché totalmente coperti dalla liquidità. COMPONENTE ACCRUAL ENRON 4.00% 2.00% 0.00% -2.00% 1996 1997 1998 1999 -4.00% 2000 cash flow statement approach balance sheet approach -6.00% -8.00% -10.00% Fig. 4.2 Evoluzione della componente accrual di Enron dal 1996 al 2000 con gli approcci basati sul conto dei flussi di cassa e sullo stato patrimoniale. Una lieve differenza, come illustrato nella Figura 4.2, la si riscontra nel 1999 quando il valore della componente accrual diventa maggiore con l’approccio basato sullo stato patrimoniale (balance sheet approach) grazie ad una formula più sofisticata che capta più variabili anche legate al cambiamento nelle grandezze aziendali, quali per esempio 53 l’aumento dei debiti, degli attivi o della liquidità. Per capire se quest’ultimo mutamento segna una tendenza al rialzo della componente accrual e dunque una possibile diminuzione della qualità degli utili sarebbe però necessario monitorare i dati su più anni, anche perché nel 2000 i valori scendono di nuovo. Il metodo di Beneish fornisce risultati discordanti. Enron ottiene infatti valori che superano la soglia dei manipolatori di -2,22 in tutti gli anni usando il modello a 8 variabili e in due anni su cinque con il modello a 5 variabili. Sembrerebbe una differenza significativa, ma analizzando l’entità dei risultati si scopre che i valori anche se parzialmente diversi disegnano una tendenza convergente, come chiaramente osservabile nella Figura 4.3 . Inoltre gli unici anni in cui l’M-Score è in maniera marcata sotto la soglia, e dunque la probabilità di manipolazione è da ritenere bassa, sono il 1998 ed il 1999 con il modello a 5 variabili. Nel 2000 il valore è estremamente elevato e nettamente superiore alla media dei manipolatori per entrambe le varianti del modello di Beneish. La probabilità di manipolazioni in tale anno pare dunque molto alta. M-SCORE ENRON 0.50 0.00 -0.50 1996 1997 1998 1999 2000 -1.00 coeff 5 var. -1.50 coeff 8 var. -2.00 -2.50 -3.00 Fig. 4.3 Evoluzione dell’M-Score di Enron dal 1996 al 2000 con il modello di Beneish a 5 e 8 variabili. L’analisi dettagliata delle variabili ha poi fatto emergere che tale sbalzo nel valore del MScore nel 2000 è dovuto principalmente al grande aumento dei crediti verso i clienti, dei soft assets e dei debiti correnti. 54 Appurato ciò, il modello permette di sollevare forti dubbi sulla contabilità generale di Enron anche negli anni altri esaminati, soprattutto se si considerano i risultati del modello a 8 variabili. In ogni caso gli analisti, e in generale tutti gli osservatori, di fronte a questi dati dovrebbero stare in guardia rispetto all’andamento e le prospettive dell’azienda e valutarne attentamente tutte le mosse. Un aspetto che risulta indubbiamente significativo è la diversa conclusione che si può trarre riguardo all’importo degli accruals ottenuto con i due metodi per la stima degli accruals, per entrambi i quali gli utili (a parte il già citato valore estremo del 1999) non risultano di bassa qualità, e con l’indice TATA del modello di Beneish, che invece indica accruals costantemente sopra la media dei manipolatori e dunque utili meno solidi e trasparenti. Interessante anche il fatto che mentre nel modello di Beneish per l’anno 2000 si ottengono valori allarmanti con entrambe le varianti (5 e 8 variabili), i metodi per la stima degli accruals (balance sheet approach e cash flow statement approach) mostrano un netto calo degli accruals proprio in quell’anno, il che, seguendo la teoria di Sloan sulla persistenza degli accruals illustrata nel Cap. 3.2, dovrebbe essere un buon segnale sulla qualità degli utili. 55 4.2 Logitech (SWX: LOGN) 4.2.1 Profilo dell’azienda Logitech International S.A. è un’azienda svizzera, fondata nel 1981, che opera internazionalmente (in oltre 100 paesi) e che è leader di mercato nel settore dei prodotti di interfaccia informatica. L’azienda si occupa di progettare, produrre e commercializzare periferiche personali (quali mouse, webcam, tastiere, altoparlanti, prodotti cordless, ecc.) per supportare gli utilizzatori di prodotti digitali. Dal 1988 Logitech è quotata allo SWX Swiss Exchange e dal 1997 anche al Nasdaq. Il valore dell’azione di Logitech sul mercato svizzero è passato dagli 11,63 franchi svizzeri di inizio 2000 ai 61,75 di fine 2005: si tratta, come illustrato nella Figura 4 .4, di una crescita consistente e che dal 2003 si è fatta più costante . Fig. 4.4 Andamento dell’azione Logitech dal 4.1.2000 al 30.12.2005 alla borsa svizzera (SWX) (fonte: www.logitech.com). Considerando per l’applicazione dei modelli di analisi il periodo che va dal 2000 al 2005 è possibile capire come essi si comportano su un’azienda come Logitech che si trova in una fase di crescita. Per quanto riguarda i risultati finanziari certificati Logitech è passata da ricavi di 592 milioni di dollari nell’anno fiscale 2000 a 1,482 miliardi nel 2005. Gli utili netti sono aumentati dai 56 30 milioni di dollari del 2000 ai 149 milioni del 2005. Evoluzione simile per gli attivi che sono passati dai 334 milioni di dollari del 2000 a 1,019 miliardi del 2005. Si nota dunque un’importante crescita per l’azienda, grazie soprattutto allo sviluppo di nuovi prodotti, all’espansione della rete distributiva e ad acquisizioni. 4.2.2 Metodo della stima degli accruals Utilizzando l’approccio basato sul cash flow statement illustrato nella Tabella 4.5 si nota che gli accruals totali da positivi ma contenuti (7,87% rispetto agli attivi totali nel 2001) diventano chiaramente negativi nel 2005 (-6,83% di componente accrual, pari a -64,408 milioni di dollari). Ad eccezione del 2001 questo valore sembra dunque essere relativamente costante e sempre negativo . CASH FLOW STATEMENT APPROACH Accruals totali Componente utili Componente accrual Componente cash flow 2001 33'025 10.74% 7.87% 2.87% 2002 -37'639 13.62% -6.84% 20.46% 2003 -46'265 14.82% -6.94% 21.75% 2004 -34'307 16.48% -4.28% 20.75% 2005 -64'408 15.84% -6.83% 22.67% Tab. 4.5 Caso Logitech: modello degli accruals basato sul conto dei flussi di cassa (in USD migliaia). Risultati simili ma con grandezze diverse risultano dall’approccio basato sullo stato patrimoniale , illustrato nella Tabella 4.6. BALANCE SHEET APPROACH Accruals totali Componente utili Componente accrual Componente cash flow 2001 46'070 10.74% 10.98% -0.24% 2002 -40'562 13.62% -7.37% 20.99% 2003 -43'041 14.82% -6.45% 21.27% 2004 -20'866 16.48% -2.60% 19.08% 2005 -42'003 15.84% -4.46% 20.30% Tab. 4.6 Caso Logitech: modello degli accruals basato sullo stato patrimoniale (in USD migliaia). Anche qui gli accruals nel primo anno preso in considerazione sono positivi (46,070 milioni di dollari nel 2001) per poi diventare negativi e assestarsi attorno ai -42 milioni, ovvero una componente accrual pari a -4,46%. La differenza con il metodo precedente è che qui la 57 componente accrual risulta maggiore (ovvero meno negativa) negli ultimi due anni. La componente cash flow invece assume valori analoghi, soprattutto dal 2002 al 2005. Per capire il senso di accruals negativi è necessario leggere in maniera più approfondita i rapporti finanziari. Solitamente accruals negativi derivano da una struttura finanziaria nella quale i ricavi vengono subito incassati mentre le spese già effettuate dall’azienda vengono spesso pagate in ritardo. La voce “accrued liabilities” nel bilancio di Logitech per esempio si riferisce a debiti previsti ma non ancora fatturati né pagati. Nel caso in questione tale importo è molto piccolo (3 milioni di dollari) nel 2001, per poi aumentare a 21 milioni ne l 2004 e infine raggiungere 46 milioni nel 2005: ciò chiaramente contribuisce a diminuire la componente accrual. Inoltre, l’azienda svizzera per stimolare le vendite utilizza incentivi quali il diritto di ritorno dei prodotti, rimborsi e programmi di marketing per i clienti e per i distributori. Questi strumenti determinano un aumento delle vendite e dunque dell’incasso in liquidità ma potrebbero determinare costi futuri non contabilizzati che vengono previsti in anticipo e dunque sottratti agli utili. Si tratta dunque a prima vista di una contabilità conservativa che secondo la teoria di Sloan significherebbe che gli utili sono (in questo caso) bassi ma di buona qualità e che dunque dovrebbero persistere nel futuro. 4.2.3 Modello di Beneish Il modello di Beneish fornisce un esito contraddittorio. Infatti la variante con 5 variabili, come si può vedere nella Tabella 4.7, presenta valori del M-Score inferiori a -2,22 per tutti gli anni ad eccezione del 2001, quando il valore è -1,34: dunque con questi risultati l’azienda dovrebbe presentare una bassa probabilità di manipolazione. M-SCORE coeff 5 var. coeff 8 var. 2001 -1.34 -0.23 2002 -2.97 -1.62 2003 -2.94 -1.90 Tab. 4.7 Caso Logitech: valori M-Score del modello di Beneish con 5 e 8 variabili. 58 2004 -2.85 -1.81 2005 -2.87 -1.99 La variante con 8 variabili invece fornisce valori che implicano un’alta probabilità di manipolazioni e ciò per tutti e cinque gli anni presi in esame, con un valore particolarmente alto nel 2001. Per capire il perché di questi valori è necessario analizzare l’andamento delle singole variabili del modello . Nella Figura 4.8. sono illustrati i valori delle 8 variabili per gli anni considerati. VARIABILI Days sales in receivable index (DSRI) Gross Margin Index (GMI) Asset Quality Index (AQI) Sales Growth Index (SGI) Depreciation Index (DEPI) SGA Index (SGAI) Leverage Index (LVGI) Accruals to total assets (TATA) 2001 0.946 0.975 3.515 1.242 0.819 1.010 1.036 0.238 2002 0.921 0.948 0.811 1.283 0.712 0.944 0.960 0.171 2003 0.910 1.010 0.839 1.166 1.179 0.943 1.096 0.122 2004 0.985 1.028 0.920 1.153 0.961 0.950 0.942 0.116 2005 0.951 0.949 0.980 1.169 1.246 1.092 1.025 0.088 Tab. 4.8 Caso Logitech: variabili del modello di Beneish. La prima cosa che salta all’occhio è il valore altissimo (3.515) nel 2001 del l’indice della qualità degli investimenti (AQI) . Il motivo di questo dato lo si capisce andando a leggere il rapporto finanziario della Logitech. Si apprende infatti che nel corso dell’anno fiscale 2001 vi è stata l’acquisizione di Labtech che , tramite l’aumento del valore del Goodwill che è passato dai 3,9 milioni del 2000 ai 92,1 milioni del 2001, ha provocato un notevole incremento nei soft assets che distorce l’indice AQI. Negli anni seguenti invece il valore dell’AQI torna su valori inferiori all’unità, rimanendo dunque al di sotto di 1,254 che costituisce il valore medio per i manipolatori. Valori del DSRI attorno al 0,95 come in questo caso indicano che il livello dei crediti verso i clienti varia leggermente ma mantiene la stessa proporzione rispetto ai ricavi: il tempo medio di incasso rimane costante e dunque non si può parlare di utili artificialmente aumentati. Anche riguardo al GMI, dove si passa dal 0,975 del 2001 al 0,949 del 2005, non si registrano valori sospetti: un valore costa ntemente attorno all’unità significa che i margini lordi rimangono costanti nel tempo. Per quanto riguarda l’indice della crescita delle vendite (SGI) si notano valori abbastanza alti nei primi anni (1,242 nel 2001 e 1,283 nel 2002) per poi scendere a 1,169 nel 2005, ovvero valori in linea con la media di 1,134 dei non-manipolatori. Valori alti manifestano un 59 aumento delle vendite rispetto all’anno precedente: situazioni di questo tipo possono in alcuni casi mettere pressione ai manager che sarebbero così portati a manipolare i dati di bilancio per confermare la crescita , in questo caso però rientrano nella norma visto che Logitech si trova in una fase di crescita e dunque è normale che anche i ricavi aumentino. Di conseguenza questo indice, qui, non rivela nulla di strano riguardo ad eventualità di manipolazioni. L’indice del deprezzamento (DEPI) presenta valori altalenanti. Se si analizza no i dati di bilancio si nota che il valore di 1,179 che Logitech ha nel 2003, cifra che supera la media di 1,077 dei manipolatori, è dovuto al calo del tasso di deprezzamento degli attivi tra il 2002 ed il 2003. Nel rapporto finanziario questo calo è motivato con il fatto che molte attrezzature che vengono ammortizzate sul breve termine (entro l’anno) nel 2002 sono state messe in servizio tra il primo trimestre e l’inizio del secondo, mentre nel 2003 la maggior parte delle nuove attrezzature è stata messa in funzione solo alla fine del secondo trimestre riducendo così le spese totali di deprezzamento. Evidentemente è difficile esprimersi sulla validità di questa spiegazione, ciò che si può fare è unicamente prenderne atto . Un valore particolarmente elevato e superiore alla media dei manipolatori si registra nel 2005. Qui la spiegazione è più semplice: proprio in quell’anno Logitech ha acquistato nuovi attivi fissi (in parte con l’acquisizione di Intrigue Technologies) senza tuttavia aumentare le spese totali di deprezzamento, provocando così un calo del tasso di deprezzamento. I valori dello SGAI si aggirano attorno al valore 1, assunto come neutrale da Beneish: nel 2001 si ottiene 1,010 e nel 2005 1,092. L’andamento delle spese di vendita, generali e amministrative è infatti in linea con l’evoluzione dei ricavi. Dunque questo indice non dà adito a dubbi riguardo alla presenza di manipolazioni: si tratta di dati nella norma. Situazione simile per quanto riguarda l’indice della leva finanziaria (LVGI) che con valori vicini ad 1 (1,036 nel 2001 e 1,025 nel 2005) indicano un andamento costante del rapporto tra debiti e attivi totali. Infine per quanto riguarda il TATA si notano valori nettamente superiori alla media dei manipolatori nei primi due anni (0,238 nel 2001 e 0,171 nel 2002). Questi valori poi scendono progressivamente fino al 0,088 del 2005, una misura che però rimane sempre superiore alle media di 0,031 che caratterizza le aziende che fanno parte del gruppo dei manipolatori. Questo valore è in gran parte determinato dall’ingente componente di working capital che caratterizza il bilancio dell’azienda svizzera. Dati di questi tipo portano 60 a dire che gli accruals hanno una certa influenza, anche se calante, nella costituzione degli utili di Logitech. Tralasciando i dati del 2001, falsati dall’acquisizione di Labtech, che denotano una grande probabilità di manipolazione con entrambe le varianti del modello, i risultati appaiono ambigui. Nel modello con 5 variabili infatti risulta che la probabilità che Logitech manipoli i bilanci è bassa. Nel modello con 8 variabili invece l’azienda è al di sopra del valore limite che dovrebbe indicare la presenza di manipolazioni. Andando però a studiare più nei dettagli i dati contabili che portano a questo risultato si nota come, ad eccezione dell’alto indice TATA (che non è incluso nel modello a 5 variabili), non ci siano apparenti stranezze e rischi nella contabilità dell’azienda, ma un M-Score così alto deriva dal fatto che tutte le variabili del modello possiedono un valore relativamente alto pur non superando quasi mai il limite dei manipolatori, e quando tale limite viene superato è per operazioni eccezionali e motivate. 4.2.4 Analisi dei risultati Il confronto dei risultati dei due modelli presentati mostra notevoli differenze. Secondo entrambi i modelli per misurare gli accruals risulta che gli utili di Logitech sono di buona qualità dato che la componente accrual, ad eccezione del 2001, è sempre negativa (si veda la Figura 4.5). COMPONENTE ACCRUAL LOGITECH 12.50% 10.00% 7.50% 5.00% cash flow statement approach 2.50% 0.00% -2.50% 2001 2002 2003 2004 2005 balance sheet approach -5.00% -7.50% -10.00% Fig. 4.5 Evoluzione della componente accrual di Logitech dal 2001 al 2005 con gli approcci basati sul conto dei flussi di cassa e sullo stato patrimoniale. 61 Conclusione simile con il modello di Beneish a 5 variabili dove, anche qui ad eccezione del 2001, l’azienda è relativamente lontana dalla soglia critica indicante un’alta probabilità di manipolazione, come illustrato nella Figura 4.6. M-SCORE LOGITECH 0.50 0.00 -0.50 2001 2002 2003 2004 2005 -1.00 coeff 5 var. -1.50 coeff 8 var. -2.00 -2.50 -3.00 -3.50 Fig. 4.6 Evoluzione dell’M-Score di Logitech dal 2001 al 2005 con il modello di Beneish a 5 e 8 variabili. Il modello di Beneish a 8 variabili fornisce invece un risultato a prima vista opposto: l’MScore per tutti i cinque anni presi in considerazione restituisce infatti un valore che indica un’alta probabilità di manipolazione, anche se la probabilità sembra calare nel corso degli anni. In questo caso c’è voluta l’analisi approfondita dei dati di bilancio per capire che tale risultato non deriva da un vero rischio di manipolazioni ma piuttosto dalle caratteristiche della formula del modello , formula che quando tutti gli indici hanno un valore attorno alla media dei non-manipolatori con un paio di valori leggermente più alti, come nel caso di Logitech, può dare un risultato positivo in termini di probabilità di manipolazione. Nel caso studiato è il valore dell’indice TATA, nettamente superiore alla media, che a causa di un coefficiente elevato spinge verso l’alto il valore del M-Score. A questo proposito pare comunque importante rilevare come anche qui i valori degli accruals sono diversi con la formula del metodo di stima degli accruals basato sullo stato patrimoniale, che coglie le variazioni dei dati di bilancio tra un anno e quello successivo, rispetto alla formula del TATA del modello di Beneish, che invece fa una semplice fotografia dei dati relativi ad un solo anno e con questi dati genera il valore dell’indice. Accruals così alti come quelli 62 misurati con il modello di Beneish derivano in gran parte dalla capacità della formula dell’indice TATA di captare la dimensione del working capital derivandola dal conto dello stato patrimoniale . Analizzando i dati di bilancio si nota infatti come nel caso di Logitech i cosiddetti working capital accruals siano relativamente alti, situazione che viene spesso definita 33 sintomatica della presenza di manipolazioni, e che dunque anche nel modello di Beneish contribuiscono ad aumentare la probabilità che l’azienda risulti non essersi comportata correttamente sul piano contabile. I valori relativamente alti delle variabili potrebbero anche derivare da uno dei presupposti base del modello di Beneish, ossia che le aziende che crescono sono più a rischio di manipolazione. Essendo Logitech un’azienda in sviluppo, nel risultato di tale modello è dunque inglobato il rischio che la crescita prima o poi dovrà cessare. Evidentemente non si considera che, anche se nella maggior parte di casi ciò è vero, è pure possibile che un’azienda, soprattutto in settori non ancora maturi, possa crescere anche per molti anni consecutivamente. In definitiva con gli strumenti analitici utilizzati in questo lavoro non è possibile concludere se l’azienda effettui earnings management per sostenere la crescita degli utli. Vagliata la situazione diventa tuttavia fondamentale per un analista costantemente monitorare i risultati finanziari e le operazioni di Logitech per captare eventuali problemi che potrebbero emergere in futuro, soprattutto relativi ad un possibile calo dei ricavi e degli utili che metterebbe pressione sul management aziendale con i rischi connessi. 33 Si veda ad esempio Garcìa Lara, Garcìa Osma e Mora (2005). 63 4.3 ABB (SWX: ABBN) 4.3.1 Profilo dell’azienda ABB nasce nel 1988 dalla fusione tra l’azienda svedese Asea e la svizzera BBC Brown Boveri, entrambe attive a livello globale nel settore dell’ingegneria elettrica, e diventa leader nel settore dell’energia e dell’automazione. L’azienda, la cui direzione generale è a Zurigo, è quotata (a inizio 2005) alla borsa svizzera tramite la piattaforma virt-x, sul Stockholm Stock Exchange, sul London Stock Exchange e sul Frankfurt Stock Exchange. Nel 2001 ABB viene quotata anc he sul New York Stock Exchange. Nel 2005 ABB decide poi di essere delistata dal London Stock Exchange e dal Frankfurt Stock Exchange perché il volume delle transazioni su questi mercati era diventato insignificante negli ultimi anni. Fig. 4.7 Andamento dell’azione ABB dal 25.6.2001 al 4.5.2006 alla borsa svizzera (SWX) (fonte: finance.yahoo.com). Il valore dell’azione di ABB sul mercato svizzero è passato dai 38,63 franchi svizzeri di inizio 2000 ai 12,75 franchi svizzeri di fine 2005: si tratta, come parzialmente illustrato nella Figura 4.7, di un andamento dovuto alla delicata situazione economico-finanziaria del gruppo a inizio decennio che ha poi portato ad una dolorosa e abbastanza problematica ristrutturazione avviata nel 2001, con numerosi licenziamenti e la vendita di alcune attività considerate non strategiche (le cosiddette non-core activities). A inizio 2003 il titolo sembra aver riacquistato la fiducia degli investitori per la pubblicazione di risultati positivi 64 relativi alle unità di business principali del gruppo, per un struttura finanziaria più sana e per un generale miglioramento delle prospettive future 34. In questo caso, per l’applicazione dei metodi di individuazione dell’earnings management, il periodo preso in esame va dal 2000, anno in cui ABB ha adottato per la prima volta i criteri contabili US GAAP, al 2005. Proprio in questo periodo temporale ABB, forse a causa del nuovo sistema contabile adottato, ha avuto svariati problemi da questo punto di vista. Nel 2002 infatti ABB ha corretto i risultati degli anni precedenti a causa di un errore riguardante il valore reale di alcuni strumenti finanziari. Anche nel 2003 e nel 2004 ci sono stati dei restatements a causa di una sopravvalutazione degli utili (scoperta internamente) relativa ad un’unità di business italiana 35 . Infine nel 2004 ABB è stata multata dalla SEC per aver offerto pagamenti illeciti a funzionari governativi di alcuni paesi in cui dispone di società controllate e per non aver contabilizzato correttamente nei suoi bilanci queste operazioni 36. La crisi ed il conseguente risanamento di ABB li si intravede visionando i principali dati economici dal 2000 al 2005. Da utili prima delle voci straordinarie di 881 milioni di dollari nel 2000 il gruppo va infatti nelle cifre rosse nel 2002 e nel 2003 (anno in cui registra perdite per 415 milioni di dollari), per poi tornare in attivo negli anni successivi con un utile nel 2005 pari a 883 milioni di dollari. Questo andamento degli utili è dato dall’evoluzione dei ricavi, visto che i costi sono rimasti relativamente costanti. Da ricavi di 22,967 miliardi di dollari nel 2000 si è infatti scesi a 19,402 miliardi nel 2002 per poi tornare nel 2005 a 22,442 miliardi. Il patrimonio è invece calato progressivamente a partire dal 2001 a causa della vendita, con l’obiettivo di rifocalizzarsi sulle attività centrali, di alcune unità aziendali: gli attivi sono così passati da 32,313 miliardi di dollari nel 2001 a 22,276 miliardi nel 2005. 4.3.2 Metodo della stima degli accruals L’applicazione del metodo di stima degli accruals basato sul conto dei flussi di cassa mostra, come illustrato nella Tabella 4.9, una componente accrual negativa per tutti gli anni presi in esame: nel 2001 ammonta a -6,13% per poi aumentare -0,53 nel 2002 e rimanere attorno a tali livelli fino al 2005. 34 Informazioni tratte dal sito internet aziendale www.abb.com. Considerato che in questi casi la correzione è stata un’iniziativa autonoma dell’azienda e non una direttiva degli organi di controllo della borsa svizzera, nell’applicazione dei modelli per questo lavoro sono stati considerati i dati contabili corretti contenuti nel rapporto finanziario del 2005, oppure se non contenuti in quest ultimo rapporto i dati più recenti. 36 Si veda la comunicazione ufficiale della SEC al sito web http://www.sec.gov/litigation/litreleases/lr18775.htm. 35 65 CASH FLOW STATEMENT APPROACH Accruals totali Componente utili Componente accrual Componente cash flow 2001 -1'939'000 0.14% -6.13% 6.27% 2002 -163'000 -0.47% -0.53% 0.06% 2003 -263'000 -1.39% -0.88% -0.51% 2004 -498'000 1.47% -1.81% 3.28% 2005 -129'000 3.76% -0.55% 4.31% Tab. 4.9 Caso ABB: modello degli accruals basato sul conto dei flussi di cassa (in USD migliaia). Il metodo basato sullo stato patrimoniale, come si può vedere nella Tabella 4.10, genera un valore con una grandezza simile al metodo precedente nel primo anno (-6,20% nel 2001), ma poi nel 2002 invece di aumentare come prima scende fino a -12,23%. Questa diminuzione è in gran parte dovuta all’effetto del calo, pari a -2,131 miliardi di dollari, del debito a breve termine tra il 2001 ed il 2002. Negli anni successivi gli accruals crescono nuovamente fino ad arrivare nel 2005 ad un importo pari a -376 milioni di dollari, ovvero il -1,60% del patrimonio aziendale. BALANCE SHEET APPROACH Accruals totali Componente utili Componente accrual Componente cash flow 2001 2002 2003 2004 -1'963'000 -3'780'000 -1'577'000 -2'291'000 0.14% -0.47% -1.39% 1.47% -6.20% -12.23% -5.26% -8.32% 6.34% 11.76% 3.88% 9.79% 2005 -376'000 3.76% -1.60% 5.36% Tab. 4.10 Caso ABB: modello degli accruals basato sullo stato patrimoniale (in USD migliaia). Gli accruals risultano dunque sempre negativi qualunque sia l’approccio adottato. Il dato che però più risulta importante è che con entrambi gli approcci e per tutti gli anni presi in esame la componente cash flow è maggiore alla componente utili: ciò non è accaduto con i casi Enron e Logitech e può essere interpretato, applicando la teoria di Sloan sulle persistenza degli accruals, come un segnale significativo riguardo alla solidità degli utili e dunque alla loro sostenibilità. Negli ultimi due anni la situazione utili sembra aver ripreso un trend positivo. 66 4.3.3 Modello di Beneish Applicando il modello di Beneish si ottiene un esito parzialmente in linea con l’interpretazione derivante dal metodo della stima degli accruals. Anche in questo caso, come nei precedenti, le varianti del modello di Beneish forniscono risultati con una tendenza simile ma con valori diversi che portano a interpretazioni diverse. La variante con 5 variabili, come si può vedere nella Tabella 4.11, presenta valori del MScore nettamente inferiori a -2,22 per tutti gli anni: tali risultati suggeriscono una bassa probabilità di manipolazione. La variante con 8 variabili fornisce valori più alti che superano il limite dei manipolatori di -2,22 nel 2001 (con -2,17) e nel 2003 con (-2,10): risulta dunque più difficile fornire un’interpretazione in base a questi ultimi dati. M-SCORE coeff 5 var. coeff 8 var. 2001 -3.23 -2.17 2002 -3.02 -2.33 2003 -2.74 -2.10 2004 -2.91 -2.57 2005 -2.93 -2.53 Tab. 4.11 Caso ABB: valori M-Score del modello di Beneish con 5 e 8 variabili. Andando ad analizzare le singole variabili del modello, i cui valori sono illustrati nella Tabella 4.12, si fa subito caso alla generale regolarità e normalità dei valori, elemento che evidentemente contribuisce ai risultati finali del M-Score che per la maggior parte dei casi indicano una bassa probabilità di manipolazione. VARIABILI Days sales in receivable index (DSRI) Gross Margin Index (GMI) Asset Quality Index (AQI) Sales Growth Index (SGI) Depreciation Index (DEPI) SGA Index (SGAI) Leverage Index (LVGI) Accruals to total assets (TATA) 2001 0.927 1.039 0.734 0.867 0.673 1.116 1.249 0.155 2002 0.787 1.074 1.011 0.975 1.174 0.989 1.046 0.068 2003 1.124 1.018 1.035 1.048 1.086 0.915 0.936 0.034 2004 1.025 0.921 1.088 1.014 0.966 0.955 0.970 -0.027 2005 0.952 0.956 1.027 1.089 0.932 0.942 0.947 -0.019 Tab. 4.12 Caso ABB: variabili del modello di Beneish. L’indice del tempo medio di incasso (DSRI) presenta valori bassi o vicini all’unità ad eccezione del 2003 quando con un valore di 1,124 viene superata la media dei nonmanipolatori, non però quella dei manipolatori. Il livello dei crediti verso i clienti sembra dunque rimanere in linea con l’evoluzione dei ricavi. 67 Discorso simile per l’indice GMI che nei primi tre anni è superiore alla media dei nonmanipolatori (ma inferiore a quella dei manipolatori) e poi scende per fissarsi nel 2005 a 0,956 grazie ad un miglioramento dei ricavi. L’indice AQI che va luta la qualità degli attivi è molto basso nel 2000 per poi salire e superare leggermente l’unità, principalmente per via di una diminuzione degli attivi correnti più consistente rispetto alla diminuzione degli attivi non correnti (attivi fissi esclusi). Quando ciò avviene , soprattutto se in misura più ragguardevole, si parla di un deterioramento della qualità degli attivi perché maggiormente composti da attivi immateriali. Per quanto riguarda l’indice della crescita delle vendite (SGI), ABB presenta valori che non superano mai la media dei manipolatori e con una tendenza alla crescita. Tale andamento è dovuto prima al calo tra il 2000 e il 2002 dei ricavi, che poi aumentano leggermente fino al 2005. Non si tratta , dunque, di valori problematici nell’ottica di un giudizio sulla presenza di manipolazioni. L’indice del deprezzamento (DEPI) rivela due valori sopra la media dei manipolatori: 1,174 nel 2002 e 1,086 nel 2003. Tali dati indicano che il tasso con il quale sono ammortizzati gli attivi è calato in questo lasso di tempo: in effetti dal 22% del 2001 si è passati al 17% del 2003, per poi invece risalire al 19% di tasso di deprezzamento nel 2005. L’abbassamento del tasso di deprezzamento è una pratica considerata correlata all’aumento della probabilità di manipolazioni: in questo caso dunque è possibile alzare una “bandierina rossa” circa la qualità degli utili di ABB nei due anni in questione (2002 e 2003). L’indice SGAI (Indice delle spese di vendita, generali e amministrative ) a parte nel 2001, anno in cui a causa di un calo dei ricavi più incisivo rispetto al calo delle spese di vendita, generali e amministrative il valore supera la media dei manipolatori, presenta valori inferiori a 1. Ciò è dovuto, soprattutto dal 2002 in avanti, all’aumento dei ricavi dalle vendite che fa calare il rapporto tra spese SGA e ricavi. Relativamente all’indice della leva finanziaria (LVGI) ABB ha un valore (1,249) sopra la media dei manipolatori nel 2001 a causa dell’aumento dei debiti correnti rispetto all’anno precedente. Poi però la diminuzione del tasso di indebitamento dal 2002 in avanti fa calare anche l’indice LVGI fino al 0,947 del 2005, un valore che per questa variabile è correlata ad una bassa probabilità di manipolazione. Infine l’indice TATA (Accruals totali rispetto agli attivi totali) presenta valori sopra la media dei manipolatori nel 2001 (in modo netto), nel 2002 e nel 2003. Dal 2003 gli accruals calano diventa ndo negativi nel 2004. Nel 2005 la componente accrual si assesta a -0.019. Questo calo è principalmente imputabile alla diminuzione del valore degli attivi destinati 68 alla vendita (in seguito al disinvestimento da alcune attività aziendali considerate non centrali) che fanno scendere l’importo degli attivi correnti e automaticamente, data la formula, portano ad una diminuzione degli accruals . L’alto valore dell’indice TATA nei primi anni contribuisce in maniera rilevante ai valori finali del M-Score con 8 variabili che nel 2001 e nel 2003 superano, anc he se di poco, la soglia di -2,22. 4.3.4 Analisi dei risultati L’indicazione generale che si può trarre dai modelli applicati è che i bilanci di ABB sono complessivamente di buona qualità e non suggeriscono in modo chiaro la presenza di earnings management. Come si può infatti vedere nella Figura 4.8 la componente accrual ottenuta con entrambi gli approcci del metodo per stimare gli accruals rimane negativa per tutti gli anni considerati in questo lavoro. Il modello di Beneish, come illustrato nella Figura 4.9, restituisce valori del M-Score, a parte i due anni (2001 e 2003) in cui il superamento è leggero, sempre inferiori al valore limite dei manipolatori, anche se la variante con 8 variabili genera anche in questo caso valori più alti e dunque, in un’ottica di interpretazione dei risultati, più inclini a considerare la possibilità che ABB manipoli i propri bilanci. COMPONENTE ACCRUAL ABB 2.00% 0.00% -2.00% 2001 2002 2003 2004 -4.00% 2005 cash flow statement approach -6.00% balance sheet approach -8.00% -10.00% -12.00% -14.00% Fig. 4.8 Evoluzione della componente accrual di ABB dal 2001 al 2005 con gli approcci basati sul conto dei flussi di cassa e sullo stato patrimoniale. 69 La differenza maggiore tra il risultato delle due varianti del modello riguarda il 2001: in questo caso si può spiegare questo fenomeno con il fatto che proprio in quell’anno gli indici ritenuti meno utili da Beneish (SGAI, LVGI e TATA), e che per questo motivo non fanno parte del modello a 5 variabili, hanno valori molto alti che superano la media dei manipolatori. Sembrerebbe dunque che , almeno per il 2001, il risultato ottenuto con il modello a 8 variabili non sia da considerare significativo. M-SCORE ABB 0.50 0.00 -0.50 2001 2002 2003 2004 2005 -1.00 coeff 5 var. -1.50 coeff 8 var. -2.00 -2.50 -3.00 -3.50 Fig. 4.9 Evoluzione dell’M-Score di ABB dal 2001 al 2005 con il modello di Beneish a 5 e 8 variabili. In definitiva è molto difficile tirare una conclusione sull’effettiva presenza di manipolazioni. I risultati dei modelli indicano alcune distorsioni nei dati di bilancio ma non evidenziano nessuna palese irregolarità contabile. Come già accennato nel Cap. 4.3.1, ABB proprio negli anni esaminati ha dovuto affrontare problemi relativi alla correttezza dei propri bilanci. Il fatto che i modelli qui utilizzati non siano stati in grado di cogliere in maniera generale ed evidente questi problemi può avere tre spiegazioni: la prima è il fatto di aver preso, per l’analisi dei bilanci, i dati corretti (restated per dirla all’inglese) successivamente alla scoperta interna degli errori contabili, la seconda è che le incorrettezze contabili fossero poco rilevanti nella totalità dei dati, la terza è la possibile incapacità dei modelli applicati di captare problemi contabili del tipo di quelli riscontrati da ABB. 70 5. PREGI E LIMITI DEI METODI Scopo principale di questo lavoro era presentare alcuni metodi per analizzare i bilanci, valutando la qualità degli utili e captando eventuali manipolazioni contabili. Nei capitoli precedenti sono stati illustrati tali metodi, descritte le basi teoriche su cui fondano e si è provato ad applicarli su tre casi empirici differenti. A questo punto è dunque possibile trarre alcune conclusioni, evidentemente non definitive, riguardo ai modelli analizzati, evidenziandone relativi pregi, limiti o problemi di implementazione . Innanzitutto, come riassunto nella Tabella 5.1, si è potuto verificare che i risultati e dunque le relative interpretazioni sono spesso risultate diverse tra loro e in alcuni casi addirittura contrastanti. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI ENRON LOGITECH ABB cash flow statement approach bassa probabilità di earnings management bassa probabilità di earnings management, a parte nel 2001 bassa probabilità di earnings management balance sheet approach difficile da valutare, tendenzialmente bassa probabilità di EM, ma alta nel '99 bassa probabilità di earnings management, a parte nel 2001 bassa probabilità di earnings management variante completa con 8 variabili alta probabilità generale di manipolazione, molto alta nel 2000 alta probabilità generale di manipolazione, molto alta nel 2001 incerta probabilità di manipolazione variante semplice con 5 variabili lieve o bassa probabilità di manipolazione fino al 1999 compreso, molto alta nel 2000 bassa probabilità generale di manipolazione, ad eccezione del 2001 bassa probabilità di manipolazione METODO DELLA STIMA DEGLI ACCRUALS MODELLI DI BENEISH Tab. 5.1 Tabella riassuntiva con le conclusioni dei vari modelli applicati ai casi empirici. 71 Grazie al caso Enron, le cui manipolazioni contabili avvenute nell’arco di più anni sono state effettivamente dimostrate, è poi stato possibile in una certa misura valutare la capacità (relativa chiaramente ad un solo caso) dei vari metodi di captare le distorsioni contabili dovute alla manipolazione. Si è in questo modo potuto concludere che l’approccio per stimare gli accruals totali basato sul cash flow statement risulta il più facile e veloce da usare, siccome necessita di due sole voci di bilancio, ma non fornisce risultati da ritenere affidabili: per tutti gli anni esaminati ha infatti decretato che gli utili di Enron erano di buona qualità, conclusione poi clamorosamente smentita dai fatti. Tale metodo è condiziona to in maniera rilevante dall’importo del cash flow from operations, valore che può fornire indicazioni importanti sulla solidità degli utili ma che risulta troppo volatile (come verificato nei tre casi empirici) e che spesso dipende da fattori non direttamente legati alla qualità e alla struttura degli utili. Proprio per questo motivo la formula troppo semplicistica di questo metodo, che stima gli accruals come una semplice differenza tra gli utili e la liquidità generati in un dato periodo, risulta un limite: tale formula non tiene infatti conto di quegli elementi specifici del bilancio che, in quanto risultato di stime e previsioni, non riflettono realmente la liquidità generata. Questa decomposizione viene invece fatta dal metodo per stimare gli accruals correnti basato sul bilancio. Tale approccio è infatti più complesso e il risultato riflette in maniera migliore l’effettiva entità degli accruals. Il problema è che l’approccio basato sul bilancio misura solo gli accruals correnti tralasciando gli accrua ls non-correnti, che però potrebbero eventualmente giocare un ruolo sulla struttura totale degli utili e dunque potenzialmente cambiare l’interpretazione sulla qualità degli stessi. Come dimostrato con l’applicazione del caso Enron anche questo metodo non sembra in grado di cogliere le manipolazioni dei bilanci: nel 2000, anno in cui secondo il modello di Beneish Enron risulta avere una grande probabilità di manipolazione, la componente accrual è negativa, risultato che, prendendo come assodato che Enron abbia effettivamente manipolato i bilanci nel 2000, si scontra con la teoria secondo cui accruals negativi rappresentano un segnale positivo rispetto alla qualità degli utili. Inoltre tale metodo, nel caso di eventi non legati alle operazioni aziendali quali acquisizioni, disinvestimenti o cambiamenti nel sistema contabile, non è in grado di valutare il fatto che questi avvenimenti non hanno necessariamente un impatto sugli utili (si tratta infatti di fatti che alterano lo stato patrimoniale ma non necessariamente il conto economico) e dunque generano dati insensati per un’analisi sulla qualità degli utili. Si è visto, a questo proposito, che l’acquisizione di Labtech nel 2001 nel caso Logitech ha 72 generato un valore della componente accrual altissimo e assolutamente incoerente rispetto ai valori degli anni successivi. Un problema (già evidenziato nella letteratura37) centrale e fondamentale di questi metodi che stimano gli accruals è che essi non fanno differenza tra gli accruals che risultano dai cambiamenti nell’andamento economico dell’azienda e gli accruals che invece scaturiscono dalle scelte discrezionali dei dirigenti riguardo al come contabilizzare determinate operazioni o situazioni. Diventa dunque estremamente difficile interpretare il risultato nell’ottica dell’individuazione della pratica di earnings management. Inoltre, come si può facilmente vedere dai grafici contenuti nei sottocapitoli del Cap. 4 dedicati alle analisi dei risultati, i risultati ottenuti con i metodi per stimare gli accruals sono più volatili di quelli conseguiti con il modello di Beneish, il che rende più difficile trarre delle conclusioni attendibili. Il modello di Beneish, come prevedibile considerata la maggiore sofisticatezza rispetto ai metodi per stimare gli accrua ls, si è invece dimostrato più efficace. Entrambe le varianti del modello sono state in grado di captare le distorsioni nel bilancio del 2000 di Enron che hanno poi portato allo scandalo contabile più grande della storia. La variante con 8 variabili ha dato risultati che potevano suggerire la presenza di manipolazioni anche per gli altri anni analizzati. Per quanto riguarda gli altri casi empirici, anche se i risultati ottenuti con le due diverse varianti non hanno sempre portato alla medesima interpretazione, si è riscontrato che la tendenza generale riguardo all’evoluzione della probabilità di manipolazioni tra un anno e l’altro è risultata la medesima: ciò è senz’altro un aspetto positivo. Un punto forte del modello di Beneish è che esso, tramite le sue variabili che colgono vari aspetti delle condizioni finanziarie di un’azienda, permette a chi lo applica di valutare questi vari aspetti simultaneamente invece di dover considerare singolarmente tutti gli elementi che potrebbero potenzialmente venir manipolati. Ciò consente un’analisi efficace in termini di costo e tempi, anche perché tutti i dati necessari sono accessibili pubblicamente nei bilanci e soprattutto, rispetto ai modelli basati su serie temporali lunghe , sono sufficienti i dati di un paio di anni. I casi empirici hanno palesato che il modello capta in maniera eccellente elementi quali i crediti verso i clienti, i soft assets e la leva finanziaria che rappresentano alcune delle componenti del bilancio più influenti nell’ottica dell’analisi dell’earnings management. 37 Si veda ad esempio Beneish (2001). 73 Da sottolineare anche il fatto che il modello di Beneish ha il pregio di stimolare ad analizzare le varabili con valori alti o strani, aiutando in questo modo a capire determinate dinamiche contabili che possono aumentare la probabilità di manipolazione. Tutto ciò in un modo non troppo complicato e dunque fattibile anche da coloro che non sono esperti di contabilità. Passando ai limiti di tale modello si può sicuramente mettere in primo piano il fatto che non viene considerata la fase in cui si trova un’azienda e la fase del settore a cui l’azienda appartiene (sviluppo-maturità-declino). Per esempio il contesto di crescita di Logitech ha probabilmente contribuito a determinare risultati che, con la variante a 8 variabili, assegnano un’alta probabilità di manipolazione all’azienda, senza però che si siano riscontrati particolari rischi a livello contabile. Questo perché una delle premesse del modello è l’assegna zione alle aziende in crescita di un rischio maggiore di manipolazione rispetto ad aziende con un andamento degli affari consolidato e i cui manager, teoricamente, dovrebbero avere meno pressione a migliorare costante mente gli utili. Uno svantaggio del modello è che esso riesce a cogliere le manipolazioni con il fine di aumentare gli utili, ma non le operazioni atte a volontariamente abbassare gli utili. Come ricordato nei capitoli teorici anche la diminuzione fraudolenta degli utili è una pratica che può danneggiare gli investitori perché falsa la reale situazione economica e le prospettive dell’azienda. Anche questo modello, come in quelli per stimare gli accruals, nel caso di eventi eccezionali quali acquisizioni e fusioni gli indici possono assumere valori estremi, che non aiutano nell’interpretazione . Il modello coglie infatti le distorsioni dei rapporti finanziari senza però valutarne le origini. Un’ulteriore lacuna è che non vengono considerati i dati relativi alle scorte, che potrebbe essere una delle voci del bilancio più soggetta a manipolazione. Un elemento ambiguo e problematico da valutare è l’efficacia e l’utilità dell’indice TATA . La relativa formula, che per impostazione differisce dalle formule classiche per misurare gli accruals presentate anche in questo lavoro, porta a interpretazioni difficili e non sempre in linea con l’andamento della società . D’altra parte , rispetto ad altri approcci, riesce a cogliere i working capital accruals che se ingenti possono venire considerati un fattore di rischio di manipolazione. La variante con 8 variabili, che a differenza dell’altra include la formula del TATA e altri due indici non considerati significativi al fine del risultato, tende (almeno nei tre casi analizzati) a generare valori più elevati. Ciò fa sì che più spesso l’M- 74 Score superi la soglia dei manipolatori. Il modello con 5 variabili si può dunque considerare il più conservativo dei due. Grazie ai casi empirici è pure stato possibile constatare che, nel caso in cui tutti gli indici assumono valori alti ma sempre al di sotto della media dei manipolatori, il valore del MScore può ciò nonostante superare il valore limite di -2,22. L’interpretazione che si trae dal valore finale, dunque, non sempre rispecchia fedelmente il senso delle singole variabili prese separatamente . Per questo motivo, e soprattutto nel caso di un valore del M-Score vicino alla soglia, i risultati delle variabili del modello andrebbero preferibilmente analizzati uno ad uno. Infine, l’analisi e il tentativo fatto nel Cap. 4 di interpretare i vari risultati del modello suggeriscono che la soglia di -2,22 che separa le aziende con alta e bassa probabilità di manipolazione pare riduttiva. Sarebbe meglio usare una scala di valori per valutare in maniera più misurata tale probabilità: per esempio creando delle fasce di probabilità quali “alta probabilità”, “discreta probabilità”, “incerta probabilità”, “bassa probabilità”. Così facendo si eviterebbe di dare un senso diverso a risultati analoghi solo perché una volta la soglia di -2,22 è superata di poco e un’altra volta invece non lo è. Ogni valore del M-Score sarebbe così abbinato ad una definizione più precisa sulla probabilità di manipolazione dei bilanci. Tenendo conto dei risultati ottenuti con i casi empirici e considerando i problemi nella stima degli accruals riscontrati anche con la formula del TATA di Beneish, oltre al fatto che la variante con 8 variabili include indici non significativi che possono alterare il risultato finale, si può ritenere il modello di Beneish con 5 variabili come il metodo, tra quelli analizzati in questo lavoro, più utile ed affidabile per individuare da un bilancio le manipolazioni contabili e valutare la qualità degli utili. Sarebbe auspicabile però, per chi vuole una verifica aggiuntiva, calcolare anche i risultati con il modello a 8 variabili. In definitiva, la qualità più significati va del modello di Beneish, e in particolar modo la variante con 5 variabili, è la sua capacità di riassumere in un dato facilmente interpretabile i vari aspetti della contabilità di un’azienda che potrebbero suggerire la presenza di manipolazioni, il tutto in maniera veloce e facile. In ogni caso questo modello , se si vogliono risultati effettivamente affidabili, dovrebbe sempre essere potenziato con un’analisi qualitativa delle informazioni economicofinanziarie, che verifichi e spieghi le conclusioni quantitative derivate dalle formule usate per misurare la probabilità di manipolazione. 75 6. CONCLUSIONI 6.1 Risultati ottenuti I risultati, anche se parziali, hanno dimostrato una certa inaffidabilità dei metodi per la stima degli accruals presentati in questo lavoro. Il fatto che i due diversi approcci hanno portato a risultati spesso contrastanti e soprattutto che dal caso Enron è scaturito che gli utili sono di buona qualità , conclusione poi clamorosamente smentita dai fatti, non può che far sollevare dei dubbi sull’utilità di questi metodi. Evidentemente tale discrepanza tra i risultati dei modelli e i fatti reali potrebbe derivare dall’incapacità delle relative formule di calcolare correttamente l’importo degli accruals sulla base dei dati di bilancio, oppure potrebbe significare che la relazione tra alti accruals e la presenza di manipolazioni può essere una tendenza che appare analizzando un grande numero di aziende ma che sulla singola azienda non ha una significativa capacità predittiva. Riguardo al modello di Beneish è più difficile valutare l’affidabilità, vista l’esiguità dei casi empirici e l’impossibilità, a parte il caso Enron, di verificare i risultati con un’effettiva presenza di manipolazioni nella realtà. Il fatto comunque che i risultati relativi al caso Enron abbiano mostrato un’alta probabilità di manipolazioni nel 2000 con entrambe le varianti del modello , poi realmente documentate, rappresentano un parziale segnale positivo riguardo all’affidabilità del modello. Maggiore affidabilità la si può però assegnare alla variante con 5 variabili la quale risulta più conservativa nei risultati (ovvero i suoi valori superano più difficilmente la soglia dei manipolatori) e che , non includendo l’indice relativo agli accruals, evita grandi sbalzi improvvisi che potrebbero distorcere i risultati e portare ad interpretazioni sbagliate. Se gli analisti e gli investitori avessero adottato questo modello nella valutazione della qualità degli utili di Enron avrebbero sicuramente avuto qualche dubbio sulla reale situazione economica dell’azienda americana e probabilmente avrebbero evitato ingenti perdite economiche collegate al crollo del titolo in borsa nel momento in cui le manipolazioni sono poi state individuate. Oltre alle difficili e, per l’esiguità dei casi empirici, approssimative conclusioni sull’affidabilità dei modelli, il vero risultato rilevante e personale della ricerca è però quello di aver sperimentato l’applicazione dei diversi metodi, applicando le formule e proponendo delle interpretazioni dei risultati. Grazie a questo lavoro posso affermare di aver appreso la 76 filosofia e la metodologia di base dei vari modelli, cercando anche di coglierne i pregi ed i limiti. 6.2 Rivalutazione della metodologia utilizzata Una ricerca come quella applicata in questo lavoro permette di capire come si possono applicare i modelli di analisi per l’individuazione dell’earnings management e soprattutto quali risultati e che tipo di interpretazione e con quale accuratezza è possibile fare. Una società di analisi o anche un singolo investitore può infatti immediatamente capire le caratteristiche e la metodologia di questi modelli di analisi. Le interpretazioni dei risultati dei casi empirici (in particolar modo del caso Enron), che richiedono in alcuni casi un giudizio soggettivo, potrebbero però essere state involontariamente contaminate da ciò che si è poi saputo in seguito riguardo alle manipolazioni. L’ideale per una verifica oggettiva dei risultati dei modelli con la realtà, e dunque della loro capacità predittiva, sarebbe dunque un’analisi della contabilità da realizzare appena vengono resi pubblici i bilanci, analisi che verrebbe poi verificata dopo qualche anno con gli elementi nuovi a disposizione. Si tratta evidentemente di una metodologia che richiede diversi anni e perciò non si è potuta adottare in questa ricerca. Il problema principale riguarda la valutazione dell’affidabilità di questi modelli, in particolar modo del modello di Beneish che ha sicuramente ottenuto meno spazio nella letteratura rispetto ai metodi per stimare gli accruals. È infatti molto difficile giudicare un modello complesso e ancora poco studiato come quello di Beneish tramite la sua applicazione su tre soli casi empirici. La soluzione sarebbe applicare questo modello su un campione statisticamente significativo di aziende per poter così analizzare, in maniera anche quantitativa, i casi di aziende che si sono poi rivelate manipolatrici, valutando così la capacità del modello di individuare ex-ante le pratiche di manipolazione. 6.3 Possibili sviluppi della ricerca Oltre alla valutazione dell’affidabilità del modello di Beneish su un campione più grande e significativo di aziende, un'altra possibile strada di ricerca potrebbe essere la simulazione di una strategia di investimento con posizioni short di titoli di aziende con un M-Score 77 molto alto e posizioni lunghe di titoli di aziende con un M-Score basso, seguendo ciò che Sloan (1996) ha fatto con gli accruals. L’ottenimento con tale strategia di eventuali rendimenti, su un lasso di tempo relativamente lungo, superiori alla media e superiori ai rendimenti ottenuti da Sloan con il metodo di stima degli accruals potrebbe introdurre nuovi elementi a favore dell’utilità di tale modello. Si potrebbe infine perfezionare il modello di Beneish correggendo le variabili che meno risultano utili ai fini della scoperta delle distorsioni contabili derivabili dalle manipolazioni, aggiungendo invece altri fattori (da individuare e verificare) che non sono presenti nel modello illustrato nel paper “The Detection Of Earnings Manipulation” e che potrebbero accrescerne l’affidabilità, consapevoli comunque che la trasparenza totale della comunicazione economico-finanziaria, aumentabile con modelli di questo tipo, non si raggiungerà mai in una situazione di asimmetria informativa che inevitabilmente caratterizza il rapporto tra insider e outsider di un’azienda. 78 7. 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