Italian Epic Metal

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Italian Epic Metal
Italian Epic Metal
a cura di Gabriele Nunziante
per www.italianmetal.it
Introduzione
Porre le basi dell'Italian Epic Metal è al tempo
stesso un lavoro complesso ma facilmente
realizzabile. Complesso poiché se è vero che l’“Epic
Metal” è già per definizione un genere non sempre
facilmente descrivibile - non a caso molti
identificano l’Epic come semplice Heavy Metal e
molte band sono in un perenne limbo fra i due generi
a seconda della loro produzione - dall’altro diventa
facile in presenza di determinati elementi, quali le
tematiche affrontate nei testi e specifiche scelte
musicali, queste ultime passanti tanto da
caratteristiche proprie delle canzoni (si pensi ai cori,
alle “cavalcate” chitarristiche, alle parti narrate o alle
lunghe strumentali atte non a esaltare il musicista
quanto a richiamare determinate situazioni, oltre che
le atmosfere ricreate nei modi più disparati, etc) e
arrivando finanche nelle scelte di registrazione (il
genere, pur nascendo negli anni ‘80 come l’Heavy
Metal tradizionale, con il tempo ha visto una precisa
scelta nel mantenere intatte certe tradizioni: non a
caso in un disco Epic Metal per antonomasia si cerca
ancora quel suono più grezzo e senza tanti fronzoli
che permetta di far subito capire all’ascoltatore che
cosa lo aspetta). Anche a livello internazionale ed
esclusi i nomi sacri del genere che tutti conoscono
(dai Manowar ai Virgin Steele, passando per Manilla
Road, Cirith Ungol, Warlord, Omen, Steel Assassin,
Brocas Helm, Taramis, Bathory, ...) risulta così
tutt’oggi non sempre facile determinare quali sono le
band dedite all’Epic tout court, ed allo stesso modo è
nella scena italiana.
I gruppi presentati in questo lunghissimo articolo
sono quindi stati scelti, e non poteva essere
altrimenti, seguendo un metro tanto personale quanto
il più possibile vicino a ciò che tradizionalmente si
intende per Epic Metal. Qualche band risulterà forse
di troppo agli occhi di alcuni lettori, qualcuna
mancherà, ma in linea generale tutti i grandi gruppi
che si sono contraddistinti per le proprie influenze
epiche sono presenti in questo articolo ed è solo
tramite essi, e non qualche misconosciuta band con
un solo demo all’attivo, che è possibile davvero
capire che cosa la nostra scena ci ha regalato negli
anni. Ho infine deciso di lasciare da parte quelle band
che, pur con qualche sporadica influenza epica, si
sono contraddistinti principalmente per far parte di
altri generi, Heavy Metal classico in particolare, ma
anche Power di stampo europeo o Folk metal o
troppo lontani dalla “pura” concezione di Epic Metal:
l’ideale “primordiale” di Epic è stato quindi
mantenuto il più possibile, dando spazio solamente
alle band classiche che non guasterebbe vedere
suonare al fianco dei nomi storici già citati poco
sopra.
Anni '80: la nascita della leggenda
Volendo partire dagli anni ‘80 troviamo in Italia una
serie di band che, seppur non completamente devote
al verbo dell’Epic Metal, si sono contraddistinte per
suoni e tematiche dal resto della scena, andando a
creare una solida base che, tanto negli anni ‘90
quanto nel nuovo millennio, hanno mostrato in tutto
il mondo la bontà dell’Epic italiano. Vi basterà
chiedere a un qualsiasi appassionato della nostra
scena quali sono i nomi storici di questa corrente e le
risposte saranno sempre le stesse: Dark Quarterer,
Adramelch, Domine, ci si spingerà ai primi anni ‘90
includendo Wotan, Rosae Crucis, DoomSword o
nel più underground tirando fuori nomi come Crystal
Phoenix o Xipe. Se volessimo effettivamente trovare
quelle che sono le basi, almeno in Italia, di questa
specifica corrente, non ci discosteremmo molto da
questi gruppi che, pur con sostanziali differenze di
suono, di intenti e soprattutto di tematiche,
affrontarono fin dai primi anni '80 (e qualcuno anche
dal decennio precedente) questo genere.
Per cominciare questo articolo è necessario partire
dai Dark Quarterer, anche e soprattutto per l'età
anagrafica del gruppo, visto che la nascita è datata
anni '70. Nati in quel di Piombino (Livorno) con il
nome Omega Erre, il gruppo formato originariamente
da Gianni Nepi (voce), Fulberto Serena (chitarra) e
Paolo Ninci (batteria) prenderà molta ispirazione dai
-1-
classici del periodo, proponendo nella primissima
parte della propria carriera cover di quei tanti gruppi
che animavano la scena estera: era il periodo di Uriah
Heep, Led Zeppelin, Black Sabbath, Grand Funk
Railroad, e Fulberto e compagni con maestria e
abnegazione riproponevano quanto richiesto. Con
l'intervento di Duccio Marchi si ebbe il tanto atteso
passaggio dal mondo delle cover a quello delle
canzoni proprie: nel 1982 nascono così ufficialmente
i Dark Quarterer. Il primo passo del gruppo è la
registrazione di un demo nel 1985, composto da 9
brani di cui la maggior parte riproposti nell'album di
debutto. Nello stesso anno iniziano le registrazioni
del primo lavoro in studio, registrazioni che si
protrarranno per problemi vari fino al 1986, mentre è
nell'anno successivo, tramite la minuscola Label
Service e in sole 500 copie, che viene pubblicato
l'omonimo 'Dark Quarterer'. Fin dalle prime note del
disco è possibile capire che i Dark Quarterer non
sono la copia di nessuno: unici in tutto, dalle parti
musicali fino ai testi, il gruppo di Piombino va a
creare con questo primo album il proprio trademark.
Recensiti (chiaramente) in modo negativo da
Kerrang, anche a causa della registrazione veramente
pessima (purtroppo unico e fin troppo evidente neo di
questo disco, a cui neanche oggi è stato possibile
rimediare con una ristampa migliorata), ma seguiti
con molta attenzione dalla stampa italiana (Claudio
Cubito di Rockerilla gli regalerà la famosa etichetta
di gruppo "epico-progressivo"), i Dark Quarterer
iniziarono a farsi largo nella scena italiana. Rimane
purtroppo in disparte la presenza live dei nostri che,
per scelta di una parte del gruppo, rimarranno più
tempo in sala prove che sui palchi, dando anche poca
spinta commerciale al proprio lavoro. Passano
appena due anni e il gruppo è già pronto a uscire con
il secondo album: si tratta di 'The Etruscan
Prophecy', e da lì la scena Epic italiana (mondiale?)
sarà un po' più diversa di prima. Se questo album,
etichettato da molti come una copia neanche tanto
riuscita del primo (un commento che, personalmente,
non condivido nella sua concezione critica - ndr),
riuscirà a far parlare tanto di sé è perché, con una
registrazione finalmente dignitosa, riesce a proporci
una serie di brani in cui le prodezze strumentali dei
nostri superano qualsiasi barriera. Se con 'Dark
Quarterer' erano le tinte oscure a fare da padrone,
con 'Etruscan...' le chitarre di Fulberto sono ricche di
epicità, regalandoci assoli fra i migliori mai scritti:
brani come "Devil Stroke", "Retributioner" o la
stessa title-track entreranno di diritto fra i classici
immortali della band. Non da meno sono i compagni
del chitarrista, a partire da un grande Paolo Ninci
dietro le pelli e Gianni Nepi ottimo al basso ma
purtroppo leggermente penalizzato alla voce a causa
di problemi di salute. Ciò nonostante il piccolo
capolavoro che ne esce fuori è senza alcun dubbio
uno dei dischi italiani più importanti, tanto del genere
quanto dell'intera scena. E' bene chiarire, a questo
punto, che il genere proposto dai Dark Quarterer non
è solo Epic Metal: il pesante lascito degli anni '70, e
in particolare di certo progressive, ha influenzato le
composizioni dei nostri, ma la volontà di mescolare
influenze distanti ha infine creato un ibrido in cui
cenni di Epic Metal si trovano tanto nelle parti di
chitarra, quanto nelle tematiche. Queste ultime, pur
se lontane dall'epica classica e più vicina agli scritti
horrorifici di Lovecraft e compagni, riescono a
mantenere un'aurea di culto intorno alla band, che si
discosta dalla messa in musica della vita di tutti i
giorni in favore di tematiche legate a doppio filo con
l'occulto. Ma tornando al loro secondo album, l'uscita
venne accolta con più interesse dalla critica e in parte
anche dal pubblico, sebbene sia soprattutto
nell'ultimo decennio che il gruppo abbia finalmente
raccolto quanto seminato negli anni '80, anche grazie
alle ristampe, prima in vinile e successivamente in
CD, dei loro dischi. La nostra attenzione, focalizzata
in questo articolo sul periodo più "Epic Metal" del
gruppo, si ferma a questi due primi album, ma la
storia dei Dark Quarterer non finisce assolutamente
così, anzi. La band continuerà negli anni successivi
innovando la propria proposta, discostandosi se
vogliamo dalle influenze più epiche e abbracciando
ulteriormente quelle progressive: i successivi
'Violence', 'War Tears' e 'Symbols', tutti incisi senza
le chitarre di Fulberto Serena bensì con i nuovi
Sandro Tersetti prima e Francesco Sozzi
successivamente, sono ottimi esempi di un gruppo
che non ha eguali, tanto in Italia quanto nel mondo.
In particolare è proprio l'ultimo episodio in studio,
datato 2008, a rivelarsi un tassello necessario nella
loro discografia: 'Symbols' è il raggiungimento, dopo
due episodi tanto belli quanto complessi, di un livello
musicale che ben pochi possono vantare. E in questo
caso sono le vicende storiche a fare da sfondo
all'album del gruppo: nei sei brani che compongono
il platter vengono raccontate le vite di altrettanti
personaggi storici, da Tutankhamon a Gengis Khan,
passando per Giovanna D’Arco, Giulio Cesare,
Kunta Kinte e Geronimo. Un album non
propriamente Epic Metal, ma che grazie alle sue
tematiche e allo stile unico del gruppo, farà
sicuramente felici anche gli ascoltatori di questo
genere.
Affrontato il primo gruppo, è possibile ora passare a
quella che è un'altra piccola grande leggenda
dell'Epic italiano. Nati nella seconda metà degli anni
'80 a Milano, gli Adramelch si meritano sicuramente
-2-
di essere annoverati fra i gruppi alla base dell'Epic
italiano, sebbene il loro genere, un po' come per i
Dark Quarterer, non sia inquadrabile in questa sola
categoria. Il gruppo si fa conoscere grazie a un primo
demo e alla partecipazione alla compilation 'Heavy
Rendez Vous', mentre nel 1988 debuttano
ufficialmente con 'Irae Melanox'. Volendo potremmo
paragonare questo album proprio al primo dei Dark
Quarterer: entrambi troppo complicati per l'epoca,
entrambi con una registrazione insufficiente e,
fortunatamente, entrambi enormemente rivalutati con
il passare del tempo. Fra i solchi di 'Irae Melanox'
l'epicità si unisce a certo progressive metal, ma sono
le influenze classiche, antiche e barocche di
Gianluca Corona (chitarra) a contaminare la
proposta del gruppo, realizzando un ibrido anch'esso
unico che trova nella splendida ed espressiva voce di
Vittorio Ballerio il massimo compimento. Anche le
tematiche risultano vicine per certi versi all'Epic: le
influenze maggiori derivano in questo caso dalla
letteratura classica e dalle vicende storiche,
quest’ultima come vedremo ripresa anche
successivamente per il secondo lavoro della band.
Rovinato da una registrazione insufficiente (alcune
recensioni del periodo lo descriveranno come un
“esperimento sonoro messo su vinile per scherzo”),
registrazione che se vogliamo riuscirà però a donare
determinate caratteristiche tanto ricercate dagli
appassionati del genere, 'Irae Melanox' non farà
raggiungere in quel periodo gli obiettivi del gruppo,
tant'è che si scioglieranno da lì a breve.
Fortunatamente il nome Adramelch non scompare
nelle sabbie del tempo: dopo tanti tentativi negli anni
'90, infine nel 2003 il gruppo, con una line-up per 3/5
rivisitata, torna sulle scene. Il primo passo è la
pubblicazione di un nuovo, attesissimo album: si
tratta di 'Broken History', un interessante concept
ispirato dalle crociate. La vena epica, almeno nelle
musiche, viene lasciata più da parte in questo caso, è
il progressive metal riletto in chiave Adramelch a
farla da padrone, ma il risultato è al di là da ogni
aspettativa, tant'è che questo secondo album gareggia
bene con quello inciso quasi un ventennio prima.
L'album permette alla band di farsi conoscere
nuovamente nell'ambiente (e di rimando di far
rivalutare anche quel loro primo album), tanto da
essere presente a diversi festival (ricordiamo giusto il
Keep It True del 2005, evento a cui parteciperanno
nuovamente nel 2012 in una buona posizione del
bill). E' infine da segnalare, oltre il fatto che la band
sia oramai prossima a tornare con un album inedito,
una ricca ristampa del 2010 a cura della Underground
Symphony, in cui troviamo il primo lavoro e un
secondo cd con il famoso primo demo del gruppo.
Uscita questa che, insieme al già nominato 'Broken
History', è un tassello importante per l'Epic italiano...
e diciamo anche mondiale, visto che il gruppo ci è
invidiato un po’ in tutto da tutto la scena metal.
Piombino negli anni non verrà ricordata solamente
per la nascita dei Dark Quarterer, ma anche per
quella di un gruppo che, sebbene veda negli anni '80 i
suoi natali, solamente a fine anni '90 riuscirà a
debuttare. Stiamo parlando dei Domine, band che da
un'idea dei fratelli Paoli (Enrico e Riccardo) e
Agostino Carpo nasce fra il 1983 e il 1984. I primi
passi sono proprio a cavallo fra gli anni '80 e '90,
quando la band pubblica con la sua prima formazione
(oltre ai già citati troviamo Stefano Mazzella alla
voce e Carlo Funaioli alla batteria) una serie di
interessanti demo, talmente interessanti che tutt'oggi
vengono considerate delle reliquie tanto in Italia
quanto nel resto d'Europa. Il tanto atteso salto non si
concretizza però per il gruppo, tanto è vero che
intorno ai primi anni '90 iniziano le prime uscite: con
l'abbandono di Stefano Mazzella, quindi di Agostino
Carpo e in contemporanea il trasferimento a Firenze
dei due fratelli Paoli, i Domine sembrano oramai
pronti a finire nel dimenticatoio. Ma è proprio grazie
ai due fratelli che il moniker rimane vivo: assoldati
nuovi componenti, fra cui spicca un cantante già ben
noto nella scena italiana per i suoi trascorsi negli anni
‘80, si rimette in piedi il gruppo con l'idea di incidere
finalmente il debutto. Si concretizza così nel 1997
l'ascesa dei nostri nella sacra scena dell'Epic Metal
italiano: 'Champion Eternal', registrato in fretta e
furia e con una resa sonora anche abbastanza
discutibile, fa il suo ingresso in pompa magna
presentandoci un gruppo, questo sì, devoto ai classici
stilemi dell'Epic Metal. Dal suono oscuro, chitarre
ovattate, il cantato limpido (non nella resa sonora, ma
nel timbro vocale) di quello che è uno dei signori del
metal italiano, ovvero Morby (Sabotage, Airspeed,
La Rox, ...), 'Champion...' è il primo album dedicato
alle vicende di Elric di Melniboné, personaggio
fantasy ideato da Michael Moorcock che sarà per
tutta la discografia dei nostri principale elemento di
ispirazione. Il gruppo non perde tempo e già due anni
dopo bissa il successo del precedente album con
'Dragonlord (Tales of the Noble Steel)', un lavoro
che mostra però già dei cambiamenti nel sound del
gruppo: l'entrata in formazione di un tastierista fisso
(Riccardo Iacono) inizia a farsi sentire, tant'è che il
sound dei nostri comincia a separarsi dall'Epic Metal
più "puro" e battagliero abbracciando sonorità più
Power. Eppure, ad ascoltare questo secondo lavoro,
l'epicità gronda da tutte le parti: brani come "Last of
the Dragonlords", "Defenders" e le ultime quattro
(citazione d'obbligo per la suite "The Battle for the
Great Silver Sword") sono ottimi esempi di un Epic
-3-
Metal irrorato di Power, con tastiere in sostituzione
dei cori e a tratti quasi sinfoniche. Il risultato non è
assolutamente negativo per il gruppo, tant'è che
vedranno proprio grazie a questa uscita moltiplicato
l'interesse nei loro confronti; saranno anche molti i
concerti, compresi quelli di spalla a grandi nomi del
genere e in festival come il Gods of Metal del 2002.
Da lì in poi possiamo dire che la strada dei Domine è
praticamente spianata: intrapreso questo nuovo
percorso, il gruppo continua a pubblicare a cadenza
quasi regolare nuovi album, a partire da
‘Stormbringer Ruler’ (2001), ‘Emperor of the Black
Runes’ (2004), fino all'ultimo ‘Ancient Spirit Rising’
(2007), tutti album che manterranno fede a questo
nuovo corso Power della band. Ed è anche dal vivo
che i Domine continuano tutt'oggi a portare alto il
proprio nome: nonostante i pochi live, il gruppo
mostra tantissima carica sul palco e, guidati
dall'ugola che non conosce età di Morby e il
chitarrismo di Enrico Paoli, sono tutt'oggi uno dei
gruppi di punta della nostra scena italiana.
Se con Domine, Dark Quarterer e Adramelch
abbiamo parlato grosso modo di tre nomi più che noti
a chi frequenta l'ambiente, con i Crystal Phoenix si
inizia a scavare nell'underground, anche a causa della
difficoltà di reperibilità del materiale in questione. Il
gruppo nasce giusto alla fine degli anni '80 grazie
alla poli-strumentista e cantante Myriam Sagenwells
Saglimbeni, la quale si adopera nella completa
registrazione del proprio album di debutto 'Crystal
Phoenix', pubblicato sia in vinile che in cassetta
completamente auto-prodotto. Il lavoro si rivela un
interessante unione fra il Progressive e l'Epic, con
inserti Folk e classici, suonato anche con strumenti
non molto spesso frequenti per il genere (arpe, flauti,
clavicembali...). Dopo aver reclutato al suo fianco
una line-up, il gruppo si esibisce in qualche concerto,
ma nel 1992 le strade si dividono e la band cessa di
esistere, nonostante Myriam continui a scrivere
materiale. L'anno successivo la Black Widow
Records, come prima opera della sua etichetta,
ristampa l'album in cd mentre la Si-Wan Records
pensa all'edizione coreana, sia cd che vinile (con
artwork differente). Per risentir nominare i Crystal
Phoenix occorre attendere il nuovo millennio,
quando il gruppo registra 'Twa Jrrg-J-Draak Saga
(The Legend of the Two Stonedragons)', album del
ritorno che con una nuova line-up costituitasi attorno
alla figura di Myriam ridà vita a quella particolare
unione fra Epic Metal, Progressive e Folk. Seguono
una serie di date dal vivo, poi dei Crystal Phoenix si
perdono nuovamente le tracce e ad oggi ancora non
si sa se avremo un nuovo album da parte loro. Nel
frattempo è stata annunciata l'attesa ristampa, sempre
a cura della Black Widow, del loro primo album,
mentre una line-up rinnovata si appresta a riprendere
l’attività live.
Altro gruppo misconosciuto sono gli Xipe,
formazione vicentina attiva sotto altro nome fin dalla
fine degli anni ‘70 e che non riuscirà, nonostante un
contratto con la Discotto Metal, ad arrivare al
traguardo del debutto. Eppure il gruppo guidato da
Diego Benetti e Pietro Albanese (lo ritroveremo
negli X-Hero) aveva in mano, già pronto per essere
pubblicato, un intero album che non avrebbe
sfigurato nel periodo. È infatti il 1986 quando ‘Fly of
Phoenix’ è pronto per invadere il mercato italiano,
portando in luce una band dedita principalmente a un
Heavy Metal ottantiano ma dagli spunti epici,
particolarmente presenti in una manciata dei brani di
quel disco che vide soltanto qualche copia
promozionale girare nell’ambiente. Con il fallimento
della Discotto e l’impossibilità di pubblicare il
proprio materiale, il gruppo in breve naufragherà,
salvo farsi risentire nel nuovo millennio con una serie
di ristampe auto-prodotte del loro materiale live e di
questo disco fantasma. Nel 2006 si esibiranno anche
nell’80 Italian Metal Attack con altri gruppi storici
della nostra scena, ma la reunion effettiva della band
non ci sarà, lasciando il nome degli Xipe nei ricordi
di una scena piena di idee ma dalla situazione
generale troppo complicata e povera di mezzi per
metterle in circolazione.
Gli anni '80 non finiscono certo con soli questi
cinque gruppi: da inserire in questo capitolo
rimangono almeno altre cinque realtà, tre delle quali
riusciranno a farsi apprezzare solamente dopo diversi
anni di attività. Una di queste sono i siciliani
Berserker, gruppo che vede i suoi natali proprio nel
1989 da un’idea di Alessandro Alioto. Con una
formazione spesso altalenante, che vede lo stesso
Alessandro occuparsi più di una volta di buona parte
degli strumenti, i Berserker lasciano dietro di loro
qualcosa come dieci demo in altrettanti anni, un
lavoro che denota il continuo voler percorrere la
propria strada incuranti del disinteresse delle
etichette. Solo nel 2003 iniziano finalmente le
registrazioni di quello che è ad oggi il loro unico
album in studio: pubblicato quattro anni dopo dalla
My Graveyard Productions, ‘Blood of the Warriors’
è un album completamente devoto all’Epic
americano di Omen, Manowar e Manilla Road. Con
una registrazione che sembra presa direttamente dagli
anni ‘80 - con tutti i pregi e i difetti del caso - e brani
dal tocco oscuro ma sempre epico, i Berserker
centrano l’obiettivo, consegnando agli appassionati
un lavoro sicuramente interessante. I difetti
-4-
purtroppo ci sono e si sentono, a partire da parti
strumentali non sempre prive di sbavature, ma se
l’Epic più classico fa per voi, questo dei Berseker si
rivelerà un platter interessante. Anche dal punto di
vista dei testi Alessandro non pone niente al caso,
tanto è vero che questo primo lavoro si basa su una
saga da lui stesso scritta e intitolata “Defenders in
Odin’s Name”, una saga epica in tutto e per tutto,
così come l’artwork che accompagna questo disco.
Dopo alcune date dal vivo, fra cui quella alla seconda
edizione del Play It Loud (Brescia 2008), dei
Berserker si perdono un po’ le tracce, tant’è che ad
oggi non si conosce ancora se 'Blood...' avrà o meno
un seguito.
dell’Heavy/Epic Metal a stelle e strisce), il gruppo si
impone con il proprio Epic ad alta sacralità e dal
tocco raffinato. I Martiria non hanno in effetti eguali
nella scena moderna e, se proprio dovessimo
rapportarli ad altre band, sarebbero i Warlord stessi in
cima alla lista. Il gruppo, che vede il prezioso aiuto di
Marco Capelli nella scrittura delle lyrics, porta
infatti in scena un metal che non fa della potenza
sonora, della velocità o delle cavalcate musicali
proprie del genere il proprio punto di forza, quanto
piuttosto nelle vivide rappresentazioni di scene dal
sapore storico/epico, rafforzate da brani spesso molto
complessi in cui gli strumenti (oltre ai classici chitarra, basso e batteria - troviamo anche tappeti di
tastiere) e le voci (spesso anche cori dall’aspetto
sacro) riescono a ricreare in musica vicende tanto
complesse. Quattro sono i lavori in studio pubblicati
dai nostri: si parte con ‘The Eternal Soul’ (2004),
‘The Age of the Return’ (2005), ‘Time of Truth’
(2008) e infine, recentissimo, ‘On the Way Back’
dell’estate 2011. Sono i due lavori centrali quelli
altamente raccomandati, visto che ci mostrano i
Martiria migliori: ‘The Age of the Return’ si rifà
come tematiche completamente al Libro sacro del
Cristianesimo, andando a ripercorrere le vicende
fondamentali di questa religione, mentre ‘Time of
Truth’, più diretto come composizioni, si ispira a
vicende storiche e mitologiche. ‘On the Way Back’,
ultimo lavoro che comprende registrazioni dei
primissimi anni di attività (alcuni brani sono infatti
presenti nei demo degli anni ‘80), si dimostra invece
l’album più complesso di quanto fatto dai Martiria
fino ad oggi, con brani molto difficili da assimilare
ma comunque presentati da una band dall’alta
preparazione tecnica: i fan avranno anche in questo
caso un ottimo disco da poter ascoltare e riascoltare.
Storia molto simile a quella dei Berserker è quella
dei Salem’s Lot, misconosciuto gruppo cagliaritano
che ha navigato per anni nell’underground arrivando
fino al nuovo millennio per sciogliersi, dando ai
posteri solo qualche demo e un EP. Il gruppo si forma
nel 1986 e tre anni dopo auto-producono il demo
‘Thunder of Steel’, composto da quattro brani. Si
susseguono cambi di line-up, per un certo periodo la
band cambia anche nome in Grendel (ispirato dal
poema epico anglosassone Beowulf), quindi
finalmente il tutto si concretizza con l’album ‘Sacred
Sign’, pubblicato auto-prodotto nel 2001. Sono
solamente cinque i brani contenuti, la registrazione e
produzione insufficienti per un lavoro del nuovo
millennio, tuttavia fra le tracce troviamo interessanti
spunti che dall’Epic degli anni ‘80 traggono più di
un’ispirazione: tracce come “Wage of War”, “Bright
is the Fire” o “Vengeance for us All” dimostrano il
proprio amore incontaminato per il genere, fra
composizioni che prendono ispirazione tanto dai
Manowar quanto dai Maiden dei primissimi lavori.
Dopo questo album, tutt’oggi liberamente ascoltabile
sul sito ufficiale, della band si perderanno le tracce, A concludere questo primo capitolo, sono due altri
facendo pensare che dei Salem’s Lot difficilmente nomi della scena italiana: i Wyxmer e gli Asgard di
sentiremo di nuovo parlare.
Treviso (da non confondere con i ben più recenti
speed metaller ferraresi e con le altre centinaia di
Il terzo nome che accompagna Berserker e Salem’s gruppi con identico nome). Questi due gruppi non
Lot nel lungo viaggio prima del traguardo sono stati lasciati casualmente a fine capitolo, visto
discografico è quello dei romani Martiria. Anche che meno ancora di gruppi già trattati come Crystal
loro nati nella seconda metà degli anni ‘80 e Phoenix, Dark Quarterer e Adramelch, le influenze
debuttanti con due demo in quel decennio, il gruppo epiche sono molto diluite, tanto che i lavori di
navigherà nel più nascosto underground (anche a Wyxmer e Asgard sono più indicati a coloro che già
causa di uno scioglimento durato diversi anni) fino al conoscono gli altri gruppi o i cui interessi musicali
nuovo millennio quando, prima con un demo, quindi vadano oltre al semplice Epic ed Heavy Metal.
con un album datato 2004, verranno del tutto allo
scoperto. Guidati dal chitarrista e fondatore Andy I Wyxmer nascono alla fine degli anni ‘80 dall’idea
Menario (vero nome Andrea Menarini) e del cantautore Astor Pride che, riunita attorno a sé la
accompagnati dal cantante americano Rick classica line-up a quattro, dà vita al proprio progetto,
Anderson (Richard Martin Anderson, già Damien riuscendo a pubblicare nel 1991 un EP da quattro
King III nientedimeno che... con i Warlord, leggenda tracce, ‘The Sire of’. Dopo l’entrata in formazione di
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un tastierista, già alla fine del 1992 il gruppo si
scioglie, un po’ per la scarsa risposta del pubblico, un
po’ per vicende interne. Eppure l’EP di debutto dei
nostri è tutt’altro che scontato: si tratta di una
particolarissima unione di stili, dall’hard rock e il
progressive degli anni ‘70 a certe influenze epiche
d’oltre oceano. Sia chiaro come i Wyxmer non
rientrino comunque a pieno titolo nella scena metal,
sebbene negli anni siano da sempre ad essa
accomunata: ‘The Sire of’, come il lavoro successivo,
sono album che la maggior parte degli ascoltatori
troverà troppo leggeri per i propri gusti. Con l’arrivo
del nuovo millennio, grazie all’interesse della Black
Widow Records, anche i Wyxmer decidono di
rimettere in piedi il gruppo, iniziando con la
pubblicazione di ‘Feudal Throne’, album che
include al suo interno i quattro brani dell’EP e sei
inediti composti nello stesso periodo. Il risultato è
soddisfacente - tant’è che ‘Feudal...’ è un lavoro
sicuramente consigliato per coloro che cercano
album
molto
particolari
all’interno
del
progressive/rock - ma della band, che già aveva
annunciato di essere al lavoro su un nuovo album, si
perdono nuovamente le tracce...
Molto più prolifici, in fatto di dischi, sono gli
Asgard, un gruppo che definire di culto è dir poco:
nati intorno al 1987 a Silea (Treviso) dalle ceneri di
una precedente formazione, il gruppo guidato dal
tastierista Alberto Ambrosi debutta nel 1991 con
‘Gotterdammerung’ (nome preso in prestito da
un’opera di Wagner incentrata sull’epopea tedesca
dei Nibelunghi). Questo album ci mostra una band
legata al progressive ma con più di uno spunto epico,
e che, sebbene confinata principalmente al pubblico
prog, riuscirà a farsi notare anche dal circuito Heavy
Metal grazie ad alcune soluzioni più energiche. La
grandezza degli Asgard viene confermata dai
successivi capitoli in studio pubblicati tutti negli anni
‘90, mentre è all’inizio del nuovo millennio che
Alberto Ambrosi decide di trasferirsi in Germania
dove costituirà una nuova line-up per i suoi Asgard.
Verrà pubblicato, per un’etichetta da lui stesso
fondata, il nuovo lavoro a titolo ‘Drachenblut’,
quindi il gruppo finirà lentamente nell’oblio, tanto
che l’atteso nuovo lavoro ‘Ragnarokkr’ non vedrà
mai la luce.
Anni '90: il fuoco sotto le ceneri
Se gli anni ‘90 sono sempre stati considerati gli anni
bui per il metal, osservando la scena Epic Metal
italiana viene quasi da pensare il contrario: è proprio
l’ultima decade del passato millennio a dare infatti i
natali e in qualche raro caso l’occasione di debuttare
a un grande numero di gruppi italiani, molti dei quali
diventeranno a partire dalla seconda metà del 2000
gli esempi più importanti della nostra scena Epic.
Oltre ai già citati Domine con ‘Champion Eternal’ e i
Dark Quarterer con il loro terzo lavoro, negli anni
‘90 salgono agli onori della cronaca gruppi come
Wotan, DoomSword, Rosae Crucis, Holy Martyr e
altri, tutte band che ogni ascoltatore di Epic Metal
dovrebbe conoscere. È pur vero che queste band non
sempre riuscirono a piazzare più che qualche demo in
questo decennio, un po’ per i naturali tempi di
evoluzione delle band stesse un po’ per la mancanza
di interesse, ma in molte resistettero abbastanza per
farsi trovare pronte allo scoccare del nuovo
millennio, quando il rinnovato apprezzamento verso
le sonorità classiche trainerà questo genere di nicchia
verso lidi migliori.
La trattazione di questo capitolo parte da uno degli
unici gruppi che possono vantare la propria nascita
alla fine degli anni ‘80, ovvero i milanesi Wotan (da
non confondere con gli omonimi di Pescara, altro
gruppo anni ‘80 che con i primi demo scrisse
interessanti pagine di Epic Metal, ma che non
tratteremo in questo articolo, oltre che a quelli di
Roma, di tutt’altro genere). Non è un caso se ho
preferito spostare i Wotan milanesi in questo capitolo
dedicato agli anni ‘90 piuttosto che nel precedente: la
band guidata dal biondissimo Vanni Ceni vede
infatti il proprio primo demo solo nel 1993 e, a causa
di diversi problemi di line-up, non riesce a far
conoscere più di tanto il proprio nome prima della
fine del decennio. E’ nel 1998, con l’arrivo di Mario
DeGiovanni (già nei Warhammer, gruppo che
affronteremo a breve), che Vanni può infatti
finalmente dare vita al suo progetto: formare un
gruppo devoto all’Epic Metal più classico,
influenzato dai Manowar e senza le tante divagazioni
necessarie a interessare il pubblico troppo lontano da
un genere di nicchia come questo. La band si
presenta con un demo e subito la Grecia, da sempre
esperta consumatrice di Epic italiano, non se li fa
sfuggire, fornendo al quartetto di milanese (oltre ai
già citati troviamo Salvatore Oliveri al basso e
Lorenzo Giudici alla batteria, una line-up che durerà
negli anni) un contratto con la Eat Metal Records.
Andando a ripescare brani composti nel primissimo
periodo della carriera e aggiungendone di inediti,
vede così nel 2004 la luce ‘Carmina Barbarica’,
primo album che ci mostra i Wotan come fieri
portabandiera del genere, ricevendo buoni consensi
anche al di là di alcune pecche in fase di
registrazione. Le tematiche espresse dal gruppo
-6-
trattano l’epica classica, con figure che vanno da Re
Artù a Teodorico, Re degli Ostrogoti, o
Vercingetorige, tutti personaggi che hanno segnato le
leggende di tanti popoli e che i Wotan riportano in
musica. Dopo soli tre anni il gruppo si ripresenta con
il secondo capitolo, ‘Epos’, nuovamente per la Eat
Metal: i nostri non hanno abbandonato lo stile, anzi,
calcano ancor più la mano sulle situazioni epiche,
presentandoci un album leggermente più complesso
ma anche più profondo negli arrangiamenti. Guest
d’eccezione è lo stesso Ross the Boss, che va a
firmare un assolo e le parti di pianoforte in un brano.
I Wotan continuano ad essere apprezzati sempre da
più persone, in particolare fuori dalla patria, non
facendosi mancare diversi festival all’estero (Heavy
Metal Assault ad Atene, il KIT del 2003, lo
Swordbrothers Festival del 2006, ...) e qualche
sporadico evento in Italia (ricordiamo giusto la
giornata italiana al Tradate Ironfest del 2005, la data
milanese con i Doomsword nel 2007 o quella più
recente al Play It Loud! del 2009). A quattro anni di
distanza dall’ultimo album, finalmente i Wotan
tornano a farsi sentire nel 2011 con un EP che segna
il passaggio all’italiana My Graveyard Productions:
si tratta di ‘Bridge to Asgard’, un lavoro che fa da
anteprima all’atteso terzo album in studio dei nostri. I
Wotan sono uno dei gruppi che più di tutti in Italia si
è dedicato all’Epic Metal senza alcuna
contaminazione esterna e, probabilmente, è anche il
motivo per cui la band qui in patria non ha raccolto
tantissimo: gli appassionati del genere non si
facciano comunque scappare almeno i due album
pubblicati, lavori che in ogni discografia Epic Metal
non possono mancare.
Il secondo gruppo che vede la nascita alla fine degli
anni ‘80 e che, come i Wotan, vedrà solo dopo diversi
anni qualche risultato, sono i romani Rosae Crucis.
Nati intorno al 1989, si fanno notare con due demo,
‘Il Re del Mondo’ (1993) e ‘Fede Potere Vendetta’
(1998), lavori che per quanto acerbi e registrati con
mezzi di fortuna smuovono non poco l’interesse
dell’underground, facendo vedere centinaia di copie
al gruppo. Lo stile dei nostri è un Epic Metal ispirato
dai grandi del genere, con testi che vanno dal sociale
(‘Il Re del Mondo’) ai racconti di fantasia di stampo
epico ('Fede Potere Vendetta' e successivi), il tutto
cantato in italiano, cosa che contraddistinguerà la
band fin dagli esordi. Nel 2003, dopo diversi cambi
di line-up e un nuovo demo, avviene l’atteso debutto
con ‘Worms of the Earth’, lavoro ispirato
dall’omonimo romanzo di Robert Howard e che vede
molte novità, a partire dal cantato, passato
completamente all'inglese. Il lavoro riceve una
discreta accoglienza, sia dalla stampa sia dai fans,
questi ultimi non proprio contenti del cambiamento
intrapreso dalla band riguardo la lingua usata. Gli
anni passano e dei Rosae Crucis non si hanno tante
notizie, se non nel 2008, quando grazie
all’interessamento della Jolly Roger Records, viene
proposto alla band di reincidere il materiale presente
nei primi demo. Nascono così le ri-edizioni de ‘Il Re
del Mondo’ e di ‘Fede Potere Vendetta’, due lavori
che permettono di riscoprire due piccoli gioielli
dell’Epic Metal e che, riproposti in questa nuova
ottima veste, permettono alla band di guadagnarsi un
posto di rilievo nella scena italiana. A seguito del
rinnovato interesse, viene pubblicata anche una
versione in inglese per l’ultimo ‘Fede Potere
Vendetta’, la quale può vantare la presenza di Chris
Boltendahl dei tedeschi Grave Digger come special
guest, oltre all’EP ‘Venarium’, racchiudente al suo
interno il trittico dedicato a Conan. Il gruppo è al
momento già al lavoro sul nuovo album, ispirato alla
Massoneria, mentre nel frattempo continuano le date
dal vivo, esclusivamente in Italia per il momento,
dove i nostri hanno da sempre dimostrato di saper
eccellere, tanto dal punto di vista musicale quanto
scenografico.
Prima di passare al gruppo successivo, è bene
raccontare di una piccola realtà italiana che
potremmo definire alla base di due gruppi molto
importanti della nostra scena: si tratta dei
Warhammer, gruppo che rimase attivo per non più
di qualche anno, ma che vedeva al suo interno una
serie di personaggi successivamente impegnati in
altri gruppi. Si tratta di Deathmaster e Guardian
Angel (entrambi nei DoomSword, il primo anche nei
Gjallarhorn) e Mario DiGiovanni (come già
precedentemente raccontato nei Wotan dopo
un’esperienza con i suoi Stonehenge), oltre che
Matteo Lavazza (lo ritroveremo negli Ul Mik
Longobardeath). Il gruppo si rese autore di un solo
demo di tre pezzi, datato 1994, prima di dissolversi
nel nulla e lasciando i suoi componenti agli altri
progetti: ritroveremo comunque traccia dei brani
presenti nel demo nei lavori successivi delle band (ne
è un esempio il brano "Goyatla (The Last Battle)" dei
Wotan presente sull’EP ‘Bridge to Asgard’).
Da una costola dei Warhammer vediamo quindi la
nascita dei DoomSword, formazione imprescindibile
per la scena Epic Metal italiana: l’aurea di culto che è
andata creandosi attorno al progetto di Deathmaster
e Guardian Angel fin dai primi anni di vita del
progetto è effettivamente più che giustificata, visto
che i DoomSword possono essere oggi annoverati fra
i gruppi italiani più noti e importanti, autori di cinque
album tutti validi e capaci di differenziarsi uno
-7-
dall’altro. Formatisi intorno al 1997 dopo una
precedente esperienza a nome 1014 AD, i due
fondatori Deathmaster e Guardian Angel (i nomi
sono tratti dall’artwork di ‘Deliver Us’ dei Warlord,
giusto per non farsi mancare niente) registrano il
demo ‘Sacred Metal’, contenente 5 brani che in parte
ritroveremo sul debutto. Il demo riceve un buon
riscontro, portando la Underground Symphony ad
offrire un contratto alla band che, aggiunte alle
proprie fila Nightcomer (Gabriele Grilli, futuro Fury
N Grace e oggi nei Battleroar) alla voce
(Deathmaster si occuperà unicamente della chitarra
su questo lavoro) e Dark Omen al basso, registra
l’album di debutto. L’omonimo ‘DoomSword’ viene
pubblicato nel 1999 e riceve ottime recensioni,
rivelandosi un lavoro capace di unire l’Epic Metal di
Warlord, Cirith Ungol, Medieval Steel con atmosfere
sulfuree quasi al limite con il Doom dei Candlemass.
Il successo non permette però un facile
proseguimento dei nostri, visto che l’uscita di
Nightcomer e Guardian Angel sconvolge di molto la
line-up della band. Reclutati i nuovi The Forger
(chitarra), Guardian Angel II (chitarra) e Grom
(batteria), nonché con il ritorno dietro al microfono
di Deathmaster (il quale abbandonerà la chitarra), i
rinnovati DoomSword si ripresentano nel 2002 con il
secondo capitolo della propria discografia, ‘Resound
the Horn’. Pubblicato dalla Dragonheart Records,
l’album consacra definitivamente i DoomSword: il
cantato di Deathmaster, per quanto differente da
Nightcomer, ha il suo senso nella rinnovata
formazione e l’album si riserva un posto d’onore
nell’intera discografia del gruppo. Rinnovati in
energia dai diversi live (da ricordare la primissima
edizione del Keep It True) e dall’entrata in
formazione dei nuovi Wrathlord e Sacred Heart
(rispettivamente al posto di Grom e Guardian Angel
II), già nell’anno successivo la band si ripresenta con
‘Let Battle Commence’, album che verrà ricordato
per le sue tematiche viking, sebbene il genere
rimanga molto simile al precedente lavoro. Dopo
un’altra serie di concerti (Bang Your Head e Tradate
Iron Fest fra gli altri), la band si prende una pausa per
permettere a Deathmaster e Wrathlord di dedicarsi al
side project Gjallarhorn, band dedita a un Epic Metal
sulla scia dei Bathory (ne riparleremo nel prossimo
capitolo) che nel 2005 debutterà con l’album
‘Nordheim’. Nel 2007, con l’ingresso di Geilt al
posto di Dark Omen, i DoomSword tornano con il
quarto lavoro in studio: ‘My Name Will Live On’ è
un album ancor più complesso dei precedenti, più
Heavy e meno Doom, dal trademark comunque
riconoscibile e dalle tematiche sempre legate a
vicende storiche e ai valori di coloro che hanno fatto
la storia. Per avere un nuovo capitolo del gruppo
bisognerà aspettare altri quattro anni, quando con
‘The Eternal Battle’ il gruppo rispolvera il nome dei
DoomSword ricordandoci della qualità che abbiamo
qui in Italia: orfani di The Forger, il quartetto si
presenta con un lavoro molto più introspettivo dei
precedenti, dai ritmi più lenti, dove il cantato di
Deathmaster si abbassa per meglio interpretare brani
che al posto di un sicuro impatto preferiscono
incantare dopo tanti ascolti. Ad album registrato la
band vede l’ennesimo cambio di formazione con
l’uscita di Geilt, rimpiazzato subito da Christian
"Nidhoggr" Grilli, già nei Gjallarhorn. Purtroppo
poco attivi dal punto di vista live qui in Italia, anche
a causa del trasferimento in Irlanda di Deathmaster, i
DoomSword sono una delle realtà Epic italiane più
importanti per la nostra scena e la loro discografia
necessaria in blocco a tutti coloro che si ritengono
appassionati del genere.
Lasciamo la terra ferma per conoscere due valide
realtà della nostra scena: si parte con la Sardegna e
un gruppo che oramai non ha bisogno di tantissime
presentazioni, visto che si tratta di una band che nel
giro di tre album ha raggiunto un seguito enorme in
Italia e all’estero. Parliamo degli Holy Martyr, band
che vede la formazione addirittura nel 1994 e, dopo
una serie di demo ed EP (se ne contano almeno sei in
sette anni), raggiungo finalmente il traguardo del
primo full-length nel 2007. 'Still at War', questo il
titolo del primo parto in studio per il gruppo
composto da Alessandro "Alex" Mereu (voce),
Ivano Spiga (chitarra), Eros Melis (chitarra),
Roberto Frau (basso) e Daniele Ferru (batteria), ci
mostra una solida band influenzata sì dalla scena
inglese degli anni '80, ma con un chiaro richiamo alla
scena epica, tanto quella americana (Omen, Manilla
Road, Manowar) quanto quella europea (Wotan,
DoomSword, Battleroar, primi Domine). L'interesse
per il gruppo da parte dell'underground, invero già
presente fin dagli ultimi demo pubblicati (basti
pensare alla chiamata per esibirsi al Keep It True del
2004), cresce a dismisura tanto in Italia quanto
soprattutto all'estero. Basta attendere l'anno
successivo, il 2008, e la band torna con un nuovo
lavoro, 'Hellenic Warrior Spirit', dedicato questa
volta alla scena ellenica e alla figura degli Spartani.
Un lavoro dalla grande cura e che, attraverso testi
molto ispirati, ci rappresenta i due aspetti della vita
degli Spartani, ovvero la formazione e l’esaltazione
nei confronti della guerra, quindi il lento
decadimento davanti alla sconfitta, rappresentata in
questo caso dalla Battaglia delle Termopili e dalla
caduta di Leonida. Fatto particolare è l’uscita di
questo
album
proprio
all’indomani
della
pubblicazione del noto film 300 tratto dalla omonima
-8-
graphic novel di Frank Miller, coincidenza che non
deve però ingannare, in quanto gli stessi Holy Martyr
ben prima dell’uscita del film già avevano composto
tutti i brani inerenti alla Battaglia, includendoli nei
demo dei primi anni del 2000. Infine, nel 2011, la
band si presenta con il terzo lavoro in studio, pronta a
riconfermare la propria posizione nella scena italiana:
‘Invincible’ è il titolo del nuovo lavoro, un album
che pur non essendo un concept si concentra sul
Giappone e sulla figura dei samurai, in particolare
sulla filmografia di Akira Kurosawa. L’album si
discosta in questo caso dall’Epic, avvicinandosi
ulteriormente a quell’influenza Heavy Metal che ha
fatto da prima ispirazione per il gruppo. Ciò
nonostante il risultato è un centro pieno per gli Holy
Martyr, capaci di innovarsi e stupire pur rimanendo
fedeli al proprio marchio. Fra i gruppi più importanti
della scena italiana attuale, tutti e tre gli album sono
acquisti di valore che non dovrebbero mancarvi se
amanti dell’Heavy/Epic Metal.
Se gli Holy Martyr sono fra i più noti della nostra
scena, gli Ordalia sono completamente dal lato
opposto, visto che questa sconosciutissima
formazione non ha mai potuto vantare un minimo di
successo. Nati dalle ceneri dei No Rules, gruppo
attivo negli anni ‘80 ma dalle coordinate stilistiche
differenti, la band guidata dal chitarrista Mario Di
Prima si forma a metà degli anni ‘90 e pubblica nel
‘97 il primo demo a titolo ‘Mormegil’, un nome che
agli appassionati di Tolkien già dovrebbe dire
qualcosa. Il debutto ufficiale si ha però nel 2001,
quando esce ‘The Return of the King’, primo e unico
album della formazione siciliana. Il genere dei nostri
è rivolto essenzialmente al metal epico d’oltre
oceano, con Manilla Road, Cirith Ungol, Medieval
Steel, Steel Assassin a farla da padrone, ma il gruppo
non nasconde certamente le influenze più heavy dei
Black Sabbath, padrini dello stile chitarristico di
Mario. Accompagnato dal cantante italo-argentino
Martin De Coix, dal bassista Ernesto La Rosa e dal
batterista Maurizio Caltanisetta, il nostro ci
presenta tematiche che fanno della letteratura fantasy
la sua principale influenza, dal già citato Tolkien a
Marion Zimmer Bradley. Purtroppo ‘The Return of
the King’, pubblicato in una quantità limitatissima
dalla Swan Records, è l’unica testimonianza che
rimane della band, naufragata negli anni successivi.
Una ristampa di questo lavoro potrebbe rivelarsi
un’ottima cosa per gli appassionati dell’Heavy/Epic
americano...
Nati alla fine degli anni ‘90, i romani Savers
rientrano a pieno titolo in questo articolo grazie alla
pubblicazione di ‘Victory’s in Sight’, album in studio
datato 1999 in cui la band mostra la propria
devozione all’Epic americano di Omen, Medievel
Steel, Brocas Helm e compagni. Con una produzione
ovattata come il genere richiede e guidati dalle
chitarre sempre ottime di Francesco Marrelli, il
gruppo dimostra grandi doti, realizzando un album a
tratti semplice e diretto ma che non nasconde
soluzioni più maestose (vengono in aiuto in alcuni
casi anche le tastiere). Dall’iniziale “Way to Asgard”
alla conclusiva “Savers”, passando per parentesi più
Heavy come “Never Savers Die” o la più melodica
“Everything Turns Black”, il loro ‘Victory’s in Sight’
è un lavoro onesto e che non mancherà di soddisfare
gli appassionati di Heavy/Epic Metal. Purtroppo,
nonostante alcuni successi sul campo (ricordiamo il
concerto del 2000 di supporto a R.J.Dio), da lì a poco
la band perderà interesse e arriverà allo scioglimento,
con alcuni dei componenti che si ricicleranno in
nuovi progetti (fra gli altri, Marco Moretti e il già
citato Marrelli fonderanno i Rebel Tango, band hard
rock molto interessante). Nel 2009 arriva quasi a
sorpresa la reunion del gruppo: la band sembra
nuovamente affiatata e già al lavoro su un nuovo
album, tanto che un brano inedito viene anche reso
disponibile su MySpace nel marzo 2010. Ad oggi
non si hanno però più notizie fresche sull’effettiva
attività del gruppo, lasciando i fan in una continua
attesa per sapere se il ritorno delle scene dei Savers
avverrà davvero o meno.
Anni 2000: la rinascita della fenice
Con il rinnovato interesse nei confronti delle sonorità
più classiche dell’Heavy Metal, è indiscutibile che
anche l’Epic nel nuovo millennio abbia attirato molto
l’attenzione degli ascoltatori, tanto nella scena
internazionale quanto in Italia. Non è un caso infatti
se praticamente la quasi totalità dei gruppi citati nei
precedenti capitoli sugli anni ‘80 e ‘90 arriveranno a
pubblicare la maggior parte dei proprio dischi o
addirittura il debutto solamente nel nuovo millennio.
Al fianco di questi padri fondatori della scena Epic
vanno comunque ad aggiungersi una serie di
formazioni tutt’altro che secondarie: nomi come
Battle Ram, Assedium, Etrusgrave, Gjallarhorn e
altri saranno pronti ad aggiungere importanti capitoli
per la nostra scena epica, rendendola una delle più
attive in Europa seppur quasi sempre relegata a un
culto underground. Diamo ora spazio a quest’ultima
tornata di nomi.
Si presentano con nomi vichinghi e un’iconografia
che rimanda direttamente ai Bathory del periodo
Epic, ma dietro ai Gjallarhorn si celano già alcuni
-9-
volti noti della scena italiana, a partire da
Deathmaster (qui con il nome di Vali, voce e
chitarra) e Wrathlord (Grungnir, batteria) dei
DoomSword. Completano la formazione per questa
nuova realtà italiana nata nel 2003 Fenrir e
Nidhoggr (quest’ultimo entrerà nei DoomSword nel
gennaio 2011) rispettivamente alle tastiere e al basso,
per una band che è completamente votata al sound di
Quorthon nell’era viking di ‘Hammerheart’,
‘Twilight of the Gods’ e successivi a ‘Blood on Ice’. I
temi stessi ripercorrono quelli della mitologia
norrena, rappresentata nel loro debutto ‘Nordheim’
da sei brani che ci raccontano del Ragnarok (trilogia
centrale dell’album), delle conquiste vichinghe (“200
Years of Fury”) e della progressiva scomparsa del
popolo vichingo con il conseguente abbandono degli
Dei (“The Day Odin Stood Still”). Un album che farà
la felicità degli appassionati di queste tematiche e del
sound epico più evocativo dettato tanto dal cantato di
Deathmaster - diverso da quanto proposto da
Quorthon ma altrettanto profondo - quanto dagli
inserti di tastiere indispensabili per ricreare certe
atmosfere. Dopo l’uscita di ‘Nordheim’ del gruppo
non si sentirà parlare molto, sebbene dopo la
pubblicazione dell’ultimo lavoro dei DoomSword
Deathmaster abbia già annunciato che i Gjallarhorn
sono al lavoro sul secondo album. Non resterà che
aspettare quindi un album quasi certamente sulle
stesse tematiche e sonorità.
all’Epic americano (con qualche influenza anche più
Heavy) in cui vicende storiche si uniscono ai lavori
di R.R. Martin, Howard, Walter Scott, Lovecraft e
Robert Graves. Purtroppo ‘Fighting...’ sarà il capitolo
conclusivo per questa promettente band: a causa di
problemi interni la band deciderà di lasciare tutto e,
con un concerto conclusivo nel marzo 2009, i cinque
componenti riporranno in un cassetto il nome
Assedium. Ritroveremo successivamente Luca “Fils”
Cicero e Guido Tiberi negli Axevyper, nuovo
gruppo che pur con qualche velata influenza Epic si
rivolgerà con maggiore attenzione verso il
tradizionale Heavy Metal anni ‘80, mettendo a segno
un album omonimo nel 2010 e un altro nel 2012,
inframezzati da un EP cantato completamente in
italiano.
Ad aumentare il culto degli Assedium, certe voci che
danno membri del gruppo far parte anche degli
“americani” Hyborian Steel, band che si rifà
pesantemente all'Epic Metal incontaminato. Il loro
debutto e unico lavoro, 'An Age Undreamt of...', si
rivela un platter molto debitore dei grandi del genere,
ma splendido per gli appassionati, che troveranno nei
solchi polverosi autentici episodi di Epic Metal.
Attesi per il Play It Loud! del settembre 2010 in
quella che sarebbe stata la loro prima e unica data
italiana, saltata così come tutto il festival, l’aurea di
leggenda intorno al gruppo rimane tutt’ora, gruppo
che pare essere proprio in questo periodo al lavoro
Assedium: un nome che è già leggenda sul nuovo capitolo in studio...
nell’underground italiano. Autori in cinque anni di
attività di due soli album, il gruppo guidato da Luca Per riascoltare la chitarra di Fulberto Serena, storico
“Fils” Cicero si è ritagliato un posto d’onore nella primo chitarrista dei Dark Quarterer (vedi parte I di
scena Epic italiana, mettendo a segno due album questo articolo) occorre attendere quasi 15 anni,
ispirati ai grandi del genere, dai Manilla Road agli quando a sorpresa si ripresenta con il suo nuovo
Omen passando per Cirith Ungol, Steel Assassin e gruppo: gli Etrusgrave. Trovati al suo fianco
primi Manowar. Dopo un demo nel 2005, anno l’esperto Luigi Paoletti (basso) e i giovani Tiziano
successivo alla loro formazione, debuttano nel 2006 Sbaragli (voce) e Francesco Taddei (batteria) con ‘Rise of the Warlords’, album ancora acerbo e in nella prima fase della band troveremo anche Carlo
cui la giovane età del combo si fa sentire, tanto nella Funaioli, primo batterista dei Domine - il gruppo si
struttura delle canzoni, ancora troppo semplici per il presenta riprendendo l’eredità dei primi Dark
genere, quanto nell’esecuzione non sempre priva di Quarterer: l’Epic-Progressive del gruppo di
sbavature. La band mette comunque in chiaro la Piombino viene riletto in una chiave più oscura e più
propria fedeltà al genere e il supporto epica, proprio come i primi due album della band
dell’underground non si fa attendere, tanto che i madre. Il debutto arriva, dopo due demo, nel 2008 e
nostri si assicurano la partecipazione a diversi ‘Masters of Fate’ si rivela un ottimo lavoro che
festival, fra cui ricordiamo la prima edizione del Play convince delle qualità del gruppo tanto in studio
It Loud!. A due anni dal debutto il gruppo ritorna in quanto dal vivo. La band partecipa a diversi concerti
grande spolvero con ‘Fighting for the Flame’, un anche all’estero, mentre già nel 2010 ritornano con il
album che si pone come uno dei veri gioielli secondo capitolo, ‘Tophet’, album più complesso ma
dell’Epic Metal italiano. Il gruppo in appena due anni di livello ancora superiore, anche grazie a una
è cresciuto tantissimo e brani come “Winter is registrazione capace di valorizzare tutto il gruppo.
Coming”, “Romanitas” o “Desecretion” ci mostrano Differenziandosi leggermente dai primi Dark
una band che oramai non ha più limiti, sempre legata Quarterer, i testi degli Etrusgrave traggono
- 10 -
ispirazione principalmente da vicende storiche,
passando dagli etruschi ai fenici, normanni e sassoni,
spesso rappresentanti scene di combattimento o
relative ai guerrieri stessi. Una band in continua
ascesa, capace dopo vent’anni di occupare il posto
progressivamente lasciato vuoto da parte della “band
madre” per quanto riguarda certe sonorità, e che
proprio nelle influenze classiche del chitarrista riesce
a porsi come unica all’interno del nostro panorama:
caldamente consigliata l’ultima pubblicazione, ma
per chi ancora si esalta sui primi lavori dei Dark
Quarterer anche il primo album degli Etrusgrave è un
capitolo essenziale.
etichetta che li metterà sotto contratto. Nel 2009 è
infatti la volta dell’EP ‘Smash the Gates’ per la My
Graveyard Productions, lavoro professionale che
racchiude due canzoni nuove, una versione acustica
del loro brano “Dark Command”, due live registrati
al KIT e infine una cover degli Angel Witch. L’EP
sarebbe dovuto essere il viatico per l’album di
debutto atteso per i mesi successivi, ma mese dopo
mese l’uscita viene rinviata fino a questo 2011 che,
secondo le ultime news dalla band, dovrebbe
finalmente vederne la pubblicazione. La band al
momento vede una formazione composta, oltre che
dal già citato Gianluca Silvi (chitarra), da Franco
Sgattoni (voce), Davide Natali (chitarra), Arnaldo
Parlando di Epic Metal italiano è impossibile non Rosati (basso) e Pierpaolo Sita (batteria).
nominare i Jotenheim, gruppo nato ad Ascoli Piceno
nel 2002 e al cui interno troviamo due Battle Ram, Nati nei primi anni del nuovo millennio, i sardi Icy
ovvero Gianluca Silvi e Arnaldo Rosati. Steel sono un’interessante formazione proveniente da
Completano la line-up ufficiale Matteo Isopi (voce), quella che è una delle fucine più importanti per la
Stefano Sanguini (chitarra) e Giuseppe Bracchi scena heavy italiana, ovvero l’assolata Sardegna, e in
(batteria, sebbene non abbia partecipato ad alcuna particolare Sassari. Guidati dal cantante e chitarrista
registrazione ufficiale). Il loro primo e unico lavoro Stefano Galeano, vero frontman e attorno a cui
in studio è l'EP omonimo, pubblicato in versione cd e ruoteranno negli anni le varie line-up, il gruppo si
vinile e racchiudente soli cinque brani, ma dall'alto presenta con un primo demo nel 2005. Il lavoro è
valore. Le prime tre tracce ci presentano un gruppo talmente buono che subito la band attira l’attenzione
devoto all’Epic tradizionale ma guidato dalla della tedesca Pure Steel Records, la quale offre ai
“barbarica” voce di Matteo Isopi, segno nostri un contratto per la pubblicazione del debutto.
inconfondibile del gruppo, mentre la quarta traccia è L’omonimo ‘Icy Steel’ esce così appena due anni
una breve strumentale con chitarra acustica. Chiude dopo, mostrandoci un gruppo devoto a un Heavy
la cover del classico “Queen of the Black Coast” Metal classico dalle influenze epiche di Manowar e
degli eroi di Wichita, brano che dimostra tutta la Omen, in questo caso tutto su tempi non troppo
passione del gruppo verso questo genere. Purtroppo veloci ma che anzi fanno affidamento più alla
dopo questo EP della band non si sentirà più parlare, potenza sonora che altro. Tre anni dopo è già il
tant’è che tutte le speranze di avere un seguito sono tempo del secondo lavoro, ‘As the Gods Command’,
andate perdute e riposte solamente nei Battle Ram. platter che ci mostra un gruppo maturato
Nel frattempo, meglio fare proprio l’EP prima che sensibilmente e che da più spazio alla propria
diventi merce rara: consigliata sicuramente l’edizione passione verso l’Heavy Metal classico, pur non
in vinile splatter, ma anche il digipak ha i suo pregi.
disdegnando quelle influenze epiche dettate
principalmente dal cantato evocativo di Stefano
Come già anticipato nei Jotenheim, i Battle Ram Galeano. Purtroppo minati dai continui cambi di linesono la seconda formazione proveniente da Ascoli up, il gruppo continua tutt’oggi la sua esperienza con
Piceno dedita a un classicissimo Epic Metal ispirato live principalmente, se non esclusivamente, nel
dai grandi nomi americani, a cui si aggiunge una territorio sardo, un peccato visto che gli Icy Steel
solida componente Heavy in chiave NWOBHM. La sono una realtà molto valida e che, se solo avesse alle
formazione della band si ha nei primi anni del nuovo spalle maggiore spinta, potrebbe riscuotere interesse
millennio intorno alla figura di Gianluca Silvi, il all’interno della nostra scena underground.
quale riesce a far debuttare il gruppo nel 2003 con un
EP auto-prodotto e ristampato successivamente in Nome molto recente quello dei Darking, formatisi
vinile dalla Metal Supremacy. Grazie a questa uscita nel 2005 ma già all’attivo con un album di tutto
la band si ritaglia un posto importante rispetto. Guidati da Agostino Carpo, storico primo
nell’underground italiano ed europeo, tanto che il chitarrista dei Domine (vedi parte I di questo
nome inizia ad essere presente su diverse locandine articolo), il gruppo si fa portavoce proprio del primo
di festival nazionali e internazionali, dal Tradate sound del gruppo dei fratelli Paoli: un classicissimo
2005 al Keep It True 2008, passando per il Play It Heavy Metal con influenze epiche, dettate in questo
Loud del 2007, festival organizzato dalla stessa caso tanto dalla chitarra di Agostino quanto dal
- 11 -
cantato di Mirko Miliani. Diverse però le tematiche,
slegate completamente dall’Epic tradizionale e dalle
vicende dell’albino di Melniboné, quanto piuttosto
vicine alla vita quotidiana e a momenti e personaggi
storici (dai Templari a Nostradamus). Dopo un demo
datato 2009, il gruppo debutta con ‘Sons of Steel’
l’anno successivo, ricevendo buoni consensi dal
pubblico e dalla critica. Ottimi anche in sede live,
dove con il tempo si stanno guadagnando un buon
seguito, i Darking sono già al lavoro sul nuovo
album, in cui non mancherà una sorpresa proprio per
gli appassionati del primo periodo dei Domine.
Oramai in coda a questo capitolo, parliamo di due
promesse sfumate dell’Epic italiano. Iniziamo con gli
Spartacus, uno dei rarissimi gruppi provenienti da
Siena dedito a un Epic Metal sulla scia di Manilla
Road, Manowar e in generale tutta la scena
americana. Guidati dal bassista Carlo Castellani, il
gruppo vede un punto di svolta nel 2007 con l’entrata
in formazione di Federico Rocchi alla chitarra e
Edoardo Natalini alla batteria, con cui vengono
incisi in tutto tre demo: ‘Spartacus’ (2008), ‘Ancient
Dinasty’ (2008) e il conclusivo ‘Obscure and
Savage’ (2009), praticamente pubblicato ad un mese
dallo scioglimento della band che, con l’uscita di
Natalini, cessa di esistere. Seppur ancora molto
grezzi nel sound, gli Spartacus potevano essere una
bella realtà italiana necessaria solo di un debutto
registrato professionalmente. E in effetti, sebbene la
band si sia sciolta, non tarderemo a ritrovare i nostri
con stessa identica formazione dietro la nascita dei
Focus Indulgens, gruppo che con l’album ‘The Past’
pubblicato nel 2010 ha segnato uno dei momenti più
interessanti dell’underground italiano. In questo caso,
pur non abbandonando certe sonorità a là Manilla
Road, la band è più rivolta a un discorso Doom Metal
con influenze Progressive anni ‘70, tutto riletto in
chiave altamente personale: un ascolto al loro
debutto è sicuramente consigliato se siete amanti
delle sonorità più “particolari”.
Altra promessa sfumata sono gli Atreides,
formazione di Cuneo attiva dal 2004 al 2010 che ha
regalato all’underground italiano due demo, ‘2k6’ e
‘Vendetta’, oltre che un particolare split con gli
Animae Vector cantato in esperanto. Fin dal nome del
gruppo è possibile capire l’ispirazione principale per
le tematiche affrontate dai nostri, ovvero il ciclo di
Dune di Frank Herbert, omaggiato da brani che
fondono l’Heavy Metal ottantiano con una vena più
epica dettata tanto dalle chitarre quanto dal cantato
enfatico di Davide Di Meo. La band si toglierà nella
sua carriera alcune soddisfazioni facendo di spalla a
diversi gruppi e vincendo un concorso per la
partecipazione all’Italian Gods of Metal del marzo
2010 ma, dopo l’uscita del cantante e con già diversi
brani pronti per un nuovo lavoro, il gruppo deciderà
di comune accordo di sciogliersi lasciando ai posteri
quei tre soli lavori.
Per concludere una band che, pur non essendo
italiana, ha visto al suo interno uno dei migliori
cantanti usciti dalla nostra madre patria. Stiamo
parlando di Marco Concorreggi e dei greci
Battleroar, un gruppo che è riuscito a ritagliarsi un
posto d’onore nella nuova scena Epic mediterranea.
Nati a inizio del nuovo millennio, il gruppo si fa
conoscere con un paio demo, ma è solo nel 2002, con
un cambio di line-up che porta all’ingresso proprio di
Concorreggi, che la band è pronta a debuttare. Nei
sette anni successivi la band ellenica pubblica così tre
album in studio, ‘Battleroar’ (2003), ‘Age of Chaos’
(2005) e ‘To Death and Beyond’ (2008), ricevendo
larghi consensi e suonando in molti festival (dal
Keep It True all’Headbangers Open Air, oltre che alla
prima edizione del nostro Play It Loud!). Gli album
del gruppo confermano effettivamente una band più
che valida, potendo contare anche sull’esperienza
accumulata negli anni da parte dei vari componenti,
capaci di regalarci brani indimenticabili e in tutto e
per tutto epici. Purtroppo la magia si interrompe
bruscamente nel 2009, quando prima il chitarrista e
fondatore Manolis Karazeris, quindi Marco
Concorreggi abbandonano la band. I Battleroar sono
comunque tutt’ora attivi e l’ultima notizia che si ha è
l’ingresso in formazione, nel ruolo di cantante, di
un’altra figura della nostra scena italiana: si tratta di
Gabriele “Nightcomer” Grilli, storico primo
cantante dei DoomSword nel loro album di debutto.
Il tempo ci dirà cosa i Battleroar saranno ora capaci
di fare. Nel frattempo è da segnalare che Concorreggi
e Karazeris hanno già dato vita a un nuovo progetto, i
Dexter Ward, gruppo che pur non ricalcando l’Epic
battagliero dei Battleroar potrà soddisfare gli
appassionati dell’Heavy Metal americano anni ‘80.
Autori di un EP nel 2010, è atteso ora il loro album di
debutto, di cui al momento si conosce già il titolo:
‘Blackout in LA’.
Anni 2010: l'inizio di una nuova era
I presupposti per un continuo della scena epica pochi quelli che hanno abbandonato la scena,
italiana ad oggi ci sono ancora tutti: dei tanti nomi facendo sperare nel prossimo decennio a un continuo
citati fino ad ora nei tre precedenti capitoli, sono susseguirsi di lavori di un certo valore. Negli ultimi
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anni l’underground non è stato certamente a guardare
e questo ultimo capitolo, più che raccontarvi delle
band effettivamente nate a partire dal 2010, riprende i
gruppi che solo con qualche demo all’attivo
potrebbero rendersi nomi importanti della scena
Epic. Se siete amanti del genere, teneteli sicuramente
d’occhio.
Il nome Bringer of War è solo del 2011, ma il
gruppo, sotto il moniker Warbringer, nasce
addirittura nel 2003. La band vede purtroppo molti
problemi interni di line-up che ne ritardano
continuamente l’attività: in 7 anni riescono a
pubblicare solo un demo dal titolo ‘Warbringer’, un
lavoro che però proietta direttamente i nostri fra le
realtà Epic Metal più interessanti d’Italia.
‘Warbringer’ è difatti un piccolo gioiello, capace di
richiamare alla mente atmosfere cupe ma sempre
dall’impronta epica, atmosfere se vogliamo vicine ai
primi lavori dei Domine e dei DoomSword, dove il
potente cantato di Pietro "Lord" Gandolfi (ex-Dark
Horizon e Stormblade) e le parti strumentali tutte
curate e realizzate da Massimiliano "Pex Steel
Lance" Dosi (ex-Helgrind, Eternae e Stormblade)
non fanno fatica a creare qualcosa di eccezionale. Per
le tematiche basta dare un’occhiata ai titoli dei brani:
la saga di Conan viene omaggiata con “Cimmerian
Blood”, l’albino di Melnibonné con “The Course of
the White Wolf”, lo scrittore David Gemmell e il suo
personaggio Druss con il brano “Rowena”. Dopo
l’uscita di questo demo, che potremmo quasi
considerare un full-length vista la durata, la band
vede il raggiungimento di una formazione a quattro
che però con gli anni andrà più volte a disfarsi,
facendo temere che i Warbringer chiudano
definitivamente da un momento all’altro. Nel 2011 si
rifanno invece vivi con l’annuncio del cambio di
nome in Bringer of War e la presenza nell’album
tributo agli Omen ‘All Fear the Axeman’, prima
registrazione ufficiale da quel demo datato 2008.
Speriamo che il gruppo abbia finalmente trovato una
solida line-up e possa regalarci quanto prima un
degno successore di ‘Warbringer’, perché i
presupposti per avere un nuovo grande gruppo
italiano ci sono tutti.
Land’ (2010), dove vediamo anche l’ingresso di un
secondo chitarrista, Stefano Colombo (già nei
Warbringer/Bringer of War, vedi poco sopra). È
soprattutto questo secondo lavoro a rendere giustizia
a questa valida formazione italiana: il classico Heavy
Metal di influenza NWOBHM si unisce a venatura
epiche, a tratti quasi oscure nonostante il cantato
pulito di Stefano Silvestrini, con tematiche storiche e
del nostro paese mai banali. La band è recentemente
entrata in studio per la registrazione di quello che
sarà il loro album di debutto: viste le buone
premesse, gli Aeternal Seprium potrebbero rivelarsi
un’altra interessante realtà tutta italiana.
Giovanissimo act proveniente da Brescia, i Prodigal
Sons sono una delle poche band Epic Metal italiane
che possono vantare l’influenza dei migliori Virgin
Steele, richiamati principalmente dal cantato di
Gabriele Tura, ottimo tanto in studio quanto dal
vivo. Il gruppo è attivo fin dal 2005 e, con il
perfezionamento della tecnica strumentale e la scelta
di un preciso genere musicale da seguire, riescono ad
auto-prodursi due demo, di cui il secondo, omonimo
e datato 2009, ci presenta un gruppo già capace di
differenziarsi dal folto underground. Le tematiche
presentate riguardano in questo caso la mitologia,
sottolineata da brani come “Zeus the Thundergod” o
"The Banquet to the Gods", mentre il genere della
band è un misto fra classico Heavy Metal alla Iron
Maiden e l’Epic Metal alla Virgin Steele o primi
Manowar. Ad accoglierli nel proprio roster è la My
Graveyard Productions, la quale si occuperà di
pubblicare l’album di debutto atteso per i primi mesi
del 2012.
Nati nel 2004 dalle ceneri dei Metal Slave, i Sons of
Madness sono una delle tante giovani realtà che la
Sardegna ci sta regalando in questi anni. Con
all’attivo due demo, ‘The Army of Darkness’ (2007)
e ‘America’ (2010), il gruppo si è messo in mostra
con un Heavy Metal classico dalle influenze epiche
d’oltre oceano, ottimamente cantato e dalle belle
parti strumentali. Le tematiche affrontate sono in
questo caso più vicine alla storia, sia quella
geograficamente vicina alla band (il brano
“Zericum”) sia quella americana (“A New Destiny” e
“America”, le quali parlano della conquista del
Nuovo Mondo da parte dei coloni europei). Un
gruppo veramente valido questi Sons of Madness e
necessario ora solo di un’etichetta che possa puntare
su di loro.
Le origini degli Aeternal Seprium sono da ricercarsi
fin dalla fine degli anni ‘90 quando, con moniker e
formazione differente, iniziano a farsi notare
nell’ambiente con composizioni proprie e tributi ai
grandi del genere. Con l’ingresso del cantante
Stefano Silvestrini lo stile della band cambia,
andando ad abbracciare punte più epiche: la band ne Altra formazione interessante sono i Kryuhm,
rende testimonianza nei due demo ‘A Whisper From gruppo attivo fin dalla fine degli anni ‘90 e
Shadows...’ (2007) e ‘The Divine Breath Of Our influenzato principalmente dal classico Heavy Metal,
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ma in cui le atmosfere epiche dettate dal cantato e
dalla chitarra di Daniele “Ozzy” Laurenti si fanno
portatrici di una vena alla primi DoomSword. Autori
di un solo demo, la band ci regala brani come “The
Evolution”, “Conan” o “War”, lavori che per quanto
a tratti ancora acerbi (ma d’altra parte stiamo
parlando di un demo registrato nel 2000) potrebbero
essere il viatico per una band interessante. Dopo
diversi anni di fermo e un cambio di line-up al basso,
nel 2009 il gruppo è tornato attivo ed è ora
intenzionato alla registrazione di un nuovo lavoro: il
tempo ci dirà se i Kryuhm saranno fra i nuovi
portabandiera della scena Heavy/Epic italiana.
Hanno recentemente debuttato con un EP da 6 tracce
i Bloodshed Walhalla, one-man band nata per opera
del poli-strumentista Drakhen. L’intento iniziale era
quello di proporsi come cover-band degli immortali
Bathory, ma in breve il progetto viene lasciato da
parte per mancanza di persone interessate a prendervi
parte. Drakhen non getta comunque la spugna,
decidendo di fare tutto da sé e formando così nel
2006 i Bloodshed Walhalla, band che si rifà
completamente al suono dei Bathory del periodo
Epic. Vengono proposti due demo, quindi grazie
all’interesse della Fog Foundation viene rilasciato nel
dicembre 2010 ‘Legends of a Viking’, un EP di
inediti interessante per quanti hanno adorato i dischi
di Quorthon.
La lista dei gruppi non finisce certamente qui: di
band più o meno sconosciute negli anni ne sono nate
(e morte) a decine, molte senza neppur aver dato ai
posteri più di qualche semplice demo. Ricordiamo
quindi nomi come i Sacro Ordine dei Cavalieri di
Parsifal, i Thunder Roar o ancora i Wotan di
Pescara già citati nel secondo capitolo, i Warden, gli
Storm, i Warloud, i Guardiani di Frontiera e
chissà quanti altri, tutte band che rimangono di
appannaggio dei soli veri “maniaci” della nostra
scena.
Per concludere completamente il discorso, da
segnalare l’album tributo ‘All Fear the Axeman’,
una raccolta pubblicata nel gennaio 2012 dalla My
Graveyard Productions e contenente 15 brani degli
Omen riletti da altrettanti gruppi italiani, dai Wotan
agli Etrusgrave passando per Darking, Bringer of
War, Axevyper e diversi altri. Al momento la raccolta
non è ancora stata pubblicata, ma vista la band
tributata e i gruppi presenti, difficile pensare che si
tratti di un’uscita irrinunciabile per chi per l’Epic
Metal ha un debole.
I falsi miti
Ovvero quei gruppi che, rifacendosi a un’iconografia
o a tematiche classiche per l’Epic, propongono
invece tutt’altro genere. Partiamo dagli anni ‘80 e in
particolare con i Berserks, gruppo di Udine che nel
1982 debutto con un omonimo album. Dal nome alla
copertina, dominata da due teschi in tenuta da
guerrieri dai toni veramente epici, il gruppo sembra
porsi come uno dei capostipiti della nostra scena
Epic... almeno fino a quando non si vanno ad
ascoltare i brani, che navigano in un classico Heavy
Metal, comunque di buona fattura, di chiara
ispirazione NWOBHM, con i primi Iron Maiden nel
mirino. Simile discorso per i romani Astaroth, soliti
presentarsi in tenuta da guerrieri romani durante i
loro live (testimoniato anche dalla copertina del loro
unico EP del 1985), ma autori di un classico Heavy
Metal con spunti “proto-Speed Metal”. I Dark
Crystal, autori di un album a titolo ‘Il Sogno del
Guerriero’ su cui campeggia, appunto, la figura di un
combattente in armatura non deve lasciare anche in
questo caso ingannare: ci troviamo davanti a un
personale Hard Rock giocato su tastiere, ben lontano
anche dall’Heavy tradizionale. Dei White Skull non
penso ci sia bisogno di dire molto, vista l’attività
lunga trent’anni che li ha confermati come una delle
realtà Heavy/Power Metal di punta della nostra
scena: nonostante certi artwork e tematiche
affrontate, il gruppo non rientra nel genere qui
trattato. Passiamo a nomi più recenti parlando dei
Centvrion, gruppo che se fin dagli esordi si rifà
come iconografia all’Impero Romano, non propone
nulla di epico ma esclusivamente un potentissimo
Heavy Metal comunque incentrato come tematiche
sulla storia di Roma. Simile discorso per i bolognesi
Tarchon Fist, nuovo gruppo di Lvcio Tattini (già
fondatore dei Rain) che, a partire dal nome e dagli
artwork rappresentanti scene di battaglia, non
propone nulla di Epic (su alcune locandine vengono
addirittura etichettati come “Viking Metal”...), ma
classicissimo Heavy Metal dal grande impatto live.
Anche i Barbarians, gruppo già attivo negli anni ‘90
ma giunto solo nel 2009 al debutto, si presenta con
moniker, artwork e foto promozionali in veste da
guerrieri, ma, a parte qualche vago accenno, sono più
diretti verso un Heavy Metal, con cantato in growl
non troppo estremo e influenze a tratti anche Folk.
StormBringer, band di Varese con un album
all’attivo, traggono in inganno solamente per il
moniker, visto che già l’artwork del loro unico lavoro
e un distratto ascolto ce li riporta su un Heavy Metal
ottantiano. Stesso identico discorso per i Beholder di
Milano, che a parte il nome e la copertina del loro
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debutto ‘The Legend Begins’, di Epic non hanno
nulla, preferendogli un Power Metal a due voci.
Rimanendo in tema “donne alla voce”, i Valkija sono
un altra band che, non tanto per moniker o tematiche,
ma si trova ad un passo dall’Epic Metal, rimanendo
comunque un classico Heavy Metal di stampo anni
‘80. I Northanger, giovane gruppo di Vercelli con un
album all’attivo, si presentano con proclami che li
legano all’Epic, ma anche in questo caso li
riconduciamo direttamente all’Heavy Metal. Infine
chiudiamo con gli Asgard ferraresi, il cui moniker
non deve trarre in inganno, in quanto autori di un bel
lavoro a titolo ‘Seal of Madness’ di puro e semplice
Speed Metal.
Lunga è ancora la lista se iniziamo a includere anche
band di altri generi, dal Power al Folk Metal, che
come artwork o iconografia possono far pensare
all’Epic ma si rivelano legati, in modo più o meno
stretto, a generi differenti e lontani dalla concezione
più “primordiale” di Epic Metal: mi limiterò quindi
ai nomi di Rhapsody/Rhapsody of Fire, Drakkar,
Heimdall, Folkstone, Draugr, Fiaba, Knightlord,
Spellblast, Dragonia, Vexillum, Egart, Furor Gallico,
Shardana... tutti nomi che si possono approfondire
con una veloce ricerca su Metal-Archives.
I classici intramontabili
Per concludere questo lungo articolo, è immancabile inserire una serie di album consigliati per il pubblico.
Per evitare di dover fornire troppi spunti mi sono imposto, oltre che consigliare un numero ristretto di lavori,
di non suggerire più di un album per gruppo e in particolare andare su quelli che più rappresentano la
concezione di Epic Metal classica (si vedano ad esempio Dark Quarterer e Holy Martyr, autori di diversi bei
dischi ma di cui sono stati scelti quelli con influenze più propriamente Epic invece che Progressive per i
primi e Heavy per i secondi). È chiaro che chi vuole approfondire maggiormente l’argomento troverà spunti
sui migliori album di ciascun gruppo nei precedenti capitoli.
Di seguito l’elenco dei classici, in rigoroso ordine di prima pubblicazione, le cui recensioni sono leggibili
all'interno della nostra webzine:
Adramelch
Irae Melanox
Dark Quarterer
The Etruscan Prophecy
Domine
Champion Eternal
DoomSword
Resound the Horn
(1988)
(1989)
(1997)
(2002)
Wotan
Carmina Barbarica
Icy Steel
Icy Steel
Holy Martyr
Hellenic Warrior Spirit
Martiria
Time of Truth
(2004)
(2007)
(2008)
(2008)
Assedium
Fighting for the Flame
Rosae Crucis
Fede Potere Vendetta
Etrusgrave
Tophet
(2008)
(2009)
(2010)
Credits
Articolo realizzato da Gabriele Nunziante per www.italianmetal.it
È consentita la copia e/o la stampa per uso esclusivamente personale e non commerciale. Non è consentito modificare,
pubblicare, ritrasmettere, vendere, copiare, creare estratti, distribuire o mostrare alcuna parte del contenuto senza il
preventivo consenso scritto da parte del suo autore.
L'articolo è stato originariamente pubblicato in quattro parti sulla webzine www.italianmetal.it dal 26/09/2011 al
17/10/2011. Revisione del 12/02/2012.
Di seguito i link diretti ai vari capitoli, in cui è possibile commentare l'articolo:
[1] www.italianmetal.it/articoli/approfondimenti/1654 - [2] www.italianmetal.it/articoli/approfondimenti/1664
[3] www.italianmetal.it/articoli/approfondimenti/1678 - [4] www.italianmetal.it/articoli/approfondimenti/1688
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