Italian Epic Metal
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Italian Epic Metal
Italian Epic Metal a cura di Gabriele Nunziante per www.italianmetal.it Introduzione Porre le basi dell'Italian Epic Metal è al tempo stesso un lavoro complesso ma facilmente realizzabile. Complesso poiché se è vero che l’“Epic Metal” è già per definizione un genere non sempre facilmente descrivibile - non a caso molti identificano l’Epic come semplice Heavy Metal e molte band sono in un perenne limbo fra i due generi a seconda della loro produzione - dall’altro diventa facile in presenza di determinati elementi, quali le tematiche affrontate nei testi e specifiche scelte musicali, queste ultime passanti tanto da caratteristiche proprie delle canzoni (si pensi ai cori, alle “cavalcate” chitarristiche, alle parti narrate o alle lunghe strumentali atte non a esaltare il musicista quanto a richiamare determinate situazioni, oltre che le atmosfere ricreate nei modi più disparati, etc) e arrivando finanche nelle scelte di registrazione (il genere, pur nascendo negli anni ‘80 come l’Heavy Metal tradizionale, con il tempo ha visto una precisa scelta nel mantenere intatte certe tradizioni: non a caso in un disco Epic Metal per antonomasia si cerca ancora quel suono più grezzo e senza tanti fronzoli che permetta di far subito capire all’ascoltatore che cosa lo aspetta). Anche a livello internazionale ed esclusi i nomi sacri del genere che tutti conoscono (dai Manowar ai Virgin Steele, passando per Manilla Road, Cirith Ungol, Warlord, Omen, Steel Assassin, Brocas Helm, Taramis, Bathory, ...) risulta così tutt’oggi non sempre facile determinare quali sono le band dedite all’Epic tout court, ed allo stesso modo è nella scena italiana. I gruppi presentati in questo lunghissimo articolo sono quindi stati scelti, e non poteva essere altrimenti, seguendo un metro tanto personale quanto il più possibile vicino a ciò che tradizionalmente si intende per Epic Metal. Qualche band risulterà forse di troppo agli occhi di alcuni lettori, qualcuna mancherà, ma in linea generale tutti i grandi gruppi che si sono contraddistinti per le proprie influenze epiche sono presenti in questo articolo ed è solo tramite essi, e non qualche misconosciuta band con un solo demo all’attivo, che è possibile davvero capire che cosa la nostra scena ci ha regalato negli anni. Ho infine deciso di lasciare da parte quelle band che, pur con qualche sporadica influenza epica, si sono contraddistinti principalmente per far parte di altri generi, Heavy Metal classico in particolare, ma anche Power di stampo europeo o Folk metal o troppo lontani dalla “pura” concezione di Epic Metal: l’ideale “primordiale” di Epic è stato quindi mantenuto il più possibile, dando spazio solamente alle band classiche che non guasterebbe vedere suonare al fianco dei nomi storici già citati poco sopra. Anni '80: la nascita della leggenda Volendo partire dagli anni ‘80 troviamo in Italia una serie di band che, seppur non completamente devote al verbo dell’Epic Metal, si sono contraddistinte per suoni e tematiche dal resto della scena, andando a creare una solida base che, tanto negli anni ‘90 quanto nel nuovo millennio, hanno mostrato in tutto il mondo la bontà dell’Epic italiano. Vi basterà chiedere a un qualsiasi appassionato della nostra scena quali sono i nomi storici di questa corrente e le risposte saranno sempre le stesse: Dark Quarterer, Adramelch, Domine, ci si spingerà ai primi anni ‘90 includendo Wotan, Rosae Crucis, DoomSword o nel più underground tirando fuori nomi come Crystal Phoenix o Xipe. Se volessimo effettivamente trovare quelle che sono le basi, almeno in Italia, di questa specifica corrente, non ci discosteremmo molto da questi gruppi che, pur con sostanziali differenze di suono, di intenti e soprattutto di tematiche, affrontarono fin dai primi anni '80 (e qualcuno anche dal decennio precedente) questo genere. Per cominciare questo articolo è necessario partire dai Dark Quarterer, anche e soprattutto per l'età anagrafica del gruppo, visto che la nascita è datata anni '70. Nati in quel di Piombino (Livorno) con il nome Omega Erre, il gruppo formato originariamente da Gianni Nepi (voce), Fulberto Serena (chitarra) e Paolo Ninci (batteria) prenderà molta ispirazione dai -1- classici del periodo, proponendo nella primissima parte della propria carriera cover di quei tanti gruppi che animavano la scena estera: era il periodo di Uriah Heep, Led Zeppelin, Black Sabbath, Grand Funk Railroad, e Fulberto e compagni con maestria e abnegazione riproponevano quanto richiesto. Con l'intervento di Duccio Marchi si ebbe il tanto atteso passaggio dal mondo delle cover a quello delle canzoni proprie: nel 1982 nascono così ufficialmente i Dark Quarterer. Il primo passo del gruppo è la registrazione di un demo nel 1985, composto da 9 brani di cui la maggior parte riproposti nell'album di debutto. Nello stesso anno iniziano le registrazioni del primo lavoro in studio, registrazioni che si protrarranno per problemi vari fino al 1986, mentre è nell'anno successivo, tramite la minuscola Label Service e in sole 500 copie, che viene pubblicato l'omonimo 'Dark Quarterer'. Fin dalle prime note del disco è possibile capire che i Dark Quarterer non sono la copia di nessuno: unici in tutto, dalle parti musicali fino ai testi, il gruppo di Piombino va a creare con questo primo album il proprio trademark. Recensiti (chiaramente) in modo negativo da Kerrang, anche a causa della registrazione veramente pessima (purtroppo unico e fin troppo evidente neo di questo disco, a cui neanche oggi è stato possibile rimediare con una ristampa migliorata), ma seguiti con molta attenzione dalla stampa italiana (Claudio Cubito di Rockerilla gli regalerà la famosa etichetta di gruppo "epico-progressivo"), i Dark Quarterer iniziarono a farsi largo nella scena italiana. Rimane purtroppo in disparte la presenza live dei nostri che, per scelta di una parte del gruppo, rimarranno più tempo in sala prove che sui palchi, dando anche poca spinta commerciale al proprio lavoro. Passano appena due anni e il gruppo è già pronto a uscire con il secondo album: si tratta di 'The Etruscan Prophecy', e da lì la scena Epic italiana (mondiale?) sarà un po' più diversa di prima. Se questo album, etichettato da molti come una copia neanche tanto riuscita del primo (un commento che, personalmente, non condivido nella sua concezione critica - ndr), riuscirà a far parlare tanto di sé è perché, con una registrazione finalmente dignitosa, riesce a proporci una serie di brani in cui le prodezze strumentali dei nostri superano qualsiasi barriera. Se con 'Dark Quarterer' erano le tinte oscure a fare da padrone, con 'Etruscan...' le chitarre di Fulberto sono ricche di epicità, regalandoci assoli fra i migliori mai scritti: brani come "Devil Stroke", "Retributioner" o la stessa title-track entreranno di diritto fra i classici immortali della band. Non da meno sono i compagni del chitarrista, a partire da un grande Paolo Ninci dietro le pelli e Gianni Nepi ottimo al basso ma purtroppo leggermente penalizzato alla voce a causa di problemi di salute. Ciò nonostante il piccolo capolavoro che ne esce fuori è senza alcun dubbio uno dei dischi italiani più importanti, tanto del genere quanto dell'intera scena. E' bene chiarire, a questo punto, che il genere proposto dai Dark Quarterer non è solo Epic Metal: il pesante lascito degli anni '70, e in particolare di certo progressive, ha influenzato le composizioni dei nostri, ma la volontà di mescolare influenze distanti ha infine creato un ibrido in cui cenni di Epic Metal si trovano tanto nelle parti di chitarra, quanto nelle tematiche. Queste ultime, pur se lontane dall'epica classica e più vicina agli scritti horrorifici di Lovecraft e compagni, riescono a mantenere un'aurea di culto intorno alla band, che si discosta dalla messa in musica della vita di tutti i giorni in favore di tematiche legate a doppio filo con l'occulto. Ma tornando al loro secondo album, l'uscita venne accolta con più interesse dalla critica e in parte anche dal pubblico, sebbene sia soprattutto nell'ultimo decennio che il gruppo abbia finalmente raccolto quanto seminato negli anni '80, anche grazie alle ristampe, prima in vinile e successivamente in CD, dei loro dischi. La nostra attenzione, focalizzata in questo articolo sul periodo più "Epic Metal" del gruppo, si ferma a questi due primi album, ma la storia dei Dark Quarterer non finisce assolutamente così, anzi. La band continuerà negli anni successivi innovando la propria proposta, discostandosi se vogliamo dalle influenze più epiche e abbracciando ulteriormente quelle progressive: i successivi 'Violence', 'War Tears' e 'Symbols', tutti incisi senza le chitarre di Fulberto Serena bensì con i nuovi Sandro Tersetti prima e Francesco Sozzi successivamente, sono ottimi esempi di un gruppo che non ha eguali, tanto in Italia quanto nel mondo. In particolare è proprio l'ultimo episodio in studio, datato 2008, a rivelarsi un tassello necessario nella loro discografia: 'Symbols' è il raggiungimento, dopo due episodi tanto belli quanto complessi, di un livello musicale che ben pochi possono vantare. E in questo caso sono le vicende storiche a fare da sfondo all'album del gruppo: nei sei brani che compongono il platter vengono raccontate le vite di altrettanti personaggi storici, da Tutankhamon a Gengis Khan, passando per Giovanna D’Arco, Giulio Cesare, Kunta Kinte e Geronimo. Un album non propriamente Epic Metal, ma che grazie alle sue tematiche e allo stile unico del gruppo, farà sicuramente felici anche gli ascoltatori di questo genere. Affrontato il primo gruppo, è possibile ora passare a quella che è un'altra piccola grande leggenda dell'Epic italiano. Nati nella seconda metà degli anni '80 a Milano, gli Adramelch si meritano sicuramente -2- di essere annoverati fra i gruppi alla base dell'Epic italiano, sebbene il loro genere, un po' come per i Dark Quarterer, non sia inquadrabile in questa sola categoria. Il gruppo si fa conoscere grazie a un primo demo e alla partecipazione alla compilation 'Heavy Rendez Vous', mentre nel 1988 debuttano ufficialmente con 'Irae Melanox'. Volendo potremmo paragonare questo album proprio al primo dei Dark Quarterer: entrambi troppo complicati per l'epoca, entrambi con una registrazione insufficiente e, fortunatamente, entrambi enormemente rivalutati con il passare del tempo. Fra i solchi di 'Irae Melanox' l'epicità si unisce a certo progressive metal, ma sono le influenze classiche, antiche e barocche di Gianluca Corona (chitarra) a contaminare la proposta del gruppo, realizzando un ibrido anch'esso unico che trova nella splendida ed espressiva voce di Vittorio Ballerio il massimo compimento. Anche le tematiche risultano vicine per certi versi all'Epic: le influenze maggiori derivano in questo caso dalla letteratura classica e dalle vicende storiche, quest’ultima come vedremo ripresa anche successivamente per il secondo lavoro della band. Rovinato da una registrazione insufficiente (alcune recensioni del periodo lo descriveranno come un “esperimento sonoro messo su vinile per scherzo”), registrazione che se vogliamo riuscirà però a donare determinate caratteristiche tanto ricercate dagli appassionati del genere, 'Irae Melanox' non farà raggiungere in quel periodo gli obiettivi del gruppo, tant'è che si scioglieranno da lì a breve. Fortunatamente il nome Adramelch non scompare nelle sabbie del tempo: dopo tanti tentativi negli anni '90, infine nel 2003 il gruppo, con una line-up per 3/5 rivisitata, torna sulle scene. Il primo passo è la pubblicazione di un nuovo, attesissimo album: si tratta di 'Broken History', un interessante concept ispirato dalle crociate. La vena epica, almeno nelle musiche, viene lasciata più da parte in questo caso, è il progressive metal riletto in chiave Adramelch a farla da padrone, ma il risultato è al di là da ogni aspettativa, tant'è che questo secondo album gareggia bene con quello inciso quasi un ventennio prima. L'album permette alla band di farsi conoscere nuovamente nell'ambiente (e di rimando di far rivalutare anche quel loro primo album), tanto da essere presente a diversi festival (ricordiamo giusto il Keep It True del 2005, evento a cui parteciperanno nuovamente nel 2012 in una buona posizione del bill). E' infine da segnalare, oltre il fatto che la band sia oramai prossima a tornare con un album inedito, una ricca ristampa del 2010 a cura della Underground Symphony, in cui troviamo il primo lavoro e un secondo cd con il famoso primo demo del gruppo. Uscita questa che, insieme al già nominato 'Broken History', è un tassello importante per l'Epic italiano... e diciamo anche mondiale, visto che il gruppo ci è invidiato un po’ in tutto da tutto la scena metal. Piombino negli anni non verrà ricordata solamente per la nascita dei Dark Quarterer, ma anche per quella di un gruppo che, sebbene veda negli anni '80 i suoi natali, solamente a fine anni '90 riuscirà a debuttare. Stiamo parlando dei Domine, band che da un'idea dei fratelli Paoli (Enrico e Riccardo) e Agostino Carpo nasce fra il 1983 e il 1984. I primi passi sono proprio a cavallo fra gli anni '80 e '90, quando la band pubblica con la sua prima formazione (oltre ai già citati troviamo Stefano Mazzella alla voce e Carlo Funaioli alla batteria) una serie di interessanti demo, talmente interessanti che tutt'oggi vengono considerate delle reliquie tanto in Italia quanto nel resto d'Europa. Il tanto atteso salto non si concretizza però per il gruppo, tanto è vero che intorno ai primi anni '90 iniziano le prime uscite: con l'abbandono di Stefano Mazzella, quindi di Agostino Carpo e in contemporanea il trasferimento a Firenze dei due fratelli Paoli, i Domine sembrano oramai pronti a finire nel dimenticatoio. Ma è proprio grazie ai due fratelli che il moniker rimane vivo: assoldati nuovi componenti, fra cui spicca un cantante già ben noto nella scena italiana per i suoi trascorsi negli anni ‘80, si rimette in piedi il gruppo con l'idea di incidere finalmente il debutto. Si concretizza così nel 1997 l'ascesa dei nostri nella sacra scena dell'Epic Metal italiano: 'Champion Eternal', registrato in fretta e furia e con una resa sonora anche abbastanza discutibile, fa il suo ingresso in pompa magna presentandoci un gruppo, questo sì, devoto ai classici stilemi dell'Epic Metal. Dal suono oscuro, chitarre ovattate, il cantato limpido (non nella resa sonora, ma nel timbro vocale) di quello che è uno dei signori del metal italiano, ovvero Morby (Sabotage, Airspeed, La Rox, ...), 'Champion...' è il primo album dedicato alle vicende di Elric di Melniboné, personaggio fantasy ideato da Michael Moorcock che sarà per tutta la discografia dei nostri principale elemento di ispirazione. Il gruppo non perde tempo e già due anni dopo bissa il successo del precedente album con 'Dragonlord (Tales of the Noble Steel)', un lavoro che mostra però già dei cambiamenti nel sound del gruppo: l'entrata in formazione di un tastierista fisso (Riccardo Iacono) inizia a farsi sentire, tant'è che il sound dei nostri comincia a separarsi dall'Epic Metal più "puro" e battagliero abbracciando sonorità più Power. Eppure, ad ascoltare questo secondo lavoro, l'epicità gronda da tutte le parti: brani come "Last of the Dragonlords", "Defenders" e le ultime quattro (citazione d'obbligo per la suite "The Battle for the Great Silver Sword") sono ottimi esempi di un Epic -3- Metal irrorato di Power, con tastiere in sostituzione dei cori e a tratti quasi sinfoniche. Il risultato non è assolutamente negativo per il gruppo, tant'è che vedranno proprio grazie a questa uscita moltiplicato l'interesse nei loro confronti; saranno anche molti i concerti, compresi quelli di spalla a grandi nomi del genere e in festival come il Gods of Metal del 2002. Da lì in poi possiamo dire che la strada dei Domine è praticamente spianata: intrapreso questo nuovo percorso, il gruppo continua a pubblicare a cadenza quasi regolare nuovi album, a partire da ‘Stormbringer Ruler’ (2001), ‘Emperor of the Black Runes’ (2004), fino all'ultimo ‘Ancient Spirit Rising’ (2007), tutti album che manterranno fede a questo nuovo corso Power della band. Ed è anche dal vivo che i Domine continuano tutt'oggi a portare alto il proprio nome: nonostante i pochi live, il gruppo mostra tantissima carica sul palco e, guidati dall'ugola che non conosce età di Morby e il chitarrismo di Enrico Paoli, sono tutt'oggi uno dei gruppi di punta della nostra scena italiana. Se con Domine, Dark Quarterer e Adramelch abbiamo parlato grosso modo di tre nomi più che noti a chi frequenta l'ambiente, con i Crystal Phoenix si inizia a scavare nell'underground, anche a causa della difficoltà di reperibilità del materiale in questione. Il gruppo nasce giusto alla fine degli anni '80 grazie alla poli-strumentista e cantante Myriam Sagenwells Saglimbeni, la quale si adopera nella completa registrazione del proprio album di debutto 'Crystal Phoenix', pubblicato sia in vinile che in cassetta completamente auto-prodotto. Il lavoro si rivela un interessante unione fra il Progressive e l'Epic, con inserti Folk e classici, suonato anche con strumenti non molto spesso frequenti per il genere (arpe, flauti, clavicembali...). Dopo aver reclutato al suo fianco una line-up, il gruppo si esibisce in qualche concerto, ma nel 1992 le strade si dividono e la band cessa di esistere, nonostante Myriam continui a scrivere materiale. L'anno successivo la Black Widow Records, come prima opera della sua etichetta, ristampa l'album in cd mentre la Si-Wan Records pensa all'edizione coreana, sia cd che vinile (con artwork differente). Per risentir nominare i Crystal Phoenix occorre attendere il nuovo millennio, quando il gruppo registra 'Twa Jrrg-J-Draak Saga (The Legend of the Two Stonedragons)', album del ritorno che con una nuova line-up costituitasi attorno alla figura di Myriam ridà vita a quella particolare unione fra Epic Metal, Progressive e Folk. Seguono una serie di date dal vivo, poi dei Crystal Phoenix si perdono nuovamente le tracce e ad oggi ancora non si sa se avremo un nuovo album da parte loro. Nel frattempo è stata annunciata l'attesa ristampa, sempre a cura della Black Widow, del loro primo album, mentre una line-up rinnovata si appresta a riprendere l’attività live. Altro gruppo misconosciuto sono gli Xipe, formazione vicentina attiva sotto altro nome fin dalla fine degli anni ‘70 e che non riuscirà, nonostante un contratto con la Discotto Metal, ad arrivare al traguardo del debutto. Eppure il gruppo guidato da Diego Benetti e Pietro Albanese (lo ritroveremo negli X-Hero) aveva in mano, già pronto per essere pubblicato, un intero album che non avrebbe sfigurato nel periodo. È infatti il 1986 quando ‘Fly of Phoenix’ è pronto per invadere il mercato italiano, portando in luce una band dedita principalmente a un Heavy Metal ottantiano ma dagli spunti epici, particolarmente presenti in una manciata dei brani di quel disco che vide soltanto qualche copia promozionale girare nell’ambiente. Con il fallimento della Discotto e l’impossibilità di pubblicare il proprio materiale, il gruppo in breve naufragherà, salvo farsi risentire nel nuovo millennio con una serie di ristampe auto-prodotte del loro materiale live e di questo disco fantasma. Nel 2006 si esibiranno anche nell’80 Italian Metal Attack con altri gruppi storici della nostra scena, ma la reunion effettiva della band non ci sarà, lasciando il nome degli Xipe nei ricordi di una scena piena di idee ma dalla situazione generale troppo complicata e povera di mezzi per metterle in circolazione. Gli anni '80 non finiscono certo con soli questi cinque gruppi: da inserire in questo capitolo rimangono almeno altre cinque realtà, tre delle quali riusciranno a farsi apprezzare solamente dopo diversi anni di attività. Una di queste sono i siciliani Berserker, gruppo che vede i suoi natali proprio nel 1989 da un’idea di Alessandro Alioto. Con una formazione spesso altalenante, che vede lo stesso Alessandro occuparsi più di una volta di buona parte degli strumenti, i Berserker lasciano dietro di loro qualcosa come dieci demo in altrettanti anni, un lavoro che denota il continuo voler percorrere la propria strada incuranti del disinteresse delle etichette. Solo nel 2003 iniziano finalmente le registrazioni di quello che è ad oggi il loro unico album in studio: pubblicato quattro anni dopo dalla My Graveyard Productions, ‘Blood of the Warriors’ è un album completamente devoto all’Epic americano di Omen, Manowar e Manilla Road. Con una registrazione che sembra presa direttamente dagli anni ‘80 - con tutti i pregi e i difetti del caso - e brani dal tocco oscuro ma sempre epico, i Berserker centrano l’obiettivo, consegnando agli appassionati un lavoro sicuramente interessante. I difetti -4- purtroppo ci sono e si sentono, a partire da parti strumentali non sempre prive di sbavature, ma se l’Epic più classico fa per voi, questo dei Berseker si rivelerà un platter interessante. Anche dal punto di vista dei testi Alessandro non pone niente al caso, tanto è vero che questo primo lavoro si basa su una saga da lui stesso scritta e intitolata “Defenders in Odin’s Name”, una saga epica in tutto e per tutto, così come l’artwork che accompagna questo disco. Dopo alcune date dal vivo, fra cui quella alla seconda edizione del Play It Loud (Brescia 2008), dei Berserker si perdono un po’ le tracce, tant’è che ad oggi non si conosce ancora se 'Blood...' avrà o meno un seguito. dell’Heavy/Epic Metal a stelle e strisce), il gruppo si impone con il proprio Epic ad alta sacralità e dal tocco raffinato. I Martiria non hanno in effetti eguali nella scena moderna e, se proprio dovessimo rapportarli ad altre band, sarebbero i Warlord stessi in cima alla lista. Il gruppo, che vede il prezioso aiuto di Marco Capelli nella scrittura delle lyrics, porta infatti in scena un metal che non fa della potenza sonora, della velocità o delle cavalcate musicali proprie del genere il proprio punto di forza, quanto piuttosto nelle vivide rappresentazioni di scene dal sapore storico/epico, rafforzate da brani spesso molto complessi in cui gli strumenti (oltre ai classici chitarra, basso e batteria - troviamo anche tappeti di tastiere) e le voci (spesso anche cori dall’aspetto sacro) riescono a ricreare in musica vicende tanto complesse. Quattro sono i lavori in studio pubblicati dai nostri: si parte con ‘The Eternal Soul’ (2004), ‘The Age of the Return’ (2005), ‘Time of Truth’ (2008) e infine, recentissimo, ‘On the Way Back’ dell’estate 2011. Sono i due lavori centrali quelli altamente raccomandati, visto che ci mostrano i Martiria migliori: ‘The Age of the Return’ si rifà come tematiche completamente al Libro sacro del Cristianesimo, andando a ripercorrere le vicende fondamentali di questa religione, mentre ‘Time of Truth’, più diretto come composizioni, si ispira a vicende storiche e mitologiche. ‘On the Way Back’, ultimo lavoro che comprende registrazioni dei primissimi anni di attività (alcuni brani sono infatti presenti nei demo degli anni ‘80), si dimostra invece l’album più complesso di quanto fatto dai Martiria fino ad oggi, con brani molto difficili da assimilare ma comunque presentati da una band dall’alta preparazione tecnica: i fan avranno anche in questo caso un ottimo disco da poter ascoltare e riascoltare. Storia molto simile a quella dei Berserker è quella dei Salem’s Lot, misconosciuto gruppo cagliaritano che ha navigato per anni nell’underground arrivando fino al nuovo millennio per sciogliersi, dando ai posteri solo qualche demo e un EP. Il gruppo si forma nel 1986 e tre anni dopo auto-producono il demo ‘Thunder of Steel’, composto da quattro brani. Si susseguono cambi di line-up, per un certo periodo la band cambia anche nome in Grendel (ispirato dal poema epico anglosassone Beowulf), quindi finalmente il tutto si concretizza con l’album ‘Sacred Sign’, pubblicato auto-prodotto nel 2001. Sono solamente cinque i brani contenuti, la registrazione e produzione insufficienti per un lavoro del nuovo millennio, tuttavia fra le tracce troviamo interessanti spunti che dall’Epic degli anni ‘80 traggono più di un’ispirazione: tracce come “Wage of War”, “Bright is the Fire” o “Vengeance for us All” dimostrano il proprio amore incontaminato per il genere, fra composizioni che prendono ispirazione tanto dai Manowar quanto dai Maiden dei primissimi lavori. Dopo questo album, tutt’oggi liberamente ascoltabile sul sito ufficiale, della band si perderanno le tracce, A concludere questo primo capitolo, sono due altri facendo pensare che dei Salem’s Lot difficilmente nomi della scena italiana: i Wyxmer e gli Asgard di sentiremo di nuovo parlare. Treviso (da non confondere con i ben più recenti speed metaller ferraresi e con le altre centinaia di Il terzo nome che accompagna Berserker e Salem’s gruppi con identico nome). Questi due gruppi non Lot nel lungo viaggio prima del traguardo sono stati lasciati casualmente a fine capitolo, visto discografico è quello dei romani Martiria. Anche che meno ancora di gruppi già trattati come Crystal loro nati nella seconda metà degli anni ‘80 e Phoenix, Dark Quarterer e Adramelch, le influenze debuttanti con due demo in quel decennio, il gruppo epiche sono molto diluite, tanto che i lavori di navigherà nel più nascosto underground (anche a Wyxmer e Asgard sono più indicati a coloro che già causa di uno scioglimento durato diversi anni) fino al conoscono gli altri gruppi o i cui interessi musicali nuovo millennio quando, prima con un demo, quindi vadano oltre al semplice Epic ed Heavy Metal. con un album datato 2004, verranno del tutto allo scoperto. Guidati dal chitarrista e fondatore Andy I Wyxmer nascono alla fine degli anni ‘80 dall’idea Menario (vero nome Andrea Menarini) e del cantautore Astor Pride che, riunita attorno a sé la accompagnati dal cantante americano Rick classica line-up a quattro, dà vita al proprio progetto, Anderson (Richard Martin Anderson, già Damien riuscendo a pubblicare nel 1991 un EP da quattro King III nientedimeno che... con i Warlord, leggenda tracce, ‘The Sire of’. Dopo l’entrata in formazione di -5- un tastierista, già alla fine del 1992 il gruppo si scioglie, un po’ per la scarsa risposta del pubblico, un po’ per vicende interne. Eppure l’EP di debutto dei nostri è tutt’altro che scontato: si tratta di una particolarissima unione di stili, dall’hard rock e il progressive degli anni ‘70 a certe influenze epiche d’oltre oceano. Sia chiaro come i Wyxmer non rientrino comunque a pieno titolo nella scena metal, sebbene negli anni siano da sempre ad essa accomunata: ‘The Sire of’, come il lavoro successivo, sono album che la maggior parte degli ascoltatori troverà troppo leggeri per i propri gusti. Con l’arrivo del nuovo millennio, grazie all’interesse della Black Widow Records, anche i Wyxmer decidono di rimettere in piedi il gruppo, iniziando con la pubblicazione di ‘Feudal Throne’, album che include al suo interno i quattro brani dell’EP e sei inediti composti nello stesso periodo. Il risultato è soddisfacente - tant’è che ‘Feudal...’ è un lavoro sicuramente consigliato per coloro che cercano album molto particolari all’interno del progressive/rock - ma della band, che già aveva annunciato di essere al lavoro su un nuovo album, si perdono nuovamente le tracce... Molto più prolifici, in fatto di dischi, sono gli Asgard, un gruppo che definire di culto è dir poco: nati intorno al 1987 a Silea (Treviso) dalle ceneri di una precedente formazione, il gruppo guidato dal tastierista Alberto Ambrosi debutta nel 1991 con ‘Gotterdammerung’ (nome preso in prestito da un’opera di Wagner incentrata sull’epopea tedesca dei Nibelunghi). Questo album ci mostra una band legata al progressive ma con più di uno spunto epico, e che, sebbene confinata principalmente al pubblico prog, riuscirà a farsi notare anche dal circuito Heavy Metal grazie ad alcune soluzioni più energiche. La grandezza degli Asgard viene confermata dai successivi capitoli in studio pubblicati tutti negli anni ‘90, mentre è all’inizio del nuovo millennio che Alberto Ambrosi decide di trasferirsi in Germania dove costituirà una nuova line-up per i suoi Asgard. Verrà pubblicato, per un’etichetta da lui stesso fondata, il nuovo lavoro a titolo ‘Drachenblut’, quindi il gruppo finirà lentamente nell’oblio, tanto che l’atteso nuovo lavoro ‘Ragnarokkr’ non vedrà mai la luce. Anni '90: il fuoco sotto le ceneri Se gli anni ‘90 sono sempre stati considerati gli anni bui per il metal, osservando la scena Epic Metal italiana viene quasi da pensare il contrario: è proprio l’ultima decade del passato millennio a dare infatti i natali e in qualche raro caso l’occasione di debuttare a un grande numero di gruppi italiani, molti dei quali diventeranno a partire dalla seconda metà del 2000 gli esempi più importanti della nostra scena Epic. Oltre ai già citati Domine con ‘Champion Eternal’ e i Dark Quarterer con il loro terzo lavoro, negli anni ‘90 salgono agli onori della cronaca gruppi come Wotan, DoomSword, Rosae Crucis, Holy Martyr e altri, tutte band che ogni ascoltatore di Epic Metal dovrebbe conoscere. È pur vero che queste band non sempre riuscirono a piazzare più che qualche demo in questo decennio, un po’ per i naturali tempi di evoluzione delle band stesse un po’ per la mancanza di interesse, ma in molte resistettero abbastanza per farsi trovare pronte allo scoccare del nuovo millennio, quando il rinnovato apprezzamento verso le sonorità classiche trainerà questo genere di nicchia verso lidi migliori. La trattazione di questo capitolo parte da uno degli unici gruppi che possono vantare la propria nascita alla fine degli anni ‘80, ovvero i milanesi Wotan (da non confondere con gli omonimi di Pescara, altro gruppo anni ‘80 che con i primi demo scrisse interessanti pagine di Epic Metal, ma che non tratteremo in questo articolo, oltre che a quelli di Roma, di tutt’altro genere). Non è un caso se ho preferito spostare i Wotan milanesi in questo capitolo dedicato agli anni ‘90 piuttosto che nel precedente: la band guidata dal biondissimo Vanni Ceni vede infatti il proprio primo demo solo nel 1993 e, a causa di diversi problemi di line-up, non riesce a far conoscere più di tanto il proprio nome prima della fine del decennio. E’ nel 1998, con l’arrivo di Mario DeGiovanni (già nei Warhammer, gruppo che affronteremo a breve), che Vanni può infatti finalmente dare vita al suo progetto: formare un gruppo devoto all’Epic Metal più classico, influenzato dai Manowar e senza le tante divagazioni necessarie a interessare il pubblico troppo lontano da un genere di nicchia come questo. La band si presenta con un demo e subito la Grecia, da sempre esperta consumatrice di Epic italiano, non se li fa sfuggire, fornendo al quartetto di milanese (oltre ai già citati troviamo Salvatore Oliveri al basso e Lorenzo Giudici alla batteria, una line-up che durerà negli anni) un contratto con la Eat Metal Records. Andando a ripescare brani composti nel primissimo periodo della carriera e aggiungendone di inediti, vede così nel 2004 la luce ‘Carmina Barbarica’, primo album che ci mostra i Wotan come fieri portabandiera del genere, ricevendo buoni consensi anche al di là di alcune pecche in fase di registrazione. Le tematiche espresse dal gruppo -6- trattano l’epica classica, con figure che vanno da Re Artù a Teodorico, Re degli Ostrogoti, o Vercingetorige, tutti personaggi che hanno segnato le leggende di tanti popoli e che i Wotan riportano in musica. Dopo soli tre anni il gruppo si ripresenta con il secondo capitolo, ‘Epos’, nuovamente per la Eat Metal: i nostri non hanno abbandonato lo stile, anzi, calcano ancor più la mano sulle situazioni epiche, presentandoci un album leggermente più complesso ma anche più profondo negli arrangiamenti. Guest d’eccezione è lo stesso Ross the Boss, che va a firmare un assolo e le parti di pianoforte in un brano. I Wotan continuano ad essere apprezzati sempre da più persone, in particolare fuori dalla patria, non facendosi mancare diversi festival all’estero (Heavy Metal Assault ad Atene, il KIT del 2003, lo Swordbrothers Festival del 2006, ...) e qualche sporadico evento in Italia (ricordiamo giusto la giornata italiana al Tradate Ironfest del 2005, la data milanese con i Doomsword nel 2007 o quella più recente al Play It Loud! del 2009). A quattro anni di distanza dall’ultimo album, finalmente i Wotan tornano a farsi sentire nel 2011 con un EP che segna il passaggio all’italiana My Graveyard Productions: si tratta di ‘Bridge to Asgard’, un lavoro che fa da anteprima all’atteso terzo album in studio dei nostri. I Wotan sono uno dei gruppi che più di tutti in Italia si è dedicato all’Epic Metal senza alcuna contaminazione esterna e, probabilmente, è anche il motivo per cui la band qui in patria non ha raccolto tantissimo: gli appassionati del genere non si facciano comunque scappare almeno i due album pubblicati, lavori che in ogni discografia Epic Metal non possono mancare. Il secondo gruppo che vede la nascita alla fine degli anni ‘80 e che, come i Wotan, vedrà solo dopo diversi anni qualche risultato, sono i romani Rosae Crucis. Nati intorno al 1989, si fanno notare con due demo, ‘Il Re del Mondo’ (1993) e ‘Fede Potere Vendetta’ (1998), lavori che per quanto acerbi e registrati con mezzi di fortuna smuovono non poco l’interesse dell’underground, facendo vedere centinaia di copie al gruppo. Lo stile dei nostri è un Epic Metal ispirato dai grandi del genere, con testi che vanno dal sociale (‘Il Re del Mondo’) ai racconti di fantasia di stampo epico ('Fede Potere Vendetta' e successivi), il tutto cantato in italiano, cosa che contraddistinguerà la band fin dagli esordi. Nel 2003, dopo diversi cambi di line-up e un nuovo demo, avviene l’atteso debutto con ‘Worms of the Earth’, lavoro ispirato dall’omonimo romanzo di Robert Howard e che vede molte novità, a partire dal cantato, passato completamente all'inglese. Il lavoro riceve una discreta accoglienza, sia dalla stampa sia dai fans, questi ultimi non proprio contenti del cambiamento intrapreso dalla band riguardo la lingua usata. Gli anni passano e dei Rosae Crucis non si hanno tante notizie, se non nel 2008, quando grazie all’interessamento della Jolly Roger Records, viene proposto alla band di reincidere il materiale presente nei primi demo. Nascono così le ri-edizioni de ‘Il Re del Mondo’ e di ‘Fede Potere Vendetta’, due lavori che permettono di riscoprire due piccoli gioielli dell’Epic Metal e che, riproposti in questa nuova ottima veste, permettono alla band di guadagnarsi un posto di rilievo nella scena italiana. A seguito del rinnovato interesse, viene pubblicata anche una versione in inglese per l’ultimo ‘Fede Potere Vendetta’, la quale può vantare la presenza di Chris Boltendahl dei tedeschi Grave Digger come special guest, oltre all’EP ‘Venarium’, racchiudente al suo interno il trittico dedicato a Conan. Il gruppo è al momento già al lavoro sul nuovo album, ispirato alla Massoneria, mentre nel frattempo continuano le date dal vivo, esclusivamente in Italia per il momento, dove i nostri hanno da sempre dimostrato di saper eccellere, tanto dal punto di vista musicale quanto scenografico. Prima di passare al gruppo successivo, è bene raccontare di una piccola realtà italiana che potremmo definire alla base di due gruppi molto importanti della nostra scena: si tratta dei Warhammer, gruppo che rimase attivo per non più di qualche anno, ma che vedeva al suo interno una serie di personaggi successivamente impegnati in altri gruppi. Si tratta di Deathmaster e Guardian Angel (entrambi nei DoomSword, il primo anche nei Gjallarhorn) e Mario DiGiovanni (come già precedentemente raccontato nei Wotan dopo un’esperienza con i suoi Stonehenge), oltre che Matteo Lavazza (lo ritroveremo negli Ul Mik Longobardeath). Il gruppo si rese autore di un solo demo di tre pezzi, datato 1994, prima di dissolversi nel nulla e lasciando i suoi componenti agli altri progetti: ritroveremo comunque traccia dei brani presenti nel demo nei lavori successivi delle band (ne è un esempio il brano "Goyatla (The Last Battle)" dei Wotan presente sull’EP ‘Bridge to Asgard’). Da una costola dei Warhammer vediamo quindi la nascita dei DoomSword, formazione imprescindibile per la scena Epic Metal italiana: l’aurea di culto che è andata creandosi attorno al progetto di Deathmaster e Guardian Angel fin dai primi anni di vita del progetto è effettivamente più che giustificata, visto che i DoomSword possono essere oggi annoverati fra i gruppi italiani più noti e importanti, autori di cinque album tutti validi e capaci di differenziarsi uno -7- dall’altro. Formatisi intorno al 1997 dopo una precedente esperienza a nome 1014 AD, i due fondatori Deathmaster e Guardian Angel (i nomi sono tratti dall’artwork di ‘Deliver Us’ dei Warlord, giusto per non farsi mancare niente) registrano il demo ‘Sacred Metal’, contenente 5 brani che in parte ritroveremo sul debutto. Il demo riceve un buon riscontro, portando la Underground Symphony ad offrire un contratto alla band che, aggiunte alle proprie fila Nightcomer (Gabriele Grilli, futuro Fury N Grace e oggi nei Battleroar) alla voce (Deathmaster si occuperà unicamente della chitarra su questo lavoro) e Dark Omen al basso, registra l’album di debutto. L’omonimo ‘DoomSword’ viene pubblicato nel 1999 e riceve ottime recensioni, rivelandosi un lavoro capace di unire l’Epic Metal di Warlord, Cirith Ungol, Medieval Steel con atmosfere sulfuree quasi al limite con il Doom dei Candlemass. Il successo non permette però un facile proseguimento dei nostri, visto che l’uscita di Nightcomer e Guardian Angel sconvolge di molto la line-up della band. Reclutati i nuovi The Forger (chitarra), Guardian Angel II (chitarra) e Grom (batteria), nonché con il ritorno dietro al microfono di Deathmaster (il quale abbandonerà la chitarra), i rinnovati DoomSword si ripresentano nel 2002 con il secondo capitolo della propria discografia, ‘Resound the Horn’. Pubblicato dalla Dragonheart Records, l’album consacra definitivamente i DoomSword: il cantato di Deathmaster, per quanto differente da Nightcomer, ha il suo senso nella rinnovata formazione e l’album si riserva un posto d’onore nell’intera discografia del gruppo. Rinnovati in energia dai diversi live (da ricordare la primissima edizione del Keep It True) e dall’entrata in formazione dei nuovi Wrathlord e Sacred Heart (rispettivamente al posto di Grom e Guardian Angel II), già nell’anno successivo la band si ripresenta con ‘Let Battle Commence’, album che verrà ricordato per le sue tematiche viking, sebbene il genere rimanga molto simile al precedente lavoro. Dopo un’altra serie di concerti (Bang Your Head e Tradate Iron Fest fra gli altri), la band si prende una pausa per permettere a Deathmaster e Wrathlord di dedicarsi al side project Gjallarhorn, band dedita a un Epic Metal sulla scia dei Bathory (ne riparleremo nel prossimo capitolo) che nel 2005 debutterà con l’album ‘Nordheim’. Nel 2007, con l’ingresso di Geilt al posto di Dark Omen, i DoomSword tornano con il quarto lavoro in studio: ‘My Name Will Live On’ è un album ancor più complesso dei precedenti, più Heavy e meno Doom, dal trademark comunque riconoscibile e dalle tematiche sempre legate a vicende storiche e ai valori di coloro che hanno fatto la storia. Per avere un nuovo capitolo del gruppo bisognerà aspettare altri quattro anni, quando con ‘The Eternal Battle’ il gruppo rispolvera il nome dei DoomSword ricordandoci della qualità che abbiamo qui in Italia: orfani di The Forger, il quartetto si presenta con un lavoro molto più introspettivo dei precedenti, dai ritmi più lenti, dove il cantato di Deathmaster si abbassa per meglio interpretare brani che al posto di un sicuro impatto preferiscono incantare dopo tanti ascolti. Ad album registrato la band vede l’ennesimo cambio di formazione con l’uscita di Geilt, rimpiazzato subito da Christian "Nidhoggr" Grilli, già nei Gjallarhorn. Purtroppo poco attivi dal punto di vista live qui in Italia, anche a causa del trasferimento in Irlanda di Deathmaster, i DoomSword sono una delle realtà Epic italiane più importanti per la nostra scena e la loro discografia necessaria in blocco a tutti coloro che si ritengono appassionati del genere. Lasciamo la terra ferma per conoscere due valide realtà della nostra scena: si parte con la Sardegna e un gruppo che oramai non ha bisogno di tantissime presentazioni, visto che si tratta di una band che nel giro di tre album ha raggiunto un seguito enorme in Italia e all’estero. Parliamo degli Holy Martyr, band che vede la formazione addirittura nel 1994 e, dopo una serie di demo ed EP (se ne contano almeno sei in sette anni), raggiungo finalmente il traguardo del primo full-length nel 2007. 'Still at War', questo il titolo del primo parto in studio per il gruppo composto da Alessandro "Alex" Mereu (voce), Ivano Spiga (chitarra), Eros Melis (chitarra), Roberto Frau (basso) e Daniele Ferru (batteria), ci mostra una solida band influenzata sì dalla scena inglese degli anni '80, ma con un chiaro richiamo alla scena epica, tanto quella americana (Omen, Manilla Road, Manowar) quanto quella europea (Wotan, DoomSword, Battleroar, primi Domine). L'interesse per il gruppo da parte dell'underground, invero già presente fin dagli ultimi demo pubblicati (basti pensare alla chiamata per esibirsi al Keep It True del 2004), cresce a dismisura tanto in Italia quanto soprattutto all'estero. Basta attendere l'anno successivo, il 2008, e la band torna con un nuovo lavoro, 'Hellenic Warrior Spirit', dedicato questa volta alla scena ellenica e alla figura degli Spartani. Un lavoro dalla grande cura e che, attraverso testi molto ispirati, ci rappresenta i due aspetti della vita degli Spartani, ovvero la formazione e l’esaltazione nei confronti della guerra, quindi il lento decadimento davanti alla sconfitta, rappresentata in questo caso dalla Battaglia delle Termopili e dalla caduta di Leonida. Fatto particolare è l’uscita di questo album proprio all’indomani della pubblicazione del noto film 300 tratto dalla omonima -8- graphic novel di Frank Miller, coincidenza che non deve però ingannare, in quanto gli stessi Holy Martyr ben prima dell’uscita del film già avevano composto tutti i brani inerenti alla Battaglia, includendoli nei demo dei primi anni del 2000. Infine, nel 2011, la band si presenta con il terzo lavoro in studio, pronta a riconfermare la propria posizione nella scena italiana: ‘Invincible’ è il titolo del nuovo lavoro, un album che pur non essendo un concept si concentra sul Giappone e sulla figura dei samurai, in particolare sulla filmografia di Akira Kurosawa. L’album si discosta in questo caso dall’Epic, avvicinandosi ulteriormente a quell’influenza Heavy Metal che ha fatto da prima ispirazione per il gruppo. Ciò nonostante il risultato è un centro pieno per gli Holy Martyr, capaci di innovarsi e stupire pur rimanendo fedeli al proprio marchio. Fra i gruppi più importanti della scena italiana attuale, tutti e tre gli album sono acquisti di valore che non dovrebbero mancarvi se amanti dell’Heavy/Epic Metal. Se gli Holy Martyr sono fra i più noti della nostra scena, gli Ordalia sono completamente dal lato opposto, visto che questa sconosciutissima formazione non ha mai potuto vantare un minimo di successo. Nati dalle ceneri dei No Rules, gruppo attivo negli anni ‘80 ma dalle coordinate stilistiche differenti, la band guidata dal chitarrista Mario Di Prima si forma a metà degli anni ‘90 e pubblica nel ‘97 il primo demo a titolo ‘Mormegil’, un nome che agli appassionati di Tolkien già dovrebbe dire qualcosa. Il debutto ufficiale si ha però nel 2001, quando esce ‘The Return of the King’, primo e unico album della formazione siciliana. Il genere dei nostri è rivolto essenzialmente al metal epico d’oltre oceano, con Manilla Road, Cirith Ungol, Medieval Steel, Steel Assassin a farla da padrone, ma il gruppo non nasconde certamente le influenze più heavy dei Black Sabbath, padrini dello stile chitarristico di Mario. Accompagnato dal cantante italo-argentino Martin De Coix, dal bassista Ernesto La Rosa e dal batterista Maurizio Caltanisetta, il nostro ci presenta tematiche che fanno della letteratura fantasy la sua principale influenza, dal già citato Tolkien a Marion Zimmer Bradley. Purtroppo ‘The Return of the King’, pubblicato in una quantità limitatissima dalla Swan Records, è l’unica testimonianza che rimane della band, naufragata negli anni successivi. Una ristampa di questo lavoro potrebbe rivelarsi un’ottima cosa per gli appassionati dell’Heavy/Epic americano... Nati alla fine degli anni ‘90, i romani Savers rientrano a pieno titolo in questo articolo grazie alla pubblicazione di ‘Victory’s in Sight’, album in studio datato 1999 in cui la band mostra la propria devozione all’Epic americano di Omen, Medievel Steel, Brocas Helm e compagni. Con una produzione ovattata come il genere richiede e guidati dalle chitarre sempre ottime di Francesco Marrelli, il gruppo dimostra grandi doti, realizzando un album a tratti semplice e diretto ma che non nasconde soluzioni più maestose (vengono in aiuto in alcuni casi anche le tastiere). Dall’iniziale “Way to Asgard” alla conclusiva “Savers”, passando per parentesi più Heavy come “Never Savers Die” o la più melodica “Everything Turns Black”, il loro ‘Victory’s in Sight’ è un lavoro onesto e che non mancherà di soddisfare gli appassionati di Heavy/Epic Metal. Purtroppo, nonostante alcuni successi sul campo (ricordiamo il concerto del 2000 di supporto a R.J.Dio), da lì a poco la band perderà interesse e arriverà allo scioglimento, con alcuni dei componenti che si ricicleranno in nuovi progetti (fra gli altri, Marco Moretti e il già citato Marrelli fonderanno i Rebel Tango, band hard rock molto interessante). Nel 2009 arriva quasi a sorpresa la reunion del gruppo: la band sembra nuovamente affiatata e già al lavoro su un nuovo album, tanto che un brano inedito viene anche reso disponibile su MySpace nel marzo 2010. Ad oggi non si hanno però più notizie fresche sull’effettiva attività del gruppo, lasciando i fan in una continua attesa per sapere se il ritorno delle scene dei Savers avverrà davvero o meno. Anni 2000: la rinascita della fenice Con il rinnovato interesse nei confronti delle sonorità più classiche dell’Heavy Metal, è indiscutibile che anche l’Epic nel nuovo millennio abbia attirato molto l’attenzione degli ascoltatori, tanto nella scena internazionale quanto in Italia. Non è un caso infatti se praticamente la quasi totalità dei gruppi citati nei precedenti capitoli sugli anni ‘80 e ‘90 arriveranno a pubblicare la maggior parte dei proprio dischi o addirittura il debutto solamente nel nuovo millennio. Al fianco di questi padri fondatori della scena Epic vanno comunque ad aggiungersi una serie di formazioni tutt’altro che secondarie: nomi come Battle Ram, Assedium, Etrusgrave, Gjallarhorn e altri saranno pronti ad aggiungere importanti capitoli per la nostra scena epica, rendendola una delle più attive in Europa seppur quasi sempre relegata a un culto underground. Diamo ora spazio a quest’ultima tornata di nomi. Si presentano con nomi vichinghi e un’iconografia che rimanda direttamente ai Bathory del periodo Epic, ma dietro ai Gjallarhorn si celano già alcuni -9- volti noti della scena italiana, a partire da Deathmaster (qui con il nome di Vali, voce e chitarra) e Wrathlord (Grungnir, batteria) dei DoomSword. Completano la formazione per questa nuova realtà italiana nata nel 2003 Fenrir e Nidhoggr (quest’ultimo entrerà nei DoomSword nel gennaio 2011) rispettivamente alle tastiere e al basso, per una band che è completamente votata al sound di Quorthon nell’era viking di ‘Hammerheart’, ‘Twilight of the Gods’ e successivi a ‘Blood on Ice’. I temi stessi ripercorrono quelli della mitologia norrena, rappresentata nel loro debutto ‘Nordheim’ da sei brani che ci raccontano del Ragnarok (trilogia centrale dell’album), delle conquiste vichinghe (“200 Years of Fury”) e della progressiva scomparsa del popolo vichingo con il conseguente abbandono degli Dei (“The Day Odin Stood Still”). Un album che farà la felicità degli appassionati di queste tematiche e del sound epico più evocativo dettato tanto dal cantato di Deathmaster - diverso da quanto proposto da Quorthon ma altrettanto profondo - quanto dagli inserti di tastiere indispensabili per ricreare certe atmosfere. Dopo l’uscita di ‘Nordheim’ del gruppo non si sentirà parlare molto, sebbene dopo la pubblicazione dell’ultimo lavoro dei DoomSword Deathmaster abbia già annunciato che i Gjallarhorn sono al lavoro sul secondo album. Non resterà che aspettare quindi un album quasi certamente sulle stesse tematiche e sonorità. all’Epic americano (con qualche influenza anche più Heavy) in cui vicende storiche si uniscono ai lavori di R.R. Martin, Howard, Walter Scott, Lovecraft e Robert Graves. Purtroppo ‘Fighting...’ sarà il capitolo conclusivo per questa promettente band: a causa di problemi interni la band deciderà di lasciare tutto e, con un concerto conclusivo nel marzo 2009, i cinque componenti riporranno in un cassetto il nome Assedium. Ritroveremo successivamente Luca “Fils” Cicero e Guido Tiberi negli Axevyper, nuovo gruppo che pur con qualche velata influenza Epic si rivolgerà con maggiore attenzione verso il tradizionale Heavy Metal anni ‘80, mettendo a segno un album omonimo nel 2010 e un altro nel 2012, inframezzati da un EP cantato completamente in italiano. Ad aumentare il culto degli Assedium, certe voci che danno membri del gruppo far parte anche degli “americani” Hyborian Steel, band che si rifà pesantemente all'Epic Metal incontaminato. Il loro debutto e unico lavoro, 'An Age Undreamt of...', si rivela un platter molto debitore dei grandi del genere, ma splendido per gli appassionati, che troveranno nei solchi polverosi autentici episodi di Epic Metal. Attesi per il Play It Loud! del settembre 2010 in quella che sarebbe stata la loro prima e unica data italiana, saltata così come tutto il festival, l’aurea di leggenda intorno al gruppo rimane tutt’ora, gruppo che pare essere proprio in questo periodo al lavoro Assedium: un nome che è già leggenda sul nuovo capitolo in studio... nell’underground italiano. Autori in cinque anni di attività di due soli album, il gruppo guidato da Luca Per riascoltare la chitarra di Fulberto Serena, storico “Fils” Cicero si è ritagliato un posto d’onore nella primo chitarrista dei Dark Quarterer (vedi parte I di scena Epic italiana, mettendo a segno due album questo articolo) occorre attendere quasi 15 anni, ispirati ai grandi del genere, dai Manilla Road agli quando a sorpresa si ripresenta con il suo nuovo Omen passando per Cirith Ungol, Steel Assassin e gruppo: gli Etrusgrave. Trovati al suo fianco primi Manowar. Dopo un demo nel 2005, anno l’esperto Luigi Paoletti (basso) e i giovani Tiziano successivo alla loro formazione, debuttano nel 2006 Sbaragli (voce) e Francesco Taddei (batteria) con ‘Rise of the Warlords’, album ancora acerbo e in nella prima fase della band troveremo anche Carlo cui la giovane età del combo si fa sentire, tanto nella Funaioli, primo batterista dei Domine - il gruppo si struttura delle canzoni, ancora troppo semplici per il presenta riprendendo l’eredità dei primi Dark genere, quanto nell’esecuzione non sempre priva di Quarterer: l’Epic-Progressive del gruppo di sbavature. La band mette comunque in chiaro la Piombino viene riletto in una chiave più oscura e più propria fedeltà al genere e il supporto epica, proprio come i primi due album della band dell’underground non si fa attendere, tanto che i madre. Il debutto arriva, dopo due demo, nel 2008 e nostri si assicurano la partecipazione a diversi ‘Masters of Fate’ si rivela un ottimo lavoro che festival, fra cui ricordiamo la prima edizione del Play convince delle qualità del gruppo tanto in studio It Loud!. A due anni dal debutto il gruppo ritorna in quanto dal vivo. La band partecipa a diversi concerti grande spolvero con ‘Fighting for the Flame’, un anche all’estero, mentre già nel 2010 ritornano con il album che si pone come uno dei veri gioielli secondo capitolo, ‘Tophet’, album più complesso ma dell’Epic Metal italiano. Il gruppo in appena due anni di livello ancora superiore, anche grazie a una è cresciuto tantissimo e brani come “Winter is registrazione capace di valorizzare tutto il gruppo. Coming”, “Romanitas” o “Desecretion” ci mostrano Differenziandosi leggermente dai primi Dark una band che oramai non ha più limiti, sempre legata Quarterer, i testi degli Etrusgrave traggono - 10 - ispirazione principalmente da vicende storiche, passando dagli etruschi ai fenici, normanni e sassoni, spesso rappresentanti scene di combattimento o relative ai guerrieri stessi. Una band in continua ascesa, capace dopo vent’anni di occupare il posto progressivamente lasciato vuoto da parte della “band madre” per quanto riguarda certe sonorità, e che proprio nelle influenze classiche del chitarrista riesce a porsi come unica all’interno del nostro panorama: caldamente consigliata l’ultima pubblicazione, ma per chi ancora si esalta sui primi lavori dei Dark Quarterer anche il primo album degli Etrusgrave è un capitolo essenziale. etichetta che li metterà sotto contratto. Nel 2009 è infatti la volta dell’EP ‘Smash the Gates’ per la My Graveyard Productions, lavoro professionale che racchiude due canzoni nuove, una versione acustica del loro brano “Dark Command”, due live registrati al KIT e infine una cover degli Angel Witch. L’EP sarebbe dovuto essere il viatico per l’album di debutto atteso per i mesi successivi, ma mese dopo mese l’uscita viene rinviata fino a questo 2011 che, secondo le ultime news dalla band, dovrebbe finalmente vederne la pubblicazione. La band al momento vede una formazione composta, oltre che dal già citato Gianluca Silvi (chitarra), da Franco Sgattoni (voce), Davide Natali (chitarra), Arnaldo Parlando di Epic Metal italiano è impossibile non Rosati (basso) e Pierpaolo Sita (batteria). nominare i Jotenheim, gruppo nato ad Ascoli Piceno nel 2002 e al cui interno troviamo due Battle Ram, Nati nei primi anni del nuovo millennio, i sardi Icy ovvero Gianluca Silvi e Arnaldo Rosati. Steel sono un’interessante formazione proveniente da Completano la line-up ufficiale Matteo Isopi (voce), quella che è una delle fucine più importanti per la Stefano Sanguini (chitarra) e Giuseppe Bracchi scena heavy italiana, ovvero l’assolata Sardegna, e in (batteria, sebbene non abbia partecipato ad alcuna particolare Sassari. Guidati dal cantante e chitarrista registrazione ufficiale). Il loro primo e unico lavoro Stefano Galeano, vero frontman e attorno a cui in studio è l'EP omonimo, pubblicato in versione cd e ruoteranno negli anni le varie line-up, il gruppo si vinile e racchiudente soli cinque brani, ma dall'alto presenta con un primo demo nel 2005. Il lavoro è valore. Le prime tre tracce ci presentano un gruppo talmente buono che subito la band attira l’attenzione devoto all’Epic tradizionale ma guidato dalla della tedesca Pure Steel Records, la quale offre ai “barbarica” voce di Matteo Isopi, segno nostri un contratto per la pubblicazione del debutto. inconfondibile del gruppo, mentre la quarta traccia è L’omonimo ‘Icy Steel’ esce così appena due anni una breve strumentale con chitarra acustica. Chiude dopo, mostrandoci un gruppo devoto a un Heavy la cover del classico “Queen of the Black Coast” Metal classico dalle influenze epiche di Manowar e degli eroi di Wichita, brano che dimostra tutta la Omen, in questo caso tutto su tempi non troppo passione del gruppo verso questo genere. Purtroppo veloci ma che anzi fanno affidamento più alla dopo questo EP della band non si sentirà più parlare, potenza sonora che altro. Tre anni dopo è già il tant’è che tutte le speranze di avere un seguito sono tempo del secondo lavoro, ‘As the Gods Command’, andate perdute e riposte solamente nei Battle Ram. platter che ci mostra un gruppo maturato Nel frattempo, meglio fare proprio l’EP prima che sensibilmente e che da più spazio alla propria diventi merce rara: consigliata sicuramente l’edizione passione verso l’Heavy Metal classico, pur non in vinile splatter, ma anche il digipak ha i suo pregi. disdegnando quelle influenze epiche dettate principalmente dal cantato evocativo di Stefano Come già anticipato nei Jotenheim, i Battle Ram Galeano. Purtroppo minati dai continui cambi di linesono la seconda formazione proveniente da Ascoli up, il gruppo continua tutt’oggi la sua esperienza con Piceno dedita a un classicissimo Epic Metal ispirato live principalmente, se non esclusivamente, nel dai grandi nomi americani, a cui si aggiunge una territorio sardo, un peccato visto che gli Icy Steel solida componente Heavy in chiave NWOBHM. La sono una realtà molto valida e che, se solo avesse alle formazione della band si ha nei primi anni del nuovo spalle maggiore spinta, potrebbe riscuotere interesse millennio intorno alla figura di Gianluca Silvi, il all’interno della nostra scena underground. quale riesce a far debuttare il gruppo nel 2003 con un EP auto-prodotto e ristampato successivamente in Nome molto recente quello dei Darking, formatisi vinile dalla Metal Supremacy. Grazie a questa uscita nel 2005 ma già all’attivo con un album di tutto la band si ritaglia un posto importante rispetto. Guidati da Agostino Carpo, storico primo nell’underground italiano ed europeo, tanto che il chitarrista dei Domine (vedi parte I di questo nome inizia ad essere presente su diverse locandine articolo), il gruppo si fa portavoce proprio del primo di festival nazionali e internazionali, dal Tradate sound del gruppo dei fratelli Paoli: un classicissimo 2005 al Keep It True 2008, passando per il Play It Heavy Metal con influenze epiche, dettate in questo Loud del 2007, festival organizzato dalla stessa caso tanto dalla chitarra di Agostino quanto dal - 11 - cantato di Mirko Miliani. Diverse però le tematiche, slegate completamente dall’Epic tradizionale e dalle vicende dell’albino di Melniboné, quanto piuttosto vicine alla vita quotidiana e a momenti e personaggi storici (dai Templari a Nostradamus). Dopo un demo datato 2009, il gruppo debutta con ‘Sons of Steel’ l’anno successivo, ricevendo buoni consensi dal pubblico e dalla critica. Ottimi anche in sede live, dove con il tempo si stanno guadagnando un buon seguito, i Darking sono già al lavoro sul nuovo album, in cui non mancherà una sorpresa proprio per gli appassionati del primo periodo dei Domine. Oramai in coda a questo capitolo, parliamo di due promesse sfumate dell’Epic italiano. Iniziamo con gli Spartacus, uno dei rarissimi gruppi provenienti da Siena dedito a un Epic Metal sulla scia di Manilla Road, Manowar e in generale tutta la scena americana. Guidati dal bassista Carlo Castellani, il gruppo vede un punto di svolta nel 2007 con l’entrata in formazione di Federico Rocchi alla chitarra e Edoardo Natalini alla batteria, con cui vengono incisi in tutto tre demo: ‘Spartacus’ (2008), ‘Ancient Dinasty’ (2008) e il conclusivo ‘Obscure and Savage’ (2009), praticamente pubblicato ad un mese dallo scioglimento della band che, con l’uscita di Natalini, cessa di esistere. Seppur ancora molto grezzi nel sound, gli Spartacus potevano essere una bella realtà italiana necessaria solo di un debutto registrato professionalmente. E in effetti, sebbene la band si sia sciolta, non tarderemo a ritrovare i nostri con stessa identica formazione dietro la nascita dei Focus Indulgens, gruppo che con l’album ‘The Past’ pubblicato nel 2010 ha segnato uno dei momenti più interessanti dell’underground italiano. In questo caso, pur non abbandonando certe sonorità a là Manilla Road, la band è più rivolta a un discorso Doom Metal con influenze Progressive anni ‘70, tutto riletto in chiave altamente personale: un ascolto al loro debutto è sicuramente consigliato se siete amanti delle sonorità più “particolari”. Altra promessa sfumata sono gli Atreides, formazione di Cuneo attiva dal 2004 al 2010 che ha regalato all’underground italiano due demo, ‘2k6’ e ‘Vendetta’, oltre che un particolare split con gli Animae Vector cantato in esperanto. Fin dal nome del gruppo è possibile capire l’ispirazione principale per le tematiche affrontate dai nostri, ovvero il ciclo di Dune di Frank Herbert, omaggiato da brani che fondono l’Heavy Metal ottantiano con una vena più epica dettata tanto dalle chitarre quanto dal cantato enfatico di Davide Di Meo. La band si toglierà nella sua carriera alcune soddisfazioni facendo di spalla a diversi gruppi e vincendo un concorso per la partecipazione all’Italian Gods of Metal del marzo 2010 ma, dopo l’uscita del cantante e con già diversi brani pronti per un nuovo lavoro, il gruppo deciderà di comune accordo di sciogliersi lasciando ai posteri quei tre soli lavori. Per concludere una band che, pur non essendo italiana, ha visto al suo interno uno dei migliori cantanti usciti dalla nostra madre patria. Stiamo parlando di Marco Concorreggi e dei greci Battleroar, un gruppo che è riuscito a ritagliarsi un posto d’onore nella nuova scena Epic mediterranea. Nati a inizio del nuovo millennio, il gruppo si fa conoscere con un paio demo, ma è solo nel 2002, con un cambio di line-up che porta all’ingresso proprio di Concorreggi, che la band è pronta a debuttare. Nei sette anni successivi la band ellenica pubblica così tre album in studio, ‘Battleroar’ (2003), ‘Age of Chaos’ (2005) e ‘To Death and Beyond’ (2008), ricevendo larghi consensi e suonando in molti festival (dal Keep It True all’Headbangers Open Air, oltre che alla prima edizione del nostro Play It Loud!). Gli album del gruppo confermano effettivamente una band più che valida, potendo contare anche sull’esperienza accumulata negli anni da parte dei vari componenti, capaci di regalarci brani indimenticabili e in tutto e per tutto epici. Purtroppo la magia si interrompe bruscamente nel 2009, quando prima il chitarrista e fondatore Manolis Karazeris, quindi Marco Concorreggi abbandonano la band. I Battleroar sono comunque tutt’ora attivi e l’ultima notizia che si ha è l’ingresso in formazione, nel ruolo di cantante, di un’altra figura della nostra scena italiana: si tratta di Gabriele “Nightcomer” Grilli, storico primo cantante dei DoomSword nel loro album di debutto. Il tempo ci dirà cosa i Battleroar saranno ora capaci di fare. Nel frattempo è da segnalare che Concorreggi e Karazeris hanno già dato vita a un nuovo progetto, i Dexter Ward, gruppo che pur non ricalcando l’Epic battagliero dei Battleroar potrà soddisfare gli appassionati dell’Heavy Metal americano anni ‘80. Autori di un EP nel 2010, è atteso ora il loro album di debutto, di cui al momento si conosce già il titolo: ‘Blackout in LA’. Anni 2010: l'inizio di una nuova era I presupposti per un continuo della scena epica pochi quelli che hanno abbandonato la scena, italiana ad oggi ci sono ancora tutti: dei tanti nomi facendo sperare nel prossimo decennio a un continuo citati fino ad ora nei tre precedenti capitoli, sono susseguirsi di lavori di un certo valore. Negli ultimi - 12 - anni l’underground non è stato certamente a guardare e questo ultimo capitolo, più che raccontarvi delle band effettivamente nate a partire dal 2010, riprende i gruppi che solo con qualche demo all’attivo potrebbero rendersi nomi importanti della scena Epic. Se siete amanti del genere, teneteli sicuramente d’occhio. Il nome Bringer of War è solo del 2011, ma il gruppo, sotto il moniker Warbringer, nasce addirittura nel 2003. La band vede purtroppo molti problemi interni di line-up che ne ritardano continuamente l’attività: in 7 anni riescono a pubblicare solo un demo dal titolo ‘Warbringer’, un lavoro che però proietta direttamente i nostri fra le realtà Epic Metal più interessanti d’Italia. ‘Warbringer’ è difatti un piccolo gioiello, capace di richiamare alla mente atmosfere cupe ma sempre dall’impronta epica, atmosfere se vogliamo vicine ai primi lavori dei Domine e dei DoomSword, dove il potente cantato di Pietro "Lord" Gandolfi (ex-Dark Horizon e Stormblade) e le parti strumentali tutte curate e realizzate da Massimiliano "Pex Steel Lance" Dosi (ex-Helgrind, Eternae e Stormblade) non fanno fatica a creare qualcosa di eccezionale. Per le tematiche basta dare un’occhiata ai titoli dei brani: la saga di Conan viene omaggiata con “Cimmerian Blood”, l’albino di Melnibonné con “The Course of the White Wolf”, lo scrittore David Gemmell e il suo personaggio Druss con il brano “Rowena”. Dopo l’uscita di questo demo, che potremmo quasi considerare un full-length vista la durata, la band vede il raggiungimento di una formazione a quattro che però con gli anni andrà più volte a disfarsi, facendo temere che i Warbringer chiudano definitivamente da un momento all’altro. Nel 2011 si rifanno invece vivi con l’annuncio del cambio di nome in Bringer of War e la presenza nell’album tributo agli Omen ‘All Fear the Axeman’, prima registrazione ufficiale da quel demo datato 2008. Speriamo che il gruppo abbia finalmente trovato una solida line-up e possa regalarci quanto prima un degno successore di ‘Warbringer’, perché i presupposti per avere un nuovo grande gruppo italiano ci sono tutti. Land’ (2010), dove vediamo anche l’ingresso di un secondo chitarrista, Stefano Colombo (già nei Warbringer/Bringer of War, vedi poco sopra). È soprattutto questo secondo lavoro a rendere giustizia a questa valida formazione italiana: il classico Heavy Metal di influenza NWOBHM si unisce a venatura epiche, a tratti quasi oscure nonostante il cantato pulito di Stefano Silvestrini, con tematiche storiche e del nostro paese mai banali. La band è recentemente entrata in studio per la registrazione di quello che sarà il loro album di debutto: viste le buone premesse, gli Aeternal Seprium potrebbero rivelarsi un’altra interessante realtà tutta italiana. Giovanissimo act proveniente da Brescia, i Prodigal Sons sono una delle poche band Epic Metal italiane che possono vantare l’influenza dei migliori Virgin Steele, richiamati principalmente dal cantato di Gabriele Tura, ottimo tanto in studio quanto dal vivo. Il gruppo è attivo fin dal 2005 e, con il perfezionamento della tecnica strumentale e la scelta di un preciso genere musicale da seguire, riescono ad auto-prodursi due demo, di cui il secondo, omonimo e datato 2009, ci presenta un gruppo già capace di differenziarsi dal folto underground. Le tematiche presentate riguardano in questo caso la mitologia, sottolineata da brani come “Zeus the Thundergod” o "The Banquet to the Gods", mentre il genere della band è un misto fra classico Heavy Metal alla Iron Maiden e l’Epic Metal alla Virgin Steele o primi Manowar. Ad accoglierli nel proprio roster è la My Graveyard Productions, la quale si occuperà di pubblicare l’album di debutto atteso per i primi mesi del 2012. Nati nel 2004 dalle ceneri dei Metal Slave, i Sons of Madness sono una delle tante giovani realtà che la Sardegna ci sta regalando in questi anni. Con all’attivo due demo, ‘The Army of Darkness’ (2007) e ‘America’ (2010), il gruppo si è messo in mostra con un Heavy Metal classico dalle influenze epiche d’oltre oceano, ottimamente cantato e dalle belle parti strumentali. Le tematiche affrontate sono in questo caso più vicine alla storia, sia quella geograficamente vicina alla band (il brano “Zericum”) sia quella americana (“A New Destiny” e “America”, le quali parlano della conquista del Nuovo Mondo da parte dei coloni europei). Un gruppo veramente valido questi Sons of Madness e necessario ora solo di un’etichetta che possa puntare su di loro. Le origini degli Aeternal Seprium sono da ricercarsi fin dalla fine degli anni ‘90 quando, con moniker e formazione differente, iniziano a farsi notare nell’ambiente con composizioni proprie e tributi ai grandi del genere. Con l’ingresso del cantante Stefano Silvestrini lo stile della band cambia, andando ad abbracciare punte più epiche: la band ne Altra formazione interessante sono i Kryuhm, rende testimonianza nei due demo ‘A Whisper From gruppo attivo fin dalla fine degli anni ‘90 e Shadows...’ (2007) e ‘The Divine Breath Of Our influenzato principalmente dal classico Heavy Metal, - 13 - ma in cui le atmosfere epiche dettate dal cantato e dalla chitarra di Daniele “Ozzy” Laurenti si fanno portatrici di una vena alla primi DoomSword. Autori di un solo demo, la band ci regala brani come “The Evolution”, “Conan” o “War”, lavori che per quanto a tratti ancora acerbi (ma d’altra parte stiamo parlando di un demo registrato nel 2000) potrebbero essere il viatico per una band interessante. Dopo diversi anni di fermo e un cambio di line-up al basso, nel 2009 il gruppo è tornato attivo ed è ora intenzionato alla registrazione di un nuovo lavoro: il tempo ci dirà se i Kryuhm saranno fra i nuovi portabandiera della scena Heavy/Epic italiana. Hanno recentemente debuttato con un EP da 6 tracce i Bloodshed Walhalla, one-man band nata per opera del poli-strumentista Drakhen. L’intento iniziale era quello di proporsi come cover-band degli immortali Bathory, ma in breve il progetto viene lasciato da parte per mancanza di persone interessate a prendervi parte. Drakhen non getta comunque la spugna, decidendo di fare tutto da sé e formando così nel 2006 i Bloodshed Walhalla, band che si rifà completamente al suono dei Bathory del periodo Epic. Vengono proposti due demo, quindi grazie all’interesse della Fog Foundation viene rilasciato nel dicembre 2010 ‘Legends of a Viking’, un EP di inediti interessante per quanti hanno adorato i dischi di Quorthon. La lista dei gruppi non finisce certamente qui: di band più o meno sconosciute negli anni ne sono nate (e morte) a decine, molte senza neppur aver dato ai posteri più di qualche semplice demo. Ricordiamo quindi nomi come i Sacro Ordine dei Cavalieri di Parsifal, i Thunder Roar o ancora i Wotan di Pescara già citati nel secondo capitolo, i Warden, gli Storm, i Warloud, i Guardiani di Frontiera e chissà quanti altri, tutte band che rimangono di appannaggio dei soli veri “maniaci” della nostra scena. Per concludere completamente il discorso, da segnalare l’album tributo ‘All Fear the Axeman’, una raccolta pubblicata nel gennaio 2012 dalla My Graveyard Productions e contenente 15 brani degli Omen riletti da altrettanti gruppi italiani, dai Wotan agli Etrusgrave passando per Darking, Bringer of War, Axevyper e diversi altri. Al momento la raccolta non è ancora stata pubblicata, ma vista la band tributata e i gruppi presenti, difficile pensare che si tratti di un’uscita irrinunciabile per chi per l’Epic Metal ha un debole. I falsi miti Ovvero quei gruppi che, rifacendosi a un’iconografia o a tematiche classiche per l’Epic, propongono invece tutt’altro genere. Partiamo dagli anni ‘80 e in particolare con i Berserks, gruppo di Udine che nel 1982 debutto con un omonimo album. Dal nome alla copertina, dominata da due teschi in tenuta da guerrieri dai toni veramente epici, il gruppo sembra porsi come uno dei capostipiti della nostra scena Epic... almeno fino a quando non si vanno ad ascoltare i brani, che navigano in un classico Heavy Metal, comunque di buona fattura, di chiara ispirazione NWOBHM, con i primi Iron Maiden nel mirino. Simile discorso per i romani Astaroth, soliti presentarsi in tenuta da guerrieri romani durante i loro live (testimoniato anche dalla copertina del loro unico EP del 1985), ma autori di un classico Heavy Metal con spunti “proto-Speed Metal”. I Dark Crystal, autori di un album a titolo ‘Il Sogno del Guerriero’ su cui campeggia, appunto, la figura di un combattente in armatura non deve lasciare anche in questo caso ingannare: ci troviamo davanti a un personale Hard Rock giocato su tastiere, ben lontano anche dall’Heavy tradizionale. Dei White Skull non penso ci sia bisogno di dire molto, vista l’attività lunga trent’anni che li ha confermati come una delle realtà Heavy/Power Metal di punta della nostra scena: nonostante certi artwork e tematiche affrontate, il gruppo non rientra nel genere qui trattato. Passiamo a nomi più recenti parlando dei Centvrion, gruppo che se fin dagli esordi si rifà come iconografia all’Impero Romano, non propone nulla di epico ma esclusivamente un potentissimo Heavy Metal comunque incentrato come tematiche sulla storia di Roma. Simile discorso per i bolognesi Tarchon Fist, nuovo gruppo di Lvcio Tattini (già fondatore dei Rain) che, a partire dal nome e dagli artwork rappresentanti scene di battaglia, non propone nulla di Epic (su alcune locandine vengono addirittura etichettati come “Viking Metal”...), ma classicissimo Heavy Metal dal grande impatto live. Anche i Barbarians, gruppo già attivo negli anni ‘90 ma giunto solo nel 2009 al debutto, si presenta con moniker, artwork e foto promozionali in veste da guerrieri, ma, a parte qualche vago accenno, sono più diretti verso un Heavy Metal, con cantato in growl non troppo estremo e influenze a tratti anche Folk. StormBringer, band di Varese con un album all’attivo, traggono in inganno solamente per il moniker, visto che già l’artwork del loro unico lavoro e un distratto ascolto ce li riporta su un Heavy Metal ottantiano. Stesso identico discorso per i Beholder di Milano, che a parte il nome e la copertina del loro - 14 - debutto ‘The Legend Begins’, di Epic non hanno nulla, preferendogli un Power Metal a due voci. Rimanendo in tema “donne alla voce”, i Valkija sono un altra band che, non tanto per moniker o tematiche, ma si trova ad un passo dall’Epic Metal, rimanendo comunque un classico Heavy Metal di stampo anni ‘80. I Northanger, giovane gruppo di Vercelli con un album all’attivo, si presentano con proclami che li legano all’Epic, ma anche in questo caso li riconduciamo direttamente all’Heavy Metal. Infine chiudiamo con gli Asgard ferraresi, il cui moniker non deve trarre in inganno, in quanto autori di un bel lavoro a titolo ‘Seal of Madness’ di puro e semplice Speed Metal. Lunga è ancora la lista se iniziamo a includere anche band di altri generi, dal Power al Folk Metal, che come artwork o iconografia possono far pensare all’Epic ma si rivelano legati, in modo più o meno stretto, a generi differenti e lontani dalla concezione più “primordiale” di Epic Metal: mi limiterò quindi ai nomi di Rhapsody/Rhapsody of Fire, Drakkar, Heimdall, Folkstone, Draugr, Fiaba, Knightlord, Spellblast, Dragonia, Vexillum, Egart, Furor Gallico, Shardana... tutti nomi che si possono approfondire con una veloce ricerca su Metal-Archives. I classici intramontabili Per concludere questo lungo articolo, è immancabile inserire una serie di album consigliati per il pubblico. Per evitare di dover fornire troppi spunti mi sono imposto, oltre che consigliare un numero ristretto di lavori, di non suggerire più di un album per gruppo e in particolare andare su quelli che più rappresentano la concezione di Epic Metal classica (si vedano ad esempio Dark Quarterer e Holy Martyr, autori di diversi bei dischi ma di cui sono stati scelti quelli con influenze più propriamente Epic invece che Progressive per i primi e Heavy per i secondi). È chiaro che chi vuole approfondire maggiormente l’argomento troverà spunti sui migliori album di ciascun gruppo nei precedenti capitoli. Di seguito l’elenco dei classici, in rigoroso ordine di prima pubblicazione, le cui recensioni sono leggibili all'interno della nostra webzine: Adramelch Irae Melanox Dark Quarterer The Etruscan Prophecy Domine Champion Eternal DoomSword Resound the Horn (1988) (1989) (1997) (2002) Wotan Carmina Barbarica Icy Steel Icy Steel Holy Martyr Hellenic Warrior Spirit Martiria Time of Truth (2004) (2007) (2008) (2008) Assedium Fighting for the Flame Rosae Crucis Fede Potere Vendetta Etrusgrave Tophet (2008) (2009) (2010) Credits Articolo realizzato da Gabriele Nunziante per www.italianmetal.it È consentita la copia e/o la stampa per uso esclusivamente personale e non commerciale. Non è consentito modificare, pubblicare, ritrasmettere, vendere, copiare, creare estratti, distribuire o mostrare alcuna parte del contenuto senza il preventivo consenso scritto da parte del suo autore. L'articolo è stato originariamente pubblicato in quattro parti sulla webzine www.italianmetal.it dal 26/09/2011 al 17/10/2011. Revisione del 12/02/2012. Di seguito i link diretti ai vari capitoli, in cui è possibile commentare l'articolo: [1] www.italianmetal.it/articoli/approfondimenti/1654 - [2] www.italianmetal.it/articoli/approfondimenti/1664 [3] www.italianmetal.it/articoli/approfondimenti/1678 - [4] www.italianmetal.it/articoli/approfondimenti/1688 - 15 -