IL RATING DI LEGALITÀ NEL NUOVO CODICE APPALTI: UNA

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IL RATING DI LEGALITÀ NEL NUOVO CODICE APPALTI: UNA
Avv. Giuseppe Bonsegna
Patrocinante in Cassazione
Avv. Michele Bonsegna
Avv. Giulia Bonsegna
Avv. Daniela Lezzi
Avv. Tatiana Rollo
Avv. Alessandro Bonarrigo
Avv. Vincenza Raganato
IL RATING DI LEGALITÀ NEL NUOVO CODICE APPALTI:
UNA LETTURA DI PROSPETTIVA.
Il rating come strumento etico.
Il “Rating di legalità” è il sistema di valutazione delle imprese entrato in
vigore in data 2.1.2013, approvato dall’AGCM con delibera del 14.11.2012,
pubblicata sulla G.U. n.294 del 18.12.2012 e successivamente modificata ed
integrata, in attuazione dell’art.5 ter del d.lg. n. 1/2012. Con Delibera n. 24075
del 14 novembre 2012 – modificata, da ultimo, con delibera n. 25207 del 4
dicembre 2014 – l’Antitrust ha adottato lo specifico “Regolamento di attuazione
dell’art. 5- ter del d.l. 1/2012” e con decreto ministeriale n. 57 del 20 febbraio
2014 sono state approvate le modalità per la valutazione del rating di legalità. Il
sistema è basato su un giudizio di tipo etico, riportato dall’AGCM previa
domanda di attribuzione del rating da parte dell’impresa richiedente, che si
esprime secondo un quantum suscettibile di gradazione.
Il sistema determina dettagliatamente standard etico/sociali e di governance
aziendali per le imprese operanti sul territorio nazionale. La conformità
dell’organizzazione aziendale a tali requisiti, variamente articolati, consente
all’impresa virtuosa di accedere ad importanti facilitazioni sul piano economico,
in quanto del rating attribuito alle aziende si tiene conto in sede di concessione
di finanziamenti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in
sede di accesso al credito bancario, ex art. 5 ter d.lg. n. 1/2012; inoltre, la
medesima normativa dispone che gli istituti di credito che abbiano omesso di
tener conto del rating in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese,
sono tenuti a trasmettere alla Banca d’Italia una dettagliata relazione sulle
ragioni della decisione presa.
La disciplina del rating d’impresa è anche pubblicizzata dalla stessa AGCM, la
quale mantiene costantemente aggiornato in un’apposita sezione del proprio
sito l’elenco delle imprese cui il rating di legalità è stato attribuito: in tal modo
l’impresa viene inserita in un elenco liberamente accessibile a clienti e fornitori.
La durata del rating è pari a due anni dal rilascio ed è rinnovabile previo inoltro
di richiesta di rinnovo.
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De iure condito, si tratta di un meccanismo premiale per le imprese che si
conformino a comportamenti virtuosi in termini etici, di uno strumento di
promozione della legalità, posto a tutela della sicurezza e della concorrenzialità
nelle attività economiche.
Ciò posto, il rating può essere richiesto dall’impresa in forma individuale
ovvero collettiva, iscritta nel registro delle imprese da almeno due anni, che
abbia sede operativa nel territorio nazionale e che dichiari di aver raggiunto un
fatturato minimo di due milioni di euro nell’ultimo esercizio chiuso nell’anno
precedente alla domanda, in conformità all’art.1 del Regolamento di attuazione
dell’art.5 ter d.lg. n. 1/2012.
Preliminarmente alla disamina dei requisiti richiesti per l’attribuzione, occorre
tuttavia riconoscere che il possesso degli stessi è attestato mediante
autocertificazione del legale rappresentante dell’impresa, ad esclusione del
requisito ostativo di cui all’art.2 comma 3 del Regolamento di attuazione,
inerente le comunicazioni o informazioni antimafia interdittive in corso di validità
ovvero il commissariamento ex art. 32 comma 1 del d.lg. del 24 giugno 2014,
verificati direttamente dall’AGCM mediante consultazione della banca nazionale
unica della documentazione antimafia.
Per tali ragioni, le dichiarazioni pervenute tramite la richiesta di rating vengono
verificate tramite controlli incrociati con i dati in possesso delle pubbliche
amministrazioni interessate. A tali dichiarazioni si applicano le norme che
sanzionano, anche penalmente, le dichiarazioni false e mendaci.
Il rating si articola in un range compreso tra il minimo di una stelletta ed il
massimo di tre. In particolare, i requisiti base che l’azienda deve dichiarare per
l’attribuzione di una stelletta sono declinati nella sezione B del “Modulo per
autocertificazione e dichiarazioni sostitutive di atti notori ai sensi del d.P.R. n.
445/2000” e si distinguono in due tipologie, asseconda che riguardino persone
fisiche ovvero l’azienda persona giuridica.
Per la prima tipologia, inerente le persone fisiche, si richiede che il titolare
ovvero i vertici aziendali non siano destinatari di misure di prevenzione e/o
cautelari, sentenze/decreti penali di condanna, sentenze di patteggiamento per
reati tributari ex d.lgs. 74/2000, per reati ex d.lgs. n. 231/2001, per i reati di cui
agli articoli 346, 346 bis, 353, 353 bis, 354, 355 e 356 del codice penale e per il
reato di cui all’art. 2, commi 1 e 1 bis del d.l. n. 463/1983, convertito dalla legge
n. 638/1983. Per i reati di mafia, oltre a non avere subito condanne, non deve
essere stata iniziata azione penale ai sensi dell'art. 405 c.p.p. a carico del
titolare ovvero dei vertici aziendali.
Per la seconda tipologia, inerente l’azienda quale persona giuridica, si richiede
che la stessa non sia stata destinataria di condanne ovvero misure cautelari per
i reati ex d.lgs. n.231/2001, per illeciti antitrust gravi, per pratiche commerciali
scorrette; è inoltre richiesto che non sia stata accertata la violazione delle
norme a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, né degli obblighi
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retributivi, contributivi, assicurativi e fiscali nei confronti dei propri dipendenti o
collaboratori ovvero che non sia stata accertato il mancato pagamento di
imposte e tasse. Inoltre, l’azienda dovrà dichiarare di non esser stata
destinataria di provvedimenti di revoca di finanziamenti pubblici per i quali non
abbia assolto gli obblighi di restituzione e non essere destinataria di
provvedimenti di accertamento del mancato pagamento di imposte e tasse.
Dovrà inoltre dichiarare di non essere destinataria di provvedimenti sanzionatori
dell’ANAC di natura pecuniaria e/o interdittiva e che non sussistono annotazioni
nel Casellario informatico delle imprese di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 207/2010
che implichino preclusioni alla stipula di contratti con la Pubblica
amministrazione o alla partecipazione a procedure di gara o di affidamento di
contratti pubblici di lavori, servizi o forniture. L’impresa dovrà inoltre dichiarare
di effettuare pagamenti e transazioni finanziarie di ammontare superiore alla
soglia di mille euro esclusivamente con strumenti di pagamento tracciabili.
In caso di perdita di uno dei requisiti necessari per l’ottenimento di una stelletta
l’AGCM dispone la revoca del rating.
Secondo quanto previsto dall’art. 3 del Regolamento d’attuazione, le imprese
che vogliano munirsi di un rating di legalità pari a due ovvero tre stellette
devono dimostrare di aver posto in essere, nell’organizzazione aziendale,
strumenti indicativi di un elevato standard etico sociale, elencati dalla medesima
disposizione normativa. Il possesso di sei tra gli otto requisiti indicati nel
suddetto articolo garantisce l’attribuzione del punteggio massimo di rating
ottenibile.
Nel dettaglio, l’azienda potrebbe dichiarare di rispettare i contenuti del
Protocollo di Legalità, ovvero di essere in possesso di sistemi che dimostrino la
tracciabilità dei pagamenti per importi inferiori a quelli fissati dalla legge ovvero,
ancora, di essere iscritta ad una White List, cioè ad un elenco istituito presso
tutte le Prefetture, dei fornitori di servizi e dei fornitori non soggetti a tentativo di
infiltrazione mafiosa.
Inoltre, l’azienda può dichiarare di aver adottato un modello 231 di gestione dei
rischi aziendali, come anche modelli organizzativi di prevenzione e di contrasto
alla corruzione, ovvero di aver posto in essere processi e azioni di Corporate
Social Responsibility, nonché di aver aderito a codici etici di
autoregolamentazione adottati dalle Associazioni di categoria.
Sebbene tali requisiti siano tra loro quantitativamente fungibili, poiché è la
somma aritmetica degli stessi a concorrere all’attribuzione del punteggio
ulteriore di due ovvero tre stellette, non possono non essere rilevate notevoli
differenze in termini qualitativi, nella misura in cui si riconosca che l’adozione di
un modello 231 è indice dell’eticità dell’organizzazione aziendale in maniera
nettamente più incisiva rispetto, ad esempio, all’adozione di un codice etico di
autoregolamentazione.
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Il rating di legalità nel nuovo Codice degli Appalti
In attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE è stato
emanato il nuovo Codice degli appalti e delle concessioni, di cui d.lgs. del 18
aprile 2016, n. 50. Una parte considerevole delle disposizioni del Codice sarà
coordinata, regolamentata e ampliata dalle Linee guida dell’ANAC, da emanare
entro un breve lasso di tempo dall’entrata in vigore del Codice. Invero, l’utilizzo
della soft law rappresenta una delle maggiori novità della riforma.
Il nuovo codice richiama in numerose disposizioni il rating di legalità, che
assurge al rango di requisito premiale nelle gare pubbliche. Le medesime
disposizioni realizzano un nuovo bilanciamento tra le autorità amministrative
atte alla valutazione di comportamenti aziendali virtuosi.
Infatti, sebbene l’attribuzione del rating permanga quale prerogativa dell’AGCM,
in tale ambito va affiancandosi il ruolo accresciuto dell’ANAC: ex art. 213, 7°
comma d.lgs. n. 50/2016, quest’ultima collabora con l’AGCM per la rilevazione
di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione al fine dell’attribuzione del
rating di legalità.
In secondo luogo, le disposizioni che maggiormente manifestano la volontà del
legislatore di accrescere il ricorso ad elevati standard etico/sociali, di cui il rating
di legalità rappresenta un sistema di valutazione, sono contenute negli artt. 93,
95 del d.lgs. n. 50/2016.
La disposizione dell’art. 93 7° comma, intitolato “Garanzie per la partecipazione
alla procedura” consente agli operatori economici in possesso del rating di
legalità di accedere ad una riduzione del 30% dell’importo della garanzia
fideiussoria che correda l’offerta, limitatamente ai contratti di servizi e forniture.
Tramite tale riduzione le aziende possono quindi realizzare un ammortamento
sostenibile dei costi sostenuti per l’ottenimento del rating.
L’art. 95 13° comma, intitolato “Criteri di aggiudicazione dell’appalto”, prescrive
alle amministrazioni aggiudicatrici di indicare nel bando di gara i criteri premiali
che intendono applicare alla valutazione dell’offerta, in relazione al maggior
rating di legalità dell’offerente. In relazione a tale disposizione occorre
riconoscere che, nella versione originaria del nuovo Codice appalti approvata il
3 marzo 2016, il rating era annoverato tra gli elementi che potevano contribuire
a comporre il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il Consiglio
di Stato con Parere n.855 del 1 aprile 2016 alla pagina 125 rilevò invece la
necessità che il Governo valutasse la congruità di tale scelta, poiché si
tratterebbe invero di un elemento attinente alla sfera soggettiva dell'impresa, la
cui valenza sarebbe quindi da limitare all'ammissione alla gara e non invece
rilevante anche a fini valutativi. Dalla lettura del testo definitivo sembra quindi
che il Governo abbia accolto la sollecitazione del Consiglio di Stato.
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Il nuovo Codice degli appalti, oltreché aver rafforzato il meccanismo
premiale del rating di legalità, ha introdotto l’istituto del rating d’impresa, che pur
sovrapponendosi parzialmente al primo strumento è anch’esso orientato alla
verifica della capacità tecnica e morale delle imprese che partecipano alle
procedure di gara. Tramite il rating d’impresa va rafforzandosi il passaggio da
un sistema statico di rilevazione di requisiti formali ad uno dinamico di requisiti
sostanziali, in ordine a quanto dichiarato dal Consiglio di Stato nel parere n. 855
del 1 aprile 2016.
Il rating d’impresa è anch’esso un sistema di qualificazione delle imprese,
istituito presso l’ANAC, ex art.83 10° comma d.lgs. n.50 2016, che consta di
premialità e penalità che verranno determinate in itinere. L’Autorità ha inoltre
competenza per il rilascio dell’apposita certificazione. Al pari del rating di
legalità, anche il rating di impresa dovrà essere applicato ai soli fini della
qualificazione delle aziende: ne consegue che tale rating non potrà essere
oggetto di valutazione ai fini dell’attribuzione di punteggi connessi al criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La disciplina del rating d’impresa è determinata da requisiti reputazionali valutati
sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla
base di accertamenti definitivi che esprimono la capacità strutturale e di
affidabilità dell’impresa. Il Governo riserva la disciplina di dettaglio, in una
prospettiva squisitamente di soft law, alle linee guida che verranno adottate
dall’ANAC entro il 18 giugno 2016: tramite le stesse verranno definiti i criteri
reputazionali ed i criteri di valutazione degli stessi, nonché le modalità di rilascio
della certificazione.
Ciò posto, può essere rilevato sin da ora che il rating di legalità concorre alla
determinazione del rating d’impresa, per il tramite dei requisiti reputazionali, i
quali ex art. 83 10° comma d.lgs. 50/2016 “… tengono conto, in particolare, del
rating di legalità rilevato dall’ANAC in collaborazione con l’AGCM, ai sensi
dell’articolo 213, comma 7 …”. In ordine a questi rilievi ed in relazione al rinvio
esplicito dell’art. 83 all’art. 213, è possibile affermare l’esistenza di una
interdipendenza tra i due istituti.
Il ruolo dell’ANAC nel nuovo Codice degli Appalti con riferimento al rating.
Tramite il d.lgs. 18 aprile 2016 n.50 sono state accresciute le funzioni attribuite
all’Autorità Nazionale Anti Corruzione, chiamata a svolgere la vigilanza ed il
controllo sui contratti pubblici e l’attività di regolazione degli stessi.
Come già richiamato, con l’abrogazione del regolamento di esecuzione dei
contratti pubblici (D.P.R. n. 207/2010), l’Autorità è chiamata ad emanare le linee
guida utili a disciplinare gli aspetti più rilevanti della nuova normativa sugli
appalti pubblici, entro tre mesi dall’entrata in vigore del nuovo Codice.
Nell’ambito della qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di
committenza, l’art. 38 del nuovo Codice istituisce presso l’Autorità un apposito
elenco delle stazioni appaltanti qualificate, di cui fanno parte anche le centrali di
committenza.
Ciò posto, il nuovo sistema ha ad oggetto il complesso delle attività che
caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio ovvero lavoro in
relazione a requisiti di base nonché a requisiti premiali; tra questi ultimi figura
anche la valutazione positiva dell’ANAC in relazione all’attuazione di misure di
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prevenzione dei rischi di corruzione e promozione della legalità, ex art. 38 3°
comma n. 4 lett. D).
Inoltre, è istituito presso l’ANAC il nuovo sistema del rating d’impresa e delle
relative premialità e penalità. Sebbene, come già rilevato, tale sistema sia
connesso al rating di legalità per il tramite dei requisiti reputazionali, di modo
che quest’ultimo giudizio concorre alla determinazione del rating d’impresa, non
sarebbe corretto affermare una prevalenza anche solo teorica dell’AGCM
sull’ANAC, in materia di giudizio di eticità: al più può esser vero il contrario.
Il rilevo posto è infatti fondato sull’argomento della littera legis, nella parte in cui
si riconosca un accrescimento del ruolo dell’ANAC nella rilevazione dei
comportamenti aziendali meritevoli di valutazione al fine dell’attribuzione del
rating di legalità, come da art.213 7°comma d.lgs. 50/2016: si evince quindi che
l’Autorità, oltreché competente in relazione al rating d’impresa, collabora con
l’AGCM in relazione agli accertamenti inerenti il rating di legalità.
Alla luce di questi rilievi e sebbene l’attribuzione del rating di legalità permanga
quale prerogativa dell’AGCM, il ruolo dell’ANAC appare assolutamente
accresciuto.
La legalità come volano dell’economia: il modello 231
Come emerge dal trend normativo inaugurato dal d.lgs n.231/2001, percorso
dal d.lg. n. 1/2012 e confermato dal nuovo Codice degli appalti con d.lgs. n.
50/2106, l’adozione da parte delle imprese di strumenti e modelli conformi ai
principi dell’etica aziendale, della legalità e della trasparenza assume sempre
maggiore rilevanza.
La disciplina di favor in termini economici di cui sono destinatarie le imprese
virtuose è direttamente fruibile dalle stesse, posto che del rating di legalità si
tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche
amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario; è opportuno
anche richiamare il nuovo Codice degli Appalti, che ha sancito tale positiva
valutazione quale requisito premiale nelle gare pubbliche, permettendo alle
imprese virtuose di beneficiare di una riduzione della garanzia fideiussoria pari
al 30%.
Occorre inoltre riconoscere che l’introduzione del rating d’impresa è destinato
ad accelerare il processo di affermazione dell’etica nella governance aziendale:
ciò posto, definire questo processo esclusivamente quale rispondente ad
esigenze di marketing, ovvero ad esigenze legate all’ottenimento di una
copertura da possibili sanzioni scaturenti da reato, appare decisamente
riduttivo.
Se quindi è espressamente previsto, come precedentemente illustrato, che
sono i requisiti reputazionali a concorrere alla formazione del rating d’impresa;
se i requisiti reputazionali, in base alla littera legis, “tengono conto del rating di
legalità”, ex art.83 10°comma d.lgs. n. 50/2016; posto che la stessa attribuzione
del punteggio minimo di rating di legalità presuppone, tra i vari requisiti,
l’assenza di condanne e di applicazione di misure cautelari di cui al D.Lgs.
231/01, allora il ruolo e l’importanza di quest’ultima normativa e dell’adozione
del modello 231 sembra incrementare contestualmente all’affermarsi dei
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benefici economici di cui sono destinatarie le imprese che ottengano tali
certificazioni.
Oltreché requisito base per l’attribuzione del rating di legalità, secondo l’art. 3
del Regolamento d’attuazione l’impresa vedrà incrementato il suddetto
punteggio anche qualora abbia adottato "un modello organizzativo ai sensi del
Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231". Si può quindi parlare d’incidenza
diretta del modello 231 sul rating di legalità e quindi sulla concessione di
finanziamenti pubblici, di accesso al credito e, alla luce del nuovo Codice degli
appalti, di accesso ad ingenti premialità economiche in materia di
aggiudicazione di contratti d’appalto.
In conclusione ed alla luce del rilievo attribuito al rating di legalità, il modello
organizzativo 231 risponde a due differenti esigenze.
In primo luogo e banalmente, il modello si conferma nella sua ratio originaria
quale unico strumento normativo che consente una difesa a valore legale per
poter evitare l’applicazione di misure cautelari ed eventualmente ottenere la loro
sospensione o revoca; il rilievo non è di secondaria importanza, posto
l’incessante aumento del numero dei reati presupposto della responsabilità
amministrativa di società ed enti di cui al D.Lgs. 231/01.
Di contro, oltre ai succitati effetti esimenti della responsabilità amministrativa, il
modello 231 si apprezza in un’ottica squisitamente economica, posti i
rilevantissimi benefici, incrementati in numero dal nuovo Codice degli appalti;
prospettiva economica che attraverso il rating di legalità appare pur sempre
ancorata all’incessante e necessaria affermazione dei valori etici nelle aziende
e – per loro tramite – nel mercato.
Lecce, 19.05.2016.
Dott. Fabio Fracella
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