Classificazione di rifiuti: il potere irritante/corrosivo delle scorie da

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Classificazione di rifiuti: il potere irritante/corrosivo delle scorie da
2.4.
FOCUS
dottrina
CLASSIFICAZIONE
Classificazione di rifiuti:
il potere irritante/corrosivo
delle scorie da incenerimento
Classificazione di rifiuti:
il potere irritante/corrosivo
delle scorie da incenerimento
200
di PAOLO ZOPPELLARI
Ingegnere chimico
Zoppellari&Associati srl
ABSTRACT
IN SINTESI
Con questo contributo si vogliono fornire alcune valutazioni in merito alle scorie derivanti
dall’incenerimento di rifiuti urbani (ed assimilati) e speciali, la cui classificazione, in relazione
ai quantitativi prodotti a livello nazionale, nonché alla luce delle novità normativa sul punto,
può determinare effetti di significativa rilevanza
sull’intero sistema di gestione dei rifiuti.
Le scorie, infatti, sono caratterizzate da pH generalmente molto elevati. Tuttavia con l’entrata
in vigore del Regolamento 1357/2014 e della
Decisione n. 955/2014, il pH non è più un parametro sul quale ci si possa basare per attribuire
o meno una o più caratteristiche di pericolo al
rifiuto.
Pertanto si procederà con la presente disamina
ad una corretta individuazione delle caratteristiche di pericolo alla luce delle novità introdotte.
• Il Regolamento n. 1357/2014 e la Decisione
2014/955/UE hanno innovato i criteri da seguire per la classificazione dei rifiuti.
• La gran parte delle scorie da incenerimento
di rifiuti urbani è classificata come rifiuto non
pericoloso.
• Il pH non è più un parametro sulla base del
quale attribuire o meno una o più caratteristiche di pericolo al rifiuto, sebbene rimanga
comunque un elemento da cui trarre utili informazioni.
• Si può quindi desumere che, con approccio
cautelativo ed in assenza di ulteriori determinazioni per scorie da incenerimento di rifiuti
urbani e speciali con le caratteristiche assunte
come caso di studio potrebbe essere opportuna l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP4 - Irritante: irritazione cutanea e
lesioni oculari.
• Risulta quindi consigliabile, anche e soprattutto per avere un risultato adeguatamente
accurato e con approccio non solo cautelativo, ricorrere ai previsti test di laboratorio, le
cui risultanze sono peraltro da considerarsi
espressamente, secondo norma, comunque
prevalenti rispetto a valutazioni teoriche.
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Come ormai noto, l’entrata in vigore dal 1 giugno
2015 del Regolamento n. 1357/20141 e della Decisione 2014/955/UE2 ha significativamente innovato
i criteri da seguire per la classificazione dei rifiuti,
determinando l’integrale sostituzione:
• dell’Allegato alla Decisione 2000/532/CE, che
reca l’Elenco Europeo dei Rifiuti;
• dell’Allegato III alla Direttiva 2008/98/CE, che
riporta le caratteristiche di pericolo dei rifiuti.
Tali norme comunitarie hanno inoltre armonizzato
(si noti bene, non equiparato) i criteri per l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti (ora
individuate con le sigle HP) con i criteri di classificazione delle sostanze e delle miscele definiti dal Regolamento n. 1272/2008 (il cosiddetto CLP).
Dal 1/06/2015 anche per la classificazione dei rifiuti
non si fa quindi più riferimento alle Frasi di rischio
R previste dalla Direttiva 67/548/CEE (la cosiddetta
Direttiva Sostanze Pericolose), bensì alle Indicazioni
di pericolo H del CLP.
In termini pratici, l’entrata in vigore, o meglio l’applicabilità delle suddette norme ha determinato il
pressoché totale superamento degli Allegati D ed I
alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i., che
rimangono vigenti solamente per le parti non in contrasto con quanto previsto dalla citata Decisione e
dal citato Regolamento.
Con questo approfondimento si intende fornire
alcune valutazioni in merito alle scorie derivanti
dall’incenerimento di rifiuti urbani (ed assimilati) e
speciali, la cui classificazione, in relazione ai quantitativi prodotti a livello nazionale, può determinare
effetti di significativa rilevanza sull’intero sistema di
gestione dei rifiuti.
In particolare le valutazioni di seguito esposte si riferiranno al potere irritante / corrosivo delle scorie, in
quanto di interesse, date le caratteristiche qualitative
delle scorie stesse generalmente riscontrabili.
*
2. Caratteristiche delle scorie da incenerimento
Con il termine incenerimento viene generalmente
identificato il processo di ossidazione di sostanze
organiche (ossia di combustione) il cui scopo principale è quello di convertire sostanze putrescibili o
potenzialmente patogene (come ad esempio nei Ri-
fiuti Urbani) o che presentano caratteristiche di potenziale nocività (è il caso di alcuni rifiuti speciali di
origine industriale) in composti gassosi ed in residui
solidi praticamente inerti.
È dunque una tecnica di smaltimento di rifiuti finalizzata alla distruzione della frazione organica contenuta negli stessi, con conseguenti notevoli riduzioni in
massa e volume, di norma combinata con il recupero
energetico (sotto forma di energia elettrica e/o termica) del contenuto entalpico dei fumi di combustione.
Da tali processi derivano residui solidi che possono
essere identificati principalmente nei residui esitanti
direttamente dal processo di combustione, ossia:
• scorie (o ceneri pesanti), che dal punto di vista
quantitativo (soprattutto nel caso dei RU) costituiscono il più rilevante tipo di residuo;
• ceneri di caldaia, solitamente gestite assieme
alle ceneri leggere;
• ceneri leggere (o polverini) separate nei sistemi
di trattamento (abbattimento) dei fumi.
In particolare le scorie, oggetto della presente analisi, vengono generalmente estratte dal fondo della
camera di combustione e “spente” in un bagno d’acqua volto a ridurne la temperatura e la presenza di
particelle fini.
Dal punto di vista quantitativo il Rapporto 2015 sui
Rifiuti Urbani redatto da ISPRA indica che nel 2014
gli inceneritori per rifiuti urbani e speciali in Italia
hanno prodotto circa 1.407.500 tonnellate di rifiuti,
di cui circa il 70% erano rappresentate da ceneri pesanti e scorie non pericolose, circa il 14% da rifiuti
da processi di abbattimento dei fumi e circa il 13%
da ceneri leggere e/o pesanti e scorie pericolose.
Dal punto di vista qualitativo le scorie sono composte per la quasi totalità da elementi alcalini/alcalino-terrosi e da metalli.
Ai fini delle valutazioni di seguito esposte è possibile
considerare la seguente composizione tipica di scorie
da incenerimento di rifiuti urbani e speciali da assumere quale caso di studio (si noti che le concentrazioni ipotizzate non hanno, a questi fini, la necessità
di essere esaustive dal punto di vista della composizione ponderale e pertanto la loro somma non costituisce il 100% del rifiuto).
Classificazione di rifiuti:
il potere irritante/corrosivo
delle scorie da incenerimento
1. Premessa
1 Regolamento (UE) n. 1357/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014, che sostituisce l’allegato III della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive
2 Decisione della Commissione, del 18 dicembre 2014, che modifica la decisione 2000/532/CE relativa all’elenco dei
rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
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Tabella 1 – Composizione tipica di una scoria da incenerimento
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delle scorie da incenerimento
Elemento
% in peso
nel rifiuto
Calcio
18,00
Ferro
Elemento
% in peso
nel rifiuto
Cloruri
0,60
6,50
Zinco
0,50
Alluminio
4,00
Rame
0,25
Magnesio
1,50
Piombo
0,10
Sodio
1,00
Manganese
0,07
Potassio
0,60
Come desumibile dal citato Rapporto ISPRA, la gran
parte delle scorie da incenerimento di rifiuti urbani è
classificata come rifiuto non pericoloso.
L’eventuale classificazione di tali rifiuti come pericolosi determinerebbe certamente una situazione di
criticità per il sistema di gestione dei rifiuti a livello
nazionale, in quanto gli impianti idonei a ricevere
rifiuti pericolosi risulterebbero con tutta probabilità
insufficienti a gestire un flusso di rifiuti di tale entità.
*
3. Valutazioni sul potere irritante / corrosivo
delle scorie
Per l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo
HP4 – Irritante: irritazione cutanea e lesioni oculari
– e HP8 – Corrosivo – il Regolamento n. 1357/2014
prevede criteri definiti in relazione al contenuto di
sostanze classificate, ai sensi del CLP, come corrosive
/ irritanti per la pelle e/o per gli occhi.
In particolare per l’attribuzione della caratteristica
di pericolo HP4 si applicano i seguenti criteri:
Tabella 2 – Valori limite per l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP4
Classificazione
sostanza CLP
Criterio
di calcolo
Valore limite %
in peso
Skin corr. 1A
(H314)
somma
1*
Eye dam. 1
(H318)
somma
10
Skin irrit. 2
(H315)
Eye irrit. 2
(H319)
somma
20
* se la somma delle sostanze classificate Skin corr. 1A
(H314), insieme a quelle classificate Skin corr. 1B o 1C è
superiore al 5%, si attribuisce al rifiuto la caratteristica di
pericolo HP8
Per l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP8
si applicano invece i seguenti criteri:
Tabella 3 – Valori limite per l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP8
Classificazione
sostanza CLP
Skin corr. 1A,
1B, 1C (H314)
Criterio
di calcolo
somma
Valore limite
% in peso
5
In entrambi i casi il valore soglia di cui tenere conto
in sede di valutazione è pari a 1% (10.000 mg/kg).
Il concetto di valore soglia, quantificato numericamente nel Regolamento n. 1357/2014 secondo
i diversi casi, viene introdotto dalla Decisione n.
955/2014, nella quale si riporta che “Quando una
sostanza è presente nei rifiuti in quantità inferiori al
suo valore soglia, non viene presa in considerazione
per il calcolo di una determinata soglia”.
È opportuno evidenziare come la versione in lingua
inglese della Decisione sia maggiormente chiara3 rispetto a quella in lingua italiana, in quanto utilizza
due diversi termini per identificare il valore soglia
(cut-off value), ossia la concentrazione al di sotto
della quale la sostanza non deve essere tenuta in considerazione ai fini della classificazione del rifiuto, ed
il valore limite (threshold), ossia la concentrazione
superata la quale si deve attribuire al rifiuto una caratteristica di pericolo.
Tale concetto risulta di significativa importanza ai
fini dell’attribuzione, in particolare, della caratteristica di pericolo HP4 in quanto, come si potrà facilmente notare, il valore soglia corrisponde esattamente al minore dei valori limite per l’attribuzione
di tale caratteristica di pericolo.
Pertanto ai fini della classificazione possono essere
tenute in considerazione le sole sostanze che possono risultare presenti nel rifiuto in concentrazione
superiore ad 1% (ossia quegli elementi che risultano
presenti nel rifiuto in concentrazioni tali da determinare concentrazioni di sostanze superiori ad 1%).
Una considerazione a parte merita il pH delle scorie,
che risulta essere in genere elevato o molto elevato
(pH generalmente compreso tra 10 e 12,5).
Prima dell’entrata in vigore del Regolamento n.
1357/2014 e della Decisione n. 955/2014 i generici
riferimenti alle cosiddette Direttiva Preparati e Di-
3“Where a substance is present in the waste below its cut-off value, it shall not be included in any calculation of a
threshold”
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rettiva Sostanze Pericolose contenuti nell’Allegato I
alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i. pemettevano (o suggerivano) il ricorso a diversi criteri
di classificazione, tra cui quello dei cosiddetti pH
estremi.
Il CLP indica infatti che valori estremi di pH (≤ 2
o ≥ 11,5) possono indicare un potenziale irritante
o corrosivo. In caso di tali valori di pH è possibile
effettuare il test della riserva acida/alcalina (il cosiddetto test di Young4) per provare se il materiale abbia caratteristiche irritanti o corrosive. Nel recente
passato tale prova è stata peraltro considerata in pareri emanati da parte dell’Istituto Superiore di Sanità
i quali, in estrema sintesi, suggerivano di attribuire
al rifiuto quantomeno l’allora vigente caratteristica
di pericolo H4 in caso di pH ≥ 11,5 (o ≤ 2), fatto
salvo l’esito di test specifici.
Tale criterio non è tuttavia in alcun modo citato nel
Regolamento n. 1357/2014, che costituisce oggi l’unica fonte cogente per l’attribuzione di caratteristiche
di pericolo ai rifiuti. Il pH non è quindi più considerabile un criterio per l’attribuzione delle caratteristiche
di pericolo HP4/HP8, e pur tuttavia l’esecuzione del
test della riserva acida/alcalina può fornire ulteriori
utili informazioni in caso di pH estremo.
Non si intende in questa sede procedere con una
approfondita disamina delle forme in cui i vari elementi possono potenzialmente essere presenti nelle
scorie, tuttavia preme evidenziare alcuni elementi di
riflessione.
In primo luogo va sottolineato come la Decisione n.
955/2014 faccia maggiore chiarezza in relazione alle
sostanze da considerare nel rifiuto.
Come noto, infatti, l’analisi chimica quantifica gli
elementi che costituiscono il rifiuto, ma non la forma in cui tali elementi si presentano, che deve quindi
essere ipotizzata con approccio cautelativo ma scientificamente adeguato.
Nei mesi precedenti all’entrata in vigore delle recenti
norme comunitarie, la Legge 116/2014 di conversione5 del D.l. n. 91/2014 aveva modificato l’Allegato
D alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i. introducendo il non felicissimo concetto di “composto
peggiore”, senza alcun riferimento alla sua potenziale, se non probabile, presenza nel rifiuto.
Recitava infatti l’Allegato D come modificato dalla
Legge 116/2014: “Se i componenti di un rifiuto sono
rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico, e non sono perciò noti i composti specifici che
lo costituiscono, per individuare le caratteristiche di
pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del prin-
cipio di precauzione”.
Tale indicazione era stata spesso interpretata, non a
torto, in modo rigido, senza alcuna valutazione riguardo all’effettiva possibilità di presenza del composto nel rifiuto in determinate concentrazioni.
La Decisione n. 955/2014 ha chiarito tale aspetto,
sancendo che “l’iscrizione di una voce nell’elenco armonizzato di rifiuti contrassegnata come pericolosa,
con un riferimento specifico o generico a «sostanze
pericolose», è opportuna solo quando questo rifiuto
contiene sostanze pericolose pertinenti che determinano nel rifiuto una o più delle caratteristiche di pericolo da HP 1 a HP 8 e/o da HP 10 a HP 15 di cui
all’allegato III della direttiva 2008/98/CE” [NdR:
grassetto a cura dell’autore].
L’individuazione del “composto peggiore” deve
quindi tenere conto della pertinenza di tale composto, ossia della sua effettiva possibile presenza all’interno del rifiuto.
Chiarito ciò, sulla base del ciclo produttivo del rifiuto in esame è possibile ipotizzare, ai fini del presente
approfondimento, che nelle scorie gli elementi rilevati nell’analisi di laboratorio possano presentarsi,
in via del tutto generale, come ossidi, idrossidi, carbonati e cloruri.
Si riportano quindi di seguito alcune valutazioni,
a titolo di esempio, in relazione ad alcuni elementi
maggiormente presenti nelle scorie o di particolare
interesse.
Nella precedente Tabella 1 è stato indicato un contenuto di calcio nelle scorie pari a circa il 18% in peso
del rifiuto. Considerando che l’alcalinità da idrossidi
delle scorie risulta in genere pari a circa 330 meq/kg,
si ha che il quantitativo di calcio potrebbe distribuirsi ipotizzando cautelativamente che:
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• tutti i cloruri rilevati nel rifiuto si presentino
come cloruro di calcio, sostanza classificata
pericolosa;
• tutti gli idrossidi rilevati nel rifiuto si presentino come idrossido di calcio, sostanza classificata pericolosa.
Si evidenzia che anche l’ossido di calcio risulta essere
classificato come sostanza irritante per la pelle e dannosa per gli occhi (con indicazioni di pericolo Skin.
Irrit. 2 H315 e Eye Dam. 1 H318).
Ipotizzando pertanto che tutto il calcio si presenti come ossido (non essendo noti fattori limitanti come invece si verifica per cloruri o
idrossidi), si avrebbe il superamento del valore limite (threshold) del 10% fissato dal Regolamento
4 R.R. Yung et al. Toxic in vitro, 1988
5 Legge 11 agosto 2014, n. 116
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n. 1357/2014 per le sostanze classificate Eye Dam.
1 H318 ai fini del attribuzione della caratteristica di
pericolo HP4.
Si noti tuttavia come tale sostanza non possa essere presente nel rifiuto, se non in concentrazioni del
tutto residuali, in quanto il processo di spegnimento
delle scorie in acqua porta alla formazione di idrossido6. Si può quindi ipotizzare la presenza delle seguenti sostanze all’interno delle scorie:
Tabella 4 – Massime concentrazioni ipotizzate nelle scorie
per alcuni composti del calcio
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Sostanza
Classificazione
Concentrazione
% in peso
Cloruro CaCl2
Eye Irrit. 2 H319
0,9
Idrossido
Ca(OH)2
Skin Irrit. 2 H315
Eye Dam. 1 H318
1,2
In tale ipotesi si avrebbe una sommatoria di sostanze
classificate come H315 e H319 inferiore al valore
limite del 20% per l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP4. Analogamente si avrebbe anche
una concentrazione di sostanze classificate H318 inferiore al relativo valore limite.
Peraltro la concentrazione di cloruro di calcio risulterebbe inferiore al valore soglia (cut-off value)
pari a 1%, pertanto la sua presenza non andrebbe
neppure considerata. Sulla base delle ipotesi assunte,
è quindi possibile ritenere che la parte restante del
calcio rilevato nel rifiuto si presenti in forme non
pericolose (ad es. come carbonato).
Altri elementi di interesse, per rilevanza quantitativa,
sono ferro e alluminio, i cui cloruri sono classificati
come pericolosi (mentre ossidi, idrossidi e carbonati
non sono classificati come sostanze pericolose).
Ipotizzando cautelativamente che tutti i cloruri si
presentino alternativamente come cloruro di ferro
o di alluminio, si può ipotizzare la presenza delle
seguenti sostanze all’interno delle scorie:
Tabella 5 – Massime concentrazioni ipotizzate nelle scorie
per cloruro di ferro e di alluminio
Nell’ipotesi di considerare tutti i cloruri come composti del ferro o dell’alluminio non si avrebbe comunque la presenza di composti in concentrazioni
superiori ai relativi valore limite per l’attribuzione
della caratteristica di pericolo HP4; anzi, le concentrazioni così ipotizzate risulterebbero inferiori al valore soglia (1%).
Sempre sulla base delle ipotesi assunte, è quindi possibile ritenere che la parte restante di tali elementi si
possa presentare nel rifiuto in forme non pericolose
(ad es. ossidi, idrossidi, carbonati).
Infine, poiché i composti del magnesio qui considerati (ossidi, idrossidi, cloruri e carbonati) sono tutti
classificati come non pericolosi, è possibile evidenziare alcune considerazioni sulla presenza di sodio,
ultimo degli elementi presenti nel rifiuto in concentrazioni significative rispetto al valore soglia ovvero
cut-off value (che, è utile ribadirlo, è la concentrazione al di sotto della quale le sostanze non devono essere considerate ai fini della classificazione del
rifiuto).
Sempre secondo un approccio cautelativo e nei limiti
delle ipotesi assunte, è possibile ipotizzare che:
• tutti gli idrossidi si presentino come idrossido
di sodio, sostanza classificata pericolosa;
• la quota parte di sodio non impegnata nella
formazione degli idrossidi sia presente come
carbonato, sostanza comunque classificata
pericolosa, sebbene in misura minore rispetto
all’idrossido.
Anche in questo caso si evidenzia che l’ossido di sodio risulta essere classificato come sostanza pericolosa con le medesime caratteristiche dell’idrossido.
Si noti tuttavia come tale sostanza non possa essere
presente nel rifiuto, se non in concentrazioni del tutto
residuali, in quanto il processo di spegnimento delle
scorie in acqua porta alla formazione di idrossido7.
Si può quindi ipotizzare la presenza delle seguenti
sostanze all’interno delle scorie:
Tabella 6 – Massime concentrazioni ipotizzate nelle scorie
per alcuni composti del sodio
Sostanza
Classificazione
Concentrazione
% in peso
Cloruro FeCl3
Skin Irrit. 2 H315
Eye Dam. 1 H318
0,9
Eye Irrit. 2 H319
0,6
Cloruro AlCl3
Skin Corr. 1B
H314
Eye Dam. 1 H318
Carbonato
Na2(CO3)
0,7
Idrossido
NaOH
Skin Corr. 1A
H314
Eye Dam. 1 H318
1,3
Sostanza
Classificazione
Concentrazione
% in peso
6 Secondo la reazione CaO + H2O → Ca(OH)2
7 Secondo la reazione Na2O + H2O → 2 NaOH
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Risulta quindi evidente come vi sia la possibilità,
non escludibile a priori, che nel rifiuto siano presenti sostanze classificate come Skin Corr. 1A H314 in
concentrazioni superiori ad 1%, il che determinerebbe l’attribuzione della caratteristica di pericolo
HP4 al rifiuto in esame.
Tale ipotesi risulta cautelativa, in quanto l’idrossido
è molto solubile in acqua ed a contatto con l’anidride
carbonica contenuta nell’aria tende a trasformarsi in
idrogenocarbonato di sodio ed in carbonato di sodio
secondo il noto fenomeno della carbonatazione.
In tale ipotesi il rifiuto risulterebbe non pericoloso
in quanto l’idrogenocarbonato di sodio non è classificato come sostanze pericolosa ed il contenuto di
carbonato di sodio risulterebbe al massimo pari al
2,3% in peso (considerando tutto il contenuto di sodio come carbonato), quindi ben inferiore rispetto al
valore limite del 20% per l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP4.
Per quanto riguarda invece l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP8, per la quale si tiene conto delle sole sostanze classificate come H314 (Skin.
Corr. 1A, 1B, 1C), è possibile rilevare come, sempre
nei limiti delle ipotesi assunte, l’unica sostanza con
tali caratteristiche sia l’idrossido di sodio, che è stato
ipotizzato essere presente in concentrazione di poco
superiore all’1% e quindi significativamente inferiore rispetto al valore limite del 5% per l’attribuzione
della caratteristica di pericolo HP8.
Si può quindi desumere che, con approccio cautelativo ed in assenza di ulteriori determinazioni o considerazioni (ad esempio, in merito alla solubilità dei
diversi elementi, proprietà che fornisce certamente
ulteriori utili indicazioni sulla forma in cui tali elementi si presentano), per scorie da incenerimento di
rifiuti urbani e speciali con le caratteristiche riportate in Tabella 1 potrebbe essere opportuna l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP4 - Irritante:
irritazione cutanea e lesioni oculari.
Ciò deriverebbe dall’ipotesi, del tutto cautelativa,
che tutti gli idrossidi presenti nel rifiuto siano presenti come idrossido di sodio, il che renderebbe il
rifiuto irritante per la pelle.
Come è evidente, tale risultato deriva comunque da
un approccio particolarmente cautelativo tramite
cui si ipotizza la presenza di determinate sostanze,
presenza di cui tuttavia non si ha alcuna certezza.
Per avere un risultato con un maggior grado di accuratezza ovvero secondo un approccio non solo
cautelativo, è quindi necessario, e consigliabile, ricorrere a test di laboratorio, certamente onerosi ma
la cui opportunità è da valutare anche in relazione
ad aspetti economici legati ai quantitativi di scorie
prodotte ed ai loro costi di gestione come rifiuto pericoloso o come rifiuto non pericoloso.
La prevalenza del risultato di laboratorio rispetto
alla valutazione teorica, oltre che opportuna, è stata
peraltro sancita inequivocabilmente dalla Decisione
n. 955/2014, la quale indica con chiarezza che “Laddove una caratteristica di pericolo di un rifiuto è stata valutata sia mediante una prova che utilizzando le
concentrazioni di sostanze pericolose come indicato
nell’allegato III della direttiva 2008/98/CE, prevalgono i risultati della prova”.
A tal proposito il Considerando n. 5 della Decisione
indica che “Quando l’attribuzione di caratteristiche
di pericolo avviene a seguito dell’esecuzione di una
prova, è opportuno fare riferimento al regolamento
(CE) n. 440/2008 della Commissione o ad altri metodi di prova e linee direttrici riconosciuti a livello
internazionale”.
Per la corrosione/irritazione della pelle il Regolamento n. 440/2008 prevede diversi metodi di prova:
• B.40 - corrosione cutanea in vitro: test di resistenza elettrica transcutanea – TER (metodo
OECD 430);
• B.40 bis - Corrosione cutanea in vitro: test su
modelli di pelle umana (metodo OECD 431);
• B.46 - Irritazione cutanea in vitro: test su un
modello di epidermide umana ricostituita (metodo OECD 439).
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La versione più recente della pertinente Linea Guida ECHA8 indica come devono essere utilizzati tali
test, introducendo sia un approccio Top-Down (che
di fatto ricalca quanto già vigente in precedenza e
richiamato già nel parere dell’Istituto Superiore di
Sanità Prot. n. 29320 del 16/05/2008 e successiva
integrazione) che uno Bottom-Up.
L’approccio Top-Down deve essere applicato quando si presume che la sostanza possa essere irritante
(come nel caso ipotizzato in esame) e prevede:
• l’esecuzione di un test di corrosività cutanea;
• nel caso in cui il primo test non indichi la sostanza come corrosiva, si procede con l’esecuzione di un test di irritazione cutanea;
• nel caso in cui anche il secondo test non indichi caratteristiche di pericolosità, la sostanza
(ossia il rifiuto) è non pericoloso.
L’approccio Bottom-Up viene invece applicato quan-
8 How to use new or revised in vitro test methods to address Skin corrosion/ irritation - A testing and assessment
strategy, last update 29/06/2016 (https://echa.europa.eu/it/support/oecd-eu-test-guidelines)
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CONCLUSIONI
Daniele CARISSIMI
È stata analizzata una ipotizzata composizione tipica
di alcune scorie derivanti da incenerimento di rifiuti urbani e speciali al fine di valutare l’applicabilità
dei criteri definiti dal Regolamento n. 1357/2014 per
l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo HP4 –
Irritante: irritazione cutanea e lesioni oculari – ed
HP8 – Corrosivo.
Le scorie sono infatti caratterizzate da pH generalmente molto elevati, elemento che nel corso degli
anni ha dato adito a diverse e numerose interpretazioni in relazione alla potenziale pericolosità del
rifiuto.
Con l’entrata in vigore del Regolamento n.
1357/2014 e della Decisione n. 955/2014, tuttavia il
pH non è più un parametro sulla base del quale attribuire o meno una o più caratteristiche di pericolo
al rifiuto, seppure rimane comunque un elemento da
cui trarre utili informazioni.
L’analisi svolta, secondo ipotesi comunque semplificate e limitate al caso in esame, ha mostrato come
nelle scorie vi potrebbe essere presenza, con ipotesi
del tutto cautelativa, di idrossido di sodio, il che renderebbe il rifiuto irritante per la pelle e renderebbe
opportuna l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP4 - Irritante: irritazione cutanea e lesioni
oculari.
Tale risultato deriva tuttavia da un approccio cautelativo tramite cui si ipotizza la presenza di determinate sostanze, presenza di cui tuttavia non si ha
alcuna certezza.
Risulta pertanto consigliabile, anche e soprattutto
Avvocato. Si specializza nel diritto amministrativo ed ambientale attraverso il conseguimento dei Master di specializzazione in Contrattualistica Pubblica (2002), in Diritto dell‘Ambiente (2003), in Diritto Amministrativo
(2004), in Diritto Penale della Pubblica Amministrazione (2003). Nel frattempo, si diploma anche alla Scuola
di Specializzazione in Studi sulla Pubblica Amministrazione presso l‘Università degli Studi di Bologna (20022004) e consegue il master in „Difesa delle Amministrazioni Pubbliche“ della Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione a Roma (2007).
Svolge rilevante parte della propria attività nella consulenza integrale di società che operano negli appalti e
dell’ambiente. È consulente di enti pubblici, concessionari di servizi pubblici e aziende private leader nei settori
ambientali e dei servizi pubblici. Difende avanti Tribunali nazionali e internazionali enti e soggetti coinvolti in
contenziosi civili, penali ed amministrativi. È altresì titolare di un riconosciuto studio legale specializzato in
Giovanna GALASSI
Giovanna Galassi, laureata in Giurisprudenza presso Università degli Studi di Roma „La Sapienza“, ove si
è specializzata in diritto civile e diritto romano, ha svolto attività di ricerca per diversi anni, dedicandosi a
pubblicazioni di vario genere in ambito giuridico e partecipando a progetti di ricerca in collaborazione con differenti Università italiane. Si è dedicata, poi, allo studio del diritto amministrativo, con particolare attenzione
alle tematiche ambientali. Ha iniziato, così, a collaborare con Ambientelegale, ove lavora stabilmente da anni.
Si occupa del sito Ambientelegale, curando l’aspetto contenutistico e provvedendo a predisporre quotidianamente un aggiornamento delle complesse vicende normative che interessano il settore ambientale. Si dedica,
inoltre alla stesura del materiale giuridico per l’attività di formazione in cui la medesima società è impegnata e
alla pubblicazione di codici, raccolte, monografie e quaderni su temi di diritto ambientale. È, inoltre, coordinatore editoriale della rivista periodica Ambientelegale-Digesta e partecipa al gruppo di lavoro e lo coordina.
ISBN 978-88-942121-0-5
9 788894 212105
206
N. 2 - Settembre-Ottobre 2016
“I Quaderni sui rifiuti”
1
Avv. Daniele Carissimi
Dott.ssa Giovanna Galassi
I rifiuti nei quesiti
1
Raccolta di risposte operative
divise per argomenti
1
I Quaderni sui rifiuti
*
collana:
D. CARISSIMI
G. GALASSI
Il volume “I rifiuti nei quesiti. Raccolta di risposte operative divise per argomenti”, parte della collana
“I quaderni sui rifiuti”, è nato dalle richieste dei nostri clienti, che hanno costituito il prezioso movente
per creare - ancora una volta - una raccolta delle risposte ai quesiti con i quali ci siamo confrontati
nell’attività di consulenza. Si tratta di una raccolta di domande, seguite da una risposta sintetica e semplice nel linguaggio. È la nostra risposta, cioè la nostra idea alla luce dell’ opinabile esegesi dell’intricato
dato normativo, che desideriamo condividere con i lettori.
Confrontandoci ogni giorno con la normativa ambientale, sappiamo quanto la medesima sia complessa e troppo spesso disorganica e soggetta a mutamenti repentini e violenti. Le argomentazioni sono
proposte, perciò, per quanto possibile, aggiornate in ragione degli ultimissimi interventi del Legislatore
e delle più recenti dissertazioni giurisprudenziali, mettendo sempre in conto che nel momento in cui si
scrive possa cambiare interamente lo scenario.
Le risposte ai quesiti, al fine di rendere la consultazione veloce e facile, sono state suddivise in argomenti
principali: gli stessi argomenti in ragione dei quali siamo soliti suddividere le consulenze nell’archivio
elettronico di Ambientelegale. L’indice del prontuario si articola, pertanto, in: Definizioni, Classificazione, Non rifiuti, Deposito temporaneo, Manutenzioni, Responsabilità, Tracciabilità, Trasporto, Autorizzazioni, Albo Sanzioni, Bonifiche, Rifiuti, Urbani, Scarichi, Discariche, Competenze.
Consultare il quaderno è semplice: è sufficiente scegliere un argomento e iniziare a consultare le risposte.
per avere un risultato adeguatamente accurato e con
approccio non solo cautelativo, ricorrere ai previsti
test di laboratorio, le cui risultanze sono peraltro da
considerarsi espressamente, secondo norma, comunque prevalenti rispetto a valutazioni teoriche, e possono permettere una adeguata gestione, anche economica, delle scorie come rifiuto pericoloso o come
rifiuto non pericoloso.
Raccolta di risposte operative divise per argomenti
do non si presume che la sostanza possa essere irritante e prevede:
• l’esecuzione di un test di irritazione cutanea;
• nel caso in cui il primo test indichi la sostanza
come irritante, si procede con l’esecuzione di un
test di corrosività cutanea.
• in caso contrario la sostanza (ossia il rifiuto) è
non pericoloso.
Nel caso in cui il secondo test non indichi caratteristiche di pericolosità, la sostanza è irritante, altrimenti è da considerare corrosiva per la pelle.
L’applicazione di tali test prescinde ovviamente dalle
ipotesi circa la presenza di determinate sostanze e
permette di discernere se il rifiuto presenti o meno
caratteristiche di pericolosità, anche a fronte di concentrazioni di taluni elementi che potrebbero porI rifidel
uti nei rifiuto
quesiti
tare alla classificazione
come pericoloso
Raccolta di risposte operative divise per argomenti
applicando i criteri teorici di calcolo.
I rifiuti nei quesiti
Classificazione di rifiuti:
il potere irritante/corrosivo
delle scorie da incenerimento
CLASSIFICAZIONE
“I rifiuti nei quesiti”
Raccolta di risposte operative
divise per argomenti
Autori:
Avv. D. Carissimi
Dott.ssa G. Galassi
www.digesta.ambientelegale.it