Materiale Quarto Incontro

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Materiale Quarto Incontro
Arcidiocesi di Bologna
Corso: Gestire l’ente parrocchia
Quarto Incontro: Gli oneri fiscali e canonici dell’Ente Parrocchia
Quarto incontro – 13/14 novembre 2009
Gli oneri fiscali e canonici dell’Ente Parrocchia
Dott. Maurizio Martone
Commercialista
GLI ONERI CANONICI
1) I contributi alla diocesi.
Sono previsti fra le voci di uscita dalle casse parrocchiali, ed elencati al n. 109 dell’IMA (Istruzioni in
materia amministrativa 2005) e a pag. 42 del GAP (Gestione amministrativa della parrocchia) e
comprendono:
le offerte raccolte in particolari giornate (can. 1266), ad esempio la giornata missionaria, che
vengono consegnate alla diocesi che, a sua volta, le destina allo scopo previsto e all’Ente competente
(IMA n.32);
il tributo ordinario (can. 1263) a valere sulle entrate della parrocchia e stabilito con decreto
dall’Ordinario (IMA n. 47- per Bologna è di € 0,16 per abitante);
le cosidette tasse-decreto da corrispondere alla diocesi in occasione della richiesta di
determinati atti amministrativi, ad esempio per gli atti di straordinaria amministrazione (IMA n. 49);
i contributi volontari e quelli di solidarietà.
In caso di accettazione di donazioni o di lasciti testamentari in denaro la diocesi trattiene il 10%
dell’importo; per gli immobili affittati ricevuti in donazione o eredità la diocesi chiede un contributo pari a
sei mesi dell’affitto al netto delle imposte (ICI); per la vendita di beni immobili o per i conguagli attivi
derivanti da permute immobiliari è richiesto il 5% del corrispettivo al netto delle spese; quest’ultima
percentuale può essere molto più elevata in caso di incassi particolarmente rilevanti.
2) Il sostentamento dei sacerdoti.
Dalla cassa parrocchiale devono essere prelevate mensilmente le somme spettanti al parroco e agli
eventuali vicari parrocchiali o equiparati, nella misura stabilita annualmente dall’ordinario diocesano
(cap. 14 GAP, pag.332 e segg.), somma che costituisce una parte minoritaria della intera
remunerazione. Il calcolo della remunerazione complessiva spettante al sacerdote è stabilito dagli
accordi concordatari denominati “di Villa Madama” del 1984 e precisato dalla delibera CEI n.58. La
stessa normativa stabilisce quanto debba essere dato dalla parrocchia e quanto invece deve essere
erogato dall’Istituto centrale per il sostentamento del clero che provvederà con i mezzi derivanti dai
versamenti deducibili e dall’8 per mille.
La parte che spetta alla parrocchia è calcolata moltiplicando la “quota capitaria” stabilita dalla CEI per il
numero dei residenti sul territorio parrocchiale. L’ICSC (Istituto centrale per il sostentamento del clero)
provvede anche al pagamento dei contributi previdenziali dovuti dal sacerdote per la copertura
assicurativa e pensionistica, nonché al versamento delle imposte gravanti sulla sua remunerazione.
Da qui l’importanza assoluta del gettito dei versamenti deducibili (IMA n. 39) e dell’8 per mille (IMA n.
40) senza i quali non vi sarebbe capienza per pagare le remunerazioni di tutti i sacerdoti inseriti nel cosi
detto sistema del “sovvenire” , e quella di aver nominato in ciascuna parrocchia, fra i membri del CPAE,
un responsabile del “sovvenire” che ricordi ai parrocchiani sia la firma nella dichiarazione dei redditi a
favore della Chiesa cattolica dell’attribuzione dell’8 per mille, sia i versamenti, anche modesti, a favore
del sostentamento dei sacerdoti, deducibili dal reddito.
3) La contabilità della parrocchia.
Secondo il can. 1284 il parroco, con la collaborazione del CPAE (Consiglio parrocchiale per gli affari
economici), deve tenere bene in ordine i libri delle entrate e delle uscite, per poi consentire
agevolmente la redazione del rendiconto parrocchiale annuale. Ciò a prescindere da eventuali oneri
fiscali derivanti alla parrocchia se gestisce anche attività commerciali, oneri che accentuano la
necessità di una corretta tenuta della contabilità al fine di consentire l’eventuale controllo della gestione.
La mancanza di una ordinata contabilità è sempre foriera di poca trasparenza nel gestire e nel far
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conoscere la gestione agli interessati i quali sono, oltre al CPAE, tutti i parrocchiani e il fisco, inoltre
soprattutto l’aspetto finanziario della gestione parrocchiale va debitamente programmato; non basta
decidere le spese occorre anche reperire le fonti di finanziamento. Nel GAP l’argomento è trattato a
pag 47 e segg. ma si rimanda alle istruzioni ed ai modelli diramati dall’ufficio economato della diocesi
per l’ottenimento di un rendiconto dettagliato, confrontabile ed uguale per tutti (IMA dal n. 107 al n.
114).
GLI ONERI FISCALI
1)
L’ente non commerciale.
L’ente parrocchia è un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ed è considerato, soltanto ai fini
fiscali, un ente non commerciale. Troviamo la definizione di un ENC (ente non commerciale) negli artt.
73 e 149 del TUIR (testo unico imposte dirette) approvato con DPR n. 917/86 (GAP a pagg. 149 e
segg.; IMA a pagg. 47 e segg.).
Si riporta il testo dei predetti articoli: art. 73, comma 1, lettera c) “Sono soggetti all’imposta sul reddito
delle società…gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non
hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali” ; art. 148, comma 1 “Il
reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 73 è formato
dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad
esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad
imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi
non rientranti nell’art. 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza
specifica organizzazione e verso corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione.”
Gli enti non commerciali sono “enti pubblici o privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello
Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali” (art. 73,
comma 1, lettera c). Prosegue l’art. 73 (comma 5) dicendo che in mancanza dell’atto costitutivo o dello
statuto dell’ente, il suo oggetto principale è determinato dall’attività effettivamente esercitata nel
territorio dello Stato.
A questa qualifica che la parrocchia, in quanto ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, non può mai
perdere (art. 149, comma 4), vengono attribuiti dalla legislazione tributaria una serie di agevolazioni e di
regole.
2)
Le attività istituzionali e quelle diverse. (Cfr. Slides a pag. 8 di questi appunti)
La parrocchia, ente ecclesiastico, deve avere finalità di religione e di culto che la caratterizzano come
tale. Tali attività sono quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del
clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana. Sono queste le attività
istituzionali della parrocchia. Tali attività possono essere svolte direttamente e sono tutelate dalle leggi
canoniche valide anche ai fini della legislazione italiana.
Altre attività, che chiameremo attività diverse, sono quelle di assistenza, beneficenza, istruzione,
educazione e cultura, nonché le attività commerciali o a scopo di lucro; esse possono essere svolte
dalla parrocchia ma sono soggette alle leggi previste dallo Stato e al regime tributario in vigore per le
medesime.
Tutto ciò è garantito dall’Accordo di revisione del Concordato e da leggi dello Stato (L. 121/85 e L.
222/85).
Dal punto di vista degli adempimenti normativi e fiscali è quindi importante distinguere:
le attività istituzionali della parrocchia (religione e culto) per le quali sono previsti solo
adempimenti minimi o inesistenti;
le attività diverse (assistenza, beneficenza, ecc.) per le quali valgono le disposizioni di legge
previste per ciascuna di esse, comprese quelle degli obblighi contabili quando siamo in presenza di
attività commerciali.
In quanto ente civilmente riconosciuto non commerciale la parrocchia deve avere un proprio numero di
codice fiscale da indicare in atti e documenti a norma di legge, che viene rilasciato dagli uffici
dell’Agenzia delle Entrate. Ogni cambiamento riguardante l’ente (denominazione e/o sede) o il suo
legale rappresentante (cambio del parroco) deve essere comunicato con denuncia di variazione.
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La partita IVA, sempre a seguito del permesso dell’Ordinario, va richiesta solo nel caso la
parrocchia eserciti direttamente, e in via non occasionale, una o più attività commerciali (ad es. una
scuola, un cinema, un bar, una casa di riposo, una casa per ferie o di attività equiparate).
3)
Le entrate e le spese della parrocchia.
L’argomento trattato limita l’indagine alle possibili entrate parrocchiali, per individuare quelle che sono
oggetto di prelievo fiscale.
Tali entrate della cassa parrocchiale possono essere (GAP pagg. 35 e segg.):
offerte richieste dalla parrocchia per tutte le esigenze della comunità (offerte in chiesa);
offerte in occasione dell’amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali;
offerte finalizzate in giornate prescritte;
offerte, rendite di culto e legati per la celebrazione di S.S. Messe;
offerte occasionali per le necessità della chiesa e per finalità specifiche;
donazioni, eredità, legati;
offerte deducibili (da imprenditori o professionisti);
contributi da enti per le attività istituzionali;
contributi da enti per le attività commerciali;
redditi fondiari, di capitale e diversi;
corrispettivi di attività commerciali e sponsorizzazioni;
rimborsi spese.
In grassetto ho evidenziato le attività che danno luogo a prelievi fiscali e a dichiarazioni dei
redditi.
Ricordo qui che se la parrocchia si trova a pagare compensi di lavoro dipendente, e/o di lavoro
autonomo occasionale o a progetto, è considerata fiscalmente sostituto d’imposta e deve trattenere
sui compensi da pagare la ritenuta d’acconto e poi versarla all’erario, mediante modello F24,
entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento, nonché è tenuta a presentare
annualmente, nei tempi previsti, una apposita dichiarazione del sostituto d’imposta.
4) Il prelievo dello Stato e degli enti pubblici territoriali.
I prelievi dello Stato possono avere vario scopo e colpire diverse manifestazioni di ricchezza.
A) LE IMPOSTE.
Sono una voce di entrata del bilancio dello Stato e sono costituite da un prelievo coattivo di ricchezza
non connesso ad una specifica prestazione da parte dello Stato o dell’ente pubblico; è finalizzata a
finanziare servizi pubblici indivisibili (forze armate, magistratura, ecc.). Sono caratterizzate da un
presupposto che fa sorgere l’obbligazione tributaria, da una base imponibile, espressione quantitativa
del presupposto, e da un’aliquota, ossia da un tasso che, applicato alla base imponibile, determina
l’imposta dovuta.
Le imposte si suddividono in:
imposte dirette che colpiscono direttamente la ricchezza sia statica (un bene, un patrimonio),
sia dinamica ossia quella prodotta con un servizio o con una prestazione (un reddito). Esse non sono
trasferibili, ossia rimangono a carico di chi è obbligato dalla legge a pagarle; quindi non incidono sui
prezzi. Vengono riscosse periodicamente ogni anno mediante apposita dichiarazione da presentare
all’ufficio erariale competente. In questa categoria troviamo:
l’imposta sul reddito delle persone fisiche o IRPEF
l’imposta sul reddito delle società o IRES
l’imposta regionale sulle attività produttive o IRAP
l’imposta comunale sugli immobili o ICI
ed altre ancora meno rilevanti.
imposte indirette che colpiscono indirettamente la ricchezza nel momento in cui questa viene
trasferita (vendita di un bene), o viene consumata (un servizio o una prestazione). Sono trasferibili da
chi è tenuto a pagarle per legge ad altri soggetti e incidono sui prezzi (IVA o imposta di registro). In
questa categoria troviamo:
l’imposta di registro
l’accisa
le imposte ipotecarie e catastali
l’imposta di bollo
l’imposta di pubblicità
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l’imposta sul valore aggiunto o IVA.
Le imposte dirette hanno un maggior effetto redistributivo del reddito fra i cittadini e rispondono meglio
al principio costituzionale della capacità contributiva, ma danno più adito al fenomeno dell’evasione
fiscale.
Le imposte indirette sono più elastiche, divisibili, ed essendo incluse nel prezzo dei beni acquistati,
sono meno sentite dai contribuenti.
Le imposte, dal punto di vista della loro quantificazione, possono essere fisse, proporzionali,
progressive e regressive. Quelle dirette possono essere reali (colpiscono cioè un bene, una ricchezza a
prescindere di chi la possiede) o personali.
L’incidenza globale (pressione fiscale) delle imposte dipende dai modi in cui vengono colpite le fonti e
gli impieghi del reddito; attualmente in Italia la pressione fiscale è del 43,3%, ossia lo Stato e gli altri
enti pubblici territoriali si portano via il 43,3% del reddito prodotto (Sole 24 ore del 5/2/2009): sono un
socio di tutto rispetto!
Le sanzioni.
Il mancato rispetto degli obblighi, sia formali che sostanziali, relativi alla dichiarazione e al versamento
delle imposte, comporta l’applicazione di pesanti sanzioni amministrative che si aggiungono all’imposta
non versata o versata solo in parte. Ad esempio l’omessa dichiarazione dei redditi comporta la
sanzione amministrativa dal 120% al 240% delle imposte dovute; la dichiarazione infedele dei redditi
con imponibile inferiore a quello accertato,comporta una sanzione da una a due volte la maggiore
imposta accertata. Se poi le imposte evase superano certi soglie c’è anche l’ipotesi di reato tributario
con le previste pene detentive (manette agli evasori).
Quando non c’è reato, la normativa fiscale prevede numerose possibilità di sanare l’evasione, sia in via
preventiva, ossia prima dell’accertamento, sia anche successivamente con l’effetto di ridurre l’importo
delle sanzioni a livelli più sopportabili, ma l’effetto di dissuasione è tale che conviene sempre cercare di
fare le cose con conoscenza delle norme e con l’aiuto di un valido professionista.
B)
LE TASSE.
Si differenziano dalle imposte in quanto prevedono una controprestazione di un servizio da parte
dell’ente pubblico (tasse portuali, concessioni, licenze, ecc.). La tassa può anche diventare Tariffa.
Esse finanziano servizi pubblici divisibili (tasse scolastiche, ticket sanitari).
C)
I CONTRIBUTI.
Possono consistere sia in un prelievo coattivo dello Stato nei confronti di soggetti che ottengono un
beneficio personale dal servizio pubblico, sia una erogazione effettuata dallo Stato a sostegno di
un’attività produttiva (es.: alle aziende comunali di trasporto).
Possono esservi contributi sociali, e sono quelli della previdenza e assistenza ai lavoratori per
l’ottenimento della pensione o per la copertura dei rischi legati all’invalidità, alla malattia e agli infortuni
(INPS, INPDAP, INAIL), oppure possono essere speciali.
4)
Quando sorge l’obbligazione tributaria.
Le dichiarazioni e il pagamento delle imposte e tasse.
Ritorniamo ora alle entrate della parrocchia per capire meglio quali sono quelle che pagano imposte e
tasse e quali, invece, quelle non soggette al prelievo fiscale.
Le entrate di cassa che solitamente finanziano le attività che abbiamo chiamate istituzionali, ossia
quelle di religione e di culto, e parte di quelle definite diverse, ad esempio quelle relative all’assistenza
e alla beneficenza, non sono colpite dal prelevo fiscale, ma devono avere precise caratteristiche: si
tratta di tutte le offerte, ossia donazioni, dei fedeli per tutte le necessità della parrocchia; quelle fatte
in occasione dell’amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali; quelle finalizzate in giornate
prescritte, quelle fatte in occasione della celebrazione di Ss. Messe; quelle fatte occasionalmente per le
necessità della Chiesa o per finalità specifiche; quelle pervenute in occasione di eredità; quelle
chiamate deducibili (per chi le fa e che vedremo espressamente nel penultimo paragrafo). In genere
sono vere e proprie donazioni che non comportano una controprestazione o un servizio da parte della
parrocchia che non siano quelli tipici delle attività istituzionali (benedizioni, sacramenti, Ss. Messe, ecc.
vedi GAP pag. 36 e segg.).
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Vediamo ora quali sono le entrate che danno origine ad un prelievo fiscale più semplice qual è quello
dell’imposta IRES.
Sono innanzitutto quelle che derivano da redditi fondiari che provengono dal possesso di fabbricati
che non siano quelli destinati strettamente alle attività istituzionali (chiesa, canonica, aule per
catechismo, sagrestia, ecc.). Questi fabbricati, civili o commerciali, possono essere locati a terzi con un
contratto regolarmente registrato (sconta l’imposta di registro; GAP pag. 163 e segg.).
Ne fanno parte i cosidetti redditi di capitale, (GAP pag. 168) se non sono già stati tassati alla fonte a
titolo d’imposta (vedi interessi su somme depositate in conto corrente bancario o postale).
Vi sono anche i redditi diversi (TUIR 917/86, artt. da 67 a 71), tra i quali le plusvalenze derivanti dalla
vendita di aree fabbricabili o da quella di fabbricati detenuti da meno di cinque anni (GAP pag. 174 e
segg.).
Occorre qui ricordare che per le parrocchie dotate di riconoscimento civile l’aliquota IRES è ridotta alla
metà ossia è del 13,75% (GAP pag.162).
Per questi redditi, e per quelli derivanti da attività commerciali dei quali si dirà in seguito, la parrocchia
deve presentare la dichiarazione annuale dei redditi (modello Unico) e liquidare l’IRES per poi versarla
con il sistema degli acconti e del saldo (GAP pag.161).
Se poi la parrocchia, nell’anno solare, ha pagato compensi di lavoro autonomo occasionale o meno, di
lavoro a progetto e/o di lavoro dipendente, è sostituto d’imposta per la ritenuta da effettuare e da
versare all’erario e deve certificare le stesse ai lavoratori; inoltre deve anche presentare all’erario una
apposita dichiarazione annuale del sostituto d’imposta (mod. 770 GAP pag.232 e segg.).
La presenza di questi compensi da luogo per la parrocchia all’obbligo di presentare anche la
dichiarazione annuale ai fini dell’IRAP (GAP pag. 183 e segg.) e a versare quest’imposta regionale
sempre con il sistema degli acconto e del saldo.
E’ bene suggerire che tutte queste incombenze e quelle più complesse ancora derivati dall’eventuale
attività commerciale siano seguite professionalmente da un professionista qualificato e iscritto all’Albo
(dottore o ragioniere commercialista, consulente del lavoro).
6) L’IVA e le altre imposte indirette.
Abbiamo già visto come l’IVA (GAP pag. 198 e segg. e pag. 253 e segg.) colpisca i consumi di
ricchezza e, alle volte, anche i suoi trasferimenti: il prezzo di un bene o di un servizio è quasi sempre
gravato da IVA, la quale, per l’utente o l’acquirente, diventa un costo da sopportare. Così è per la
parrocchia: quando non esercita, oltre alle sue attività istituzionali, anche attività commerciali, essa
viene considerata, ai fini IVA, un consumatore finale.
Ma quali sono queste attività commerciali? Ad eccezione delle attività di religione e di culto (GAP pag.
157/158) tutte le altre attività che la parrocchia gestisce
in maniera abituale
con specifica organizzazione
a fronte di corrispettivi
sono comunque considerate commerciali, anche se esercitate per finalità educative, ricreative,
assistenziali. Fra queste troviamo la scuola materna parrocchiale, il bar dell’oratorio, il cinema
parrocchiale, la casa di riposo della parrocchia, l’alloggio dato a familiari di persone degenti in ospedali,
ecc.
L’esercizio di attività commerciali viene definito dalla legge IVA DPR 633/72, all’art. 4, quinto
comma, e comprende:
le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita;
l’erogazione di acqua e servizi di fognatura e depurazione, gas, energia elettrica e vapore;
la gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
la gestione di spacci aziendali, la gestione di mense e la somministrazione di pasti;
il trasporto e il deposito di merci;
il trasporto di persone;
l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, le prestazioni alberghiere e di alloggio;
i servizi portuali ed aeroportuali;
la pubblicità commerciale;
le telecomunicazioni e le radiodiffusioni circolari.
L’esercizio di attività commerciali comporta innanzitutto l’obbligo di richiedere il numero di partita IVA
(GAP pag. 153), quello di iscriversi presso la Camera di Commercio al REA (GAP pag. 154), quello di
adottare una contabilità fiscale separata da quella istituzionale (GAP pag.255 e segg.), quello di
adempiere agli obblighi dichiarativi e di versare le imposte dovute (GAP pag. 198 e segg.).
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E’ bene sapere che non tutte le attività commerciali sono assoggettate alla stessa aliquota IVA (quella
ordinaria è del 20%), ma che vi possono essere settori esenti (ma soggetti a tutta la normativa IVA) e
settori non imponibili. Normalmente l’esercizio dell’attività commerciale ha per effetto che l’IVA sugli
acquisti di beni e servizi non è più un costo, ma viene detratta dall’IVA incassata con la vendita dei beni
e servizi prodotti e, all’erario, viene versata la differenza. Nel caso di attività esente da IVA, quella
pagata a monte, ossia sui costi, torna ad essere un costo.
Può capitare che il parroco riceva da parte di qualche professionista od operatore economico delle
prestazioni gratuite, per le quali non rimane alcuna traccia dell’autore: al fine di responsabilizzare
l’esecutore della prestazione è opportuno concretizzare per iscritto l’accordo raggiunto indicando sia
l’oggetto della prestazione (ad esempio la stesura della contabilità), sia la modalità di esecuzione
gratuita.
Può succedere che nella parrocchia si tenga un dopo-scuola con la richiesta ai genitori di una modica
cifra a titolo di puro rimborso delle spese di luce e riscaldamento: è sempre opportuno non legare il
servizio prestato ad un corrispettivo anche simbolico, ma ripetitivo; meglio se a quei genitori si offre un
servizio gratuito, accontentandosi di un offerta unica e non ripetitiva slegata dal servizio prestato.
Lo stesso discorso può presentarsi nel servizio di accoglienza dei parenti di persone degenti in
ospedali, ove si offra anche da dormire: l’attività alberghiera e di alloggio è considerata attività
commerciale sottoposta ad IVA ( e ad imposte se fatta a scopo di lucro).
Come è possibile notare la materia è alquanto complessa e si rende necessario ed indispensabile farsi
seguire da professionista esperto.
Brevi cenni dedichiamo ad altre imposte indirette quali:
L’imposta di registro (GAP pag. 220) che colpisce la vendita o l’acquisto di beni immobili – terreni o
fabbricati – e che si trasferisce, assieme al costo dell’atto e alle imposte ipotecarie e catastali,
sull’acquirente. Da ricordare che se si locano a terzi terreni o fabbricati, i relativi contratti vanno
sottoposti ad imposta di registro ad ogni scadenza periodica.
L’imposta di bollo (GAP pag. 226) si paga sulle quietanze d’importo superiore ad € 77,74, salvo che
esse non riguardino oblazioni (offerte) che sono esenti.
L’imposta sulle successioni e donazioni (GAP pag. 225) : le parrocchie sono esenti da queste
imposte in quanto enti ecclesiastici civilmente riconosciuti (artt. 3 e 55 del D.L. 346/90 e art. 7, comma
3, L. n. 121 del 25/3/1985).
Altre imposte e tasse le trovate sul GAP a pag. 228 e seguenti.
7) L’ICI e la TARSU.
L’ICI (GAP pag. 188 e segg.) è un’imposta comunale sui fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli da
chiunque posseduti. La sua base imponibile è costituita dalla rendita catastale o dal reddito derivante
dall’affitto o dalla locazione a terzi. All’inizio del possesso va presentata all’erario una dichiarazione e
può essere pagata in due rate annuali di importo pari al 50%. Sono esenti da ICI gli edifici destinati al
culto e loro pertinenze, nonché gli edifici utilizzati esclusivamente per attività di religione e culto (ossia
il culto religioso, la cura delle anime, la formazione del clero e dei religiosi, gli scopi missionari, la
catechesi e l’educazione cristiana). Con propria delibera il comune può esentare anche gli immobili
utilizzati direttamente per lo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche,
culturali, ricreative e sportive, è bene quindi conoscere quanto stabiliscono al riguardo i regolamenti
comunali. Ultimamente una circolare del ministero delle finanze, n.2 del 26 gennaio 2009, ha finalmente
chiarito e precisato gli ambiti cui spetta l’esenzione ICI spettante agli immobili nei quali gli enti non
commerciali, compresi quelli ecclesiastici, svolgono attività socialmente rilevanti quali quelle
assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative, culturali, ricettive, sportive.
La TARSU (GAP pag. 226/227) riguarda lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. E’ in corso la sua
sostituzione con una nuova tariffa che rimpiazzerà quella eventualmente già adottata da alcuni comuni
nel 2006 (TIA). Si basa su due parametri: la quantità e la qualità medie ordinarie dei rifiuti prodotti o
producibili nei locali e nelle aree ove viene esercitata l’attività. Il Comune di Bologna esenta gli edifici di
culto, le sagrestie ed i locali adibiti all’insegnamento del catechismo.
8) Le offerte detraibili e/o deducibili.
Le offerte in denaro fatte alla parrocchia, che, sono sostanzialmente delle donazioni, se non sono di
modico valore, devono essere fatte per atto pubblico e occorre l’autorizzazione dell’Ordinario per la loro
accettazione. Per alcuni casi le norme fiscali prevedono un beneficio riguardante il donatore.
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Per il donatore impresa (sia individuale che societaria) il TUIR (DPR 917/86), all’art. 100, comma 2,
prevede che le donazioni fatte alle parrocchie costituiscano oneri deducibili dal reddito d’impresa, per
un ammontare non superiore al 2% dello stesso reddito dichiarato. Un fac simile della ricevuta da
rilasciare al donatore è contenuta nel disco allegato al GAP.
I contributi (offerte) dati alle parrocchie per il recupero dei beni soggetti a vincolo di interesse
culturale (GAP pag. 95 e segg.) sono anch’essi fiscalmente agevolati. Gli offerenti possono essere sia
privati (persone fisiche), sia titolari di reddito d’impresa (TUIR art. 15, lettera h e art. 100, comma 2,
lettera f). Vi sono però condizioni particolari da rispettare quali l’autorizzazione della Soprintendenza
per l’esecuzione dei lavori di restauro, e una convenzione posta in essere fra donatore e parrocchia il
cui testo è reperibile nel disco allegato al GAP.
Infine anche i contributi (offerte) dati a istituti scolastici danno diritto ad agevolazioni per il donante,
persona fisica o titolare di reddito d’impresa (TUIR art. 100, lettera o bis ; art. 15 lettera i octies e art.
147, comma 1).
L’agevolazione consiste nella deduzione dal reddito d’impresa nei limiti del 2% del reddito stesso e
comunque nella misura massima di € 70.000 annui, oppure nella detrazione del 19% del contributo da
parte di persone fisiche o di enti non commerciali. Anche le scuole parrocchiali ne hanno diritto. La
ricevuta da rilasciare al donante è reperibile nel disco allegato al GAP.
9) L’IVA agevolata. (GAP pag. 214 e segg.)
Quando la parrocchia intraprende lavori di costruzione o di ampliamento (ad es. una nuova chiesa),
oppure effettua interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, oppure compie lavori di restauro e
risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, o ancora svolge lavori che riguardano
l’abbattimento delle barriere architettoniche, può usufruire, in particolari condizioni, di una agevolazione
riguardante l’IVA pagata ai fornitori, che può essere inferiore a quella ordinaria (di regola al 20%), ad
esempio pagare solo un 10% o, in alcuni casi, addirittura il 4%.
Per la definizione tecnica dei singoli lavori rimando a quanto diranno gli ultimi due relatori, ricordando
che di aiuto è una guida predisposta da Patrizia Clementi e pubblicata in allegato al n. 3 dell’anno 2007
della rivista “Ex Lege” della diocesi di Milano, scaricabile dal sito internet della stessa diocesi,
all’indirizzo www.chiesadimilano.it/avvocatura.
Limitiamoci ad esaminare i singoli casi dell’agevolazione e le rispettive condizioni per la fruizione poste
dalla legge.
Nel caso di costruzione e ampliamento dei fabbricati parrocchiali, tali lavori rientrano tra le opere
di urbanizzazione secondaria per le quali è prevista in permanenza l’IVA agevolata del 10% (DPR
633/72, tabella A, parte III, n. 127 quinques, sexies e septies).
Nel caso invece di opere di manutenzione ordinaria (riparazione, rinnovamento e sostituzione delle
finiture di edifici, e opere necessarie a mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti) e
straordinaria (opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli
edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non
alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle
destinazioni), occorre far riferimento all’art. 31 della L. 5/8/1978, n. 457. Le manutenzioni ordinarie e
straordinarie sono normalmente soggette all’aliquota IVA del 20%. Una riduzione agevolata al 10% si
ha quando i lavori riguardano fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata. Per
equiparazione legale sono agevolati anche i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria riguardanti
edifici destinati ad essere stabile residenza di comunità quali orfanotrofi, ospizi, brefotrofi, conventi
(l’agevolazione non riguarda le scuole in quanto non destinate ad un uso abitativo). L’agevolazione
riguarda solo le prestazioni di servizi e i beni significativi (di maggior valore) ed rimane valida fino al
2010, forse anche al 2011.
Nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo (quelli rivolti a conservare l’organismo
edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli
elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con
essi compatibili e comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi
dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso,
l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio), questi lavori sono soggetti ad aliquota IVA
agevolata del 10% indipendentemente dalla natura del bene e dal soggetto che ne è proprietario (DPR
633/72, tabella A, parte III, n. 127 terdecies e quaterdecies). La qualificazione urbanistica si desume
dalle autorizzazioni amministrative (DIA, permessi,ecc.). Può essere sufficiente anche una
autocertificazione del proprietario o una dichiarazione del progettista incaricato, che facciano
riferimento alla L. 457/78.
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Arcidiocesi di Bologna
Corso: Gestire l’ente parrocchia
Quarto Incontro: Gli oneri fiscali e canonici dell’Ente Parrocchia
Nel caso che gli interventi siano finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche esistenti,
l’aliquota agevolata passa al 4% (DPR 633/72, tabella A, parte II, n.41 ter) e riguarda solo le
prestazioni di servizi.
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