Schede di approfondimento

Transcript

Schede di approfondimento
1. LA SORGENTE DELL’AMORE: LO SPIRITO SANTO E LA VITA DI COPPIA
Prima scheda
Lo Spirito Santo il grande Sconosciuto
Mario Cascone - Romolo Taddei
1.1. Accoglienza e momento di preghiera
Nell’iniziare questo cammino la coppia animatrice inviti i partecipanti al gruppo a
consapevolizzare come si sentono e che cosa vivono in questo periodo della loro vita. Poi li inviti a
pregare lo Spirito Santo perché li assista durante queste serate.
Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto.
O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa.
Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato.
Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen
1.2. Chi è lo Spirito Santo?
Desideriamo iniziare con una domanda provocatoria:
-
Che posto occupa in noi coppie e nella nostra vita relazionale lo Spirito Santo? Lo
interpelliamo? Lo ascoltiamo? Lo preghiamo? Quali sono i nostri pensieri e quali le nostre
risonanze di fronte a questa domanda. (Si ascoltino le risonanze dei partecipanti.)
Presumiamo che per tante coppie di sposi lo Spirito Santo è tuttora il grande sconosciuto, il grande
dimenticato. E’ una figura marginale, lontana e astratta.
Lo Spirito Santo è una delle tre persone della SS. Trinità, che forse può essere significativa per i
sacerdoti, per le suore, ma sembra che abbia ben poco a che fare con la concretezza della nostra vita
coniugale.
Il tema che affrontiamo è nuovo nella riflessione teologica contemporanea e, soprattutto, per molte
coppie di sposi. Mentre la tradizione latina ha sviluppato più la teologia della seconda persona della
Trinità, la tradizione orientale si è invece soffermata sulla figura dello Spirito Santo.
Chi è lo Spirito Santo?
- Lo Spirito Santo è il dono più grande che Dio elargisce a noi coppie di sposi, perché Lui ci offre il
suo stesso Amore. Nel dialogo trinitario, infatti, lo Spirito Santo è l’eterno Amore che unisce
l’eterno Amante (il Padre) all’eterno Amato (il Figlio).
- Lo Spirito Santo è all’inizio del nostro amore. In ogni amore che sboccia, consapevoli o no, c’è un
Amore che ci precede. Pensavamo di essere soltanto noi due e che il nostro amore fosse un fatto
puramente umano, scaturito da bisogni, da dinamiche affettive, da sentimenti, da palpiti amorosi, da
appuntamenti e attese, eppure c’era Uno che era all’inizio del nostro amore e ci ha preceduto. Quel
sogno, che ci ha presi l’un l’altro, ci ha strappati dalle nostre famiglie d’origine e ci ha portato l’uno
nelle braccia dell’altro, fino al dono completo di noi stessi, ha al suo inizio e nel suo prosieguo lo
Spirito Santo di Dio. La nuova famiglia da noi formata è una chiesa domestica..
La nostra casa è un tabernacolo che custodisce la presenza di Dio nella nostra relazione coniugale.
Il nostro talamo nuziale è l’altare dove offriamo i nostri corpi in dono, assaporiamo il nostro amore
e, in esso e attraverso esso, lo Spirito dell’amore di Dio.
La relazione che cerchiamo di costruire ogni giorno, sia pure con fatica, è come dare un corpo allo
Spirito di Dio perché Lui possa abitare in noi.
- Lo Spirito Santo è il “partner – finanziatore” delle opere ordinarie e straordinarie coniugali e
familiari. E’ il motore che dà vita e vivifica il nostro operare.
E’ una Persona “presente a tempo pieno”, in costante azione per farci essere, come marito e moglie,
una “struttura stabile”, manifestativa e comunicativa dell’amore di Dio. E’ il protagonista invisibile,
è il regista nascosto della nostra vita di coppia e del nostro cammino quotidiano.
Lui attualizza in noi sposi, pur dentro i nostri limiti, l’amore che unisce il Verbo di Dio con
l’umanità e di Cristo con la Chiesa.
Dona al nostro amore quella caratteristica specifica unitiva che, in vario modo, si esprime nel nostro
agire.
Conduce noi sposi oltre il confine dell’amore umano per farci sperimentare con Gesù Cristo sulla
croce un amore che sorpassa ogni risposta non data, travalica ogni limite e peccato del nostro
coniuge, fino a coinvolgerci nella capacità di gridare amore anche nella solitudine più nera
dell’abbandono e del tradimento.
- Lo Spirito Santo è la fonte e il principio dinamico dell’itinerario di crescita della nostra vita
coniugale. Per dare una immagine, è come il vento che soffia su una barca a vela sul mare.
Il mare rappresenta la nostra vita, ora tempestosa e agitata, ora tranquilla e bella.
La barca rappresenta la nostra esistenza, ricca o povera, semplice o problematica.
Il vento rappresenta lo Spirito Santo che soffia quando, come e dove vuole.
- Lo Spirito Santo è Persona - amore e Persona – dono. Grazie al dono dello Spirito Santo siamo
inseriti nel “circuito” dell’amore trinitario, sperimentiamo la dignità di figli di Dio, partecipiamo
all’eterno amore con cui il Padre genera il suo Figlio Gesù. Scrive a tal proposito Giovanni Paolo II:
“Nella sua vita intima Dio “è amore”, amore essenziale, comune alle tre divine Persone: amore
personale è lo Spirito Santo, come Spirito del Padre e del Figlio. Per questo, egli “scruta le
profondità di Dio”, come amore – dono increato. Si può dire che nello Spirito Santo la vita intima
del Dio uno e trino si fa tutta dono, scambio di reciproco amore tra le divine Persone, e che per lo
Spirito Santo, Dio “esiste” a modo di dono. E’ lo Spirito Santo, l’espressione personale di un tale
donarsi, di questo essere – amore. E’ Persona – amore. E’ Persona – dono” (3). L’eterno donarsi di
Dio avviene dunque “nello” Spirito Santo, mediante il quale l’amore di Dio viene “riversato nei
nostri cuori” (Rom 5,5), conferendo alla nostra dignità di persone una grandezza incomparabile, che
solo la Rivelazione biblica mette in luce in tutta la sua ricchezza.
Ogni uomo è figlio di Dio, amato, benedetto, salvato, da Lui inserito nel suo dialogo trinitario e
destinato alla beatitudine eterna. Gugliemo di S. Thierry chiarisce a questo riguardo: “L’uomo viene
a trovarsi, in qualche modo, preso dentro l’abbraccio e il bacio del Padre e del Figlio, che è lo
Spirito santo” (4).
La conseguenza di un tale “abbraccio” è meravigliosa: essendo “Persona – Amore” e “Persona –
Dono”, lo Spirito Santo plasma anche noi come persone – amore e persone – dono, costituendo tra
di noi un’unità perfetta e rendendoci capaci di trascrivere nella nostra carne e nel mondo l’amore
stesso di Dio. L’unità trinitaria si può così vedere nella nostra relazione coniugale. Quest’amore non
è altro che una trascrizione storica, in termini umanamente comprensibili, dell’eterno amore di Dio.
Per comprendere in tutta la sua portata questo concetto possiamo osservare che ogni amore
autentico dal Padre proviene, attraverso il Figlio viene, nello Spirito Santo avviene.
Il Padre è l’eterna provenienza di ogni amore, la radice causale, la fonte di ogni gesto di carità e di
ogni forma di donazione di sé.
Il Figlio è Colui che fa venire nel mondo quest’amore, rivelandolo in termini insuperabili nel
sacrificio della croce.
Lo Spirito Santo è il dono pasquale per eccellenza (Gv 20,19-22), mediante cui il Cristo Risorto
dona la sua stessa vita e permette di amare come Lui ci ha amato. Nello Spirito Santo l’amore di
Dio viene attualizzato, “avviene” qui e ora nella nostra vita di relazione. Questo fa dire che ogni
nostra espressione autentica di amore quale: una stretta di mano, un bacio, una carezza, un
abbraccio, la nostra intimità sessuale, sono un soffio di Pentecoste, un perpetuarsi del dono dello
Spirito, che incessantemente il Risorto offre all’umanità redenta. Per dirla in altri termini: non c’è
amore vero che non provenga da Dio e che non conduca a Lui. Ogni dono di noi stessi all’altro/a è
risonanza e trascrizione storica dell’eterno donarsi che il Padre e il Figlio comunicano attraverso lo
Spirito Santo.
Questo significa che il nostro amore umano, quando è autentico, cioè sincero, leale, generoso,
gratuito, rispettoso, è sempre rivelazione dell’amore eterno di Dio. Veramente si può dire che dove
c’è amore, lì c’è Dio. E più precisamente c’è lo Spirito di Dio, che è il “traboccare” nella storia
dell’amore eterno del Padre e del Figlio, il donarsi incessante della carità trinitaria, la forza che
costituisce l’uomo stesso come persona – amore e persona – dono.
Dopo questa presentazione della figura dello Spirito Santo nella vita di una coppia, è da chiederci:
- Quali sono le nostre risonanze e che cosa ci ha particolarmente colpito?
- Riconosciamo che il nostro amore è dono dello Spirito? Ci conformiamo alla legge dello Spirito,
che ci rende liberi e autentici nelle nostre scelte?
- Ci lasciamo trasformare dall’azione dello Spirito che dal matrimonio opera nella nostra esperienza
coniugale e familiare? Quali sono le nostre esperienze al riguardo?
1.3. Pentecoste coniugale
Tra le varie forme umane in cui si esprime l’amore, possiede certamente una risonanza particolare
l’amore coniugale. Esso rientra nel progetto di Dio Creatore, che plasma l’uomo nella differenza
complementare del maschile e del femminile (Gen 1,27) e lo pone nella condizione di superare la
solitudine attraverso la comunione sessuale. Questa è ad un tempo unitiva e procreativa (Gen 1,28;
2, 18-25), perché mentre ci congiunge in sublime comunione, ci rende atti a trasmettere la vita ad un
altro essere umano.
Il matrimonio perciò non è un’invenzione dell’uomo, ma nasce nel cuore stesso di Dio: è Lui che lo
ha “inventato” perché l’uomo e la donna, uniti nell’amore coniugale, manifestassero nel mondo
l’eterno donarsi del Padre al Figlio nello Spirito Santo. Per questo motivo possiamo affermare che
l’alleanza sponsale è icona della Trinità, espressione sublime della relazione d’amore fra le Tre
Divine Persone. A partire da questa consapevolezza, tutto l’Antico Testamento, e in particolare
alcune pagine dei libri profetici e il Cantico dei Cantici, utilizzano il linguaggio sponsale per
descrivere l’amore che Dio nutre per il suo popolo (5).
Attraverso l’incarnazione di Gesù, Figlio di Dio, quest’amore tra noi sposi supera il livello di
semplice mediazione semantica dell’amore divino per assurgere alla dignità di sacramento, ossia di
segno efficace della grazia. L’alleanza coniugale viene così ad essere nella storia la ri-presentazione
(e non la mera rappresentazione!) dell’amore che lega Cristo Sposo alla Chiesa sua Sposa (Cfr. Ef
5, 21-33), un amore che si “consuma” nel sacrificio della Croce, in cui Cristo dona tutto se stesso
all’umanità, al fine di purificarla da ogni colpa e “farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta
gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5,27).
L’amore di noi sposi è chiamato a testimoniare, ma anche a riprodurre nel mondo, questo stesso
amore di Cristo per la Chiesa. Esso è, pertanto, risonanza e richiamo permanente di quanto è
avvenuto sulla Croce. Si può dire che la donazione di Cristo Crocifisso per la salvezza del mondo
diventa fonte di grazia per tutti noi, anche attraverso il sacramento del matrimonio, perché, come
Cristo sulla croce dona il suo corpo e tutta la sua vita per noi, così nel talamo nuziale e nell’intera
vita coniugale noi sposi ci doniamo l’uno all’altro nell’amore.
Su questa base non è difficile capire che l’amore sponsale è molto più di un semplice fatto umano.
Esso è da comprendere nella luce dell’amore divino; quell’amore che viene donato a noi per mezzo
dello Spirito Santo. Possiamo affermare che lo Spirito di Dio è presente già nell’innamoramento tra
noi sposi, ossia nel momento in cui scocca nel nostro cuore la scintilla dell’amore reciproco.
Egli è poi operante nella consacrazione di quest’amore mediante la celebrazione sacramentale, la
quale di conseguenza è molto di più di un semplice rito.
Ed è infine determinante nella perseveranza in fedeltà e fecondità dell’amore sponsale. Non è
esagerato affermare che sposarsi nel Signore può essere definito come una Pentecoste coniugale,
una costante effusione di Spirito Santo non solo su noi sposi ma, attraverso noi, anche su tutta la
Chiesa e sull’intera umanità. Da mero fatto privato, che coinvolge noi come singole persone,
l’amore consacrato nel sacramento del matrimonio diventa così effusione di grazia nel mondo,
soffio dello Spirito di Dio che, attraverso l’amore coniugale, continua a salvare, benedire e
santificare ogni uomo.
-
Abbiamo mai pensato che il nostro amore è una Pentecoste coniugale?
-
Che cosa ci dice il fatto che lo Spirito Santo è presente, è operante ed è determinante per la
continuità del nostro amore sponsale? Quali le nostre considerazioni?
1.4 Momento di verifica
-
Che cosa ci ha colpito di più in questa serata?
-
Che cosa ci portiamo a casa?
1.5 Momento di preghiera
“Spirito del Signore, che trasformi il nostro amore sponsale,
sii tu la legge nuova della nostra vita di coppia.
Ravviva in noi la tua grazia,
perché la nostra esistenza sia conforme al dono ricevuto.
Tu che agisci nel cuore e ci guidi alla libertà dei figli di Dio,
rendi i nostri comportamenti morali
come risposta all’esigenza della vita di grazia, che è tuo dono.
Ispira le nostre scelte, perché siano coerenti con il sacramento celebrato”. Amen.
(Gaetano Gatti)
1. LA SORGENTE DELL’AMORE: LO SPIRITO SANTO E LA VITA DI
COPPIA
Seconda scheda
Lo Spirito Santo sorgente del nostro amore
Mario Cascone – Romolo Taddei – Luca Tuttobene
2. 1 Momento di accoglienza e di preghiera
La coppia animatrice chieda ai partecipanti che cosa è rimasto dell’incontro precedente e come si
sentono ora nell’iniziare il nuovo incontro.
“Vieni, Spirito Santo! Vincolo dell’amore eterno
vieni ad unirci nella pace: rinnovaci nell’intimo
fa’ di noi i testimoni dell’unità che viene dall’alto.
Tu che sei l’estasi del Dio vivente,
dono perfetto dell’Amante e dell’Amato
nel loro amore creatore e redentore,
vieni ad aprirci alle sorprese dell’Eterno,
anticipando in noi, poveri e pellegrini, la gloria della patria,
intravista nella speranza della fede,
ma non ancora posseduta nella gioia piena del Regno.
Padre dei poveri, ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo, sii in noi la libertà e la pace,
la novità e il vincolo dell’amore
che vince il silenzio della morte”. Amen (Bruno Forte)
2.2 All’origine del nostro amore
Cerchiamo ora di vedere in che modo lo Spirito Santo si rende presente già agli albori del nostro
amore, poi come si rende visibile nella celebrazione del matrimonio e infine come è vivo e
palpitante nel perseverare della nostra vita coniugale.
Erroneamente siamo portati a credere che l’incontro tra due innamorati sia una mera coincidenza,
una fatalità, qualcosa che accade per caso. Le cose invece non stanno così, anche perché il caso non
esiste, al massimo è lo pseudonimo con cui Dio sigla la sua opera. L’incontro nel quale è scattato
l’innamoramento tra noi rientra nel progetto di Dio, che non solo fa in modo che noi due ci
scegliamo tra mille altre persone, ma ha fatto scattare nei nostri cuori qualcosa di indicibile, che ci
porta ad essere attratti l’uno dell’altra e, gradualmente, a verificare se siamo fatti l’uno per l’altra.
Possiamo dire che lo Spirito Santo è all’opera fin dall’inizio del nostro rapporto amoroso: è Lui che
fa incontrare noi due, è Lui che fa apparire nei nostri cuori i primi segni dell’amore, è Lui che ci
guida nel discernimento vocazionale di questa nostra reciproca attrazione. Quando ci siamo
fidanzati, quando è scoccata la scintilla del nostro amore, lo Spirito Santo era lì a tessere le nostre
brame d’amore, era all’opera per riattualizzare il primitivo disegno di Dio: “Dio creò l’uomo a sua
immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1, 27).
- Abbiamo mai pensato che il nostro partner è fatto “a immagine e somiglianza
di Dio”? Ci siamo uniti al nostro sposo/a consapevoli che lui/lei è fatto/a “a
immagine e somiglianza di Dio” – e non soltanto è un oggetto per il nostro
piacere?
- Esperienza
Per rinforzare l’immagine di Dio nella nostra relazione di coppia, vi invitiamo a
fare, nei prossimi giorni, questa esperienza: ritiriamoci nella nostra stanza da
letto, spogliamoci e teniamoci mano per mano di fronte ad uno specchio a
grandezza d’uomo. Osserviamo a lungo e attentamente le nostre persone nude,
come coppia. Che immagine appare? Ci piace ciò che vediamo? Vediamo cose
peccaminose o meravigliose? Ci concentriamo maggiormente su quanto per noi
è un difetto o su ciò che è perfetto? Vediamo due immagini di Dio o del male?
Poi, se vogliamo condividiamo con il nostro partner le nostre riflessioni e
proviamo ogni giorno a cambiare l’immagine di noi e del nostro partner. Non
smettiamo di ripetere l’esperienza, finché tutto ciò che vediamo nello specchio
non siano due “immagini e somiglianze di Dio”. Potremo notare un sensibile
miglioramento nel nostro rapporto, ci ameremo di più, ci sentiremo più belli ed
emaneremo un’autostima che si basa sulla nostra essenza spirituale e non
sull’apparenza superficiale. (6).
Stando così le cose, siamo chiamati a verificare il nostro innamoramento e ad assumere la decisione
di sposarci, ogni giorno, non solo sulla base della passione attrattiva o del mero “stare bene
insieme”, ma soprattutto in ordine al progetto di Dio nei nostri confronti. In altri termini, dobbiamo
chiederci se veramente il nostro desiderio di vivere insieme e di formare una famiglia rientra nel
disegno del Signore. E questo discernimento deve essere condotto nella luce sapienziale dello
Spirito, che possiamo attingere attraverso diversi mezzi, fra i quali occupa un posto privilegiato
l’accompagnamento spirituale. L’accompagnatore spirituale per eccellenza è lo Spirito santo, ma
non è sempre agevole ascoltarne la voce e interpretarne i disegni. Abbiamo bisogno allora di un
altro accompagnatore spirituale, che non si sostituisca allo Spirito di Dio, ma ne faciliti l’ascolto.
L’accompagnatore spirituale, conoscendoci bene e dialogando in profondità con noi, ci può aiutare a
discernere la volontà di Dio, orientandoci nella giusta direzione. In mancanza di un serio
discernimento vocazionale si corre il rischio di approdare alla decisione di sposarsi senza la
necessaria preparazione e di fondare la vita coniugale su basi assai fragili che, al sorgere delle prime
difficoltà, possono crollare. Forse il fallimento di molti matrimoni e la generale difficoltà che si
incontra oggi a perseverare nella fedeltà coniugale trovano una delle spiegazioni in questo mancato
discernimento vocazionale. A questo si aggiunge spesso un’insufficiente formazione teologico spirituale, che abiliti i due sposi a comprendere tutta la ricchezza del sacramento nuziale. Il
cammino di preparazione al matrimonio deve certamente riguardare le dimensioni antropologiche
del matrimonio e tutti i suoi risvolti etico - sociali, ma deve anche comprendere i connotati teologici
e spirituali dell’alleanza sponsale, che trovano in Dio Trinità la loro sorgente e nello Spirito Santo il
loro “veicolo”. In particolare è importante aiutare i fidanzati e noi sposi a comprendere che ognuno
di noi due è un dono di Dio per l’altro, in quanto è il Signore stesso che ci ha fatti incontrare e ha
posto nel nostro cuore il desiderio della reciproca donazione. Nella misura in cui coltiviamo questa
consapevolezza, possiamo superare il livello meramente umano dell’attrazione reciproca e siamo in
grado di condurre la relazione d’amore su un piano soprannaturale. E questo ovviamente conferisce
maggiore solidità al rapporto, perché non lo fa vedere come qualcosa che si sviluppa unicamente
grazie all’impegno di noi due, ma come un dono di grazia del Signore. È Lui, infatti, che ci ha posti
l’uno accanto all’altra affinché insieme costruiamo qualcosa di bello e di grande per noi stessi e per
tutti gli altri. La ricchezza umana dell’incontro amoroso trova perciò la sua origine e la sua forza
nella grazia dello Spirito Santo, che accompagna, benedice e consacra l’impegno di noi due come
protagonisti. Noi rimaniamo indubbiamente i principali attori della nostra storia d’amore, ma, nella
misura in cui ci poniamo nelle mani di Dio, troviamo in Lui la forza per andare avanti e per
superare anche le difficoltà che possiamo già incontrare nella fase iniziale di conoscenza e di
progettazione del rapporto.
- Quando eravamo fidanzati avevamo questa consapevolezza? Che cosa ne
pensiamo?
- Riteniamo di essere un dono di Dio l’uno per l’altra e in che modo lo siamo?
Visualizziamo questa domanda attraverso le nostre esperienze.
2. 3 La consacrazione dell’amore
Se il ruolo dello Spirito Santo è rilevante nella fase del discernimento vocazionale al
matrimonio e nella sua preparazione immediata, non è meno importante nella
consacrazione dell’amore coniugale, quale avviene nella celebrazione del sacramento
nuziale. Questa purtroppo viene spesso intesa, in modo riduttivo, come un semplice
rito, conservato dentro l’album delle fotografie o in qualche filmato, una cerimonia
più o meno solenne, in cui gli aspetti esteriori finiscono per prendere il sopravvento
su quelli spirituali. La preoccupazione degli sposi e dei loro familiari si concentra per
lo più su ciò che è secondario, lasciando in ombra quanto è invece fondamentale.
Questo accade soprattutto perché, in molti casi, non si coltiva la consapevolezza di
fede, che fa vedere, nella celebrazione del matrimonio sacramentale, l’innesto
dell’amore dei coniugi nell’amore con cui Cristo Sposo si lega alla Chiesa, sua Sposa.
Il crescente secolarismo, che alimenta i modelli di vita consumistici, da tempo ha
invaso l’area “sacra” del matrimonio cristiano, riducendolo in molti casi a mero fatto
esteriore, caratterizzato dai costi elevati e dalla ricerca della più sofisticata sontuosità.
Tutto ciò non ha niente a che vedere con la fede e perciò va superato mediante
un’adeguata catechesi, che aiuti i futuri sposi a vivere la celebrazione del loro
matrimonio in termini autenticamente cristiani.
Si tratta, in particolare, di far capire che anche nella celebrazione sacramentale del
matrimonio il ruolo dello Spirito Santo è centrale.
È Lui infatti che unisce noi due sposi e ci consacra come testimoni speciali
dell’amore di Cristo per la Chiesa.
E’ Lui che ci abita, consapevoli o no, al 100% in questo momento.
E’ Lui che perdura nella nostra unione coniugale, allo stesso modo come perdura
nell’Eucaristia e nella consacrazione di un presbitero.
E’ Lui una presenza costante. Pertanto, non c’è più nulla di profano, di banale nella
nostra vita di coppia, ma tutto è sacramento e noi siamo sacramento di salvezza per
noi e per le persone che incontriamo nel nostro cammino. Noi potremo perdere la
grazia con il peccato, potremo dimenticare lo Spirito Santo che ci ha consacrati, ma
non potremo cancellare la Sua presenza. Come lo Spirito Santo unisce Gesù con
l’umanità redenta, analogamente la comunione tra noi sposi cristiani è resa possibile
dalla grazia dello Spirito, che non solo ci benedice, ma ci rende “sacramento”
dell’amore di Dio, ossia segno visibile del misterioso legame che unisce il Signore a
tutti. Lo stesso Spirito, che unisce Cristo alla Chiesa, unisce anche noi: lo sposo alla
sposa.
Questo ci porta ad affermare che guardando all’amore di noi sposi cristiani, noi
possiamo intuire la grandezza dell’amore di Dio, quale si è manifestata nella
donazione del suo Figlio sulla Croce. Abbiamo già considerato che il matrimonio è ri
- presentazione sacramentale di quanto è accaduto sulla Croce, eco permanente
dell’amore sponsale di Cristo, che possiede le caratteristiche dell’indissolubilità, della
fecondità e della fedeltà: sono le stesse dimensioni su cui è chiamato a modularsi
l’amore coniugale, che riceve proprio nella celebrazione sacramentale la grazia
necessaria per conseguire questo scopo.
Lo Spirito Santo, più volte invocato nel corso della liturgia nuziale, è il Santificatore
degli sposi cristiani, Colui che ci abilita a vivere la nostra unione nel vincolo
indissolubile dell’amore, che ci porterà ad aiutarci vicendevolmente nel cammino di
santità. Chiarisce a tale proposito la Gaudium et spes:
“L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito
dalla forza redentiva del Cristo e dall’azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi,
in maniera efficace, siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nella sublime
missione di padre e madre. Per questo motivo i coniugi cristiani sono corroborati e
come consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato.
Ed essi, compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare,
penetrati dallo Spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di
fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la
mutua santificazione, e perciò insieme partecipano alla glorificazione di Dio” (7).
In questo ricco testo conciliare emerge quanto la liturgia del sacramento del
matrimonio mette bene in luce, come il consenso espresso dai due sposi sia preceduto
dalla memoria del Battesimo, su cui si fonda la possibilità stessa di celebrare il
sacramento nuziale. Infatti i due sposi, in quanto battezzati, sono consacrati a Cristo,
cioè non si appartengono, ma sono di Cristo. Poi è seguito dalla solenne preghiera di
benedizione sugli sposi, nella quale s’invoca l’effusione dello Spirito, perché permei
l’intera vita matrimoniale e la santifichi. Tutte e quattro le formule di benedizione
previste dal Rito contengono ricche invocazioni dello Spirito Santo sugli sposi. Ecco
qui di seguito i testi proposti dalla liturgia:
“Guarda ora con bontà questi tuoi figli che, uniti nel vincolo del matrimonio,
chiedono l’aiuto della tua benedizione: effondi su di loro la grazia dello Spirito
Santo perché, con la forza del tuo amore diffuso nei loro cuori, rimangano fedeli al
patto coniugale” (prima formula).
“O Dio, stendi la tua mano su N. e N. ed effondi nei loro cuori la forza dello Spirito
Santo. Fa’, o Signore, che, nell’unione da te consacrata, condividano i doni del tuo
amore e, diventando l’uno per l’altro segno della tua presenza, siano un cuore solo e
un’anima sola” (seconda formula).
“Scenda, o Signore, su questi sposi N. e N. la ricchezza delle tue benedizioni, e la
forza del tuo Santo Spirito infiammi dall’alto i loro cuori, perché nel dono
reciproco dell’amore allietino di figli la loro famiglia e la comunità ecclesiale” (terza
formula).
“Scenda la tua benedizione su questi sposi, perché, segnati col fuoco dello Spirito,
diventino Vangelo vivo tra gli uomini (quarta formula) (8).
Con accentuazioni diverse, le quattro formule di benedizione mettono in luce l’azione
dello Spirito Santo nella consacrazione dell’amore nuziale. La prima formula annette
l’invocazione dello Spirito alla capacità di rimanere fedeli al patto coniugale; la
seconda alla condivisione dei doni dell’amore di Dio e all’essere “un cuore solo e
un’anima sola”; la terza alla fecondità dell’amore coniugale e, quindi, al dono dei
figli; la quarta alla testimonianza cristiana: si chiede infatti che gli sposi “diventino
Vangelo vivo tra gli uomini”.
È con la grazia dello Spirito, così fortemente invocata, che noi sposi possiamo
assumere l’impegno di onorarci per tutta la vita e amarci ogni giorno “nella gioia e
nel dolore, nella salute e nella malattia”. Significativamente il nuovo rito del
matrimonio sostituisce, nella formula del consenso, l’espressione “prendo te” con
“accolgo te”, volendo così sottolineare l’essenziale dimensione di dono del patto
coniugale; ed aggiunge alla vecchia formula la frase “con la grazia di Cristo”,
mettendo così in luce che l’azione dello Spirito di Gesù è l’energia d’amore
necessaria per adempiere i doveri dello stato coniugale e per essere nel mondo segno
sacramentale dell’amore sponsale di Cristo per la Chiesa.
- Noi coppie di sposi siamo consapevoli di appartenere a Cristo, di essere abitati dalla presenza
costante dello Spirito Santo?
- Abbiamo mai pensato che il dono di tutto noi stessi ripete il gesto di Gesù sulla croce mediante
l’azione dello Spirito Santo? Quali le nostre risonanze e le nostre considerazioni?
2.4 La perseveranza nell’amore
Il sacramento del matrimonio riprende e specifica la grazia santificante del
Battesimo: è su di essa che si radica l’azione dello Spirito, costituendo noi sposi
testimoni dell’amore di Cristo e segni efficaci della sua grazia. La grazia dello Spirito
Santo non si esaurisce nella celebrazione del sacramento, ma accompagna tutta la
nostra vita coniugale, facendola diventare vero e proprio atto di culto, dal momento
che fa di noi coniugi “un sacrificio spirituale gradito a Dio” (9). La grazia dello
Spirito Santo è ad un tempo santificante e sanante: mentre ci abilita a percorrere il
cammino di santità, ci sostiene in tutte le difficoltà di quest’itinerario e ci “guarisce”
dalle inevitabili “ferite” e “malattie” che possono indebolire le nostre forze. È
illusorio, infatti, pensare che la vita matrimoniale sia “tutta rose e fiori”. Le
incomprensioni, le delusioni, i contrasti fanno parte non solo dell’esistenza personale,
ma anche di quella coniugale e familiare. La costruzione dell’unità coniugale, da
questo punto di vista, non è né automatica, né effetto di una sorta di colpo di fortuna;
è piuttosto il risultato di un impegno faticoso, talvolta perfino eroico, che viene
costantemente sostenuto dalla grazia dello Spirito. Il “noi” coniugale è frutto di
dialogo, di buoni litigi, di condivisione e di sacrificio. Il che vuol dire che è, in ultima
analisi, dono dello Spirito Santo. È Lui, infatti, che consente a noi sposi di
condividere ogni cosa nell’amore reciproco, di sobbarcarci a sacrifici anche gravosi,
di vivere la stessa conflittualità come occasione per crescere, cercando di ravvisarne i
reali motivi e di utilizzarla come possibilità per correggere i nostri difetti.
Su questa base noi sposi possiamo adempiere i tre principali doveri dello stato
coniugale: l’indissolubilità, la fedeltà e la fecondità. Il nostro rapporto d’amore viene
vissuto all’insegna di una scelta definitiva, che ci fa diventare realmente “una sola
carne” (Gen 2,24) e ci abilita a mettere ogni cosa in comune, nel contesto di una
donazione totale delle nostre persone. Pur rimanendo nell’originalità irripetibile delle
nostre persone, ciascuno di noi due si dona completamente all’altro, costituendo con
lui una comunione d’amore, che non trova superiori termini di paragone in natura. Si
viene a creare così tra noi sposi una unità, che non è confusione, dal momento che
non annulla la personalità di ciascuno di noi due, ma anzi la fa maturare nel segno
della donazione d’amore.
2.5 PAROLA DI DIO
Lettura di Matteo 1, 18-25 e Luca 1, 26-38.
Ma a furia di pensare alla verginità fisica di Maria, alla famiglia di Nazareth come
cosa sacra, all’età avanzata (e cosa lo dimostrerebbe mai?) di san Giuseppe,
riusciamo ormai a scoprire in Giuseppe e Maria il loro essere veramente e
appassionatamente e meravigliosamente marito e moglie? Riusciamo a considerarli
come coppia, nel loro tentativo quotidiano di arricchirsi vicendevolmente dei doni
che in quanto persone hanno ricevuto da Dio per essere l’uno per l’altra via di
santità?
In che senso Giuseppe è custode di Maria e Gesù bambino? Solo come
protettore di una realtà formata da madre e figlio, impenetrabile e tanto ricca da non
aver bisogno di altro amore? Può Maria essere capace di vivere solo per suo figlio,
solo come madre, rinunciando a tutta la sua capacità d’amore coniugale?
Vero sposo e vera sposa: Giuseppe e Maria, paradossalmente, nella loro casta e
verginale vita coniugale, hanno sperimentato il vertice della nuzialità cristiana, perché
rinunciando a quanto la legge ebraica permetteva (la possibilità per Giuseppe di
allontanare Maria prima che, al termine del fidanzamento ufficiale, andassero a
vivere insieme) e a quanto la Parola di Dio stessa presenta come benedizione divina
(la ricerca e accoglienza di diversi figli: cfr. Gn 1, 28: «Dio li benedisse e Dio disse
loro: -Siate fecondi e moltiplicatevi-»; cfr. salmo 127/126, 3: «Ecco, eredità del
Signore sono i figli,/ è sua ricompensa il frutto del grembo»), hanno cercato un
fondamento e una direzione nuova al loro essere sposi.
Ricerca faticosa: fatta di solitudine silenziosa (Giuseppe non vuole una rottura
pubblica del fidanzamento con Maria, cosa che avrebbe potuto portare alla
lapidazione di lei cfr. Dt 22, 23-27) e di domande a cui solo Dio può rispondere
(perché Giuseppe non usa del diritto di lapidare Maria? Forse si chiede già,
conoscendola, se non sia entrata in una relazione particolare con Dio? Maria
domanda all’angelo: «Come avverrà questo?», forse perché vuole essere aiutata a
capire come compiere la volontà di Dio, come e se inserire Giuseppe in questo
progetto inaspettato?).
Ricerca che alla fine lega questi due fidanzati a sposarsi a caro prezzo: vivere con chi
è incinta di un altro, essere totalmente servi di Dio. Un prezzo che si spiega solo se
scopriamo un terzo protagonista, il protagonista di ogni storia d’amore in cui si
sceglie d’amare, non solo di sentirsi innamorati, in cui ci si scopre amati da un altro e
inviati a dare il proprio volto misero e debole a tale amore: lo Spirito Santo, Amore
indissolubile tra Padre e Figlio. Maria, coperta dall’ombra della potenza
dell’Altissimo (v. 35), diventa intimamente portatrice della presenza di Dio (cfr.
Esodo 40, 35) che la feconda (cfr. salmi 91/90, 4 e 140/139, 8; Genesi 1, 2): diventa
l’amata da Dio che porta il suo amore nel mondo. È dentro tale relazione d’amore
nata nello Spirito che viene invitato Giuseppe, amato a sua volta per amare, con tutto
se stesso, la sua sposa e il Figlio. Riconoscendo l’opera dello Spirito Santo in Maria,
Giuseppe alla fine accetta di entrare in questa spirale d’amore che dalla Trinità, nello
Spirito Santo, coinvolge Maria e poi Giuseppe stesso. E solo perché, nello Spirito
Santo, Maria e Giuseppe si ritrovano amati e amanti, possono accogliere Gesù, Dio
fatto uomo, come Figlio che, escludendone altri, li apre però ad essere madre e padre
di ogni uomo e donna.
2.6 Momento di verifica
-
Che cosa ci ha colpito di più in questa serata?
- Che cosa ci portiamo a casa?
2.7 Momento di preghiera
“O Spirito Santo,
concedici di sposarci nella carne, nella mente, nel cuore e nello Spirito,
di accoglierci nelle nostre diversità,
di ritrovarTi ogni giorno nei nostri volti e nei nostri sguardi,
di sostenerci nelle diversità e difficoltà della vita,
di rispettarci nei nostri ritmi,
di donarci con passione e dedizione,
di scoprirci fascinosi e belli,
di stupirci delle azioni semplici e banali nel nostro quotidiano,
di amarci con un amore di tenerezza,
di perdonarci nelle piccole o grandi infedeltà,
di prenderci cura dei nostri figli con amorosa sapienza e forza.
Fa’ che possiamo essere testimoni fedeli della Tua presenza in noi e di stare insieme, finché non
ritorneremo uniti a Te nella Trinità beata”. Amen (R. Taddei).
Note
1) Solo a mo’ di esempio possiamo citare alcuni testi: “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia
sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà
e tu conoscerai il Signore” (Os 2,21 – 22); “Nessuno ti chiamerà Abbandonata, né la tua terra
sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché
il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te” (Is
62, 4 – 5); “Quante sono soavi le tue carezze, sorella mia, sposa, quanto più deliziose del vino le
tue carezze. L’odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi. Le tue labbra stillano miele vergine,
o sposa, c’è miele e latte sotto la tua lingua e il profumo delle tue vesti è come il profumo del
Libano. Giardino chiuso tu sei, sorella mia sposa, giardino chiuso, fontana sigillata” (Cant 4, 10 –
12).
2. EDUCARCI ALL’AMORE - TENEREZZA
Prima scheda
Amarci con amore di tenerezza coltivando l’intimità
Romolo Taddei
1.1. Accoglienza e momento di preghiera
La coppia animatrice inviti i partecipanti a condividere che cosa vivono d’importante in questo
periodo della loro vita. Poi, li esorti a fare propria la seguente preghiera:
“Alla sorgente della nostra vita di coppia c’è la tenerezza,
la nostra tenerezza di uomo e di donna;
ma alla sorgente di questa sorgente c’è la Tua Tenerezza, o Dio,
la Tua Tenerezza amante di Padre, Figlio, Spirito Santo.
La Tua Tenerezza crea, fonda, santifica
ogni nostra giornata e ogni nostro gesto.
La Tua Tenerezza rinnova quotidianamente il nostro amore
lo rende nobile, generoso, puro, colmo di incanto nuovo,
come una primavera sempre in fiore.
Perciò noi Ti preghiamo, o Dio,
che la Tua Tenerezza infinita trasfiguri la nostra tenerezza,
che la Tua Luce illumini ogni nostra scelta di vita,
che la Tua Benevolenza ispiri ogni nostro sentimento,
che la Tua Armonia plasmi ogni nostro incontro,
perché siamo tenerezza l’uno per l’altro
e la nostra vita di coppia
sia sempre nuova, originale, fedele, creativa.
Dinanzi ai nostri difetti,
aiutaci a non essere spietati l’uno con l’altro,
ma ad accoglierci e a donarci amorevolmente,
e a condividere il tuo perdono senza porre alcun limite.
Fa’ che la Tua Tenerezza modelli la nostra tenerezza,
perché sappiamo correggerci
e salvarci l’uno con l’altro,
con la stessa tenerezza con la quale Tu ci hai amati
e ci ami ogni giorno” (Carlo Rocchetta). Amen.
1.2. Presentazione del tema
Parlare oggi del matrimonio non è facile. Tante perplessità invadono le nostre menti e
appesantiscono i nostri cuori. Tante domande affollano la nostra vita:
- Che ne è stata della vita di coppia di tanti nostri amici?
- Non ci avverrà forse ciò che è capitato ai nostri amici che sono partiti con tanto
entusiasmo, tanti bei propositi di amarsi per sempre e con tanta tenerezza e poi
la loro storia è finita miseramente, con sofferenza e acredine dall’una e l’altra
parte”?
- Ce la faremo noi a stare sempre insieme e ad amarci?
- Non suoneranno anche per noi le “campane” della crisi e della delusione?
E gli interrogativi potrebbero continuare.
Non è di questo che vogliamo parlare, ma di qualcosa di più significativo e nutritivo per noi.
Non intendiamo fare una lezione, ma vogliamo toccare alcune corde intime del nostro
vissuto di coppia perché possiamo farle risuonare nella nostra vita.
Pertanto dopo aver dato degli spunti di riflessione, vi inviteremo attraverso delle
domande ad attuare delle piccole esperienze da poter fare qui, e altre a casa, sempre
se voi lo vorrete. Intendiamo riflettere, vogliamo smuovere la naturale pigrizia che si
può creare quando soltanto si ascolta. Desideriamo essere protagonisti ed attori di
questo incontro. La cosa più bella che potremo vivere in queste serate è portarci a
casa un qualcosa che possa essere di nutrimento nel nostro cammino di coppia.
L’interrogativo al quale vogliamo rispondere è il seguente: c’è un segreto per
continuare a stare bene insieme? E se c’è qual è? Potrà sembrare qualcosa di
sdolcinato, di fragile, di troppo semplicistico, ma l’esperienza di tante coppie di sposi
lo conferma. Sì, un segreto c’è ed è “Amiamoci ogni giorno con amore di tenerezza
coltivando la nostra intimità”.
1.3. Precisazione dei termini
- Che cosa è l’intimità?
Viviamo nella società post - romantica e varie sono le illusioni foraggiate da essa. La
si scambia per la simbiosi, si ritiene che le differenze debbano essere annullate. Si
pensa che per amarsi bisogna capirsi sempre, si baratta il senso della propria
autonomia con l’appartenenza sacrificando se stessi.
Due sono i bisogni fondamentali presenti in ogni essere umano di qualsiasi latitudine
e di qualsiasi appartenenza religiosa: il bisogno di essere amato, di appartenenza,
di calore, di legame e il bisogno di essere se stessi, di autonomia, di realizzarsi.
Ora capita che non sempre questi bisogni fondamentali si coniugano insieme e
con equilibrio. C’è quasi sempre all’interno di una coppia, all’inizio della propria
storia d’amore, chi privilegia più un bisogno ché l’altro. Cosi, ad esempio: c’è chi
inizia il proprio percorso in maniera più differenziata, cioè c’è una esasperazione
dell’individualità, il percorso, per evolvere deve proseguire attraversando il
rischio di affidarsi all’altro. La individualità esasperata e sterile
dell’autosufficienza (io basto a me stesso) deve tendere al “consegnarsi” all’altro.
E’ necessario attraversare la paura di perdere i propri confini, di lasciarsi andare
all’altro, di dare e darsi calore e intimità.
C’è, invece, chi inizia il proprio cammino in modo simbiotico, di forte legame; il
percorso, per evolvere, deve affrontare in questo caso, il rischio di sentirsi
abbandonati, di superare la difficoltà del confronto, di stare con il senso di
solitudine e di vuoto, di tollerare l’aggressività dell’individuazione e della
differenziazione. In questa fase i membri della coppia scoprono la propria
autonomia come individui, attraversano la delusione di sentire l’altro distante, a
volte sconosciuto e diverso. E’ bene che si veda la crisi non come una minaccia,
né come una sconfitta, né come un fossato che divide e fa chiudere in sé stessi,
ma come una prospettiva di crescita, che porti a domandarsi: che cosa vuole dire
questa nuova situazione, come e dove si è vissuti troppo unilateralmente, a che
cosa in futuro bisognerà prestare maggiore attenzione. La crisi dunque indica un
qualcosa di nuovo che sta emergendo e mostra l’opportunità di un maggiore
equilibrio per arrivare al proprio vero io. E’ come se essa entrando in una casa,
buttasse tutto sottosopra per condurre a Dio e a sé stessi.
Che cosa significa, allora, essere intimi? Significa che entrambi i partner devono essere se stessi.
Concretamente significa:
- potere parlare apertamente delle cose che per noi sono fondamentali;
- prendere posizione su importanti problemi emotivi;
- stabilire i limiti di ciò che riteniamo sia accettabile e tollerabile in una relazione.
Significa pure: dare all’altro la medesima possibilità. Concretamente, accettare di essere
emotivamente legati ad una persona che pensa, crede e prova in un modo diverso dal nostro, senza
sentire la necessità di modellare, cambiare o convincere l’altra persona.
- Quali le nostre risonanze di fronte a questo modo di vedere l’intimità?
Esperienza.
- Proviamo a chiederci quali sono le nostre differenze? Ciascuno scriva quali sono le proprie
diversità e poi mettiamole in comune.
Chiediamoci ora quali sentimenti abbiamo provato nel mettere in comune le nostre differenze
(Sorpresi? – Amareggiati? – Delusi? – Più consapevoli delle nostre intuizioni?- Altro?)
Le differenze non sono una palla al piede, ma se da una parte sono motivo di sofferenza, dall’altra
fanno crescere e rappresentano una formidabile risorsa per crescere sempre più nell’amore
autentico.
Resta pur sempre la difficoltà del come conciliare le differenze. Indichiamo dei percorsi:
-
accogliere la sua diversità accogliendo la nostra;
-
assumere i suoi limiti assumendo i nostri;
- dialogare con l’altro dialogando con noi stessi;
-
integrare insieme appartenenza e differenza, legame ed autonomia, realtà di coppia e realtà
individuale.
-
Quali le nostre reazioni di fronte a questa proposta di percorsi?
-
Che cosa potremmo mettere in atto a partire da questo incontro?
- Che cosa è l’amore: eros ed agape.
Amare è un’arte difficile ed impegnativa che impariamo vivendo l’esperienza dell’amore e
accettandone la sua logica, fatta di conquiste e di smarrimenti, di cadute e di riprese. La vita di
ciascuno è la scuola principale per apprendere quest’arte, che si modula attraverso la fase dell’eros e
può arrivare alla fase dell’agape, ma non tutte le relazioni arrivano a questo stadio evolutivo di
maturità.
Facendo riferimento all’Enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas est” per “eros” si intende
quell’amore che tende soprattutto a cercare e a realizzare sé stessi attraverso ciò che è bello e
gratificante, prima fra tutte la dimensione sessuale. E’ l’amore sensibile, erotico, visto come forza
primordiale, dato all’uomo come energia dinamica e positiva. L’eros è radicato nella natura stessa
dell’uomo. Adamo è in ricerca e abbandona il padre e la madre per trovare la donna; solo nel loro
insieme rappresentano l’interezza dell’umanità, diventano “una sola carne”. Pur tuttavia, “l’eros è
ebbro ed indisciplinato… e necessita di una disciplina, di una purificazione, di un cammino di
ascesa, di rinunce, e di guarigioni per donare all’uomo non il piacere di un istante, ma un certo
pregustamento del vertice dell’esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende”.
(Deus Caritas est n.4). Questo non è rifiuto dell’eros, non è il suo “avvelenamento”, ma la sua
guarigione in vista della sua vera grandezza. (Deus caritas est n.5).
Per agape si intende l’amore che dona ed offre senza chiedere nulla in cambio. E’ l’amore che
guarda soprattutto in alto e si realizza nel dono di se stessi fino alla morte in croce. L’apostolo Paolo
stabilisce un codice, una regola, una frontiera abbastanza ampia per riconoscere e vivere l’agape
nella sua prima lettera ai Corinti: “Chi ama è paziente e premuroso, chi ama non è geloso, non si
vanta, non si gonfia di orgoglio. Chi ama è rispettoso, non va in cerca del proprio interesse, non
conosce la collera, dimentica i torti. Chi ama rifiuta l’ingiustizia, la verità è la sua gioia. Chi ama
tutto scusa, di tutti ha fiducia, tutto sopporta, non perde mai la speranza” (I Cor 13, 4-7).
Questi due tipi di amore non si contrappongono, ma convivono perfettamente proprio in Dio stesso.
Il ritrovamento di questi due movimenti, erotico ed agapico, si realizza in modo supremo nell’amore
di misericordia, la cui espressione tipica e dominante è la tenerezza.
Non tutte le relazioni, poi, arrivano ad essere mature.
- Ci sono relazioni distruttive basate su relazioni tormentose, conflittuali, inappaganti, illusorie,
frutto di problemi non risolti e possibilmente risalenti all’infanzia di uno dei due.
- Ci sono relazioni terapeutiche e pedagogiche basate sull’esagerato attaccamento ad una persona
con la quasi - impossibilità di staccarsene. Questa esperienza è normale nell’adolescenza e si
chiama “cotta” o infatuazione; diventa un problema più avanti. Essa può capitare a qualsiasi
successiva età e per tutti i due sessi; può durare pochi giorni o pochi mesi o anche alcuni anni: tutto
dipende dalla qualità delle carenze, più o meno profonde della persona, dai suoi ritardi affettivi,
dalle frustrazioni non risolte, sofferte durante la vita, sul versante affettivo. Pur tuttavia, le
“fissazioni affettive” sono una esperienza vitale per la crescita delle persone. Hanno un significato
vitalizzante. Per le persone adulte dopo i primi momenti di estasi e di poesia, sono esperienze
piuttosto pesanti da vivere e in genere anche umilianti, perché denunciano problemi non superati.
E’ bene non condannare, né respingere queste persone, ma accoglierle e comprenderle con il cuore,
tentare di fare evolvere questo tipo di amore verso una fase successiva, che è quella dell’amore
vero, profondo, altruistico e aperto. Le persone interessate inoltre, non devono avere paura di ciò
che vivono e, se possono, devono appoggiarsi sulla solidità di altre persone mature e libere, che
sappiano discernere e comprendere ciò che vivono.
Ricordiamoci che la crescita verso l’amore è ardua. Conosce evoluzioni e regressioni, successi e
insuccessi, arresti e riprese, freni e slanci, blocchi ed entusiasmi.
- Ci sono, infine, relazioni costruttive, quelle portate avanti da due persone adulte,
non tanto e solo nell’età, ma nello stile di vita, negli atteggiamenti, nei
comportamenti e nella maturità raggiunta. Volendo concretamente dare delle
indicazioni concrete, possiamo cosi descriverle.
- I confini tra le persone sono chiari: né troppo rigidi, né troppo flessibili o
permissivi.
Le persone si trattano con rispetto reciproco.
E’ permessa la reciproca autonomia.
C’è interesse e coinvolgimento reciproco.
C’è tempo e spazio per stare insieme o per allontanarsi, c’è come un ritmo di danza:
vicinanza e lontananza.
Le persone stanno bene insieme: discutono su ciò che hanno da fare, attuano i loro
compiti, gioiscono nel contatto, si sentono libere di avvicinarsi e di allontanarsi,
non discutono senza fine su ciò che è stato fatto o non fatto, non dipendono, né
pretendono.
Le persone sviluppano gli elementi migliori dell’incontro, pur tra sofferenze e
sacrifici: confidenza, ammirazione per l’altro, tenerezza, desiderio di custodire
l’altro e di proteggerlo, tendenza a vederlo nella sua interezza e totalità, rettitudine
e lucidità.
Queste relazioni costruttive non esistono allo stato puro, ma conoscono fluttuazioni e regressioni.
La captatività non scompare a colpi di volontà, è solo meno potente, ma ogni tanto si fa sentire e, se
assecondata fa regredire.
- In quali di queste relazioni ci siamo ritrovati: in quelle di tipo distruttivo? In
quelle di tipo pedagogico? O in quelle di tipo costruttivo? Proviamo a
confrontarci in coppia e a poter fare qualcosa che risulti per noi
nutritivo e sano.
- Che cosa è la tenerezza?
Vi meraviglierete se parliamo della tenerezza. Lo facciamo, sia perché come esseri umani siamo
chiamati a vivere la tenerezza nei rapporti con le persone che incontriamo, sia perché dalle
esperienze vissute da tante coppie di sposi abbiamo imparato molte cose che vogliamo trasmettere.
- “Che cosa è per noi sposi la tenerezza? Proviamo a descriverla con parole nostre”. (3 minuti).
Vi invitiamo a riflettere per qualche istante e poi confrontiamoci in coppia. C’è qualcuno che vuole
comunicare qualcosa al gruppo?
Attraverso brevissime battute cerchiamo di chiarire che cosa non è la tenerezza e che cosa è.
-
La tenerezza non consiste nell’avvertire sensazioni piacevoli, attimi di commozione, ricordi o
nostalgie incancellabili. Non consiste in smancerie, in sdolcinatezze, in manierismi, in
atteggiamenti svenevoli.
-
La tenerezza non è essere affascinati da un volto che seduce ed incanta.
Facendo l’anagramma della parola Tenerezza essa è un “Tesoro (TE) - Necessario (Ne) - Respiro
(Re) - Di Dolcezza (Zza). – Oppure: Tenera (T) – Effusione (E) – Nuziale (N) Espressione (E) –
Religiosa (E) - Essenziale (E) – Zolla (Z) – Zampillante (Z) – Amore (A).
-
La tenerezza è accorgerci dell’altro, è apertura all’altro, è estensione verso l’altro, è
arricchimento dell’altro (Facciamo notare che l’aggettivo “tenero” deriva dal verbo tendere
“estendersi verso”, aprirsi all’altro diverso da me. Tenerezza viene anche dal verbo latino
“teneo” come tenere legato, mantenere vincoli. In fondo, attraverso la tenerezza ci teniamo
l’uno all’altro legati).
-
La tenerezza ha a che fare con la fortezza (Facciamo notare che il termine “tenerezza”, tra i
diversi etimi, sembra che si colleghi anche al latino tenax, “tenace, resistente, forte”). Altro che
roba da donnicciole, da bambini o vecchi rammolliti!
- La tenerezza è come il peperoncino nel cuscus; è il miele della terra; è un’oasi di calma in cui il
cuore parla e i sensi ascoltano. La tenerezza è per l’amore ciò che il sole è per l’estate, ciò che i
colori sono per l’autunno, ciò che i fiori sono per la primavera, ciò che la neve è per l’inverno. E’ il
barometro dell’amore.
-
La tenerezza è far sentire bene l’altro. Vivere di tenerezza è attuare un incontro non superficiale,
né anonimo, ma concreto: fatto di uno sguardo, di un sorriso, di un abbraccio forte e non fugace,
di amicizia e di amorevolezza.
-
La tenerezza è attuare il passaggio dal chiedersi “Che cosa mi dà lui/lei, perché io sia felice e mi
realizzi?”, ad un’altra domanda più impegnativa: “Che cosa sto facendo io perché lui/lei sia
felice e si realizzi?”. Non è un viaggio in carrozza, né una strada in discesa, è piuttosto in salita
e suppone una scelta e un lungo tirocinio.
-
La tenerezza è sentire di essere amati. Non basta sapere di essere amati, bisogna comunicarlo,
bisogna farlo capire. Niente è scontato, niente è sottinteso, niente è naturale o evidente. Ogni
sentimento, per riscaldare il cuore dell’altro, ha bisogno di essere manifestato e ribadito. La
tenerezza suppone questa consapevolezza. La patologia dell’amore coniugale comincia quando
non siamo più capaci di tenerezza e tradire la tenerezza è tradire l’amore.
-
Che cosa ci ha colpito di più? Quali le nostre risonanze emotive e quali le nostre considerazioni?
Proviamo a parlarne.
-
Siamo una coppia che vive una forte esperienza di tenerezza e si impegna a comunicarla con la
vita? Come trasmettiamo concretamente la tenerezza? (4 minuti)
Senza la tenerezza non esiste amore pieno e pienamente umano. La sessualità è pienamente umana
solo se è animata dalla tenerezza; essa trasforma la promessa e il desiderio di incontro tra noi in un
evento significativo, ricco, estatico.
1.4. Momento di verifica
-
Come abbiamo vissuto questo incontro?
-
C’è stato qualcosa che ci ha particolarmente colpito? Che cosa in particolare?
-
Che cosa ci portiamo a casa?
1.5. Momento di preghiera
“O Signore, tu conosci profondamente le nostre esistenze, sai di che cosa soffriamo e ciò a cui
aneliamo nel profondo del nostro cuore.
Fa’ che possiamo con il tuo aiuto e la tua benedizione vivere al meglio la nostra relazione.
Madre della tenerezza, soccorrici e vieni in nostro aiuto.
Rendi i nostri abbracci teneri e appassionati, dolci e forti,
fa’ che trasmettano a noi e alle persone che incontriamo nel nostro cammino, nergia e pienezza di
vita”. Amen (Romolo Taddei)
2. EDUCARCI ALL’AMORE - TENEREZZA
Seconda scheda
Vivere la tenerezza di Dio
Romolo Taddei – Antonio Baionetta
2.1. Accoglienza e momento di preghiera
La coppia animatrice inviti i partecipanti a fare memoria di quello che hanno consapevolizzato
nell’incontro precedente, poi a comunicare come si sentono ora.
“Signore Gesù, ti ringraziamo di averci fatto incontrare come sposi
e di averci uniti nel tuo tenerissimo amore.
Insegnaci a pregare il tuo santo Nome,
in una viva comunione di cuori,
perché l’invocazione di te ci ricolmi della tua Presenza
e noi possiamo divenire ogni giorno di più ministri di grazia l’uno per l’altro,
segno vivo della tua salvezza nel mondo.
Il soffio della tua Tenerezza amante ci sospinga a riscoprirci ogni mattina
con sempre nuovo incanto per essere tenerezza l’uno per l’altro,
per sempre e per l’eternità. Te lo chiediamo per il tuo stesso Nome.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli”. Amen (J. Galot)
2.2. Presentazione del tema e svolgimento
Abbiamo focalizzato nell’incontro precedente l’attenzione sulla identità della tenerezza. Ora ci
poniamo queste domande:
-
come mettere in atto il segreto dello stare insieme in un mondo violento e frantumato?
-
Perché continuare a vivere con il nostro sposo/a, e non provare piuttosto a vivere con un altro
uomo, con un’altra donna per sperimentare sensazioni nuove e rinverdire la nostra esperienza
coniugale?
-
Quali le motivazioni profonde per continuare a stare con il nostro sposo/a?
La risposta a questi interrogativi la troviamo in questa affermazione: “La famiglia è il luogo
teologico della presenza e della manifestazione di Dio, simile alla presenza di Gesù nell’Eucaristia,
il cui apice sta nel vivere, nella concretezza della vita, la tenerezza”. E per andare alla scuola della
tenerezza siamo chiamati a compiere questi passaggi: vivere la tenerezza di Dio – vivere la
tenerezza verso noi stessi - viverla verso il nostro partner. Affronteremo a piccoli passi ciascuno di
questi passaggi.
- Primo passaggio: vivere la tenerezza di Dio
Una giovane coppia di sposi chiese al maestro: “Che cosa dobbiamo fare perché il nostro amore
duri?”. La risposta del maestro fu: “Lasciate che Dio riempia il vostro amore”.
E chi è Dio? Non è un giudice implacabile, non è un castigamatti, non è un solitario, non è un
babbo-natale con la barba lunga. Il nostro Dio è comunione di Tre persone che interagiscono e si
amano.
Dio Padre è l’amante, è colui che accende la vita, è la gratuità pura dell’amore.
Dio Figlio è l’amato, è l’esistenza accolta, se è divino amare altrettanto divino è lasciarsi amare.
Dio Spirito Santo è l’amorevolezza, è vincolo di unità tra Padre e Figlio, è estasi e novità
permanente.
Con parole semplici potremmo dire che Dio è dono, accoglienza, condivisione e il tutto è racchiuso
nella realtà dell’amore - tenerezza. Chi ci mostra il volto di Dio è Gesù di Nazareth, in cui
convivono queste opposte polarità.
- L’amore - tenerezza di Dio è incarnata (cioè partecipa profondamente della vita di noi sposi) e
nello stesso tempo è sovranamente libera.
- E’ personale (cioè si rivolge a ciascuno di noi) e nello stesso tempo è universale: si rivolge a tutti.
- E’ radicale, esigente (cioè priva di mezze misure o compromessi) e nello stesso tempo è
estremamente accogliente, amabile e comprensiva nei confronti delle persone e delle nostre
debolezze.
- E’ vicina a noi, solidale con le nostre esistenze e, nello stesso tempo, santa, senza alcuna
contaminazione col male.
- Come viviamo la tenerezza di Dio nella nostra vita di coppia? Ci sforziamo d’essere alla maniera
di Dio l’un l’altro dono, accoglienza e condivisione? Proviamo a confrontarci in coppia e a dirci
quante più cose possibili in modo concreto e descrittivo. Cioè come siamo dono l’uno per l’altro;
come siamo accoglienza l’uno per l’altro; come condividiamo la nostra vita l’uno per l’altro, per i
figli e per gli altri. (15 minuti)
Volendo concretizzare, ulteriormente, la tenerezza di Dio ed usando un linguaggio
nuziale potremmo dire che la sua tenerezza si esprime attraverso delle “coccole” che
abbondantemente ci elargisce. Lui si prende cura di noi, ci ammalia e ci sostiene nel
cammino della nostra vita. Vi chiederete come attualizza il suo amore? Come lo
manifesta? Se riflettiamo sul come agisce Dio, ci accorgiamo che Lui ci nutre
attraverso la sua Parola e attraverso i sacramenti.
Attraverso la sua Parola ci apre all’infinito e ci dona Dio, perché nutrirci della Parola
è nutrirci di Dio. S. Isidoro di Siviglia con forza diceva: “Quando leggiamo la
Scrittura, è Dio che parla con noi”.
La sua Parola ci rivela il volto di Dio e ci parla della insopprimibile nostalgia di Dio
che ci abita. Giustamente esclamava S. Agostino “O Signore ci hai fatti per te ed
inquieto è il nostro cuore fino a quando non riposa in te”.
La sua Parola è il tentativo con cui Dio si racconta e narra le sue meraviglie di
tenerezza e di misericordia. E’ pure il racconto della nostra vita, delle vicende
gioiose e dolorose, dei gesti d’amore e dei tradimenti.
La sua Parola ci fa incontrare Dio e ci fa dimorare nel cuore stesso di Dio, da dove
nasce la fiducia per il presente e la speranza per il domani.
La sua Parola ci rende dei cercatori di Dio, ci fa degli affamati della Sua Presenza,
nutriente e calorosa, ci fornisce le giuste coordinate per vivere la nostra esistenza a
volte squallida e senza senso, riscalda i nostri cuori spenti ed illanguiditi.
La sua Parola ci interpella, condivide la nostra inquietudine di Dio, sta con le nostre
angosce e paure, ci accompagna quando il senso di abbandono ci tocca nella
profondità della nostra vita, ci orienta nelle nostre scelte, illumina e allarga i nostri
orizzonti, ci è di conforto nei momenti di sconforto e di disorientamento, ci eleva
quando i nostri pensieri sono confusi e negativi, dice ciò che fa e fa ciò che dice.
L’autore della lettera agli Ebrei afferma: “La Parola di Dio è viva, efficace e più
tagliente di ogni spada a doppio taglio, essa penetra fino al punto di divisione
dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, scruta i sentimenti e i
pensieri del cuore”(Ebrei 4,12). L’efficacia della sua Parola è libera, è tutta nelle
mani di Dio, non nelle previsioni dell’uomo. E’ una efficacia da accogliere, da
riconoscere, non da progettare e pretendere. I tempi e le modalità sono di Dio.
La sua Parola ci permette di discernere la realtà che ci circonda, una realtà a volte
confusa e buia. Ce la rende comprensibile ai suoi occhi, ci aiuta a dare il giusto
valore alle cose, sapendole valutare per quello che sono.
La sua Parola ci stimola, ci infonde fiducia e coraggio quando i nostri cuori sono
appesantiti, quando il cammino si rende pesante e monotono.
La sua Parola ci accalora, ci rende la vita meno amara e più bella. A volte la rende più
dolorosa soprattutto quando si tratta di fare delle scelte controcorrente. Senza la
Parola la nostra vita intristisce, si spegne progressivamente, svanisce e muore.
La sua Parola ci dà sicurezza e ci permette di affrontare gli imprevisti.
La sua Parola ci ristora, ci ammalia e ci fa pregustare il volto di Dio, la bellezza di
Dio, le sue vedute, i suoi orizzonti infiniti.
La sua Parola ci sfida e ci dà la possibilità di andare avanti, specie quando avremmo
voglia di fermarci ed una patina di svogliatezza e di accidia ci assale.
La sua Parola ci fornisce il gusto della vita, dà alle cose che compiamo ogni giorno
un tocco di vitalità, di colore e di calore, rendendole più belle ed interessanti.
Inoltre ci fa riscoprire le ragioni della speranza, riscalda i nostri cuori freddi e
assiderati e ci fornisce le ragioni profonde del perché continuare a vivere in mezzo
alle intemperie della vita. Profondo e significativo è il paragone che porta abba
Poimen “La natura dell’acqua è tenera e quella della pietra è dura, ma il boccale
appeso sopra la pietra, goccia a goccia, la fora. Allo stesso modo, la Parola di Dio
è tenera e il nostro cuore è duro; se però l’uomo ascolta insistentemente la Parola
di Dio, il suo cuore si apre a temere Dio”.
La sua Parola ci fa sentire amati e ci rende capaci di amare: se ci consegniamo senza
riserve al Dio che ci parla, sarà Lui a donarci agli altri, arricchendoci di tutte le
capacità necessarie per metterci al servizio degli altri.
Questo è quanto opera in noi la Parola e non è cosa da poco. Piuttosto è qualcosa di
essenziale e di fondamentale per la vita cristiana e in particolare per la vita di una
coppia.
- Quali sono le vostre risonanze su quanto è stato detto? Vi invitiamo a farvene prima un dono
reciproco e poi a comunicare al gruppo quello che vi ha colpito di più.
Inoltre, ci sostiene e ci nutre attraverso i sacramenti che ci accompagnano lungo l’arco della nostra
vita. Tutti i sacramenti hanno una natura relazionale e sponsale. Sono una chiamata a relazionarci
con gli altri, sono una sfida ad aprirci agli altri. Ricevendo un sacramento non dovremmo chiederci:
“Sono una persona buona, generosa, fervorosa?”, ma piuttosto “Sono più in relazione con gli altri?”.
“Sono più vicino alle persone della mia comunità?” “Stiamo diventando più coppia?”. Purtroppo il
meglio che facciamo è incontrare Cristo ed escludere le persone allontanandole da noi, il che
significa non avere incontrato Cristo veramente.
Vivendo in una cultura che adora il “reliquario dell’individualismo” e “l’icona del privato”, è di
estrema importanza che focalizziamo la nostra attenzione sulla relazione sponsale che ogni
sacramento contiene.
Attraverso il sacramento del battesimo diventiamo suoi figli e possiamo chiamarlo Papà. Non ci
apparteniamo e siamo chiamati ad un continuo processo di immersione non più nell’acqua, ma nelle
persone, vivendo uno stile relazionale fatto di ascolto, di comprensione e di misericordia.
Attraverso il sacramento della riconciliazione oltre ad avvertire il suo abbraccio tenero e
misericordioso, ristabiliamo la relazione con Lui e con le persone.
Attraverso il sacramento dell’Eucaristia sperimentiamo il suo amore di madre e padre che ci dice
concretamente: “Ti amo tanto da farmi mangiare da te” così come fa una madre con il suo bambino
“Ti amo tanto che ti mangerei”.
Attraverso il sacramento della cresima Lui ci rinvigorisce e promuove la nostra crescita e quella
dell’altro.
Attraverso il sacramento del matrimonio Lui ci invita ad amarci come Cristo sposo ama la sua
Chiesa sua sposa, con un amore spinto fino alla croce.
Attraverso il sacramento dell’ordine Lui si mette a nostro servizio, risvegliando un potere esercitato
responsabilmente non sopra le persone, ma a favore di esse.
Attraverso il sacramento dell’estrema unzione Lui ci esprime il sostegno e l’incoraggiamento nel
vivere la malattia, per non cadere nella delusione e nella frustrazione, dandoci speranza non solo in
quei momenti, ma nel quotidiano.
- Ciò che abbiamo ascoltato è per noi liberante, ci dà vita, ci apre alla speranza e allo stupore?
Quali sono le nostre risonanze?
Esperienza
Vorremmo ora proporvi una esperienza che ci aiuti a consapevolizzare la presenza di Dio nella
vostra realtà coniugale e a comunicarcela.
Proviamo a sperimentarla ora tra noi attraverso un gesto sensibile e concreto, quali un bacio, una
carezza, una stretta di mano o un abbraccio, come quando, entrando in chiesa, facciamo il segno
della croce o ci inginocchiamo.
Vi invitiamo ad alzarvi e a salutare Gesù presente nel vostro sposo/a. Stabilite un contatto oculare
con il vostro sposo/a e rinnovate, nel silenzio del vostro cuore, la fede in Gesù presente in lui, in lei,
dicendo parole simili: “Signore io credo che tu sei presente nel mio sposo/a, cosi come sei presente
nell’Eucaristia”. (Pausa…)
Se volete, nel congedarvi, datevi un saluto affettuoso.
Noi ora non abbiamo fatto una sceneggiata, né uno show, abbiamo, consapevoli o no, rinnovato la
nostra fede: Gesù è presente nella nostra relazione di sposi, così come, anche se con una modalità
diversa, è presente nell’Eucaristia.
- Proviamo a chiederci quali sentimenti abbiamo provato quando ci siamo alzati e abbiamo salutato
Gesù presente nel nostro sposo/a.
- Come ci sentiamo adesso?
-
Vediamo il nostro sposo/a, come un dono consegnato dal Signore Gesù alla nostra tenerezza? Ed
io mi sento come un dono di tenerezza consegnato dal Signore a lui/lei?
-
Quale posto occupa Dio nella nostra vita di coppia?
2. 3 Parola di Dio
Come riflessione sulla Parola di Dio offriamo un commento su Luca 24, 13 – 24.
L’atteggiamento di Gesù nei confronti dei discepoli di Emmaus ci svela la tenerezza di DIO
espressa in momenti particolari della nostra esistenza. Questo tipo di amore ci aiuta a risorgere dalle
nostre crisi e da tutto ciò che causa tristezza e avvilimento nella nostra vita. Tentiamo di rileggere
l’episodio dei discepoli di Emmaus in chiave attuale: rivediamo noi stessi nell’atteggiamento di
quei discepoli che tristi e delusi lasciano Gerusalemme diretti ad Emmaus. Non erano tanto
interessati a raggiungere Emmaus quanto piuttosto a fuggire da Gerusalemme. Ognuno di noi, forse,
ha vissuto momenti simili nella propria vita. Quei discepoli avevano avuto momenti di estrema
esaltazione accanto a Gesù. Avevano ascoltato le sue parole e visto le folle pendere dalla sua bocca.
Erano stati affascinati dalla sua persona. Avevano assistito a miracoli strepitosi. Erano certi che
fosse lui a liberare Israele. Nella vita di ciascuno di noi e nella vita di ogni coppia ci sono momenti
della romanza: nei primi anni di matrimonio, o nei primi giorni dopo una esperienza forte fatta in
occasione di un incontro quando si è rivissuta la romanza. Anche noi abbiamo creduto in un
cambiamento, nell’armonia ritrovata, nei problemi di relazioni finalmente risolti. Ma poi?…quella
luce si è spenta, quella durezza di cuore è riaffiorata, e tutto è ritornato come prima. Anche noi
abbiamo deciso allora di allontanarci “da Gerusalemme” ossia fuori dalla metafora, abbiamo deciso
di abbandonare il gruppo o la comunità di appartenenza. Abbiamo pensato e detto: A che servono
gli incontri! …è inutile continuare a frequentare il gruppo… perché sprecare il tempo… Tanto, noi
non cambieremo mai…noi non siamo fatti per queste cose… tutto è inutile! Abbiamo intrapreso una
strada che ci portava ad Emmaus, villaggio insignificante, luogo che non avrebbe risolto i nostri
problemi, ma almeno teneva lontani dal cuore i ricordi…e cosi, abbiamo ripreso le vecchie
abitudini, le vecchie amicizie, le cene con gli amici, colme di chiacchiere fatte di nulla, le gite verso
villaggi insignificanti…giorni, mesi, forse anni in cui abbiamo bevuto lacrime amare e ingoiato la
polvere dei nostri fallimenti. Poi inaspettatamente per quei discepoli si presenta un pellegrino,
sconosciuto, che si unisce a loro lungo il cammino e spiega le Scritture. Loro lo accolgono, lo
ascoltano, cammina con loro e spiega ciò che è scritto nel libro sacro, partendo da Mosè e dai
Profeti. E’ quel gesto di accoglienza e di ascolto che apre il loro cuore che così comincia “a battere
forte nel petto”. La tenerezza di Gesù è grande: non li rimprovera con durezza, ma li richiama con
tanta dolcezza “…sciocchi e tardi di cuore nel credere…”. E continua il suo discorso su ciò che i
Profeti avevano detto su Gesù di Nazareth. Non riconoscono Gesù in quel pellegrino, ma si lasciano
sedurre, sì da sentirlo amico e invitarlo a cenare con loro: ”Resta con noi, perché si fa sera e il
giorno già volge al declino”. La Parola crea le amicizie vere perché scende nel profondo del cuore e
lo scuote. E quando è col cuore che si comunica, allora ci si incontra veramente. La testa e il
cervello molto spesso dividono. Nelle nostre crisi e delusioni Dio non ci lascia soli. Raramente
irrompe con forza, generalmente si fa nostro compagno di viaggio servendosi di “qualcuno” (un
amico, una coppia, un prete…) che sanno ascoltarci e spiegare “le Scritture”. Non sono maestri di
Sacra Scrittura, ma ci spiegano l’impatto della Parola nella loro vita. Ci raccontano le loro cadute, le
loro delusioni, i loro naufragi, ma ci parlano anche della loro risurrezione. Jean Vanier diceva:
“Amare qualcuno vuol dire rivelargli la sua bellezza e accompagnarlo nella sua sofferenza”.
I due discepoli di Emmaus non lasciano andare quel pellegrino, ma lo trattengono a cena con loro.
Era diventato molto importante per loro. E così, quando condividono il cibo, i loro occhi si aprono e
vedono il Risorto. La condivisione del cuore e la condivisione del cibo, segni di un’amicizia che è
nata, sono le premesse all’apertura degli occhi così da poter vedere il Risorto e risorgere con lui.
Quante volte ho sentito frasi di questo tipo: “Era tutto così chiaro e luminoso quando partecipavo al
gruppo… ma dopo è ritornato il buio e la delusione è stata più amara! Tutto è stato inutile”. Noi non
ci salviamo da noi stessi, ma possiamo salvarci gli uni gli altri. Siamo angeli con una sola ala,
scriveva un poeta, e per volare abbiamo bisogno dell’altro/a. Si racconta di un gruppo di amici che,
organizzando una gita in un bosco, portano con loro un cieco e un paralitico.All’improvviso
divampa un incendio e tutti fuggono presi dal panico, trascurando il cieco e il paralitico. Rimasti
soli, quei poveracci gridano nella disperazione, finché il paralitico dice al cieco: “Prendimi sulle tue
spalle ed io ti indicherò la via di fuga”. Così si salvano tutti e due. Se nel momento della delusione
sappiamo aprire gli occhi, ci accorgiamo che Dio non ci abbandona, ma mette accanto a noi
qualcuno che con semplicità si mette al nostro fianco condividendo il nostro cammino. Quando io
ho partecipato ad una esperienza forte – qual è l’w.e. di Incontro Matrimoniale – mi trovavo sulla
strada che porta “da Gerusalemme a Emmaus”, la strada della delusione, dell’amarezza, della fatica.
Lungo quel percorso Dio ha posto accanto a me delle persone che “mi hanno svelato la mia bellezza
e mi hanno accompagnato nella mia sofferenza”. In seguito ho rifatto quella strada a ritroso, cioè da
Emmaus a Gerusalemme, con tanta gioia nel cuore, perché avevo visto “il Risorto”. Le coppie e gli
amici sacerdoti sono stati per me quel “pellegrino” che mi ha spiegato le Scritture. Oggi mi sento un
viandante abituale di quella strada. Mi metto accanto a persone che tristi e deluse vanno da
Gerusalemme a Emmaus; ma spesso ho la gioia di rifare con loro, di corsa, la strada di ritorno da
Emmaus a Gerusalemme. La nostra società, la nostra chiesa, le nostre comunità hanno bisogno di
persone che scelgano di essere viandanti lungo quel percorso. La tenerezza di Dio la si sperimenta
soprattutto quando ci accorgiamo che non siamo soli nei momenti di crisi, ma qualcuno cammina
accanto a noi. Gerusalemme – Emmaus – Gerusalemme…che strada fantastica!!!.
2. 4 Momento di verifica
- Che cosa mi è piaciuto di più in questo incontro? Che cosa mi è piaciuto di meno?
- Quale perla vogliamo condividere al gruppo
- Che cosa ci portiamo a casa?
2. 5 Momento di preghiera
“O Signore nostro Dio ti ringraziamo per averci fatto incontrare e ti lodiamo per l’amore che hai
fatto sbocciare nei nostri cuori. Ti siamo grati nello scoprire che la Tua tenerezza ci avvolge e ci
sostiene con la Tua misericordia infinita. Fa’ che possiamo imparare qualcosa della tua Tenerezza ed
essere anche noi per i nostri figli e per gli altri teneri e misericordiosi. Maria madre della tenerezza
e della misericordia aiutaci in questo cammino”. Amen (Don Romolo Taddei)
2. EDUCARCI ALL’AMORE - TENEREZZA
Terza scheda
Vivere la tenerezza verso noi stessi
Romolo Taddei
3.1 Momento di accoglienza
La coppia animatrice inviti i partecipanti a fare memoria di quanto hanno vissuto nell’incontro
precedente e a dirsi l’uno l’altro come si sentono ora, partecipando a questo incontro.
3.2 Momento di preghiera
“Signore Gesù piuttosto che condannarci e giudicarci continuamente rimuginando rabbie, delusioni,
ferite fa’ che possiamo accoglierci con il cuore ed amarci tenendo presente quanto Tu ci ami e ci
accogli. Sii tu il metro del nostro amore e il modello da vivere nella nostra relazione con noi stessi,
con il nostro sposo/a e gli altri. O Maria donna per eccellenza della tenerezza accoglici nelle tue
braccia materne e donaci un cuore tenero e misericordioso”. Amen (Romolo Taddei).
3.3 Presentazione del tema e svolgimento
L’ultima volta che ci siamo incontrati abbiamo focalizzato la nostra attenzione sul come vivere la
tenerezza di Dio nella nostra vita di coppia. Ora ci soffermeremo ad attenzionare come vivere la
tenerezza verso noi stessi. Daremo vari suggerimenti sui quali proporremo delle esperienze da
potere attuare.
1°) Suggerimento: nutriamo pensieri di pace e non di guerra.
A volte ci capita di vivere come in un campo di battaglia: tu un giorno mi hai detto, mi hai fatto, ti
sei comportato…
“Il lamento è la morte dell’amore” diceva Marlene Dietrich. La critica è una forma di abuso nei
confronti di noi stessi, perché i tratti che critichiamo nell’altro sono spesso delle proiezioni di
spiacevoli verità verso noi stessi. Il lamento si ritorce come un effetto boomerang. Quanto sarebbe
bello, invece, poter ricordare e dire allo sposo (alla sposa), ai figli le cose belle e positive che hanno
compiuto! Sarebbe come un benedire, cioè un dire bene dell’altro. Questo modo di sentire allarga il
cuore, crea un clima positivo, rende la vita armoniosa e bella.
- Proviamo ora a comunicare qualcosa di carino che abbiamo fatto in questi
giorni per il nostro sposo/a. (Dialogo in coppia)
- L’esperienza “dell’andare oltre”
Per esercitarci a trasformare le nostre critiche in autostrade per la crescita e l’arricchimento
reciproco, vi invitiamo a fare ora questa esperienza.
Lo scopo è di educarci a vedere i nostri più profondi bisogni e darci l’opportunità di
cambiare i nostri comportamenti in modo da venirci incontro.
-
-
Primo passo: identifichiamo i desideri che si trovano dietro le nostre critiche e
frustrazioni. In un foglio a parte, facciamo una esauriente lista di tutte le cose che
ci disturbano nel nostro partner. Quando il nostro partner ci fa sentire arrabbiati,
annoiati, timorosi, sospettosi, risentiti, feriti o amareggiati?
Ad esempio: “A me non piaci quando ”:
Guidi troppo veloce
Non mi comunichi che porti ritardo
Sottovaluti la mia autorevolezza
Mi critichi in maniera ironica di fronte agli amici
Non presti attenzione a ciò che sto dicendo
Non ti prendi cura di me quando sono preoccupato/a
Tieni a sottolineare il fatto che tu guadagni più soldi di me
Secondo passo: su un secondo foglio di carta, scriviamo i desideri che si
nascondono dietro ad ogni critica e frustrazione. Non abbiamo a sentire la critica e
la frustrazione, ma soltanto il desiderio. Noi mostreremo questo secondo foglio al
nostro partner.
Ad esempio: il desiderio che corrisponde alla critica o frustrazione espressa al primo
punto nel precedente elenco si può esprimere così: “Mi piacerebbe sentirmi sicuro e
rilassato quando tu guidi la macchina”.
-
-
Terzo passo: sotto ciascun desiderio, scriviamo una specifica richiesta che ci aiuti
a soddisfare quel desiderio. È importante che la nostra richiesta sia concreta,
positiva e che descriva un comportamento specifico. Per esempio:
Desiderio: “Mi piacerebbe sentirmi sicuro e rilassato quando guidi la
macchina”.
Richiesta: “Quando guidi, mi piacerebbe che tu osservassi il limite di velocità.
Mi piacerebbe che tu guidassi in modo meno veloce, se le condizioni della
strada non sono buone”.
Desiderio: “Mi piacerebbe che tu mi stessi vicino quando sono sconvolto/a”
Richiesta: “Quando ti dico che sono sconvolto/a, mi piacerebbe che tu mi
buttassi le braccia al collo e mi prestassi attenzione”.
Come possiamo notare le richieste riguardano comportamenti concreti, specifici e
positivi. Pertanto non vanno mai formulate in modo vago o in negativo come negli
esempi che seguono:
Richiesta vaga: “Mi piacerebbe che tu fossi più attento”. Sarebbe da riscrivere in
modo più preciso e specifico: “Mi piacerebbe che tu mi accogliessi con un caloroso
abbraccio quando torno dal lavoro”.
Richiesta negativa: “Mi piacerebbe che tu non strillassi quando sono sconvolta”.
Sarebbe da riscrivere in modo positivo e descrittivo: “Mi piacerebbe che usassi un
tono di voce normale anche quando sei arrabbiato/a con me”.
Bisogna tenere presente che gli uomini e le donne vengono da pianeti diversi, cioè a
dire: mentre gli uomini non sono portati ad offrire aiuto ma devono sentirselo
chiedere, le donne invece cercano in mille modi di offrire il loro sostegno e non c’è
per loro alcuna ragione di chiederlo. Data questa diversità, invitiamo voi mogli, nel
fare una richiesta, a seguire queste indicazioni: 1°) Scegliete il momento adatto
quando chiedete qualcosa. 2°) Chiedete e non pretendete. 3°) Siate dirette. Così ad
esempio piuttosto di dire: “Bisogna andare a prendere i bambini ed io non posso”,
(Modo indiretto), dite: “ Andresti a prendere i bambini?” (Modo conciso e diretto).
Un altro esempio “Nella pattumiera non entra più niente” (Modo indiretto), dite
invece: “Svuoteresti la pattumiera?” (Modo diretto e conciso). 4°) Siate brevi e
concise, cioè più lunghe saranno le vostre spiegazioni, maggiori saranno le resistenze.
5°) Usate frasi che iniziano con il “vorresti” o il “vuoi”, o il semplice condizionale,
“Ti dispiacerebbe..?” o “Saresti così gentile da…?”. Evitate frasi che comincino
con il “Potresti” o il “puoi”, perché sono demotivanti e risultano irritanti per gli
uomini.
4) Quarto passo: condividiamo la seconda lista (quella che elenca i desideri e le
richieste, ma non le critiche e le frustrazioni). Se è necessario, chiariamo i desideri e
le richieste in modo che il nostro sposo/a conosca esattamente quale tipo di
comportamento desideri.
- Nei prossimi giorni vi invitiamo a fare questa esperienza: cerchiamo di consapevolizzare le
critiche persistenti o i pensieri negativi che nutriamo nei confronti del nostro partner. Poi, piuttosto
che brontolare a voce alta, cambiamo ogni lamento o critica in una richiesta. Ad esempio, piuttosto
che accusare dicendo in modo reattivo: “Tu sei sempre in ritardo agli appuntamenti dati”, dite: “Mi
sento rispettata/o quando mi telefoni e mi comunichi che sei in ritardo”.
2°) Suggerimento: entriamo dentro di noi e accogliamoci nei nostri limiti e nelle nostre
vulnerabilità.
Ciascuno di noi ha delle zone oscure, ha dei nodi emotivi e relazionali non risolti. Ciò che siamo
chiamati a fare è vederci e accoglierci nelle nostre debolezze. Siamo buoni con noi stessi. Piuttosto
che lamentarci dicendoci: “combino sempre dei guai, sono un buono a nulla, non sono bravo”,
oppure piuttosto che confrontarci con altre persone pensando dentro noi stessi: “Non sono come il
mio amico o la mia amica”, comportiamoci con misericordia verso noi stessi, non infieriamo contro
le nostre debolezze, non valutiamoci in continuazione, ma abbiamo ad avere uno sguardo
compassionevole del cuore.
Esperienza.
Fermiamo il flusso dei nostri pensieri negativi, delle nostre preoccupazioni, dei nostri rimuginii. Se
volete, chiudiamo gli occhi, entriamo nel nostro cuore, prendiamo contatto con noi stessi, col
nostro respiro e proviamo a dirci: “O Signore, io sono amato e benedetto da te, nonostante il
mio limite e le mie difficoltà. Posso volermi bene anche quando sono fragile e vulnerabile,
perché Tu credi in me. Io sono benedetto da Te e sono una benedizione per gli altri”.
Come ci sentiamo ora? Proviamo a parlarne in coppia e poi se vogliamo comunichiamo qualcosa al
gruppo.
3°) Suggerimento: apprezziamo le piccole ed umili cose.
Il vivere quotidiano non è fatto sempre di voli pindarici, di esperienze forti, di emozioni scioccanti,
di grandi cose, ma di piccole e semplici cose: il nostro guardarci, una telefonata, un biglietto, un
SMS, una carezza, un bacio, una parolina dolce e carezzevole. Non sono le grandi cose a contare di
più, ma è la capacità di rendere grandi le piccole cose. E’ nelle piccole cose di ogni giorno,
compiute con e per amore, che costruiamo il nostro futuro. Non conta tanto il “che cosa” facciamo
l’uno per l’altro, ma “il come” lo attuiamo, il senso che diamo alle cose che facciamo, l’amore che
ci mettiamo dentro. In particolare è da sottolineare che c’è un metro diverso di misurazione tra
l’uomo e la donna. Mentre per l’uomo contano le grandi cose, le grandi realizzazioni, i grandi
progetti; per la donna invece le piccole cose contano molto e sono importanti quanto le grandi.
Paradossalmente, per una donna il dono di una rosa conta quanto il pagamento dell’affitto di un
mese; per un uomo, invece, le piccole cose sono insignificanti se paragonate alle grandi che fa per
lei. Ciò capita perché gli uomini sono diversi dalle donne: secondo la colorita immagine di John
Gray, gli uomini “vengono da Marte e le donne da Venere”.
-
Proviamo a pensare a quali e a quante piccole cose abbiamo compiuto oggi o in questi giorni,
l’uno per l’altro, e cerchiamo di comunicarcele. Non diamole per scontate, né abbiamo a
pensare che sia sciocco comunicarcele. (Pausa)
-
Inoltre, focalizziamo la nostra attenzione sulle cose positive e proviamo a comunicarcele, invece
di guardare alle cose negative: “Tu sei sempre non puntuale agli appuntamenti dati”.
4°) Suggerimento: rinnoviamo il senso dello stupore e della meraviglia, non dando nulla per
scontato.
Quel grido di incontro, di scoperta, di meraviglia e di stupore che Adamo espresse quando vide la
bella Eva nella sua nudità: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa” (Gen
2,23), dovrebbe albergare tra noi, altrimenti c’è il rischio di disamorarci e di tornare ad una vita
pesante, monotona e grigia. Una moglie una volta diceva : “Ah! Se mio marito mi guardasse come
guarda il suo computer…Se mi curasse come cura la sua auto…Se mi ascoltasse come ascolta il
Telegiornale”.
Mariti, manteniamo sempre la capacità di meravigliarci e di comprendere; come si esprimeva il
Piccolo Principe di Saint Exupery, che la “nostra rosa è unica al mondo(…). E’ il tempo che
abbiamo perduto per la nostra rosa che ha fatto la nostra rosa così importante”. Sappiamo
contemplare le mani della nostra sposa, i suoi occhi, il suo volto. Non abituiamoci alle sue mani, ai
suoi occhi, alle sue carezze. La “nostra rosa” è ancora solo un bocciolo e la nostra missione consiste
nell’aiutarla a sbocciare e ad essere profumata e bella per noi e per i nostri figli. Proviamo ogni
giorno l’un l’altro ad apprezzare le qualità della nostra sposa/o, piuttosto che restare muti o peggio
ancora stilare un elenco interminabile di difetti.
Nutriamoci a vicenda tessendo ogni giorno le cose che apprezziamo in lei, in lui e poi ci
accorgeremo come la nostra vita sarà diversa, come un giardino fiorito e bello.
- Proviamo a comunicarci, ora e qui, tutta una serie di qualità che apprezziamo nel nostro sposo/a e
nella nostra relazione di coppia. Non diamole per scontate e non abbiamo a dire: “Ah, poi lui/lei si
ringalluzzisce”. (Dialogo di coppia)
La tenerezza e l’ammirazione sono degli atteggiamenti fragili ed è molto importante che noi li
curiamo, in tal modo riusciremo ad impedire che il nostro matrimonio si deteriori. Sono pure degli
ottimi antidoti contro i “quattro cavalieri dell’Apocalisse” che deteriorano la nostra relazione
coniugale. Questi sono: le critiche pesanti e continue; il disprezzo; l’atteggiamento difensivo
attraverso cui in realtà ci comunichiamo: “Il problema non sono io, sei tu”; infine l’ostruzionismo,
col quale piuttosto che affrontare il nostro partner preferiamo squagliarcela.
5°) Suggerimento: ricerchiamo ciò che è essenziale, ciò che ci fa crescere dentro e non
vagabondiamo nel futuro creandoci un mondo catastrofico pieno di paure e di ansie, né
rimuginiamo con nostalgia sul nostro passato.
In genere si vive nei ricordi del passato o nella speranza del futuro, nel “già” che non c’è più o nel
“non – ancora” che ancora non c’è. Gesù dice: “Non affannatevi dunque per il domani, perché il
domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,34) e richiama a
vivere “ora”, il tempo tra il “già” e il “non – ancora”. E’ l’unico che c’è, il solo in cui incontriamo
Colui che è.
C’è una bella poesia di Helen Mallicoat:
“Io rimpiangevo il passato e temevo il futuro.
Improvvisamente il Signore mi parlò: “Il mio nome è “Io sono”.
Si fermò. Io aspettai. Egli continuò: “Quando tu vivi nel passato,
con i suoi errori e fallimenti, è difficile per te vivere.
Io non sono lì. Il mio nome non è “Io ero”.
Quando tu vivi nel futuro con i suoi problemi e le sue paure, è difficile per te vivere. Io non sono lì.
Il mio nome non è “Io sarò”.
Quando vivi in questo momento, per te non è difficile vivere.
Io sono qui. Il mio nome è “Io sono.”
Colui che vive nell’attimo presente diventa una sola cosa con Dio.
Il segreto per attuare questo consiste nel poter dimenticare noi stessi, nel poter smettere per un
attimo di girare intorno a noi stessi, non chiedendoci più a che cosa serva ciò che facciamo, bensì
essendo semplicemente quello che siamo in quel momento. Soltanto nel “qui ed ora” noi abbiamo
l’opportunità di riempire di gioia il nostro partner.
-
Cerchiamo semplicemente di vedere il nostro sposo/a ora e qui. Lasciamo andare il passato e
teniamo il futuro a bada. Che cosa potremmo, proprio adesso, sperimentare per vivere dei
sentimenti di vicinanza con il nostro sposo/a? (Pausa)
-
Quali cambiamenti nella nostra relazione potremmo suggerire e potremmo attuare ora?
Proviamo a parlarne e, quando ci sentiremo pronti, a metterli in atto.
3.3. Momento di verifica
-
Che cosa ci ha colpito di più in questo incontro?
-
Che cosa ci portiamo a casa?
3.4. Momento di preghiera
“Signore, fa’ che la nostra famiglia non sia un arcipelago, ognuno un’isola a sé, ma un luogo ove
“l’io” scompare nel “tu” e si fa “noi”.
Fa’ che non sia uno spogliatoio per cambiare gli abiti,
un dormitorio per andare a riposarsi,
un albergo dove si mangia e si beve
e si esce senza pagare il conto.
Signore, fa che l’accoglienza e la tenerezza facciano il nido a casa nostra!”. Amen. (Pino Pellegrino)
2. EDUCARCI ALL’AMORE - TENEREZZA
Quarta scheda
Vivere la tenerezza verso il nostro partner
Romolo Taddei – Luca Tuttobene
4. 1 Momento di accoglienza
L’ultima volta che ci siamo incontrati abbiamo trattato l’argomento della tenerezza verso noi
stessi. Proviamo a dirci che cosa abbiamo sperimentato durante queste settimane e a comunicarci
qualcosa di bello che abbiamo vissuto come persone e come coppia. Si lascino alcuni minuti per
dare la possibilità di partecipare a chi volesse condividere qualcosa. Poi la coppia animatrice
inviti i partecipanti a comunicare come stanno in questo momento
4. 2 Momento di preghiera
Marito
La tua dolce carezza, mia sposa, è la carezza di Dio,
il tuo sorriso è il sorriso di Dio,
il tuo amore è dono di Dio al nostro amore.
La moglie
Il nostro incontro è stato voluto da Dio,
il nostro cammino è cammino di Dio;
quel silenzio profondo nascosto nei tuoi occhi
è l’infinito di Dio presente tra noi.
Insieme
Il tempo dell’amore è tempo di Dio.
E’ Lui che ci dona l’uno all’altra.
La vita che ci offriamo è Dio.
E’ Lui che dimora nelle profondità dei nostri esseri.
E’ Lui che vive nelle profondità del nostro amore.
E’ Lui che ci chiama ad essere amore l’uno per l’altra. (Carlo Rocchetta)
4. 3 Presentazione del tema
Stasera affronteremo il terzo passaggio cioè a dire come vivere la tenerezza verso il nostro partner,
attuando questi movimenti
-
Primo movimento: Usciamo da noi stessi. Decentriamoci, svuotiamoci per fare spazio all’altro.
Amare è fare il movimento di Dio che è quello dello svuotamento, della spoliazione, del saper
perdere le proprie prerogative, i propri attributi divini per diventare uomo. E’ bravo in amore chi sa
accogliere, perdere, svuotarsi, spogliarsi come Gesù. Nella tenerezza non c’è la pretesa di afferrare,
non c’è una preda da conquistare, non c’è un corpo da possedere; c’è piuttosto uno stendere le mani
per offrire noi stessi, per consegnarci all’altro ed essere un dono. In sintesi, non un afferrare ma un
accarezzare, non un possedere ma un donare, non un chiuderci ma un aprirci, non un conservare
geloso per noi stessi ma un espanderci all’altro.
-
Secondo movimento: comprendiamo il punto di vista del nostro partner abbracciando il suo
mondo e il suo modo di vedere la realtà.
Ho ancora negli occhi la sensazione di stupore e di illuminazione che visse un marito allorquando si
sentì finalmente compreso dalla moglie: gli occhi di entrambi si illuminarono e fu spontaneo per lui
avvicinarsi alla moglie e darle un appassionato bacio. Il riconoscimento della diversità nasce
proprio dal permettere all’altro di essere di fronte a noi diverso da noi. Tutto questo comporta
l’ascolto e il rispetto della soggettività dell’altro.
Per entrare nel mondo dell’altro siamo chiamati a riformulare e a verbalizzare le
nostre esperienze.
Riformulare dicendo con parole nostre quanto l’altro ci ha detto; verbalizzare cogliendo i sentimenti
presenti su quanto lui/lei dice.
Le possibili conseguenze nell’usare queste due modalità sono: sentirci accolti e
capiti, sentirci pieni di energia, essere possibilmente guariti dalle ferite
dell’infanzia.
Quando il nostro partner smette di rifiutarci, di accusarci e capisce ciò che sentiamo e
pensiamo veramente, allora avremo la sensazione di essere capiti.
-
Terzo movimento: diamoci con generosità, senza calcoli e senza misurare con il contagocce.
Ci sono tanti modi attraverso i quali noi possiamo manifestare la nostra reciproca vicinanza e
tenerezza, tenendo conto che gli uomini desiderano soprattutto essere apprezzati e riconosciuti, le
donne, invece, essere sostenute. Facendo tesoro di quanto suggerisce John Gray, proponiamo alcuni
gesti e azioni che possono attuare i mariti nei confronti delle mogli:
-
complimentiamoci con lei per il suo aspetto;
-
regaliamole dei fiori e non solo in occasione di compleanni ed anniversari;
-
abbracciamola spesso nel corso della giornata;
-
diciamole “Ti amo” almeno un paio di volte al giorno;
-
quando siamo con gli amici, prestiamo più attenzione a lei che agli altri;
-
ringraziamola quando fa qualcosa per noi;
-
telefoniamole dal posto di lavoro per chiederle come sta o per comunicarle qualcosa di
eccitante, oppure semplicemente per dirle: “Ti amo.”
I gesti e le azioni che possono attuare le mogli nei confronti dei rispettivi mariti sono:
-
non reagiamo quando commette un errore, dicendo “Te l’avevo detto” né offriamogli consigli;
-
quando lui si chiude in se stesso non facciamolo sentire in colpa;
-
quando lui ci chiede di fare qualcosa, acconsentiamo senza perdere il buonumore;
-
mostriamoci felici di vederlo tornare a casa;
-
apprezziamo sinceramente di fare l’amore con lui;
-
se dimentica dove ha messo le chiavi, non guardiamolo come se fosse un irresponsabile;
-
non diamogli indicazioni quando è al volante o deve parcheggiare e, una volta a destinazione,
mostriamogli il nostro apprezzamento.
-
Quali di questi gesti e azioni proposti da John Gray potremmo mettere in atto nei prossimi
giorni? Proviamo a parlarne ora tra noi. Poi una volta attuati proviamo a comunicarci
reciprocamente come ci sentiamo.
-
Quarto movimento: coltiviamo il senso della gratitudine
La gratitudine è un atteggiamento essenziale per il nostro equilibrio di coppia. Una ricerca, condotta
da McCullogh ed Emmons sull’importanza psicologica della gratitudine, conferma che più le
persone riconoscono di essere grate, più esprimono soddisfazione nella loro vita, tendono ad essere
felici, guardano al futuro con più ottimismo, contenendo paure ed ansie.
-
Per che cosa vorremmo ringraziarci “ora e qui” per le cose che abbiamo compiuto in questi
giorni? Proviamo ad esprimere la nostra gratitudine e a non darla per scontata, iniziando ogni
frase con “Ti sono grato per”… oppure “Ti ringrazio per…”
-
Quinto movimento coltiviamo un ingrediente sorprendente: l’allegria e il sorriso.
Divertiamoci insieme, rompiamo la monotonia del menage domestico con un pizzico di buonumore,
non stanchiamoci di sorridere l’uno dell’altra. Facciamoci complimenti: così se nostra moglie è
vestita bene diciamoglielo, se ha preparato un pranzetto appetitoso o se uno di noi due ha preso
un’iniziativa simpatica gratifichiamolo. Questi suggerimenti potrebbero sembrarci minimalisti, in
realtà spezzano il grigiore del nostro quotidiano e di tutto ciò che diamo per scontato. Coppia che
ride non scoppia. Ottavio Losanna osserva: una ormai lunga esperienza di Consultorio Familiare mi
ha convinto che alla coppia in crisi piuttosto che consigliare di “fare l’amore” bisognerebbe
suggerire di “fare l’umore”, nel senso di buon umore, di voglia di ridere”. E conclude dicendo:
“L’umorismo è la goccia d’acqua calda che permette di salvare una maionese coniugale sul punto di
impazzire”.
C’è un aneddoto simpatico narrato da madre Teresa di Calcutta. Alcune persone vennero a trovarmi
a Calcutta – racconta – e, prima di partire, mi pregarono: “Ci dica qualcosa che ci aiuti a vivere
meglio”. Ed io dissi loro: “Sorridetevi a vicenda; sorridete a vostra moglie, a vostro marito, ai vostri
figli; poco importa chi sia quello a cui sorridete. Questo vi aiuterà a vivere meglio e a crescere
nell’amore”. Allora uno dei presenti mi chiese: “ Scusi, lei è sposata?” Ed io risposi: “Sì. Ed è vero
e talvolta trovo difficile sorridere a Lui, ma è proprio quando Gesù è così esigente che è bello
rispondergli con un grande sorriso”.
-
Proviamo a raccontarci una barzelletta (Lavata con “Perlana”).
-
Sesto movimento: dedichiamoci del tempo per vivere insieme alcune ore magiche
In una ricerca portata avanti da Gottman, risulta che i matrimoni che funzionano bene sono quelli in
cui i coniugi dedicano alcune ore della settimana al loro matrimonio, facendo attenzione alle
seguenti cose.
Il saluto
Prima di salutarci la mattina quando andiamo a lavorare, proviamo a parlare al nostro partner di un
evento che si verificherà durante il giorno, ad esempio una visita dal dottore, una telefonata ad un
vecchio amico, l’incontro con una persona a noi cara.
L’incontro
Intraprendiamo una conversazione rilassante alla fine di ogni nostra giornata lavorativa e piuttosto
che stare appiccicati alla balia elettronica, proviamo a dirci che cosa viviamo e come ci sentiamo.
Concludiamo, poi, la nostra giornata leggendo una pagina della lettera d’amore che è la Bibbia.
L’ammirazione e l’apprezzamento
Comunichiamo ogni giorno qualcosa di piacevole al nostro partner. Per intenderci: una o più qualità
che apprezziamo in lui/lei.
L’affetto
Baciamoci, abbracciamoci, ogni volta che stiamo insieme. Il nostro bacio sia un gesto di perdono e
di tenerezza per il nostro partner. Virginia Satir, psicoterapeuta familiare, afferma che tutti, piccoli o
grandi, hanno bisogno di almeno quattro abbracci al giorno per sopravvivere, otto per vivere, dodici
per stare bene e vivere serenamente.
L’appuntamento settimanale
Diamoci un appuntamento di due ore alla settimana per affrontare un problema, o per riesaminare
una discussione che abbiamo avuto, o per stare semplicemente insieme, o per fare una passeggiata.
4.4 PAROLA DI DIO
Come leggiamo la Bibbia? Cosa vi ricerchiamo quando la apriamo e ne leggiamo un
brano? Cosa ci aspettiamo che ci dica? Per qualcuno, leggere la Bibbia è cercare una
norma di comportamento, una regola: però così la Parola di Dio diventa una raccolta
di leggi, come il codice della strada che ci insegna cosa vogliono dire i colori del
semaforo, i segnali stradali, le linee bianche sull’asfalto… Quanta tenerezza può
comunicare un codice della strada?
Per altri, leggere la Bibbia è cercare un sollievo immediato, una risposta
illuminante: però così la Parola di Dio diventa una piccola farmacia o una specie di
enciclopedia che risolve un problema, ma non ci aiuta a crescere, a maturare
atteggiamenti positivi. Quanta tenerezza c’è in una bustina di antidolorifico o in un
libro con la risposta pronta?
Perché non aprire la Bibbia per cercarvi storie di tenerezza? Perché non
scegliersi come compagni di strada per il proprio cammino di coppia nella tenerezza
coloro che Dio ha scelto come suoi partner privilegiati e che nei loro gesti di
tenerezza rivelano le grandi possibilità dell’amore umano guarito e sostenuto
dall’amore di Dio?
E allora proviamo ad ascoltare la Parola di Dio, oggi, cercando di intenerirci
per una tenera storia d’amore. Rileggiamola alla luce dei primi quattro movimenti che
ci aiutano a vivere la tenerezza.
Lettura di Genesi 29, 1-30
Primo movimento: usciamo da noi stessi. Giacobbe si mise in cammino. Era
già partito da Bersabea, il suo paese, presso gli attuali confini tra Egitto ed Israele.
Era partito su indicazione del padre, Isacco, per scegliersi una moglie tra le figlie di
Labano, suo zio, fratello di sua madre Rebecca. Labano risiedeva nei territori
attualmente ai confini di Siria, Turchia e Iraq. Un viaggio lungo quanto la distanza
dal sud della Sicilia a Roma, circa. Un viaggio che porta Giacobbe a ritrovarsi con se
stesso, a riconsiderare la sua vita, i suoi problemi con Esaù, la sua relazione con Dio.
Un viaggio che porta Giacobbe, per poter incontrare l’amore della sua vita, a
distaccarsi dai suoi genitori, dai luoghi e dai problemi della sua esistenza. L’amore,
insomma, ci attende, ma non può riconoscerci innamorati se per amore non lasciamo
comodità, problemi, certezze che ci porterebbero a schiacciarlo.
Secondo movimento: comprendiamo il punto di vista del nostro partner. Perché
camminare verso l’amore? Per rubarlo, possederlo, renderlo schiavo dei nostri
desideri? Giacobbe, vedendo Rachele, non solo la accoglie per quello che è (una
pastorella), senza la delusione o l’ansia di volerla donna potente o ricca, ma ne
abbraccia subito il mondo, cogliendo il bisogno di far bere le pecore che Rachele
portava ad abbeverarsi. È vero che si innamora di lei perché è “bella di forme e
avvenente di aspetto” (versetto 17). Ma, come vedremo fra poco, un amore fondato
solo sulla bellezza fisica sarebbe durato quattordici anni di lavoro?
Terzo movimento: diamoci con generosità. Se è vero che l’amore è decisione,
più che attrazione fisica, più che sentimento, allora chi più di Giacobbe si rivela
davvero deciso ad amare? Per amore di Rachele, Giacobbe rotola la pietra dalla bocca
del pozzo, Giacobbe lavora sette anni (circa 2155 giorni! E la Parola di Dio annota al
versetto 20: “gli sembrarono pochi giorni, tanto era il suo amore per lei”) e, poiché
Labano con un inganno gli fece sposare l’altra figlia Lia, per Rachele continua a
lavorare per altri sette anni.
Quarto movimento: coltiviamo il senso della gratitudine. È Rachele che ci
rivela la possibilità di ringraziare concretamente (versetti 11-12). Il suo grazie a
Giacobbe è l’accoglienza del suo bacio, delle sue lacrime (segno della fatica del
viaggio e dell’uscire da sé per incontrare l’amore), della parentela. Il suo grazie a
Giacobbe diventa corsa (quindi impegno immediato, desiderio di pronta risposta)
verso Labano perché il padre accolga il nipote.
Proviamo noi ad immaginare il quinto e il sesto movimento della tenerezza nella storia d’amore di
Giacobbe e Rachele. Proviamo ad immaginarli trasformando man mano i loro nomi nei nostri. E,
con un salto temporale e biblico immenso, pensiamo a chi, una domenica mattina di circa duemila
anni fa, si mise in cammino verso una pietra che già l’amore fatto di tenerezza aveva ribaltato e
l’acqua della risurrezione era già iniziata a spandersi per il mondo. La tenerezza rinnova l’amore di
coppia, come la risurrezione di Gesù rinnova la vita dell’uomo.
4. 5 Momento di verifica
-
Come abbiamo vissuto le diverse esperienze?
-
Che cosa abbiamo imparato al livello della nostra relazione coniugale?
-
Che cosa ci portiamo a casa?
4. 6 Momento di preghiera
“Tu sei la persona che Dio ha messo sul mio cammino
per rivelarmi la sua tenerezza, per trasmettermi la sua presenza
guaritrice, redentrice, accompagnatrice.
Tu sei la carezza di Dio per me; una carezza che fa vibrare nel cuore
La gratitudine per ciò che sono e posso essere.
Tu sei lo specchio della mia limitatezza che ha bisogno
della tua limitatezza per aprirmi con umiltà
a Dio e accogliere il dono della sua grazia,
della sua misericordia perdonante.
Tu sei la creatura infinitamente amata da Dio,
creatura irripetibile e unica che mi ricorda
la mia esistenza come dono ineffabile che viene dall’Alto.
Tu sei un tu che mi dice come io non possa esistere
senza un’esperienza di incontro amicale
che testimoni la grandezza di Dio
e mi conduca a cantare le sue meraviglie insieme agli altri.
Tu sei un dono di tenerezza per me. Grazie perché ci sei,
perché mi sei vicino con il tuo affetto e la tua confidenza,
senza chiedere niente in cambio.
Grazie di esistere. Grazie a Te so che cosa è
LA TENEREZZA DI UN DONO”. (Margherita Maria Romanelli)
2. EDUCARCI ALL’AMORE - TENEREZZA
Quinta scheda
I segni concreti della tenerezza
Romolo Taddei – Luca Tuttobene
5. 1 Momento di accoglienza
La coppia animatrice inviti i partecipanti a dirsi che cosa hanno vissuto durante
queste settimane e poi a dirsi che cosa vivono in questo periodo della loro vita.
5. 2 Momento di preghiera
“Ti ringraziamo, o Signore, per averci dato gli occhi per contemplarci e contemplarTi, il tatto per
sentirci e assaporarci, la voce per dialogare, incontrarci e incontrarTi. Fa’ che i nostri sguardi siano
ad “alta tensione” e non freddi e scontati, che i nostri abbracci siano calorosi e forti, che le nostri
voci siano carezzevoli e tonificanti. Maria, madre della tenerezza aiutaci nel nostro cammino per
poter apprendere e modulare al meglio le nostre vite”. Amen (Romolo Taddei)
5. 3 Presentazione del tema
Vogliamo ora cogliere e descrivere i segni e i gesti concreti della tenerezza perché essa si situa nella
geografia del corpo. Il corpo è lo specchio in cui la tenerezza si riflette, si esprime e si comunica. Lo
specifico del linguaggio corporeo della tenerezza è di condurre all’incontro non al possesso, allo
scambio paritario non al dominio, al dono di sé all’altro non alla passione violenta e travolgente.
I segni immediati e concreti di questo incontro sono: gli sguardi, la voce, la sua tonalità e
l’espressione facciale, il contatto fisico, la carezza, l’abbraccio, il bacio, l’intimità sessuale.
- Gli sguardi ci rivelano e ci dicono che cosa stiamo vivendo. Ci comunicano se
siamo corrucciati, tristi, inquieti, oppure felici, sereni, teneri ecc. Gli occhi sono lo
specchio dell’anima, sono la luce brillante del volto. (cfr. 1 Gv2,16). L’anima è come
un’arpa e gli occhi ne trasmettono le vibrazioni. Il primo incontro appartiene agli
occhi; noi siamo entrati in contatto con lo sguardo prima che con le parole. C’è
un’intima relazione tra sentimenti e sguardi. Gli aggettivi che si usano abitualmente
per qualificare lo sguardo, si possono usare per qualificare i sentimenti e l’animo che
ne è la sede. Noi vediamo il mondo attraverso i sentimenti, la gioia o la tristezza,
l’amore o l’ostilità. Lo sguardo traduce o tradisce il modo in cui ci vediamo. Ci sono,
poi, diversi tipi di sguardi: c’è lo sguardo obiettivante. E’ quello sguardo che riduce
l’altro ad essere un semplice oggetto di desiderio «come l’uomo che spoglia una
donna con gli occhi» e le nega il diritto di essere un soggetto. C‘è lo sguardo di
rifiuto, quello del burocrate, che non guarda ed evita di entrare in contatto con l’altro.
C’è lo sguardo di difesa di chi ha qualcosa da nascondere o di chi non vuole lasciar
trapelare notizie sul suo mondo intimo. C’è lo sguardo autoritario di chi vuole far
sentire che è superiore.
C’è lo sguardo arrabbiato di chi devia lo sguardo, lo abbassa e non vuole guardare
l’altro perché trova difficoltà ad incontrarlo.
C’è lo sguardo benedicente che comunica approvazione e fa sentire importante,
compiendo il miracolo di riflettere la profondità dell’altro, senza cosificarlo. C’è lo
sguardo di dilezione che comunica in maniera del tutto particolare la unicità ed
irripetibilità dell’altro. Questo è, per esemplificare, lo sguardo della persona
innamorata che rivela capacità sopite dell’altro; fa scoprire un coraggio sconosciuto;
dà energie nuove; sprigiona vitalità. Solo chi è stato innamorato può capire!
Se riandiamo al passato, precisamente ai primi tempi del nostro incontro e
dell’innamoramento ricorderemo bene come era bello osservarci, scrutare ogni
piccolo gesto del volto e rimanere incantati e quasi assorti l’uno di fronte all’altro. Il
tempo quasi si fermava ed era per noi un gaudio poterci assaporare. Oggi forse
abbiamo meno tempo per gli sguardi, ma non certo meno motivi.
- Guardarci per contemplare il sogno che nutriamo insieme.
- Guardarci e rallegrarci del nostro amore personale, focoso, gratuito e totale.
- Guardarci per ritrovare la strada, il cammino interrotto.
- Guardarci senza frapporre barriere, senza nascondere zone d’ombra della nostra
vita.
- Guardarci per ritrovare il conforto, il sostegno, la forza di sfidare.
- Guardarci per vivere l’uno nei confronti dell’altro la delicatezza, la tenerezza.
- Guadarci e lasciarci vedere nudi: con le nostre ambiguità, le nostre debolezze. Nudi,
l’uno di fronte all’altro.
- Facciamo uso dei nostri sguardi nella nostra vita quotidiana, oppure ci diamo
per scontati? Come sono i nostri sguardi: focosi, appassionati, calorosi, oppure
melensi, indifferenti, scontati?
- Vi invitiamo a fare una esperienza significativa. Scegliamo un posto della
stanza e guardiamoci per alcuni minuti senza parlare. Raccomandiamo di
concentrarci sui nostri sguardi e di non parlare. Alla fine dell’esperienza
proviamo a dirci l’un l’altro che cosa abbiamo provato e quali sono state le
nostre risonanze.
Se lo si crede opportuno e il gruppo è abbastanza aperto si può chiedere ai
partecipanti di condividere le emozioni provate nel compiere questa esperienza.
- La voce, la sua tonalità e l’espressione facciale
La voce si connota per il contenuto emotivo che porta con sé. Il tono di voce può assumere
modulazioni rasserenanti, carezzevoli, amorose oppure imperiose, risentite, colleriche, ansiose.
Ognuno di noi si accorge (o almeno dovrebbe accorgersi) quando uno scambio verbale con il
proprio partner – anche di richiamo o di correzione - contiene uno stato d’animo di affetto oppure
nasce da collera o da rivincita. Interessante è la storia che Virginia Satir, terapeuta familiare di fama,
racconta: un giorno propose ad una famiglia, che seguiva da tempo, di ascoltare la registrazione
delle sedute che attuava con loro. Non appena ascoltarono la registrazione, sconcertati sbottarono:
“Ma chi sono questi che gridano così tanto?” Non si erano resi conto che erano proprio loro. Stiamo
attenti dunque al tono della nostra voce, se è vero come è vero che, in ogni messaggio la parola
influisce per il 7%, la tonalità vocale per il 38%, quella facciale per il 55%. Il tono di voce è cinque
volte più significativo delle parole e l’espressione facciale vale addirittura otto volte le parole. C’è
da rimanere stupiti!
- Il contatto fisico
Esprime sempre il bisogno di “essere con” cioè di non essere soli, come pure di “essere per”
diventando dono - accoglienza reciproca. Più intenso è l’affetto più forte si fa il contatto, al punto
da voler lasciare un segno nell’altro/a, imprimendo un segno in lui/lei. Questo è un significato
sotteso da quanto è detto nel Cantico dei cantici “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo
sul tuo braccio” (Ct 8, 6). Il sigillo si portava al dito o al braccio o sul petto con una catenella e
serviva come documento di identità. Ciascuno di noi è il sigillo per l’altro. Senza l’altro/a saremo
vuoti e anonimi, senza la tenerezza fisica saremo senza un’identità coniugale, perché quest’ultima si
caratterizza proprio per la tenerezza. La psicologa Anne Wilson Schaef, nei suoi colloqui con le
donne ha scoperto che il rapporto genitale e l’orgasmo sono per loro meno importanti
dell’accarezzarsi, del toccarsi, dell’abbracciarsi. Spesso per le donne il rapporto genitale non è
l’unico scopo. Per loro risulta un mezzo per essere vicine all’altra persona. Le donne godono
soprattutto della tenerezza. Senza queste premesse, per loro il sesso è di solito una cosa pesante e
triste. La rivoluzione sessuale degli anni Sessanta che era la rivoluzione del maschio, deve essere
rivoluzionata un’altra volta.
- Che cosa suscita in noi l’osservazione della psicologa Anne Wilson Schaef?
Proviamo a parlarne in coppia
- La carezza
La carezza viene dal latino “caritia” e in tale gesto l’altro appare come caro (carus), vale a dire
prezioso, importante, come se colui che offre la carezza dicesse a colui che la riceve: “Tu vali. Ti
voglio bene. Tu meriti stima, apprezzamento. Tu sei importante e non voglio più stare senza di
te”(18). In un famoso discorso, Papa Giovanni XXIII invitò i fedeli radunati in piazza S. Pietro a
portare in suo nome una carezza ai loro bambini. Non disse: “Riferite un passo della mia predica”;
non parlò di esortazioni, di preghiere o di consigli. Non disse genericamente: ”Salutate per me i
vostri bambini”, ma “Tornando a casa date una carezza ai vostri bambini e dite che questa è la
carezza del Papa”. La carezza è il segno concreto, percepibile e inequivocabile dell’amore. La
carezza nutre e migliora la qualità della vita.
Ci sono, poi, diversi tipi di carezze: le carezze di protezione che indicano una partecipazione
commossa di fronte ad un racconto doloroso oppure di fronte ad una persona in difficoltà; le carezze
di dolcezza date ad un bambino; le carezze di tenerezza che esprimono sentimenti di appartenenza e
di coinvolgimento reciproco; le carezze di seduzione tipiche degli innamorati. Sotto il profilo
psicofisico, il gesto della carezza porta una sensazione diffusa di gioia, di piacere, di appartenenza.
Il linguaggio del carezzare è l’opposto dell’afferrare attraverso cui esercito un dominio, come
quando afferro un oggetto senza chiedere il permesso, ed è anche l’opposto del lasciarsi andare agli
impulsi immediati o epidermici. Accarezzare è rispetto della libertà dell’altro in un contesto di
amorevolezza.
- Come viviamo le carezze nella nostra relazione di coppia? Siamo avari e restii nello scambiarci le
carezze? C’è qualcosa che vorremmo chiedere al nostro partner e finora non abbiamo chiesto?
- L’abbraccio
L’abbraccio è importante per lo sviluppo e la crescita di una persona. Studi recenti affermano che
nel neonato la mielinizzazione del sistema nervoso è legata alla stimolazione tattile da parte della
madre o degli adulti. In assenza di un’adeguata stimolazione tattile, il bimbo può presentare severi
disturbi del sistema immunitario incompatibili con la vita, o alterazioni cognitive che ostacolano il
processo di socializzazione. Un esempio del primo caso sono gli orfani che in Inghilterra, durante la
seconda guerra mondiale, erano accuditi in grandi ricoveri. Per la mancanza di un contatto
corporeo, la maggior parte di loro morì prima dei tre anni per seri problemi immunitari. Come
esempio del secondo caso si può citare l’autismo infantile, una malattia che ostacola la genesi di
strutture spazio - temporali e linguistiche che consentono un’adeguata socializzazione. In realtà, il
cervello ha bisogno dell’abbraccio per svilupparsi e le più importanti strutture cognitive dipendono
da questo alimento affettivo per raggiungere un adeguato livello di competenza. L’abbraccio poi,
risulta più impegnativo ed esprime un incontro fatto di accoglienza e di dono di sé all’altro, di
condivisione e di affetto. L’abbraccio può esprimere rassicurazione, protezione, sostegno; può
trasmettere fiducia di fronte a situazioni di dolore o di paura; può indicare riconciliazione o dare
coraggio; come può inaugurare un nuovo cammino. Ci sono diversi tipi di abbracci: gli abbracci
unilaterali, gli abbracci vigorosi, gli abbracci di fusione, gli abbracci prolungati, gli abbracci
seduttivi, gli abbracci di lato, gli abbracci “pacca sulla spalla”. Ciascuno di questi abbracci ha uno
stile e un significato differente. Comunque, un abbraccio dovrebbe riempire il cuore come le
braccia. Virginia Satir, afferma che tutti, piccoli o grandi, hanno bisogno di almeno quattro abbracci
al giorno per sopravvivere, otto per vivere, dodici per stare bene e vivere serenamente.
- Domanda provocatoria: quante volte ci abbracciamo durante il giorno? E’ un gesto usuale e
affettuoso tra noi? Come lo viviamo? Proviamo a parlarne tra noi.
Il bacio
Riveste una particolare forza nell’ambito dello scambio affettivo. “Il bacio è il modo più sicuro per
tacere dicendo tutto” (G. de Maupassant). “Il rumore di un bacio non è forte come quello di un
cannone, ma la sua eco dura molto più a lungo” O. William Holmes”. E’ necessario che le labbra
siano vive e non labbra di marmo. “Il bacio è lo scambio dei respiri che significa lo scambio delle
nostre profondità: io mi soffio in te, mi espiro in te e ti aspiro in me in modo tale che io sia in te e
che tu sia in me”. Il bacio è uno dei linguaggi corporei più coinvolgenti ed impegnativi e richiama
“vecchi sapori”, risalenti al primo gesto infantile. Esso riflette il mondo della intimità, del sesso,
dell’amore e della storia personale.
Contiene sempre la “firma” emotiva di chi bacia e di chi viene baciato. Non lo si dà a chiunque e
non lo si riceve da chiunque. Suppone un minimo di intesa affettiva. C’è, poi, una varietà di baci,
con contenuti diversi: il bacio focoso e appassionato dei fidanzati; il bacio sbrigativo mentre si sta
andando in ufficio; il bacio sdolcinato e svenevole, che provoca rabbia piuttosto che desiderio; il
bacio soffocante; il bacio impaziente di chi è preso da affari più importanti; il bacio narcisista in cui
il partner è solo uno strumento; il bacio dato a malincuore; il bacio debole, molle della passività e
dell’erotismo negato; il bacio per fare come gli altri, per sedurre, per dimenticare la solitudine; il
bacio protettivo e di rassicurazione tipico del padre e della madre; il bacio dell’amico simbolo di un
saluto affettuoso; il bacio degli sposi che manifesta la volontà di essere l’uno per l’altro con il
desiderio di non separarsi e di conservare una profonda e duratura comunione di amore e di
rafforzarla.
- In quali di questi tipi di baci ci ritroviamo?Come ci sentiamo nel fare memoria di questi baci?
Proviamo a parlarne in coppia.
- L’intimità sessuale
Per quanto riguarda l’intimità sessuale ci sono linguaggi che esprimono bisogni e
sentimenti non sessuali. Secondo Friederich, (13) per esemplificare, si può ricercare
una relazione sessuale come sollievo dall’ansietà e dalla tensione; come prova di
identità; come fuga dalla solitudine e dalla sofferenza; come dimostrazione di potere
sull’altro/a; come possibilità di avere un figlio, significato maturo se espressione
dell’amore reciproco dei partners, infantile se si usa la gravidanza per avere un
oggetto tutto per sé o per forzare il partner a prendere decisioni; come manifestazione
di rabbia e distruzione; come mezzo per ricreare il mondo fiabesco delle coccole e dei
sogni; come espressione di seduzione e di sentirsi competenti e grandi; come difesa
dei sentimenti omosessuali vagamente temuti e tacitati. Ma oltre queste motivazioni,
la sessualità umana può esprimere altri linguaggi. (14)
Un linguaggio di gratitudine. E’ un modo per rendere grazie, per la reciproca
presenza del marito e della moglie. Possono dire, con o senza parole, «Grazie perché
sei qui, ti sento, ti tocco, ti sono grato in questo momento, per ieri e per tutto il tempo
in cui staremo insieme».
Un linguaggio di speranza. L’un l’altro si rassicurano di essere desiderati, apprezzati
e si confermano a voler stare insieme nel futuro.
Un linguaggio di riconciliazione. Ogni coppia sa che molti litigi e discussioni si
risolvono almeno in parte o definitivamente in un rapporto sessuale d’amore.
Un linguaggio di stabilità. Ci si conferma reciprocamente nel proprio modo di essere,
nonostante i propri limiti e le proprie vulnerabilità.
Un linguaggio di identità. Si rafforza in modo unico l’identità sessuale di entrambi i
coniugi. L’amore sessuale è centrale nella vocazione al matrimonio. Senza lo scambio
sessuale di amore e di tenerezza, una relazione non è coniugale. Nell’intimità
coniugale si entra in comunione con l’altro, così da diventare una sola persona senza
cessare di essere due. In questa realtà spirituale, le identità individuali non sono
perdute, ma rinforzate.
Un linguaggio che evoca l’esperienza con Dio. C’è una correlazione tra l’estasi
provata nello scoprire e nell’essere riscoperti fisicamente ed emotivamente
nell’intimità e quella sperimentata nell’essere scoperti e amati da Dio. Maslow parla
dell’orgasmo come un evento spirituale e persino mistico. Molte coppie lo
confermano e trovano l’esperienza dell’orgasmo, come la più chiara esperienza del
divino che abbiano mai conosciuta. In questa esperienza orgasmica esse si sentono
conosciute e amate nel profondo di se stessi, libere di lasciarsi andare e diventare
totalmente vulnerabili nei confronti della persona amata. Un giornale americano «The
Minneapolis Star Tribune» qualche anno fa fece scalpore allorquando, dopo una
ricerca sul campo, scriveva che le donne di fede erano sessualmente più soddisfatte
nel fare l’amore, godevano di più e più frequentemente marito e moglie avevano
rapporti sessuali. Una sessualità vissuta bene, frequentemente e reciprocamente
piacevole, è vitale per una coppia di sposi.
Un linguaggio che conferma la sessualità sacramentale.
In un tempo in cui le persone sono alienate e prese da tante cose, si dovrebbe
insegnare alle coppie a prendersi del tempo per la loro intimità sessuale. Il rapporto
sessuale diviene un potente linguaggio corporeo di passione e di amore tra due
persone che si penetrano reciprocamente nel corpo e nello spirito in una intimità
incarnata nel quotidiano.
Sperimentare profondamente il sesso fino a perdere se stessi nel piacere, e arrendersi
all’altro, è vivere il sacramento delle nozze. Nel momento dell’orgasmo, l’ultimo
brandello di auto-consapevolezza scompare per dare vita ed assaporare un momento
estatico. Si abbandona amorosamente tutto se stessi, corpo, mente e cuore, nelle
braccia dell’amato. Trascurare la passione sessuale è una vera infedeltà reciproca. Gli
psicologi affermano, attraverso la Scala dell’Intimità Sessuale, che la qualità di una
relazione sessuale coniugale dipende molto più dalla qualità della relazione totale
(cioè dalla qualità dell’apertura e dell’ascolto che si ha nella comunicazione nell’arco
delle 24 ore) che dalle posizioni e strategie che si usano nel fare l’amore. Pertanto, la
qualità di un matrimonio in tutte le sue sfaccettature dipende da una sana e
soddisfacente vita sessuale che si riflette sulla vita stessa della coppia.
- Ci siamo ritrovati a sperimentare alcuni di questi linguaggi? E quali?
Come esprimiamo il linguaggio della tenerezza nella nostra vita di coppia? Diamo il dovuto spazio
alla nostra intimità?
In che modo la nostra vita affettiva ci avvicina a Dio? E in che modo Dio ci aiuta a crescere nella
tenerezza?
Non c’è per la coppia cristiana l’amore umano da una parte e l’amore di Dio dall’altra. E’ vero
questo per noi?
5.4 PAROLA DI DIO
Lettura di Giovanni 20, 11-18
Il Cristianesimo è anche un cammino di tenerezza? Gesù Cristo donò e
ricevette tenerezza? I segni concreti della tenerezza trovano nella vita di Gesù
accoglienza, guarigione, elevazione a gesti che comunicano amore divino?
Maria Maddalena piange: il suo Maestro, colui che le ha ridato dignità di
donna, colui che ha valorizzato la sua persona accogliendola nella sua comunità,
colui che l’ha fatta sentire voluta bene, è morto crocifisso.
Maria Maddalena piange perché questa morte ha causato in lei buio (cfr Gv 20,
1): non vede più come vivere e perché vivere.
Maria Maddalena piange perché al sepolcro del suo Maestro non trova più
neanche il suo cadavere da onorare e sul quale versare le sue lacrime.
Chi la guarderà ancora per aiutarla a cercare la luce, come faceva il Maestro?
Chi le rivolgerà domande pacate per interessarsi amichevolmente dei suoi
problemi, come faceva il Maestro?
Chi la chiamerà ancora con voce capace di farla sentire cercata e importante
già solo nell’udire il proprio nome, come faceva il Maestro?
Chi le permetterà di essere abbracciato e accarezzato da lei, senza equivocare,
per darle la possibilità di comunicare affetto e riconoscenza, come poteva fare con il
Maestro?
Chi le trasmetterà sicurezza nelle proprie possibilità, nelle proprie capacità, tanto da
affidarle missioni difficili e controcorrente, come faceva il Maestro?
Rileggiamo il testo e forse scopriremo quanto è bravo Gesù Cristo, il Risorto, a
riempirci di gesti di tenerezza e ad insegnarci a fare altrettanto in coppia!
5. 5 Momento di verifica
Che cosa abbiamo vissuto in questo incontro e che cosa ci è piaciuto di più?
Che cosa abbiamo consapevolizzato e ci portiamo a casa?
5. 6 Momento di preghiera
“Dio d’infinita tenerezza ci consegniamo a Te. Non esiste tenerezza che non
sgorghi dal Tuo cuore amante e non ne sia un’espressione viva.
Tu ci precedi, ci accompagni e ci segui sempre come un padre e una madre.
Ti ringraziamo, Ti lodiamo, Ti benediciamo. La Tua tenerezza è il grembo eterno
da cui la nostra tenerezza viene, in cui vive e a cui tende.
Infondi nei nostri animi la dolcezza del tuo amore per saperci amare con
generosità e benevolenza, riconciliandoci e perdonandoci ogni giorno”. Amen
(Carlo Rocchetta)
2. EDUCARCI ALL’AMORE - TENEREZZA
Sesta scheda
Come alimentare la tenerezza
Romolo Taddei
6. 1 Momento di accoglienza
La coppia animatrice inviti le coppie a condividere che cosa hanno vissuto durante queste
settimane e a comunicare poi come si sentono in questo momento.
6. 2 Momento di preghiera
“O Signore ci consegniamo a te, e consegniamo a te la nostra vita, i figli, il nostro futuro.
La tua Grazia supera infinitamente le nostre insufficienze o paure.
Noi lo crediamo, e vogliamo fondare su questa certezza la nostra esistenza.
Dio –Padre, Tenerezza donante, aiutaci ad essere capaci di gratuità l’uno con l’altro, a immagine
dell’Unigenito che ci hai donato.
Dio – Figlio, Tenerezza accogliente, insegnaci ad avere un cuore docile e umile come il tuo.
Dio – Spirito Santo, Tenerezza condividente, sii per noi forza vivificante perché sappiamo amarci
ogni giorno, con stupore ed entusiasmo sempre nuovi.
Trinità adorabile ci fidiamo di te e vogliamo consacrare al tuo nome la nostra famiglia.
Fa’ della nostra casa un luogo di grazia ed una scuola di tenerezza per i figli e per tutti coloro che
incontriamo.
A te la gloria nei secoli dei secoli” Amen. (Carlo Rocchetta)
6. 3 Presentazione e svolgimento del tema
Vogliamo, ora, proporre alcune strategie per alimentare la tenerezza. A parere del dottor John
Gottman e di Nan Silver, tenerezza e ammirazione sono due elementi fondamentali di un rapporto
duraturo e piacevole.
Ne presentiamo alcune:
- La prima: impariamo dalla storia del nostro passato.
Se il nostro matrimonio attraversa un brutto periodo, sarà difficile ottenere soddisfazione dal nostro
partner chiedendogli come vadano le cose in quel momento. Se invece ci concentriamo sul nostro
passato, su ciò che di piacevole e bello c’è stato agli albori del nostro amore, di certo riusciremo a
scorgere alcune scintille di sentimenti positivi.
Gottman sostiene che il 94% delle coppie che ripercorrono con piacere la storia del loro matrimonio
avranno anche un futuro felice. Quando, invece, i ricordi vengono distorti, si può essere sicuri che la
coppia ha bisogno di aiuto.
- Vi proponiamo ora una esperienza. Qualunque sia il periodo che attraversiamo, sia bello ed
esaltante sia meno bello, sia brutto. Proviamo a raccontarci a vicenda che cosa di bello ed eccitante
abbiamo vissuto, facendo memoria della nostra vita a due a livello di attenzioni, di espressioni
verbali e non verbali, di tenerezze, di sms o di lettere, di momenti vissuti insieme.
- Dopo aver scritto qualcosa, proviamo a dircelo e a comunicarci a vicenda come ci sentiamo in
questo momento. (8 minuti di riflessione personale e 5 minuti di condivisione in coppia).
Poi, tornando a casa, proviamo a sfogliare insieme il nostro album di fotografie oppure a vedere
insieme il filmino del nostro matrimonio. E poi chiediamoci che cosa proviamo e quali risonanze
affiorano in noi.
-La seconda strategia: sperimentare di ri- innamorarci
Prima tappa: identifichiamo ciò che a noi piace e il nostro partner è pronto a fare.
Prendiamo un foglio di carta e completiamo questa affermazione con quante più
frasi possibili. E’ bene essere specifici, concreti e positivi. Focalizziamo la nostra
attenzione su ciò che capita con una certa regolarità. La frase alla quale
rispondere è la seguente: “Io mi sento amato quando tu…
Esempi: mi versi il caffè nella tazza; mi baci prima di uscire; mi chiami dal lavoro per
chiedermi come mi sento; mi comunichi le cose importanti che ti capitano; mi
massaggi le spalle; mi dici che mi ami; mi regali qualcosa; ti siedi vicino a me per
vedere la tv; mi ascolti; preghi con me e per me; vuoi fare l’amore con me; ti
complimenti con me su come ti guardo; mi apprezzi e mi confermi per le cose che so
fare”.
Seconda tappa: facciamo memoria della fase romantica vissuta nella nostra relazione.
Ci sono stati comportamenti carini che eravamo soliti fare ed ora non compiamo più?
Prendiamo, ancora una volta, un foglio e completiamo questa affermazione: “Io mi
sono sentito amato da te quando…”
Esempi: mi scrivevi lettere d’amore; mi portavi i fiori; mi tenevi la mano quando
passeggiavamo; mi mormoravi frasi sexy all’orecchio; mi chiamavi al telefono per
dirmi quanto mi amavi; volevi stare a lungo con me per parlarmi e fare l’amore;
facevi l’amore più di un volta al giorno.
Terza tappa: riflettiamo su questi comportamenti carini e amorosi che avremmo
desiderato e forse non abbiamo chiesto. Esplicitiamo, quanto più è possibile, le nostre
richieste. Completiamo questa affermazione: “A me piacerebbe che tu…
Esempi: mi massaggiassi per 30 minuti senza fermarti; facessi una doccia con me; mi
comprassi un gioiello o mi facessi una sorpresa; uscissi con me a girare per i negozi;
fossi più libero/a sessualmente nel rapportarti con me; pregassi con me.
Quarta tappa: mettiamo insieme queste tre liste e indichiamo quanto siano importanti
per noi questi comportamenti carini, mettendo di fronte a ciascuna affermazione il
punteggio 1 per indicare “non molto importante” e il punteggio 5 per indicare “molto
importante”.
Quinta tappa: Scambiamoci le liste. Esaminiamo quelle del nostro partner e
mettiamo una x sulle affermazioni che non vogliamo attuare in questo periodo. A
partire da domani attuiamo almeno due comportamenti, ogni giorno per due mesi,
partendo da quelli che sono per noi più facili. Aggiungiamo alla nostra lista altre
affermazioni che ci vengono in mente, in seguito. Quando il nostro partner fa
qualcosa di carino per noi, siamo riconoscenti con un commento benevolo.
Ricordiamoci che questi comportamenti devono essere un dono, non un obbligo, né
un compito, né tanto meno un baratto. Attuiamoli senza badare a come ci sentiamo
con il nostro partner e senza tenere conto del numero dei comportamenti carini che il
nostro partner attua nei nostri confronti.
E’ molto probabile che avvertiremo delle resistenze nel fare questa esperienza,
continuiamo ad attuarla, fino a vincerle.
- Una terza strategia è la seguente: alimentare la fiamma.
Immaginiamo che la nostra vita di coppia sia come un braciere che arde, ma ha bisogno di essere
continuamente alimentato perché la fiamma sia sempre viva e forte. Quanto proponiamo potrà
sembrarci semplice e banale, in realtà ha un potere enorme. Ha il potere di rafforzare il nostro
legame e di attuare dei cambiamenti positivi. Non sottovalutiamo quanto proponiamo.
Ricordiamoci, che la vita di tutti noi è fatta di piccole e stupide cose. Non è forse vero che ci
amiamo e litighiamo per piccole e stupide cose?
Nell’elenco che segue segniamo con una X tre aggettivi che, secondo noi, caratterizzano il nostro
partner o la nostra partner. Se sono più di tre, limitiamoci a cerchiarne, per il momento, soltanto tre.
Per ogni aggettivo pensiamo brevemente ad un evento che esemplifichi quella caratteristica del
nostro partner o della nostra partner. Scriviamo l’aggettivo caratteristico e l’episodio sotteso a
quell’aggettivo. Poi mostriamo l’elenco al nostro partner e diciamogli quel che più apprezziamo di
queste caratteristiche.
-
Amorevole
-
Riservato
-
Avventuroso
-
Affidabile
-
Responsabile
-
Educato
-
Caloroso
-
Virile
-
Gentile
-
Pratico
-
Arguto
-
Rilassato
-
Bello
-
Ricco
-
Calmo
-
Vivace
-
Un ottimo genitore
-
Ottimista
-
Protettivo
-
Dolce
-
Tenero
-
Flessibile
-
Comprensivo
-
Sensibile
-
Coraggioso
-
Intelligente
-
Premuroso
-
Generoso
-
Leale
-
Fiducioso
-
Forte
-
Energico
-
Sexy
-
Deciso
-
Creativo
-
Divertente
-
Attraente
-
Interessante
-
Fidato
-
Riflessivo
-
Affezionato
-
Ordinato
-
Intraprendente
-
Allegro
-
Elegante
-
Prestante
-
Amabile
-
Un grande amico
-
Eccitante
-
Frugale
-
Pieno di progetti
-
Vulnerabile
-
Impegnato
-
Coinvolto
-
Espressivo
-
Attivo
-
Attento
1.Caratteristica________________________________________________________Episodio_____
________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
________________________________
2.Caratteristica________________________________________________________Episodio_____
________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
________________________________
3.Caratteristica________________________________________________________Episodio_____
________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
________________________________
Ora se vogliamo proviamo a scegliere altri tre aggettivi di come ci vede il nostro partner.
Elenchiamo i tre aggettivi e l’episodio sotteso a quell’aggettivo.
1.Caratteristica________________________________________________
Episodio_________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
____________________________________________
2.Caratteristica________________________________________________________
Episodio_________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
____________________________________________
3.Caratteristica________________________________________________________
Episodio_________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
____________________________________________
- Una quarta strategia è proporci un corso di una settimana sulla tenerezza e ammirazione da
vivere nei giorni che seguono.
Questo esercizio potrà apparirci sciocco o futile, ma si basa su alcune ricerche circa il potere che
hanno i pensieri positivi. Questo approccio è un cardine della terapia cognitiva e risulta efficace
nell’aiutare le persone a superare gli stati negativi e depressivi mettendo in grado di pensare in
modo positivo e di alleviare il senso di disperazione. Attraverso questo esercizio, noi potremo
imparare a trovare un modo positivo di pensare al nostro partner e al nostro rapporto.
Esperienza
Lunedì
Pensiero: sono attratto fisicamente dal mio partner
Compito: pensiamo ad un attributo fisico che ci piace e comunichiamolo.
Martedì
Pensiero: sono al lavoro oppure a casa e penso a lui/lei.
Compito: telefoniamo oppure mandiamo un SMS tenero e affettuoso.
Mercoledì
Pensiero: ricordiamo con facilità la prima volta in cui ci siamo incontrati.
Compito: scriviamo qualcosa di quel primo nostro incontro.
Giovedì
Pensiero: sono orgoglioso del mio partner.
Compito: elenchiamo due qualità di cui siamo particolarmente orgogliosi del nostro partner.
Venerdì
Pensiero: a volte stare insieme è difficile, ma ne vale la pena.
Compito: diamo alcune motivazioni del perché stiamo insieme e del perché ci siamo sposati in
chiesa.
Sabato
Pensiero: c’è molto affetto tra noi.
Compito: facciamo una sorpresa al nostro partner oggi.
Domenica
Pensiero: noi, come coppia cristiana, siamo un segno visibile dell’amore di Dio.
Compito: proviamo a pregare insieme il Signore e a partecipare all’Eucaristia.
Alla fine dell’esperienza scopriremo che le prospettive del nostro matrimonio sono molto più rosee
di quello che pensavamo. Cantare le lodi reciproche non può che fare bene al nostro matrimonio,
ma bisogna che ci mettiamo all’opera e le attuiamo.
Come pro-memoria vogliamo consegnare il “decalogo della coppia tenera ed amorosa”.
1°) Amatevi ogni giorno con un amore di tenerezza.
2°) Ditevi spesso che vi amate con parole, gesti o azioni e non abbiate a credere che lo sapete già.
3°) Spendete del tempo ogni giorno per voi per dialogare ed ascoltarvi
4°) Lodatevi per un lavoro ben fatto e non sminuitevi. Non date per scontato ciò che fate per voi.
L’apprezzamento e il sostegno vi stimoleranno a continuare.
5°) Amate i vostri corpi, ma ancor più le vostre anime e le vostre vite. Questa è la più bella
dichiarazione d’amore
6°) Esprimete pensieri e sensazioni di gioia: portano vitalità nel vostro rapporto. Ascoltatevi, mentre
esprimete la vostra felicità.
7°) Ascoltatevi senza giudizi e preconcetti. Essere ascoltati e visti è fondamentale per non perdevi
di vista.
8°) Toccatevi. Tenetevi. Abbracciatevi. Il vostro fisico viene rivitalizzato da un’amorosa
comunicazione non verbale.
9°) Tenete presente che amare non è facile e comporta impegno, dedizione, decisione e attenzioni.
Quale il segreto? Se avrete un cuore per voi, avrete un cuore per il vostro sposo/a e per gli altri.
10°) Ricordatevi soprattutto che la vita senza amore non ha sapore, ma senza dolore non ha valore.
Ci avviamo alla conclusione: Ci auguriamo di amarci con amore di tenerezza,
tenendo presente che non è ciò che facciamo che rende bella e fascinosa la
nostra relazione, ma come la viviamo. C’è attenzione, delicatezza, rispetto,
amorevolezza, tenerezza? Se c’è tutto questo, andiamo avanti e Dio sarà con noi.
Concludiamo con le parole di Thomas Borge, poeta del Nicaragua: “L’uomo che non è capace di
sognare è un povero diavolo, un eunuco. L’uomo che è capace di sognare e di trasformare i suoi
sogni in realtà è un rivoluzionario. L’uomo che è capace di amare e di fare dell’amore uno
strumento per il cambiamento è anch’egli un rivoluzionario. Il rivoluzionario quindi è un sognatore,
è un amante, è un poeta, perché non si può essere rivoluzionari senza lacrime negli occhi e senza
tenerezza nelle mani”. Questo è quanto di cuore ci auguriamo.
6. 4 Momento di verifica
- Come ci siamo sentiti nell’attuare queste esperienze?
- Che cosa ci ha colpito di più?
- Che cosa ci portiamo a casa e vogliamo mettere in atto nel nostro quotidiano?
6. 5 Momento di preghiera
Al termine di questo cammino vi invitiamo a lodare e a ringraziare il Signore
con questa preghiera che vuole esprimere la nostra gratitudine per le scoperte
fatte e per le esperienze vissute:
“Ti ringraziamo e ti lodiamo, o Signore, per tutto quello che ci hai fatto assaporare attraverso questo
cammino di relazione.
Ti ringraziamo perché ci hai dato il coraggio di dirci e dirTi “sì”:
“sì” alla tenerezza come scelta e progetto di vita,
“sì” alla tua tenerezza infinita,
“sì” alla tenerezza nel nostro cammino di vita,
“sì” alla tenerezza nel servizio agli altri.
Mostraci, Signore, la tua tenerezza e donaci la tua salvezza.
Aiutaci ad essere uno specchio trasparente,
nitido e fedele della tua Tenerezza amante verso tutti.
Ti ringraziamo per oggi, per domani e per ogni attimo della nostra vita.
Ti ringraziamo per essere qui con noi, presente e vivo,
nella nostra relazione di coppia.
Maria, Madre della tenerezza, aiutaci in questo nostro cammino
e fa’ fluire in noi la dolcezza del tuo amore di sposa e madre.” Amen. (Romolo
Taddei).