L`industria dei coltelli e delle forbici di Frosolone

Transcript

L`industria dei coltelli e delle forbici di Frosolone
Amministrazione provinciale di Isernia
Primo Rapporto sull’economia della provincia
FOCUS
L’industria dei coltelli e delle forbici di Frosolone
Marzo 2007
Il Focus è stato progettato e realizzato nell’ambito della collaborazione tra l’Agenzia SFIDE
dell’Amministrazione provinciale di Isernia, e la società Studiare Sviluppo del Ministero
dell’economia. Il gruppo di ricerca di Studiare Sviluppo ha condotto l’indagine sul campo e ha
redatto il Rapporto.
Studiare Sviluppo srl
Via Nazionale 163
00184 Roma
tel. 06.69921659
fax 06.69922173
www.studiaresviluppo.it
[email protected]
Convenzione con DPS – Dipartimento Politiche di Sviluppo Servizio Progetti studi e statistiche
Ministero per lo Sviluppo Economico
Progetto “Azioni Pilota in aree Pit”:
Focus “L’Industria dei coltelli e delle forbici di Frosolone”
Indagine sul campo di Vincenzo De Bernardo, Matteo D’Emilione, Filippo Tantillo.
Rapporto:
Vincenzo De Bernardo: par. 2.1, 2.2, 2.3
Matteo D’Emilione: par. 1.1, 1.3; cap. 4
Anna Natali: introduzione; par. 1.2
Filippo Tantillo: par. 2.4; cap. 3
Hanno collaborato: Antonella Bonaduce, Alfredo Scalzo.
Roma
Marzo 2007
2
Indice
Introduzione ...............................................................................................................................4
1. Il sistema locale.......................................................................................................................7
1.1 Le caratteristiche delle imprese ...........................................................................................7
1.2 I prodotti e i mercati............................................................................................................9
1.3 Un confronto con altri contesti/territori ............................................................................. 11
2. L’organizzazione produttiva e di vendita ........................................................................... 13
2.1 Il processo di produzione dei coltelli ................................................................................. 13
2.2 Il processo di produzione delle forbici............................................................................... 15
2.3 Rapporti fra le imprese del sistema locale ......................................................................... 16
2.4 Modalità e aree di commercializzazione............................................................................ 17
3. Il sistema imprenditoriale: una lettura dinamica................................................................ 18
3.1 Il sistema locale: origine ed evoluzione............................................................................. 18
3.2 Confronto con gli studi precedenti .................................................................................... 22
4. Conclusioni. I fabbisogni e le opportunità del sistema locale.............................................. 24
Bibliografia ............................................................................................................................... 27
Sitografia................................................................................................................................... 28
3
Introduzione
L’industria dei coltelli e delle forbici di Frosolone conta meno di una decina di imprese e una
settantina di addetti. Rappresenta, all’interno della provincia, una delle poche e, al tempo stesso,
una delle più antiche e caratteristiche attività manifatturiere. Questo Focus è dedicato ad
analizzarla nei suoi tratti principali.
Il Focus ha due intenti. Il primo è quello di contribuire con un lavoro monografico, di
approfondimento su un particolare tessuto produttivo, al Rapporto sull’economia della provincia
che ha invece un taglio generale1. Il secondo intento è di fornire un apporto di analisi sul tema dei
“distretti culturali”, a cui la Regione Molise ha recentemente dedicato attenzione e risorse
finanziarie.
L’industria dei ferri taglienti di Frosolone è un’espressione rilevante della cultura materiale del
territorio di Isernia. Essa è insediata in Molise da molto tempo: dal XIV secolo secondo alcune
fonti, addirittura dall’epoca longobarda secondo altre. Ha prodotto beni via via diversi, in risposta
a una domanda prima militare e civile, poi esclusivamente civile e legata a usi agricoli, artigiani,
domestici. Ha introdotto nuove tecnologie. Ha innovato i processi produttivi. Oggi, benché molto
ridimensionata rispetto ad alcuni decenni fa, essa continua a competere sul mercato in
concorrenza con le produzioni del nord Italia, di altri paesi europei e delle economie emergenti
dell’est asiatico. L’industria di Frosolone, in sostanza, è espressione di una tradizione culturale
radicata nella storia, e, al tempo stesso, viva e in movimento, che continua a misurarsi con
l’evoluzione della domanda e dei mercati, e a generare ricchezza. E’ questa tradizione, così
caratterizzata, significativa in rapporto al tema dei distretti culturali? Il gruppo di ricerca che ha
curato questa monografia pensa di sì. Esistono, infatti, affinità tra il caso di Frosolone e i casi
classificati in letteratura come distretti industriali culturali.
Con distretti industriali culturali, ci si riferisce ad ambiti di “produzione localizzata di beni fondati
sulla cultura” o, più concretamente, a luoghi quali per esempio in Italia: Murano per i vetri d’arte;
Arezzo, Vicenza e Valenza Po per l’oreficeria; Como per la seta stampata; Prato per i tessuti;
Biella per le lane pregiate; Faenza, Albissola e Caltagirone per la ceramica d’arte (Santagata 2000
e 2004; Cuccia e Santagata, 2002; Sacco e Pedrini 2003)2. Questi contesti si distinguono per due
elementi: il fatto di produrre una classe di beni fondati su una peculiare cultura localizzata, e
quello di vendere tali beni non solo a piccole ed esclusive nicchie di clientela ma a importanti
segmenti di mercato. La presenza del primo elemento – il rapporto stretto che lega la produzione
alla cultura localizzata – fa sì che i beni prodotti sono definiti idiosincratici: termine che sta a
significare che la cultura produttiva (o materiale) incorporata nei beni, è radicata in un territorio
circoscritto da cui essa trae identità e capacità creativa. In altre parole il legame con la società
locale, la sua storia, i circuiti di produzione di conoscenza interni alla comunità, è quanto fa
esistere il prodotto come bene non casuale e non riproducibile altrove.
La realtà di Frosolone, specializzata nella produzione di coltelli e forbici, presenta punti di
contatto col modello del distretto industriale culturale. In questo comune della provincia di
Isernia, infatti, la cultura produttiva è tipica e localizzata, radicata da lungo tempo nella comunità.
Il patrimonio delle competenze è sedimentato presso alcune famiglie. La sua trasmissione avviene
1
Lo schema Rapporto generale più monografia, sperimentato in questa occasione per la prima volta, sarà riproposto
nei prossimi anni a cura dell’Agenzia SFIDE. L’idea è affiancare all’inquadramento complessivo fornito col
Rapporto, un’analisi dedicata a un sistema locale (o una filiera, o un settore) di interesse per l’Amministrazione,
accumulando anno dopo anno una conoscenza via via più ricca delle principali realtà produttive della provincia di
Isernia.
2
Molti di questi contributi sono editi dall’EBLA di Torino, un centro studi specializzato sull’economia della cultura.
4
in modo tacito, per frequentazione dei luoghi di produzione da parte dei giovani e per
trasferimento diretto delle conoscenze e delle abilità dai vecchi artigiani alle nuove leve. Le
conoscenze pratiche e le esperienze accumulate nel tempo, appaiono difficilmente riproducibili
fuori dal contesto e dalla comunità locale.
La cultura produttiva locale, inoltre, è non solo un fatto identitario ma anche una realtà
economica. Un tratto tipico dei distretti industriali culturali è, in genere, che coesistono al loro
interno una produzione di alta gamma a elevato tenore culturale e artigianale, e una produzione
più orientata al grande mercato in cui la forte identità culturale iniziale viene diluita e permane più
che altro per infusione del valore simbolico del marchio (Sacco e Pedrini, 2003). Ebbene: una
coesistenza di produzione alta e produzione di massa caratterizza anche Frosolone. I beni di
gamma alta, a elevato tenore artigianale, continuano a essere prodotti, benché con tecnologie
diverse da quelle usate nel passato3, realizzando con accuratezza e abilità una sequenza di
lavorazioni che prevede numerosi passaggi manuali. D’altra parte, ampie quote di produzione
sono orientate al grande mercato. Accanto ai tradizionali coltelli da tasca a lama richiudibile, sono
realizzati coltelli a lama fissa (tra cui quelli professionali di grande formato per la macellazione
della carne), e forbici di uso domestico, per manicure e per sartoria. Dalla gamma di prodotti che
si è evoluta più di recente dipende buona parte del fatturato. La vendita alla grande distribuzione
ha un peso significativo.
L’industria localizzata a Frosolone può dunque essere avvicinata, sotto alcuni profili, a quelle
realtà sia culturali sia economiche che vengono identificate come distretti industriali culturali.
Naturalmente va detto anche che esistono importanti differenze. La più evidente è che il sistema
di Frosolone ha una dimensione assai piccola: mentre distretti quali Murano, Como o Biella
contano centinaia o migliaia di addetti, Frosolone conta poche decine di addetti, raccolti attorno al
lavoro di poche famiglie.
Inoltre a Frosolone la produzione alta e quella di massa convivono negli stessi capannoni e nelle
stesse officine, rendendo pressoché impossibile, all’osservatore esterno, distinguere le linee di
produzione, e complicato raccogliere i dati di fatturato che l’una o l’altra tipologia di attività
conseguono. Questo significa che le imprese operano su vari segmenti del mercato, senza che vi
sia una significativa specializzazione di gruppi di addetti per segmento. Ne deriva, tra le altre
cose, che non esistono unità produttive, anche piccole, dedicate a creare beni e componenti di
particolare raffinatezza innovando nella progettazione, o nella scelta dei materiali, o nelle
lavorazioni, o nel design. Nei distretti industriali culturali, invece, con un elevato numero di unità
produttive variamente specializzate, sono in genere compresi atelier qualificati che, col loro
lavoro, mantengono e rilanciano l’originalità, la creatività e la reputazione dei modelli locali,
rafforzando la capacità competitiva di tutto il sistema.
Infine, si può anche notare che Frosolone non ha beneficiato di azioni pubbliche di difesa e di
sostegno del sistema produttivo, nel passaggio critico della trasformazione degli anni sessanta,
periodo durante il quale il sistema si è ulteriormente indebolito per effetto dell’emigrazione (il
crollo più consistente, dalle 120 botteghe artigiane censite negli anni venti alle dimensioni attuali,
era già avvenuto prima della seconda guerra mondiale) (Fraraccio 1980). Le azioni pubbliche alle
quali si fa riferimento sono quelle, per esempio di formazione o di offerta di servizi reali
(laboratori, aggiornamento tecnico), che altrove si sono dimostrate utili nel proteggere e rilanciare
3
La forgiatura delle lame, praticata sino agli anni sessanta, è stata progressivamente sostituita dalla lavorazione di
lame stampate, e oggi essa viene eseguita solo episodicamente, per soddisfare particolari richieste o per realizzare
prototipi utilizzati come modello per gli stampi. Altri rilevanti cambiamenti tecnologici hanno riguardato la tempera
dell’acciaio, per la quale si fa ormai ricorso ai forni, e diverse lavorazioni metalliche, per le quali vengono impiegate
macchine semiautomatiche in luogo delle mole azionate a motore o a mano, o altri utensili tradizionali.
5
un tessuto artigiano tradizionale (Becattini et al. 2001; Bellandi et al. 2006). Nel caso di
Frosolone, esse avrebbero potuto almeno in parte contrastare alcuni effetti del declino.
Per riassumere: si ha ben presente che, per una varietà di ragioni tra loro collegate (dimensione
del sistema locale, organizzazione produttiva, funzionamento istituzionale), non è lecito
assimilare senz’altro questo micro-sistema locale ai ben più famosi casi esemplificati di distretti
industriali culturali. Questo sarebbe eccessivo e fuori luogo. Nonostante ciò, Frosolone
rappresenta una realtà che merita attenzione e interesse. Si tratta di un fenomeno culturale e al
tempo stesso produttivo, dove la tradizione storica non è un lascito inerte del passato ma un
patrimonio vitale: proprio come accade in quelle più forti e note realtà produttive alle quali si è
fatto cenno, e delle quali si occupa, con crescente interesse, l’economia della cultura.
Metodo di indagine
Per l’analisi dell’industria di Frosolone si è preparata una traccia di questionario semistrutturato
per la realizzazione di interviste in profondità. Sono state quindi fatte 9 interviste a testimoni
privilegiati: 6 titolari di imprese, 1 artigiano esperto, 2 conoscitori della storia locale4. Le
interviste sono state realizzate da ricercatori senior a Frosolone, quasi sempre all’interno dei
laboratori e delle officine, per poter meglio cogliere il processo produttivo, le tecnologie
impiegate, la divisione del lavoro interna alle imprese. Le interviste sono state registrate e
trascritte. Il gruppo di ricerca ha commentato e discusso collettivamente i risultati, prima di
procedere alla redazione del Rapporto.
Per la raccolta di dati sull’universo delle imprese sono state utilizzate le banche dati Istat, e, in
particolare, l’Archivio Statistico delle Imprese Attive (A.S.I.A.). Per la ricostruzione della storia
dell’industria di Frosolone è stata svolta una ricerca bibliografica. Questa ha permesso di reperire
analisi economiche relativamente recenti, utili per cogliere le ultime evoluzioni del sistema
produttivo locale (Zanni 1993 e 1995). Altre ricerche sono state svolte per reperire informazioni
su altri sistemi produttivi specializzati nel settore in Italia, quali Maniago (provincia di
Pordenone), Premana (Como), Scarperia (Firenze), Pattada (Sassari).
Articolazione del Rapporto
Nelle pagine che seguono, i punti esaminati sono:
4
•
Il sistema locale. Consistenza del sistema produttivo di Frosolone in termini di imprese,
addetti e fatturato, tipologie di prodotto e segmenti di mercato. Confronto con alcuni altri
sistemi produttivi specializzati nello stesso settore;
•
L’organizzazione produttiva e di vendita. Il processo produttivo dei coltelli e quello
delle forbici; le fasi del processo produttivo realizzate all’interno e all’esterno del sistema
locale; il ricorso alla subfornitura; le relazioni tra le imprese del sistema locale; le modalità
e le aree di commercializzazione;
•
Il sistema imprenditoriale: una lettura dinamica. L’evoluzione del sistema locale:
origini del sistema produttivo di Frosolone; le principali trasformazioni; le tappe evolutive
e i cambiamenti degli ultimi decenni;
•
Conclusioni. I fabbisogni e le opportunità del sistema locale L’industria e il territorio: i
bisogni espressi delle imprese; le opportunità per il contesto territoriale.
Testimoni intervistati: Carrino, De Luca, F. Fraraccio, M. Fraraccio, Paolucci, Petrunti, Piscitelli, Tasillo, Zampini.
6
1. Il sistema locale
Il presente capitolo focalizza la propria attenzione nei confronti delle principali caratteristiche
delle imprese incontrate/intervistate durante la fase di ricerca sul campo. In particolare, si vuole
fornire una ‘fotografia’ della situazione odierna rispetto a una serie di variabili quali: numero delle
imprese attive, dimensioni in termini di addetti e fatturato, tipologie di prodotti e mercati. Proprio
in relazione a questi ultimi, al fine di contestualizzare la vocazione produttiva di Frosolone a
livello nazionale, verranno riportati una serie di dati su altre realtà produttive che rappresentano
una parte significativa dell’ambiente competitivo in cui le imprese frosolonesi si muovono. Una
breve descrizione delle dinamiche demografiche ed economiche dell’area indagata permetterà poi
una lettura più attenta dell’evoluzione del sistema produttivo dei ferri taglienti.
1.1 Le caratteristiche delle imprese
La ricostruzione della situazione reale del sistema produttivo delle lame di Frosolone, per quanto
di ridotte dimensioni, presenta qualche difficoltà dovuta principalmente alle complesse traiettorie
evolutive che tale sistema ha conosciuto soprattutto negli ultimi quindici anni (per un’analisi
dettagliata si veda il capitolo 3). L’indagine in questione, attraverso interviste dirette ai titolari
delle imprese dell’area e ad altri testimoni privilegiati e la disponibilità di alcune banche dati
nazionali (Istat, ASIA), ha permesso di mettere comunque in evidenza alcuni elementi peculiari
sintetizzati nella tabella seguente.
Tab. n. 1 - Situazione del sistema produttivo dei ferri taglienti di Frosolone
Numero imprese
Classi di addetti
Classi di fatturato
(migliaia di euro)
2
1–6
20.000 – 150.000
4
10 – 15
500.000 – 1.500.000
1
Oltre 20
Oltre 4.000.000
Totale imprese
Totale addetti
Fatturato complessivo
7
76
oltre 7 meuro
Fonte: Istat, ASIA 2004, rielaborazione di Studiare Sviluppo.
Una prima lettura dei dati contenuti in tabella mette in evidenza come sembra esservi una
relazione positiva tra dimensione delle imprese in termini di addetti e dimensione del fatturato.
Inoltre, è opportuno specificare come nella classe intermedia ben tre realtà produttive si siano
formate a partire da una, attraverso un processo di spin-off aziendale che ha prodotto una
riorganizzazione complessiva di uno dei marchi storici di Frosolone. Ancora, è chiaro come la
dimensione media delle imprese (in termini di addetti) sia estremamente ridotta, rientrando tutte le
realtà presenti nella categoria di piccole o piccolissime imprese5. L’assetto giuridico prevalente
5
Sinteticamente, l’individuazione della dimensione di impresa in ambito UE – micro, piccola, media o grande – si
basa sul rispetto dei diversi limiti massimi fissati con riferimento al numero degli effettivi, al fatturato o al totale di
bilancio, da calcolarsi tenendo in considerazione il c.d. “status” dell’impresa (www.ipi.it). Per l’individuazione
dettagliata dei parametri di identificazione si veda la raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003 relativa
alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, pubblicata in GUUE serie L n. 124 del 20 maggio 2003.
7
delle imprese dell’area è quello della società in nome collettivo6 (4), vi sono, poi, due società a
responsabilità limitata7 e un’impresa artigiana. Tra le Snc un’impresa è definibile contoterzista in
senso stretto. Aspetto significativo e connesso alla dimensione e alle forme d’impresa presenti è
quello relativo alla forma di conduzione d’impresa prevalente e cioè quella familiare: dalle
interviste emerge chiaramente quanto siano, ancora oggi, importanti i legami famigliari e quanto
abbiano avuto un ruolo decisivo anche nella definizione dell’attuale assetto imprenditoriale del
sistema.
Appare interessante rilevare come il numero di imprese attive, in anni recenti, abbia subito una
lieve flessione determinata dall’uscita di scena di due realtà produttive di piccole dimensioni ma
con una storia importante alle spalle: un’impresa artigiana in senso stretto e un’impresa
produttrice di forbici. In entrambi i casi, tuttavia, i titolari di tali attività lavorano in maniera
indipendente, l’uno dedicandosi esclusivamente all’hobbismo (produzione limitata di coltelli per
collezionisti insieme al figlio ed elaborazione di qualche prototipo per le aziende esistenti), l’altro
essendosi spostato esclusivamente verso la commercializzazione di ferri taglienti in qualità di
agente/rappresentante. Alla situazione appena descritta vanno poi ad aggiungersi altre, poche,
esperienze di persone che lavorano in maniera informale e per passione, e una piccola impresa in
un comune contiguo a quello di Frosolone che commercia articoli da taglio esclusivamente on line
(attività di e-commerce). Dunque, in generale, una situazione variegata che rende conto del reale
indotto dell’area e delle sue dinamiche produttive e commerciali. Venendo all’età delle imprese
ancora attive, infine, questa si distribuisce lungo un arco temporale piuttosto ampio, con
un’impresa il cui anno di costituzione risale ai primi anni del secolo scorso (primi del novecento),
quattro costituitesi nella forma attuale durante gli anni ’70 e le altre nate tra la prima metà degli
anni ’90 e i primi anni 2000. Le informazioni appena riportate testimoniano dell’evoluzione di
lungo periodo che il sistema locale ha avuto e del radicarsi di una tradizione antica.
Riguardo al numero di addetti8 complessivamente rilevato, si tratta di un dato che messo in
relazione al totale del numero di addetti occupati nel settore economico ‘Industria manifatturiera’
a livello comunale esprime la sua significatività: su 225 addetti (Istat 2001b) oltre 70 sono
occupati nel settore delle lame, una percentuale dunque di circa il 34%9. Il numero complessivo
degli addetti, nonostante le varie riorganizzazioni aziendali non sembra essere mutato in maniera
significativa negli ultimi dieci - quindici anni.
Prima di fornire nei successivi paragrafi una prima lettura delle produzioni e dei mercati di
riferimento del sistema produttivo di Frosolone, sembra opportuno mettere in evidenza alcune
caratteristiche demografiche ed economiche del territorio in cui tale sistema specializzato è
inserito.
Il territorio del Comune di Frosolone, situato nell’area dell’Alto Molise, conta una popolazione
residente di 3.405 abitanti (Istat 2001a) la cui dinamica evolutiva nel ventennio 1982 -2001 ha
6
La società in nome collettivo (Snc) rientra nella categoria generale delle società di persone la cui caratteristica è data
dalla responsabilità sussidiaria, personale e illimitata di tutti i soci per le obbligazioni sociali. La denominazione della
società deve contenere almeno il nome di uno dei soci e l’indicazione del tipo di rapporto. Solitamente questa forma
societaria viene scelta se nella società deve intervenire un numero ristretto di persone che si conoscono piuttosto bene.
Per la costituzione della società non è richiesto un capitale minimo poiché all’occorrenza per i debiti sociali
rispondono i soci.
7
La società a responsabilità limitata (Srl) è una società di capitale, nella quale, per le obbligazioni sociali, risponde
soltanto la società col suo patrimonio. Le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni ma da
quote. La Società a responsabilità limitata può essere costituita con contratto o con atto unilaterale, purchè l’atto
costitutivo sia redatto per atto pubblico.
8
Dipendenti e indipendenti
9
Il totale degli addetti nei diversi settori è di 711 unità.
8
mostrato una significativa diminuzione degli abitanti: ben 275 unità (circa l’8%). Tale fenomeno,
sebbene di minor rilevanza rispetto ad altri comuni molisani collocati nelle aree interne, è
comunque importante da mettere in evidenza. Nonostante la vivacità imprenditoriale e
l’importanza del settore manifatturiero in genere, sembra essere in atto un processo di
spopolamento e di invecchiamento della popolazione di cui si deve tenere conto anche in funzione
della stessa sostenibilità di lungo periodo del sistema dei ferri taglienti.
Dal punto di vista della dimensione delle imprese attive nel comune, queste sono nella gran parte
dei casi di modestissime dimensioni: su circa 250 imprese locali circa 200 sono quelle con 1-2
addetti e solo una occupa oltre 50 addetti. I settori prevalenti in termini di numerosità di imprese
attive per settore sono quello del commercio (87), delle costruzioni (49) e dell’industria
manifatturiera (44). Riguardo al non profit, risultano presenti due cooperative sociali e tre
associazioni (tra riconosciute e non riconosciute). Interessante il dato sulla densità imprenditoriale
a livello comunale (unità locali/100 abitanti) il cui valore percentuale, oltre il 16%, è tra i più alti a
livello provinciale10.
A una scala territoriale appena più ampia, è opportuno sottolineare come Frosolone sia il comune
baricentrico nel sistema locale del lavoro (Sll) di cui fanno parte anche i comuni di Duronia,
Molise, Torella del Sannio e Sant’Elena Sannita. I dati a disposizione sul Sll in questione, la cui
popolazione complessiva supera di poco le 5.000 unità, conferma la dinamica demografica
negativa già rilevata a livello comunale e il peso della fascia di popolazione ultra
sessantacinquenne residente (circa un terzo del totale). Infine, venendo alla distribuzione degli
occupati interni dei cinque comuni del sistema, la situazione è efficacemente descritta nella tabella
seguente.
Tab. n.2 – Occupazione nel Sistema locale del lavoro di Frosolone al 2003
Totale degli occupati
1.537
% Occupati nell'
agricoltura, silvicoltura e pesca
15,68
% Occupati nell'
industria
34,94
% Occupati nei servizi
49,38
Fonte: Unioncamere - Atlante della competitività, rielaborazione di Studiare Sviluppo
Come evidente, il peso di agricoltura e industria è significativo, a scapito di una bassa incidenza
del settore servizi. Il raffronto di tali dati con quelli disponibili a livello provinciale (Isernia) e del
Mezzogiorno permette di apprezzare come la percentuale di occupati in agricoltura sia il doppio di
quella del Mezzogiorno (circa il 7%) e ben cinque volte superiore a quella provinciale (3,2%).
Uno scostamento forte dai valori provinciali ed extra-provinciali si ha anche per quanto riguarda il
settore dei servizi: a fronte di quasi il 50% di occupati nei servizi nel Sll di Frosolone, si passa al
62% della provincia di Isernia e al 68% del Mezzogiorno. Il settore industria è l’unico ad avere
dati in linea con gli altri contesti territoriali presi in considerazione.
1.2 I prodotti e i mercati
Le tipologie di prodotto verso cui è orientato il sistema produttivo di Frosolone appaiono oggi
assai diversificate. In linea generale, l’ambito degli articoli da taglio e affini evidenzia una
quantità di produzioni ampissima che va dal coltello a uso sportivo alle forbici per parrucchiere,
dalla posateria ai rasoi fino agli strumenti chirurgici (ad esempio, bisturi). Nel caso delle imprese
10
Vedi Atlante della competitività delle province – Unioncamere (da www.unioncamere.it/atlante).
9
di Frosolone la situazione odierna rispetta in molti casi tale complessità, con cataloghi che
possono arrivare a includere anche duemila articoli differenti. Le informazioni tratte dalle
interviste compiute, la visione diretta di alcuni cataloghi cartacei e la consultazione dei siti web
delle maggiori aziende dell’area, permettono di sintetizzare la situazione attuale come nella
tabella che segue.
Tab. n. 3 – Imprese, rapporto col mercato e prodotti
Imprese
Prodotti
a) Produttrici per mercato finale
DE LUCA COLTELLERIE SRL
Forbici e coltelli
FRARACCIO FRANCESCO
Coltelli e forbici
P.C.F. DI FRARACCIO DOMENICO & ANTONIO SNC
Coltelli
COLTELL.PAOLUCCI DEI FLLI F.M.F.S.L. SNC
Coltelli e forbici
PETRUNTI ROCCO
Coltelli
b) Produttrici contoterziste
LUPA SNC
Forbici
c) Commerciali
COLTELLERIE FRARACCIO MICHELE SRL
Coltelli e forbici
Fonte: indagine sul campo di Studiare Sviluppo
Cinque imprese su sette sono maggiormente orientate alla produzione/commercializzazione11 di
coltelli (di vario genere), le restanti due coprono invece in maniera quasi esclusiva il segmento
delle forbici.
La specializzazione di Frosolone nella lavorazione dei metalli ha trovato espressione nel corso del
tempo in una varietà di produzioni. Come si dirà diffusamente nel capitolo 3, hanno influito su
tale varietà il mutare delle fasi storiche, il succedersi dei governi, l’introduzione di leggi. Negli
anni a noi più vicini, a partire dal XIX secolo, la produzione si specializza soprattutto nei coltelli,
e vengono realizzati alcuni modelli a molla, quali il molletta, lo sfilato, lo zuavo, che ottengono
ampia notorietà e fortuna sui mercati meridionali, soprattutto del Napoletano.
La memoria di tali modelli, e in gran parte anche la loro produzione, resta ben viva sino al
secondo dopoguerra. Nel sito web delle Coltellerie Paolucci (storica attività fondata nel 1791) è
proposta una rassegna dei modelli tradizionali forgiati a mano che sono stati prodotti a Frosolone
sino agli anni 1940-50. Tra essi risultano: mozzette, sfilati, sfilati a punta tonda, temperini, stiletti,
coltelli per innesto, coltelli da macellaio, mannaiette, coltelli da caccia, coltelli multilama per
salassi di animali. Tra le forbici erano prodotte: forbici da barbiere, forbici per ricamatrici, forbici
per sarti tagliatori, forbici per tagliare cordoni; falci, tagliafieno, cesoie, roncole tagliarami, forbici
per pecore, forbici per cavalli. Tra gli altri utensili per la casa, sfogliacarte e posate.
La produzione attuale è composta principalmente da coltelli e forbici. Tra i coltelli si distinguono i
coltelli a lama chiudibile, o da tasca (tra cui il cosiddetto tartarugato12 e il siciliano), e i coltelli a
11
In merito al tema delicato dell’organizzazione aziendale, approfondito in seguito, è interessante riportare quanto
affermato da uno degli imprenditori intervistati: “La situazione di Frosolone oggi è questa, esistono dalle 5 alle 7
aziende, alcune sono di produzione e alcune di commercializzazione però non si riesce bene a capire quando finisce
la produzione e quando comincia la commercializzazione perché svolgono il loro lavoro sotto un’unica forma
giuridica. Lavorando sotto un’unica forma giuridica, si congloba produzione e commercializzazione; è difficile
secondo me capire quanto è la produzione e quanto la commercializzazione…”.
10
lama fissa. Questi ultimi sono realizzati in diversi formati, tra cui il formato grande per la
macellazione della carne. Tra le forbici vengono distinti vari tipi, diversi per formato e uso:
personale (forbicine), domestico (forbici da cucina), professionale (forbici per sarto, forbici per il
giardinaggio e la campagna).
Ogni modello si caratterizza non solo per l’uso a cui è destinato ma anche per la qualità. Per
esempio i coltelli da macelleria sono realizzati in modo diverso a seconda che siano destinati al
mercato professionale dei macellai, che si servono da rivenditori specializzati, o al meno esigente
segmento dei negozi di ferramenta e casalinghi che offrono una varietà ampia di prodotti di
qualità media destinati alle famiglie. Analoga differenziazione riguarda le forbici, le quali
vengono prodotte con marchi e prezzi diversi proprio in conseguenza alla diversa qualità e al
circuito di vendita a cui sono destinati, dalle mercerie ai negozi di sartoria.
L’impresa De Luca, che realizza con le forbici l’80% del proprio fatturato, e che produce una
gamma ampia di modelli, dalla forbice per manicure a quella per tessuti, utilizza tre marchi per
segnalare la qualità più o meno elevata del prodotto: Extraquality, Professional, Super. L’impresa
Paolucci propone i prodotti migliori col marchio R, nell’ambito di alcune linee dalla qualità
elevata aventi una specifica domanda di riferimento: la linea Intramontabile, che si rivolge al
mercato professionale e comprende coltelli grandi che in casa non si usano; la linea Sprint, che si
rivolge al settore casalinghi e comprende coltelli e forbici da cucina; la linea Sport e tempo libero,
che comprende coltelli da tasca. Altre linee sono la Millennium (coltelli professionali con manico
in plastica), la Quadrifoglio (agricoltura), la Family (casalinghi e grande distribuzione).
La gamma di modelli che viene proposta è assai ampia ma non completa, o tale da soddisfare in
pieno tutti i diversi segmenti del mercato. Ciò vale anche in relazione a un singolo tipo di
prodotto. Per esempio un imprenditore pur fortemente specializzato nelle forbici come De Luca,
ritiene impossibile coprire l’intera gamma delle forbici. Dalle interviste emerge che i produttori
tendono a privilegiare alcune famiglie di modelli che li caratterizzano e costituiscono il loro
riconosciuto punto di forza, e ad affiancare a esse altri modelli e prodotti allo scopo di incontrare
le esigenze di quei clienti, quali i grossisti di ferramenta o casalinghi, che chiedono una gamma
più ampia e diversificata.
1.3 Un confronto con altri contesti/territori
Come accennato in premessa, le imprese incontrate si confrontano necessariamente, in una logica
concorrenziale, con altri sistemi produttivi orientati alla produzione di articoli da taglio.
L’ampiezza del mercato di riferimento delle lame, come per molti altri settori produttivi, ha ormai
assunto una dimensione globale. Si possono, inoltre, individuare aree di specializzazione
produttiva delle lame in almeno cinque diversi paesi, oltre all’Italia: Germania (Solingen), Gran
Bretagna (Sheffield), Giappone, Cina e Brasile. Ai fini del presente lavoro, tuttavia, è preferibile
mantenere uno sguardo nazionale, pur tenendo in forte considerazione come anche il sistema di
Frosolone (e alcune imprese più di altre) negli ultimi anni abbia deciso di allargare il proprio
raggio d’azione, in particolare in Cina, verso la quale, al pari di altri sistemi, vi è stato un
allungamento delle catene di fornitura13.
Rimanendo dunque a un livello di analisi in ambito nazionale, le principali realtà produttive da
prendere in considerazione sono quelle del distretto del coltello di Maniago (Pordenone), del
distretto di Premana (Lecco), del comune di Scarperia e di alcune esperienze sarde come quella
12
Il manico assume una particolare colorazione a seguito di uno specifico processo produttivo che verrà descritto in
seguito.
13
P. Bersani e E. Letta (2004).
11
del comune di Pattada (Sassari). Fornire elementi caratterizzanti di alcune delle realtà italiane
appena menzionate è funzionale a una comparazione tra sistemi produttivi che contestualizzi
meglio i ‘numeri’ di Frosolone.
In una possibile classificazione tra aree specializzate nella produzione/commercializzazione di
articoli da taglio, quella di Frosolone sembra trovarsi in mezzo a due diversi modelli: da un lato,
le realtà di Scarperia e Pattada14, sistemi di antica tradizione, fortemente se non esclusivamente
orientati alla produzione di coltelli, con una numerosità aziendale simile a quella di Frosolone e
con un’identificazione netta (e promossa dagli enti locali in chiave turistica) coltello/territorio;
dall’altro, le realtà di Maniago e Premana, caratterizzati da grandi numeri sia in termini di imprese
e di addetti sia in termini di fatturato complessivamente prodotto. La tabella che segue fornisce
una sintetica descrizione dei sistemi suddetti.
Tab. n. 4 – Confronto tra sistemi produttivi specializzati nella produzione di lame
Sistema produttivo
Numero imprese
Numero addetti
Fatturato complessivo
Scarperia*
5
30
Non disponibile
Pattada*
11
11
Non disponibile
Premana (a)
104
475
48 meuro (circa)
150
1000 circa
50 meuro (circa)
15
Maniago (b)
*Dati al 2000 da ricerca di A. Sassu (2002).
(a) Dati al 2003 forniti dal Comune di Premana in base a ricerca del Consorzio Premax.
(b) Rielaborazione di Studiare Sviluppo su dati dell’indagine di P. Grandinetti (2000) e della ricerca del GAL
Montagna Leader (2004).
Con tutte le precauzioni del caso, determinate dall’eterogeneità delle fonti consultate16, la
situazione appare, come accennato in precedenza, nettamente spaccata in due. Il sistema
Frosolone, considerando i dati riportati nei paragrafi precedenti, sembra collocarsi in un punto
intermedio tra le piccole realtà sarda e toscana e i veri e propri distretti industriali del nord Italia17.
Da quanto emerge dalle interviste, è proprio con queste due aree distrettuali che alcune imprese di
Frosolone hanno frequentemente contatti commerciali di diverso tipo (ad esempio, rapporti di
fornitura e acquisizioni).
14
Gli artigiani di Pattada utilizzano ancora oggi sia la tecnica della ‘forgiatura a caldo’ sia la più recente tecnica ‘per
asportazione’ (sviluppatasi negli anni ’70) e sembrano maggiormente orientati al target del collezionismo di coltelli.
15
Il numero di imprese e di addetti è riferito all’indotto complessivo del settore e non unicamente alle imprese che
producono coltelli (le quali pesano, rispettivamente, per circa la metà e il 60% del totale).
16
Si è preferito andare oltre le rilevazioni Istat, cercando studi specifici sulle diverse realtà e contattando
direttamente, dove possibile, enti locali o soggetti terzi con funzioni di coordinamento di attività di sviluppo del
territorio come il Gal Montagna Leader.
17
Entrambi i distretti fanno parte del ‘Club dei Distretti’ (www.clubdeidistretti.it).
12
2. L’organizzazione produttiva e di vendita
2.1 Il processo di produzione dei coltelli
Il processo produttivo che le imprese di Frosolone seguono per la realizzazione dei coltelli è
molto complesso, perché richiede una serie di fasi più o meno articolate a seconda della tipologia
di prodotto.
I coltelli a lama fissa e a lama mobile incorporano un gran numero di fasi. Alcune di esse
riguardano prettamente la realizzazione di una lama (tagliatura, tranciatura, tempera e
rinvenimento, satinatura, lucidatura, affilamento, montaggio). Altre, invece, sono collegate al tipo
di lama, come, ad esempio, l’incavo nei coltelli a lama richiudibile.
I coltelli a lama mobile aggiungono, inoltre alle precedenti, ulteriori fasi come la creazione delle
componenti (molle e testine) che sono prodotte rispettivamente con stampi e con semilavorati e
con un acciaio diverso da quello utilizzato per le lame. Queste lavorazioni prevedono una serie di
attività manuali facilitate dall’ausilio di diversi macchinari.
Per semplicità espositiva, si suddivide la descrizione delle fasi distinguendo la produzione delle
lame dalla lavorazione del manico.
La produzione delle lame
La produzione delle lame, sia dei coltelli a lama fissa, sia di quelli richiudibili, comincia con la
realizzazione del prototipo: la lama sulla quale poi costruire lo stampo che poi permetterà di
riprodurla in serie.
I coltelli a lama mobile hanno oramai forme tipiche, addirittura storicizzate, e immediatamente
riconoscibili. Sono forme tradizionali (i coltelli di Frosolone, lo zuavo, ecc.) che non possono
cambiare senza perdere di riconoscibilità.
I coltelli a lama fissa, a loro volta, hanno forme già individuate.
I produttori non specificano con chiarezza in che modo e come realizzano i prototipi né con quale
cadenza, se ad esempio annuale, triennale, quinquennale, ma dichiarano che la realizzazione del
prototipo della lama avviene in molti casi in azienda. Da alcune informazioni ricevute dagli
imprenditori a fine intervista sembra che in alcuni casi e per alcuni prodotti si commissioni non
solo lo stampo ma anche i prototipi. Ciò accade per i prodotti di uso comune (coltelli da cucina ad
es.) di bassa qualità e per aziende18 che hanno rapporti stabili con alcune produzioni non italiane.
Le imprese in ogni caso possiedono un buon numero di stampi e una gamma di prodotti molto
variegata. Per tali ragioni si deduce che all’interno dell’impresa e attraverso i contatti della stessa
con le maestranze locali (magari non impegnate come produttori o lavoranti, ma semplici
hobbisti) questa fase è in qualche modo soddisfatta in quei periodi nei quali è necessario
introdurre nuovi prodotti nel campionario.
La seconda fase, la produzione dello stampo e della matrice che dovrà poi essere utilizzata per la
riproduzione semiautomatica delle lame, non è curata internamente all’azienda ma è
commissionata a stamperie specializzate nella produzione di stampi per diverse produzioni.
La terza fase, totalmente interna all’azienda, è successiva all’approvvigionamento delle lastre di
metallo, e consiste nella tagliatura della lamiera: dal foglio, largo mediamente 100x200 cm, si
ricavano delle strisce sottili che a loro volta passano sotto una pressa che vede montata la matrice
della lama. La tranciatura avviene subito dopo ed è anch’essa interna all’azienda. È la fase che fa
18
Quella ad esempio diretta da Francesco Fraraccio ha collegamenti stabili con tre aziende cinesi. Ma anche in altri
casi il legame con alcune produzioni extracomunitarie è molto forte.
13
fuoriuscire, attraverso una pressione della matrice sulla striscia di lamiera, una serie di lame
grezze. Ovviamente più la tagliatura è precisa nel calcolo della larghezza, meno sfridi vi saranno e
quindi meno materiale di scarto.
Se la matrice accoppia alla lama anche la marca della fabbrica, allora i tempi del processo
produttivo si accorciano poiché non è necessario passare le lame di nuovo sotto la pressa per
apporre il marchio.
Nella lavorazione dei coltelli a lama mobile alla fase descritta si aggiunge quella relativa allo
stampaggio dell’incavo attraverso il quale tirare fuori la lama (ma anche qui oramai si tende a
inserire nella matrice che riproduce la lama, oltre al marchio, anche lo stampo dell’incavo). Anche
questa fase è attuata in azienda.
La lama viene poi raddrizzata attraverso un pressa idraulica per poi essere sottoposta al processo
di temperamento: le lame (ed eventualmente le molle) sono cotte a circa 1000 gradi in modo che
esse acquisiscano la necessaria durezza. Dopo che le stesse sono fatte raffreddare in un bagno
d’olio, si opera il rinvenimento, ovvero la fase di seconda cottura, questa volta in un forno
ventilato, a una gradazione leggermente inferiore rispetto alla fase precedente, affinché la lama
(ed eventualmente le molle) acquisisca la necessaria elasticità. La cottura dei prodotti avviene in
azienda.
Il processo produttivo della lama termina con la sua affilatura, smerigliatura e lucidatura, nel caso
si tenda a ottenere una lama brillante, o satinatura, nel caso di lama opaca, fasi, queste, tutte
interne all’azienda. E’ necessario specificare che l’affilatura, così come le fasi successive, non può
che avvenire dopo il montaggio delle lame.
La produzione del manico
I manici possono essere di diversa natura.
Le fasi lavorative del manico del coltello interne alle aziende possono essere più o meno ampie a
seconda della fornitura (materia prima, prodotto semilavorato, prodotto finito da assemblare) delle
sue componenti o a seconda della stessa materia prima di cui è composto.
La realizzazione dei manici in plastica, non solo per i coltelli ma anche per le forbici, si realizza
con un processo produttivo totalmente interno all’azienda che grazie a una macchina a iniezione
di palline di materiale plastico (mischiato in modo da ottenere il colore necessario) riesce a
sparare una colata di plastica in uno stampo dal quale, una volta aperto, si ricava il prodotto
grezzo che poi sarà pulito e rifinito oltre che lucidato. In tal caso il manico è realizzato in azienda.
In altri, invece, sono acquistate le faccette (o i manici interi) che poi incorporano la lama. In tal
caso la lavorazione interna è limitata all’assemblaggio, oltre che alla rifinitura e lucidatura.
La realizzazione di manici in legno o in corno di bue parte, invece, da semilavorati, che sono
acquistati in diverse aree italiane, e che devono poi essere accoppiati (soprattutto nel caso dei
manici in corno di bue), rifiniti e lucidati in azienda. Se il prodotto arriva in formato molto grezzo,
è necessario aggiungere le fasi di foratura del manico e la sua sgrossatura:
“il manico qui ha una grossa differenza di tempi e di costi quando si inserisce il manico di legno
o di plastica perché mentre col manico di legno bisogna riprendere il particolare del legno,
fresarlo e forarlo, inserirlo sul codolo e aggiungere i chiodi e poi rifinire tutto il manico, con lo
stampaggio del manico in plastica si mette solo la lama nella macchina, si stampa il manico e si
ha il prodotto finito”19.
19
Intervista M.Fraraccio.
14
La lavorazione delle componenti
Fasi intermedie e interne all’azienda, necessarie però per la realizzazione del prodotto finito, per i
coltelli a lama mobile, sono la foratura della lama e lo stampaggio di molle e testine che dovranno
permettere rispettivamente la mobilità della lama e il collegamento e la tenuta della base delle due
facce della lama con la parte iniziale del manico del coltello. Successivamente vi è la saldatura di
testine e piastrine che si fa internamente all’azienda e la loro sfaccettatura, che consiste nella
rigatura delle stesse, nella creazione dello spigolo, e poi si procede alla smerigliatura o lucidatura
(se le testine sono di ottone).
Il montaggio e l’affilatura
Vi è poi la fase del montaggio manuale; ovvero la levigatura del tacco, della lama e la lucidatura e
l’affilatura della lama, fasi interne all’azienda.
La distribuzione del lavoro
Nella descrizione delle fasi precedenti si è indicato quali di esse si realizzano internamente e quali
esternamente. La produzione dei coltelli vede una prevalenza di lavoro interno (dalla produzione
della lama a quella del manico) e colpisce che la manodopera, di età media elevata, assolva a più
fasi. Almeno in quella parte di imprese nelle quali ci è stato consentito di visionare il processo
produttivo, si è notato che la padronanza dei lavoratori nelle singole fasi produttive è totale, quasi
come se gli addetti avessero in qualche modo cominciato a lavorare prima dell’introduzione delle
stesse, e si fossero avvantaggiati, nel corso della loro vita, di una serie di macchine e di processi
produttivi semiautomatizzati senza perdere la loro manualità. Ciò è sicuramente vero per il gruppo
di lavoratori sessantenni presenti nelle aziende e per coloro che riparano e modificano i
macchinari, non lo è forse per il gruppo più giovane, i quarantenni. In ogni caso, la rotazione nelle
posizioni e la velocità di esecuzione mostrano un saper fare di spiccata qualità.
Cosa si fa all’esterno di Frosolone
Le fasi che il sistema produttivo esternalizza sono relative alla lavorazione iniziale della materia
prima e del semilavorato. La produzione di stampi è affidata a imprese esterne all’area e
complementari di fase, che, cioè, svolgono una parte del processo produttivo che non appartiene
esclusivamente a quel prodotto. Le aziende, quindi, si rivolgono sia a imprese cinesi, che
producono e riproducono stampi (e probabilmente per qualche prodotto ricorrono pure a modelli
cinesi) o a stamperie del nord Italia, delle Marche o del vicino Lazio.
Le aziende in molti casi, invece, internalizzano le fasi di riparazione dei beni strumentali, un po’
per adattarli alle loro specifiche esigenze, un po’ per eliminare alcuni difetti di costruzione.
La realizzazione dei macchinari è esterna al sistema così come la produzione di semilavorati in
corno di bue e la produzione delle lame di acciaio. Le aziende, infine, acquisiscono dall’esterno
dell’area semilavorati (manici in plastica) mentre si riforniscono localmente di piccole parti
accessorie (viti ecc.).
2.2 Il processo di produzione delle forbici
La lavorazione delle forbici non segue lo stesso percorso produttivo dei coltelli.
Innanzitutto le aziende non dispongono di modelli, che sono invece standard. Acquistano
direttamente i prodotti stampati. Il semilavorato “è un pezzo di acciaio stampato che già ha la
forma dei due pezzi delle lame che compongono la forbice. Le stamperie che sono al nord
15
passano pezzi di acciaio con una certa forma che vengono stampati e riscaldati nel forno uno alla
volta e vengono stampati con una tranciatrice grossa; questo semilavorato ci viene inviato”20.
Il semilavorato, di forma triangolare, ha impressa al suo interno la sagoma della forbice. La fase
successiva consiste nel prelevamento della stessa, con una pinza, ritagliandone la parte esterna ed
estraendo l’anello. Il prodotto deriva da stamperie del nord Italia, mentre sembra che non arrivi da
paesi extracomunitari, se non già come prodotto finito.
La fase successiva all’estrapolazione della forbice singola è quella della rifinitura attraverso delle
ruote che levigano le parti della stessa. Successivamente si procede con la fase del taglio: delle
macchine semiautomatiche vengono caricate manualmente e poi lavorano in automatico oppure in
semiautomatico. Più sono passate le forbici, più si ottiene un taglio di qualità. Le forbici sono poi
ulteriormente affilate e lucidate.
La fase successiva, del bagno in nichel, viene esternalizzata, attraverso l’invio delle merci ad
aziende specializzate del nord Italia.
“Dopodiché si accoppiano i due pezzi, le due lame vengono montate, vengono provate e data la
filatura finale, vengono rilucidate e infine confezionate”21.
La qualità del prodotto
La qualità delle forbici deriva dal numero di lavorazioni che si effettuano, sia sugli anelli che sui
gambi. Deriva poi dall’attenzione prestata nella curvatura delle stesse, che a sua volta dipende sia
dalla matrice, sia dalla capacità di saperle accoppiare, rifinire e limare.
Uno degli aspetti che individua la qualità è il taglio in punta: le forbici hanno due lame che si
devono incrociare, se l’incurvatura tra le due lame è fatta bene allora tagliano, altrimenti no.
Le forbici possono poi avere il manico in plastica che segue il processo produttivo del manico per
i coltelli.
Alcuni aspetti relativamente alla produzione delle forbici
Le imprese producono modelli che non riguardano la tradizione di Frosolone, sono forbici
dedicate ai più svariati usi. Per tali ragioni le imprese acquistano prodotti che hanno forme oramai
studiate e generalmente riconosciute per gli scopi che devono raggiungere. Si sono riscontrate
delle rare eccezioni come le forbici stilizzate, nella parte degli anelli, che in passato si
producevano a Frosolone. Ma sono produzioni eccezionali, è invece addirittura assente la
produzione delle forbici con la curvatura più accentuata che si producevano in passato nella
cittadina.
2.3 Rapporti fra le imprese del sistema locale
Le imprese hanno scarsissimi rapporti produttivi interni al sistema di Frosolone: le aziende,
oramai quelle poche presenti, si sono organizzate per contare autonomamente sulla singola
capacità produttiva e commerciale. Quattro di esse sono aziende che potremmo definire “leader”,
in quanto hanno sviluppato una propria rete di vendita, un proprio mercato, un proprio marchio,
così come dei rapporti specifici con fornitori e grossisti. Le altre aziende dell’area sono invece
distinguibili in produttrici in conto terzi (in un caso) e in microattività che non hanno sviluppato
20
Intervista G. Paolucci.
21
Intervista G.Paolucci.
16
una forte rete commerciale, né possiedono una grande capacità produttiva. Si tratta di lavorazioni
artigianali spesso collegate a punti vendita locali.
Le aziende, sebbene abbiano in comune un’identità produttiva locale derivata dall’origine storica
di queste lavorazioni, cooperano solo in casi eccezionali, come il trasporto comune dei prodotti da
sottoporre a nichelatura. Le aziende si servono in questo caso di un unico vettore che cadenza i
suoi viaggi verso il nord Italia in modo da essere sempre a pieno carico. Le ditte frosolonesi a loro
volta ottengono in tal modo un risparmio di costo pur mantenendo la propria individualità.
Solo in un caso, quello relativo alla produzione di forbici, le aziende, tranne la Paolucci, si
rivolgono ad una ditta, “Lupa”, che lavora in conto terzi le forbicine.
Ciò non vuole dire che le imprese non facciano parte di una comunità, tant’è vero che non solo le
diverse famiglie hanno in qualche modo intrecciato i loro percorsi lavorativi, se non altro per
origini storiche della produzione locale, ma anche perché le stesse fanno molta attenzione a
rispettare, pur non riuscendoci sempre, i reciproci mercati. Lo confermano gli sporadici tentativi
di imitazione dei prodotti, le similitudini che talvolta si riscontrano per alcuni di essi (importati o
meno), l’informazione che gli stessi richiedono sui prezzi praticati, le richieste sul “che dicono gli
altri” rispetto a specifiche proposte di commercializzazione.
2.4 Modalità e aree di commercializzazione
Intervistando gli imprenditori, così come i testimoni privilegiati dell’area di Frosolone, emerge
con chiarezza come l’insieme degli interlocutori interpreti i meccanismi e le dinamiche del
mercato sostanzialmente nello stesso modo e, di conseguenza, veda allo stesso modo le strategie
commerciali di fondo da adottare.
Da questo punto di vista, l’esperienza della ditta Paolucci è quella che più di tutte ha contribuito a
creare questa lettura, sia per quanto riguarda la scelta di posizionarsi su un mercato vasto piuttosto
che su nicchie specifiche, sia per quanto riguarda le strategie commerciali adottate, fondate
essenzialmente sull’ampliamento dell’offerta in catalogo, possibile grazie al ricorso a fornitori di
prodotti finiti.
Negli ultimi anni, alle tre ditte leader del settore (la Paolucci e le due Fraraccio) in grado di
accompagnare il prodotto fino al mercato finale se ne è aggiunta una quarta (la ditta De Luca), che
peraltro ha apportato al sistema competenze e modalità di intervento innovative (attenzione alla
maneggevolezza dei prodotti, al packaging, al marketing). Oggi, rispetto al mercato finale, quattro
imprese escono con marchi propri, una lavora in conto terzi per un’impresa locale in maniera
quasi esclusiva, due sono commerciali e non posseggono marchio, una è propriamente artigianale
e lavora su mercato di nicchia.
Complessivamente, il mercato di sbocco più importante sembra essere quello dell’Italia centro
meridionale, che assorbe più della metà delle vendite, e nel quale i produttori frosolonesi
mantengono posizioni di mercato rilevanti.
I rapporti con le aree commerciali del centro nord del paese sono piuttosto scarsi, soprattutto
perché la concorrenza lì è forte e il mercato è controllato dalla grande distribuzione.
Le strategie commerciali delle imprese leader di Frosolone tendono, da almeno vent’anni, da un
lato ad arrivare su un mercato finale vasto con un marchio proprio, e dall’altro a utilizzare canali
commerciali, per quanto possibile, propri e diversi da quelli controllati dai grossisti.
Per quanto riguarda il primo punto, tutte le ditte, se si esclude la Paolucci, pur lavorando
prevalentemente sulla commercializzazione, mantengono, in misure differenti, quote di attività
produttiva in conto terzi per imprese locali, del nord Italia e di Solingen, in Germania. Si tratta di
un atteggiamento prudente, dettato dalla convinzione che sia sostanzialmente impossibile per le
17
dimensioni delle imprese di Frosolone produrre e vendere con il proprio marchio. L’esperienza di
Paolucci, anche in questo caso, ha fatto scuola.
Per quanto riguarda il secondo punto, ridurre la quota di vendita ai grossisti ha sempre significato
per i produttori liberarsi del ricarico dell’intermediazione che, pur fortemente diminuito, ancora
oggi raggiunge un 30/35%: percorrere questa strada, nella situazione attuale, diventa per le
imprese un iter obbligato, anche perché la stessa rete di grossisti indipendenti si sta fortemente
riducendo e nelle regioni del nord è sostanzialmente sparita, sostituita dagli intermediari della
grande distribuzione.
Non tutti sembrano rendersi conto, comunque, che lavorare per la grande distribuzione significa
adeguare gli standard produttivi, investire in comunicazione, nel packaging, pagare degli spazi e
dei premi, tutte cose per le quali bisognerebbe possedere delle competenze che oggi localmente
non sono disponibili. Le difficoltà maggiori che gli imprenditori percepiscono del lavorare in un
mercato controllato dalla grande distribuzione, sembrano essere, per le imprese di Frosolone,
avere tutte le “carte in regola”, rispettare date e tempi di consegna dei contratti e soprattutto
trovarsi a competere con le imprese dell’estremo oriente.
Le ditte hanno ognuna la propria rete di agenti plurimandatari, che però evitano di trattare i
cataloghi delle altre imprese di Frosolone.
Come si è detto, il raggio d’azione è prevalentemente l’area centro meridionale del paese e le
isole, ma da una decina di anni le imprese hanno cominciato a esportare, soprattutto in direzione
della Grecia, dove una è ormai stabilmente impiantata anche sulla grande distribuzione, e in
misura minore, nei paesi Balcanici, in Romania, in Ucraina. C’è un piccolo mercato anche in
America latina, tramite un grossista originario del paese che intermedia per il Venezuela.
Complessivamente, il mercato estero incide per circa il 10% sul fatturato dell’impresa più
internazionalizzata, e meno del 5% per le altre. Anche in questo caso, come nel caso dell’apertura
e della ricerca di nuovi mercati per le imprese più giovani, i marchi Paolucci e Fraraccio,
accreditano il territorio sul mercato e producono esternalità positive a favore degli altri produttori.
3. Il sistema imprenditoriale: una lettura dinamica
3.1 Il sistema locale: origine ed evoluzione
La lavorazione dei metalli nell’area di Frosolone è un’attività molto antica, di origine incerta e
probabilmente risalente all’età longobarda, ma che comincia a essere documentata solo a partire
dal basso medioevo22. In realtà, quella della lavorazione dei metalli è una tradizione diffusa, fino
al secolo scorso, in molti luoghi dell’Appennino centrale: le modificazioni nei mercati e nei
processi produttivi, insieme alla decadenza economica generale delle aree interne della penisola,
hanno portato quasi ovunque alla scomparsa delle attività artigianali e dei poli produttivi locali. A
oggi in tutta l’area appenninica, il solo centro produttivo con caratteristiche non più solo
artigianali ma anche industriali è proprio Frosolone.
Questo piccolo centro di 3500 abitanti, che fino all’inizio del novecento ne contava il doppio ed
era il secondo centro del Molise dopo Campobasso, rappresenta un caso molto originale di
concentrazione di attività produttive dinamiche legate alla tradizione dei ferri taglienti, ma non
solo. Nell’aree oggi esistono, tra le altre, imprese zootecniche di dimensioni ragguardevoli,
soprattutto in relazione alle aree circostanti; un’impresa di acque gassate e bibite di rilevanza
regionale; una impresa di strumenti di rilevazione sismica, che lavora in ambito nazionale. La
22
Cfr. L. Frangioni (1993) e il classico M. Colozza (1931).
18
stessa televisione locale Telemolise è di proprietà di una famiglia frosolonese, così come una ditta
di produzione di elementi prefabbricati in cemento armato.
Dall’insieme delle interviste fatte tra l’ottobre e dicembre 2006 ai fini di questa indagine agli
imprenditori e ai testimoni privilegiati, emerge la convinzione da parte di questi ultimi che
all’origine del successo delle imprese locali ci sia una tradizione imprenditoriale unica nel
panorama molisano che si affiancherebbe così alla tradizione artigianale locale23. Già nel
settecento, poche famiglie locali possedevano un patrimonio di bestiame che si avvicinava ai
40.000 capi, un quarto dei quali di proprietà di una sola famiglia, patrimonio che rappresentava
per i produttori di coltelli e forbici un mercato locale forse non ricco ma che contribuiva a
mantenere costante la domanda. Le stesse famiglie furono all’origine di un’iniziativa
imprenditoriale di rilievo, alla fine dell’ottocento, con la costruzione di una piccola centrale
idroelettrica sul vicino fiume Trigno che, oltre a fornire il paese di illuminazione pubblica, uno dei
primi nel regno dei Borboni e il secondo in Molise dopo Isernia, prima ancora di Campobasso,
alimentava le attività di un lanificio meccanizzato e di un pastificio con mulino elettrico, nonché
le prime macchine per la forgiatura e la molatura dell’acciaio24. Infine, un altro elemento che viene
addotto per motivare l’originalità del paese nel panorama molisano è la presenza, sin dalla metà
del settecento, di una scuola secondaria superiore ad accesso gratuito, caso unico nel Molise fino
all’unificazione nazionale, e che faceva del paese un polo di attrazione per i giovani dell’alto
Molise destinati al proseguo degli studi25.
L’evoluzione del sistema produttivo dei ferri taglienti conosce due fasi di svolta nell’evo
moderno, entrambe innescate da interventi di origine pubblica: il primo alla metà del settecento,
corrispondente a iniziative legislative dei governanti napoletani che, nel tentativo di favorire un
assetto industriale alla produzione di armamenti, promuovono la riorganizzazione delle fonderie
impiantandole in aree specializzate e in grandi opifici, quasi tutti nell’area del napoletano. A
Frosolone si attua una riconversione del sistema, fino ad allora orientato alla produzione di armi
per gli eserciti, agli oggetti di uso domestico e connessi alla pastorizia, quindi coltelli dalla lama a
scatto e forbici di vario genere. La produzione rimane dispersa fra un gran numero di botteghe
artigiane che raggiungono un alto livello qualitativo (alla metà del secolo XIX il coltello di
Frosolone raggiunge fama internazionale dopo la vincita di un prestigioso premio a una fiera
internazionale a Napoli), e si accentua una specializzazione fra produttori di forbici, e coltellinai.
Complessivamente le condizioni di vita degli artigiani rimangono misere. Il secondo è legato alla
cosiddetta legge Giolitti del 1908, che per motivi di ordine pubblico, limita la lunghezza delle
lame appuntite a 4 centimetri. Il provvedimento innesca una crisi gravissima nell’intero settore di
tutto il paese, alcuni centri di produzione rinomati come Scarperia, in Toscana, e Pattada in
Sardegna cesseranno quasi completamente le attività26.
23
Interviste Carrino, Fraraccio, Zampini
24
L’uso che gli artigiani facevano dei motori elettrici era limitato a poche botteghe, intanto perchè per l’uso delle
mole a elettricità aveva un costo orario che era non solo lontano dalle capacità di spesa dei più, ma presumibilmente
rappresentava una novità anche per Frosolone, dove al pari degli altri piccoli centri artigiani italiani nell’economia
interna lo scambio in natura era la moneta corrente, almeno fino alla metà del secolo scorso. Inoltre, il fatto che
ancora negli anni 50 la metà delle botteghe usavano solo le mole a pedale, al di là di ragioni economiche, mette in
evidenza quella resistenza degli artigiani a rinnovare la tecnologia e conseguentemente l’organizzazione del lavoro
per il timore che a soffrirne fosse la qualità del prodotto, tendenza già notata dagli studiosi delle aree produttive di
Scarperia e Pattada.
25
P. Di Iorio (1997). Intervista Carrino.
26
In realtà non si tratta di un singolo provvedimento legislativo, ma di una serie di interventi tra cui la Legge 319 del
2 luglio 1908 che equipara i “coltelli di qualsiasi forma e lunghezza” alle “armi propriamente dette”, e il Regio
Decreto 685 dell’8 novembre 1908 che stabiliva che la lama dei coltelli consentiti dalla legge non doveva superare i 4
centimetri. Chi andava in giro con una lama superiore ai 4 centimetri senza il porto d’armi rischiava l’arresto fino a
quattro mesi, estensibile ad otto.
19
Per Frosolone, comincia una fase di decadenza che dura fino agli anni del secondo dopoguerra:
l’emigrazione diventa di massa, e colpisce soprattutto il settore artigiano dei coltellinai. Delle
oltre 100 botteghe presenti in paese alla fine dell’ottocento, vent’anni dopo ne troviamo non più di
venti. I coltellinai in una prima fase si dirigono verso gli Stati Uniti, finendo il più delle volte a
lavorare nelle miniere dell’Ohio o in West Virginia, dove, in un’esplosione in miniera nel 1909
morirono almeno 360 persone di cui una trentina provenienti da Frosolone. In altri casi, le cose
andarono diversamente; è noto il caso della famiglia Miranda di Frosolone, che trasferitasi negli
USA creò la “Imperial Knife”, per molti anni primo produttore di coltelli da cucina degli USA,
oggi multinazionale del settore con stabilimenti in tre continenti. In paese i produttori rimasti
tentano la via della cooperazione, una prima volta tra le due guerre e in seguito alla seconda
guerra mondiale, mentre si accumula un ritardo tecnologico rispetto ai centri produttivi della
fascia alpina, Maniago e Premana, ed europei.
Infine, nel dopoguerra, la definitiva crisi del sistema tratturale e della pastorizia allontana i
mercati di sbocco dei prodotti, fino allora sostenuti da una domanda interna costante27.
Il problema di una committenza poco differenziata e limitata a pochissimi compratori grossisti,
che era stato uno degli storici motivi della miseria materiale dei produttori di lame taglienti di
Frosolone, diviene esplosivo. All’inizio degli anni cinquanta, due famiglie di commercianti del
vicino paese di Sant’Elena controllano da monopolisti più dell’ottanta per cento della produzione
frosolonese28, facendo i prezzi e scatenando una concorrenza a ribasso fra i produttori che
l’istituzione di una cooperativa immediatamente dopo la guerra (e che esisterà fino al 1988)
voleva evitare29.
A partire dal dopoguerra, una ripresa del movimento migratorio, questa volta verso le grandi città
del centro nord del paese, se da una parte sancisce la definitiva crisi del sistema di produzione
artigianale delle botteghe, dall’altra coincide in parte con l’inizio del lungo periodo di
emancipazione dai grossisti, di esplorazione dei mercati, di crescita delle capacità commerciali e
di nascita delle imprese che oggi sono le imprese-guida del sistema. L’esplorazione dei mercati,
soprattutto di Roma e Napoli, e la costruzione della rete di committenti e intermediari coincide
con una fase pionieristica, che diventa letteraria nei racconti degli imprenditori che l’hanno
vissuta. Viaggi in autobus che si trasformano nella memoria degli intervistati in vere e proprie
epopee nelle quali si scopre per la prima volta l’Italia, in spalla uno zaino pieno di forbici e
coltelli. Si imparano i trucchi per aggirare i dettaglianti e arrivare ai grossisti. E si ritorna, infine,
al paese con l’esperienza del mondo e il denaro in tasca30. Sono soprattutto i forbiciai quelli che
27
Interviste Carrino, Zampini.
28
Gli abitanti di Sant’Elena, a pochi chilometri da Frosolone, hanno per anni intermediato la produzione di Frosolone
soprattutto verso i mercati al dettaglio di Roma e Napoli. Negli anni dell’emigrazione post seconda guerra mondiale,
si specializzarono, dapprima come arrotini, poi come commercianti ambulanti di articoli per manicure e barbieri;
infine sono stati all’origine di una vasta rete di profumerie in queste due città, che oggi conta circa 200 esercizi, e
alcuni fra i grossisti di coltelli e forbici più importanti del centro sud.
29
A proposito del fallimento delle associazioni di produttori e delle cooperative, nello studio di Ardiccioni e Contini
su Scarperia si legge: “Invece le cooperative piovvero sempre (…) in momenti di crisi, e furono organizzate
soprattutto per la commercializzazione: contro i perfidi commercianti strozzini, la cooperativa si autoproponeva come
commerciante equo e imparziale, capace di stroncare nello stesso tempo lo sfruttamento dei mediatori e la spietata
concorrenza fra poveri che divideva i coltellinai. La conseguenza ultima era quella di scoraggiare la partecipazione e
non spingere i coltellinai a prendere iniziative autonome e imprenditoriali circa i problemi di commercializzazione.
Gli artigiani più intraprendenti usavano la loro intelligenza proprio per aggirare il monopolio della cooperativa, si
facevano dare gli elenchi dei clienti per contattarli direttamente, contribuendo così ad affossarla.” Da L. Ardiccioni e
G. Contini (1984).
30
Interviste Paolucci, Fraraccio, Carrino.
20
mostrano più intraprendenza, e che, una volta tornati, saranno i promotori dei processi di
modernizzazione nella produzione e nella riorganizzazione del sistema produttivo.
Da quel momento in poi, infatti, ci sembra di poter individuare tre fasi fondamentali
nell’evoluzione del sistema: la prima, conseguente al contatto coi mercati e il riorientamento
dell’offerta; la seconda, durante gli anni ’70, di riorganizzazione interna del sistema e delle
imprese; la terza, all’inizio degli anni ’90, di innovazione del prodotto e delle strategie
commerciali e del marketing.
La prima fase coincide con l’esplorazione del mercato, che spinge le imprese a riorganizzare la
produzione ma soprattutto, in un primo momento, a differenziare l’offerta: l’incontro con
l’esperienza di Maniago, spinge alcuni produttori a un cambio di strategia produttiva, da una
incentrata sulla riproduzione di modelli regionali di coltelli tradizionali in mercati di nicchia a
prezzi competitivi (magari con moderne tecniche riproduttive)31, a una indirizzata prevalentemente
a conquistare mercati più vasti e scarsamente connotata in senso tradizionale, con la ricerca di
partner nella grande distribuzione e con la costruzione di cataloghi molto ricchi (con varie
centinaia di modelli) che surclassano la capacità produttiva locale e che hanno spinto le imprese di
Frosolone, a costruirsi, in un primo momento, un sistema di subforniture locali, e, in tempi più
recenti, a comprare prodotti finiti nei paesi emergenti dell’estremo oriente.
A questo primo mutamento, ne segue un altro, negli anni settanta, che dispiega i suoi effetti
soprattutto nell’organizzazione interna del sistema produttivo di Frosolone e delle aziende, mentre
prosegue l’erosione del modello produttivo tradizionale incarnato dalla cooperativa: la famiglia
Paolucci sposta la sua attività produttiva in un capannone fuori dal paese: nascono tre nuove
imprese che cominciano a lavorare in conto terzi prevalentemente per la ditta Fraraccio32, che
esternalizza completamente la produzione di forbici; sono De Luca, “La Lupa”, della famiglia
Tasillo, e quella della famiglia Permanente, specializzata nella produzione di forbici piccole.
L’analisi dei destini divergenti di questi tre nuovi soggetti ci introduce all’ultima e definitiva
riorganizzazione del sistema locale, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, e ci
fornisce gli elementi utili alla comprensione delle dinamiche evolutive del sistema degli ultimi
vent’anni. Con il venir meno della committenza tradizionale dei Sant’Elenesi, infatti, la
cooperativa chiude, e viene rilevata dalla famiglia Fraraccio che già possiede le sue reti
commerciali, anche internazionali. Si ha una spinta forte in direzione di nuovi prodotti, si rinnova
il parco macchine e si diffonde la produzione di lame fisse, soprattutto coltelli da macelleria, su
semilavorati acquistati da produttori dell’estremo oriente, soprattutto in Pakistan, Cina, Taiwan.
Da queste stesse sedi si cominciano ad acquistare prodotti finiti che vengono commercializzati
con il marchio delle ditte locali, sempre con l’obiettivo di completare la gamma dell’offerta.
In paese, a oggi, la sola “Lupa” rimane come ditta di subfornitura dedita solo alla produzione, in
un rapporto quasi esclusivo con la Fraraccio, ed è forse quella che tra le realtà frosolonesi mostra
più segnali della sofferenza dovuta alla competizione diretta con i produttori dei paesi emergenti.
La ditta Permanente si è sciolta, ha cessato completamente l’attività produttiva, e in suo luogo
esistono due società individuali (ambedue Permanente) dedite alla commercializzazione. La terza,
la De Luca, è quella che ha saputo crearsi una rete di relazioni dirette con la clientela,
31
Si tratta di quella strategia produttiva che Antonio Sassu, nella sua analisi della coltelleria sarda (Sassu 2002),
attribuisce ai coltellinai di Scarperia che hanno sostituito la tradizionale domanda di coltelli proveniente dal mondo
agro-pastorale con segmenti di mercato del turismo e dell’hobby, in un certo senso diametralmente opposta alla
strategia produttiva delle imprese di Maniago. A Frosolone alcune imprese, in parte perché sostenute da politiche
pubbliche di promozione turistica e nel tentativo di “salvare la produzione locale”, continuano a mantenere in singoli
segmenti di prodotto una strategia di questo tipo, pur non rinunciando all’espansione commerciale.
32
La ditta Fraraccio introduce allora la lavorazione delle lame fisse e la produzione di coltelli da macelleria, d’uso
professionale e domestico.
21
emancipandosi dal mercato locale, riuscendo a proporsi sul mercato con un proprio marchio:
all’origine di questo successo, al di là di una disponibilità di capitale, sembrano aver giocato un
ruolo importante anche fattori, come una certa propensione a modernizzare il processo produttivo,
una spiccata capacità d’uso delle macchine33, un’attenzione nuova al prodotto finito e al
marketing, arrivando a promuovere la propria immagine attraverso la sponsorizzazione di squadre
sportive di livello nazionale. L’esperienza innovativa della ditta De Luca, che di fatto ha impresso
un’accelerazione a tutto il sistema, e la parallela crisi della azienda Permanente, mostrano come
l’estensione34 e la qualità dei legami familiari sia tuttora un fattore decisivo per il successo nel
sistema delle piccole imprese frosolonesi.
Anche il sistema pubblico ha tentato, durante gli anni novanta, di adeguarsi ai mutamenti con la
costruzione di politiche e servizi di supporto al sistema: vengono fondati un museo, lanciata una
fiera estiva e dato impulso alla edificazione di un’area industriale. Questi sforzi non sembrano
però fino ad oggi aver prodotto i benefici auspicati, anche perché si stenta a comprendere la natura
del cambiamento in atto: di fatto queste politiche, più che supportare la svolta produttiva,
sembrano, di fronte a un sistema che si internazionalizza, voler rimettere l’accento sul
radicamento nel territorio e sulla tradizione artigianale della produzione. La fiera, dopo pochi anni
di relativo successo, oggi è in crisi ed è fortemente invisa agli imprenditori locali. L’area
industriale non è ancora terminata, è mal segnalata ed è molto lontana dal paese. Fino a oggi una
sola impresa si è localizzata, mentre si attende il dislocamento di una delle imprese più grandi
attestata ancora negli angusti spazi della vecchia cooperativa.
3.2 Confronto con gli studi precedenti
Non sono molti gli studi di carattere storico, economico e sociale sull’ area di Frosolone, e nello
specifico, sull’attività tradizionale di produzione dei ferri taglienti. Nel 1983 esce un primo studio
monografico sull’area produttiva di Frosolone, a opera di Antonio Cittadella35, risultato purtroppo
irreperibile. Abbiamo però alcune e parziali informazioni indirette sul suo contenuto dalla
monografia di Lorenzo Zanni, della fine del 1993, che a oggi risulta essere lo studio più recente e
completo sull’area produttiva di Frosolone36. Se si escludono alcune tesi di laurea, questo lavoro
rappresenta l’unico precedente di studio al quale il gruppo di ricerca ha potuto fare riferimento; in
questo paragrafo verranno messi in evidenza, in termini generali, solo alcuni fattori di continuità e
di discontinuità che abbiamo rilevato rispetto al quadro tracciato da quell’indagine.
Nel lavoro di Zanni erano messe in evidenza luci ed ombre del sistema produttivo frosolonese al
1993. Tra gli elementi negativi, venivano denunciati i segni di un preoccupante indebolimento
complessivo del tessuto produttivo, che prendeva le forme di “progressiva riduzione del numero
di imprese operanti; il persistere di forme di concorrenza “distruttiva” tra imprenditori dell’area
(imitazione, guerra sui prezzi) che impediscono collaborazioni interaziendali estese a tutte le
imprese dell’area; la gerarchizzazione dei rapporti di fornitura a favore delle due imprese guida
(perdita di autonomia degli artigiani più piccoli, riduzione del numero di marchi); il persistere in
alcune realtà di problemi di successione imprenditoriale”37. Secondo l’autore, all’origine di questi
33
Intervista De Luca.
34
Alcuni interlocutori, interrogati sul successo della ditta De Luca, lo hanno attribuito proprio alla numerosità dei
componenti familiari. Interviste Carrino, De Luca, Tasillo.
35
A. Cittadella (1983).
36
L. Zanni (1993).
37
L. Zanni (1995).
22
fenomeni negativi vi era soprattutto la mancanza di politiche istituzionali a sostegno del
“sistema”.
Zanni segnala anche alcune discontinuità positive rispetto al passato: “una maggiore apertura
dell’area verso l’estero, prevalentemente realizzata dalle imprese guida che, tuttavia, non
evidenziano una significativa crescita dimensionale (anche per effetto di scissioni aziendali); una
maggiore sensibilità ai problemi della clientela e alle strategie di marketing (si affermano
elementari operazioni di segmentazione e posizionamento in nicchie di mercato di qualità); una
maggiore attenzione all’innovazione che tuttavia non assume natura radicale per la carente offerta
di servizi avanzati e di idonee iniziative regionali di supporto”38.
Relativamente ai dati generali e alle caratteristiche tecniche ed economiche delle imprese, al di là
dell’impossibilità a fare confronti puntuali per la difficoltà, peraltro enunciata dallo stesso Zanni,
di disporre di dati numerici attendibili, relativamente al numero dei produttori, del personale
impegnato, dei fatturati delle imprese (proprio per la natura fortemente informale e familiare del
sistema), c’è da notare che prosegue il trend di diminuzione del numero delle imprese: si passa
dalle 11 rilevate dal Cittadella nel 1983, alle 9 del 1993, alle sette del 2004. Altrettanto si può
presumere, da molti elementi, circa il numero degli addetti. Peraltro, il calo sembra in linea con le
dinamiche di contrazione e polarizzazione produttiva che nel corso degli ultimi vent’anni hanno
investito il settore in generale e i distretti produttivi delle lame taglienti in tutta Europa39. Le
informazioni raccolte sul fatturato delle imprese, per quanto incomplete, sembrano confermare
una tendenza alla crescita che negli ultimi dieci anni arriva a sfiorare il 10-15%, nel caso delle
imprese più grandi. A questo proposito, a fianco delle due imprese leader censite da Zanni, negli
ultimi anni ne è cresciuta una nuova che è già in grado di giocare un suo ruolo sul mercato finale,
e che ha introdotto significative innovazioni nel marketing e nel packaging.
Nel 1983, l’età media degli imprenditori era di 47 anni, nel 1993 era di esattamente dieci anni in
più: dall’indagine presente emerge che un cambio generazionale è avvenuto per una sola impresa,
mentre nelle maggiori i titolari sono ancora coloro che le hanno fondate. Naturalmente, rispetto a
dieci anni fa, il ricorso alla delega da parte dell’amministratore unico, generalmente in direzione
dei figli, è divenuto più frequente, nel tentativo di mantenere la struttura familiare dell’impresa e
un passaggio di consegne il più possibile non traumatico40.
Rispetto al quadro fornito da Zanni sulla struttura organizzativa delle imprese nel 1993, di cui
lamenta “l’eccessivo appiattimento dei network aziendali sulle reti di rapporti familiari-amicali”,
e ancora troppo fortemente accentrata e non formalizzata, oggi quest’ultima sembra essersi
evoluta in direzione di seppur flessibili forme di specializzazione degli spazi e delle mansioni e di
formalizzazione degli uffici. Inoltre, tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, segnala
Zanni, le imprese per la prima volta investono in macchinari, qualche volta nuovi e in altri casi
rilevati da imprese chiuse a Premana o Maniago; sono le macchine con cui ancora oggi lavorano e
che hanno permesso un’accelerazione della transizione dal sistema artigiano alla piccola industria.
Peraltro la nuova generazione che si appresta a prendere la guida delle imprese presenta
soprattutto competenze tecnico-amministrative e commerciali più che produttive, e, rispetto agli
attuali titolari, una maggiore consapevolezza dei problemi legati al marketing41.
Alcuni elementi di discontinuità rispetto al quadro tracciato da Zanni quasi quindici anni fa
permettono di tracciare con più chiarezza le linee evolutive abbozzate nel paragrafo precedente: si
38
Ibidem.
39
Cfr. a questo proposito R. Grandinetti (2000).
40
Intervista Paolucci.
41
Intervista De Luca.
23
assiste oggi a una, per quanto persistente, minore specializzazione produttiva delle imprese,
dovuta, sostanzialmente, al progressivo ridursi dell’incidenza della produzione ai fini del reddito;
a un’ulteriore riduzione dell’importanza del mercato degli intermediari grossisti e dei dettaglianti,
e di contro a un aumento di rapporti con la grande distribuzione; si rileva, infine, l’allungamento e
l’intensificarsi dei rapporti commerciali internazionali, nel 1993 limitati prevalentemente al
bacino del mediterraneo42 , oggi all’estremo oriente.
Infine, l’isolamento, lamentato da Zanni come fattore fortemente critico di sviluppo, dovuto
sostanzialmente alla scarsa cooperazione fra imprese locali e con le istituzioni, è stato
parzialmente rotto in questi anni dalle singole imprese con la costruzione di partnership di rete
lunga con altri produttori su scala nazionale e mondiale, e all’accesso a mercati nuovi, mentre
permane, di contro, una scarsa fiducia sia nelle forme dell’associazionismo locale che nell’azione
dell’operatore pubblico.
4. Conclusioni. I fabbisogni e le opportunità del sistema locale
Il sistema Frosolone si presenta come un sistema di modeste dimensioni che tuttavia esprime una
complessità crescente nel suo funzionamento sia interno ma soprattutto esterno. E’ una realtà che
si confronta a livello mondiale in un settore di nicchia come quello delle lame portando con sé
almeno tre elementi peculiari: l’accumulazione di un sapere locale di lunga data; la capacità di
leggere le fasi congiunturali del settore in cui opera in maniera sufficientemente rapida (sistema
dotato dunque di buona adattabilità); un forte orientamento alla propria clientela, cercata e
mantenuta anche con metodi poco sofisticati ma evidentemente efficaci.
Stabilite le coordinate principali del sistema, è dunque opportuno mettere ora in evidenza quelle
che sono le istanze degli imprenditori e le possibili risposte da parte del settore pubblico, al fine di
trovare il giusto incrocio tra politiche pubbliche e richieste private.
Dalle interviste realizzate emerge come le richieste dei titolari delle imprese facciano riferimento,
in larga parte, a un generale ‘miglioramento dell’infrastrutturazione pubblica’, espressione che
tradotta praticamente significa possibilità di utilizzo di connessione veloce ADSL (non ancora
presente in maniera diffusa) e sistemazione dell’area industriale, luogo di insediamento di una
delle imprese intervistate ma verso il quale altre si vorrebbero spostare, soprattutto a causa di c.d.
‘sofferenze localizzative’ (ad esempio: spazi per la produzione e il magazzino non più sufficienti).
In relazione alla situazione dell’area industriale, nata più di dieci anni fa, i problemi più rilevanti
sono connessi da un lato alla scarsa visibilità dell’area (ad esempio a causa della quasi completa
assenza di segnaletica stradale), dall’altro all’evidente stato di abbandono del sito, che mostra
appunto i segni della mancata conclusione dei lavori e della scarsa cura dell’ambiente circostante
le imprese. Dal punto di vista di chi scrive, un intervento di riassetto dell’area in questione
estenderebbe i benefici anche alle imprese non oggetto della presente indagine, attive in altri
settori e già insediate.
Un altro aspetto significativo messo in evidenza da alcune imprese, e che potrebbe vedere un utile
coinvolgimento/ruolo degli attori pubblici e delle istituzioni, è quello relativo alla partecipazione a
fiere di settore, attività non sempre agevole sia per gli elevati costi di partecipazione sia per il
poco tempo a disposizione degli stessi titolari impegnati nella gestione corrente della propria
azienda.
42
Nel lavoro di Zanni sono segnalate collaborazioni produttive con imprese spagnole, di cui oggi non abbiamo
riscontro, e i primi contatti commerciali con aziende di Taiwan, che si sono estesi e ispessiti nell’ultimo decennio con
altre di paesi come la Cina e il Pakistan.
24
Inoltre, scarso sembra il livello di attenzione nei confronti di forme di incentivo pubblico alla
produzione (per nuovi macchinari, nuovi impianti) o alla commercializzazione (incentivi
all’internazionalizzazione). In questo caso non è chiaro quanto di questo scarso interesse sia
dovuto a una generale solidità delle aziende e a una buona liquidità (si ricorre dunque in maniera
significativa all’autofinanziamento) o piuttosto a una conoscenza non approfondita degli incentivi
e degli strumenti a disposizione o alla predisposizione all’utilizzo di capitale di rischio tramite le
banche.
Proprio riguardo agli istituti bancari presenti localmente, l’indagine non mette in evidenza
particolari criticità nei rapporti con questi ultimi che sembrano essere soddisfacenti: in un caso
viene anzi fatta notare l’utilità di alcuni servizi di base di supporto all’internazionalizzazione delle
imprese stesse.
L’attuale configurazione produttiva, come evidenziato nei capitoli precedenti, sembra precludere
la strada a forme collaborative per la costituzione di un marchio di prodotto o di consorzi di
promozione (verso i quali nessuno sembra essere particolarmente attratto). Alla luce delle
indicazioni/informazioni raccolte dall’indagine, ciò tuttavia non sembra rappresentare
necessariamente un punto di caduta del sistema. Le imprese dell’area sono evidentemente
consapevoli della situazione esistente e ciascuna sembra rivendicare una propria autonomia in
termini di strategia d’impresa, tenendo comunque ben in considerazione quelli che sono i ‘rapporti
di forza’ e facendo attenzione a non entrare in conflitto diretto tra loro nell’interesse di tutti. In
quest’ultimo caso, una forma di intesa tra imprese sembra esser presente.
L’analisi di altre realtà cui brevemente si è accennato nella parte iniziale dell’indagine, mette in
evidenza come solo nel caso di realtà distrettuali in senso stretto (vedi Maniago e Premana) sia
possibile (e utile) costruire strumenti di gestione alternativi a livello di marchio o a livello di
consorzio43. Come messo in evidenza dagli stessi imprenditori di Frosolone, il numero delle
imprese in un’area evidentemente conta, se si intende seguire la strada di forme consortili o di
tutela del prodotto.
Per concludere, il sistema di Frosolone sembra seguire una strada propria fatta di buona
intraprendenza da parte degli imprenditori locali, buone performance in termini di fatturato medio,
assenza di quelle forme di valorizzazione e promozione congiunta che caratterizzano i sistemi
produttivi più grandi.
Caratterizza, inoltre, Frosolone (forse di nuovo a causa delle sue ridotte dimensioni) la scarsa
attenzione riservata ad alcuni aspetti cruciali quali il ricambio generazionale, sia a livello
dirigenziale che di addetti alla produzione, e il mantenimento, nel tempo, del meccanismo di
trasferimento diretto (dal padre al figlio, dal mastro artigiano all’apprendista) delle competenze e
delle abilità artigiane che ha funzionato sino a oggi. Su quest’ultimo aspetto appare utile una
riflessione da parte delle stesse imprese e delle istituzioni. Si hanno, infatti, segnali di una certa
propensione, da parte delle nuove generazioni, a impegnarsi nella tenuta dei rapporti col mercato,
più che nel coltivare le competenze tecnico-produttive. Le dinamiche di medio periodo delle
risorse umane impiegate nel settore e, in particolare, degli artigiani più esperti, potrebbero
svilupparsi in una direzione poco favorevole alla riproduzione delle capacità artigiane. Su questo
terreno si potrebbero allora individuare gli spazi per possibili iniziative di formazione mirata, non
necessariamente da immaginare nella forma classica, e forse troppo impegnativa, del corso di
formazione (già tentato, senza convinzione, nel passato), ma nella modalità di un sostegno
43
Nell’ambito del distretto di Premana si è costituito un consorzio di circa 40 imprese del settore degli articoli da
taglio (Consorzio Premax). Nel caso del distretto del coltello di Maniago si sta procedendo alla costituzione di una
‘Agenzia per lo sviluppo del distretto industriale del coltello’, società consortile a capitale misto pubblico e privato
(per ulteriori informazioni si veda la Deliberazione del Consiglio della Provincia di Pordenone n.43 del 14/12/2006).
In entrambi i casi si tratta poi di sistemi fortemente orientati all’export.
25
all’apprendistato di giovani realmente motivati ad apprendere il mestiere, al fianco dei migliori
artigiani. In tal modo, a scopo di sostegno al sistema produttivo, il pubblico agirebbe in maniera
non invasiva, leggera e al tempo stesso puntuale, aiutando le imprese a non disperdere il
patrimonio di conoscenze specialistiche che hanno ricevuto dalla storia.
Resta, infine, per il pubblico, una ulteriore opportunità da cogliere: quella di valorizzare una
presenza produttiva che vanta una tradizione secolare, variamente intrecciata con le vicende
storiche e i tratti distintivi della cultura del territorio, a beneficio di coloro che, a Frosolone e nella
provincia di Isernia, operano nel settore dei servizi per l’ospitalità e il turismo. Questa azione non
sarebbe a sostegno dell’industria dei ferri taglienti, ma, viceversa, utilizzerebbe questa industria
per rafforzare l’identità locale e la sua capacità di attrazione. Su questo versante al museo già
esistente si potrebbero affiancare altre iniziative, per esempio dirette a rileggere l’industria dei
coltelli sullo sfondo del mondo pastorale, delle sue attività e incombenze tipiche, delle sue
necessità di lavoro e dei suoi strumenti.
26
Bibliografia
Ardiccioni, L. e Contini, G. (1984) Vivere di Coltelli. Per una storia dell’artigianato dei ferri
taglienti a Scarperia, CET, Firenze
Becattini, G., Bellandi, M., Dei Ottati, G., Sforzi, F. (a cura di) (2001), Il caleidoscopio dello
sviluppo locale. Trasformazioni economiche nell’Italia contemporanea, Rosenberg & Sellier.
Bellandi, M. et al. (2006), Cultura, distretti e quartieri culturali, in «Sviluppo Locale» n. 26
(2/2004-05)
Bersani, P. e Letta, E. (2004), Viaggio nell’economia italiana, Donzelli
Cittadella, A. (1983), Aspetti tecnico economici dell’industria di coltelleria molisana, in «Molise
Economico»
Colozza, M. (1931), Frosolone dalle origini all’eversione del feudalesimo, Agnone
Cuccia, T. e Santagata, W. (2002), Distretto culturale e gestione dei diritti di proprietà: la
ceramica di Caltagirone, Dipartimento di Economia – EBLA (International Centre for Research
on the Economics of Culture, Institutions and Creativity), Università di Torino, Working Paper n.
06.
Di Iorio, P. (1997), Atti della conferenza La vitalità di Frosolone, tenuta il 7 dicembre a
Frosolone.
Frangioni, L. (1993), I ferri taglienti in Molise nel 14° secolo, Dipartimento SEGeS, Università di
Campobasso.
Fraraccio, D. (1980), L’industria della coltelleria del Molise, Tesi di laurea, Università degli studi
di Napoli, Facoltà di Economia e commercio.
GAL Montagna Leader (2004), Ricerca sul Distretto del Coltello di Maniago.
Grandinetti, R. (2000), Il distretto maniaghese delle coltellerie, studio per il Comune di Maniago.
Istat (2001a), Censimento Popolazione - Fascicolo Provincia di Isernia, in www.istat.it.
Istat (2001b), Censimento Industria e Servizi - Fascicolo Provincia di Isernia, in www.istat.it.
Rispoli, M. (2002), Sviluppo dell’impresa e analisi strategica, Il Mulino, Bologna.
Sacco, P.L. e Pedrini, S. (2003), Il distretto culturale: mito o opportunità?, Dipartimento di
Economia – EBLA (International Centre for Research on the Economics of Culture, Institutions
and Creativity), Università di Torino, Working Paper n. 05.
Santagata, W. (2000), Distretti culturali, diritti di proprietà e crescita economica sostenibile, in
«Rassegna economica», n. 1-2.
Santagata, W. (2004), Cultural district and economic development, Dipartimento di Economia –
EBLA (International Centre for Research on the Economics of Culture, Institutions and
Creativity), Università di Torino, Working Paper n. 01.
Sassu, A. (2002), La dinamica economica di un sapere locale. La coltelleria di Sardegna, AM&D
Edizioni, Cagliari.
Unioncamere (2003), Atlante della competitività delle province – Sistema locale del lavoro di
Frosolone – Risultati economici, in www.unioncamere.it/atlante/
Zanni, L. (1993), Modelli imprenditoriali e processi di sviluppo aziendale nei distretti industriali:
il caso delle imprese produttrici di ferri taglienti di Frosolone, Dipartimento SEGS, Quaderni di
studi economici n. 4.
27
Zanni, L. (1995), Imprenditorialità e territorio. Evoluzione dei modelli imprenditoriali e delle
strategie di localizzazione delle imprese industriali, Dipartimento di Scienze Aziendali,
Università di Firenze, Serie Studi e Ricerche, CEDAM.
Zanni, L. (2000), Le prospettive di replicazione del modello distrettuale nel Mezzogiorno. Alcune
considerazioni alla luce delle esperienze di sviluppo imprenditoriale nella regione Molise, in
«Piccola Impresa» n. 2.
Sitografia
Siti di Frosolone:
www.coltelleriepaolucci.com
www.coltellipiscitelli.it
www.deluca-coltellerie.it
www.fraraccio.it
www.petrunticoltelli.com
Siti molisani:
www.mascione-knife.com
Siti di altre aree specializzate nelle lame
www.comune.maniago.pn.it
www.comune.premana.lc.it
www.comune.scarperia.fi.it
www.premax.it
Altri siti:
www.clubdeidistretti.it
www.ipi.it
www.istat.it
www.montagnaleader.org
www.unioncamere.it/atlante/
28