una nuova sfida per lo sviluppo

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una nuova sfida per lo sviluppo
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Reforming Banking and Finance: New Rules, Please
Contributo di Corrado Passera - CEO di Intesa Sanpaolo
Milano, 25 giugno 2010
Occorre porre fine all’incertezza regolamentare che grava da troppo tempo sul
sistema finanziario e bancario. Abbiamo urgente bisogno di alcune fondamentali
regole che la politica e le autorità di vigilanza debbono definire nella prospettiva
di una nuova governance globale. Occorre in particolare fornire chiarezza e
incentivi regolamentari a quelle categorie di banche che maggiormente possono
giocare un ruolo positivo nel rilancio della crescita e dell’occupazione
Le banche sono animali molto diversi tra di loro
“Le banche” come categoria omogenea non esistono. Vengono chiamate “banche” animali
in realtà molto diversi tra di loro. Le banche - come accade in tutti gli altri settori industriali
e dei servizi - si distinguono per comportamenti competitivi, per valori e obiettivi aziendali,
per modelli di business, per le regole che seguono o che non seguono, per livello di
diversificazione e la dimensione globale. Alcune di esse non dovrebbero neanche essere
chiamate banche, perché non appartengono alla stessa specie, il loro DNA non ha niente a
che fare con l’attività di intermediazione connessa all’erogazione del credito all’economia
reale, che invece caratterizza l'attività bancaria vera e propria. Parlare di banche come
categoria generale non ha dunque senso. Molti tipi di banche, di attività e diversi modelli di
business coesistono. Dovremmo almeno distinguere tra banche commerciali orientate
all’economia reale e banche focalizzate sulle attività di trading proprietario.
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Le diverse tipologie di “banche” condividono
responsabilità molto diverse
nell’innesco della crisi e presentano una diversa capacità di resistenza e di solidità
di fronte ad essa

Le
analisi
sull’impatto
della
crisi
devono
essere
incentrate
sulle
singole
sottocategorie di attività e di modelli bancari. Le diverse attività bancarie hanno
svolto ruoli molto diversi nel causare e alimentare la crisi finanziaria o, al
contrario, possono svolgere ruoli molto diversi nel favorire ed accompagnare
una crescita economica sostenibile come pure nel determinare
una sana e
corretta allocazione delle risorse finanziarie. Distribuire colpe e responsabilità della
crisi alla categoria indifferenziata della banche è un approccio che deve essere
evitato.

Molte banche sono state trasformate in società puramente finanziarie, focalizzate
sulle attività di trading proprietario ed esposte a rischi spesso incontrollati.
L’aumento delle attività di trading e di cartolarizzazione hanno portato a esasperare
l’attività di origination dei prestiti. L’erogazione del credito è stata estesa a clienti di
qualità inferiore e con minore affidabilità creditizia, allo scopo di potenziare l’attività
di origination e alimentare la distribuzione di crediti cartolarizzati sul mercato.
Questo “modello OTD” (originate to distribute) ha trasformato anche molte banche
commerciali in banche del trading, distorcendo la struttura degli incentivi interni e le
strategie
competitive
di
molte
banche.
Nell’ambito
di
tale
processo,
la
trasformazione delle scadenze e la capacità di erogazione del credito sono state
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portate agli estremi e sfruttate eccessivamente. I finanziamenti a breve termine e
livelli d’indebitamento insostenibili – spesso tenuti fuori bilancio attraverso di veicoli
ed espedienti contabili – hanno sostenuto questo tipo di intermediazione. Le banche
di trading si sono esposte a rischi di liquidità enormi e quando alla fine, la liquidità è
venuta meno, abbiamo quasi raggiunto il collasso finanziario globale.

Gli istituti e i modelli bancari che si sono rivelati “fragili”, mettendo a rischio miliardi
di denaro dei contribuenti in molte giurisdizioni, diventando una seria minaccia
sistemica per il sistema finanziario internazionale, facendo precipitare l’economia
globale nella recessione, sono quelli in cui i rapporti con la clientela sono stati
trattati come una pura merce finanziaria, che può essere facilmente impacchettata,
cartolarizzata e scambiata sul mercato, in cui gli impegni di credito a lungo termine
vengono finanziati a breve se non brevissimo termine, in cui le economie di scala
non possono essere ulteriormente sfruttate e, al contrario, generano rendimenti
decrescenti, o completamente negativi, a causa di modelli bancari estremamente
complessi. L’eccessiva tensione nello squilibrio tra le scadenze, la “defocalizzazione”
dalle necessità della clientela e la “finanziarizzazione”, le diseconomie di scala e di
scopo dovute alla crescente complessità definiscono le caratteristiche chiave della
tipologia di attività bancarie maggiormente responsabili dell’innesco della crisi
finanziaria.

Il sistema bancario ombra e un modo “innovativo” di fare banca hanno distorto il
campo competitivo, producendo una inefficiente allocazione delle risorse finanziarie
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Le banche del trading e i modelli OTD hanno reso meno marcato il confine tra il
settore bancario, fortemente regolamentato, e la parte non regolamentata del
sistema finanziario, hanno distorto lo scenario competitivo a scapito di modelli
bancari più sostenibili e solidi. Abbiamo rischiato di finire in una situazione
caratterizzata da una nuova legge di Gresham, secondo la quale il “trading” banking
cattivo avrebbe cacciato dal mercato l’attività bancaria buona, orientata all’economia
reale. Una situazione che avrebbe potuto provocare un forte indebolimento delle
attività di commercial banking e una non efficiente allocazione delle risorse
finanziarie. Una situazione che rischia di ripresentarsi anche oggi. In assenza di una
nuova architettura regolamentare in grado di fornire i giusti incentivi, lo sviluppo del
modello di banca commerciale orientato all’economia reale non è scontato.

Le istituzioni finanziarie e le banche maggiormente orientate alla clientela - quelle
che hanno sviluppato un rapporto stabile e duraturo con i clienti, quelle che hanno
adottato modelli di business fortemente incentrati sulle strategie creditizie legate al
finanziamento dell’economia reale, i cui ricavi sono generati prevalentemente dalla
raccolta di risparmio e dall'erogazione di prestiti a famiglie e a imprese di piccole,
medie e di grandi dimensioni - hanno certamente minori responsabilità nell’innesco
della crisi. I modelli bancari ben gestiti e orientati al credito si sono rivelati anche più
solidi di fronte alla crisi e, in uno scenario macroeconomico delicato, hanno
continuato a sostenere l'economia. Il credito ha continuato a fluire verso l’economia
reale, nonostante le pesanti flessioni registrate da tutte le principali grandezze che il
credito dovrebbe finanziare: investimenti, produzione, ordinativi, esportazioni.
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Il sistema bancario italiano è uno dei pochi usciti relativamente indenni dalla crisi,
grazie a un modello bancario solido, orientato all’economia reale e a un quadro
regolamentare e di vigilanza particolarmente efficace
Il sistema bancario italiano è uscito relativamente indenne dalla crisi, così come accaduto a
pochi altri sistemi, come per esempio quello canadese o australiano. In questi sistemi
bancari, l’attività di banca commerciale è predominante. In Italia, i due terzi degli attivi
bancari sono rappresentati da prestiti all’economia reale: una situazione che non trova
analogie nei sistemi bancari del resto del mondo. L’assetto regolamentare e l’architettura
dei sistemi di vigilanza italiani si sono rivelati particolarmente ben concepiti ed efficaci per
garantire stabilità e solidità all’interno del settore bancario: vale la pena sottolineare che in
Italia nessuna banca è stata salvata dal Governo e pochissimi istituti si sono dovuti
rivolgere agli azionisti per ottenere iniezioni di capitale privato.
Le regole e il sistema dei controlli sono elementi imprescindibili per un sistema
finanziario solido e ben funzionante. L’industria bancaria e le autorità di vigilanza
e regolamentazione devono cooperare per evitare il ripetersi di nuove crisi e per
mettere il sistema finanziario di nuovo in condizione di poter funzionare
efficacemente al servizio del rilancio di un sentiero di crescita sostenuto e
sostenibile
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La crisi ci sta spingendo a individuare, attraverso la collaborazione e la cooperazione
internazionale tra banche, governi e autorità di vigilanza, un nuovo insieme di regole e di
standard nei sistemi di supervisione e di controllo. Il nuovo scenario competitivo finanziario
ha bisogno di intelligenza politica, di una ridefinizione della rule of law, di un ambiente
caratterizzato da regole più rigorose, più chiare e applicate a livello internazionale in modo
più efficace. Il settore bancario, i governi e le autorità di vigilanza dovrebbero raggiungere
cooperare, nei rispettivi ambiti di azione e responsabilità, su obiettivi che sono comuni:
o
garantire la stabilità finanziaria, evitando il ripetersi di nuove crisi,
o
favorire il rilancio della crescita economica: tema questo particolarmente sentito in
Europa ma certamente anche negli Stati Uniti.
o
incentivare una redditività bancaria sostenibile, conservando l’attrattività del settore
bancario che deve poter continuare a raccogliere capitale e credito per assicurare lo
svolgimento dei suoi compiti,
Talune
specifiche
attività
finanziarie
si
sono
dimostrate
particolarmente
responsabili della crisi. In particolare le banche del trading hanno esasperato la
capacità di trasformazione delle scadenze del sistema bancario. L’attenzione dei
regulators e le nuove regole devono concentrarsi in modo particolare sulle cause
della crisi
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
E’ stato esasperato lo squilibrio fra le scadenze degli attivi e quelle sul
passivo:
- In molti sistemi bancari, il settore dei prestiti alle famiglie, costituito
prevalentemente da mutui ipotecari con scadenze a lungo termine di 20, 30 anni
e oltre, ha registrato una crescita fortissima.
- Con i sistemi di cartolarizzazione complessa, che hanno determinato un
ampliamento della gamma dei crediti che possono essere cartolarizzati, il numero
di titoli di credito si è ampliato, andando oltre la sfera dei titoli di stato e delle
obbligazioni societarie, estendendosi a titoli rappresentativi di prestiti al consumo
e di mutui ipotecari. Di conseguenza, si è potuto ampliare ed estendere
ulteriormente la capacità di erogazione di credito al consumo e per l’acquisto di
immobili.
- Complessi schemi di cartolarizzazione, modelli di business OTD e altre
innovazioni finanziarie, hanno prodotto una considerevole estensione della
capacità di trasformazione delle scadenze, attraverso l'assunzione di posizioni
fuori bilancio, tramite veicoli di investimento strutturati, che hanno rappresentato
importanti acquirenti di titoli strutturati su crediti a lungo termine, ma che si
finanziavano a breve termine sul mercato della carta commerciale.
-
I crediti cartolarizzati sono stati spesso riacquistati dalle banche e tenuti nei
portafogli di trading o in quelli “disponibili per la vendita”: gli schemi di
cartolarizzazione hanno consentito di spostare e trasformare importanti impegni
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di credito illiquidi detenuti nei banking book in titoli prontamente negoziabili
detenuti nei trading book. I minori requisiti di capitale relativi agli attivi detenuti
nei trading book hanno rappresentato un ulteriore incentivo regolamentare mal
concepito per l’adozione, da parte delle banche commerciali di modelli di
business OTD.

L’espansione della trasformazione delle scadenze è stata alimentata anche dal
presupposto
–
quasi
ideologico
-
di
mercati
costantemente
liquidi,
perfettamente funzionanti e capaci di esprimere prezzi significativi
- L’espansione della trasformazione delle scadenze è stata alimentata anche dalla
liquidità
fornita
dal
mercato
ai
titoli
di credito in
esso negoziabili. La
cartolarizzazione ha consentito di trasformare attività a lungo termine e illiquide
- normalmente mutui ipotecari e prestiti alla clientela - in titoli negoziabili
scambiati su mercati molto liquidi.
- L’intensa attività di negoziazione di questi titoli sembrava consentire agli
investitori di disporre della liquidità di cui avevano bisogno. Si pensava che
questi titoli potessero essere negoziati costantemente e senza alcun problema su
mercati sempre perfettamente funzionanti e sempre capaci di esprimere prezzi
significativi. Gli investitori “buy & hold” a lungo termine potevano detenere un
titolo di credito a lungo termine fino alla scadenza, con la garanzia di poterlo
vendere e ottenere strumenti di pagamento generalmente accettati con un breve
preavviso, se necessario.
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
Vi era una eccessiva fiducia riposta nelle garanzie di protezione del credito – non
adeguatamente collateralizzate - offerte dai derivati del credito
- I derivati svolgono un ruolo fondamentale nei sistemi finanziari moderni. I
mercati dei derivati del credito hanno dimostrato di funzionare piuttosto bene
come mercati d'informazione, segnalando che una crisi era in atto fin dall'agosto
2007; tuttavia, le flessioni anticipatorie nel mercato delle credit default
obbligation (CDO) sono state largamente ignorate.
- Il problema è che i derivati di protezione del credito sono stati raramente
utilizzati come forme di “assicurazione”, né sono stati concepiti e regolamentati
come prodotti assicurativi, cosa che avrebbe reso necessario l’approntamento, da
parte dei venditori dei CDO – ovvero di coloro che si supponeva avrebbero
fornito garanzie e protezione contro eventuali default - di adeguate garanzie
collaterali e di politiche di accantonamenti a riserva. AIG ad esempio ha operato
come market maker e non come compagnia assicurativa.

Il crescente divario tra impegni di credito e raccolta di risparmio è stato colmato da
un aumento della leva, che è stata aumentata in tutti i modi possibili:
-
tramite il ricorso massiccio al wholesale funding – spesso a breve termine e
addirittura overnight – sul mercato interbancario (Northern Rock è l’esempio più
paradigmatico). Il passivo dei bilanci di molte banche era dominato non dai
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rapporti di deposito con la clientela (famiglie e aziende), ma da una rete
complessa di titoli di credito e obbligazioni interne al sistema finanziario: per lo
più depositi e prestiti interbancari e pronti contro termine;
-
tramite l’utilizzo di veicoli e conduit fuori bilancio fortemente indebitati, per lo più
finanziati o sponsorizzati dallo stesso sistema bancario;
-
attraverso l’impiego di scappatoie normative e contabili e l'arbitraggio effettuato
trasferendo gli asset dai banking book ai trading book per contenere il capitale
regolamentare e le riserve;
-
tramite una permissiva applicazione delle regole e degli standard relativi
all'erogazione dei mutui ipotecari e dei prestiti al consumo (nessun limite al Loan
to Value, “acconti” contenuti, rinvio del piano di ammortamento del prestito).

Di conseguenza, l’eccessivo sfruttamento della trasformazione delle scadenze ha
esposto
le
banche
a
forti
rischi
di
liquidità,
con
cuscinetti
di
capitale/riserve/garanzie molto limitati
-
Correre forti rischi di liquidità è stato improvvisamente considerato da analisti,
investitori e media come un modo innovativo di fare banca.
-
La possibilità di accedere al credito a tassi d'interesse molto bassi, grazie a un
periodo di allentamento della politica monetaria senza precedenti, protrattosi dal
2001, ha spinto il sistema verso un indebitamento sempre più elevato, che si è
rivelato il principale elemento di sostegno della redditività delle banche e che ha
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spinto la competizione a livelli ancora più estremi, in un ciclo che si
autoalimentava.

Alla fine, si è verificata una “corsa all’incasso”, con un conseguente esaurimento
della liquidità
-
Non si è trattato della tradizionale “corsa agli sportelli”, nella quale i clienti si
recano presso la propria banca per ottenere il rimborso dei depositi, anche se
abbiamo assistito a qualcosa del genere nel caso della Northern Rock nel Regno
Unito.
-
Questa volta, si è trattato di una fuga del mercato dagli Asset Backed Securities,
in cui tutti hanno cercato di uscire dai propri investimenti nello stesso tempo.
Poi, è diventata una corsa alle richieste di rimborso sui veicoli del sistema
bancario ombra. Gli oggetti più colpiti sono stati i conduit e i veicoli
d’investimento che raccolgono fondi sul mercato dei pronti contro termine e delle
obbligazioni commerciali, dove gli investitori hanno cominciato a richiamare le
linee di credito e ad applicare maggiori haircut sui pronti contro termine. Il
rimborso
dei
debiti
a
breve
termine
è
divenuto
sempre
più
difficile.
Improvvisamente, la liquidità si è esaurita e coloro i quali credevano di disporre
di asset convertibili in denaro in tempi rapidi si sono trovati improvvisamente
intrappolati, con asset illiquidi e “tossici”.
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-
Molte banche sono state costrette a consolidare i veicoli fuori bilancio e ad
acquisire ingenti portafogli di titoli illiquidi di scarsa qualità creditizia. A questo
punto, la crisi del sistema bancario ombra si è propagata al sistema bancario
regolamentato. La qualità degli attivi bancari si è deteriorata e si è verificato un
“congelamento” nel mercato interbancario e in quello dei pronti contro termine,
dove le banche si sono dimostrate sempre più restie a concedersi reciprocamente
prestiti persino su scadenze overnight.
L’esperienza della crisi ci deve far ritornare in modo convinto ai fondamentali:
sono almeno 4 le aree prioritarie nelle quali vi è un urgente bisogno di interventi
regolamentari e di coordinamento internazionale
L’eliminazione dei meccanismi perversi che hanno contribuito fortemente alla crisi è il
nostro obiettivo prioritario e deve essere conseguito attraverso una serie di interventi
efficaci per assicurare:
1) Maggiore quantità e qualità del capitale
2) Limiti ben definiti sulla leva
3) Costituzione di solidi cuscinetti di liquidità
4) Regolamentazione del mercato dei derivati
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Queste 4 aree d’intervento regolamentare non sono certamente esaustive ma intervenire in
questi ambiti sarebbe un contributo già fondamentale.
1) I requisiti di capitale dovrebbero essere aumentati i modo ragionevole e la
qualità del patrimonio di vigilanza dovrebbe essere migliorata (anche se
quest’ultima non può essere considerata una delle principali cause della crisi)
2) L’introduzione di leverage ratio massimi, che tengano conto dei diversi
business
mix,
consentirebbe
di
evitare
indebitamenti
eccessivi
e
insostenibili
Con la necessaria gradualità:
o
sarebbe opportuno introdurre un leverage ratio massimo – calcolato come
rapporto tra patrimonio tangibile totale e attivo tangibile totale – che
potrebbe anche essere diverso per i diversi modelli di business bancario,
o
il leverage ratio dovrebbe tener conto in qualche modo delle posizioni lorde
complessive e dovrebbe considerare sia le esposizioni iscritte in bilancio sia
quelle fuori bilancio,
o
il leverage ratio massimo dovrebbe essere introdotto come misura volta ad
evitare un eccessivo indebitamento ed essere considerato come strumento
appartenente al 1° Pilastro, in mondo tale da rappresentare un secondo
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argine, complementare al primo costituito dai requisiti minimi di capitale
regolamentare,
o
accanto ai leverage ratio massimi, sarebbe opportuno introdurre anche ratio
massimi di Loan to Value e Loan to Income vincolanti, allo scopo di evitare in
futuro pratiche come quelle che sono successe, che hanno alimentato in
alcuni paesi un processo di eccessiva crescita dell’indebitamento delle
famiglie.
3) Si dovrebbe prestare maggiore attenzione alla liquidità, in una prospettiva
sia di breve sia di lungo periodo. La liquidità è il terreno di battaglia più
importante per le banche: la crisi ha confermato che le banche sono molto
più vulnerabili, in funzione non tanto dell'inadeguatezza dei cuscinetti di
patrimonio di vigilanza quanto piuttosto della carenza o della mancanza di
riserve di liquidità:
o
È necessario essere più rigorosi in quest’area e stabilire un liquidity coverage
ratio quantitativo (con un orizzonte temporale di x-settimane) basato sulla
qualità elevata, sugli asset facili da vendere, quali, ad esempio, i titoli di
Stato e gli attivi idonei delle banche centrali, per superare condizioni di forte
stress finanziario.
o
Inoltre, per quanto riguarda la strategia di finanziamento a medio e lungo
termine, le politiche devono essere più direttamente collegate al profilo di
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scadenza degli impegni di credito, per impedire alle banche di utilizzare in
modo eccessivo fondi a breve termine per sostenere le attività a lungo
termine. I prestiti interbancari dovrebbero essere considerati come fonte di
finanziamento temporanea e limitata e non come una fonte strutturale.
Sarebbe opportuno introdurre un Net Stable Funding ratio, nel caso fosse
definito in maniera corretta.
4) Bisognerebbe affrontare la questione dei derivati OTC (over the counter),
procedere a una progressiva standardizzazione dei prodotti e spostare
gradualmente le negoziazioni su piattaforme centralizzate (CCPs):
o
In qualche modo le attività fuori bilancio dovrebbero essere iscritte in bilancio
e i derivati dovrebbero essere contabilizzati in modo che la loro effettiva
entità ed esposizione al rischio possano essere facilmente comprensibili.
Dovremmo avviare un processo di progressiva standardizzazione dei contratti
derivati.
o
I
mercati
dei
derivati
OTC
dovrebbero
essere
soggetti
a
una
regolamentazione più efficace: in particolar modo attraverso il miglioramento
della liquidità degli scambi e il contenimento del rischio di controparte. È
fortemente auspicabile trasferire progressivamente le operazioni di clearing
dei derivati a Controparti Centrali (CCP) allo scopo di ridurre il rischio di
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controparte mediante requisiti di margine, obblighi di garanzie collaterali e
accantonamenti di riserve.
La nuova regolamentazione di Basilea III affronta i temi cruciali ma, se non
opportunamente messa a punto, potrebbe condurre a risultati controproducenti

Il nuovo insieme di requisiti regolamentari, attualmente al vaglio del Comitato di
Basilea, dovrà definire il corretto equilibrio tra la necessità impellente di contenere
l’assunzione di rischi eccessivi e la tentazione di taluni regolatori di imporre
eccessive restrizioni a tutte le tipologie di attività bancaria. Il sistema finanziario
dovrebbe essere riformato, e in particolar modo sarebbe opportuno risolvere in
maniera più decisa le questioni relative ad alcune attività di investment banking e di
trading (recentemente, il Comitato di Basilea ha annunciato il rinvio della data di
implementazione della nuova normativa sui trading book alla fine del 2011).

Tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto evitando il rischio di creare un sistema
bancario
eccessivamente
frenato,
fortemente
anticiclico,
con
funzioni
di
ammortizzatore degli shock e caratterizzato da eccessive restrizioni sulla gestione
del capitale e dei portafogli di attività, con il risultato di punire indiscriminatamente
l’intero settore bancario, indipendentemente dai modelli di business e dai profili di
rischio.

Le nuove regole di Basilea cercano di affrontare le aree cruciali di intervento
regolamentare quali, la liquidità, la qualità e la quantità del patrimonio di vigilanza,
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l’introduzione di un leverage ratio. Su questi temi sono stati individuati molti
interventi drastici (ad esempio maggiori e talora ingiustificate deduzioni dal capitale
di vigilanza, introduzione di cuscinetti di capitale di natura anti-ciclica, una intera
serie di requisiti di capitale aggiuntivi). Un approccio simile è stato applicato sul
tema della liquidità in cui sembra prevalere un atteggiamento eccessivamente
restrittivo sulla tipologia di strumenti finanziari considerati “erigibile” per la
costituzione di riserve di liquidità.

Non è ancora possibile dare un giudizio definitivo perché non è ancora stato indicato
il nuovo livello al quale si intende, per esempio, fissare i requisiti minimi di capitale
regolamentare. Certamente però l’effetto complessivo prodotto dall’accumulo di
tutte le varie proposte allo studio rischierebbe di creare notevoli svantaggi,
soprattutto per l'attività di commercial banking:
o
soffocando la capacità di erogazione del credito, riducendone l’offerta e/o
aumentandone il costo, penalizzando in tal modo l’attività economica globale
e rinviando la ripresa di una fase di crescita,
o
contraendo il ROE di settore e indebolendo l’attrattiva delle banche sul
mercato dei capitali proprio nel momento in cui si richiederebbero cospicui
nuovi apporti di capitale,
o
frenando ì’innovazione finanziaria utile e virtuosa.
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
C’è da sperare inoltre che il nuovo quadro normativo di Basilea venga implementato
gradualmente.
I
regolatori
dovrebbero
valutare
e
consentire
ad
esempio
l’applicazione di periodi di grandfathering sufficientemente estesi. Diversamente si
rischierebbe di fare della nuova regolamentazione prudenziale un canale di
propagazione pro-ciclico delle attuali debolezze nell’economia reale con il possibile
innesco di fenomeni di credit crunch dal lato dell’offerta, che almeno fino ad oggi,
sono stati evitati. In questo senso si è sempre espresso il Presidente del Financial
Stability Board, Mario Draghi.
Perché le nuove regole siamo efficaci è necessario tener conto di alcuni fattori
implementativi molto importanti

Anche nel settore finanziario un approccio “one size fits all” non funziona.
Regole, parametri, coefficienti, tipologie di controlli e di coperture non possono
essere le stesse per le banche dell’economia reale e per le banche del trading. Ciò
non significa necessariamente smontare le banche universali esistenti ma solo
regolare diversamente le diverse attività al loro interno. Si potrebbe tra l’altro
richiedere di ridurre – anche in modo drastico - l’attività di trading proprietario per
le banche commerciali se a queste ultime fossero riconosciuti degli opportuni
incentivi regolamentari.

Le nuove regole devono essere introdotte uniformemente in tutto il mondo
per assicurare il cosiddetto levelled playing field ed evitare distorsioni competitive e
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forme di arbitraggio regolamentare. È preoccupante notare che, mentre all'interno
dell’Unione europea sarà definito e approvato un nuovo quadro normativo,
completamente rivisto (Basilea III) entro la fine di quest’anno, negli USA le vecchie
regole previste da Basilea II sono ancora in attesa di una piena attuazione, mentre
nel Regno Unito è stata appena istituita una Commissione per valutare, entro
settembre 2011, la possibilità di ridimensionare i conglomerati finanziari, vietando le
attività di trading alle banche commerciali orientate alla raccolta del risparmio, una
possibilità attualmente esaminata anche del regolatore statunitense, tramite
l’introduzione della cosiddetta “regola di Volcker”. Questa divergenza all’interno di
approcci regolamentari caratterizzati da uno scarso coordinamento, sta minacciando
seriamente la creazione di un'architettura regolamentare omogenea a livello
internazionale, raccomandata dal Financial Stability Board e da tutti i G20.

Se
vogliamo
mercati
finanziari
efficaci
ed
efficienti
dobbiamo
convergere
rapidamente verso standard contabili uniformi: paradossalmente la distanza tra
Europa e Stati Uniti da questo punto di vista negli ultimi mesi è aumentata invece di
diminuire.

Le nuove regole possono giocare un ruolo fondamentale ma le regole portano a
pochi risultati se non sono accompagnate da controlli efficaci. Non esistono ratios
“magici” che ci tengano lontani da nuove crisi senza sistemi di supervisione
ancora più efficaci e coordinati di quanto abbiamo avuto negli ultimi anni. Anche
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da questo punto di vista possiamo dire che l’Italia è stata una delle non numerose
eccezioni positive.

Le poche ma fondamentali regole di cui abbiamo bisogno devono essere
chiare. Regole complesse rendono il compito degli organi di controllo e di
supervisione più difficile. Le regole devono poi essere comprensibili anche ad
un pubblico di non specialisti. Oggi soffriamo di gravi conseguenze causate dalle
difficoltà di comprensione tra i principali protagonisti del mercato: consumatori,
intermediari, regolatori, politici.

L’informazione al mercato gioca un ruolo chiave. L’opacità nella comunicazione di
bilancio sulle esposizioni di alcune banche nei confronti di talune tipologie di attività
continua ad innescare importanti problemi di liquidità sul mercato interbancario. La
pubblicazione degli stress test sui sistemi bancari europei è fortemente
auspicabile e sarebbe opportuno estendere tale esercizio ad una platea più ampia di
intermediari.
Parlando di regole non si può fare un cenno alle regole fiscali e alle proposte di
inasprimento fiscale sulle banche di cui si parla soprattutto in questi ultimi giorni con la
recente proposta avanzata congiuntamente da Regno Unito, Francia e Germania di una
imposta aggiuntiva sulle banche.
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L’imposizione indifferenziata e vincolante di nuove tasse sulle banche a livello
internazionale in tutti i paesi del G20 o in tutte le giurisdizioni europee sembra un
approccio poco condivisibile che occorre evitare:

Alcuni Stati sono dovuti intervenire con quantità enormi di risorse finanziarie per
salvare le proprie banche, altri invece non sono dovuti intervenire per nulla e, anzi
hanno continuato e raccogliere rilevanti tasse dalle banche. Eventuali nuove tasse
devono tener conto dei diversi impegni che i diversi stati hanno dovuto
sostenere nei rispettivi sistemi finanziari.

L’attuale regime di imposizione fiscale sulle banche nei diversi Paesi presenta
caratteristiche assai diverse e il tax rate nelle diverse giurisdizioni può variare
anche di 20 punti percentuali.
Se è auspicabile un progressivo allineamento della tassazione – elevando le tasse nei regimi
dove sono più basse, se non addirittura abbassandole in quelli dove sono troppo alte – non
appare per nulla ragionevole punire ex post in modo indiscriminato tutte le banche non
riconoscendo le rispettive e assai differenti performance durante la crisi.
Appare a questo punto del tutto ragionevole rivedere in molti Paesi (l’Italia è uno di
questi) il regime di tassazione sulle rendite finanziarie, dove permangono in più di un
caso livelli anormalmente bassi, perseguendo una logica di armonizzazione delle aliquote su
scala europea.
D’altra parte infine non sembrano poter essere del tutto condivisibili le reazioni così
negative all’ipotesi di introdurre un prelievo fiscale se pur minimo sulle transazioni
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finanziarie sul modello della Tobin tax a patto che esso sia minimo e si applichi su tutte le
transazioni ed erga omnes. Disegnata in tal modo questa misura non comporterebbe infatti
particolari distorsioni competitive, darebbe sicuramente un contributo positivo alle finanze
pubbliche e scoraggerebbe alcuni comportamenti speculativi estremi.
L’ipotesi della costituzione di un fondo di risoluzione globale per gestire future
crisi suscita abbastanza scetticismo:

Non evitiamo certo le crisi in futuro con i fondi di risoluzione ma con buone
regole e buoni controlli.

Sarebbe paradossale che la banche prudenti e ben gestite si dovessero fare
carico dei problemi originati dalle banche che dimostrano comportamenti
irresponsabili: si introdurrebbe un meccanismo di moral hazard sistemico di
proporzioni colossali.

Un fondo di risoluzione globale per essere credibile, utile ed efficace dovrebbe
raggiungere una dimensione talmente importante da rischiare di indebolire
fortemente il sistema ben prima di poterlo salvare.

Nell’attuale stato della regolazione e della supervisione, anche nel caso si
decidesse di procedere alla costituzione di tale fondo, appare molto arduo
immaginare di mettersi mai d’accordo su chi e come dovrebbe gestire tale fondo
(in quali casi il fondo dovrebbe intervenire, con quali priorità, con quali importi,
con quali trade-off, etc.),
e con quali implicazioni sulla gestione della banche
oggetto di intervento.
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Per queste ad altre ragioni la costituzione di tale fondo non sembra rappresentare un utile
passo in avanti per evitare l’insorgere di nuove crisi mentre appare molto opportuno che
tutti i paesi si organizzino per avere solidi fondi di garanzia sui depositi, con livelli
armonizzati a livello internazionale sulle soglie di garanzia.
Un tema forse prematuro ma che deve essere affrontato è quello che tutte le Autorità
chiariscano in anticipo quali sono le tipologie di intermediari finanziari che intendono
regolamentare e controllare e che tipo di ruolo intendono svolgere nei confronti di tali
intermediari anche nel caso di crisi e quali intermediari non rientrano invece in tale
“copertura”.
*
*
*
In sintesi: buone regole, per favore!

Regole con questi obiettivi:
o
Evitare l’insorgere di nuove crisi;
o
Incoraggiare i modelli di banca commerciale impegnati e focalizzati
nel sostegno dell’economia reale;
o
Incoraggiare la redditività sostenibile delle banche e non mettere a
rischio la loro capacità di ricorrere al mercato dei capitali.
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
Regole con queste priorità:
o
Adeguate quantità e qualità di capitale;
o
Limiti ben definiti sull’indebitamento (leverage);
o
Disponibilità di riserve di liquidità (limiti al mismatching delle
scadenze);
o
Progressiva standardizzazione e spostamento delle negoziazioni dei
derivati OTC sui mercati regolamentati.

Regole con queste caratteristiche:
o
Differenziare gli approcci almeno fra banche dell’economia reale e
banche del trading (senza spingere verso il “break up” ma applicando
regole
diverse
per
le
diverse
attività
all’interno
delle
banche
universali);
o
Le regole fondamentali devono essere semplici e chiare;
o
Deve essere raggiunto un accordo internazionale su tali regole per
ottenere un “levelled playing field” e per evitare distorsioni competitive;
o
Le regole devono essere applicate in modo graduale evitando di
intervenire in modo perversamente pro-ciclico.
È necessario definire le nuove regole nel più breve tempo possibile, perché la crisi
è iniziata quasi tre anni fa e ulteriori ritardi non farebbero che aumentare
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l’incertezza regolamentare, che oggi rappresenta uno dei principali fattori che
stanno impedendo la ripresa economica.
Occorre far presto perché in caso contrario ci troveremo a dover gestire la
prossima crisi prima ancora di aver chiuso quella attuale.
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