sbocciati - Provincia autonoma di Trento
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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Assessorato provinciale all’agricoltura foreste, turismo e promozione terratrentina www.trentinoagricoltura.net mar./apr. nov./dic. 2013 2012||nr. nr.25anno annoLVIII LVII Periodico di economia e tecnica per un’agricoltura moderna al servizio del consumatore e dell’ambiente SBOCCIATI primo piano Alpi, una nuova La difesa verde identità per futuro le terre alte d’Europa del ATTUALITÁ Così è cambiata in 10 anni l’agricoltura trentina ATTUALITÁ Il nuovo Consorzio di bonifica agricola prodotti Food TURISMO design, La conferenza belli e gustosi al Mart di Levico RICERCA I nuovi biocarburanti AROMATICHE Vizi e virtù del rosolaccio RICERCA Cinipide del castagno: 3 anni di lotta biologica cibo e salute I parassiti negli alimenti Dalle serre trentine i fiori che fanno primavera L’abete trentino donato dal Comune di Andalo alla città di Roma 02 [email protected] PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO AssessorAto provinciAle All’AgricolturA foreste, turismo e promozione terratrentina www.trentinoagricoltura.net La mente si può addestrare alla felicità. Questo non è un postulato filosofico o religioso. È un dato di fatto comprovato dalla scienza. Proprio perché tutti noi siamo esseri umani, siamo nati da una madre, tutti abbiamo dentro queste potenzialità. Dobbiamo imparare a coltivarle, per noi stessi e per gli altri. mar-apr 2013 | anno LVIII Periodico di economia e tecnica dell’agricoltura. Organo dell’Assessorato provinciale all’agricoltura, foreste, turismo e promozione mar./apr. nov./dic. 2013 2012||nr. nr.25anno annoLVIII LVII PRIMO PIANO Alpi, una nuova La difesa verde identità per futuro le terre alte d’Europa del ATTUALITÁ Così è cambiata in 10 anni l’agricoltura trentina ATTUALITÁ Il nuovo Consorzio di bonifica agricola PRODOTTI TURISMO Food design, La conferenza belli e gustosi al Mart di Levico RICERCA Tenzin Gyatso - XIV Dalai Lama Trento, 11 aprile 2013 Reg. Trib. Trento n. 41 del 29.8.1955 I nuovi biocarburanti AROMATICHE Vizi e virtù del rosolaccio RICERCA Cinipide del castagno: 3 anni di lotta biologica CIbO E SALUTE SBOCCIATI TERRA TRENTINA COMITATO DI DIREZIONE REDAZIONE, COLLABORATORI Direttore responsabile Giampaolo Pedrotti Coordinatore editoriale Corrado Zanetti Segreteria di redazione Marina Malcotti Redazione Piazza Dante, 15 38122 TRENTO Tel. 0461 494614 Fax 0461 494615 COMITATO DI DIREZIONE periodico di economia e tecnica per un’agricoltura moderna al servizio del consumatore e dell’ambiente I parassiti negli alimenti Dalle serre trentine i fiori che fanno primavera sommario Paolo Nicoletti Dipartimento Agricoltura, turismo, commercio e promozione - PAT Romano Masè Dipartimento Territorio, ambiente e foreste - PAT Paolo Manfrini Trentino Sviluppo SpA - Divisione Turismo e promozione l’abete trentino donato dal comune di Andalo alla città di roma PRIMO PIANO Ricerca, i “Grandi Progetti” in agricoltura 8 Trentino all’avanguardia nella difesa verde Alberto Giacomoni Agenzia provinciale per i pagamenti Mauro Fezzi Fondazione Edmund Mach ATTUALITà CENSIMENTO REDAZIONE Fabrizio Dagostin Edoardo Arnoldi Angela Menguzzato Giuliano Dorigatti Silvia Ceschini Aziende più grandi e professionalizzate PSR 2007-2013 Il Premio insediamento a 326 giovani VITIENOLOGIA HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Roberto Bertolini Carmelo Bruno Silvio Canestrini Lucia Facchinelli Sergio Ferrari Iris Fontanari Ilenia Garniga Adele Gerardi Claudio Groff Rosaria Lucchini Walter Nicoletti Marco Pontoni Davide Pozzo Stefano Tamanini Silvia Vernaccini Fondazione E. Mach CCIAA Trento Mart Foto in copertina di Romano Magrone FAUNA 12 Brand Dolomiti, questioni di feeling L’agricoltura del riscattto palestinese FRUTTICOLTURA La melicoltura carioca ambiente Noce, l’ora del Parco fluviale Orso, lupo, lince: ecco quanti sono e come vivono STORIA Il Seccatoio di Cavalese PRODOTTI I magnifici dieci Food design AGRITURISMO GRAFICA I 40 anni dell’agriturismo trentino STAMPA Macchine irroratrici: autorizzati i centri prova Chiuso in redazione il 10/5/2013 Copertura totale e fondi di solidarietà FITOSANITARI Studio Bi Quattro s.r.l. - Trento Tipografia Alcione - Trento DIFESA IMPRESE AGRICOLE Il quaderno di campagna informatico ORTICOLTURA Le suggestioni di Ortinparco firmato provincia 24 26 20 35 Floricoltura 54 Speciale RUBRICHE A come Agricoltura ALIMENTAZIONE, AMBIENTE Notizie fem ue Informa Notizie In breve, Prodotti, Enonews, Vicino e lontano, Scaffale AROMATICHE È il quinto settore dell’agricoltura trentina (Plv 37 milioni di euro) con 180 aziende attive, 600 addetti e un indotto di oltre mille persone. Penalizzate dalla ridotta capacità di spesa delle famiglie, dalla agguerrita concorrenza esterna e da carenze strutturali e organizzative, le floricolture trentine cercano il rilancio. Puntando sulla distintività e qualità dei fiori “di montagna” ma anche sul turismo. In attesa di una legge ad hoc. Prezzemolo Ricette contadine Selvatiche, le buone erbe degli antichi sapori 72 CIBO E SALUTE Pressione alta, ipertensione? Rimediamo con la dieta e meno sale I parassiti negli alimenti: cosa si muove in dispensa TECNICA, RICERCA, SPERIMENTAZIONE 44 FORMAZIONE Il pane a scuola Mele in grotta: via libera da melinda al “modello sotterraneo” Cinipide del castagno, risultati di 3 anni di lotta biologica 42 46 Assistenza tecnica per gli apicoltori Flavescenza dorata, un preoccupante aumento TECNICA FLASH 50 tt 02 | la ricerca verde PRIMOpiano primo PIANO mar-apr 2013 | anno LVIII Il presidente Alberto Pacher all’incontro informativo del 25 marzo “Ricerca, un elemento della nostra identità” S i scrive “ricerca”, ma a guardare bene vi ci si legge anche la parola “identità”. Sì, perché anni e anni di investimenti (quasi 372 milioni di euro stanziati per questa legislatura) e progetti hanno inevitabilmente determinato quella particolare configurazione sociale ed economica che ha portato molti, specie dall’esterno, a vedere nel Trentino una piccola Silicon Valley la cui attività produce effetti più o meno evidenti nella vita quotidiana di questo piccolo territorio alpino. L’incontro informativo sul sistema provinciale della ricerca e dell’innovazione del 25 marzo scorso, promosso dal presidente del Consi- glio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti, ha permesso di accendere una serie di riflettori per rendere visibili risultati e progetti di una serie di specializzazioni che indagano tanto i campi dell’agricoltura quanto quelli dell’ambiente, o della salute o della cultura. “Ormai - ha commentato il presidente della Provincia, Alberto Pacher - ricerca ed innovazione sono uno dei modi con cui esprimiamo la nostra identità. Uno degli scenari che affidiamo ai nostri giovani perché possano guardare al futuro globalizzante con maggiore ottimismo e fiducia”. Le pagine che seguono offrono un sintetico quadro dei più avanzati e significativi programmi di ricerca inseriti negli 8 cosiddetti “Grandi Progetti 2006”, sviluppati in questi anni, in particolare dalla Fondazione Edmund Mach, nei settori dell’agricoltura, dell’ambiente, della gestione delle risorse naturali, dell’alimentazione. “Ci siamo dati temi come la sostenibilità, la green economy, l’edilizia sostenibile, l’agricoltura, la riduzione dell’impatto della chimica nelle coltivazioni - ha spiegato Pacher - tematiche tutte legate, in ultima analisi, al nostro Pil provinciale. Il Pil non può infatti essere pensato solo in termini di realizzazione di un prodotto, ma è intrinsecamente connesso all’immagine che il Trentino riesce a dare di sé all’esterno, in termini di riconoscibilità, di un luogo che fa sperimentazione, tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII | primoPIANO la ricerca verde PRIMO piano Una ricercatrice della Fondazione Mach e sotto il Palazzo della Ricerca a San Michele all’Adige. In basso il presidente della Provincia autonoma di Trento Alberto Pacher e il Presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti all’incontro informativo sul sistema trentino della ricerca. Foto Archivio Iasma nel quale vengono conservati al meglio il territorio e la sua identità, la comunità, l’ambiente”. Pacher ha dedicato buona parte dell’intervento con il quale ha chiuso la conferenza informativa allo stretto legame che deve esserci tra ricerca e mondo produttivo, pur specificando che, nella valutazione dei progetti, bisogna prestare attenzione non solo all’immediata ricaduta, ma anche a tante altre dinamiche. I risultati non mancano, altri sono attesi in un prossimo futuro, in particolare dagli imprenditori agricoli per quanto riguarda la difesa delle colture dalle avversità. Risultati che derivano da un contesto favorevole alla ricerca direttamente collegato a un tessuto reattivo che, nella nostra provincia, si è costruito negli anni, con attenzione e impegno da parte degli attori privati e pubblici. Fondamentali sono però le collaborazioni fra i soggetti che in Trentino operano nel campo della ricerca. “Una visione di sistema, questa ha detto Pacher - che dovrà essere sempre più consolidata, non solo per adeguarci alla spending rewiev, ma anche perché si tratta di un ulteriore elemento di traino, di uno spunto per innescare imitazioni anche in altri campi”. | la ricerca verde PRIMOpiano primo PIANO tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII L’INTERVISTA / Roberto Viola, dirigente del Centro Ricerca e Innovazione della Fondazione Mach “Partire dalla conoscenza per fare scelte consapevoli” di Silvia Ceschini D ottor Roberto Viola, possiamo trovare un denominatore comune dei tre progetti Ace-Sap, Envirochange e Openloc, sotto il profilo delle ricadute pratiche per il territorio Trentino? Il denominatore comune è il paesaggio e il territorio trentino. Il progetto Ace-Sap si è occupato di aspetti che determinano la ricchezza biologica e la biodiversità sia per quanto riguarda la fauna che la flora; ha studiato l’ecologia in senso lato, utilizzando approcci scientifici avanzati e innovativi che sono stati ulteriormente rafforzati grazie alla collaborazione con l’Università di Davis in California. Envirochange si è occupato di “disegnare” scenari legati ai cambiamenti globali, in particolare climatici, soprattutto in relazione alle produzioni agricole; in altre parole ha studiato l’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura locale sviluppando modelli applicativi a sostegno degli operatori del settore. Il terzo progetto, Openloc, si è occupato di politiche pubbliche e sviluppo locale, prendendo in esame il caso di una valle trentina, la valle di Ledro, indagando le relazioni tra i beni naturali e le loro interazioni con la comunità locale. Tematiche e progetti questi che fanno del Trentino un territorio all’avanguardia sia a livello nazionale che internazionale, anche perché consentono di guardare avanti e ipotizzare scenari futuri che a loro volta informano e anticipano determinate scelte politiche. D’altronde l’attività e la mission stessa del Centro ricerca e innovazione è quella di contribuire alla crescita economica e al miglioramento della qualità della vita anche di questo territorio…. La ricerca, anche quella avanzata, oggi è uno strumento importante, essenziale per la società moderna che deve partire dalla conoscenza per poter fare scelte consapevoli. In questo contesto, il Centro ricerca e innovazione della Fondazione Mach rappresenta per il Trentino uno strumento importante di conoscenza del proprio territorio e dei settori di riferimento: agricoltura, alimentazione, ambiente. Conoscenza che viene divulgata e quindi resa pubblica attraverso la propria attività di diffusione e comunicazione scientitica. Ma la conoscenza genera anche innovazione tecnologica, consente sostenibilità economica e competitività. Fornisce strumenti per poter anticipare i cambiamenti e quindi supportare le scelte dei decisori. La finalità ultima è quindi il sostegno alla continua evoluzione in Trentino non solo di una economia ma anche di una società basata sulla conoscenza. Il Centro ricerca e innovazione è attivo con molti altri progetti e programmi nei tre settori di riferimento: agricoltura, ambiente e alimentazione. Quali sono le “dimensioni” di questa ricerca? La ricerca della Fondazione Mach si occupa a 360 gradi delle scienze della vita. I cinque dipartimenti attivi sono Dipartimento Agroecosistemi Sostenibili e Biorisorse, Dipartimento Biodiversità ed Ecologia Molecolare, Dipartimento Biologia Computazionale, Dipartimento Genomica e Biologia delle Piante da Frutto, Dipartimento Qualità Alimentare e Nutrizione. È un centro internazionale che produce molto dal punto di vista scientifico. Come indicato nell’ultimo report abbiamo prodotto negli ultimi due anni circa 350 pubblicazioni su riviste con impact factor, attivato 128 collaborazioni in Europa, 15 in America, 5 in Asia, 4 in Oceania, senza dimenticare una trentina di affiliazioni con importanti società scientifiche. Sotto il profilo formativo si segnalano 90 dottorandi provenienti da 24 paesi. Le fonti di finanziamento non sono solo quelle provinciali. A questo proposito qual è l’obiettivo del CRI? Tanto per dare qualche dato, abbiamo in corso 40 progetti finanziati da organismi internazionali pubblici e 4 progetti finanziati da organismi internazionali privati, 74 progetti finanziati da organismi nazionali pubblici e 22 da organismi nazionali privati. L’obiettivo del Centro è di arrivare entro il 2015 al 30 per cento di autofinanziamento. Oggi siamo riusciti ad arrivare vicino a quella percentuale: abbiamo raggiunto circa il 28 per cento. Questo dimostra che siamo competitivi e attraenti dal punto di vista degli investimenti, ma significa anche che i finanziamenti ottenuti tramite fondi integrativi espandono la nostra capacità di ricerca con un effetto di sviluppo per lo stesso territorio trentino. tt 02 mar-apr | primoPIANO la ricerca verde PRIMO piano 2013 | anno LVIII PROGETTO ACE-SAP Ecosistemi alpini e cambiamento ambientale: sensibilità e potenziale adattativo della biodiversità ACE-SAP è un progetto finanziato dalla Provincia autonoma di Trento per rafforzare la ricerca scientifica in settori di rilievo per il Trentino. Lo studio, coordinato dalla Fondazione Edmund Mach, ha visto la partecipazione del Museo Tridentino di Scienze Naturali e del Museo Civico di Rovereto, oltre che della prestigiosa Università di Davis (California). Lo scopo del progetto, che si è concluso di recente, è stato quello di provvedere una solida base di conoscenze per la gestione sostenibile e conservazione della diversità biologica naturale del Trentino grazie all’uso di metodiche all’avanguardia per il settore. Utilizzando l’ambiente naturale della regione come un laboratorio a cielo aperto, i ricercatori dei quattro Istituti hanno collaborato a valutare gli impatti diretti che il cambiamento o la perdita di biodiversità possono avere sulla popolazione trentina, ed in particolare sulla qualità dell’acqua e della trasmissione all’uomo di malattie presenti in animali selvatici. Gli stessi ricercatori si sono dedicati, inoltre, alla conservazione di specie sia di animali che di piante minacciate di estinzione, costituendo al tempo stesso un importante inventario degli attuali livelli della biodiversità naturale e del suo stato di “salute”. “Tra i risultati principali del progetto - spiega Claudio Varotto, coordinatore per la Fondazione Mach - si segnalano la scoperta di una insospettata biodiversità criptica ed il ritrovamento in Trentino di nuove specie endemiche di piante ed animali, l’identificazione delle principali vie per l’invasione di specie di piante non native della regione e l’elevata resistenza all’invasione degli ambienti alpini di alta quota, lo sviluppo di accurati modelli matematici in grado di prevedere con maggiore accuratezza la probabilità di trasmissione da zecche ad uomo di malattie quali la meningite o quella di fioriture di micro-alghe tossiche nei laghi trentini, e l’identificazione di un gruppo di geni che sembrano essere responsabili dell’adattamento delle conifere all’ambiente alpino e che quindi potrebbero aiutare ad attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle foreste del Trentino”. Politiche pubbliche e sviluppo locale in un contesto di cambiamento globale PROGETTO OPENLOC Il progetto OPENLOC “Politiche pubbliche e sviluppo locale in un contesto di cambiamento globale”, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento, ha scelto la Valle di Ledro come territorio dove svolgere uno studio interdisciplinare, comprendendo temi quale l’ambiente, l’ecologia, la partecipazione alla vita politica, il paesaggio, l’antropologia. Il progetto ha coinvolto diversi enti di elevato profilo scientifico (Università degli Studi di Trento, Università di Manchester nel Regno Unito, Museo delle Scienze di Trento, Università di Bologna) unitamente ad un gruppo di ricercatori del Centro Ricerca ed Innovazione della Fondazione Edmund Mach ed ha mirato alla definizione di una nuova architettura istituzionale e alla riflessione sul sistema economico italiano per aiutare i locali che devono affrontare le nuove dinamiche globali a formulare adeguate politiche pubbliche. Individuare linee di azione idonee a favorire una maggiore adesione delle comunità locali ai processi innovativi e forme di sviluppo sostenibile. Una valle alpina di ridotte dimensioni spaziali, caratterizzata da una ricca dotazione di capitale naturale e dalle forme di valorizzazione economica da essa derivanti, può utilmente rappresentare un valido ambito di studio per un’investigazione di tipo interdisciplinare. Il gruppo guidato da Alessandro Gretter si è focalizzato sull’uso delle risorse naturali. Sono state realizzate delle “mappe di valori”, parlando di luoghi considerati importanti, a maggior rischio, e scarsamente presi in considerazione. In particolare si sono indagate le relazioni tra i beni naturali di proprietà collettiva (foreste, pascoli, prati) e le loro interazioni con la comunità locale. I NUMERI DELLO STUDIO 01.10.2008: inizio di Openloc Territorio esaminato - Ledro 156 km2: Comune di Ledro 830.000: presenze a Ledro nel 2011 5.600: gli abitanti di Ledro 199: turisti per 105 mappe prodotte 84: residenti per 84 mappe 13: interviste approfondite a pastori, responsabili di malga e/o allevatori a tempo pieno 62: numero di esercizi di cartografia 105: persone coinvolte negli esercizi 15: pubblicazioni scientifiche o tecnico scientifiche 40: partecipazioni a convegni internazionali e nazionali 30.09.2012: chiusura progetto Per approfondimenti si può visitare il numero speciale di Comunitas Leudri http://www.spazioftp.it/ledro/comunitas/n18s.pdf Ed il sito ufficiale del progetto OPENLOC www.openloc.eu PROGETTO ENVIROCHANGE Cambiamento globale e gestione sostenibile dell’agricoltura in un ambiente montano ad elevata antropizzazione Foto Archivio Iasma Foto Archivio Iasma Il progetto ENVIROCHANGE, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento, ha visto partecipare tre istituzioni di ricerca trentine: la Fondazione Edmund Mach, la Fondazione Bruno Kessler e l’Università degli studi di Trento, unitamente a due prestigiosi centri di ricerca internazionali, il Politecnico Federale di Zurigo in Svizzera e il Volcani Centre in Israele. L’obiettivo del progetto, che si è concluso recentemente, era capire quale sarà l’entità del cambiamento climatico del suo possibile impatto sull’agricoltura trentina, ma soprattutto di fornire strumenti per contrastare l’effetto di questi cambiamenti. In particolare si è cercato di capire il livello di vulnerabilità al cambiamento climatico dell’ambiente agrario trentino, valutare le opzioni di adattamento, cioè che cosa si potrà concretamente fare per contrastare gli effetti del cambiamento che meglio si adatti alle condizioni socio-economiche del Trentino, e sviluppare metodi e strumenti per fare delle proiezioni nel futuro. Per eseguire le proiezioni nel futuro di queste complesse interazioni si è sviluppato un sistema Web-GIS che permette di visualizzare in modo dinamico nel tempo e nello spazio (mappe) il grado di rischio aggregato per ogni punto del territorio trentino. “I risultati del progetto - spiega la coordinatrice Ilaria Pertot - indicano che il clima nei prossimi decenni cambierà, ma non in modo drammatico, aumenterà la temperatura e cambierà la distribuzione delle precipitazioni nella stagione”. Anche se dal punto di vista della vita quotidiana questo non comporterà grossi cambiamenti, i sistemi biologici saranno influenzati in modo più importante. Infatti un aumento modesto di temperatura (0,5-1 gradi) potrebbe portare, a seconda delle malattie ed insetti ad infestazioni più o meno importanti. In parole semplici alcuni patogeni o parassiti non importanti oggi potrebbero divenirlo in futuro e viceversa. | la ricerca verde PRIMOpiano primo PIANO tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII difesa verde Trentino all’avanguardia Ilaria Pertot Fondazione Edmund Mach http://futureipm.eu/ Foto Archivio Iasma I l Trentino ha recentemente ospitato la conferenza internazionale “Future IPM in Europe” (Il futuro della difesa integrata in Europa) svoltasi dal 19 al 21 Marzo 2013 a Riva del Garda. L’evento è stato organizzato dalla Fondazione Edmund Mach (FEM) e dal Centro per la Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, nell’ambito del Progetto europeo ‘PURE - Innovative crop protection for sustainable agricolture’ a cui hanno aderito importanti organizzazioni come l’International Biocontrol Manufacturers’ Association (IBMA), International Organisation for Biological Control (IOBC), la Network of Excellence ENDURE, la Mediterranean Phytopathological Union e le maggiori società scientifiche di patologia ed entomologia italiane. La conferenza è stato il primo evento a livello internazionale che ha affrontato in modo globale il tema dell’uso razionale e sostenibile dei prodotti fitosanitari e si è caratterizzata come l’evento chiave del settore per il 2013. Gli argomenti trattati, gli ospiti invitati e i contenuti della Conferenza hanno attirato l’attenzione del mondo imprenditoriale e scientifico, ma anche politico, sociale, culturale e dei mezzi di informazione. La scelta della location dell’evento non è avvenuta a caso. Infatti la regione TrentinoAlto Adige rappresenta una delle aree più all’avanguardia in Europa in questo campo. Con l’ampia adozione della difesa integrata e di tecniche avanzate come la confusione sessuale, il Trentino-Alto Adige è stata una delle prime regioni al mondo a ridurre notevolmente l’utilizzo di prodotti fitosanitari di sintesi chimica nelle sue colture. La FEM con il suo impegno nella ricerca di bioagrofarmaci, metodi di confusione sessuale e selezione di varietà resistenti e la partecipazione a importanti progetti europei sulla ricerca di alternative ai prodotti di sintesi come PURE, CO-FREE ed INNOVA, è uno dei centri di ricerca europei maggiormente impegnati su questo fronte. Quasi 600 partecipanti provenienti dai principali paesi europei e da tutto il mondo si sono confrontati sugli strumenti tecnici ed innovativi che possano permettere il raggiungimento degli obiettivi della Direttiva EU 2009/128 per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. I dati sull’utilizzo di prodotti fitosanitari di sintesi chimica che arrivano dalle fonti ufficiali sono piuttosto confortanti e dicono che l’uso è in continua riduzione nel nostro paese. Secondo i dati FAO ad esempio dal 2007 al 2010 l’uso di insetticidi in Italia è calato del 20% e quello dei fungicidi del 14% grazie all’introduzione di tecniche di monitoraggio di patogeni e parassiti e la razionalizzazione dell’applicazione dei trattamenti. L’obiettivo futuro dell’Europa è aumentare questa tendenza proteggendo cittadini ed ambiente da ogni possibile rischio legato all’uso di molecole di sintesi. A tal fine, a recepimento della direttiva 2009/128 è stato emanato il Decreto legislativo 14 agosto 2012 , n. 150. Il decreto definisce le misure per un uso sostenibile dei pesticidi, meglio definiti in Italia con il termine ‘prodotti fitosanitari’ per ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità e promuovere l’applicazione della difesa integrata e di approcci alternativi o metodi non chimici. In particolare prevede la definizione di un Piano d’Azione Nazionale (PAN) che definisce gli obiettivi, le misure, le modalità e i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari e promuove lo sviluppo e l’introduzione della difesa integrata e di metodi di produzione o tecniche di difesa alternativi, mantenendo al contempo una produzione sostenibile ed elevati libelli di qualità. Lo strumento principale attraverso cui arrivare alla riduzione dell’uso dei pesticidi è l’adozione della difesa integrata. Su questo fronte il Trentino-Alto Adige è impegnato da decenni. Basti pensare che la prima commissione per le linee guida per la difesa integrata fu stabilita proprio in un simposio tenutosi a Bolzano nel 1974 (V IOBC sym- tt 02 mar-apr | primoPIANO la ricerca verdePRIMO piano 2013 | anno LVIII La conferenza internazionale di Riva del Garda sulla difesa integrata posium) e le prime linee guida operative vennero definite nel 1998 e 1989 rispettivamente a Bolzano e Trento. A quel tempo furono pionieristiche, ma anche vincenti, le scelte di monitorare le popolazioni di patogeni e parassiti ed applicare i trattamenti solo in caso di superamento delle soglie di danno e l’individuazione di prodotti fitosanitari con un minore effetto collaterale. Le prime prove con la confusione sessuale in campo risalgono al 1982 in Trentino e attualmente si può stimare in un 75% la superficie della regione coperta da confusione sessuale sulle colture principali (vite e melo). I primi progetti di ricerca sul controllo biologico furono finanziati all’Istituto agrario di S. Michele all’Adige già nel 1985-87 da parte della Provincia autonoma di Trento. La costituzione del Centro SafeCrop, integrato poi nella FEM, ha dato un ulteriore impulso alla ricerca sui prodotti alternativi e i sistemi di supporto alle decisioni che hanno portato recentemente al deposito di quattro brevetti da parte della FEM. Numerosi sono stati i temi affrontati al convegno di Riva del Garda: dalla normativa europea e nazionale a specifici casi di studio di applicazione della difesa integrata, dagli strumenti innovativi e di tecniche non chimiche di difesa delle colture alle nuove attrezzature di irrorazione. Patrizia Pitton della Commisione europea, DG SANCO, ha presentato lo stato dell’arte relativo alla strategia europea per l’uso sostenibile di prodotti fitosanitari e la promozione della difesa integrata. In particolare si è soffermata sulla regolamentazione 1107/2009 che riguarda l’inserimento sul mercato di prodotti per la protezione delle piante e la direttiva 2009/128. Ha presentato lo stato dei lavori in corso e i progressi a livello europeo, in particolare la prosecuzione sulla trasposizione e la realizzazione della direttiva 2009/128. Jan van de Zande del DLO Plant Research International di Wageningen in Olanda, ha affrontato il tema dell’ottimizzazione delle tecniche di trattamento al fine di ridurre l’impatto dei pesticidi. Infatti quando si applicano trattamenti, i prodotti vengono distribuiti per buona parte sull’obiettivo (pianta), ma una parte viene dispersa sul suolo sottostante la coltura e nell’ambiente circostante a causa della deriva. Van de Zande ha presentato la Drift Reducing Technology, dove viene posta particolare attenzione alla deriva nell’aria e i rischi che ne possono derivare per le persone potenzialmente esposte e per i residenti. Le prospettive future sono sempre più volte all’uso dei sensori per rilevare e quantificare ad esempio la localizzazione e la dimensione della vegetazione aerea per calibrare e indirizzare meglio il trattamento sulla pianta. Il prof. Matteo Lorito dell’Università degli studi di Napoli Federico II, ha affrontato la domanda: siamo pronti ad afferrare l’opportunità posta dalla direttiva per i prodotti fitosanitari a base naturale? L’utilizzo commerciale degli agenti di lotta biologica come ingredienti attivi di biopesticidi (ad esempio a base di Trichoderma) o formulazioni biofertilizzanti, sia come microrganismi vivi, sia come estratti o molecole bioattive, si è sviluppato piuttosto lentamente in Europa rispetto ad altre aree nel mondo. Finalmente la nuova direttiva europea cambierà questa situazione, riuscendo ad inserire prodotti realmente utili attraverso un canale preferenziale per guadagnare una più ampia fetta di mercato. Novità per la difesa potrebbero anche emergere dalle nuove tecniche per l’ottenimento di piante cis-geniche come alternativa ai fungicidi. Il prof. Cesare Gessler dello Swiss Federal Institute of Technology in Svizzera ha commentato a lungo sul potenziale che le biotecnologie possono portare con l’introduzione di resistenze alle malattie mediante nuove tecniche biotecnologiche che portano all’ottenimento di piante dove solo il genere di resistenza appartenente alla stessa specie viene inserito nella pianta, superando tutte le problematiche del trans-genico. Al momento una pianta cis-genica non è distinguibile da una pianta ottenuta mediante miglioramento tradizionale, ma manca una chiara normativa europea in merito al loro utilizzo commerciale. Campi sperimentali di piante di melo cis-genico resistente alla ticchiolatura sono presenti in Olanda e un impianto di nuove varietà cis-geniche resistenti sia al colpo di fuoco che alla ticchiolatura è previsto a breve in Svizzera. Il punto di vista dei coltivatori e l’implementazione in Trentino e Alto Adige è stato portato da Alessandro Dalpiaz in rappresentanza di Assomela. L’attenzione dei produttori del Trentino Alto Adige verso la sicurezza del prodotto e dell’ambiente è massima da almeno 25 anni. Nel corso di questo periodo i frutticoltori, in una logica forte di sistema con le Province autonome di Trento e Bolzano, assieme alla consulenza tecnica ed alla sperimentazione, hanno progressivamente cambiato e migliorato il loro modo di lavorare. I “disciplinari di auto controllo” hanno favorito l’eliminazione di sostanze attive particolarmente impattanti e rischiose, ma hanno anche introdotto limitazioni nell’impiego di alcuni prodotti. Oggi la scelta dei principi attivi impiegabili è prima di tutto migliorata per effetto del Reg. CE 1107/2009, che norma l’immissione dei fitosanitari sul mercato. I controlli riguardanti il rispetto dei Residui Massimi Ammessi, che danno indicazioni soddisfacenti sia in Italia che in Europa, in Trentino ed Alto Adige sono assolutamente tranquillizzanti. Nel percorso di miglioramento costante della propria attività i frutticoltori hanno deciso di controllare la qualità delle macchine per la distribuzione dei fitosanitari. In sostanza le disposizioni introdotte con la direttiva CE 128/2009, in via di definitiva implementazione nel Piano di Azione Nazionale, non hanno creato grandi problemi ai frutticoltori della regione Trentino Alto Adige, già attivi da molto tempo nei diversi campi di azione. tt 02 attualità | censimento ATTUALITà mar-apr 2013 | anno LVIII Foto Romano Magrone Così si è evoluta in dieci anni l’agricoltura trentina AZIENDE PIÙ GRANDI E PROFESSIONALIZZATE Corrado Zanetti 10 D a contadini a imprenditori agricoli: è questo il “salto” che segna l’evoluzione dell’agricoltura trentina negli ultimi dieci anni. Un passaggio che emerge chiaro dai dati definitivi del 6° Censimento generale dell’agricoltura, svoltosi nell’autunno del 2010, dati che offrono una lettura assai articolata del settore ma che, nel loro insieme, sono anche uno “specchio” delle politiche agricole promosse dalla Provincia negli ultimi dieci anni . Il Censimento 2010 è stato per altro condotto con una metodologia diversa rispetto alle precedenti rilevazioni statistiche (non sono state, ad esempio, considerate né le aziende agricole di piccolissime dimensioni né quelle esclusivamente forestali, così come l’attività hobbistica, che per il nostro territorio rappresenta comunque un importante strumento di preservazione del territorio stesso e mantenimento delle tradizioni) e ciò spiega innanzitutto la significativa riduzione che si registra nel numero delle aziende (- 42%) che da 28.307 passano a 16.446. Meno aziende agricole ma più grandi A fronte di ciò è stata rilevata una sostanziale tenuta della superficie agricola utilizzata (SAU), che passa da 146.730 a 137.219 ettari, con una diminuzione del 5%, sostanzialmente da riferire all’incremento della superficie boscata per effetto dell’abbandono da parte dell’attività agricola dei terreni caratterizzati da maggiori svantaggi nella coltivazione. La nostra provincia, infatti, con l’approvazione del nuovo PUP ha introdotto importanti strumenti di tutela e salvaguardia della superficie agricola, basti pensare all’invarianza delle superfici agricole di pregio. “La riduzione del numero di aziende rapportato alla tenuta della superficie agricola - fa notare l’assessore all’agricoltura Tiziano Mellarini - evidenzia un primo elemento di positività, ovvero l’aumento della dimensione media delle aziende agricole, frutto delle politiche di incentivazione e di infrastrutturazione del territorio che sono state condotte nel periodo di riferimento (20002010) e in particolare con l’ultimo Programma di Sviluppo Rurale”. La concentrazione dell’attività agricola, favorita dall’uscita dal settore delle microaziende, ha avvicinato insomma il Trentino alla struttura aziendale media europea. I dati statistici riportano una superficie media provinciale pari a 8,3 ettari contro i 5,2 del 2000 (+ 60,1%), considerando l’insieme delle aziende zootecniche e frutti-viticole. Il trend nei principali comparti agricoli In Trentino la vocazione produttiva fa riferimento a tre comparti: ► 1. la zootecnia (concentrata soprattutto nei territori più in quota. Una particolare nicchia è rappresentata dall’acquacoltura con l’ottenimento dell’IGP). ► 2. la viticoltura (in espansione verso le zone collinari per effetto dei cambiamenti climatici). ► 3. la frutticoltura, compreso il comparto dei piccoli frutti (in sostanziale tenuta in termini di superficie coltivata ma in aumento in termini di quantità prodotte e di fatturato e in previsione di futuro incremento). Frutticoltura, vite e seminativi Per quanto riguarda viticoltura e seminativi, il Censimento 2010 registra un aumento del- le superfici vitate (+15%) da 9.000 a 10.400 ettari a discapito dei seminativi (per lo più patate e mais), mentre la frutticoltura ha sostanzialmente mantenuto la propria superficie con 12.400 ettari. Le superfici a prato e pascolo registrano un decremento del 7% circa passando da 120.000 a 111.000 ettari. Come evidenziato sopra, a fronte di un incremento della professionalità e competitività delle aziende agricole, il numero delle aziende rispetto al precedente censimento ha registrato un decremento per tutti i comparti, con un -50% circa per la zootecnia e un -25% circa per la frutti-viticoltura. Zootecnia Nonostante il sostanziale dimezzamento del numero di aziende (2.389 contro le 4.848 censite nel 2000), si registra un leggero aumento del numero medio dei capi allevati: da 26 a 32 per i bovini, da 55 a 106 per gli ovini, da 16 a 47 per i suini. In Trentino le aziende con bovini sono ora 1.403 con un numero complessivo di 45.500 capi. Biologico Le produzioni biologiche raddoppiano rispetto al 2000 in termini di numero di aziende (da 180 a 418) e triplicano in termini di superficie (da 520 a 1.600 ettari). Occupazione L’incremento di competitività delle aziende agricole nella nostra provincia passa necessariamente anche attraverso una modifica degli aspetti occupazionali: le persone occupate prioritariamente nel settore agricolo sono circa 65.000 (un terzo sono donne), il 15% in meno rispetto a dieci anni fa, un tt 02 mar-apr | attualità censimento ATTUALITà 2013 | anno LVIII Foto Dino Panato calo che ha riguardato in particolare la manodopera familiare. È aumentato per contro il grado di occupazione del conduttore, che raggiunge mediamente le 124 giornate lavorate nell’annata agraria. Considerato che oltre il 50% dei conduttori nella nostra provincia è part-time il dato è molto significativo. Questo dato trova giustificazione nel percorso di incentivazione e sostegno verso la meccanizzazione delle operazioni colturali, che si è potuto attuare, come già evidenziato, anche grazie all’incremento dimensionale delle aziende. Formazione Un altro elemento di priorità che ha caratterizzato le politiche agricole (PSR e Legge 4/2003) è riferito alla formazione/crescita professionale degli addetti. I dati del censimento 2010 confermano i risultati e la validità di questa politica con un interessante incremento degli imprenditori agricoli in possesso di diploma di formazione superiore, con una crescita dei titoli di studio in ambito agrario. Territorio Il territorio trentino caratterizza la sua forza economica principalmente sui comparti turistico ed agricolo, due settori intrinsecamente legati che fanno del nostro territorio l’elemento caratterizzante e di forza. Le ultime due legislature hanno cercato di favorire e consolidare concretamente il legame tra i due comparti sviluppando azioni e strumenti di relazione attraverso attività di promozione, eventi e momenti di sinergia tra territorio, operatori e prodotti tipici. In particolare per quanto riguarda il settore agricolo sono inoltre state condotte specifiche attività di rilancio e ristrutturazione del settore agrituristico (agli inizi degli anni 2000 operavano in Trentino poco meno di 100 agriturismi, oggi se ne contano quasi 400 con strutture rinnovate e di elevata qualità dei servizi offerti), con la revisione della norma provinciale di riferimento nonché la recente unificazione delle Strade del vino e dei sapori quali strumenti di conoscenza e promozione del sistema trentino, caratterizzato da produzioni di qualità, ora rappresentate dal marchio territoriale “Qualità Trentino”. Foto Archivio Federazione allevatori di Trento Foto Marco Simonini L’assessore all’agricoltura Tiziano Mellarini “Confermata la validità delle politiche attuate” A ssessore Mellarini, come commenta i dati del Censimento? Sono dati che confermano la validità delle politiche attuate dal governo provinciale e ci dicono che gli investimenti condotti nelle ultime legislature hanno contribuito a rafforzare le aziende del comparto in termini di struttura produttiva e competitività sul mercato. Pur non evidenziato dal Censimento 2010, è bene sottolineare come la competitività del settore agricolo passa, nella nostra provincia, anche attraverso l’importante percorso di aggregazione dell’offerta condotto in generale attraverso il sistema cooperativo e in particolare per alcuni settori, vedi ad esempio le mele, attraverso lo strumento delle organizzazioni dei produttori e dei relativi programmi operativi. Come giudica la crescita del biologico? Anche questo fenomeno evidenzia la grande attenzione che l’Assessorato ha dedicato al settore delle produzioni biologiche e le priorità di accesso agli aiuti per le aziende che operano in questo settore. Non va pero sottaciuto il dato che vede il Trentino ai primi posti in italia e in Europa per produzioni agricole condotte con il metodo della produzione integrata, parimenti e giustamente considerato dall’Europa come metodo di produzione eco-compatibile, attento all’ambiente ed alla salute dei consumatori. La preoccupa il calo degli addetti? Il perdurare della gravità della crisi economica ci deve fare opportunamente riflettere per la definizione degli obiettivi prioritari nella nuova pro- grammazione agricola 2014-2020. In controtendenza rispetto ai dati occupazionali emersi dal Censimento, oggi assistiamo ad un grande ritorno dell’agricoltura e della ruralità in generale, grazie soprattutto ai tanti giovani e alle donne che si stanno avvicinando alle professioni verdi con una crescente professionalità e formazione, con un incremento della richiesta di superfici agricole abbandonate da parte di operatori espulsi dai settori produttivi diversi da quello agricolo. Una condizione, questa, che potrebbe garantire in futuro dei vantaggi socio-economici per il nostro territorio. Gli imprenditori agricoli sono però sempre più specializzati e istruiti. Anche in questo caso il grande impegno a sostegno delle attività di formazione e assistenza tecnica in particolare condotte con la collaborazione della Fondazione Mach, assieme ai cospicui aiuti riservati ai giovani che si sono insediati in agricoltura (11.340.000 euro erogati dal 2008 al 2011 sulla misura 112 del PSR di cui hanno beneficiato 326 giovani) confermano la validità delle scelte programmatiche proposte ed attuate. (c.z.) 11 tt 02 attualità | PSR 2007-2013 ATTUALITà 12 mar-apr 2013 | anno LVIII Il Premio Insediamento a 326 giovani agricoltori Ilenia Garniga Servizio Agricoltura PAT Chiuso al 30 aprile l’ultimo bando del PSR 2007-2013 sulla Misura 112: dal 2008 al 2011 sono stati erogati 11.340.000 euro. Entro fine maggio la graduatoria sul bando 2013. S i è chiuso il 30 aprile scorso il bando per la presentazione delle domande di contributo a sostegno dei giovani che si insediano in agricoltura. La Giunta provinciale con deliberazione n. 518 del 22 marzo 2013 ha infatti approvato, per l’ultimo anno di programmazione 2007-2013 del Piano di sviluppo rurale, i criteri e le modalità attuative previste dalla misura 112. Entro la fine di maggio il Servizio agricoltura predisporrà la graduatoria con l’ordine di priorità delle domande presentate e sarà data comunicazione scritta ad ogni singolo richiedente rispetto all’inizio del procedimento per la concessione del premio. Nessuna novità rispetto alle annualità precedenti in quanto i requisiti previsti per ricevere il sostegno sono sempre riferiti alla capacità professionale, al raggiungimento dell’iscrizione all’Archivio provinciale delle imprese agricole (Apia) con un numero di ore minimo, all’attuazione del piano aziendale e al mantenimento dell’impegno per dieci anni. Il sostegno è concesso a chi non ha mai av- viato un’attività agricola e su ciò fa fede o la data di apertura della partita Iva in campo agricolo, che può essere attivata al massimo quattro mesi prima di presentare la domanda per la concessione del sostegno, o la data di modifica dell’assetto societario nel caso di insediamento in una società già esistente. Per quanto riguarda invece la capacità professionale si intende acquisita nel momento in cui il giovane abbia frequentato con esito positivo il corso per ottenere il “Brevetto professionale di imprenditore agricolo” che si tiene annualmente all’Istituto agrario di S.Michele all’Adige presso la Fondazione Edmund Mach. Si prescinde dalla frequentazione del corso e quindi si ritiene che il giovane sia già in possesso della capacità professionale nel caso in cui sia già in possesso di un titolo di studio in materie agrarie o equipollenti (diploma, laurea o corsi equipollenti). Il piano aziendale invece contiene, oltre ad una descrizione del progetto di azienda che il giovane andrà a creare, una descrizione analitica delle attività che saranno svolte per tt 02 mar-apr | attualità PSR 2007-2013ATTUALITà 2013 | anno LVIII creare l’impresa e la previsione economicofinanziaria necessaria per raggiungere l’obbiettivo. Queste attività sono descritte sotto forma di cronoprogramma e possono riguardare il miglioramento ambientale, il miglioramento delle condizioni di igiene e di benessere degli animali, il risparmio energetico e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, la diversificazione in nuove attività connesse a quella agricola, l’aumento della capacità professionale tramite dei corsi in ambiti specifici connessi all’indirizzo aziendale che il giovane intraprende e il miglioramento delle condizioni di sicurezza. Il giovane deve raggiungere tutti i requisiti entro tre anni dalla data di concessione del sostegno e poi mantenere per almeno dieci anni dalla data dell’insediamento un numero minimo di 2080 ore e l’iscrizione in sezione prima all’Apia. Nel caso di divisione aziendale derivante da un’azienda agricola preesistente le ore dovranno essere 2500 da subito, sia per il giovane che crea la nuova azienda sia per l’azienda dalla quale è deri- vata la divisione. Il sostegno viene liquidato in un’unica soluzione e gli importi sono diversi sulla base dell’indirizzo aziendale scelto: 40.000 euro per le aziende zootecniche e 30.000 euro per le aziende ad altro indirizzo più 5.000 euro in caso di azienda ad indirizzo biologico o in conversione biologica. Nella programmazione del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 sono stati aperti i bandi per la presentazione delle domande negli anni 2008-2009-2010-2011 e 2013. Nella tabella sottostante sono evidenziati il numero di domande che hanno avuto la concessione e la liquidazione del sostegno e l’importo complessivo sostenuto per ogni bando. Osservando più nel dettaglio le domande presentate, si nota che la maggior parte dei giovani si sono insediati in ambito frutticolo con alcune diversificazioni, dove in aggiunta alla grossa fetta di attività di frutticoltura dell’azienda è stata affiancata la viticoltura, oppure la coltivazione di ortaggi e di piccoli frutti. In seconda posizione si trovano gli in- Anno Numero premi concessi Impegno complessivo (Euro) 2008 PSR 97 3.130.000 2009 PSR 61 2.160.000 2010 PSR 66 2.550.000 2011 PSR 102 3.500.000 2012 PSR nessuna apertura del bando 2013 PSR Bando chiuso al 30 aprile2013 ed in corso di predisposizione graduatoria di priorità per il finanziamento delle domande Totale 2008-2012 326 11.340.000 sediamenti in ambito zootecnico e a seguire quelli in ambito viticolo. Ci sono state alcune domande di attività diverse e più particolari come l’apicoltura, l’elicicoltura e la raccolta di piante officinali, mentre si è notata la presenza di giovani che si sono insediati nell’attività zootecnica ma con allevamenti di capre e pecore rispetto al classico allevamento bovino e di questi giovani addirittura alcuni praticano la transumanza (però con sede aziendale e punto di riferimento sul territorio trentino). Con questo bando si conclude la programmazione rurale 2007-2013 ma, pur non essendo ancora uscite a livello europeo tutte le norme per la stesura della nuova programmazione 2014-2020, è noto che la politica comunitaria dello sviluppo rurale tiene sempre in primo piano il contesto dedicato ai giovani agricoltori poiché il settore risulta di età media molto alta e quindi la necessità di un ricambio generazionale è sentita. Si è già a conoscenza che anche nella nuova programmazione è prevista una misura specifica per i giovani agricoltori per la quale non sono però ancora definiti gli ambiti di applicazione e i requisiti che saranno richiesti. Si tratta di una fase che vede in continua evoluzione la normativa comunitaria in ambito rurale: quando prenderà forma il nuovo programma di sviluppo rurale sarà data accurata informazione soprattutto per quanto riguarda la misura dedicata ai giovani e i benefici ad essa connessi. Per qualsiasi informazione riguardante la misura dell’insediamento dei giovani agricoltori o per altre misure del Piano di sviluppo rurale, ci si può rivolgere direttamente al Servizio agricoltura negli uffici della sede di via Trener n. 3 a Trento o presso gli uffici agricoli periferici dislocati sul territorio. 13 tt 02 attualità | vitienologia ATTUALITà mar-apr 2013 | anno LVIII I vini trentini protagonisti a Prowein e Vinitaly Brand DOLOMITI Questioni di feeling Roberto Bertolini 14 B uoni riscontri ed un feeling positivo per i produttori di vino trentino, impegnati tra fine marzo e inizio aprile nei due appuntamenti vitivinicoli più importanti a livello europeo, Prowein e Vinitaly. Sensazioni positive e di cauto ottimismo sono arrivate da Düsseldorf, dove hanno preso parte a «Prowein» 2013 ben 17 produttori, dal 24 al 26 marzo. Un’edizione che ha fatto registrare una buona e costante domanda dalla Germania e più di 44.000 visitatori specializzati (+ 6% rispetto al 2012) provenienti da tutti i rilevanti mercati vinicoli d’importazione del mondo ed anche dai principali paesi produttori. In particolare da Gran Bretagna, Scandinavia, Belgio, Olanda e Lussemburgo, ma anche da Francia, Spagna e Italia. Inoltre si sono affacciati nuovi visitatori, dal Nord America e dall’Asia. Con l’aggiunta di due padiglioni espositivi, «Prowein» ha potuto ospitare 4.783 espositori provenienti da 48 nazioni. Il Trentino ha partecipato con un’area di 312 metri quadrati, realizzata e gestita grazie alla collaborazione tra Consorzio Tutela Vini del Trentino e Divisione Turismo e Promozione di Trentino Sviluppo. «Collaborazione – sottolinea il direttore di quest’ultima, Paolo Manfrini – che si sta dimostrando particolarmente efficace e proficua: il Consorzio è protagonista insieme ai produttori anche della promozione dell’enologia trentina e Trentino Sviluppo for- nisce il supporto progettuale e operativo, così come programmato dalle politiche provinciali di settore». I rappresentanti delle aziende agricole Tenuta Maso Corno, Villa Corniole, Zanotelli, Zeni, Endrizzi, Gaierhof, Pisoni, Pravis, Cavit, Gruppo La Vis, Cantina di Aldeno, Cantine Mezzacorona, Provinco e Revì e, infine, le distillerie Marzadro, G. Bertagnolli e Borgo Vecchio, hanno così potuto incontrare i buyer operatori e stampa internazionale. Buoni riscontri per le nostre aziende, anche grazie alla presenza di visitatori selezionati e che hanno favorito contatti diretti; i flying tasting con i produttori trentini (della durata di un quarto d’ora circa) hanno visto protagonisti tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII | Attualità vitienologiaATTUALITà 15 Paolo Manfrini, Elvio Fronza, Tiziano Mellarini e Enrico Zanoni alla conferenza stampa nello stand del Trentino a Vinitaly 2013. due importanti giornalisti tedeschi del settore, Richard Grosche e Jens Priewe, mettendo al centro il territorio e la viticoltura trentina. A Verona, alla chiusura della quattro giorni dal 7 al 10 aprile, Vinitaly conferma la propria vitalità ed il bilancio per i produttori trentini è senza dubbio positivo. Con 148.000 presenze (+6%), delle quali 53.000 estere, la rassegna veronese conferma la propria leadership europea tra le fiere del vino dedicate al business. Grande l’attenzione ai mercati stranieri, che crescono e danno risposte positive, testimoniate anche dal +10% rispetto all’edizione 2012 di presenze internazionali. In aumento il numero di giornalisti, che sale a 2.643 in rappresentanza di 47 Paesi, contro i 2.494 e 42 nazioni dello scorso anno. Riscontri positivi anche da parte dei produttori trentini, presenti al Vinitaly in rappresentanza di 70 realtà, dai vignaioli alla cooperazione, alle grandi cantine, fino ad arrivare all’area isti- tuzionale, concentrata nello stand promosso dal Consorzio Vini del Trentino e Trentino Sviluppo Divisione Turismo e Promozione. Quello del Trentino – dicono gli osservatori – è stato, assieme al Veneto e alla Sicilia, il padiglione più visitato. Merito anche della scelta di legare sempre più la produzione vitivinicola al brand Dolomiti, esplicitata già all’ingresso dello stand con il nuovo slogan “Vini baciati dalle Dolomiti” su sfondo fotografico, ripreso all’interno del padiglione nelle grafiche promozionali. Un passo deciso secondo l’assessore provinciale Tiziano Mellarini, «verso quella riconoscibilità del prodotto che ci viene sempre più richiesta dal mercato e che per il Trentino significa innanzitutto montagna e Dolomiti. Vinitaly ha dato quest’anno delle risposte positive alla nostra vitivinicoltura, confermando la qualità della proposta e l’interesse dei mercati verso i nostri prodotti. Un segnale importante in tempi di congiuntura economica difficile». Bene anche il riscontro per quanto riguarda le degustazioni, proposte in una saletta dedicata, che hanno fatto registrare il tutto esaurito e in diversi casi un afflusso di prenotazioni superiore ai posti disponibili. Fra tutte, da segnalare quella realizzata al Palaexpo in compagnia di Marco Sabellico ed Enrico Paternoster e denominata “Vini d’alta quota”, nella quale i relatori hanno avuto modo di sottolineare gli effetti del clima di montagna sulla caratterizzazione di un vino, a livello di struttura e di gusto. Dal canto suo, il Trentodoc, ha confermato il proprio ruolo di alfiere della vitivinicoltura di casa nostra, catalizzando l’attenzione della stampa di settore ed i commenti entusiasti degli esperti, a conferma di una crescita costante sul versante della qualità e dell’autorevolezza. Ora l’appuntamento è per la Mostra Vini del Trentino, in programma a Palazzo Roccabruna dal 23 al 27 maggio 2013. tt 02 ATTUALITà | vitienologia ATTUALITà mar-apr 2013 | anno LVIII I buoni frutti della collaborazione fra il Trentino e la Cisgiordania L’agricoltura del riscatto palestinese Marco Pontoni 16 S i rafforza la collaborazione fra Trentino e Palestina, soprattutto sul versante dell’agricoltura. Lo scorso mese di marzo una delegazione guidata dal presidente della Provincia autonoma di Trento Alberto Pacher, di cui facevano parte anche il consigliere provinciale Michele Nardelli, presidente del Forum trentino per la pace, il rappresentante dell’autorità palestinese in Italia Ali Rashid, e il presidente della cantina Pravis Mario Zambarda, ha visitato la Cisgiordania, incontrando anche il ministro all’agricoltura Wallid Assaf. Al centro dei colloqui il rapporto con la Fondazione Mach di San Michele all’Adige, il modello rappresentato dalla cooperazione trentina, e la viticoltura, che sta lentamente rinascendo nella regione, favorita anche dalla presenza di comunità cristiane. Coltivare in una terra difficile La Cisgiordania - chiamata in inglese West Bank, ovvero la “sponda occidentale” (del fiume Giordano) - fa parte assieme alla striscia di Gaza e a Gerusalemme est dei “Territori Palestinesi”. Ha una superficie di quasi 6000 km² e una popolazione di circa 2,5 milioni di abitanti (2010). Non è, come noto, uno Stato sovrano, è piuttosto, sul piano amministrativo, una terra “geopardizzata”, ovvero a macchie di leopardo. Questo a causa della presenza al suo interno di colonie ebraiche, e per la divisione creata dal muro che divide Israele dalla Palestina ma che entra anche in territorio palestinese (per 614 chilometri circa, dei 757 totali), spesso isolando i singoli distretti e le comunità della Cisgiordania. Ma non solo per questo: in base agli accordi di Oslo del 1993 il territorio della Cisgiordania è di fatto diviso in tre aree, definite A, B e C. Nella prima il controllo e l’amministrazione sono completamente in mano al governo palestinese, con sede a Ramallah, nella seconda il controllo è israeliano e l’amministrazione palestinese, nella terza sia il controllo che l’amministrazione spettano a Israele. Attualmen- te il 59% del territorio della Cisgiordania fa parte dell’area C. I palestinesi che vi vivono sono molto pochi, perché si tratta delle aree degli insediamenti israeliani e dei territori cuscinetto. Spesso, però, è proprio qui che la manodopera palestinese trova lavoro. La situazione, insomma, sul piano politico è molto difficile e ciò si riflette anche sull’agricoltura, una delle principali risorse della regione. Ad Aboud, ad esempio, dove nel corso della visita è stata inaugurata una piccola cantina vinicola, finanche lo scavo di pozzi per irrigare la terra è sottoposto all’approvazione delle autorità israeliane. Anche in un contesto così difficile, però, esistono margini di miglioramento. La ricerca di varietà geneticamente resistenti alla scarsità di acqua o ai parassiti, ad esempio, per limitare il ricorso alla chimica e quindi anche alle importazioni di prodotti non reperibili in Cisgiordania. Disporre di un laboratorio di analisi sarebbe ugualmente importante, al fine di effettuare sulle merci le analisi necessarie per esportare secondo standard riconosciuti internazionalmente, in particolare quelli richiesti dall’UE. Ma soprattutto, bisogna agire su tutta la filiera, un po’ come si è fatto in Trentino, dal credito ai piccoli coltivatori o alle cooperative fino alla fase della commercializzazione. “Puntiamo ad una agricoltura che produca, che possa stare sul mercato veramente, non a un’agricoltura assistita tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII | Attualità vitienologia ATTUALITà Il presidente Pacher in visita alla scuola agraria di Al Arroub accompagnato dal rappresentante dell’Autorità palestinese in Italia Ali Rashid e dal ministro all’agricoltura Wallid Assaf. oggi prodotta viene trasformata in vino, ma l’interesse sta crescendo, in parte alimentato da quell’8% circa di palestinesi cristiani. Ma non solo. Il centro agrario di Al Arroub – spiega il ministro Assaf - e per questo guardiamo con molto interesse alla vostra regione, che ho visitato un paio di anni fa. Gaza, un territorio molto piccolo e sovrappopolato, è dipendente dagli aiuti, ma in Cisgiordania possiamo puntare sulla crescita economica. Per noi però è vitale stringere collaborazioni, non rimanere chiusi qui, non rimanere isolati”. Il vino di Cana In campo vitivinicolo la collaborazione con il Trentino è già partita qualche anno fa e ruota attorno al cosiddetto “Vino di Cana”, un marchio che, evocando le famose nozze citate nei Vangeli, teatro di uno dei più noti miracoli di Gesù, potrebbe esercitare un forte richiamo sui consumatori. Al centro di questa produzione la cantina salesiana di Cremisan, che ha presentato quest’anno al Vinitaly tre produzioni autoctone, isolate anche grazie a San Michele, attorno alla quale si sta lentamente creando una rete di piccoli produttori. La cantina di Aboud, un centro di 2000 abitanti, per metà musulmani e per l’altra metà cristiani, è parte di questa rete: aperta anche grazie agli aiuti della Solidarietà internazionale della Provincia autonoma di Trento, è per ora una struttura modesta, a gestione familiare, che produrrà quest’anno circa 4.000 bottiglie. In queste terre carsiche, devote a santa Barbara, si produceva il vino già prima dei Romani. In seguito all’arrivo dell’Islam, che vieta il consumo di alcol, la tradizione si è persa e la viticoltura – secondo comparto produttivo della Cisgiordania dopo l’olio - si è orientata quasi esclusivamente alla produzione di uva da tavola o per l’industria dolciaria. Solo il 5% dell’uva Ciò spiega anche l’interesse nei confronti del Trentino della scuola agraria di Al Arroub, presso Hebron, la più prestigiosa della Palestina, costruita proprio di fronte ad un campo profughi. In questa struttura, ci spiegano, si è laureato anche l’attuale ministro all’agricoltura giordano. Il centro svolge sia attività di formazione che di ricerca, appoggiandosi a sette stazioni sperimentali che lavorano in rete, cinque in Cisgiordania, fra cui quella di Hebron, e due a Gaza, ognuna specializzata su un settore (viticoltura, orticoltura, produzione di grano e così via). Il centro venne creato all’epoca del mandato britannico su queste terre; dal ‘95 esso si è ulteriormente ampliato. Gli obiettivi principali della scuola sono la formazione in campo agricolo e nell’allevamento (mucche, capre, pecore), ma anche la diffusione delle procedure di standard europeo per la produzione, la conservazione, il packaging, la tracciabilità dei prodotti e quant’altro riguardi il mercato agroalimentare. Molte le possibilità per approfondire il rapporto con il Trentino, fra cui soggiorni e stages di ricercatori e di “quadri” palestinesi (già in corso) ed in generale lo scambio di conoscenze e di know how. Due ambiti fra i tanti: la valorizzazione del patrimonio di conoscenze presente in Palestina nel settore delle erbe medicinali e l’uso di piante - come l’Inula viscosa - per tenere lontani insetti e funghi. 17 ATTUALITà | frutticoltura ATTUALITà tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII Viaggio studio in Brasile di una delegazione di Apot LA MELICOLTURA CARIOCA Silvio Canestrini 18 U n gruppo di presidenti e tecnici di cooperative aderenti ad Apot, integrato da alcuni ricercatori e tecnici della Fondazione Mach, da un rappresentante della Provincia Autonoma di Trento e dal direttore del Consorzio Innovazione Frutta, hanno recentemente visitato le principali zone di produzione di mele del Brasile. Oltre alle visite alle zone frutticole e ad alcune aziende particolarmente significative, molto interessante è risultato l’incontro in forma congressuale svoltosi a Fraiburgo il 27 febbraio scorso tra la delegazione di Apot e l’Associazione Brasiliana di Produttori di Mele (ABPM), nel corso del quale sono stati approfonditi l’organizzazione della produzione, della ricerca e della commercializzazione delle mele in Brasile e in Trentino. La coltivazione del melo in Brasile La gran parte del paese presenta clima equatoriale, tropicale o semiarido, poco adatto alla coltivazione del melo. L’unica parte che invece si adatta alla coltivazione del melo è quella più a Sud corrispondente agli stati di Santa Caterina, Rio Grande do Sul e Paranà, dove la melicoltura si è sviluppata in particolare ad una altitudine, superiore agli 800-900 metri. Nonostante l’altitudine il clima di tipo subtropicale condiziona la coltivazione del melo che, soprattutto negli ultimi anni, risulta problematica per il mancato soddisfacimento del fabbisogno di ore di freddo, con effetti quali mancato o irregolare germogliamento, fioritura irregolare e conseguenti problemi quantitativi e qualitativi sulla produzione. La superficie coltivata a melo è di circa 40.000 ettari in leggero aumento negli ultimi anni. La produzione di mele nelle ultime 3 annate (2010-2012) è risultata di circa 1.200.000 tonnellate. Una parte importante della produzione, pari al 25% circa, è destinata all’industria di trasformazione in quanto qualitativamente non idonea al consumo fresco (pezzatura troppo piccola o difetti di colorazione). Circa il 55% della produzione proviene dallo Stato di S. Caterina, circa il 40% dal Rio Grande do Sul e il 4% dal Paranà. In particolare si distinguono 3 aree principali di produzione di mele: i poli di Fraiburgo e San Joaquim nello Stato di S. Caterina ed il polo di Vacaria nel Rio Grande do Sul. La produzione del Paranà si concentra nell’area di Palmas (vedi cartina). In Brasile la Gala (circa il 60% della produzione) e la Fuji (circa il 35%) sono le principali varietà di mele coltivate, mentre la somma di tutte le altre varietà arriva appena al 5%. Nonostante il lavoro di importanti Istituti di Ricerca, che hanno selezionato altre varietà potenzialmente interessanti, il consumatore Brasiliano preferisce solo queste due varietà bicolori, di pezzatura limitata ma con buona colorazione, buona consistenza ed elevato contenuto zuccherino. Anche Pink Lady fatica foto Archivio Apot Un paese emergente Il Brasile è il quinto paese più vasto del mondo, con una superficie di oltre 8,5 milioni di km2 (circa 28 volte la superficie dell’Italia),è molto ricco di risorse naturali ed ha una popolazione di circa 198 milioni di abitanti. Il paese occupa da solo quasi metà del Sud America e confina con tutti i paesi del continente fatta eccezione per il Cile e l’Ecuador, è una Repubblica Federale di tipo Presidenziale organizzata in 27 stati. A livello economico il Brasile è considerato uno dei paesi emergenti con una economia in grande crescita e ottime prospettive anche per i prossimi anni in cui è previsto oltre ad un ulteriore aumento del Prodotto Interno Lordo (PIL), l’aumento della popolazione, del reddito pro-capite e l’ulteriore miglioramento della posizione a livello mondiale per PIL (attualmente al sesto posto). ad imporsi sul mercato brasiliano. La Golden non è apprezzata dal consumatore Brasiliano, forse anche perché prodotta in zone poco vocate per questa varietà. La capacità complessiva di stoccaggio in celle refrigerate stimata del Brasile è di circa 700.000 ton. e corrisponde circa alla capacità di conservazione, lavorazione e confezionamento di tutta la produzione idonea al consumo fresco. Il sesto di impianto più diffuso è di circa mt. 4 x 1, utilizzando prevalentemente il portinnesto Maruba Kaido, che presenta una vigoria paragonabile a M7. Gli Istituti di ricerca hanno tt 02 mar-apr frutticoltura |ATTUALITà Attualità 2013 | anno LVIII messo progressivamente a disposizione cloni migliorativi per colorazione sia per Gala che per Fuji, ma il calibro è tendenzialmente inferiore rispetto alle nostre tradizioni. Tutte le aree frutticole visitate sono caratterizzate da elevata piovosità annua (in alcune zone oltre 2.000 mm) abbastanza regolare e ben distribuita, tanto che nessuna azienda è dotata di impianti di irrigazione. Naturalmente una così alta piovosità determina notevoli problemi per il contenimento delle malattie fungine (ticchiolatura in particolare) che richiede un numero rilevante di interventi. Per quanto riguarda la difesa da insetti, è risultata molto interessante l’esperienza di “eradicazione” della carpocapsa, in esito ad un programma pluriennale portato avanti in collaborazione tra l’associazione dei produttori, il Ministero dell’Agricoltura della Repubblica federale e gli Istituti di ricerca brasiliani. Struttura aziendale In totale i produttori di mele Brasiliani sono circa 3.000, ma di questi le prime 30 aziende gestiscono circa 80% della produzione, mentre il rimanente 20% viene gestito da piccoli produttori. All’interno dell’associazione ABPM grandi e piccoli produttori riescono a dialogare in modo costruttivo, ricercando quelle collaborazioni che possono rafforzarne il ruolo sul mercato. In questo si sono rilevate notevoli similitudini con quanto avviene nelle associazioni trentine ed italiane. Nella zona di Fraiburgo particolarmente interessante è risultata la visita all’azienda Fischer, fondata nel 1932, che nel 1988 coltivava 900 ha di melo, nel 2000 3.600 ha ed oggi 2.400 ha. La diminuzione di circa il 30% della superficie negli 13 ultimi anni è motivata, secondo i responsabili aziendali, da problemi produttivi e organizzativi. L’azienda preferisce pertanto acquistare un parte della quantità di mele commercializzate ogni anno (circa 70.000 ton.) da piccoli produttori e/o da zone a maggior altitudine. I problemi produttivi sono riconducibili prevalentemente al clima, divenuto tendenzialmente più caldo Questo trend pare portare ad un aumento dei problemi per il mancato soddisfacimento del fabbisogno di ore di freddo con conseguenze quantitative e qualitative sulla produzione. L’utilizzo della sostanza attiva “idrogeno ciannamide” (Dormex), il cui uso non è consentito nell’UE, consente di ridurre gli effetti del mancato soddisfacimento delle ore di freddo, ma non è risolutivo del problema. Le criticità organizzative derivano dalla forte richiesta di manodopera, che negli ultimi anni, soprattutto per le operazioni di raccolta, in Brasile non è facile trovare e risulta incidere fortemente sui costi aziendali. L’organizzazione del cantiere di raccolta, esclusivamente con scale su piante alte anche 4 metri con mele di piccola pezzatura, determina una bassa produttività del lavoro con la necessità per aziende di grandi dimensioni di trovare centinaia di lavoratori. Nella zona di San Joaquim, situata a circa 1.400 m di altitudine, particolarmente interessante è risultata la visita alla cooperativa frutticola e viticola “Sanjo” fondata da emigrati giapponesi. In questa zona rispetto alle altre zone di produzione di mele le aziende sono di dimensioni limitate ed è più diffuso il sistema cooperativo. La zona, grazie all’altitudine, consente la produzione di mele di buona qualità che offrono buona soddisfazione economica. La melicoltura sembra qui in ulteriore sviluppo, anche perché le minori dimensioni aziendali medie determinano minori problemi per la ricerca di manodopera rispetto alla zona di Fraiburgo. Nella zona di Vacaria è stata visitata l’azienda Frutirol, fondata 15 anni fa da Lorenz Clementi, esperto e conosciuto frutticoltore che ha lavorato per molti anni nel settore della produzione e commercializzazione delle mele in Alto Adige ed altre regioni italiane. Dopo aver acquistato un’azienda zootecnica di circa 1.000 ettari, Clementi ne ha piantati oltre 400 a Gala, Fuji e recentemente con Pink Lady. Le mele prodotte vengono in buona parte confezionate presso l’azienda Schio (sempre a Vacaria). Il mercato della mela in Brasile Indicati nella cartina i maggiori poli produttivi di mele del Brasile. Le esportazioni di mele del Brasile sono tendenzialmente in calo negli ultimi anni mentre sono in controtendenza le importazioni. Le principali destinazioni sono l’Unione Europea e, soprattutto in prospettiva, alcuni nuovi mercati quali India, Cina e Bangladesh. L’importazione proviene prevalentemente dall’Argentina (circa 60%), dal Cile (circa il 30%) e in parte minore dall’Unione Europea (Francia, Italia). Il consumo medio pro-capite di mele in Brasile è oggi di circa 4 kg/anno. L’ulteriore aumento della popolazione che tende a concentrarsi nelle città, dove il consumo medio pro-capite di mele della popolazione è di oltre 20 kg/anno, potrebbe determinare un ulteriore aumento del consumo di mele. Se troveranno conferma gli scenari prospettati per i prossimi anni, si potrebbero considerare nuove possibilità per le esportazioni italiane di mele, soprattutto nei mesi da novembre a febbraio, che corrispondono alla fine della stagione commerciale nei paesi dell’Emisfero Sud. 19 tt 02 attualità | AMBIENTE ATTUALITà mar-apr 2013 | anno LVIII NOCE L’ora del Parco fluviale di Adele Gerardi Foto S. Kiaulen 20 D. Andreis Economia e sostenibilità Un equilibrio è possibile I l 23 marzo scorso (Giornata mondiale dell’Acqua) nella sede della Comunità della Val di Sole a Malè sono stati presentati gli esiti del Piano di azione di comunità per la fattibilità di un parco fluviale sul Noce. Sul progetto di un parco fluviale sul Noce convergono due studi principali: una ricerca socio-economica, curata dalla Fondazione San Vigilio, ed un’indagine ambientale, coordinata dal professor Guido Zolezzi della facoltà di Ingegneria dell’Università di Trento. Questosecondo studio, in particolare, si basa su una metodologia innovativa, applicata per la prima volta in Italia, che ha sfruttato i risultati più recenti della ricerca scientifica in ambito “ecoidraulico”, ovvero coniugando idrologia, idraulica, biologia e geomorfologia fluviale attraverso modellazione matematica e rilevamenti sul terreno. Il principale risultato dell’indagine è la possibilità di dare una risposta quantitativa alla domanda: come cambia l’idoneità del fiume alla navigazione e alla vita delle specie viventi (pesci, macroinvertebrati) se viene modificato il regime delle portate, ad esempio a causa di futuri prelievi a scopo irriguo o idroelettrico? Lo studio socioeconomico ha evidenziato invece come la maggiore criticità - la convivenza fra i diversi tipi di fruizione (rafting, canoa, pesca, produzione idroelettrica, prelievo per uso agricolo), in particolare in relazione alla regolazione delle portate - non risulti essere pronunciata. Alla presentazione dei due studi è intervenuto anche il presidente della Provincia Alberto Pacher. ‘Oggi - ha osservato Pacher - si è capito che non c’è contraddizione tra tradizione e innovazione. Per il fiume Noce si tratterà di trovare una forma di tutela che tenga conto di tutte le tipologie d’utilizzo del fiume. L’obiettivo è trovare il punto di equilibrio tra le attività economiche e la sostenibilità”. S e non fosse realtà, potrebbe essere lo script di un film fantasy ambientato nello scenario di una valle incastonata nelle Alpi, dove le riserve naturali - due geoparchi e un parco fluviale - sono i custodi della biodiversità. La valle ha un nome evocativo, che mette in una buona disposizione d’animo solo a pronunciarlo: Val di Sole. E se fosse un film, la sinossi potrebbe essere questa: un giorno gli abitanti della valle decidono di valorizzare il fiume che la attraversa, il Noce, Nòs in dialetto solandro. Nel farlo riescono a non essere né ambientalisti “fondamentalisti” né consumisti senza regole. Sono convinti, al contrario, che economia e sostenibilità ambientale possano essere due facce della stessa medaglia. Si interrogano, discutono, riflettono e capiscono che ogni porzione di popolazione che ruota intorno al fiume - dai pescatori amatoriali agli sportivi della canoa e del rafting, dagli agricoltori ai cicloturisti, dai comitati per la salvaguardia dell’ambiente ai produttori di tt 02 mar-apr | Attualità AMBIENTE ATTUALITà 2013 | anno LVIII Foto Andreis ti di questa analisi corale dicono che “si può fare!”. Dunque in Val di Sole le aree protette saranno tre: dopo quelle del Parco Nazionale dello Stelvio e del Parco Naturale Adamello Brenta, anche quella del fiume Noce. In questi giorni parte la fase finale del percorso per la nascita del Parco fluviale del Noce, che prevede fino a luglio 2013 l’incontro con i 14 comuni della Val di Sole, per capire se ognuno di loro sarà d’accordo a investire nel parco fluviale per la parte di territorio che gli compete. Se non ci saranno obiezioni verso la fine dell’anno potremo goderci il Parco fluviale del Noce, sorta di Genius loci che da quota 3360 metri attraversa il Trentino per 105 chilometri per affluire nell’Adige. La gestione sostenibile energia idroelettrica - può integrare e armonizzare i propri interessi senza rinunciarvi o snaturarli. La parola ai Comuni Questa nuova consapevolezza civica viene sostenuta dalle istituzioni secondo un modello “a cornice”. Dapprima è la Provincia a stabilire per legge come nasce un parco naturale locale ed a stanziare un fondo per lo sviluppo sostenibile. Di seguito è la Comunità di valle che affida a tecnici e ricercatori un’indagine di valutazione ambientale per capire in che misura il fiume Noce e il suo habitat possano trasformarsi in un parco fluviale senza condizionare la biodiversità né deprimere l’economia. Parallelamente si avvia, dal basso, un’altra indagine sul versante socio economico, per capire le ragioni di tutti coloro che in qualche modo vivono grazie e intorno al Noce. Gli esi- Accogliendo le istanze di cittadini, associazioni e comitati per la salvaguardia dell’ambiente, in particolare di ‘’Acqua bene comune’’ e ‘’Salvaguardia del Noce’’, la Comunità della Val di Sole ha elaborato a fine 2011 un Piano d’azione di comunità per indagare la fattibilità di un parco fluviale sul Noce, finanziandolo con le risorse del Fondo provinciale per lo sviluppo sostenibile. Il Piano comprende il progetto ‘’Studio ambientale integrato relativo al fiume Noce: proposta di lavoro per la messa a punto di un quadro conoscitivo ambientale e socio-economico e identificazione di possibili interventi’’, diviso in due parti: la prima è dedicata al miglioramento della biodiversità, alla tutela e alla valorizzazione ambientale ed è finalizzata a delineare possibili interventi per la gestione sostenibile del Noce, anche in riferimento alla potenziale creazione di un parco fluviale. “La nascita di un parco fluviale – spiega Guido Zolezzi docente di ingegneria idraulica all’Università di Trento, responsabile dell’indagine scientifica - deve avere in buona sostanza dei presupposti irrinunciabili: non deve essere compromessa la sicurezza idraulica (protezione dalle piene), e occorre sapere quant’acqua deve rimanere in alveo per consentire le attività estive di rafting e canoa, nonchè quali sono le portate che consentono di mantenere una buona qualità e diversità di habitat per le specie che vivono nel fiume’’. I soggetti coinvolti nell’iniziativa sono la Comunità della Valle di Sole, i comuni della Valle di Sole, l’Università di Trento e la Fondazione Edmund Mach. L’analisi socio-economica La seconda parte è costituita da un’analisi socio-economica, finalizzata a definire le potenzialità di utilizzo del fiume Noce come leva di uno sviluppo attento a tutti i soggetti interessati, in relazione ad un utilizzo sostenibile di una risorsa naturale. Gli attori coinvolti sono la Fondazione San Vigilio, la Comunità di Valle e i portatori di interesse. Entrambi gli studi sono di natura partecipativa e coinvolgono Comuni, Comunità di Valle, Apt, operatori economici, associazioni ambientaliste e di pescatori, centri rafting, Comitato permanente per la salvaguardia del Noce, produttori di energia idroelettrica. Scopo principale è quello di comprendere come conservare i tratti di fiume peculiari, mantenere le specifiche particolarità dell’ambiente fluviale che siano d’interesse paesaggistico e naturale, pensare a modalità di promozione turistica al fine di valorizzare appieno tale risorsa naturale, sviluppare strategie condivise per il sostegno alle attività economiche, ricreative e amministrative. Foto A.Dalpez 21 attualità | FAUNA ATTUALITà tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII ORSO, LUPO, LINCE Ecco quanti sono e come vivono Claudio Groff L 22 a popolazione trentina di orsi stimata nel 2012 è compresa tra 43 e 48 esemplari. Il numero minimo di 43 è una valutazione certa, mentre quello massimo di 48 costituisce una valutazione probabilistica. 17 esemplari sono adulti, 11 giovani e 15 cuccioli. 34 dei 43 esemplari certamente presenti hanno gravitato solo sul territorio trentino, 2 tra Trentino e stati/province limitrofe, 2 in provincia di Bolzano, 2 in Veneto e 3 in Lombardia. Le femmine hanno gravitato su di un territorio di 1.052 kmq, interamente in provincia, i maschi su un’area molto più vasta di oltre 19.000 kmq entro la quale si sono mossi anche i giovani in dispersione. Sono questi i dati riportati nel Rapporto Orso 2012, predisposto dal Servizio Foreste e fauna della Provincia con la collaborazione del Museo delle Scienze di Trento, un rapporto nel quale si parla però anche della lince e del lupo. La pubblicazione, giunta alla quinta edizione, ha un duplice scopo: fornire al pubblico un’informazione corretta, aggiornata e dettagliata sullo status della popolazione di orsi che gravita in Trentino e nelle regioni adiacenti, e registrare in maniera precisa ed analitica un insieme di dati per renderne possibile l’utilizzo da parte degli addetti ai lavori. Foto Matteo Zeni - Parco Naturale Adamello Brenta tt 02 mar-apr | attualità faunaATTUALITà 2013 | anno LVIII Foto C. Frapporti - Archivio Foreste e fauna PAT Uno splendido esemplare di lince; a sinistra un’orsa con due cuccioli in val di Tovel e in basso il lupo. Il Rapporto fotografa un ulteriore incremento della presenza del plantigrado e della relativa gestione, anche attraverso una maturazione della capacità operativa di strutture ed addetti. Dunque una stagione che registra un nuovo successo sul piano biologico, ma che ha segnato anche l’ingresso della gestione in una fase più critica, che impone dei cambiamenti e degli adeguamenti di strategia. Questo in un quadro nel quale non può essere dimenticata da un lato la valenza generale della presenza dell’orso e dei grandi carnivori, dall’altro la necessità di trovare un equilibrio tra la presenza di questi affascinanti animali e quella dell’uomo. Tra le scelte operate rimane comunque imprescindibile la volontà di rendere disponibili, nel modo più trasparente e completo, le esperienze, i dati e le conoscenze via via raccolte. Sette i capitoli nei quali è diviso il “Rapporto orso 2012”, più due ormai tradizionali appendici relative alla presenza in provincia della lince e del lupo. Dati e cifre riguardano il monitoraggio, l’indennizzo e la prevenzione dei danni, la gestione delle emergenze, la comunicazione, la formazione del personale, il raccordo sovraprovinciale e nazionale, nonché le ricerche e convegni prodotti su questa tematica. ORSO La popolazione. Nel 2012 è stata accertata la presenza di 7 cucciolate per un totale di 16 cuccioli. Le analisi genetiche hanno consentito di individuare il sesso di 9 dei 16 cuccioli: 7 maschi e 2 femmine. Sono quindi 34 le cucciolate accertate oggi in Trentino negli ultimi undici anni, e almeno 69 gli orsi nati (33 maschi, 25 femmine, 11 indeterminati). Sono 14 le femmine e 5 i maschi che si sono riprodotti nel periodo 2002-2012. Il numero medio di cuccioli per parto è pari a 2,06. Gli orsi “mancanti”. Sono considerati “mancanti” gli orsi certamente o molto probabilmente non più presenti all’interno della popolazione in quanto rinvenuti morti, uccisi, emigrati, ridotti in cattività o non rilevati geneticamente almeno negli ultimi due anni. A fine 2012 gli orsi mancanti erano 31 (14 morti, 2 ridotti in cattività, 2 emigrati, 13 non rilevati geneticamente almeno negli ultimi due anni). Dei 14 orsi morti, 5 sono cuccioli, 6 giovani e 3 adulti. Le cause di morte sono riconducibili a cause naturali in 4 casi, cause sconosciute in 3 casi e cause umane in 7 casi. I tassi di sopravvivenza (annua) aggiornati al 2012 sono pari al 81,8% per i cuccioli, al 92,9% per i giovani e al 91,3% per gli adulti. Danni. Nel 2012 sono stati attribuiti all’orso 191 danni. Sono stati complessivamente liquidati 97.800,29 euro. Oltre il 70% dei danni sono attribuibili a soli 4 esemplari (Daniza, JJ5, M6 e M2). Gestione delle emergenze. Nel corso del 2012 la squadra di emergenza è stata attivata 37 volte. L’attività della squadra si è limitata prevalentemente al presidio e all’informazione della popolazione e solo in 7 casi ha avuto un contatto visivo con l’orso, in 6 dei quali gli operatori hanno effettuato azione di dissuasione diretta sull’animale con munizioni in gomma o con i cani da orso. LINCE L’unico esemplare di lince certamente presente in provincia di Trento a partire dal 2008 (il maschio denominato B132) proviene dalla piccola popolazione svizzera del Canton S. Gallo. In considerazione dell’esaurimento del radiocollare applicato nella primavera del 2011 si è proceduto alla ricattura dell’esemplare il 14 febbraio 2012. Attraverso il monitoraggio dei suoi spostamenti è stato possibile individuare alcune delle sue prede: 10 caprioli, 3 camosci, 1 cervo. B132 ha frequentato per gran parte del 2012 il territorio occupato anche negli anni scorsi, rappresentato dal Gruppo di Brenta e dal Monte Gazza. A partire dalla metà di novembre la lince ha abbandonato il proprio areale tradizionale spostandosi in direzione sud-ovest fino a raggiungere i monti in destra Chiese posti al confine con la provincia di Brescia, dove è rimasta fino ad oggi. Rimane l’unico esemplare la cui presenza è accertata in Trentino. LUPO Per il terzo anno consecutivo è stato possibile documentare la presenza del lupo sul territorio provinciale. In particolare sono stati almeno 4 i lupi che hanno gravitato in Trentino e/o in territori immediatamente limitrofi. Si conferma innanzitutto la presenza del lupo maschio M24 in alta val di Non, rilevato per la prima volta in Trentino il 13 aprile 2010. Invece al giovane lupo maschio radiocollarato in Slovenia (denominato “Slavc”), arrivato sui Monti Lessini nella zona confinante con la provincia di Verona nell’aprile 2012 dopo un formidabile spostamento di oltre 1000 km, si è aggiunta una femmina proveniente dalla popolazione italiana. La conferma della formazione della prima coppia di lupi presente sul territorio provinciale e su quello veronese si è avuta nel mese di ottobre, grazie alle indagini genetiche condotte sui campioni organici rinvenuti sul territorio. Un ulteriore esemplare di sesso femminile proveniente dalla popolazione italiana è stato rinvenuto morto avvelenato nel mese di agosto sul versante veronese dei monti Lessini. 23 tt 02 attualità | storia ATTUALITà mar-apr 2013 | anno LVIII IL “SECCATOIO” DI CAVALESE Davide Pozzo I 24 n via Roma a Cavalese, accanto alla palazzina dove ci sono gli uffici delle Foreste Demaniali della Val di Fiemme e del Primiero e quelli del Distretto forestale di Cavalese, c’è un edificio che si fa notare per uno stile architettonico inusuale nella zona. Attualmente nei suoi volumi trovano spazio la Stazione forestale di Cavalese, l’officina delle Foreste demaniali ed altri locali di deposito-autorimessa. Oltre alla forma, l’originalità è dovuta anche agli affreschi che decorano i due frontoni verso la via principale; si tratta di ritratti di due personaggi epici, intenti nell’esecuzione di lavori selvicolturali di piantagione e di taglio alberi. Sormontano le immagini due scritte in latino, Alteri saeculo e Maturum caedo. La costruzione della struttura risale al 1923 quando dopo tre anni di sperimentazione condotta presso i locali di un’abitazione presa in affitto, l’Amministrazione forestale nella persona dell’Ispettore Superiore comm. Alberto Vitale decise di organizzare in maniera strutturata una produzione di sementi delle principali conifere alpine, come suggerito dall’esperto di selvicoltura prof. Lodovico Piccioli. La necessità di produrre seme di conifere era dettata in quel tempo dall’avvio della progettazione delle campagne di rimboschimento, attività ritenuta necessaria per accelerare i tempi di ricostituzione dei patrimoni forestali distrutti dagli eventi bellici della prima guerra mondiale, nei territori delle montagne trentine, venete e friulane. Lo stesso Piccioli fu l’ideatore del dipinto dell’emblema dello stabilimento, quello della scena della figura mitologica di Silvano, intento nella piantagione di un albero. In questo sito produttivo venivano lavorati strobili provenienti da tutta la regione tridentina ed il prodotto finito in alcune occasioni fu oggetto di richieste da parte di ditte specializzate estere, ma l’elevata richiesta interna non permise in quegli anni di effettuare esportazioni. I locali interessati dalla produzione, immagazzi- naggio e spedizione erano ripartiti su due piani; un’ampia soffitta per la prima essicazione dei coni che da qui venivano trasferiti al piano terra per caduta tramite un condotto in legno. In alcuni locali di preparazione e successivamente nei locali dei forni avveniva l’essicazione completa e successivamente la ripulitura del seme, la disalatura, il confezionamento per la spedizione. Nella vicinanza dei locali forno trovava spazio una serra riscaldata per le prove di germinazione e all’esterno, nell’area dove attualmente si trova il palacongressi costruito in occasione dei mondiali di sci nordico del 1991, c’era un vivaio sperimentale dove si producevano i semenzali che servivano per rifornire i piantonai di Paneveggio e Cadino. Quella della produzione sementiera forestale fu un’attività svolta in Val di Fiemme già dalla metà dell’Ottocento per terminare nel 1976 e che vide impegnati dapprima degli imprenditori privati e successivamente la Pubblica amministrazione. Da sinistra a destra: corridoio davanti ai locali dei forni con canaletta per la discesa degli strobili dal deposito nel sottotetto; pulizia del seme con la ventola; rullo per l’estrazione del seme alato; in alto il complesso dell’Essicatoio di Cavalese con piazzali, rimessa, vivaio e casa forestale. tt 02 mar-apr | Attualità prodotti ATTUALITà 2013 | anno LVIII I disciplinari di produzione del marchio “Qualità Trentino”” I Magnifici 10 Roberto Bertolini M angiare bene, consumare prodotti sani, legati con il territorio e che ne sappiano trasmettere le caratteristiche di autenticità. Questa la filosofia che sta alla base del Marchio di Qualità Trentino, promosso dalla Provincia a novembre 2009 e reso operativo con regolamento del 13 maggio 2011, nel quale si definiscono le condizioni generali per la concessione dell’uso del marchio collettivo. Un testo importante, poiché definisce i parametri che stanno alla base della certificazioni dei prodotti che vogliono dare garanzie al consumatore, nell’ottica della tracciabilità e della sicurezza alimentare. In questo senso il Marchio di Qualità con indicazione di origine si prefigge in primo luogo di comunicare e identificare la qualità del prodotto agroalimentare territoriale secondo criteri noti, oggettivi e selettivi e, in secondo luogo, di specificare l’origine del medesimo. Di conseguenza la conformità ai requisiti di qualità sarà verificata da organismi di controllo indipendenti ed accreditati. Condizione preventiva per ottenere il Marchio è l’adesione ai disciplinari di produzione. Dieci sono quelli approvati sinora, tra cui: lampone, mora, mirtillo, ribes, uva spina; mela; fragola e fragolina; ciliegia; patata; ortaggi e loro trasformati; farina di mais da polenta; latte vaccino o ovicaprino e prodotti lattiero caseari; carni bovine e/o suine lavorate e loro trasformati; prodotti dell’acquacoltura. Questo pacchetto di disciplinari non esaurisce ovviamente la gamma di produzioni che si fregieranno e potranno fregiarsi del marchio di qualità: il marchio è infatti aperto a tutti i produttori che fanno della qualità e del legame con il territorio il loro tratto distintivo e di riconoscibilità nei confronti del consumatore e che potranno dimostrarlo attraverso un rigoroso processo di certificazione per il quale, ad ogni modo, è necessario che venga preventivamente predisposto uno specifico disciplinare. Guardando ai disciplinari e adeguando la propria produzione ai parametri di garanzia in essi espressi, le aziende interessate possono avanzare la propria candidatura per ottenere il Marchio. Ad oggi sono cinque le realtà trentine che ne sono in possesso; il Latte Fresco intero e parzialmente scremato Latte Trento; la mela Melinda e La Trentina; la ciliegia Sant’Orsola; la carne salada del Salumificio di Casa Largher e i crauti, carote, sedano rapa, cavolo cappuccio del Consorzio ortofrutticolo Val di Gresta. “Qualità Trentino” è il logo che distingue visivamente sul mercato le produzioni agroalimentari trentine. Un marchio giovane e fresco, che richiama lo skyline delle nostre montagne e i colori del marchio territoriale Trentino al quale è legato. Esso ha grandi potenzialità, perché richiama a prima vista i prodotti di qualità trentini e le loro caratteristiche di genuinità e legame con il territorio, indicandone l’origine e la corrispondenza ad elevati standard di qualità certificati da organismi di controllo indipendenti ed accreditati. Il progetto “Qualità trentino” non si ferma al logo, ma prevede molte altre azioni di promo-commercializzazione. Con l’introduzione di un marchio di qualità per la filiera agroalimentare è in primis possibile garantire il consumatore finale rispetto alla elevata (e certificata) qualità di offerta delle produzioni territoriali e contestualmente dare ulteriore forza al progetto di marketing territoriale del Trentino. In questo senso è significativo il ruolo di Trentino Sviluppo - Turismo e promozione quale punto di riferimento nella promo-commercializzazione dei prodotti e la loro valorizzazione quale valore aggiunto del territorio in ottica promozione turistica. 25 tt 02 ATTUALITà | prodotti ATTUALITà mar-apr 2013 | anno LVIII Dalle “cupole di pasta” ai “cucchiaini di miele”: le creazioni dei produttori al Mart Food design Roberto Bertolini © Fotografia: Jacopo Salvi © Fotografia: Fernando Guerra 26 F ino al 2 giugno 2013 il Mart di Rovereto dedica al cibo una mostra che ne sottolinea gli aspetti più peculiari e indaga le sfumature artistiche che il “buon mangiare” sa esprimere. Protagoniste di “Progetto Cibo. La forma del gusto”, a cura di Beppe Finessi sono le creazioni di un folto gruppo di architetti e “food designer” come Enrico Azzimonti, Bompas&Parr, Stephan Bureaux, Achille Castiglioni, Lorenzo Damiani, Florence Doleac, FormaFantasma, Giorgetto Giugiaro, Martí Guixé, Giulio Iacchetti, Enzo Mari, Alessandro Mendini, Katja Grujters, Konstantin Grcic, Gaetano Pesce, Diego Ramos, Mario Trimarchi, Marije Vogelzang, Marcel Wanders, e chef di livello assoluto come Gualtiero Marchesi, Bruno Barbieri, Massimo Bottura, Antonio Cannavacciuolo, Carlo Cracco, Daniel Facen, Davide Oldani, Davide Scabin. Accanto alle opere dei designer e dei cuochi stellati sono protagoniste anche tante eccellenze alimentari di altrettanti produttori trentini che hanno messo a disposizione la “materia prima”, ossia quei cibi naturali che sono stati qui trasformati in forme d’arte e oggetti di design. Sono dunque presenti Primitivizia di Eleonora Cunaccia con l’opera “Resina pop”, Mieli Thun con “Cucchiaino di miele di melata d’abete caramellato e cristallizzato”, Pastificio Felicetti con “Pasta Mart” - spaghetti al nero di seppia, eliche tricolori, spaghetti. Per questo evento inoltre i maestri pastai di Predazzo hanno progettato “Le cupole”, il nuovo formato di pa- sta ispirato dalla grande cupola di copertura ideata da Mario Botta proprio all’ingresso del museo. Poi l’azienda Lorandi con le “Zirele”, la caramella artigianale tipica trentina, Exquisita di Rovereto con matite di cioccolato che vanno a ricreare l’opera di Nendo - Oki Sato, Prada, con i suoi Biscotti Cuori. Hanno inoltre partecipato alcune realtà trentine che con la propria presenza e il proprio contributo hanno reso possibile l’allestimento della mostra. A partire dai ragazzi dell’ Istituto Alberghiero di Levico e Rovereto che hanno riprodotto con il cibo alcuni oggetti d’arte famosi, fra cui “Lecca-lecca” e l’Associazione Panificatori del Trentino, che ha realizzato tante e fantasiose varietà di pane. Importante anche la presenza della Casa del Vino della Vallagarina, Agraria di Riva del Garda e di Sant’Orsola, che presenta il 17 maggio un inedito accostamento fra moda e frutti in cui mirtilli, lamponi, ribes diventeranno dei gioielli da indossare. Trentingrana sarà poi l’ingrediente principe dei piatti degli chef Moreno Cedroni e Claudio Sadler, realizzati negli showcooking aperti al pubblico fino all’8 maggio. La Trentina, infine, è sponsor e protagonista della mostra con la mela che diventa, nell’interpretazione dei designer, oggetto che sa esprimere stile ed è stata la base di alcune ricette dei grandi chef coinvolti negli show-cooking al Mart. Il prezioso frutto, poi, ha animato il laboratorio didattico “Una mela al giorno” dedicato alle famiglie e ai bambini ed incentrato sulle sue proprietà estetiche, sensoriali e nutritive; iniziativa che ha avuto una prestigiosa anteprima a metà aprile al Fuo- © Fotografia: Jacopo Salvi risalone “A designer a day” nell’ambito della “Design week” di Milano. Tutto attorno, un ricco programma di eventi che coinvolge chef di livello internazionale, con la realizzazione di serate show-cooking nelle sale espositive. Grandi chef del calibro di Gualtiero Marchesi, Daniel Facen, Davide Scabin, Claudio Sadler, Roberto Valbuzzi, Bruno Barbieri, Moreno Cedroni, Felice Lo Basso, Luigi Taglienti e Igles Corelli. Su www. mart.tn.it/martcooking il programma completo e i video delle serate già realizzate. Il 2 giugno per il finissage della mostra, grande giornata di show-cooking nella Piazza del Mart; a partire dalle 14.00, gli chef stellati del Trentino- Alfredo Chiocchetti (Scrigno del DuomoTrento), Alfio Ghezzi (Locanda Margon- Trento), Vinicio Tenni (Gallo Cedrone-Madonna di Campiglio), Paolo Donei (Malga Panna- Moena), si alterneranno ai fornelli di una cucina a cielo aperto per dare vita a un’emozionante maratona di show-cooking. Un vero e proprio spettacolo di performance artistiche-culinarie che chiuderà in bellezza la mostra “Progetto Cibo. La forma del gusto”. © Fotografia: Gianluca Vassallo tt 02 Agritur mar-apr aniele Foto D Centa. agriturismo |ATTUALITà Attualità 2013 | anno LVIII Lira. Arc h tografi ivio Fo iluppo. tino Sv co Tren I 40 anni dell’agriturismo trentino: intervista a Massimiliano Pilati fattorie didattiche sono ormai oltre 80. Infine 125 agritur offrono degustazioni dei propri prodotti. La crescita del mondo agrituristico trentino rende bene l’idea dell’entusiasmo che anima questo settore: nel 1995 gli agritur erano 118, nel 2000 erano 125, nel 2003 erano 150, nel 2009 erano 320, nel 2010 erano 340, nel 2011 erano 355, nel 2012 erano 380. Numeri che testimoniano come anche in Trentino si stia affermando una nuova generazione di imprenditori agricoli “multifunzionali”. E’ così, sono numeri che raccontano di imprenditori agricoli, e delle loro famiglie, che si mettono in gioco e che decidono di aprire le loro aziende e le loro case agli ospiti. Uomini e donne che si fanno “maestri” e incontrano i bambini nelle loro fattorie didattiche. Persone che amano il loro lavoro e che trasformano nelle loro cucine e nei loro laboratori i frutti del territorio in cui vivono; persone che, avendo bisogno di integrare il loro reddito, hanno scelto la multiattività aziendale. I l 20 marzo 1973 la Provincia Autonoma di Trento varava la Legge Provinciale n.11 “Interventi a favore dell’agriturismo”. Era la prima legge del genere in Italia. Pochi mesi dopo gli uomini e le donne che diedero spinta e impulso per ottenere questo grande risultato fondarono l’Associazione Agriturismo Trentino. L’Agriturismo in Trentino ha compiuto quindi i suoi primi 40 anni di vita, un traguardo che merita un bilancio e qualche riflessione, qui suggerite da Massimiliano Pilati, direttore dell’Associazione Agriturismo Trentino. Cosa è cambiato in questi quarant’anni? Molto è cambiato da quel 20 marzo 1973: sono mutate innanzitutto le leggi di riferimento e l’agriturismo si è evoluto fino a diventare una componente fondamentale dell’offerta turistica, sia a livello trentino che nazionale, senza però mai dimenticare il forte e fondamentale legame con il territorio e i suoi prodotti. Un’evoluzione che ha comportato anche un diverso ruolo della vostra associazione? Certo. L’Associazione Agriturismo Trentino ha mutato nel corso degli anni il proprio ruolo, passando dal supporto alla categoria, cosa che naturalmente permane, ad un sempre maggiore impegno nel campo della promozione e della comunicazione. Infine si sono andati via via intensificando i servizi offerti ai soci; servizi che negli ultimi tempi l’associazione cerca di attuare anche garantendo agli associati convenzioni a prezzi più bassi con realtà del mondo della comunicazione, della fornitura di servizi e di prodotti. Quanti sono gli agriturismi in Trentino e come si differenziano? Proprio in questi giorni abbiamo superato la soglia delle 400 strutture, delle quali oltre il 90% sono associate alla nostra organizzazione. Di questi, in particolare, ci sono 207 agriturismi con servizio di pernotto in stanze e 159 in appartamento, per un totale di circa 4000 posti letto; 147 agriturismi praticano la “ristorazione” con oltre 5700 posti tavola, 9 agriturismi offrono servizio di agricampeggio mentre le È cambiato anche il turista che sceglie la vacanza in agritur? C’è sicuramente stata un’evoluzione e un cambiamento delle esigenze degli ospiti: fino a qualche anno fa, infatti, il numero di posti letto in appartamenti agrituristici era nettamente superiore a quello in camera. Questo a testimoniare che l’ospite poteva permettersi soggiorni lunghi e amava la comodità del potersi arrangiare nei pasti mentre ora la permanenza media si è ridotta in maniera consistente. Gli ospiti permangono, in media, 3 – 4 giorni nei nostri agriturismi e quindi amano essere coccolati in comode e accoglienti stanze, ricevere una ottima colazione contadina e, sempre più spesso, la possibilità di cenare e questo per sentirsi sempre più legati al territorio tramite i prodotti enogastronomici che offre. L’accorciarsi dei periodi di vacanza non sembra però preoccuparvi molto… Non si deve pensare che l’accorciarsi della permanenza in agriturismo sia solo un fatto negativo; se una volta, infatti, i soggiorni erano legati esclusivamente alla stagione estiva ora si va verso una destagionalizzazione delle presenze. Un esempio su tutti: sempre più agriturismi restano aperti con soddisfazione durante il periodo della vendemmia e della raccolta delle mele, mentre fino a qualche anno fa la maggior parte delle aziende restava chiusa perché l’intera famiglia era occupata in campagna. Questo è l’Agriturismo Trentino, un modo che deve essere in grado di accettare i cambiamenti e pronto ad aprirsi alle innovazioni ma capace al contempo di mantenersi fortemente legato alle proprie tradizioni contadine e soprattutto al proprio territorio rurale. (c.z.) INFO: Associazione Agriturismo Trentino Via Jacopo Aconcio, 13 38122 Trento Tel. 0461235323 [email protected] www.agriturismotrentino.com Foto Marco Simonini. Archivio fotografico Trentino Sviluppo 27 tt 02 ATTUALITà | fitosanitari ATTUALITà mar-apr 2013 | anno LVIII CONTROLLO IRRORATRICI Autorizzati i Centri prova Daniel Bondesan (FEM) Piergiorgio Ianes (FEM) Renato Martinelli (Servizio agricoltura PAT) Foto Archivio Iasma L 28 a Direttiva 2009/128/CE del 21 ottobre 2009 “che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi” attribuisce particolare importanza al tema riguardante i sistemi di applicazione dei prodotti fitosanitari vietando, a partire dal 26 novembre 2016, l’utilizzo di attrezzature professionali non ispezionate o ispezionate con esito negativo. Gli Stati membri devono assicurare poi che le attrezzature impiegate per uso professionale siano sottoposte a successivi controlli periodici. L’intervallo tra le ispezioni non supera cinque anni fino al 2020 e i tre anni successivamente. La Direttiva comunitaria detta disposizioni su un tema sensibile sia in ambito nazionale che locale: l’utilizzo di attrezzature con caratteristiche tecniche non ottimali e non correttamente regolate in relazione alle caratteristiche della coltura sulle quali vengono utilizzate, rappresenta una della cause importanti di spreco di prodotti fitosanitari e di inquinamento ambientale, oltreché compromettere l’efficacia del trattamento stesso. Il Programma nazionale A livello nazionale il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ancora nel 2004, anticipando le normative che si stavano predisponendo a livello comunitario, aveva approvato un apposito “Programma per il coordinamento delle attività di controllo delle macchine per la protezione delle colture in uso presso le aziende agricole”, affidandone il coordinamento all’ENAMA – Ente per la Meccanizzazione Agricola. È stato quindi istituito un gruppo di lavoro tecnico, composto da esperti del mondo scientifico e rappresentanti delle Regioni, che ha messo a punto una metodologia comune a livello nazionale per le attività di controllo funzionale e la regolazione delle macchine irroratrici. La metodologia ENAMA definisce gli standard operativi dei Centri prova (officine) che devono essere preventivamente autorizzati dalle Regioni. Le verifiche in Trentino In provincia di Trento la problematica relativa al controllo delle macchine irroratrici è stata affrontata già a partire dagli anni novanta: risale a quel periodo l’istituzione di un sistema di verifica mediante l’acquisto dal parte della Provincia autonoma di Trento di una specifica attrezzatura mobile per il controllo ed il suo affidamento ad una officina specializzata che ha effettuato le verifiche delle irroratrici in collaborazione con le cooperative frutticole. Dal 1998 il servizio è gestito direttamente da APOT -Associazione dei produttori ortofrutticoli trentini. A partire dal 2008 nei disciplinari di produzione integrata per il settore ortofrutticolo è stato introdotto l’obbligo di verifica ogni cinque anni della funzionalità delle attrezzature per la distribuzione dei fitofarmaci; analoga disposizione, sotto forma di raccomandazione, è riportata anche nel disciplinare per la viticoltura. Questo a dimostrazione della sensibilità del mondo agricolo per un uso il più accorto possibile dei prodotti fitosanitari e della volontà di individuare le fasi critiche nell’esecuzione dei trattamenti, introducendo tutti i miglioramenti tecnicamente possibili. Ciò che è stato finora realizzato in maniera volontaria ed autonoma dagli agricoltori diventa ora obbligo. Per consentire a tutti gli agricoltori di sottoporre le proprie attrezzature ai controlli previsti è stato attivato per tempo il “Servizio per il controllo funzionale e la regolazione delle macchine per la distribuzione dei prodotti fitosanitari” e stabilite le regole per il riconoscimento delle officine (Centri prova) che potranno svolgere tale servizio. Il tempo da qui al 26 novembre 2016 consentirà di ispezionare l’intero parco macchine operante in provincia di Trento, stimato in circa 9.000 unità (settore frutticolo, viticolo e colture erbacee). Portata di ogni singolo ugello prima e dopo la messa a punto Quali sono le attrezzature da sottoporre a controllo? A livello nazionale si stanno definendo le tipologie delle attrezzature (poche) che saranno esentate dal controllo o che potranno essere controllate ad intervalli di tempo maggiori. Sicuramente andranno ispezionati tutti gli atomizzatori e le irroratrici, trainati o portati, utilizzati in frutticoltura, orticoltura e viticoltura, ma anche le barre per le colture erbacee (patate e mais) e le attrezzature speciali come i cannoni utilizzati nelle serre. Cosa deve fare l’agricoltore? Il programma dei controlli obbligatori, per le macchine irroratrici, previsti nei prossimi quattro anni verrà organizzato da APOT per il settore ortofrutticolo e dalle cantine per il settore viticolo. Altri settori come il zootecnico per le barre o enti pubblici o singoli privati possono accordarsi direttamente con i centri sopra citati. Per poter richiedere il controllo funzionale e la tt 02 mar-apr | ATTUALITà fitosanitari ATTUALITà 2013 | anno LVIII Misurazione della distribuzione verticale Misurazione della portata di ogni singolo ugello Come lavora il centro prova? relativa regolazione, l’agricoltore interessato dovrà presentarsi al Centro autorizzato con la macchina irroratrice pulita sia internamente che esternamente (compresi filtri e ugelli) e con alcuni ettolitri di acqua pulita nel serbatoio. Inoltre lo stato generale della macchina deve essere accettabile (senza perdite o difetti della pompa) e gli organi di protezione delle parti in movimento (ventilatore e albero cardanico) devono essere integri. Ricordiamo che per superare il controllo è indispensabile che gli ugelli siano muniti di antigoccia ed il filtro in aspirazione (prima della pompa) sia ispezionabile anche a serbatoio pieno e quindi dotato di valvola di blocco del flusso. La regolazione, intesa come indicazione dei parametri di lavoro più idonei (volume da distribuire, velocità, giri del ventilatore, ugelli e relativa pressione) secondo la coltura o forma d’allevamento da trattare (scheda di operatività), viene fatta dal meccanico in collaborazione con l’utilizzatore della macchina che dovrà fornire i dati relativi alla coltura (interfila e caratteristiche generali). Ricordiamo che anche la regolazione è una parte che obbligatoriamente il Centro deve effettuare per favorire un uso corretto della macchina. Il tecnico del centro prova effettuerà una serie di controlli a vista e delle misurazioni strumentali per la verifica delle portate degli ugelli, della precisione del manometro e della distribuzione verticale od orizzontale per le barre. Eventuali componenti starate od usurate verranno sostituite per ripristinare la buona funzionalità della macchina. Alla fine del controllo il centro prova che ha memorizzato su PC tutti i dati misurati, rilascerà all’agricoltore alcune schede quali: controllo portata ugelli e distribuzione verticale prima e dopo la messa a punto, la scheda di operatività e soprattutto l’attestato di funzionalità che comprova il superamento del controllo e quindi la macchina è regolarmente utilizzabile. Infine, l’applicazione di uno specifico adesivo attesterà l’avvenuto controllo dell’irroratrice. I dati verranno tutti archiviati e l’elenco delle 29 Visualizzazione della distribuzione verticale rile macchine regolarmente controllate verrà inserito in una specifica banca dati. LE OFFICINE AUTORIZZATE Attualmente in provincia di Trento sono riconosciuti i seguenti Centri prova: F.LLI TIEFENTHALER S.N.C. a Verla di Giovo (TN) OFFICINA TOGNI S.N.C. a Brentonico (TN) MICHELI RENATO S.N.C. a Ton (TN) Queste officine dispongono di attrezzatura mobile, sono quindi in grado di svolgere la propria attività anche in luoghi diversi, dove sono presenti un certo numero di macchine da controllare. Il servizio di ispezione può essere svolto anche da Centri prova riconosciuti da altre Regioni. In questo caso è comunque necessario che le Officine provenienti da altre Regioni siano autorizzate dalla Provincia autonoma di Trento ad operare temporaneamente sul territorio. È importante che gli agricoltori si rivolgano esclusivamente presso Officine autorizzate dalla Provincia autonoma di Trento. Solo in questo modo viene assicurata l’esecuzione dei controlli in conformità alla Direttiva 2009/128/CE, evitando di incorrere in eventuali sanzioni o nella mancata concessione di aiuti comunitari. ATTUALITà | meteo e agricoltura ATTUALITà tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII Foto Archivio Iasma La gestione dei rischi: strumento di crescita e di competitività COPERTURA TOTALE E FONDI DI SOLIDARIETÀ 30 Sergio Ferrari A nche quest’anno il Consorzio difesa produttori agricoli del Trentino (Codipra) ha concluso con l’assemblea dei delegati (gli associati sono 7500) gli incontri informativi di zona che si sono svolti nel mese di marzo per illustrare il bilancio 2012 e le modalità di assicurazione per la nuova campagna. Ma all’annuale incontro che si è svolto nel pomeriggio del 19 aprile scorso alla Cantina Rotari di Mezzocorona si è parlato anche di cambiamenti climatici, previsioni meteo e servizi di avvertimento per rendere tempestivi gli interventi di difesa fitosanitaria, di difesa integrale della produzione agricola e del reddito, di corresponsabilità finanziaria degli agricoltori assicurati e delle scelte precorritrici compiute dal consorzio trentino. Lo si è fatto, in particolare, al convegno che si è tenuto nella mattinata sul tema “La gestione dei rischi: strumento di crescita e di competitività”, ripreso nei suoi contenuti in una successiva tavola rotonda. Argomento al centro del dibattito la nuova PAC 20142020, in fase di definizione ma con la conferma della gestione finanziariamente assistita della copertura dei rischi in agricoltura. Non più solo assicurazione contro i danni da eventi meteorici, ma estensione del contratto anche alla salvaguardia del reddito dell’agricoltore in dipendenza della fluttuazione del mercato (All Risk). In aggiunta al sostegno finanziario pubblico è prevista, a questo riguardo, l’attivazione di fondi di solidarietà sostenuti in primo luogo dagli agricoltori e fortemente incentivati da Unione Europea, Stato e Provincia. Da quest’ultimo punto di vista, il Codipra ha anticipato i tempi e la stessa Unione Europea con l’attivazione di un fondo di solidarietà pagato dagli agricoltori ed integrato dalla Provincia autonoma di Trento finalizzati ad indennizzare la quota di danno inferiore alla soglia contrattuale del 30%. I relatori invitati al convegno hanno riconosciuto al Codipra anche il merito di avere incentivato, prima di altri consorzi di difesa, contratti pluri e multi rischio resa e di essersi reso promotore di forme di assicurazione inedite, non ancora previste dai piani nazionali annuali, adottando tabelle e parametri di stima del danno più vicini alla perdita di qualità commerciale per le mele ed enologica per le uve da vino. Intervenendo alla tavola rotonda, Luciano Pilati, docente di economia agraria all’Università di Trento, ha proposto di estendere i fondi mutualistici a nuovi ambiti: siccità su pascoli di malga; contratti d’area riferiti allo stesso prodotto agricolo colpito da avversità meteo in zone diverse del Trentino; fitopatie fortemente diffusive; danni provocati da selvatici. In merito alle previsioni meteo, Mauro Fezzi, direttore generale della fondazione Edmund Mach di S. Michele, ha illustrato l’attività del Centro per il trasferimento tecnologico nel rilevamento sistematico di dati meteo e loro diffusione in tempo reale per consentire interventi fitosanitari mirati. Andrea Piazza di Meteotrentino ha spiegato che la previsione meteo è sempre incerta, anche quando si riferisce ad un periodo brevissimo, da zero a 12 ore, ma va comunque valutata in termini probabilistici tenendo conto dell’utilizzo che ne farà l’utente. Per Guido Guidi, esperto meteo della RAI, i cambiamenti climatici, le tendenze ritenute possibili e le probabilità di eventi calamitosi, hanno origine multifattoriale e devono essere valutati in base al periodo considerato e a tutte le possibili correlazioni; gli eventi meteo straordinari assumono maggiore gravità rispetto al passato perché l’ambiente occupato dall’uomo è gestito in modo più sofisticato ed esigente e quindi risente maggiormente dell’ impatto causato dall’evento; la concentrazione temporale degli eventi meteo accresce la loro incidenza sull’ ambiente. tt 02 mar-apr difesa fitosanitaria |ATTUALITà Attualità 2013 | anno LVIII Quaderno di campagna informatico Un’opportunità vantaggiosa Silvio Canestrini APOT ha realizzato e reso disponibile ai produttori aderenti al Disciplinare di produzione integrata della Provincia di Trento 2 diversi Quaderni di campagna informatici (melo e altre specie) in versione desktop e web. I l Quaderno di campagna nel corso degli ultimi anni è stato via via arricchito di nuove sezioni fino a rappresentare il vero e proprio diario di tutte le operazioni aziendali svolte nel corso dell’anno. Da Registro dei trattamenti (fitofarmaci e diserbi) si è evoluto in strumento idoneo a rispondere a diverse esigenze: dalla registrazione delle attività previste dai Disciplinari di produzione integrata (revisione atomizzatori, controlli in campo, registrazione concimazioni, rilevazione piogge, irrigazioni, pratiche ecologiche ecc.) alle diverse certificazioni (GlobalGap, Dop, Trentino Qualità ecc.) fino a ospitare una sezione adibita alla registrazione delle operazioni di carico e scarico dei rifiuti speciali al fine di consentire una gestione semplificata della loro raccolta e smaltimento. Tali adempimenti sono necessari in particolare per rispettare le disposizioni della nuova OCM e degli strumenti applicativi nazionali e comporta ulteriori obblighi. Al frutticoltore viene richiesto il rispetto scrupoloso delle norme di legge e dei Disciplinari di produzione ma anche una particolare attenzione nella annuale compilazione del Quaderno. Non solo per rispondere agli adempimenti normativi, ma anche per confermare costantemente la Produzione Integrata come “strumento di mercato”. Oggi, senza tale attenzione e documentazione, le produzioni non possono più trovare collocazione e valorizzazione sul mercato. Parti a cui dedicare particolare attenzione Nella compilazione del Quaderno di campagna si raccomanda di compilare tutte le sezioni, ponendo particolare attenzione a quelle relative ai trattamenti, diserbi e concimazioni. Trattamenti. Occorre verificare che il prodot- to commerciale sia autorizzato sulla coltura per la specifica avversità, che siano rispettate tutte le indicazioni presenti in etichetta e le limitazioni del disciplinare (dosi ad ettolitro, eventuali dosi ad ettaro, rispetto tempi di carenza, numero massimo interventi per anno, numero massimo interventi per anno per categoria chimica, ecc.). Diserbi. Devono essere rispettate le dosi riportate in etichetta e le dosi ad ettaro per anno previste dal Disciplinare. Concimazioni. Devono essere rispettate le dosi massime ad ettaro per anno previste dal Disciplinare per azoto, fosforo e potassio e l’obbligo del frazionamento dell’apporto di azoto nel caso di apporti superiori a 60 kg. Il Quaderno di campagna informatico Apot ha realizzato e reso disponibile ai produttori aderenti al Disciplinare di produzione integrata 2 diversi Quaderni di campagna informatici (melo e altre specie). Il programma del Quaderno di campagna (versione desktop) può essere scaricato sul proprio computer (PC) collegandosi al sito di Apot. È disponibile anche il Quaderno di campagna in formato Web, che può essere redatto direttamente “in linea”, collegandosi all’apposito sito. Il documento deve essere compilato con le stesse modalità del Quaderno cartaceo e deve essere stampato nella sua forma definitiva per la consegna alla Cooperativa entro le date consuete. Si raccomanda di fruire, in tutti i casi possibili, di tale opportunità che consente una migliore verifica del Quaderno stesso, ma anche di ottenere una banca dati preziosa per monitorare l’evoluzione dei sistemi di difesa e dei loro risultati nel corso degli anni. La versione 2013 del Quaderno di campagna informatico presenta alcune soluzioni agevolative nella compilazione, quali suggerire il nome completo dei prodotti commerciali una volta inserita una parte del nome, proporre il corretto tempo di carenza e le avversità per cui il prodotto è registrato. Le maggiori potenzialità del Quaderno informatico sono però collegate alla possibilità di verifica del rispetto delle principali limitazioni presenti nel Disciplinare di produzione integrata (numero di trattamenti per sostanza attiva e/o famiglia, dosi ad ettaro per erbicidi e concimi ecc.) ed evidenziare al compilatore le situazioni ritenute anomale. Questo strumento è ritenuto oggi fondamentale, in quanto le etichette di molti prodotti prevedono particolari limitazioni quali dosi massime utilizzabili per unità di superficie e spesso anche numero massimo di interventi per anno. Ulteriori limitazioni sono previste dai Disciplinari di produzione integrata (in particolare quello del melo), soprattutto relative al numero massimo di interventi per anno, riferiti anche a prodotti della stessa famiglia, o alle dosi massime utilizzabili per diserbo e concimi. La complessità delle regole spesso espone i produttori al rischio di incorrere involontariamente in errori anche gravi con conseguenti pesanti sanzioni. Attraverso la registrazione preventiva dell’operazione che si intende effettuare, il Quaderno di campagna informatico permette una pre-verifica della sua congruità, lasciando l’opportunità di rivolgersi ai tecnici specializzati in caso di dubbi. 31 tt 02 ATTUALITà | orticoltura ATTUALITà mar-apr 2013 | anno LVIII Quindicimila visitatori (nonostante la pioggia) alla decima edizione Le suggestioni di Ortinparco Corrado Zanetti 32 Q uasi 130 mila visitatori in dieci anni: basterebbe questo dato per spiegare il successo di Ortinparco, la rassegna dedicata all’orto ed a tutto ciò che ruota attorno ad esso organizzata dal Servizio Conservazione della natura e valorizzazione ambientale della Provincia autonoma di Trento. Un gioioso appuntamento con la primavera che anche quest’anno ha aperto al pubblico (sempre più composto anche da visitatori provenienti da fuori Trentino) i cancelli dello storico Parco asburgico delle Terme di Levico, in Valsugana, mettendo in scena una trentina di installazioni e allestimenti di orti-giardino, laboratori didatticocreativi per bambini e adulti, mostre a tema, spettacoli teatrali e musicali, e naturalmente la presenza dei florovivaisti, del mercatino dei contadini e dell’artigianato artistico. Quasi 15 mila i visitatori (molti considerando le giornate piovose), dal 25 al 28 aprile, per una quattro giorni che ha festeggiato quest’anno la decima edizione. Forme, colori, profumi, sapori: queste le “suggestioni” alle quali si sono ispirati quest’anno gli organizzatori, un progetto, e non solo un evento, al quale credono in molti: il Comune di Levico Terme e l’Apt Valsugana, innanzitutto, che da anni assegnano ad Ortinparco il ruolo di evento “apripista” della stagione turistica, l’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente, ristoratori e commercianti della Valsugana, e naturalmente le scuole: oltre un migliaio gli alunni che nelle giornate del 22-23 e 24 aprile han- tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII | Attualità orticoltura ATTUALITà 33 Foto Archivio Serv. Conservazione della natura e Valorizzazione Ambientale no partecipato ai laboratori didattici. E proprio del carattere “didattico” di Ortinparco ha parlato alla presentazione l’assessore all’agricoltura, foreste, turismo e promozione Tiziano Mellarini: “Ortinparco ha la funzione di mettere in vetrina questo parco storico, ma è anche l’occasione per trasmettere nozioni didattiche e saperi agronomici ad un pubblico che sta sempre più riscoprendo i valori dell’agricoltura e di una ruralità che sta tornando ad essere protagonista. Un pubblico del quale sono una componente privilegiata i bambini, futuri protagonisti della nostra comunittà. E’ questo il modo migliore per far capire come il Trentino ha nel verde la sua forza”. I vialetti e prati del Parco delle Terme di Levico sono diventati una sorta di scuola verde all’aperto, per questo a proposito di Ortinparco è giustificato parlare di “progetto”, sia per quanto riguarda la didattica ma anche per il turismo e le realtà sociali. Ecco perchè, come riconosce anche il sindaco di Levico Gianpiero Passamani, la manifestazione è riuscita a catalizzare disponibilità, attenzioni e interessi, coinvolgendo istituzioni pubbliche e soggetti privati. “L’edizione 2013 - spiega Innocenzo Coppola, dirigente del Servizio Conservazione della natura - ha dovuto anch’essa fare i conti con la necessità di risparmiare le risorse: ci siamo sforzati però di allestire una rassegna forse meno affollata di eventi, ma non per questo di minore qualità. Abbiamo voluto quest’anno stimolare i visitatori a cogliere una maggiore raffinatezza, a vivere le suggestioni, osservare i colori, a cogliere sapori e profumi. Mi pare che ci siamo riusciti” Il programma è stato messo a punto grazie alla capacità ideativa e alla fantasia dello staff guidato dal curatore del Parco, Fabrizio Fronza, arricchite dallo sguardo esperto di Arte Sella, nuovo collaboratore di Ortinparco. Tra le “attrazioni”, meritano una citazione la bella mostra fotografica del francese Cédric Pollet, che da anni gira il mondo fotografando le cortecce degli alberi (oltre 20.000 fotografie botaniche nel suo archivio) ospitata nella storica Villa Paradiso all’interno del Parco, e le performances di danza verticale sugli alberi del Parco della Compagnia di danza contemporanea Cafelulé. tt 02 LEGISLAZIONE firmato 2013 | anno LVIII provincia Canoni di affitto ridotti per cooperative e aziende agricole I 34 mar-apr A Mellarini anche la caccia e pesca A seguito delle dimissioni da componente della Giunta provinciale di Franco Panizza, eletto al Senato, il presidente della Provincia Alberto Pacher ha provveduto il 28 aprile scorso a ripartire gli affari tra gli assessori. Nuove competenze - tra cui caccia e pesca - sono state affidate, tra gli altri, all’assessore Tiziano Mellarini. Questo il quadro completo delle sue competenze. ► agricoltura, patrimonio zootecnico ed ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie sperimentali, servizi antigrandine, bonifica; ► ordinamento minime proprietà colturali; ► alpicoltura; agriturismo; ► foreste, ivi comprese le foreste demaniali; ► opere di prevenzione e di pronto intervento per calamità pubbliche di competenza dei servizi forestali; ► fiere e mercati; ► turismo e industria alberghiera, comprese le guide, i portatori alpini, i maestri di sci e le scuole di sci; ► acque minerali e termali; ► linee funiviarie e impianti a fune; ► vigilanza aziende di promozione turistica; ► interventi per la promozione e la commercializzazione dei prodotti trentini a favore di imprese singole e associate; ► caccia e pesca; ► opere di prevenzione e di pronto intervento per calamità pubbliche, relative ai bacini montani. l 3 maggio scorso la Giunta provinciale, su proposta dell’assessore all’industria, artigianato, commercio e cooperazione, Alessandro Olivi, ha definito le nuove modalità operative per poter usufruire della riduzione del 50% del canone di affitto pagato all’ente gestore (Cooperfidi S.c.) del fondo di rotazione immobiliare. Vengono ammesse tutte le società cooperative con priorità riconosciuta alle nuove aziende costituite da giovani. Attraverso questo Fondo, la Provincia - tramite Cooperfidi - provvede ad operazioni di acquisto, locazione ed alienazione di beni immobili, impianti e attrezzature nei confronti ed a supporto dell’attività di società cooperative, aziende agricole, consorzi di miglioramento fondiario e di bonifica. Mediante il Fondo di rotazione immobiliare, Cooperfidi interviene in situazioni di momentanea difficoltà delle società cooperative ed aziende agricole, acquistando in toto o in parte il loro compendio immobiliare; successivamente, l’azienda rientra nella disponibilità del bene stipulando con il nuovo proprietario (ovvero Cooperfidi) un contratto di affitto. L’operazione avviene a fronte di un piano economico e finanziario di risanamento e rilancio dell’azienda in difficoltà. Con il provvedimento sono stati definiti i nuovi criteri e le modalità operative per poter fruire della possibilità di sconto pari al 50% del canone di affitto pagato all’ente gestore (concessa a titolo di “de minimis”). Parco Stelvio e orso, soluzione in vista Un tavolo di confronto per la Cantina La Vis Via libera all’Istituto di Statistica In occasione dell’incontro avuto il 17 aprile scorso a Roma il ministro dell’Ambiente Corrado Chini (governo Monti) ha comunicato al presidente della Provincia Alberto Pacher di aver disposto la predisposizione degli atti per ripristinare la composizione degli organi di amministrazione dell’ente Parco Nazionale dello Stelvio. Con tale passaggio - questa l’assicurazione verrà ripristinata a breve la piena operatività del Parco. Lo stesso Chini si è inoltre impegnato ad attivare un gruppo di lavoro per individuare possibili modifiche al protocollo operativo che disciplina il “Progetto orso”. Ora la palla passa ovviamente al nuovo governo Letta. La complessiva situazione della cantina di Lavis è oggetto di grande attenzione, sia da parte della Provincia autonoma che della Federazione trentina della Cooperazione, tenuto conto che sotto il profilo finanziario e patrimoniale non sono stati ancora completamente risolti alcuni profili di criticità, come del resto confermato nel corso delle revisioni, previste dalla legge, alle quali in questi mesi la cantina è stata sottoposta. È quanto hanno affermato il 12 aprile scorso il presidente della Provincia Alberto Pacher e gli assessori Tiziano Mellarini e Alessandro Olivi incontrando il presidente della Cooperazione trentina, Diego Schelfi e il direttore generale della Federazione trentina della Cooperazione, Carlo Dellasega. Ribadendo come in ogni caso la Cantina La Vis rimanga uno degli attori fondamentali del sistema viticolo cooperativo trentino, si è deciso di attivare un tavolo di confronto comune con la Cantina per valutare in modo approfondito come affrontare le criticità ancora da risolvere e come declinare al meglio le prospettive di sviluppo. Approvato dalla Giunta provinciale il disegno di legge di riordino della funzione statistica in Trentino e che istituisce l’Istituto di Statistica della Provincia autonoma di Trento. Il disegno di legge ha l’obiettivo di razionalizzare e semplificare l’attività statistica nonché le strutture che svolgono tale attività, in coerenza con il contesto nazionale, europeo ed internazionale. L’attuale legge provinciale risale al 1981 e pertanto necessitava di una profonda revisione per adeguare la funzione statistica alle nuove esigenze conoscitive del Trentino, e per introdurre le innovazioni normative nel frattempo intervenute. In trent’anni la statistica ha visto l’affermarsi di innovazioni significative sul piano funzionale, nelle tecniche di rilevazione e nell’uso delle nuove tecnologie informatiche, nonché nelle esigenze conoscitive, nelle modalità e nei tempi di diffusione della statistica. Nella predisposizione del disegno di legge sono stati considerati sia il Codice delle statistiche europee che il Codice italiano della statistica ufficiale. tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII speciale FLORICOLTURA 35 Speciale Floricoltura Testi: Sergio Ferrari Interviste ai floricoltori: Lucia Facchinelli Foto: Romano Magrone speciale floricoltura tt 02 01 mar-apr gen-feb 2013 2012 | anno anno LVIII LVII Floricoltori DI 36 L TERRITORIO a floricoltura è il quinto settore dell’agricoltura trentina con una produzione lorda vendibile (PLV) di 37 milioni di euro. Le aziende attive sono 180 con 600 addetti fra titolari e coadiuvanti familiari ed un indotto lavorativo che supera abbondantemente le 1.000 persone. La superficie produttiva coperta (serre ed altri manufatti) raggiunge i 30 mila metri quadrati. L’elenco delle specie da fiore coltivate in Trentino comprende: 2 milioni 500 mila gerani e fiori da balcone; 370 mila ciclamini; 350 mila stelle di Natale; 240 mila crisantemi; 340 mila tra viole e primule; 750 mila piante da fiore annuali e 3 milioni di piantine da orto e erbe aromatiche. Alcuni particolari microclimi conferiscono alle produzioni floricole trentine caratteristiche qualitative che le rendono particolarmente riconoscibili e quindi ricercate. Ben riconoscibili sono però anche le ragioni che spiegano le difficoltà che condizionano negativamente lo sviluppo del settore. “Le nuove aziende produttive - spiega l’assessore all’agricoltura, foreste, turismo e promozione Tiziano Mellarini - che sono nate prevalentemente nelle valli periferiche, contribuendo a creare posti di lavoro qualificati e stabili in molte aree di montagna, faticano fortemente a reggere la concorrenza di un mercato sempre più organizzato e globalizzato a causa delle loro ridotte dimensioni e per gli elevati costi di produzione”. Le difficoltà per la floricoltura trentina sono riconducibili ad una serie di fattori e situazioni convergenti: diminuita capacità di spesa delle famiglie, cambiamento degli stili di vita, costi energetici in continui rialzo, concorrenza agguerrita dall’estero e da fuori provincia, ma soprattutto da parte delle grandi catene della distribuzione, presenti sul mercato con fiori e piante a prezzi incomparabilmente inferiori. La crisi è però accentuata da alcune carenze di carattere strutturale ed organizzativo: la mancanza di punti di riferimento precisi, l’assenza di una struttura commerciale, scarsa aggregazione dei produttori (l’unica associazione presente, A.Flo.Vi.T., rappresenta solo una trentina di aziende), dipendenza dalle ditte commerciali per la sperimentazione e l’attività dimostrativa, assistenza tecnica insufficiente. Come si può uscire da questa situazione di stallo? La strategia individuata dal nuovo direttivo dell’associazione, recentemente eletto (vedi scheda), è quella di dare vita e contenuto ad un progetto comune che, pur lasciando ad ogni azienda piena autonomia gestionale, preveda il graduale raggiungimento di alcuni obiettivi: ► Acquisire nuove adesioni ad Aflovit per avere maggiore visibilità e forza contrattuale nei confronti dell’ente pubblico. ► Proporre un punto aggregativo tra aziende floricole, giardinerie comunali e quanti operano a vario titolo nel settore del verde e per la valorizzazione della flora naturale del territorio. ► Favorire sinergie con altri settori economici. ► Lanciare nuove forme di turismo legate alle risorse ambientali. ► Incentivare la presenza del fiore negli stili di vita della gente. ► Promuovere la cultura del fiore. “Per raggiungere questi obiettivi – spiega Maurizio Carletti di Fiera di Primiero, nuovo presidente di Aflovit - sono necessari due interventi decisivi: l’istituzione di un ufficio di consulenza tecnico-economica per la floricoltura e le col- ture protette, e l’approvazione in tempo utile della proposta di legge provinciale che prevede uno stretto raccordo tra fiori, montagna e turismo presentata un anno fa”. La proposta legislativa è quella contenuta nel disegno di legge firmato da Marino Simoni, presidente del Consorzio dei Comuni del Trentino, che reca il titolo provvisorio ”Fiori e turismo”. Le finalità della legge si possono così riassumere: dare corpo ad una maggiore presenza dei floricoltori e fioristi all’interno dei singoli territori; abbinare strettamente fiori e turismo in tutte le forme ed occasioni, creando sinergia fra floricoltori, operatori del verde, promoter pubblici e privati del turismo, operatori alberghieri e dell’accoglienza. Il disegno di legge prevede anche la costituzione di una albo professionale dei floricoltori e di una cabina di regia che programmi e disciplini l’attività e le iniziative di settore, l’istituzione di un servizio di assistenza tecnica e socioeconomica alle aziende floricole. tt 02 mar-apr speciale 2013 | anno LVIII L’ASSOCIAZIONE Aflovit in cerca di rilancio L a sigla A.FLO.VI.T sta per Associazione florovivaisti trentini, fondata nel 1989 con il patrocinio di Confagricoltura del Trentino, sindacato agricolo operante a livello provinciale fin dal primo dopoguerra. Un tempo punto di riferimento e di raccolta dei proprietari di aziende agricole spesso condotte a mezzadria o tramite salariati, in seguito aperto anche al resto del mondo agricolo. Si deve dare atto a Confagricoltura del Trentino di avere fondato non solo Aflovit ma anche altre associazioni di categoria, quali Astro e Apoc riferite ai settori dell’ittiocoltura (troticolture) e dell’allevamento ovi-caprino. Aflovit ha operato fin dall’inizio in tre settori: floricoltori, vivaisti frutticoli, vivaisti viticoli. Il secondo e il terzo comparto si sono in seguito resi autonomi, mantenendo un seguito di adesioni rappresentativo e capace di realizzare le finalità previste dallo statuto: ovviare alle carenze strutturali delle aziende aderenti in materia di commercializzazione, promozione, acquisti collettivi, confronto con la Provincia e la burocrazia, dare vita ad iniziative di vendita dei prodotti degli associati. La sezione fiori è stata gestita per anni da Enrico Cortellini, titolare di una avviata azienda floristica a Trento Sud. Cortellini non fa parte del nuovo direttivo (“Non mi sono candidato per motivi di lavoro”) e ammette che “la sezione fiori di Aflovit non ha fatto molto”, che l’associazione è poco FLORICOLTURA rappresentativa del settore, con solo 30 aderenti su 180 aziende operanti in Trentino, senza contare i fiorai o fioristi “con i quali sarà necessario instaurare rapporti di collaborazione”. A contribuire alla mancata crescita dell’associazione sarebbe stata, secondo alcuni, la cessazione dell’attività da parte della cooperativa Trentino Fiori. Questa era nata da una lucida intuizione di Diego Coller, direttore di Confagricoltura del Trentino, ma in seguito non ha potuto contare su un costante conferimento di prodotto da portare sul mercato. Per molti floricoltori la funzione della cooperativa era quella di strumento di salvaguardia solo in tempi critici. Si aggiunga la non felice allocazione della sede. Anche il marchio “Fiori del Trentino” è nato in seno ad Aflovit, e rimane uno strumento utile e riconosciuto per contrassegnare non solo gerani e ciclamini, ma anche altre specie di fiori coltivati dagli associati, purchè il prodotto presenti elevati requisiti di qualità e distintività. Il nuovo direttivo Maurizio Carletti di Fiera di Primiero è il nuovo presidente di Aflovit, associazione operatori florovivaisti trentini che fa capo alla sezione trentina di Confagricoltura. Alla vicepresidenza è stato eletto Marco Zamboni di Vattaro. Il direttivo è composto da cinque rappresentanti territoriali: Mario Calliari, Luciano Martinelli, Stefano Longo, Stefano Piazzera e Michele Buccella. Gli aderenti ad Aflovit sono a tutt’oggi 30. Le iscrizioni sono aperte a quanti intendono rilanciare l’attività dell’associazione, che da tempo sconta l’assenza di una presenza operativa efficace nel settore produttivo e commerciale. 37 speciale floricoltura tt 02 01 mar-apr gen-feb 2013 2012 | anno anno LVIII LVII LA FORMAZIONE PROFESSIONALE A sinistra momento di formazione con un esperto del settore; sopra potatura della rosa Tecnico superiore del verde A San Michele il corso 38 A metà degli anni ‘80 del secolo scorso il prof. Attilio Scienza, al tempo direttore dell’Istituto agrario di S. Michele, sostenuto da qualche docente lanciò l’idea di attivare all’interno dell’Istituto Tecnico agrario una specializzazione in floricoltura, giardinaggio e progettazione del verde urbano. Il progetto non fù realizzato, forse per non ostacolare la neo costituita scuola professionale di orticoltura e giardinaggio di Arco affidata all’ENAIP. Solo nel 2008 la Provincia di Trento diede incarico al Centro istruzione e formazione della Fondazione Edmund Mach (ex Istituto agrario di S. Michele a/Adige) di attivare un corso biennale di alta formazione professionale per tecnico superiore del verde. L’iniziativa è stata accolta con favore da almeno tre categorie professionali: dipendenti di enti pubblici, titolari o coadiuvanti di aziende florovivaistiche private, studi professionali. Franco Frisanco, coordinatore del corso, annuncia con orgoglio che il corso è ormai giunto alla terza edizione. Il programma prevede 1200 ore di attività formativa di gruppo concentrata nei primi tre giorni della settimana e altrettante ore di tirocinio anche fuori dal Trentino. La docenza è affidata ad esperti di elevata competenza. Sapere e saper fare è il motto che ispira il corso. Non solo nella progettazione e nella realizzazione del verde urbano, ma anche nella coltivazione dei fiori e delle piante che ne I PROBLEMI DELLA FLORICOLTURA IN SERRA Difesa fitosanitaria e riscaldamento” I costi della difesa fitosanitaria delle piante coltivate in serra non sono molto elevati, anche se i prodotti impiegati a tale scopo sono piuttosto cari. Occorre però fare una distinzione tra le floricolture di fondo valle e quelle di montagna. Per queste ultime, il costo medio della difesa per l’intero arco dell’anno è di circa 2 euro a metro quadro. Insetti e acari devono essere bloccati al primo apparire. I prodotti a disposizione sono numerosi e sempre meno pericolosi per la salute degli operatori e del cliente. Fra le malattie da funghi serve primariamente il controllo dell’umidità o un trattamento preventivo a base di rame e di zolfo. Nei laboratori delle multinazionali si sono fatti notevoli progressi non solo nella selezione di nuove varietà e cloni ma anche di piante resistenti a qualsiasi avversità. Lo stesso discorso vale anche per il terreno da mettere nei contenitori: si trovano da acquistare terricci adatti per ogni singola specie o varietà di fiore. Relativamente alle serre floricole un altro aspetto da considerare è quello dei costi per il loro riscaldamento. La serra gestita da Paolo Passerini, ad esempio, poco distante da Brentonico, a circa 1000 metri di altitudine e quindi con una stagione invernale prolungata, si affida ad un impianto di tipo integrato: energia elettrica, gas metano e gasolio, con una spesa media annuale di riscaldamento compresa fra 15 e 20 euro a metro quadrato. Altri imprenditori floricoli trentini hanno optato invece per pannelli fotovoltaici e solari o altre fonti energetiche alternative. rappresentano la materia prima. Per quanto riguarda la formazione professionale di primo livello, va detto che in passato gli aspiranti floricoltori che non si accontentavano di esercitare un mestiere mutuato dall’esperienza pratica, frequentavano a loro spese la scuola di Minoprio. A partire dall’anno scolastico 2009-2010 l’ortofloricoltura e il verde ornamentale sono stati inseriti, insieme al vivaismo di settore e viticolo, nel programma di insegnamento della Scuola professionale. Gianluca Zadra, diplomato perito agrario, svolge attività di insegnante tecnico pratico all’interno di due percorsi scolastici distinti: Scuola per imprenditori agricoli (TIA) e corso per operatori tecnici agricoli (OTA). I primi si preparano a subentrare nell’azienda agricola paterna, i secondi aspirano ad acquisire un diploma triennale o quadriennale da spendere a servizio di terzi. Chi sceglie l’indirizzo florovivaistico (a giugno si diplomeranno i primi 5 TIA) deve sobbarcarsi un impegno di non poco peso: due ore di insegnamento specifico a settimana nei primi due anni, 10 al terzo, 12 al quarto anno. Più due tirocini di tre settimane “sul campo”, in autunno e primavera, per completare con la pratica la preparazione professionale. tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII speciale FLORICOLTURA Il tecnico Umberto Viola “Strade dei fiori in ogni valle” D opo il diploma di perito agrario guadagnato con onore all’Istituto Tecnico agrario di S. Michele, Umberto Viola ha frequentato con interesse e profitto il corso indetto dall’Università di Trento per assistente socio-economico. Una figura prevista da una delle quattro direttive dell’Unione Europea per la riforma dell’agricoltura. Preclusa l’attività di assistenza socio-economica (solo pochi su 25 ebbero un incarico confacente alla specializzazione acquisita), il giovane perito agrario entrò per concorso nel Servizio di assistenza tecnica dell’Esat e gli fu affidata l’assistenza tecnica ai floricoltori trentini che nei primi anni ’70 erano una cinquantina. Incarico accettato con entusiasmo, perché la passione per la floricoltura era già nata e cresciuta negli anni della scuola. Trent’anni dedicati ai floricoltori, prima all’Esat, poi a S. Michele al Centro per il trasferimento tecnologico. “Visitavo tutte le aziende floristiche almeno una volta al mese e anche più di una volta se c’erano problemi da risolvere” racconta Viola. “La consuetudine ha trasformato il rapporto professionale in reciproca conoscenza e stima. In molti casi anche in amicizia. Tra le criticità del settore vedo senz’altro la tendenza all’isolamento: il vicino è visto come concorrente ed ogni azienda lavora per conto proprio cercando di risolvere i problemi da sé. I floricoltori trentini sono però persone dotate di creatività e volontà di proporre alla clientela prodotti sempre nuovi. Quanto a professionalità, molti possono dire di essersela costruita da soli, abbinando buonsenso e determinazione, con il supporto della consulenza”. Il 3 giugno 2012, in collaborazione con vari esponenti di settore del Primiero, Umberto Viola ha “inaugurato”, alla presenza di un centinaio di persone il primo “Sentiero dei fiori” interamente progettato nella zona, toccando i paesi di Mezzano, Fiera di Primiero, Imer e Transacqua. Non si è trattato di un semplice percorso botanico, ma di una piacevole gita in compagnia che ha coinvolto anziani, giovani e ragazzi per l’intera giornata. Si tratta di una iniziativa trasferibile ad altre realtà territoriali? “Basta individuare - dice Viola - in una qualsiasi zona del Trentino, non necessariamente rinomata ma sufficientemente dotata di vie di accesso praticabili e di luoghi da vedere e visitare, nonché di punti di riferimento per una ospitalità dignitosa e gioiosa, un percorso inserito in un contesto naturale. La giornata deve essere preparata nei minimi particolari e gestita da persona competente e polivalente, dotata non solo di conoscenze ma anche di capacità di suscitare l’interesse dei gitanti alla scoperta e apprezzamento di quanto vedono ma che, mancando la guida, Foto Bruno Scalet Quanto conta la luce? Osservando la bellezza dei fiori che crescono in montagna, viene facile supporre che il clima temperato e/o continentale del Trentino contribuisca a fare più belli anche i fiori coltivati in serra. In realtà la luce, intesa come intensità e qualità, è determinante ma solo se gestita bene: collocazione ed espansione della serra, materiale di copertura, gestione dell’umidità e dell’arieggiamento sono fattori importanti. Da sola la luce non basta a fare la differenza. L’intervento tecnico e la professionalità del floricoltore sono complementari al clima di montagna. Il clima potrebbe essere sfruttato per coltivare fiori che in pianura non si trovano o per offrirli fuori tempo rispetto alla concorrenza di fuori provincia. L’elenco comprende: lupino, delfinium, digitale, rubechia, garofani perenni, aquilegia. Vi si possono aggiungere genziana, arnica, erica e stella alpina da utilizzare anche come materia prima dalla quale ricavare derivati cosmetici e coadiuvanti della salute. Qualcuno ha già intrapreso questa strada. sfuggirebbe all’attenzione. Il percorso può essere variato su tematiche differenziate in base all’età prevalente del gruppo. Una scansione particolare devono avere i prodotti tipici della zona, in primo luogo quelli artigianali e agroalimentari. I secondi assumono un momento di apprezzamento durante il pranzo che deve riservare al gruppo inedite sorprese”. Tornando alla prima esperienza del Primiero, grande interesse ha suscitato il Giardino delle rose del comune di Transacqua. Ma non minore è stata l’attenzione riservata alle tradizionali cataste di legna da ardere allestite accanto alle case di abitazione e i molti orti-giardino coltivati secondo gli insegnamenti delle nonne, quando ortaggi e fiori erano riservati rispettivamente alla famiglia e alla chiesa o al cimitero del paese. 39 speciale floricoltura tt 02 01 mar-apr gen-feb 2013 2012 | anno anno LVIII LVII STEFANO PIAZZERA / Nave San Rocco “Solo uniti possiamo contare” L 40 a crisi economica? Una scusa per gli inetti e un’opportunità di cambiamento in positivo per gli audaci, per quanti credono nella loro missione”. Stefano Piazzera, titolare dell’omonimo garden a Nave San Rocco, affronta con filosofia le difficoltà che anche il settore floricolo trentino vive. Uno dei primi orchidofili (produttori e coltivatori di orchidee) regionali, ha scelto di ampliare l’azienda agricola paterna, convinto che alta formazione professionale, attenzione alle esigenze del cliente e gioco di squadra possano contribuire al rilancio non solo del settore, ma di un modo nuovo e al passo con i tempi di intendere l’imprenditoria privata, troppo spesso dipendente dai contributi pubblici. Il vostro lavoro richiede un impegno totalizzante, al pari di quello di un al- levatore? “Sono finiti i tempi del relativo benessere. Negli ultimi anni i margini si sono ridotti all’osso, lavoriamo molte ore al giorno, spesso anche la domenica, cercando di rimanere sul mercato e di non perdere i clienti, ma è sempre più difficile. I fornitori esteri sono soliti accorciare i cicli vitali delle piante bombardandoli di azoto, e così una volta che arrivano da noi siamo costretti, se vogliamo garantire i nostri clienti sulla durata delle loro piante, ad intervenire in modo spesso costoso, non lesinando cure e attenzioni che comportano costi e investimenti in impianti e personale importanti”. È stato recentemente eletto nel consiglio di Aflovit. Con quali aspettative? “Credo che per rilanciare il nostro settore occorra fare rete con tutti sul territorio. Creare occasioni che diano maggior visibilità ai no- ANTONIO TRENTINI / Villazzano “Noi fioristi, penalizzati dalla fretta del cliente” F loral designer tra i più conosciuti a livello nazionale. Formatore esperto e aggiornato, offre proposte innovative e di tendenza, ma con un particolare approccio nostrano, che non tradisce le sue origini trentine. “El Toni dei fiori”, nome del negozio fioreria di Villazzano, è la vetrina d’eccellenza dei fioristi trentini, il piccolo “Eden” di Antonio Trentini, presidente della sezione fioristi provinciale. Rispetto al mercato, la figura professionale del fiorista ha subito un’evoluzione o, al contrario, un’involuzione? “Senza alcun dubbio un’evoluzione, che ha consentito di rimanere nel mercato dei fiori, sempre più occupato dalla concorrenza spietata della grande distribuzione organizzata e stri associati, partecipando uniti e compatti alle diverse manifestazioni locali, evitando di farci rappresentare da altri provenienti da fuori regione. Non sempre, nell’immediato, tali iniziative portano dei risultati economicamente misurabili, ma dobbiamo convincerci che solo uniti possiamo far pesare le nostre istanze nelle opportuni sedi”. dai titolari di garden center, pluri specializzati. Esserci oggi, nonostante le differenze in termini di prezzi, soprattutto, ma anche di prodotti che ci differenziano dai principali competitor, significa che ciascuno di noi ha dovuto rimboccarsi le mani, aguzzare l’ingegno e dar spazio alla fantasia, accrescendo la nostra professionalità. Quali sono le maggiori criticità che vive oggi il vostro settore? “Oltre alla concorrenza con i supermercati e gli abusivi, che vendono un mazzo di rose al medesimo prezzo di quanto ne vendiamo una noi in fioreria, il problema maggiore è senz’altro imputabile alla mancanza di sensibilità da parte dei clienti finali che, travolti dalla fretta e dalla crisi, non riescono a cogliere le differenze garantite dal nostro servizio accurato ed esclusivo, che punta al particolare, alla ricercatezza dei fiori che più rispecchiano, secondo il linguaggio dei fiori, la personalità dell’acquirente. È ipotizzabile una “convivenza pacifica” tra voi e i florovivaisti? “No. Noi collaboriamo con loro, ci chiamano per organizzare gli spazi espositivi nei garden center, gli show room dei loro punti vendita ma poi non esiste un dialogo costruttivo, che rafforzi il clima tra gli operatori del sistema. Ciascuno per sé. Noi siamo destinati a trasformarci in negozio d’oggettistica, considerato che sempre meno i clienti sono disposti a riconoscerci quel valore aggiunto che ci distingue, fatto di attenzione al dettaglio nella confezione.” tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII speciale FLORICOLTURA MARIO CALLIARI / Volano “Coltivare fiori fa star bene con se stessi e gli altri” È senza dubbio appropriato definirlo un “figlio dei fiori”. Non solo perché è entrato in azienda negli anni in cui il movimento si formava, quanto perché la passione per la cura e la coltivazione dei fiori gli è stata tramandata dal padre Mariano, uno dei primi florovivaisti trentini, che decise di aprire a Volano la prima serra, passata a metà anni ’80 al figlio Mario Calliari, oggi titolare assieme ai fratelli Luca e Ugo di uno dei maggiori garden center provinciali. Com’è cambiato nel corso degli anni il vostro lavoro rispetto al cliente finale? “E’ cambiato soprattutto rispetto alla filosofia che abbiamo scelto di seguire: non solo lavoro per fare business, ma caratterizzato da una forte valenza sociale. La cura del verde, il giardinaggio e anche la coltivazione dell’orto famigliare offrono molti vantaggi in termini psicofisici. Si lavora a contatto con la natura, cercando di rispettare il ciclo biologico, di offrire occasioni di crescita personale e professionale innanzitutto ai nostri dipendenti, una ventina, e poi anche a moltissimi giovani studenti del corso di Tecnico Superiore del Verde, istituito presso la Fondazione Mach con la quale collaboriamo da anni. Non solo: offriamo laboratori e proposte calibrate per età, anche ai bambini della scuola materna e per gli scolari. Coltivare fiori è anche un modo per stare bene con se stessi e gli altri? Sì, certo. Siamo molto sensibili verso le persone fragili, a quanti sono seguiti da cooperative sociali sul territorio, ai quali offriamo la possibilità di praticare la garden terapy presso le nostre serre, con risultati sorprendenti. Noi siamo convinti che sia fondamentale – e i dati di bilancio ce lo confermano ancora – stabilire un patto con le giovani generazioni e con quanti godono del nostro lavoro, attraverso l’acquisto di fiori da balcone o giardino, o i consigli che possiamo dar loro sia tecnici che estetici circa la passione per le piante.” Serre interamente ristrutturate con impianti ecocompatibili e tecnologie d’avanguardia: anche la floricoltura può essere sostenibile? “Deve esserlo. Caldaia a cippato, prodotto in azienda, recupero dell’acqua piovana e di quella utilizzata per l’irrigazione, pannelli fotovoltaici: crediamo che un’azienda come la nostra debba farsi portabandiera di valori quali la tutela ambientale, anche per rinsaldare il patto di fiducia e credibilità con i nostri clienti finali”. MAURIZIO CARLETTI / Imer “Senza noi un paesaggio in bianco e nero” È la figura del floricoltore che deve cambiare profilo, per riprendere quel rapporto di fiducia con le persone, i nostri clienti finali. Siamo in guerra, e i contendenti siamo noi e la grande distribuzione. L’opinione pubblica ci considera dei ladri rispetto ai commercianti, valutando solo il prezzo finale, senza conoscere il lavoro e i costi che stanno a monte. Le nostre aziende sono sul territorio, lo tutelano, garantiscono occupazione. Senza i fiori, senza il nostro impegno quotidiano, vissuto come un’autentica missione, il nostro paesaggio sarebbe in bianco e nero, senza colori.” È questa l’immagine quanto mai eloquente che Maurizio Carletti, neo eletto presidente di Aflovit, l’associazione di florovivaisti trentini, usa per descrivere il disagio e il senso di incertezza che serpeggiano tra gli operatori florovivaisti. Cosa serve oggi alla vostra categoria per crescere? “Il floricoltore di una zona deve essere responsabile del proprio territorio, creando delle sinergie virtuose tra tutti i diversi attori impegnati nel garantire gradevolezza paesaggistica e sviluppo econonico locale. Serve un salto di qualità professionale per collegare strettamente la floricoltura al turismo e al territorio, promuovendo la nostra categoria, al pari di quella degli allevatori o dei produttori del settore lattierocaseario, anche da parte dell’ente pubblico. Non possiamo inoltre lavorare senza un’assistenza tecnica adeguata e costante ”. Quali gli obiettivi di Aflovit? “Abbiamo ricostituito l’associazione dopo anni di vuoto, generato da tensioni interne ed esterne. Ora dobbiamo ripartire con la consapevolezza che non possiamo più pensare solo al nostro piccolo orticello, ma dobbiamo essere lungimiranti e guardare al futuro, nell’ottica di continuare a garantire la nostra indispensabile presenza sul territorio. Invito tutti i colleghi a voler unire le forze. In futuro dovremo cercare anche collaborazioni con i fioristi: non chiudiamo la porta in faccia a nessuno, nonostante per ora apparteniamo a due parrocchie separate”. 41 tt 02 TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE formazione mar-apr 2013 | anno LVIII Cereali di montagna, farine e panificazione: un particolare percorso didattico alla Fondazione Mach Il 42 pane a scuola Diego Biasiotto docente di chimica e industrie agroalimentari alla Fondazione Edmund Mach Foto Archivio Iasma “La cosa che essi toglievano dal forno assomigliava appena a quella che vi avevano messa. Farina, acqua, sale avevano eseguito la loro danza nel fuoco (…) Questa era la sorte di magia in cui gli Egiziani si deliziavano.” Da la: ‘Civiltà del pane’, editore Panificatori di Treviso, 1998. N ell’ambito dell’agricoltura sociale la classe VB ITA durante l’anno scolastico 2011-2012 ha effettuato un’esperienza didattica su cereali, farine e panificazione. Il lavoro si è articolato in lezioni, esercitazioni ed incontri con esperti. Sono stati studiati i principali cereali della zona alpina come frumento, segale e spelta. È stato seguito il processo di molitura che dalla lavorazione delle cariossidi porta alle farine. Le farine sono state oggetto di analisi specifiche che ne hanno definito le caratteristiche chimiche e reologiche. Il progetto è stato completato con alcune attività di panificazione. I lavori degli studenti sono stati presentati alle Porte aperte all’Istituto Agrario e al centro di salute mentale di Mezzocorona. Importanza della cerealicoltura di montagna, valorizzazione dei prodotti tipici Trentini, professionalità nelle analisi chimiche e competenza nel processo di filiera sono stati gli obiettivi didattici di questo particolare percorso didattico. Cereali e cerealicoltura di montagna Le cariossidi dei cereali sono la materia prima necessaria per la panificazione. Generalmente i cereali sono graminacee e ne sono esempio segale, frumento, farro, avena, mais, sorgo; il grano saraceno tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE formazione A sinistra: analisi farine, ditta Rieper, Vandoies; sotto studenti VB ITA, porte aperte 2011; più in basso estensografo Brabender, ditta Rieper, Vandoies da parassiti come i Cecidomidi; di danni da Fusarium o da segale cornuta. Esiste una tolleranza massima verso questi difetti che è generalmente del 2% del peso complessivo; essa si abbassa allo 0,5% se deriva da segale cornuta. Superata questa soglia vi può essere la riduzione del prezzo o il rifiuto della partita da parte dell’acquirente. Le analisi delle farine Le analisi chimiche delle farine hanno portato alla determinazione di umidità, proteine, acidità ed enzimi amilasi. Utilizzando particolari strumenti come l’alveografo di Chopin, il farinografo e l’estensografo di Brabender sono state misurate le caratteristiche fisiche delle farine come la tenacità, la consistenza e l’estensibilità. Queste proprietà reologiche sono estremamente importanti perché definiscono il grado di lavorabilità di una farina e quindi l’attitudine ad essere panificata. Il glutine nel frumento e nello spelta e i pentosani nella segale sono i composti responsabili di queste proprietà. Glutine e pentosani formano una sorta di reticolo che imprigiona l’anidride carbonica dentro l’impasto, permettendo così la levata del pane durante la cottura. Segale, frumento e spelta sono pertanto cereali panificabili. Per contro mais, avena, orzo, sorgo, grano saraceno, non avendo né pentosani né glutine, non lo sono, almeno in purezza. Possono tuttavia diventarlo qualora siano miscelati con il frumento o con gli altri cereali panificabili. Le panificazioni dana. La superficie cerealicola coltivata nelle zone alpine è per contro estremamente limitata; ciò è dovuto alla difficile meccanizzazione, all’elevata richiesta di manodopera ed anche alla modesta produzione lorda vendibile (PLV) ricavabile. invece è un cereale che appartiene alle poligonacee. La zona di origine dei cereali è il Medioriente. L’addomesticamento dell’uomo ha portato alla selezione di determinati caratteri agronomici quali la grandezza dei semi, la trebbialità, la resistenza all’allettamento. Nel corso del tempo la coltivazione di queste piante si è progressivamente diffusa in tutto il mondo, permeando lo sviluppo e la storia dell’uomo. Oggi più della metà delle terre arabili del mondo, circa 670 milioni di ettari, è coltivata a cereali; frumento, riso e mais sono attualmente i pilastri dell’alimentazione mondiale. La superficie italiana coltivata a cereali è stimabile in circa 5 milioni di ettari ed è in gran parte concentrata nella pianura Pa- I caratteri qualitativi e la produzione delle farine I caratteri qualitativi dei cereali sono insieme definibili da aspetti visivi e da caratteristiche chimiche proprie delle farine che derivano dalla loro trasformazione. I criteri visivi permettono di caratterizzare un cereale come sano, leale e mercantile. A questo riguardo viene controllata nelle cariossidi la presenza di insetti come il punteruolo; di odori estranei come quello dei reflui zootecnici; di impurità, cioè di chicchi spezzati, germinati o attaccati Per la fermentazione del pane fondamentale è l’azione dei microorganismi. Negli impasti madre è basilare l’azione del lievito Saccharomyces cerevisiae. Utilizzando il glucosio proveniente dall’amido, il lievito produce l’anidride carbonica responsabile della lievitazione; insieme vengono prodotte altre sostanze quali esteri, aldeidi e alcoli che complessivamente conferiscono al pane un aroma piacevole e fine. Negli impasti acidi la lievitazione è garantita dall’azione sinergica di diverse specie di lieviti e di batteri lattici. La composizione di questa microflora è tipica e originale di ogni habitat ecologico. E anche in questo caso il pane prodotto viene ad assumere un insieme di sapori originali e delicati. Un ringraziamento particolare per la cortesia e la professionalità prestata va ai ricercatori Giovanni Peratoner e Simone Seiling della stazione agraria di Laimburg (Bz) e alla ditta Rieper di Vandoies (Bz) e in particolare al tecnico Philip Unterpertinger, che ci hanno dato la possibilità di realizzare degli importanti laboratori didattici. 43 TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII Gli ultimi esiti della sperimentazione in corso e il progetto pilota per conservare le mele in modo ancora più sostenibile MELE IN GROTTA Via libera da Melinda al “modello sotterraneo” Livio Fadanelli Fondazione Edmund Mach È delle scorse settimane la decisione presa da parte del consiglio di amministrazione di Melinda, rappresentato dai presidenti delle 16 Cooperative associate, di dare avvio al progetto pilota per la realizzazione di celle da adibire alla conservazione di mele, utilizzando i vuoti di cava per l’ estrazione di dolomia, nelle cave di Mollaro da parte della Tassullo Materiali. Una decisione ponderata, che ha visto nella fase preliminare l’avvio, già nel 2011, di una specifica sperimentazione con il coinvolgimento della Fondazione Edmund Mach, ed in particolare dell’Unità Frutteto Sperimentale e Frigoconservazione del Centro Trasferimento Tecnologico. 44 Le tappe del progetto Ma vediamo di riassumere per gradi i vari passaggi: ► verso la fine del 2010, la Ditta Tassullo Materiali, propone l’ idea di poter utilizzare i vuoti di cava di Mollaro, per realizzarvi delle celle frigorifere, ► nella primavera del 2011, viene istituito presso la Provincia autonoma di Trento un gruppo di lavoro interdisciplinare composto da esperti in materia di ambiente, urbanistica e paesaggio, geologia e miniere, salute, sicurezza del lavoro, attività agricole. Contemporaneamente prendono avvio i primi contatti con FEM e Melinda per una ipotesi di effettiva costruzione di celle in ipogeo. ► Nel novembre del 2011 presso la FEM viene organizzato il seminario “La conservazione dei prodotti ortofrutticoli in ipogeo: tra storia ed innovazione per un modello di sviluppo sostenibile”, che mette in luce tutti gli aspetti legati alle proprietà delle masse rocciose, geologia, condizioni termiche, esperienze di utilizzo degli spazi ipogei e stato dell’arte della conservazione della frutta nel mondo ed in Provincia di Trento. ► Da questo seminario emerge il fatto che non esistono a livello mondiale esperienze di conservazione a temperature positive ed in Atmosfera Controllata (AC) di frutta ed ortaggi freschi. Si decide pertanto di comune accordo tra Tassullo Materiali, Melinda e FEM, di realizzare una cella sperimentale adatta a conservare mele in regime di AC, nelle viscere della miniera di Mollaro. Nel marzo del 2012 la cella in ipogeo viene realizzata, secondo i criteri esposti nella tabella n°1 e si decide di dare avvio alla conservazione di mele in ipogeo a confronto con mele conservate in analoga cella realizzata fuori terra. La fase di sperimentazione può trarre conclusioni apprezzabili dopo 2 periodi di conservazione in AC, secondo un preciso protocollo di prove, nel mese di febbraio 2013, con successiva presentazione dei risultati al Comitato Celle Ipogee costituito in Melinda, alla Tassullo Materiali ed infine all’assemblea dei soci di Melinda. Gli obiettivi della sperimentazione erano: ► verificare il comportamento delle stesse mele Golden di provenienza Val di Non, nelle 2 tesi di prova: IPOGEO - FUORI TERRA; ► stimare l’ andamento dei parametri (T°-UR%, CO2% e O2%) ed i consumi energetici nei due casi e nei due periodi (2011-2012/13); ► effettuare analisi fisico-chimiche, fisio-patologiche e valutative di stessi lotti di mele ad inizio, metà, e fine conservazione dopo shelf life; Foto n° 8: CELLA SPERIMENTALE IPOGEA (fase di svuotamento) foto Archivio Iasma ► poter produrre una eventuale ipotesi progettuale per la realizzazione di un complesso di celle in ipogeo (sotterranee). I risultati ottenuti ► le mele hanno espresso una identica adattabilità sia in ipogeo che fuori terra; ► il decadimento qualitativo delle mele Golden dopo due stagioni di prove è stato praticamente identico, (foto n° 2 A-B); ► l’andamento dei parametri di conservazione è stato simile in entrambe i casi; ► il raffreddamento iniziale della frutta è stato più veloce in ipogeo per effetto della restituzione di freddo da parte della roccia; ► i consumi energetici totali sono risultati differenti e maggiori nella cella in ipogeo (tabella n° 4); ► La dispersione del freddo nella massa rocciosa ha prodotto un maggiore funzionamento dell’impianto frigo in ipogeo producendo maggiori consumi energetici. Si è potuto inoltre constatare che: ► la massa rocciosa ha una sua propria reattività termica, tende ad accumulare freddo, ma è sensibile anche a minime variazioni di temperatura, (dopo 2 periodi di prova la temperatura nella roccia ad un metro di profondità era di 1,5-2 C°); ► in una prima fase (qualche anno) si renderà necessario raffreddare in continuo la massa rocciosa fino a portarla a condizioni di equilibrio termico, solo da questo momento in avanti sarà semmai possibile ottenere la “restituzione del freddo” dalla roccia con conseguenti risparmi energetici. Una nuova fase di sperimentazioni Come sopra accennato, i risultati fin qui ottenuti dalla sperimentazione hanno messo dei punti fermi importanti: ► la conservazione di mele in AC tipo ULO in ipogeo è possibile; ► l’isolazione delle pareti rocciose non pare necessaria, soprattutto se si vuole usufruire della massività termica della dolomia; ► i consumi energetici potranno essere in un primo periodo più elevati per dover raffreddare la roccia, ma probabilmente ampiamente restituiti in condizioni a regime di equilibrio; ► è possibile passare ad una fase evoluta con la realizzazione di un im- tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE Foto n. 2A pianto pilota per una capacità di circa 80.000 q.li suddivisi in 12 celle quale primo blocco di un possibile futuro e più ampio progetto per una capienza refrigerata totale di circa 500.000 q.li di mele.(Foto n° 6-7); ► È opportuno continuare le prove nella celletta sperimentale (1200 q.li circa), anche per verificare il comportamento “storico” della stessa soprattutto in fatto di consumo e/o risparmio energetico effettivo e la rispondenza con le simulazioni teoriche calcolate. (Foto n° 8) Nuovi problemi da affrontare Foto n. 2B Tabella n. 4: CONSUMI ENERGETICI 2012/13 Dal progetto pilota potranno emergere tanti nuovi problemi da affrontare, tra i quali: ► la parte logistica gestionale (per la quale è prevedibile una automazione pressoché totale del trasporto della frutta in cassoni, dall’esterno alle celle); ► la massima garanzia della sicurezza negli ambienti di lavoro per il personale addetto alle varie operazioni (carico-scaricogestione e manutenzione impianti ecc.), con un importante ruolo della sensoristica sensibile applicata in tutti gli ambienti (rilevazione in continuo dei gas presenti); ► l’effettiva possibilità di poter costruire un impianto di refrigerazione a “resa termica flessibile”, in grado di far fronte ad esigenze termo-dinamiche variabili (periodo di raffreddamento roccia e frutta e periodi di successivo mantenimento); ► verificare la migliore ipotesi per ottenere i necessari ricambi di aria, ambiente esterno-celle e viceversa, in regime di scambio termico; ► offrire spazio alle idee ed alle proposte che vorranno pervenire dal mondo dell’ industria impiantistica di settore (frigo-AC-Automazione), con una interazione collaborativa e costruttiva; ► confermare l’ ottimizzazione del COP (Coefficiente di performance) delle macchine frigorifere utilizzate, in effetto della condensazione effettuata con acqua presente in miniera in grande quantità ed a temperatura costante (principio di geotermia). Una sfida altamente innovativa e stimolante Foto n. 6: MODELLIZZAZIONE DELL’ IPOTESI PROGETTUALE TOTALE Inutile dire che da addetto ai lavori e per il fatto che mi occupo di conservazione di prodotti ortofrutticoli da oltre 30 anni, trovo la cosa stimolante, entusiasmante ed assolutamente innovativa. Ancora una volta la collaborazione tra il mondo della ricerca-sperimentazione applicata, quello dell’industria e dell’agricoltura, con il benestare ed il sostegno della Provincia autonoma di Trento potranno offrire al Trentino qualcosa di particolarmente interessante sotto vari profili. Ne individuo cinque: ► un progetto all’insegna del risparmio di territorio a beneficio dell’utilizzo di spazi vuoti disponibili in ipogeo; ► la possibile risposta alla richiesta di crescenti volumi di mele prodotte in futuro e come ipotizzati dall’O.P. Melinda, da destinare a conservazione di lungo periodo (oltre 10 mesi); ► l’adozione di soluzioni impiantistiche (frigo-AC), in grado di ottimizzare le risorse energetiche disponibili (acqua in sotterraneo,) e l’utilizzazione di materiali inquinanti (realizzazione delle celle senza materiali isolanti); ► un impianto di eccellenza sotto il profilo della gestione automatizzata e della sicurezza per gli operatori; ► un “modello sotterraneo” da far visitare al turista, ed una immagine di grande e forte valorizzazione per il comparto agricolo, per Melinda, per la Val di Non e per il Trentino. Innovazione e cultura ambientale, agricoltura–industria e turismo con l’attenta partecipazione e coinvolgimento di Fondazione Mach e Provincia, non potranno che offrire ancora una volta risposte positive a questa nuova sfida anche economica in un momento in cui tutti siamo concordi nel dire “...ce ne sarebbe veramente bisogno” . Foto n. 7: PROGETTO PILOTA (ipotesi progettuale) 45 TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII CINIPIDE DEL CASTAGNO Risultati di 3 anni di lotta biologica Cristina Salvadori e Federico Pedrazzoli FEM-CTT, Unità Protezione delle piante e Biodiversità agroforestale Foto Archivio Iasma Galle di D. kuriphilus; a destra area di moltiplicazione a Nago; in basso allevamento e conservazione di T. sinensis. 46 Il castagno, in Trentino come nel resto del suo areale, riveste notevole importanza non solo economica, quale risorsa forestale e specie da frutto, ma anche ecologica, poiché i castagneti sono elemento caratterizzante l’ambiente collinare-submontano, contribuiscono alla difesa idrogeologica del suolo e concorrono alla conservazione della biodiversità. Occupando spazi a cavallo tra bosco e agricoltura convenzionale, essi assumono un ruolo strategico nei programmi di valorizzazione territoriale, in particolare in aree a rischio di marginalità economica, abbandono e degrado ambientale. Per questo, negli ultimi decenni si è assistito ad un progressivo aumento di interesse e investimenti per il settore castanicolo che, pur rimanendo nell’ambito delle colture cosiddette “minori”, risulta di notevole importanza per l’agricoltura di montagna e la tutela del territorio. Il “nemico” dei castagni e il suo antagonista La principale avversità con cui i castanicoltori hanno dovuto confrontarsi negli ultimi anni è la vespa cinese del castagno, Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu. Questo piccolo imenottero, dopo essere approdato in Italia nel 2002, si è diffuso rapidamente su tutto il territorio nazionale rendendosi noto per l’appariscenza dei suoi attacchi, che si manifestano attraverso la formazione di innumerevoli galle da verdi a rosse sulla chioma degli alberi. Sebbene le piante attaccate non siano mai portate a morte, è comunemente accettato che forti attacchi possono causare una riduzione dello sviluppo vegetativo e della fruttificazione, nonché un deperimento generale che rende le piante più vulnerabili ad altre avversità biotiche e abiotiche. In particolare, in molte zone infestate si è assistito a una recrudescenza d’infezioni dell’agente del cancro corticale e a una diffusione della mummificazione bianca delle castagne da Gnomoniopsis spp.. L’entità del calo di produzione dei frutti causato dal cinipide è tuttora oggetto d’indagini, poiché risulta problematico isolare questo agente di danno economico da altri (clima, patologie, ecc.) che possono concorrervi. Segnalato per la prima volta in Trentino nel 2007, il D. kuriphilus è stato all’inizio oggetto di diversi tentativi di eradicazione in ottemperanza ai decreti di lotta obbligatoria (D.M. 23/02/2006; D.M. 30/10/2007). L’inefficacia di tali interventi, consistenti in ripulitura delle chiome e abbattimento delle piante più giovani, ha consentito al fitofago di insediarsi in tutta la provincia nel giro di soli 2-3 anni. È questo il motivo per cui nel 2010 anche in Trentino sono iniziati i lanci di Torymus sinensis Kamijo, suo parassitoide specifico, attuati da FEM-CTT in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino, impegnata già da diversi anni nel controllo biologico della vespa cinese in Piemonte e altre regioni italiane. Mediante questa strategia di lotta biologica, detta propagativa, i limitatori naturali del fitofago invasivo sono introdotti nel nuovo ambiente per cercare di ripristinare gli equilibri biologici alterati. Da un punto di vista metodologico, i lanci consistono nel rilasciare in pieno campo circa 100 femmine e 50 maschi del parassitoide, in una fase fenologica precisa del castagno, che corrisponde alla comparsa degli amenti, in coincidenza della quale le galle risultano essere sufficientemente sviluppate. I vantaggi di tale metodo sono rappresentati dalla naturalità dell’approccio e dalla stabilità dei risultati nel tempo, anche se gli effetti si possono apprezzare solo in tempi mediolunghi. Una volta effettuato il rilascio in pieno campo del parassitoide, per non ostacolarne l’insediamento, si deve porre attenzione a non rimuovere le galle presenti, perché potenzialmente parassitizzate. Per valutare l’efficacia del rilascio, invece, nell’inverno successivo al lancio si deve procedere alla raccolta e alla messa in allevamento di circa 10.000 galle per sito. Lo sfarfallamento degli adulti di torimide tt 02 mar-apr TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE 2013 | anno LVIII Femmina di cinipide che emerge dalla cella in cui si è sviluppata Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu è un imenottero cinipide originario della Cina, che compie una sola generazione/anno e presenta popolazioni costituite solo da femmine partenogenetiche. Gli adulti sfarfallano in giugno-luglio e depongono 100-150 uova nelle gemme in formazione. Le larve, che nascono ad agosto-settembre, svernano all’interno delle gemme senza produrre sintomi esterni evidenti. La primavera successiva esse inducono la formazione di galle su germogli, foglie e infiorescenze, all’interno delle quali completano il loro sviluppo. Femmina del parassitoide in fase di ovideposizione Torymus sinensis Kamijo è un imenottero torimide proveniente, come D. kuriphilus, dalla Cina e suo parassitoide specifico. In passato è stato utilizzato in altre aree invase dal cinipide (es. Giappone), dove è riuscito a contenerne le popolazioni e a ridurre il danno sotto la soglia del 30%. Compie una sola generazione/anno e si sviluppa in perfetta sincronia con il suo ospite. Gli adulti, che sfarfallano a primavera dalle galle dell’anno precedente, dopo l’accoppiamento depongono fino a 70 uova nelle galle neo-formate. Le larve crescono come ectoparassitoidi delle larve del cinipide, portandole a morte e svernando all’interno delle galle. da queste, nella primavera successiva, è la conferma di come esso sia riuscito ad acclimatarsi e stabilirsi nel nuovo ambiente. I siti di rilascio di T. sinensis in Trentino, scelti sulla base di criteri oggettivi, presentavano elevati livelli d’infestazione e caratteristiche favorevoli alla sua dispersione naturale. Nel 2010 è stato effettuato un primo lancio a Lodrone; nel 2011 di nuovo a Lodrone, oltre a Fornace e Nago-Torbole; nel 2012 a Bosentino, Castione di Brentonico, Cembra, Condino e Roncegno. Dai controlli effettuati fino ad oggi, adulti del parassitoide sono stati ottenuti da galle raccolte in tutti siti dove sono avvenuti i lanci, con valori di parassitizzazione che vanno dallo 0.1 al 7.6% in aree controllate il primo anno dopo il lancio e valori fino al 19.1% in siti a due-tre anni di distanza dal lancio. Si può quindi concludere che il torimide è stato in grado di adattarsi alle condizioni climatiche ed ambientali locali completando l’intero ciclo di sviluppo in alcuni casi anche con grande efficienza riproduttiva. L’andamento del volo del parassitoide in una delle aree indagate, con una evidente fase di proterandria, è mostrato in Figura 1. Tuttavia, va ricordato che l’insediamento di T. sinensis, se inteso relativamente a tutto il territorio, è piuttosto lento e sarà necessario qualche anno per ottenere effetti rilevanti e duraturi Fig. 1 - Volo di T. Sinensis da galle raccolte a Nago (TN). sul contenimento delle popolazioni di cinipide. Il centro di moltiplicazione Negli ultimi anni la richiesta da parte di Amministrazioni pubbliche di tutto il territorio nazionale di parassitoidi da rilasciare nei castagneti è aumentata progressivamente, inducendo il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MIPAAF) nel 2012 ad accordare alle regioni finanziamenti dedicati alla realizzazione di “aree di moltiplicazione” del T. sinensis. Esse consistono in allevamenti in pieno campo, che si ottengono liberando in primavera coppie del parassitoide in castagneti isolati con piante piccole e fortemente infestate, in modo che le femmine possano ovideporre direttamente nelle galle presenti nel sito. Tali galle vengono poi raccolte durante l’inverno successivo e poste in allevamento in condizioni protette fino allo sfarfallamento degli adulti del torimide, che sono a loro volta rilasciati in natura. L’obiettivo è quindi quello di ottenere un elevato numero di galle parassitizzate, e conseguentemente di torimidi, per proseguire l’attività di lancio in altre aree coprendo nel giro di pochi anni tutto il territorio regionale (Fig. 2). Per il Trentino-Alto Adige il MIPAAF ha finanziato attraverso l’Ufficio Fitosanitario provinciale un’area di moltiplicazione, che FEM ha avuto il compito di allestire e gestire. Per questo, nel comune di Nago-Torbole è stato individuato un sito che presenta 27 ceppaie ceduate a cui sono stati aggiunti altri 31 astoni infestati. Dopo il rilascio delle coppie di T. sinensis, avvenuto all’inizio di maggio 2012, l’area è stata seguita regolarmente con interventi di irrigazione di soccorso e con adeguata ripulitura, grazie alla collaborazione dell’Associazione Castanicoltori di Nago. Anche dalle galle provenienti da quest’area, come per tutti gli altri siti di lancio, sono sfarfallati adulti di T. sinensis, con una percentuale di parassitizzazione di circa il 15%. Questo dato, nettamente superiore alle aspettative, indica che la scelta dell’area di moltiplicazione si è rivelata corretta, probabilmente grazie anche alle condizioni microclimatiche favorevoli. Ai risultati incoraggianti finora ottenuti con i lanci di T. sinensis, bisogna aggiungere la riscontrata presenza di parassitoidi autoctoni (ad es. quelli dei cinipidi delle querce) sfarfallati dalle galle raccolte e l’occasionale ritrovamento di agenti fungini in grado di colonizzare le galle e gli insetti contenuti. L’ecosistema castagneto sta perciò dando segnali di reazione a questa nuova invasione. Sarà comunque importante attuare pratiche gestionali volte a incrementare la vigoria della pianta, come concimazioni organiche e corrette potature. In quest’ambito va ricordata la necessità di lasciare in pieno campo il materiale di risulta con le vecchie galle, potenzialmente parassitizzate, fino a maggio inoltrato. 47 TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII ASSISTENZA TECNICA PER GLI APICOLTORI I risultati dell’attività 2012 Stefano Tamanini 48 Nel periodo marzo-agosto 2012, grazie ai fondi previsti dal Piano provinciale di attuazione del Regolamento CE 1234/07, l’Associazione Apicoltori Trentini, in collaborazione con l’Associazione Apicoltori Fiemme e Fassa, ha attivato un progetto di assistenza tecnica alle aziende apistiche. Obiettivi del progetto – coordinato da un medico veterinario e che ha coinvolto sette esperti apistici distribuiti sul territorio provinciale - migliorare le capacità professionali degli apicoltori; divulgare, indirizzare e proporre innovazioni specifiche nel settore apistico; approfondire le conoscenze sanitarie e produttive del comparto apicolo provinciale. Tutti gli apicoltori censiti presso l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS) hanno avuto la possibilità di avvalersi dell’attività di assistenza tecnica. Il medico veterinario coordinatore del progetto, oltre a supportare gli esperti apistici operanti sul territorio, ha sviluppato e garantito nel corso del progetto contatti con le istituzioni pubbliche provinciali che si occupano a vario titolo di apicoltura, quali l’APSS, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ed i Servizi provinciali. Inoltre, attività di formazione teorica e pratica sono state svolte nel corso di otto serate dedicate alle problematiche emergenti dalla diffusione delle patologie delle api e di numerosi incontri in campo con gli apicoltori. RISULTATI DELL’ATTIVITÀ DI ASSISTENZA In base ai dati emersi dal censimento svolto lo scorso anno sono presenti in Trentino 25.635 alveari. Rispetto ai censimenti del 1998 si è registrata una diminuzione del numero di apicoltori (da 1532 a 1314) e un aumento del numero medio di alveari per apicoltore (da 10 a 19,50). Nel periodo di attuazione del progetto (primavera - fine estate 2012), il veterinario ha effettuato 299 visite in apiario, ripartite su 235 aziende apistiche, pari al 17,88% delle aziende censite. Le richieste di assistenza tecnica erano principalmente legate a problematiche sanitarie, come la presenza di focolai di malattia, e richieste di supporto nei trattamenti contro l’acaro varroa (282 casi). La media degli alveari posseduti dagli apicoltori visitati è risultata pari a 14,68. Come prevedibile, la maggior parte delle richieste proveniva da aziende di piccole dimensioni, tuttavia sono stati effettuati interventi anche in aziende professionali e semiprofessionali. La collaborazione con l’APSS ha consentito di fornire agli apicoltori i registri dei trattamenti farmacologici su animali, di formalizzare le denunce di focolaio per la peste americana, di registrare aziende apistiche di nuova costituzione, di rilasciare certificati sanitari per compra-vendita di nuclei di api o per richiesta dei certificati di nomadismo, di segnalare apiari abbandonati al fine della loro rimozione. PUNTI CRITICI RILEVATI ► Invernamento su troppi favi: moltissime delle famiglie erano state invernate in maniera scorretta, non stringendo adeguatamente le api in autunno (31 aziende). ► Pareggio famiglie: questa pratica che consiste nell’uniformare lo sviluppo delle famiglie all’interno degli apiari per sincronizzare gli interventi dell’apicoltore non è ancora consolidata tra gli apicoltori trentini ed è stata richiesta in 45 aziende. ► Prevenzione saccheggio: l’ispezione nelle ore calde, l’errata modalità di somministrazione dell’alimento in assenza di importazione di nettare e polline, la presenza nello stesso apiario di famiglie di api più deboli di altre hanno causato spesso fenomeni di saccheggio difficilmente “contenibili” da parte degli apicoltori. ► Nutrizione primaverile: un’alimentazione spesso liquida e somministrata in maniera eccessiva rispetto alle reali necessità delle famiglie ha provocato in moltissimi casi episodi di diarrea da malassorbimento nelle api. ► Nutrizione tardo-estiva: anche in questo caso le maggiori problematiche derivavano da eccessi di nutrizione liquida. ► Posizionamento melari: soprattutto in zone montane, un posizionamento dei melari troppo anticipato può causare shock termici negli alveari con morte di parte della covata, indebolimento delle famiglie e perdita di intere produzioni mellifere. ► Pulizia e gestione ordinata dell’apiario: come in ogni tipo di allevamento zootecnico l’ordine e l’organizzazione risultano fondamentali per una corretta gestione tecnica e sanitaria. In molte casi è stato riscontrato materiale abbandonato negli apiari (favi, pezzi di arnie, nutritori). ► Scarso ricambio materiale: il ricambio periodico di materiale quale cera, telaini ed arnie vecchie, favorisce la sanità delle famiglie di api e dovrebbe essere effettuato ciclicamente ogni 3-4 anni. Alcune aziende presentavano famiglie allevate su favi troppo vecchi. ► Errato utilizzo dell’affumicatore e mancata sanificazione del materiale di lavoro: l’utilizzo del fumo va limitato ai casi di reale necessità e prediligendo materiale vegetale. Altra buona pratica di allevamento è la pulizia degli affumicatori, l’utilizzo di guanti usa e getta e la sterilizzazione con fiamma degli utensili metallici. ► Difficoltà di marcaggio e ritrovamento delle regine sui favi: molti apicoltori presentavano difficoltà nell’individuazione delle regine all’interno delle arnie soprattutto nei mesi di maggior sviluppo delle famiglie. In 50 aziende si è provveduto a istruire gli apicoltori prima al marcaggio dei fuchi, poi delle regine. PATOLOGIE RISCONTRATE NEGLI APIARI Negli apiari ispezionati sono state riscontrate diverse patologie. Si precisa che tutti i prelievi di matrici biologiche sono stati effettuati solo in caso di sospetto di malattia. Peste europea: sono stati campionati 37 alveari in 16 diverse aziende. Tutti i campioni effettuati sono risultati negativi. Peste americana: 58 aziende campionate per un totale di 64 referti. 160 arnie sono state analizzate mediante prelievo di pezzi di favo, 91 di queste arnie sono risultate positive alla patologia, per un totale di 34 focolai di peste americana denunciati. La peste americana ha avuto un andamento epidemico soprattutto nelle valli di Fiemme e Fassa, nella val di Sole e nella val Rendena, zone dove non si registravano casi conclamati da anni. Tra le aziende colpite - professionali e non - alcune erano caratterizzate da uno scarso livello di igiene e da evidenti carenze gestionali (materiale abbandonato in apiario). Simili circostanze hanno reso più complessa la gestione dei focolai di peste e il risanamento degli apiari. tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE Fig. 1 Mappatura dei focolai di Peste Americana Varroasi: su tutto il territorio provinciale è presente ormai in maniera endemica il parassita varroa destructor. In alcuni casi sono comunque stati condotti esami di laboratorio per accertarne la presenza (6 aziende). Nonostante l’intensa attività di informazione in relazione ai principi attivi da utilizzarsi e alle modalità di applicazione degli stessi, si segnalano - soprattutto tra gli hobbisti - apicoltori non in grado di gestire adeguatamente la patologia. Covata calcificata: per questa patologia sono stati effettuati campioni in 19 aziende. Non essendo questa patologia soggetta a denuncia, si è deciso di limitare i prelievi e di localizzare le aziende dove il fungo era presente con sintomatologia evidente. 67 aziende sono risultate interessate dalla patologia. La covata calcificata (Ascosphera Apis) è presente in maniera uniforme su tutto il territorio provinciale, causando cali o perdite di produzioni nelle aziende maggiormente colpite. Talvolta forme acute di ascospherosi hanno colpito le famiglie invernate su troppi favi. Nei casi in cui erano presenti le sole ife biancastre è stato consigliato di asportare i telaini maggiormente colpiti. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE I dati di carattere prettamente sanitario conseguiti in esito al progetto svolto sono stati integrati da una serie di ulteriori risultati che dimostrano, sul piano complessivo, la rilevanza di interventi come quello intrapreso e come la tecnica apistica sia propedeutica e funzionale alla sanità degli allevamenti. Le attività portate avanti nel corso dell’anno hanno evidenziato una scarsità di dati statistici relativi alla produzione media delle famiglie, alla quantità, qualità e alla tipologia di prodotti immessi sul mercato. Simili informazioni sarebbero indispensabili per una migliore organizzazione del settore e come parametro di valutazione di futuri interventi di assistenza. In conclusione, i risultati conseguiti in una sola stagione di attività permettono di apprezzare, sotto diversi profili, quanto siano indispensabili attività come quelle proposte e quanto ancora sia il lavoro da affrontare per potenziare le aziende apistiche trentine al fine migliorare ulteriormente i processi produttivi (estrazione del miele e promozione degli altri prodotti delle api quali polline, propoli e pappa reale) e l’immissione di tali prodotti sul mercato. Le novità per la stagione 2013 Il servizio di assistenza tecnica, assegnato dall’Ufficio agricoltura della Provincia autonoma di Trento all’Azienda provinciale per i servizi sanitari e coordinato dal medico veterinario Stefano Tamanini, è un servizio gratuito che può essere richiesto da tutti gli apicoltori operanti sul territorio provinciale mediante chiamata o email ai seguenti recapiti: Fig. 3 Mappatura aziende positive per covata calcificata: in giallo le aziende identificate senza esami di laboratorio, in rosso le aziende risultate positive all’esame micologico Nosema: sono stati prelevati 14 campioni di api di cui 7 positivi appartenenti rispettivamente a 3 delle 9 aziende campionate. In presenza di diarrea clinicamente manifesta (imbrattamento dei favi e del predellino di entrata delle arnie) è stato effettuato il prelievo di api per la ricerca di spore di nosema spp. La maggior parte dei campioni è risultata negativa all’esame microscopico. Tale risultato, viste le date dei prelievi (prevalentemente ad inizio primavera), potrebbe avvalorare l’ipotesi che gravi casi di diarrea e problemi gastro-enterici delle api siano dovute a errata tecnica apistica in merito alla nutrizione. Apival Tel. 3488642669 (Nesler Romano) e-mail: [email protected] sito: http://nuke.apival.net Apicoltori Trentini Tel. 0461820677 e-mail: [email protected] sito: http://www.apitrentine.it Medico veterinario Stefano Tamanini orari: lunedì-venerdì dalle ore 8 alle 12; dalle ore 13 alle 17. cell. 3470852096 e-mail: [email protected] 49 tt 02 TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE mar-apr 2013 | anno LVIII FLAVESCENZA DORATA Un preoccupante aumento Alberto Gelmetti - Maurizio Bottura Unità viticoltura Centro Trasferimento Tecnologico Fondazione E. Mach 50 In Trentino la Flavescenza dorata (FD), malattia da quarantena causata da fitoplasmi regolata da un decreto di lotta obbligatoria a livello nazionale, ha fatto registrare nell’annata 2012 una recrudescenza in alcune aree viticole. Questa situazione impone, per l’annata in corso, un innalzamento del livello di attenzione e una sensibilizzazione di tutti i soggetti interessati (viticoltori professionisti, part- time, hobbisti, cantine sociali, vignaioli, amministrazioni locali, ecc.) su un problema che in altri areali nazionali ed extra nazionali ha causato e sta causando ingenti danni alla viticoltura. In provincia la malattia è presente dal 2001 e, seppur coinvolgendo un numero crescente di comuni (in ordine cronologico Avio, Arco, Lasino, Cavedine e Storo), ha coinvolto per dieci anni un numero esiguo di vigneti con una bassa incidenza di piante malate. Nelle ultime due annate, però, FD ha dimostrato la sua reale pericolosità e la sua velocità di diffusione: dopo lo scoppio epidemico avvenuto nel 2011 nella bassa Valle del Chiese, che ha interessato principalmente vigneti non professionali coltivati per l’autoconsumo, nel 2012 c’è stato un importante aumento di nuovi casi di FD in zone fino ad ora indenni (Brentonico, Mori e sei comuni della Bassa Valsugana) e una recrudescenza nel comune di Arco (zona focolaio dal 2002) con i primi casi di vigneti estirpati perché seriamente colpiti. In altre zone focolaio la malattia è stabile (Avio, Lasino frazioni delle valle di Cavedine) o in regresso (Cavedine zone ricadenti Valle del Sarca). Per l’insetto vettore della malattia Scaphoideus titanus, identificato per la prima volta nel 1988 nei vigneti della Valsugana e presente attualmente nella quasi totalità delle zone viticole provinciali, il monitoraggio 2012 (che ha coinvolto circa 500 vigneti) ha evidenziato un generale aumento, rispetto all’annata precedente, della popolazione della cicalina sia come numero di vigneti con presenza (+69%) sia come numero di vigneti con elevata popolazione (+117%). La malattia e la sua trasmissione L’agente causale della malattia è un fitoplasma, microrganismo unicellulare con caratteristiche intermedie tra virus e batteri, che nella pianta causa disturbi del bilancio ormonale e altera la funzionalità del trasporto della linfa e del suo contenuto. I sintomi generalmente sono visibili in piena estate (a partire dal mese di agosto) e possono interessare tutta la pianta o solo una sua parte (una branca o pochi traci); l’intensità dei sintomi varia secondo l’annata, la concentrazione del fitoplasma all’interno della pianta e la varietà; manifestazioni dei sintomi precoci, che generalmente sono più gravi, nei nostri ambenti fino ad ora sono stati osservati in rari casi. In provincia sono presenti due malattie della vite causate da fitoplasmi: Flavescenza dorata (FD) e Legno nero (LN). Queste, seppur provocate da agenti causali diversi e trasmesse con differenti modalità, presentano la stessa sintomatologia (tab. 1). In campo, infatti, non è possibile distinguere le due malattie e per discriminarle si rendono necessarie analisi di laboratorio basate sulla biologia molecolare (PCR) che vengono eseguite su campioni di foglie prelevate da piante sintomatiche. I danni delle fitoplasmosi variano a seconda della gravità dei sintomi e dalla quantità Sintomi fitoplasmi su foglie, varietà rossa (sopra) e bianca (sotto) di tralci colpiti e causano effetti negativi sulla produttività del vigneto. La remissione dei Tab. 1.- FD e LN due malattie diverse, stessi sintomi Foglie Germogli Ripiegamento dei lembi verso il basso Scarsa o mancata lignificazione Ispessimento e consistenza cartacea Consistenza gommosa Ingiallimenti e/o arrossamenti settoriali o totali che possono interessare anche le nervature. Caduta anticipata con o senza picciolo Germogliamento stentato (sintomi precoci) Presenza di piccole pustole nerastre di aspetto oleoso sulla superficie del tralcio Grappoli Disseccamento delle infiorescenze (sintomi precoci) Appassimento parziale o totale dei grappoli dall’invaiatura tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE 51 Sintomi fitoplasmi su grappoli e tralci sintomi negli anni successivi (recovery) è un fenomeno che interessa soprattutto la fitoplasmosi del LN. Secondo le attuali conoscenze, la trasmissione dei itoplasmi della vite avviene tramite insetti vettori e propagazione di materiale infetto; è esclusa quella attraverso attrezzi da taglio e per anastomosi radicale. La trasmissione della FD avviene per opera di S. titanus, insetto che si sviluppa, si alimenta e vive solo su vite, sulla quale, senza provocare nessun danno diretto, svolge una generazione all’anno. La rapidità di diffusione di FD, e quindi la sua pericolosità, sono legate principalmente a due fattori: l’alta specificità ed efficienza di trasmissione dell’insetto vettore che vive strettamente infeudato alla vite e la presenza di viti infette che fungono da sorgente di infezione per le altre piante del vigneto e per gli altri vigneti. Metodi di contenimento La strategia per prevenirne la diffusione si basa su tre aspetti principali: estirpazione delle piante malate, contenimento delle popolazioni dell’insetto vettore, utilizzo di materiale vegetale sano. Per la FD le misure preventive sono state predisposte a norma di legge attraverso un decreto di lotta obbligatoria (D.M. 31/05/2000) che prevede, in caso d’inadempienze, la denuncia all’autorità giudiziaria sulla base dell’art. 500 del codice penale, nonché la possibilità di sanzioni amministrative. Le misure prevedono nelle zone dichiarate “focolaio” che ogni pianta con sintomi sospetti di fitoplasmosi debba essere estirpata, così come i vigneti abbandonati, e che tutti i soggetti interessati siano obbligati ad eseguire, uno o più trattamenti insetticidi contro il vetto- re S. titanus. Nelle zone “indenni” invece, nelle quali la presenza di S. titanus e/o la vicinanza con zone focolaio siano tali da ritenere che possano rappresentare un reale pericolo per la diffusione del itoplasmi della FD, le misure prevedono l’obbligo di uno o più trattamenti contro il vettore. Il posizionamento temporale e la corretta modalità di esecuzione dell’insetticida sono fondamentali: l’intervento deve essere effettuato circa due settimane dopo la fioritura della vite prima che compaiano gli stadi dell’insetto potenzialmente infettivi, deve essere eseguito bagnando bene sia la vegetazione che il fusto (gli stadi giovanili sono localizzati ad inizio stagione sui polloni e sulle foglie basali) e rispettando i principi della tutela delle api (evitare periodo fiorale della vite e sfalciare il cotico erboso in caso di essenze del sottofilare in fioritura). (continua) tt 02 TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE Monitoraggio 2012 Nel 2012 sono stati raccolti, nel periodo fine giugno-fine ottobre, 333 campioni provenienti da piante che presentavano sintomi ascrivibili ai fitoplasmi della vite. Le analisi hanno riscontrato la positività a LN in 205 campioni provenienti da 106 vigneti dislocati in tutte le principali aree viticole provinciali, mentre sono risultati positivi a FD 80 campioni raccolti in 54 vigneti dislocati in 14 comuni: Arco, Storo, Lasino, Avio, Borgo Valsugana, Brentonico, Riva del Garda, Levico, Condino, Bondone, Mori, Novaledo, Ospedaletto e Telve di Sopra (fig. 1). Il numero di campioni risultati positivi a FD e di vigneti in cui è stata individuata la malattia rappresentano i valori più alti registrati dall’arrivo della malattia in Trentino (rispettivamente +75% e +80%). Per quanto riguarda le varietà colpite, i risultati delle analisi 2012 dimostrano delle chiare differenze tra le due fitoplasmosi: mentre LN sembra essere sinonimo di Chardonnay (85% dei campioni positivi), FD colpisce indistintamente varietà di Vitis vinifera bianche e rosse e anche gli ibridi (es. uva “Fraga”) sono risultati molto suscettibili; per la prima volta è stata trovata anche una varietà resistente a peronospora e oidio (Regent) affetta da FD. Nelle zone più a rischio dei comuni dichiarati focolaio per FD è stato eseguito, dopo la vendemmia, un monitoraggio “a tappeto” della quasi totalità dei vigneti con l’obiettivo di rilevare e contrassegnare le piante sintomatiche e promuovere la loro estirpazione. In definitiva le osservazioni hanno coinvolto 223 vigneti per un totale di circa 273.000 piante controllate; i Figura 1: Distribuzione dei campioni 2012 52 Tab.2- Monitoraggio dei vigneti nelle zone ricadenti comuni focolaio per FD Zona N. Vigneti controllati N. piante controllate % media piante sintomatiche % media piante sintomatiche (esclusi gli 0) % vigneti con piante sintomatiche Arco 82 80.000 1,4 4,8 76 Cavedine 33 36.000 0,2 0,5 40 Basso Chiese 27 27.000 1,3 5 85 Lasino 81 130.000 0,04 0,2 33 Totale e medie 223 273.000 0,8 2 58,5 Ringraziamenti: tecnici unità Viticoltura (CTT), Christian Cainelli (CTT), Lorenza Tessari e Chiara Pelloso (Ufficio Fitosanitario Provinciale). mar-apr 2013 | anno LVIII risultati (tab. 2) evidenziano una presenza di piante sintomatiche dello 0,8% sulla media generale, valore che sale al 2% se si considerano solo i vigneti in cui sono state rilevate piante con sintomi (che rappresentano il 58,5% degli impianti controllati). Considerazioni finali I risultati dei monitoraggi delle piante sintomatiche e delle analisi sui campioni prelevati in provincia mostrano che FD è in deciso aumento, sia come diffusione sul territorio sia come intensità in determinate aree. In questo quadro di sostanziale peggioramento bisogna però tenere conto delle seguenti considerazioni: le superfici vitate dei comuni in cui non sono stati ritrovati casi di FD rappresentano più dell’80% della superficie vitata provinciale totale, il 76% dei vigneti in cui sono stati trovati campioni positivi a FD fanno parte di zone già dichiarate focolaio, nel comune di Avio la diffusione della malattia è stabile (solo due vigneti) mentre è in regresso nelle zone focolaio ricadenti nel comune di Cavedine (nessun campione risultato positivo). Nel comune di Arco, rispetto agli scorsi anni, la malattia è in forte aumento come intensità e numero di vigneti colpiti ma il focolaio sembra ristretto ad una fascia dei vigneti che circondano l’area urbana verso sud (Romarzollo, Narzelle, S. Sisto). Nel 2012 per la prima volta dall’arrivo della malattia (presente da una decina di anni nella zona), ci sono stati i primi casi d’ingiunzioni di estirpo totale da parte dell’Ufficio Fitosanitario Provinciale di vigneti gravemente colpiti dalla malattia. Nella zona del Basso Chiese dopo lo scoppio epidemico della malattia registrato nel 2011, è proseguito il monitoraggio capillare dei vigneti professionali e non professionali che ha portato alla formulazione di numerose ingiunzioni di estirpo (la maggior parte parziali). Per quanto riguarda i nuovi focolai della malattia, oltre alla conferma di Mori (dopo il primo caso del 2011) e di nuovi casi a Brentonico, sono risultati positivi a FD campioni provenienti da sei vigneti della Bassa Valsugana. Quest’ultima zona rappresentata la situazione più critica in quanto la malattia è arrivata in un territorio caratterizzato da molti anni da un’elevata e diffusa presenza dell’insetto vettore in cui la coltivazione della vite professionale è spesso affiancata da piccoli impianti coltivati per l’autoconsumo e da incolti, luoghi che potenzialmente possono fungere da pericolosi serbatoi di insetti e piante malate. L’osservazione sulla presenza di piante sintomatiche in campo, la segnalazione dei nuovi casi nelle zone indenni per una corretta identificazione della malattia, l’estirpo delle piante malate nelle zone focolaio e l’esecuzione del trattamento insetticida nelle zone in cui è previsto sono le armi a disposizione contro un pericolosa malattia che minaccia i pregiati vigneti trentini. tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII tecnica flash Prematuro definire il carico di ciliegie “Solo a fine maggio si potrà valutare con buona approssimazione il carico di ciliegie allegate e quindi destinate, salvo imprevisti meteo riduttivi, ad arrivare a maturazione tardiva verso i primi di luglio”. Lo afferma Sergio Franchini, esperto di cerasicoltura della Fondazione Edmund Mach. “Sono mancate le premesse per una produzione abbondante. La fioritura in alcune zone è durata infatti meno di 3 giorni. E’ mancato anche il caldo e il volo delle api portate sotto le piante in fiore è stato ridotto o reso alternante dalle frequenti piogge”. Fioritura dei kiwi: impollinazione condizionata La fioritura dei kiwi nella Valle del Sarca quest’anno si avrà solo nella seconda o terza decade di maggio. Il ciclo vegetativo procede infatti con un ritardo di 20 giorni. L’impollinazione manuale o assistita con mezzi o strumenti manovrati dall’operatore si potrà fare solo con polline raccolto dai fiori maschili delle piante presenti nello stesso frutteto. Il ricorso a polline proveniente da altre regioni è vietato per evitare la diffusione del cancro batterico. La raccolta del polline si fa utilizzando degli aspiratori manuali. Il polline si conserva in frigo per 1 giorno, ma nel congelatore si mantiene vitale per 1 anno. La Drosophila si nutre di nettare I ricercatori della Fondazione Edmund Mach di S. Michele che seguono dal 2009 lo sviluppo e il comportamento della Drosophila suzukii su fragole, piccoli frutti e ciliegie in diverse zone del Trentino hanno scoperto che il moscerino può nutrirsi di nettare succhiato da diverse specie di fiori prima di iniziare la deposizione delle uova in frutti maturi. Mettendo a confronto in laboratorio adulti di Drosophila ai quali è data possibilità di prelevare nettare da varie specie di fiori con altri che dispongono di sola acqua, i ricercatori hanno stabilito che i primi durano in vita 7 giorni, mentre gli altri non superano i 3 giorni. Cavalletta degli egizi su muri e balconi Da varie zone del Trentino si segnala la presenza sui balconi e sui muri delle case di una grossa cavalletta lunga circa 8 cm, di colore marrone, con una linea arancione sul dorso e lungo i fianchi. L’entomologo Paolo Fontana della Fondazione Edmund Mach dice che si tratta di una specie denominata “Cavalletta degli Egizi”. Un tempo assai rara, oggi è presente in tutto il Trentino, ma non arreca danni all’agricoltura. Passa l’inverno in fase di diapausa. I giovani che nasceranno in estate sono assai più piccoli degli adulti, di colore verde e quindi poco visibili sulle piante ospiti. La specie è definita arboricola. TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE a cura di Sergio Ferrari Olivi al posto dei vecchi vigneti sanitari prestati al settore zootecnico. Per entrambe le situazioni diagnostiche vale il divieto di portare i bovini interessati in malga nella stagione 2013. Micoplasmi coltivati in laboratorio Nel numero di dicembre 2012 di Fitopatologia mediterranea è stata pubblicata la prima dimostrazione sperimentale della possibilità di coltivare i fitoplasmi in substrati liquidi e solidi specifici. L’importante risultato è stato ottenuto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna coordinato da Assunta Bertaccini. Commentando la notizia, Claudio Ioriatti, responsabile dell’Area sperimentazione agraria e forestale della Fondazione Edmund Mach di S. Michele, afferma che con la nuova tecnica di allevamento in purezza sarà possibile compiere notevoli progressi nello studio di vari micoplasmi agenti di malattie del melo e della vite. Ad iniziare dal mal degli scopazzi del melo e dalla Flavescenza dorata della vite. Si sono piantati olivi sui monti di Calavino e di Cavedine nei terreni terrazzati che si trovano sopra i laghi di Cavedine e Toblino. Si tratta di siti precedentemente occupati da vecchi vigneti. Le varietà utilizzate seguono la tradizione del distretto Valle dei Laghi e Basso Sarca rappresentata dalle cultivar Frantoio e Casaliva. Le piante sono state fornite dal Consorzio ortofrutticolo Valli del Sarca Garda-Trentino e provengono da un vivaio di Pescia in provincia di Pistoia. Il costo a pianta è di 7-8 euro. Infezioni primarie di peronospora I tecnici viticoli della Fondazione Edmund Mach di S. Michele utilizzano dallo scorso anno un modello di previsione delle infezioni primarie di peronospora denominato Bugiani, dal nome del ricercatore che lo ha ideato e messo a punto. La previsione si basa sul grado di maturazione delle oospore, cellule riproduttive durevoli che hanno trascorso l’inverno nel terreno. Bovini positivi al test della paratubercolosi Quando si parla di paratubercolosi bovina bisogna distinguere tra bovini positivi al test sierologico effettuato sul sangue prelevato dall’animale, e bovini ammalati. L’animale si considera ammalato solo dopo la comparsa di sintomi clinici quali: diarrea, decadimento fisico, calo della produzione di latte o dell’accrescimento. La distinzione è fornita da Carlo Costanzi, medico veterinario dell’Ufficio provinciale per il controllo qualità dei servizi Torymus sinensis, allevamento delegato alle regioni A partire dal 2014 il Ministero per le politiche agricole e forestali non concederà più contributi alle regioni e/o province castanicole italiane per l’acquisto da laboratori specializzati di adulti di Torymus sinensis, parassitoide della mosca galligena del castagno. Ciascuna regione o provincia dovrà provvedere all’allevamento del parassitoide in boschi di castagno adatti allo scopo. La decisione è stata resa nota nel corso di una riunione che si è svolta a Roma alla quale per il Trentino ha partecipato Cristina Salvadori della Fondazione Edmund Mach di S. Michele. Il gruppo di lavoro che esegue il controllo biologico della mosca galligena ha già allestito lo scorso anno sopra l’abitato di Nago Torbole un sito di moltiplicazione assistita del parassitoide. Letame maturo nei frutteti: primi accordi di fornitura I frutticoltori delle Valli di Non e di Sole hanno finalmente recepito il messaggio proveniente dall’Unità biomasse della Fondazione Edmund Mach di S. Michele di usare nei frutteti prossimi ad esaurimento microbiologico del terreno letame sottoposto a maturazione accelerata. Anni di ricerche teoriche e pratiche hanno dimostrato che la filiera di maturazione assistita può dare origine ad un ammendante di sicuro effetto, al prezzo di 2 euro a quintale. A interporre difficoltà e ritrosie sono ora gli allevatori. Solo in Val di Sole, grazie al progetto leader e al gruppo di animazione locale coordinato da Guido Ghirardini, si è riusciti a concludere una diecina di accordi di fornitura per l’autunno. 53 tt 02 RUBRICHE mar-apr 2013 | anno LVIII Testi e foto di Walter Nicoletti [email protected] 54 La filiera alpina all’ombra del Bondone L asciato il centro del paese di Garniga ci avviamo in località Cirés. La valletta, simile ad una grande cengia a balcone sulla valle dell’Adige, è impreziosita dalla vista della chiesa di Sant’Osvaldo Re, significativo esempio architettonico dove semplicità e bellezza si fondono creando per un istante la sensazione di un felice connubio fra paesaggio alpino ed appenninico. La stalla è contrassegnata da un’insegna che non lascia dubbi al visitatore: azienda Dallapiazza, esempio di filiera corta dal produttore al consumatore. Nella ragione sociale dell’impresa famigliare è ancora presente l’impronta del fondatore, Orlando Dallapiaz- za, prematuramente scomparso qualche anno fa in seguito ad una grave malattia. Il sogno di Orlando di dare vita ad un’impresa a chilometro zero anche dal punto di vista commerciale è stato raccolto dalla moglie Manuela e dai figli Veronica e Moreno. Quest’ultimo, 29 anni d’età ed una consolidata esperienza nel settore dell’allevamento, è ormai diventato “l’uomo della stalla”. «La nostra scelta – dice Moreno con convinzione – è caduta sulla Pezzata rossa per via della propensione di questo animale all’alpeggio e al pascolo prolungato, nonché alla produzione di latte e carne di qualità». Sono 23 le vacche in produzione e una ventina quelle giovani, mentre la stalla ospita attualmente anche 13 maiali e, poco distante, un pollaio con 45 galline ovaiole. Le vacche in asciutta ed il bestiame giovane tornano ogni estate a malga Albi sopra a Garniga dove, come vedremo, la famiglia Dallapiazza ha segnato una parte significativa della sua storia. Le vacche in produzione rimangono tutto l’anno in stalla, anche se, dalla primavera all’autunno, possono beneficiare di lunghi periodi di pascolo sui prati antistanti l’azienda. I maiali vengono alimentati con il siero di latte proveniente dal piccolo caseificio aziendale, con l’aggiunta di modesti quantitativi di mais, soia e orzo, mentre le galline vengono alimentate a granella di mais, siero ed erbe del territorio. Il benessere animale è una regola che vale anche per questi piccoli animali che tt 02 mar-apr A 2013COME | anno LVIII AGRICOLTURA RUBRICHE 55 beneficiano di lunghi periodi all’aperto nell’aia della fattoria. Lo stile dell’allevamento si riconosce dunque nella tradizione alpina e nell’impronta di un’azienda multifunzionale nella quale si conferma la scelta del pascolo stagionale, dell’alpeggio, del letame secco e di mangimi Ogm free. Essenziale, per la rotazione dei prati più vicini all’abitato, anche la coltivazione della patata, che va a sua volta a rifornire in parte l’alimentazione dei maiali. Queste credenziali di base hanno consentito alla famiglia Dallapiazza di compiere il grande salto verso l’autoproduzione e la vendita dei prodotti aziendali. Finita l’esperienza della gestione diretta di Malga Albi sul Bondone in seguito ad una radicale ristrutturazione che ne ha, di fatto, cambiato la destinazione, Manuela Dallapiazza ed i figli hanno aderito, nel 2006, ai mercati contadini di Coldiretti, inaugurando, l’anno successivo, il nuovo caseificio con annesso punto vendita. In questo piccolo negozio, aperto tutti i giorni dalle 16:00 alle 19:00, si trovano i tanti prodotti della filiera del latte e della carne, oltre naturalmente alle ottime uova “di una volta”. Inoltre l’azienda partecipa ai mercati di Campagna Amica: il lunedì ad Aldeno, il martedì a Rovereto, il mercoledì a Trento in Via Filzi, il giovedì a Pergine e ancora a Trento il sa- bato in piazza Dante. Se Moreno ha assunto il compito di gestire la stalla e mamma Manuela quello di sovrintendere alla commercializzazione, il ruolo di casara è stato affidato a Veronica, la più giovane della famiglia. Dal padre Orlando Veronica ha ereditato la passione per la lavorazione a latte crudo, arte che si è poi affinata con i corsi presso la Fondazione di San Michele all’Adige e l’esperienza diretta sul campo. Il rispetto delle basse temperature riguarda in modo particolare i formaggi nostrani, per i quali Veronica utilizza il latte delle due munte con una leggera scrematura. Il risultato è una gamma di stagionati e semistagionati a pasta semigrassa, oltre a prodotti freschi quali le caciotte a latte intero in purezza o aromatizzate, oltre a prodotti più magri come le toselle e le ricotte alle quali si aggiungono lo yogurt, la crescenza e naturalmente, anche se in piccole quantità, il burro. Dalla filiera dei maiali, dopo la lavorazione nel piccolo laboratorio aziendale, si ottengono inoltre una serie di prodotti quali le lucaniche fresche e stagionate, salami, salsicce, speck, coppe, lardo e pancette. Oltre all’attività produttiva l’azienda ha riservato negli anni una spiccata attenzione all’ambiente che le ha portato, l’anno scor- so, un importante riconoscimento da parte della Lipu come “stalla amica delle rondini” in quanto nell’allevamento sono presenti diversi nidi di questo prezioso volatile a significare anche la salubrità di questo ambiente. Salutiamo la famiglia Dallapiazza con un arrivederci in malga. Come ogni estate la piccola mandria salirà verso l’alpeggio del Bondone con in cuore un sogno che ci viene ricordato da Moreno: quello di tornare a caseificare in malga. Un desiderio in controtendenza, se pensiamo alla “crisi di vocazioni” che ha attraversato in questi anni il settore giovanile della montagna e che chiama in causa anche il ruolo degli amministratori dei nostri territori, per fare in modo di garantire a realtà come queste il diritto ad alpeggiare. Il tutto naturalmente per consentire il perpetuarsi di una tradizione a tutto vantaggio dell’economia della stalla, del benessere animale e della qualità dei prodotti, ma anche del presidio della montagna. Orlando & Moreno Dallapiazza Frazione Piazza, 6 38060 Garniga Terme 347-2686136 340-4776739 tt 02 RUBRICHE 56 mar-apr 2013 | anno LVIII TrentinSushi Le creazioni “oriental-alpine” di Carlotta Grisi S e è vero che nell’etimologia della parola tradizione è presente il suffisso “tradere” che in latino può significare trasmettere, ma anche consegnare, con l’avvertenza di tenere quello che c’è di buono e abbandonare quello che non serve più, allora possiamo dire in coro: viva il tradimento! Viva il tradimento se il risultato è il miglioramento complessivo della vita, ma anche di singole abitudini più o meno legate al quotidiano come nel caso della gastronomia. Il TrentinSushi è un esempio di ripensamento di una tradizione gastronomica che viene da oriente e specificamente dal Giappone. Nel paese nipponico il sushi è sinonimo di piatto unico a base di riso servito assieme ad altri ingredienti quali pesce, verdure, uova e alghe. In genere il sushi, che in giapponese significa letteralmente “acido”, viene avvolto in un foglio d’alga chiamato Nori che contiene un ripieno particolare a base di prodotti freschi o marinati. Gianfranco Grisi, musicista e compositore di talento, padre della riscoperta del Cristallarmonio, noto in tutta Europa per i concerti di musica classica diffusi dalle acute note emanate da bicchieri di cristallo, è anche uno chef di indiscussa fama. La passione per la buona cucina e lo Champagne lo ha portato negli ultimi anni in Francia dove ha appreso che l’arte del Sushi è stata riadattata alla cucina gallica utilizzando pregiati formaggi di capra e foie gras accompagnati dalle classiche bollicine di Épernay. Grazie alla lezione dei maestri francesi, corroborata da alcuni viaggi di lavoro in Giappone, è nata l’idea di affiancare alla tecnica orientale i prodotti del territorio trentino. Un’intuizione, quella di Gianfranco, che è presto diventata la passione della figlia Carlotta che in breve tempo ha dato vita alla NeumaSushiMori, una piccola realtà impegnata nella produzione e vendita di TrentinSushi, il marchio che fra poco contraddistinguerà questa particolarissima linea di prodotti. «L’obiettivo è duplice – spiega Carlotta Grisi – da una parte intendiamo proporre una nuova soluzione gastronomica e dall’altra valorizzare ulteriormente i prodotti tipici del Trentino ponendoli sotto una nuova luce». Nasce così il Sushi a base di trota trentina affumicata avvolta nel classico rotolo di alga Nori. Altre proposte simili riguardano la trota tt 02 mar-apr A 2013COME | anno LVIII ALIMENTAZIONE en saor oppure il salmerino affumicato a sua volta accompagnato da sedano rapa e patè d’olive. Da buona vegetariana, Carlotta ha poi messo a punto una linea di Sushi a base di prodotti freschi e trasformati della Val di Gresta. In questo caso viene valorizzato anche il progetto di un’orticoltura biologica che può presentarsi anche attraverso l’uti- RUBRICHE lizzo di mostarde vegetali, prodotti biologici marinati o creme di vario genere. Altre soluzioni riguardano la carne fumada della Val di Cembra o lo speck, mentre papà Grisi, ispiratore delle ricette, sta già mettendo a fuoco alcune proposte che potrebbero riguardare altre verdure come i cavoli, e carni come i tanti salumi trentini. Il progetto di NeumaSushiMori vuole rilanciare queste linee di prodotti come l’ideale accompagnamento con il Trento Doc creando un connubio fresco e giovanile, nonché dinamico se pensiamo che la proposta del Sushi si è diffusa dal Giappone alla California anche come facile e veloce spuntino. Fino ad oggi la proposta di Carlotta Grisi è stata apprezzata in diverse manifestazioni, come nel corso dell’ultimo Vinitaly, ed in alcune serate a tema, nonché nella manifestazione Natura Mente Vino a Rovereto, proprio sotto la cupola del Mart. I prodotti firmati TrentinSushi sono disponibili nel punto vendita di Mori (parola che a suo modo ha molti riferimenti con il Giappone essendo i Mori una potente dinastia diffusasi nel sesto secolo dopo Cristo) e vengono anche distribuiti tramite servizio di catering. TrentinSushi Punto vendita: 360gradi, Via Marconi 21 38065 Mori Tl: 347-3741677 [email protected] 57 tt 02 RUBRICHE mar-apr 2013 | anno LVIII Maso Pertica, fattoria ad autonomia energetica 58 S cendendo dalla strada principale che conduce nel cuore delle Dolomiti di Fiemme e Fassa, in direzione di Castello di Fiemme, è il primo complesso agricolo che si incontra: maso Pertica, la fattoria ad autonomia energetica. La passione per il legno è l’elemento unificante di questa storia sia dal punto di vista estetico sia, appunto, energetico. Del resto la famiglia Nones ha una lunga tradizione che affonda le sue radici sia nelle origini contadine, sia nell’antica arte fiemmese della lavorazione del legno. Alberto è infatti un esperto falegname con la passione per l’allevamento e l’ospitalità rurale. Nella sua bottega ha appreso dal padre Giuseppe la passione per la falegnameria che lo ha portato nel corso degli anni ad una proficua specializzazione nel recupero e rigenerazione di antichi mobili, stube e altri manufatti storici. Maso Pertica è intriso della passione per il legno, sia fuori che dentro. Costruita completamente in legno, la struttura è ornata ed impreziosita da un’infinità di rivestimenti lignei, sculture ed intarsi che ne fanno una sorta di museo della Val di Fiemme. L’agriturismo propone sette stanze per la mezza pensione, oltre ad un’ampia sala da pranzo, luoghi per il relax e la lettura, oltre ad un centro benessere con una sauna in legno di cirmolo. Il complesso, che si avvale della certificazione ecologica Ecolabel, è quasi completamente autonomo dal punto di vista energetico. Grazie al recupero di legname dai boschi circostanti e dalla manutenzione della campagna si ottiene un cippato che alimenta il riscaldamento e l’impianto per la produzione di acqua calda per l’agriturismo e la vicina stalla. Il fabbisogno di acqua calda viene inoltre soddisfatto, specie nei periodi più caldi, dai pannelli solari sistemati direttamente sul tetto dell’agritur ed in minima parte su quello della stalla. A questi si aggiungono i 39 kilowatt ottenuti dall’impianto fotovoltaico per l’energia elettrica grazie ad un insieme di pannelli posizionati sia sul tetto della stalla che del fienile. A chiudere il cerchio c’è infine un impianto di recupero dell’acqua piovana dalla copertura della stalla che consente un risparmio idrico per le necessità dell’orto e del giardino, oltre agli impianti igienici e per il lavaggio delle macchine agricole. In allevamento troviamo tre categorie di animali autoctoni. In primo luogo le Tingole, ovvero le pecore originarie della Val di Fiemme. Alberto ne alleva circa una cinquantina dalle quali si ottiene sia la lana sia un introito per gli agnelli e la carne degli animali adulti. Accanto agli ovini troviamo oltre cento caprini di razza camosciata ed in minima parta saanen, oltre ad alcune mochene e diversi incroci «ottimi – secondo le parole di Alberto – per la dura vita in montagna». La rassegna degli autoctoni si completa con cinque vacche ed una manza di razza Grigio alpina. tt 02 mar-apr A 2013COME | anno LVIII ambiente RUBRICHE 59 Tutti questi animali possono beneficiare di un prolungato periodo di alpeggio in malghe diverse del vicino Lagorai, oltre naturalmente ad incuriosire i numerosi ospiti dell’agriturismo con visite negli allevamenti e piccole “lezioni” sull’allevamento di montagna. In agriturismo troviamo la moglie Marina ed i tre figli, la più grande dei quali, Beatrice, è l’animatrice della struttura rurale per la quale vengono periodicamente coinvolti anche un cavallo e due asini. Marina Bonelli Nones nel poco tempo libero che rimane dagli impegni in agriturismo si diletta anche nella lavorazione della lana utilizzando il prodotto ricavato dalla tosatura delle pecore Tingole. Da questa passione si ottengono degli splendidi Sarner, le tradizionali giacche e corpetti in lana cotta, ma anche calzini e piccole ciabattine che vengono donate poi agli ospiti come indimenticabili souvenir. Agritur Maso Pertica Via Stazione, 9 38030 Castello di Fiemme Tl: 0462-232370 www.masopertica.it [email protected] tt 02 notizie NOTIZIE fem iasma mar-apr 2013 | anno LVIII FEM IN PRIMA LINEA PER SALVARE IL TEMOLO a cura di Silvia Ceschini Ufficio Stampa Fondazione Edmund Mach - IASMA C ontro il pericolo di estinzione del Temolo, specie ittica del fiume Adige che negli ultimi anni si è sensibilmente ridotta, si è attivata la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che ha avviato uno specifico progetto di ricerca durato tre anni, i cui risultati sono stati recentemente presentati nell’ambito di uno workshop a cui hanno partecipato i rappresentati delle diverse componenti interessate alla conservazione e gestione dell’ittiofauna. L’incontro conclusivo del progetto ABATE “Stato di autoctonia e struttura di popolazione di Barbo e Temolo”, finanziato dalla Provincia autonoma di Trento attraverso il bando Marie Curie Action, Cofund Postdoc 2009, è stato 60 organizzato dal Centro ricerca e innovazione col patrocinio dell’Associazione italiana ittiologi acque dolci. Si è parlato di genetica di conservazione, gestione dell’ittiofauna autoctona, ecologia e ripristino ambientale, acquacoltura finalizzata al ripopolamento, alla presenza di enti gestori, associazioni dei pescatori, ittiologi ed ecologi professionisti, acquacoltori, produttori idroelettrici. I campionamenti del progetto Abate sono stati realizzati in collaborazione con gli Uffici preposti alla gestione della pesca delle Province di Bolzano, Trento, Verona, Alessandria, Bergamo, Cremona, Lodi, Lecco, con numerose Università italiane ed estere, con diverse Associazioni di Pescatori e con alcuni ittiologi professionisti. Circa 2000 campioni, più o meno equidistribuiti tra Temolo e Barbo, sono stati raccolti nei primi due anni del progetto con tecniche non invasive, senza arrecare alcun danno agli animali. Il terzo anno è stato dedicato al completamento delle analisi e alla diffusione dei risultati. Il progetto è stato incentrato sull’analisi genetica dei campioni raccolti. Dati agrometeo anche su tablet e smartphone Sei nuovi laureati in viticoltura ed enologia La Fondazione Edmund Mach ha sviluppato una nuova applicazione informatica che permette agli agricoltori di accedere ai dati della rete agrometeorologica anche da tablet e smartphone. ll software, denominato “FEM Dati MeteoTrentino”, è stato realizzato dai programmatori del Centro Trasferimento Tecnologico di San Michele all’Adige. Grazie a questa APP per dispositivi Android, i dati delle 85 stazioni della rete FEM aggiornati ogni 15 minuti, possono istantaneamente raggiungere gli utenti in ogni luogo, creando una vera rete informativa “in tempo reale”. L’APP, completa di widget, è disponibile gratuitamente e permette di visualizzare le informazioni in forma di tabella numerica, di grafico o di mappa. Oltre alle fondamentali informazioni meteo quali temperatura e pioggia, sono visibili altri dati utili per l’attività agricola, variabili secondo la stagione. La APP è scaricabile direttamente dal “Google Play Store” o attraverso il link http://meteo.fmach.it I sistemi naturali brevettati dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele per ridurre le malattie della vite sono stati trattati nelle tesi di due dei 6 studenti che si sono laureati, nelle scorse settimane, in viticoltura ed enologia presso il Palazzo della ricerca e della conoscenza. Si tratta di due biofungicidi: un nuovo ceppo di Ampelomyces quiqualis per fronteggiare l’oidio e il Trichoderma atroviride SC1 contro i patogeni del legno in vivaio. Gli altri argomenti trattati nelle tesi discusse spaziano dalla valutazione degli aspetti ambientali delle cantine all’esperienza di vinificazione di uve Lugana, dalle prove sperimentali per contenere il Botrytis cinerea con interventi a verde allo studio del comportamento della Vitis berlandieri. I sei nuovi laureati in viticoltura ed enologia sono: Andrea Benvenuti di Mezzolombardo, Paolo Cantarella di San Germano dei Berici (Vicenza), Mattia Cobelli di Verona, Marco Malvezzi di Bergamo, Chiara Masiero di Breva di Piave, Johannes Messner di Bressanone. Seguici su fmach.it e sui nostri social media! Facebook Twitter Youtube Pinterest Linkedin Google+ www.facebook.com/ fondazionemach www.twitter.com/ fondazione_mach www.youtube.com/ fondazionemach www.pinterest.com/ fondazionemach www.linkedin.com/company/ fondazione-edmund-mach http://bit.ly/100AuHx tt 02 mar-apr UE INFORMA 2013 | anno LVIII Europe Direct Trentino Provincia autonoma di Trento - Servizio Europa via Romagnosi, 7 - 38122 Trento tel. +39 0461 495088 - fax +39 0461 495095 [email protected] IG europee, Italia e Francia leader C inquantaquattro miliardi di euro: è questo, più o meno, il valore del complesso dei prodotti ad indicazione geografica (IG) dell’UE (agroalimentari, vini e bevande spiritose) che emerge da uno studio promosso dalla Commissione europea e pubblicato qualche settimana fa con l’obiettivo di aggiornare al periodo 20092010 i dati di una precedente analisi relativa al periodo 2005-08. Lo studio (del quale torneremo a parlare più ampiamente nel prossimo numero di Terra Trentina) ha riguardato complessivamente 2.768 prodotti IG normati da quattro specifici regolamenti UE*; 1 560 dei prodotti sono vini, 867 agroalimentari, 337 alcolici e 4 vini aromatizzati e più dell’80% di queste IG provengono da soli sei Stati membri: Italia, Francia, Spagna, Grecia, Portogallo e Germania. L’analisi ha considerato il prezzo all’ingrosso a livello regionale escludendo altri fattori come costi di trasporto o eventuali tasse. Per il 2010 la stima dei valori di vendita dell’insieme di tutti questi prodotti IG si è così attestata a 54,3 miliardi di euro con un incremento del 12% rispetto al 2005. Più della metà del valore (il 56%) è apportato dai vini, il 26% dai prodotti agroalimentari, il 15% dagli alcolici e lo 0,1% dai vini aromatizzati. Con un +19% sono stati i prodotti agroalimentari a far registrare l’incremento maggiore in valore rispetto al 2005. In media il valore di vendita di ogni IG è stato di 19,6 milioni di euro, ma si deve considerare che circa la metà di queste hanno un volume di vendita estremamente ridotto (inferiore ad 1,1 milioni). Ciò vuole dire che un numero limitato di IG apporta la maggior parte del valore: infatti nel 2010 il 27% del valore afferisce alle sette Compostato o riciclato il 40% dei rifiuti urbani 89 milioni di euro per il programma “Frutta nelle scuole” Nel 2011 ogni cittadino dell’UE ha prodotto in media 503 kg di rifiuti urbani e 486 di questi sono stati trattati, portandoli in discarica, incenerendoli, riciclandoli o compostandoli. Il trattamento dei rifiuti con queste ultime due modalità tocca il 40%, con un aumento del 27% rispetto a dieci anni prima. Sicuramente un buon risultato per l’ambiente europeo, anche se il 37% dei rifiuti urbani continua ad essere smaltito in discarica, mentre il 23% è la quota incenerita. La quantità di rifiuti urbani prodotti varia molto da paese a paese raggiungendo il massimo in uno Stato che forse non si penserebbe: la Danimarca (718 kg/persona). Fra i 600 e i 700 kg/persona si posizionano Lussemburgo, Cipro e Irlanda, mentre l’Italia, assieme a Germania, Olanda, Malta, Austria, Spagna, Francia, Regno Unito e Finlandia si attesta fra i 500 e i 600 kg/persona. Sotto i 400 kg/ persona troviamo solo paesi dell’est Europa con la punta più in Estonia: solamente 298 kg/persona. I paesi più virtuosi in termini di riciclo-compostaggio dei rifiuti sono la Germania e l’Austria dove la percentuale di queste due modalità di trattamento tocca complessivamente per entrambi gli Stati il 62%. L’Italia con il 34% si posiziona sotto la media europea mentre fanalino di coda è la Romania dove la percentuale di rifiuti riciclati-compostati è addirittura dell’1%, mentre il 99% dei rifiuti urbani va in discarica! http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/ portal/waste/introduction Con oltre 20 milioni di euro sarà l’Italia a farla da padrone anche nel corso del prossimo anno scolastico per quanto riguarda i finanziamenti dell’UE a favore del programma che incentiva il consumo di frutta e verdura nelle scuole. Giunto ormai al quinto anno di attività, il programma ha l’obiettivo di far raggiungere agli alunni delle scuole europee almeno il quantitativo minimo giornaliero di consumo di frutta e verdura raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità, vale a dire 400 grammi a persona. Italia, Romania, Germania e Polonia sono gli Stati membri che finora hanno sfruttato al meglio questa opportunità che nell’ultimo anno scolastico ha visto beneficiare dell’aiuto oltre 54 000 scuole e più di otto milioni di studenti ai quali sono stati forniti per lo più mele, arance, banane, carote, pomodori e cetrioli. Per l’anno scolastico 2013-14 il bilancio UE mette a disposizione 88,9 milioni di euro che saranno assegnati a 24 Stati membri (Finlan- Foto Marco Simonini principali IG che fanno registrare almeno un miliardo di euro di valore di vendita ciascuna. A livello di Stati membri Italia e Francia sono i leader, facendo registrare assieme circa il 60% dell’intero valore di vendita e avendo tre importanti caratteristiche simili: un grande numero di IG, un certo equilibrio nei valori complessivi di vendita dei diversi settori e più del 9% del complessivo valore di vendita nazionale di cibi e bevande coperto da prodotti IG. A debita distanza seguono Germania e Regno Unito, caratterizzate da pochi prodotti IG con grandi volumi e valori di vendita; lo stesso discorso, anche se per valori minori, vale per Irlanda, Polonia e Repubblica Ceca. (g.o.) *Reg. (CEE) n.1601/1991 per i vini aromatizzati; Reg. (CE) n.510/2006 per i prodotti agroalimentari; Reg. (CE) n.1234/2007 dia, Svezia e Regno Unito non partecipano), oltre ad 1,1 milioni riservati alla Croazia. Le proposte di riforma della PAC per il dopo 2013 prevedono un’estensione del programma, con un aumento del tasso di cofinanziamento, attualmente in media attorno al 58%, ed un’estensione del numero di studenti beneficiari. http://ec.europa.eu/agriculture/sfs/index_en.htm Francia prima per finanziamenti UE all’agricoltura L’Italia mantiene, con oltre 4 miliardi di euro, il quarto posto nella graduatoria dei beneficiari di finanziamenti alle aziende agricole, mentre conta il numero maggiore di agricoltori. Al primo posto resta la Francia, con il doppio dei fondi elargiti all’Italia (8 miliardi di euro) ma con poco piu di un terzo di produttori, seguita dalla Germania (5,3) e Spagna (5,2). Per quanto riguarda il nostro paese, i produttori italiani hanno ricevuto nel 2011 contributi europei per 4,04 miliardi di euro distribuiti tra 1,24 milioni di produttori, con la conseguenza che oltre mezzo milione di loro ha ricevuto “briciole”, ossia tra zero e 500 euro di finanziamenti UE, mentre per 290 000 imprenditori il contributo è arrivato appena a 1 250 euro. Per altri 240 000 i pagamenti europei sono saliti in una forbice che va dai 2.000 ai 10.000 euro. Sono invece 3.200 i produttori italiani che beneficiano maggiormente della PAC, con contributi annui che vanno da 100.000 a oltre 500.000 euro. http://ec.europa.eu/agriculture/cap-funding/ beneficiaries/direct-aid/pdf/annex2-2011_ en.pdf 61 in breve in breve a cura di Sergio Ferrari tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII In settemila al Festival del latte Un vero e proprio viaggio alla scoperta delle malghe, del latte e dei suoi derivati: il Festival del latte, organizzato dal Consorzio Levico Terme in Centro, ha attirato i primi giorni di maggio a Levico Terme oltre settemila visitatori che hanno preso d’assalto le attività e i laboratori. Notevole interesse hanno suscitato la trasformazione del latte in Tosella, formaggio e infine ricotta. Oltre un migliaio i bambini che si sono divertiti a giocare con i prodotti del latte e dei suoi derivati e che hanno apprezzato la fattoria degli animali allestita lungo la via centrale di Levico e le letture animate con i personaggi della fattoria. Alveari e apicoltori censiti in Trentino 62 Archivio Apt Valsugana. Foto Story Travelers Dal censimento del patrimonio apistico esistente in Trentino nella stagione 2012 risultano operativi 1.308 apicoltori che allevano complessivamente 25.742 alveari. “Nel 1991 gli alveari censiti erano 22.221 – fa sapere Lucia Matteotti del Servizio agricoltura della Provincia - nel 1998 il numero di alveari si fermava a 15.795 unità e gli apicoltori erano 1.532. Il forte calo numerico degli alveari dal 1991 al 1998 è dovuto a moria di famiglie provocata dalla varroa, la cui prima comparsa in Trentino risale al marzo del 1987. La consistenza del patrimonio apistico negli ultimi 20 anni ha ripreso quota e ha superato il livello del 1991 mentre è diminuito rispetto al 1998 il numero degli apicoltori”. Nuovo cda del Consorzio trentino di bonifica Il 15 aprile scorso, a cinque mesi dalle elezioni del 15 novembre 2012, si è riunito per la prima volta il nuovo consiglio di amministrazione del Consorzio trentino di bonifica. Nel frattempo la Provincia di Trento ha proceduto alla designazione dei nominativi dei suoi due rappresentanti: Gregorio Rigotti per il consiglio di amministrazione e Thomas Visintainer per il collegio dei revisori dei conti. Alla presidenza è stato eletto Luigi Stefani, vice presidente è Dario Gottardi che rappresenta la categoria degli extra agricoli. Danni da gelo: conviene anticipare l’assicurazione Dal 26 marzo scorso al prossimo 20 maggio è possibile la sottoscrizione di contratti di assicurazione contro il rischio di danni da eventi meteo alle coltivazioni agricole per quanti aspirano a fruire del contributo sul premio. I dirigenti del Codripra ricordano agli interessati che l’assicurazione contro il rischio di danni da gelo conviene farla al più presto perchè la copertura assicurativa inizia solo 6 giorni dopo la registrazione del contratto. ai margini di strade percorse da traffico e consentire la vendita diretta a clienti di passaggio. Purtroppo, dice il direttore Armando Paoli, i frutticoltori non vogliono abbandonare le varietà tradizionali e poco redditizie quali: Sandra, Cornala, Durone, Bella Italia e Ferrovia. Gli impianti moderni su portainnesto nanizzante provvisti di copertura con nuove varietà a maturazione relativamente tardiva quali Kordia e Regina occupano appena 15 ettari. Zanzara tigre: il punto della situazione Agea assegna le quote latte Il 1° aprile 2013 è iniziata la nuova campagna casearia a livello nazionale che si chiuderà il 31 marzo 2014. Il 12 aprile 2013 il Servizio agricoltura della Provincia di Trento ha ricevuto da Agea la notifica delle quote latte assegnate per il nuovo periodo agli allevatori trentini. I titolari di quote che lo scorso anno erano 810 sono scesi a 796 unità. Le quote latte destinate alla consegna a caseifici sociali od altri utilizzatori diretti ammontano a 146.571.935 kg. con un leggero aumento rispetto al precedente periodo. Il quantitativo di latte bovino destinato alla vendita diretta o alla trasformazione in prodotti lattiero-caseari venduti in azienda ammonta a 4.302.920 kg. Il regime quote latte dovrebbe scadere con il 31 marzo 2015 e la produzione di latte bovino sarà tecnicamente libera in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Ciliegie antiche amate in Vallagarina Il ciliegio occupa ancora un posto di rilievo nel territorio che fa capo alla Società Frutticoltori Trentini di Aldeno con una superficie di 1500-2000 ettari occupati per lo più da piante isolate e allevate a pieno vento che hanno l’unico vantaggio di essere collocate Il prof. Uberto Ferrarese, esperto di entomologia ambientale che da anni presta consulenza ai comuni del Trentino meridionale per il controllo della zanzara tigre, fa il punto della situazione e fornisce indicazioni per la stagione 2013. Le piogge dell’autunno 2012 hanno allontanato un grande numero di uova deposte. L’inverno ha provocato la devitalizzazione di un’altra quota di uova. E’ però necessario sensibilizzare la popolazione civile sull’opportunità di prevenire l’infestazione di zanzara tigre eliminando anche i più piccoli ristagni d’acqua soprattutto nei giardini e negli orti domestici. Ultimata la sede di Agri 90 Il costo complessivo della nuova sede della cooperativa Agri 90 di Storo ammonta a 3.410.988 euro, avendo superato di soli tt 02 mar-apr in breve in breve 2013 | anno LVIII 10.988 euro il preventivo iniziale. La Provincia di Trento è intervenuta con un contributo di 1.410.000 euro. Il saldo finale è stato incassato nel febbraio del 2013. Ora la cooperativa deve prendere ancora un prestito partecipativo di 250.000 euro erogato da Promocoop tramite la Federazione trentina delle cooperative. Evitato il numero chiuso a San Michele Foto Gianni Zotta. Archivio Iasma. Le 160 nuove iscrizioni all’Istituto tecnico agrario di S. Michele per l’anno scolastico 2013-2014 hanno reso necessario il trasferimento di 52 richieste al biennio comune di tre Istituti superiori ad indirizzo non agricolo di Rovereto, Riva del Garda e Cavalese. I genitori dei ragazzi coinvolti nel trasferimento hanno avuto assicurazione che a partire dal secondo anno del biennio gli allievi saranno seguiti periodicamente sul posto da docenti di S. Michele. Questi avranno il compito di avvicinarli gradualmente al mondo dell’agricoltura e prepararli all’inserimento nei corsi di S. Michele al compimento del biennio. L’alternativa al trasferimento sarebbe stata l’attivazione del numero chiuso. Ridotto conferimento: polizza uve da vino Da quest’anno anche le cantine sociali del Trentino possono sottoscrivere una polizza di assicurazione a copertura del rischio di ridotto conferimento di uve da vino da parte dei viticoltori associati a seguito di eventi meteo avversi. Questo tipo di copertura proposto dal Codipra rappresenta una novità a livello nazionale, ma è già praticata da qualche anno con risultati soddisfacenti dalla maggior parte delle cooperative ortofrutticole del Trentino. Vietato l’alpeggio di bovini colpiti da paratubercolosi Tra le norme sanitarie da rispettare nella prossima stagione di alpeggio è stato confermato il divieto di portare in malga bovini colpiti da paratubercolosi. Carlo Costanzi, medico veterinario del Dipartimento sanità pubblica della Provincia di Trento, informa che le stalle interessate al divieto sono circa150 in tutto il Trentino. Nella maggior parte dei casi si tratta di allevamenti con un solo capo colpito dalla malattia o risultato portatore del micobatterio che la provoca. Le stalle che hanno una percentuale di casi positivi fino al 20-30% sono una trentina. Tesi di laurea sui vitelloni bio di razza Rendena È ormai definitivamente avviata la prova sperimentale e dimostrativa di allevamento biologico di vitelloni da carne di razza Rendena che si svolge a Zuclo nella stalla di Rino e Ivan Artini. I vitelli svezzati che partecipano all’esperimento sono 24, suddivisi in gruppi di 6 in base al programma di alimentazione. Sono stati ceduti da sette allevatori titolari di altrettante stalle biologiche della Val Rendena. La prova si svolge sotto il patrocinio scientifico del prof. Stefano Bovolenta dell’Università di Udine e fornirà materiale di laurea ad una studentessa della Valsugana che segue da vicino l’esperimento. sorzio Rodolfo Brocchetti – è finalizzato a sollecitare, attraverso il confronto con realtà più avanzate, i frutticoltori associati a rivalutare la coltivazione e la destinazione commerciale e merceologica della susina di Dro”. Federallevatori ha venduto 6 mila vitelli nel 2012 Nel 2012 la Federazione provinciale allevatori ha ritirato e venduto per conto di allevatori associati circa 6.000 vitelli, destinati per un terzo allo svezzamento e successivo ingrasso e per la quota rimanente alla produzione di carne bianca. Le vacche a fine carriera o comunque dismesse dalla stalla e avviate al macello sono state 3.000. Le manze da riproduzione vendute alle aste o in sedi e forme diverse sono state 1.100. Nuova sede per il caseificio Val di Fassa 63 Contributi europei a sostegno dell’apicoltura Ammonta a 127.542 euro il finanziamento concesso dall’Unione Europea a sostegno dell’apicoltura trentina e dei suoi prodotti per il 2013. Il competente ufficio del Servizio agricoltura ha ripartito la somma per tipo di intervento ed entità secondo il seguente prospetto: 61.200 euro per assistenza tecnica; 16.800 euro per acquisto di arnie da nomadismo; 15.000 euro per acquisto di mezzi di trasporto; 5.400 euro per attività di comunicazione; 8.000 euro per incontri di aggiornamento e prove dimostrative; 5.300 euro per indagini sulla varroa; 5000 euro per acquisto di presidi sanitari; 4.000 euro per la mappatura di zone nettarifere; 3.200 euro per analisi di miele; 2.600 euro per misure di ripopolamento. Susina di Dro: viaggio in Germania e Austria Nel corso dell’estate 2013 il consorzio frutticolo Valli del Sarca Garda-Trentino di Dro organizzerà una visita in Germania (Lago di Costanza) e Austria (Carinzia) dove si coltivano susine simili o diverse rispetto a quella di Dro. “Il viaggio – spiega il presidente del con- Il Caseificio Val di Fassa (“Mèlga de Fascia” in ladino) ha inaugurato l’11 maggio scorso la nuova sede a Pera di Fassa, una struttura i cui caratteri architettonici si legano armoniosamente al panorama circostante. Inaugurazione anche all’insegna del gusto con la degustazione del formaggio “Dolomiti” guidata da Giampaolo Gaiarin della Fondazione Mach. Il taglio del nastro è stato anticipato dalla relazione di Paolo Brunel, presidente del Caseificio Val di Fassa, e dagli interventi dei rappresentanti del mondo politico e degli organismi centrali della Cooperazione Trentina. Nel pomeriggio si è tenuta invece una tavola rotonda su “Valore e valorizzazione dei prodotti locali. Preferire la qualità e salvaguardare l’economia del territorio” alla quale sono intervenuti oltre al presidente Brunel, Luca Giongo (direttore di Fassa Coop), Ferruccio Chenetti (Zootecnich), Sebastian Ghetta (produzione bio), Andrea Merz (Concast - Trentingrana), Rosa Carpano (Active Hotel Olympic), Dora Tavernaro (Strada dei Formaggi delle Dolomiti). Nel pomeriggio si sono anche svolte delle visite guidate al caseificio. enonews in breve a cura di Sergio Ferrari tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII DiVinNosiola brinda al 4° anno di successo Non solo Nosiola Trentino e Vino Santo Trentino DOC: la quarta edizione di DiVinNosiola ha offerto dal 27 marzo al 14 aprile scorsi agli entusiasti visitatori tutto il meglio della Valle dei Laghi. Il primo appuntamento della kermesse è stato il 27 marzo con il tradizionale rito della spremitura delle uve appassite di Nosiola al quale hanno partecipato oltre 200 persone. L’evento clou è stato l’inaugurazione a Castel Toblino il 30 marzo con la presentazione della nuova Sala Matrimoni, a cui è seguita l’apertura ufficiale della 19^ Mostra Itinerante del vino Nosiola, del Trentino DOC Vino Santo, delle grappe di Nosiola e di vinaccia di Vino Santo Trentino DOC, che si è spostata nelle cantine della valle. A ciascun Vino Santo inoltre era dedicato un gioiello realizFoto M. Miori zato a cura degli Orafi dell’Associazione Artigiani. La suggestiva cornice di Castel Toblino, autentico simbolo dell’intera Valle dei Laghi, ha ospitato diverse mostre durante i tre weekend di eventi DiVinNosiola, tra cui la mostra fotografica “Dalla vite...in poi” concessa dall’Assessorato alle attività culturali della Provincia, e le opere pittoriche del conte Osvaldo Wolkenstein Tronsburg, ultimo erede dei nobili reggenti del feudo di Castel Toblino. Per gli amanti della buona cucina 18 sono stati i ristoranti che hanno aderito a “DiVinNosiola… in Tavola” proponendo menù speciali da abbinare ai vini protagonisti della mostra. Significativa la presenza di oltre 2.500 visitatori, tutti stimolati dal forte connubio tra territorio e prodotto. 64 Promozione, accordo CCIAA-Consorzio vini Foto Magrone Archivio Camera di Commercio I.A.A. Camera di Commercio di Trento e Consorzio vini del Trentino hanno recentemente sottoscritto due documenti che regolano la collaborazione tra le due istituzioni relativamente alla cessione del marchio collettivo Trentodoc ed al rinnovo della Convenzione per la realizzazione di attività promozionali e di studio a favore del comparto vitivinicolo trentino. I vini più venduti nei supermercati Teroldego, Merlot e Marzemino sono i vini più venduti nei supermercati ed ipermercati del Trentino. È quanto emerge dalla indagine svolta da SymphonyIRI Group per Veronafiere, sull’andamento delle vendite di vino nella Grande Distribuzione (Gdo) presentata a Vinitaly 2013. Il Teroldego è anche uno dei vini emergenti a livello nazio- nale, con un tasso di crescita del 7,2% rispetto alle vendite dell’anno precedente. Da segnalare l’ottima performance del Traminer che nel 2012 è cresciuto nelle vendite in Gdo del 12,3%. Va segnalato anche il Muller Thurgau che ha venduto nei supermercati italiani circa 3 milioni e 900 mila litri, classificandosi al 13° posto. A livello nazionale, il 2012 è stato un anno caratterizzato da un forte aumento dei prezzi dei vini nella Gdo: del 5,5% per il totale del vino confezionato, del 4,5% a litro per le bottiglie di 75 cl a denominazione d’origine e del 10,1% per i brik. L’uva prodotta nel 2012 in Trentino Nel 2012 in Trentino sono stati prodotti 758.935 quintali di uve a buccia bianca e 301.301 quintali di uve rosse, per un totale di 1 milione e 60.236 quintali. Il 50% delle aziende viticole trentine è inferiore ai 5.000 mq e oltre l’85% delle aziende coltiva una superficie inferiore ai due ettari; ancora, il vigneto trentino rappresenta poco più dell’1 per cento della superficie nazionale e somma circa 10.000 ettari condotti da oltre 8.500 viticoltori, in maggioranza part-time. Negli ultimi anni il vigneto trentino si è rinnovato per oltre il 20%, ad un ritmo quattro volte superiore rispetto al comparto ortofrutticolo, puntando sulle uve a bacca bianca. Il racconto di Luca premiato da Guccini Luca Pedron, classe 1993, di Martignano, studente della quinta ”esse” del corso per enotecnici della Fondazione E. Mach ha vinto il primo premio della categoria riservata agli istituti tecnici italiani del 12esimo concorso letterario nazionale “Bere il territorio” promosso dall’associazione Go Wine. Luca ha vinto con il racconto dal titolo “Una nota vecchia di vino” che narra un viaggio immaginario condotto nei vigneti di Mori sulle note mozartiane del don Giovanni tra gli antichi vitigni e i malinconici binari del treno. A premiarlo ad Alba in occasione della cerimonia finale del concorso è stato il cantautore e scrittore Francesco Guccini, designato ”Maestro di Bere il Territorio” di questa edizione del concorso. “Io amo la scrittura e la lettura -spiega Luca Pedron - ed è stato un bel modo per coniugare la narrativa con l’ambito viticolo-enologico. Il vino ha scritto molte storie nel corso dei secoli e mi sembrava interessante e affascinante farlo anch’io”. http://goo.gl/v8UGi tt 02 mar-apr a cura di Sergio Ferrari 2013 | anno LVIII prodotti in breve Trote da carne lavorate da Astro A seguito dell’acquisto da parte di soci Astro di due troticolture non associate ad Astro, situate rispettivamente a Pietramurata e a Varone di Riva del Garda, tutta la produzione ittica da allevamento del Trentino è controllata dall’Associazione troticoltori. Si tratta complessivamente di 45.000 quintali di trote da carne e di 2.000 quintali di salmerino alpino. Lo stabilimento Astro di Lavis ritira e lavora 30.000 quintali di prodotto da carne. La parte rimanente è gestita commercialmente dai singoli troticoltori. Gerani in vaso: piantate 2 milioni di talee I floricoltori trentini sono impegnati dall’inizio di febbraio nella coltivazione di gerani in vaso. Le talee piantate sono circa 2 milioni. Il 65-70% è rappresentato da geranio edera; il 30-35% da geranio zonale. Il ciclo dura 70-80 giorni. La vendita inizia a metà aprile nel fondovalle e verso i primi di maggio nelle zone di montagna. I gerani che si vendono nel mese di marzo provengono da altre regioni italiane, dall’estero o da serre trentine che hanno iniziato il ciclo nell’autunno del 2012. Pomodoro ciliegino di colore arancio Si chiama Tangsu e sta per Tangerino di Suzanne Arreger il nuovo pomodoro ciliegino di colore arancione selezionato nel 2012 da una mutazione gemmaria riscontrata per caso dalla biologa inglese che abita a Riva del Garda. Il nuovo pomodorino fa parte di 7 novità che la Arreger si appresta a coltivare per stabilizzare negli anni il genoma del clone selezionato. La semina è stata realizzata il 24 marzo scorso, giorno di luna crescente, indicato come favorevole alla semina dal calendario lunare delle sementi di Maria Thun. Cala il consumo di latte fresco in Trentino In Trentino il consumo di latte fresco è diminuito del 2,7-3%, mentre è cresciuto dell’1% il consumo di latte UHT, cioè sterilizzato con macchinari e metodi assai meno invasivi rispetto a 20-30 anni fa. È cresciuta la richiesta di latte microfiltrato e di latte delattosato: il primo è liberato dalle più piccole forme batteriche facendolo passare attraverso pareti provviste di pori finissimi, al secondo si sottrae buona parte del lattosio rendendolo più digeribile. Assolutamente minoritaria è la richiesta di latte bovino biologico, non più di 1.000 litri al giorno. Puzzone in attesa della Dop Il 15 marzo 2013 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea è stato pubblicato il documento unico riguardante la domanda di riconoscimento della Dop per il formaggio Puzzone di Moena o Spretz Saorì della Val di Fassa. Si tratta di un riassunto del disciplinare di produzione allegato alla pratica inoltrata nel 2007 al Ministero per le politiche agricole di Roma da Franco Morandini, presidente del comitato promotore della Dop e socio del Caseificio sociale di Predazzo. Il riconoscimento della Dop sarà reso ufficiale se nell’arco di 3 mesi dalla data di pubblicazione del disciplinare non sarà pervenuta alla commissione esecutiva di Bruxelles alcuna istanza contraria all’autorizzazione. animalia Circa 160 i cinghiali rilevati in Trentino nel 2012 Nel 2012 vi sono stati 7 casi di indennizzi per danni causati da cinghiali alle attività agricole, con una spesa ammessa, da parte della Provincia, di 19.285,14 euro e un indennizzo finora liquidato di 8.732,60 euro, corrispondente a un contributo del 70 per cento. Il cinghiale, il cui impatto sulle attività agricole e sull’ecosistema naturale causa danni considerevoli, è ricomparso in Trentino negli anni ‘80 a seguito di immissioni non autorizzate di esemplari, di origine ignota, nel Basso Chiese. Sul territorio provinciale il cinghiale è presente in modo stabile con 2 nuclei principali: uno nella zona della Vallagarina e l’altro nel Basso Chiese. In questa seconda zona, corrispondente alle riserve di caccia di Storo, Brione, Condino, Castel Condino e Pieve di Bono, si colloca il nucleo storico che, nonostante un calo numerico negli ultimi anni, nel 2012, in epoca antecedente ai parti, era stimato in circa 70 capi. La consistenza del nucleo di cinghiali in Vallagarina nel 2012, in epoca antecente ai parti, era stimata in circa 80 capi. Altri 9 cinghiali sono stati rilevati nell’estate-autunno dell’anno scorso nella sinistra orografica mediio-bassa della Val di Sole, fra Commezzadura e Caldes, in particolare nei territori posti in sinistra orografica della Val di Rabbi. Si ritiene che in questi ultimi mesi questo gruppo si sia spostato ad est, frequentando aree rientranti nei comuni di Romeno, Malgolo e Livo (località Ciaslir e Toflini). Per contenere il nucleo di cinghiali gravitanti nell’area delle Giudicarie, l’Ente gestore della caccia ha attivato diversi interventi di controllo straordinario nelle riserve di Daone-Bersone-Praso-Prezzo e a Cimego, abbattendo 8 cinghiali negli ultimi 7 mesi. 65 vicino e lontano in breve vicino e lontano tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII Con l’Acav il Trentino incontra l’Africa è 66 una terra di confine come il Trentino: si chiama distretto di Koboko, si trova nel nord dell’Uganda, al confine con la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan e da anni vi opera l’Acav, ong trentina che, oltre ad avere realizzato un’importante scuola agraria e avere portato l’acqua potabile in villaggi che non l’avevano mai vista prima, sta ora sviluppando interessanti percorsi di dialogo e collaborazione a livello di comunità e di amministrazioni locali. Un’attività quantomai importante, considerato che le popolazioni in questione sono simili per lingua e cultura - sono di ceppo Kakwa - ma abitano una zona suddivisa in epoca coloniale e dove da anni si scaricano le tensioni prodotte dai conflitti in corso nei diversi paesi. Una delegazione è giunta in visita a metà aprile in Trentino per approfondire i rapporti di collaborazione sul piano economico e istituzionale: guidata da James Baba, ministro degli Interni dell’Uganda, da Hassan Nginya, governatore del distretto di Koboko e da Likambo Araba Drupa jean-Marie, capo della Chefferie dei Kakwa della Repubblica Democratica del Congo, ha incontrato il presidente della Provincia autonoma di Trento Alberto Pacher, assieme all’assessore alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Feltrami, e visitato le realtà del mondo cooperativo, della ricerca, dell’industria locali. Il ministro Baba ha definito “straordinario” il lavoro svolto dall’Acav nel distretto di Koboko. “E’ un esempio di collaborazione fra una organizzazione non governativa e un governo locale che non ha eguali in Uganda e che ha suscitato l’interesse di tutte le delegazioni che hanno visitato questo territorio”, ha aggiunto, soffermandosi in particolare sul contributo della scuola agricola di Jabara, inaugurata nell’agosto del 2010, alla crescita dell’agricoltura locale, soprattutto per quanto riguarda le tre produzioni principali, la kassava, l’ananas e il mango. Anche nel campo della fornitura di acqua potabile, lo scavo di nuovi pozzi e la riabilitazioni di quelli già esistenti ha innalzato il livello di copertura dei fabbisogni dal 39 al 75% circa. I benefici dell’operato dell’Acav si sono estesi inoltre al di fuori dei confini dell’Uganda: anche le province confinanti della Rd Congo e del Sud Sudan sono state interessate dalle attività della Ong trentina, supportata dalla Provincia autonoma di Trento, in campi che vanno dalla sanità alla scuola alla riforestazione. Nel dicembre 2011 è stata inoltre organizzata in questa regione di confine una prima conferenza transfrontaliera, che ha visto il coinvolgimento di oltre 100 delegati dei tre Stati africani, fra politici, “elders” - gli anziani, ovvero i saggi delle comunità coinvolte - , capi religiosi, esponenti della società civile. L’obiettivo dell’incontro era condividere informazioni, idee e buone pratiche per difendere la lingua e la cultura della popolazione che vive sui confini dei tre paesi, e gettare le basi per una cooperazione transfrontaliera che favorisca lo sviluppo di tutta l’area, prescindendo dai confini geopolitici. E le prospettive, hanno confermato gli ospiti ugandesi, sono buone. L’economia nella regione, soprattutto per quanto riguarda la produzione agricola, cresce, alimentata da una domanda in crescita. Permangono problemi nel campo dell’approvvigionamento energetico - uno dei settori nei quali il ministro Baba ha proposto di approfondire la cooperazione con il Trentino - e soprattutto motivi di tensione geopolitica: il recente precipitare della situazione nella Repubblica Centrafricana ha provocato un forte afflusso di profughi nel Sud Sudan, e questa improvvisa emergenza ha impedito alla L’incontro tra il presidente Pacher e il ministro ugandese James Baba delegazione sudanese di raggiungere il Trentino assieme a quelle di Uganda e Rd Congo, come era inizialmente previsto. In ogni modo, grazie anche ai progetti portati avanti da Acav con il suo direttore Pierluigi Floretta, spira nella regione un’aria nuova, che sa di speranza e di nuova consapevolezza. “Siamo certi - ha detto Pacher - che la vostra visita in Trentino consoliderà i rapporti di collaborazione già esistenti e al tempo stesso consentirà di aprire nuove, interessanti prospettive per le nostre comunità.” (Marco Pontoni) Foto M.Pontoni La scuola agraria di Jabara, inaugurata nell’agosto 2010; sotto: donne in un villaggio ugandese Foto M.Pontoni tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII ► Antonio Sarzo Floralpina. I fiori più belli delle nostre Alpi Curcu & Genovese, Trento, 2012, pp. 276, euro 39 Non è certo alle prime armi Antonio Sarzo, docente di geografia economica e collaboratore presso il Museo Civico di Rovereto, in quanto a pubblicazioni sia scientifiche che divulgative in campo naturalistico, ma con questo suo ultimo libro dedicato alla flora delle Alpi si è davvero superato. Un’esplosione di colori, di forme, d’intensa “Bellezza” muove infatti le pagine con centinaia di fiori suddivisi per cromatismi in schede essenziali riguardanti le caratteristiche botaniche, il periodo di fioritura, l’areale di diffusione, l’etimologia del nome e altre curiosità. Se poi, siano proprio i fiori “più belli” delle circa 4.500 specie che rappresentano la flora alpina è molto difficile stabilirlo - ma esistono in Natura fiori brutti? - di certo sono i più appariscenti e fantasiosi: scrigni di autentica magia. ► Giulio Bazzanella, Giorgio Gilli, Ernesto Miclet (testi di) Atlante dei prodotti agroalimentari del Trentino Dipartimento Agricoltura, Turismo, Commercio e Promozione, Servizio Agricoltura, Provincia autonoma di Trento, 2012, pp. 162. A richiesta presso il Servizio Agricoltura: tel. 0461 495641 Le produzioni agroalimentari tipiche e tradizionali trentine - così come del resto quelle di ogni territorio nazionale - costituiscono una preziosa opportunità economica e culturale oltreché un modo per tutelare ambiente e paesaggi rurali. Questa riedizione dell’Atlante dei prodotti agroalimentari (I ed. 2009) raccoglie dunque un patrimonio di diversità produttive e al contempo ne promuove la conoscenza quale importante occasione per lo sviluppo di valori storici, culturali e ambientali strettamente connessi al territorio. Produzioni tipiche “o di nicchia”, scandite nelle loro attestazioni europee “di qualità” (DOP, IGP, DOC, IGT) e affiancate da gustose ricette, sono qui proposte sia in una suddivisione tematica - carni fresche e loro preparazione; formaggi; prodotti vegetali; grassi; paste fresche, pane, biscotti e dolci; prodotti di origine animale; pesce; bevande analcoliche, distillati e liquori - sia geografica per aree comprensoriali. ► Marianne Deluca Un mondo di pane, Forme Profumi Sapori Edizioni UCT, Trento, 2012, pp. 192, euro 30 «S’io fossi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare» scriveva Gianni Rodari in una sua filastrocca, qui giustamente scelta per introdurre all’universo “mondo del pane”, da sempre alimento principe dell’uomo e della cui preparazione si trovano tracce già nella preistoria. Un libro dunque “intrigante”, questo, soprattutto per la dovizia di particolari circa gli ingredienti, le tecniche di lavorazione con le diverse combinazioni dolci e salate, a cura di Silvia Vernaccini scaffale in breve i tempi di cottura e, infine, le tante e tante ricette con perfino un approfondimento dedicato al pane con cereali “poveri” di glutine. L’autrice Marianne Deluca, di madre svizzera e padre fassano e attualmente residente in Val di Non, nella panificazione e nell’arte di fare il pane trasferisce sue nostalgie e tradizioni. ► Marzio Zampedri (a cura di) Il Vino nella valle della Fersina Publistampa Edizioni, “Proposta Vini”, Pergine Valsugana, 2012, euro 15 Nella prefazione Gianpaolo Girardi descrive Marzio Zampedri «un vero topo d’archivio, attratto dall’atmosfera nella quale riposano i documenti, dalle situazioni di vita passata che possono evocare»: leggendo questo libro non si può che essere d’accordo. Davvero incredibile è infatti la mole di dati, riferimenti, notizie circa la viticoltura e la vinificazione dal XV al XIX secolo nel Perginese, uno spaccato di storia qui contestualizzato assieme alla tesi di laurea di Thomas Cammilleri intitolata Vino e contrabbando in area trentina. Storia di tre processi e di una strada distrutta (1604-1722) che ricostruisce alcuni conflitti sorti attorno alla produzione di vino e al suo commercio lungo la strada di Palù del Fersina a dorso di mulo o di cavallo. Poi ci furono le due guerre mondiali e il flagello delle malattie ad attaccare la viticoltura nella Valle della Fersina e in Valsugana, e solo oggi si sta assistendo a una progressiva ripresa. ► Ivette Marli Boso Mammane, tiraòssi e benzedeiros. La medicina popolare dei trentini del Brasile Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, Collana “Monografie etnografiche trentine - nuova serie”, San Michele all’Adige, 2012, pp. 231, euro 20 Ivette Marli Boso, ricercatrice nata a Nova Trento da una famiglia originaria della Valsugana e del Vanoi, ha iniziato ben presto a chiedersi quale fosse l’identità culturale della sua gente, a 120 anni da quella emigrazione che ha portato il popolo contadino dalle Alpi fino alle foreste del Brasile meridionale, con un bagaglio che comprendeva anche le barbatelle delle viti e le uova del baco da seta. Gli immigrati riuscirono a penetrare lentamente nella comunità della scienza medica. La cura, in alcuni casi sino ad ora, si attuava con le erbe o attraverso l’azione di «pratici» come levatrici e tiraòssi e soprattutto dei benzedeiros che, con rituali e formule magico-religiose, cercavano di allontanare il male attraverso la forza di un credo che legava guaritore e malato. Proprio dalle Alpi venivano molte conoscenze relative alle potenzialità curative delle erbe, a cui in Brasile si aggiunsero i suggerimenti provenienti dalle famiglie luso-brasiliane confuse tra gli immigrati. 67 orto e dintorni: le aromatiche aromatiche tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII PREZZEMOLO 68 La magica fogliolina che aggiunge l’ultimo aroma Iris Fontanari [email protected] Foto Rensi tt 02 mar-apr orto e dintorni: le aromatiche 2013 | anno LVIII D al tempo dell’antica Roma non esiste orto in Europa, fatta eccezione per l’estremo Nord, dove il prezzemolo non sia coltivato. Anche nella nostra Penisola è presente in tutti gli orti famigliari e talvolta lo si trova pure allo stato selvatico. Questa eccellente e notissima pianticella, tanto utile al cuoco per aromatizzare i cibi più svariati, è probabilmente originaria dell’area mediterranea orientale o dell’Asia sudoccidentale e sembra che, fino all’epoca medioevale, fosse coltivata solo per scopi medicinali. Attualmente il prezzemolo viene coltivato su larga scala, mentre la sua importanza in cucina è diventata ormai proverbiale, tanto da farlo assurgere al ruolo di “alimento-farmaco” come l’aglio, la cipolla, la carota, il cavolo, il tarassaco ecc. Per valorizzare al massimo il suo aroma, dobbiamo però consumarlo fresco, appena colto dall’orto; opportunamente tritato, lo si aggiungerà alle vivande solo all’ultimo momento. Note botaniche e colturali Il prezzemolo (Petroselinum hortense) appartiene alla stessa famiglia della carota, del sedano e del finocchio, ossia alle Ombrellifere. È una pianticella biennale con radici a fittone, ingrossate e carnose. Le foglie hanno un lungo picciolo e sono costituite da foglioline di color verde scuro lucente e col margine inciso. I fiori, piccoli e di color giallo verdastro, spuntano solo nel secondo anno, quindi nei nostri orti spesso non si vedono perché la pianta viene coltivata di solito secondo un ciclo annuale. Fiorisce comunque in primavera-estate e i suoi semi sono piccoli, ovali, appiattiti e di color grigio-bruno. Questa pianta vegeta bene in quasi tutti i terreni, purché siano ben lavorati, abbastanza freschi e permeabili. Si semina a dimora in file distanti 25-30 cm per consentire l’estirpazione delle erbe infestanti. Eseguendo una prima semina in marzo-aprile e una seconda nella tarda estate, è possibile avere foglie fresche quasi tutto l’anno. La durata di coltivazione del prezzemolo varia dai 70 ai 110 giorni per arrivare ad oltre i 200-250 per le colture di fine estate e inizio autunno, che possono protrarsi anche fino all’inizio dell’estate seguente. In questi casi, soprattutto nelle regioni a clima freddo come la nostra, è opportuno effettuare le prime semine sotto protezione per avere l’ortaggio fresco anche nel periodo invernale. Le piantine, durante la crescita, necessitano di irrigazione costante e regolare (a pioggia o per scorrimento), che dovrà però essere limitata e a temperatura ambiente sotto le protezioni durante l’inverno. La raccolta, nel corso dell’anno, è molto scalare: si esegue recidendo le foglie a pochi centimetri dalla base, dopo di che le piantine ricresceranno in fretta e in continuazione. Le varietà di prezzemolo si possono suddividere in due gruppi: a foglia liscia e a foglia riccia. Le prime sono molto profumate e tendono a crescere in altezza, mentre quelle ricce hanno un profumo meno accentuato e si espandono maggiormente sul suolo; inoltre, sono più compatte e molto attraenti dal punto di vista estetico. Proprietà terapeutiche e usi Il prezzemolo è un ortaggio medicinale di grande valore, ricchissimo di minerali (calcio, fosforo, magnesio, sodio, potassio, ferro, iodio, rame, manganese) e di vitamine (A e C). Indubbiamente, la concentrazione di vitamina C, calcio, ferro e fosforo, presente in questa pianta, è una fra le più alte nel mondo della frutta e della verdura. I principi attivi del prezzemolo attualmente conosciuti sono contenuti nell’olio essenziale, molto forte, che si distilla soprattutto dai semi ed è costituito da apiolo, apioside e misisticina; quest’ultima sostanza è presente anche nella noce moscata e sviluppa il caratteristico odore e sapore, tipico del prezzemolo stesso. Le foglioline di questo eccellente ortaggio, aggiunte alle pietanze (minestre, sughi, insalate, riso, salse, carni, pesce), oltre a renderle più appetibili e gustose, ne facilitano pure la digestione. Il prezzemolo svolge, inoltre, un’operazione depurativa dell’organismo, stimolando la produzione della saliva e dei succhi gastroenterici, favorendo la motilità intestinale e l’eliminazione dell’urina. Della pianta, sempre a scopo terapeutico, si possono utilizzare le radici (in decotto, contro i disordini digestivi e le debilitazioni), i semi (in infuso, per rinforzare lo stomaco, contro la ritenzione di orina e per eliminare i gas intestinali) e le foglie, che hanno proprietà antianemiche, diuretiche, depurative, vitaminiche e remineralizzanti. Gli stessi preparati sono però controindicati ai nefritici e alle donne in gravidanza o in fase di allattamento. Sia le foglie che le radici si possono essiccare e conservare in vasi di vetro in locali bui e asciutti; tuttavia è preferibile conservare la pianta mediante il metodo del congelamento perché così mantiene meglio il suo aroma. In cucina Assieme all’aglio, alla cipolla e al sedano, il prezzemolo è tra le aromatiche più utilizzate: è indispensabile per insaporire un gran numero di piatti ed è uno dei componenti fonda- mentali di alcune salse come quella verde, la tartara o quella al tonno e acciughe. Una raccomandazione importante, da tener presente anche per molte altre aromatiche, è quella di aggiungerlo sempre negli ultimi istanti di cottura dei cibi per non alterarne l’aroma. Per avere sempre a disposizione la fragranza intensa del prezzemolo, è possibile conservarlo anche sott’olio. Si puliscono le foglie con un panno umido e si lasciano asciugare per qualche tempo all’aria. Si tritano quindi finemente e si invasano in piccoli contenitori ricoprendole bene con olio d’oliva. La ricetta: riso saporito Ingredienti: 300 gr di riso, un mazzetto di prezzemolo, una cipolla, ½ limone, noce moscata, olio extravergine d’oliva, sale. Lessare il riso in abbondante acqua bollente. Una decina di minuti prima che sia cotto, far dorare nell’olio la cipolla dopo averla affettata sottilmente; insaporirla con un pizzico di noce moscata e, poco prima di spegnere, unire un trito finissimo di prezzemolo, timo e scorza di limone. Scolare il riso e unirlo al condimento, mescolando con cura in modo che si amalgami per bene. Lasciarlo insaporire al caldo per qualche minuto prima di portarlo in tavola. 69 orto e dintorni: RICETTE CONTADINE le aromatiche 70 tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII SELVATICHE Le buone erbe degli antichi sapori Iris Fontanari Riso al tarassaco Ingredienti: 250 g di foglie di tarassaco, 2 cipolle, una carota, un gambo di sedano, 300 g di riso, olio, burro, sale, pepe. Preparare il brodo di verdura con mezzo litro d’acqua, una cipolla, la carota e il gambo di sedano. Versare un filo d’olio in un tegame e farvi rosolare l’altra cipolla tritata. Aggiungere il riso e ogni tanto un mestolo di brodo, dopo un po’ aggiungere il tarassaco a pezzetti. A fine cottura salare, aggiungere del burro e del pepe e far mantecare. Una variante gustosa di questo piatto è la seguente: dopo aver soffritto la cipolla, aggiungere g 200-250 di carne tritata o di salsiccia e far rosolare assieme a mezzo bicchiere di vino rosso. Quando il vino è evaporato, unire il riso e proseguire la cottura versando, un po’ alla volta, il brodo vegetale. Unire, infine, il tarassaco tagliato a pezzetti. Risotto di pan cuco Ingredienti: una manciata di foglioline di acetosa, una manciata di foglie di piantaggine, 3 hg di riso, ½ bicchiere di vino bianco secco, brodo (anche di dado), burro od olio, parmigiano grattugiato, sale. Rosolare in poco burro le foglie delle suddette verdure, finemente tagliuzzate; salare e unire il riso. Cuocere pian piano e “spegnere” con il vino bianco. Quand’è evaporato, allungare con il brodo bollente e portare a cottura, sempre mescolando. Servire con il parmigiano grattugiato. NB! L’acetosa, pianta tanto utile per le sue proprietà depurative e digestive, non è tollerata da tutti ed è preferibile non abusarne. Se ne devono astenere, in particolare, i gottosi, gli artritici, i sofferenti di iperacidità gastrica e i soggetti predisposti a litiasi (calcoli). Foto Rensi tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII P er molte migliaia di anni l’alimentazione dell’uomo si è basata sulla caccia e sulla raccolta delle erbe spontanee. Anche dopo la nascita dell’agricoltura e le relative tecniche di domesticazione di numerose specie vegetali, che permisero di migliorare le condizioni di vita di molti popoli della Terra, l’uso delle piante selvatiche commestibili è rimasta una pratica diffusa fino ai nostri giorni. Furono proprio i contadini a conservare e a tramandare, di generazione in generazione, innumerevoli ricette culinarie, molte delle quali riescono tuttora a soddisfare il nostro fabbisogno alimentare e costituiscono spesso anche una delizia per il palato. Ma dove possiamo trovare le erbe selvatiche commestibili? In realtà esse sono dovunque, persino in città, tra le crepe dei marciapiedi e nelle fessure dei vec- orto e dintorni: le aromatiche chi muri; ne sono piene le campagne ed i boschi, le troviamo nei prati di collina e in quelli di montagna e sono sempre presenti anche nei nostri orti. Tutte queste specie vegetali, che in un primo momento possono sembrare insignificanti, sono invece quelle che ci sorprendono più delle altre, se solo abbiamo la pazienza e la curiosità di conoscerle da vicino. In realtà per secoli esse sono state preziose alleate dell’umanità, sia nei periodi di abbondanza che in quelli di carestia, e per secoli l’uomo le ha studiate, raccolte, sperimentate e classificate negli erbari; anche perché molte di esse gli sono state sempre indispensabili soprattutto sotto il profilo... terapeutico! Attualmente, nonostante i diserbanti, l’agricoltura intensiva e la perdita di memoria, proprio come allora le buone erbe selvatiche sono ancora lì, a nostra disposizione, modeste ma resistenti, del tutto gratuite e assolutamente buone. Conoscere le piante selvatiche ci offre anche l’opportunità di non perdere il contatto con la natura, riscoprendo specie vegetali che fanno parte della nostra tradizione e comprendendo al tempo stesso il vero gusto dei cibi, fatto di sapori veri, naturali ai quali non siamo ahimè più abituati. Una delle piante spontanee commestibili più famose è il tarassaco (Taraxacum officinale), da sempre amato sia dai buongustai che dai fitoterapeuti per le sue molteplici proprietà alimentari e medicinali. L’ottimo “dent de cagn” è diffuso un po’ ovunque: nei campi, ai bordi delle strade, nei giardini, nei prati e negli orti, dove spesso è considerato pianta infestante. Eppure è una delle erbe più sfruttate in cucina anche perchè se ne possono consumare tutte le parti, dalle radici alle foglie ai boccioli fiorali e ai fiori! Il tarassaco va consumato soprattutto crudo, ma è gustoso anche cotto. Assieme al tarassaco, una delle erbe selvatiche altrettanto diffuse è la borsa del pastore, chiamata in dialetto anche “erba borsa” (Capsella bursa pastoris): se la cerchiamo nel prato o nei campi, la troviamo di sicuro, ma non è difficile riconoscerla talora anche tra le macerie e ai margini delle strade. La forma dei suoi frutti la rende subito riconoscibile: essi ricordano, infatti, le borse usate un tempo dai pastori per riporvi il sale da dare alle pecore; dovendoli descrivere più semplicemente, si può dire che assomigliano a cuoricini. E’ una pianta molto saporita, soprattutto se consumata cruda (ma risulta ottima anche cotta) prima della sua fioritura. Un tempo i nostri contadini consumavano anche l’acetosa (Rumex acetosa), che chiamavano “pan cuco” o “pan e vin”, pianta da cui è derivata l’eccellente qualità da orto con foglie larghe, di color verde pallido e molto più tenere, chiamata acetosa bionda o acetosa maggiore. Una manciata delle sue giovani foglie o degli apici teneri prima della fioritura, mescolati all’insalata, le conferisce un sapore piuttosto acidulo. Unita alla piantaggine (“piantonega”), altra verdura spontanea dei nostri prati, è un componente gustoso del risotto di pan cuco. Foto Hans Hillewaert Crocchette di borsa di pastore Ingredienti: 4 hg di foglie di borsa del pastore, 2 uova, una patata, uno spicchio d’aglio, 1 hg di pane raffermo grattugiato, sale. Dopo aver lavato la patata e le foglie, lessarle e scolarle. Col passaverdure ridurle in purea, quindi aggiungere le uova, l’aglio tritato, il pane grattugiato e il sale. Amalgamare bene il tutto e ricavarne delle crocchette della forma desiderata. Cuocere in forno a 180° per una quindicina di minuti. 71 ortoEeSALUTE CIBO dintorni: le aromatiche tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII Pressione alta, ipertensione? Rimediamo con la dieta e meno sale 72 Prof. Carmelo Bruno già insegnante di chimica all’ITI “Buonarroti” di Trento Archivio CCIAA TN © Carlo Baroni L ’ipertensione è certamente uno dei problemi clinici più rilevanti e diffusi del XX e XXI secolo. Ma cos’è l’ipertensione? La pressione del sangue è la forza che il sangue esercita sulle pareti dei vasi sanguigni. Coloro che soffrono di ipertensione (I.T.) hanno una pressione sanguigna troppo alta. La pressione aumenta momentaneamente dopo uno sforzo fisico o una tensione emotiva ma dopo un momento di rilassamento torna a livelli normali. Il disturbo inizia nel momento in cui la pressione non torna normale, ma rimane alta. Questo fenomeno è chiamato “ipertensione essenziale”, cioè senza una causa apparente, quindi non dipendente da cause o malattie particolari. La pressione sanguigna ha due valori di riferimento: la pressione sistolica, è il valore più alto misurato mentre il cuore pompa, e quella diastolica, misurata nel momento di riposo tra un battito e l’altro, quando la pressione è al minimo. I valori normali si situano nell’intervallo 110/70 e 140/90. La pressione ideale è 120/80. CAUSE DELL’IPERTENSIONE Certamente lo stile di vita e lo stress hanno un ruolo importante, però l’I.T. è strettamente correlata a fattori di natura alimentare. Essa è un’altra delle numerose malattie associate alla dieta occidentale e si riscontra quasi elusivamente nei paesi industrializzati. Le persone che vivono nelle zone non eccessivamente sviluppate dell’Oriente e dell’Africa, non presentano, in genere, I.T. essenziale, né evidenziano un aumento della pressione arteriosa con l’aumentare dell’età. A ulteriore riprova di questa constatazione, quando i membri appartenenti a questa società migrano verso zone industrializzate e adottano una alimentazione tipica di quelle zone, l’incidenza dell’I.T. aumenta. Studi clinici ed epidemiologici hanno ripetutamente dimostrato che l’obesità è uno dei principali fattori dell’I.T.. La perdita di peso abbassa la pressione arteriosa sia nelle persone ipertese che in quelle normotese, perciò dovrebbe essere il principale obiettivo per ridurre l’ipertensione nei soggetti obesi. Anche i fattori legati allo stile di vita hanno un ruolo importante come causa dell’I.T. Gli effetti derivanti dal consumo prolungato di caffè sulla pressione sanguigna non sono stati ancora chiaramente definiti. Comunque, uno studio di vasta portata ha rilevato un lieve, ma statisticamente rilevante, innalzamento della pressione allorchè i soggetti che bevevano cinque o più tazze di caffè al giorno venivano confrontati con coloro che non consumavano caffè. L’alcool, se consumato a dosi elevate e per un periodo prolungato favorisce l’I. T., tramite l’aumentata secrezione di adrenalina. È accertato che anche il fumo di sigaretta è un fattore che contribuisce all’ipertensione. La reazione ipertensiva alla nicotina è dovuta alla stimolazione della ghiandola surrenale, che si traduce in un’aumentata secrezione di adrenalina. Anche lo stress è un fattore molto importante nell’I.T.. Infatti la tensione causa la contrazione delle pareti arteriose che rimpicciolisce tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII le arterie. Le persone che hanno ritmi di vita intensi diventano facilmente ipertesi. Alcune persone reagiscono in modo eccessivo a situazioni emotive, causando aumenti di pressione più frequenti e che durano più a lungo. Se il fenomeno non viene corretto può provocare I.T.. In questi casi le tecniche di rilassamento come lo yoga, la meditazione, il training autogeno ecc. si sono dimostrate di aiuto nell’abbassare la pressione arteriosa. Anche l’elevato tasso di colesterolo nel sangue e la conseguente aterosclerosi può provocare I.T. perché il sangue passa con difficoltà attraverso le arterie che sono parzialmente ostruite dalla placca aterosclerotica, di conseguenza la pressione del sangue aumenta. Assieme all’aterosclerosi può verificarsi anche l’arteriosclerosi, cioè l’indurimento delle arterie. Le arterie sono elastiche e tendono a perdere la loro elasticità e a indurirsi con l’età. Uno dei motivi è la carenza di vitamina C, necessaria per la produzione del collagene, la colla intercellulare che mantiene elastiche le arterie. L’aterosclerosi, l’arteriosclerosi e la perdita di fluidità del sangue sono fattori che possono fare aumentare la pressione arteriosa. In ultimo, ma non per importanza, coloro che consumano alimenti ricchi di sodio hanno un rischio più elevato di soffrire di pressione alta, in quanto il sodio provoca ritenzione idrica, che esercita una pressione sui vasi sanguigni. COME INTERVENIRE? Secondo il prof. Cannella, famoso studioso dell’Università di Roma, non si può ormai prescindere da un approccio combinato, dietetico e farmacologico. Qui vengono riportati solo consigli di tipo alimentare che possono andare bene per tutti quelli che hanno problemi di pressione alta. Naturalmente il medico deciderà sulle medicine. L’alimentazione indicata per abbassare l’I.T. è ricca di frutta , verdura fresca e cereali, bisogna ridurre drasticamente sale, zucchero e grassi animali Vediamo alcuni fattori alimentari correlati con la pressione sanguigna. IL RAPPORTO SODIO/POTASSIO Il ruolo svolto da di sodio e ponell’insorgevalutato in una dieta ricca vera di potassio re dell’I.T. è stato modo conclusivo. Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato una significativa correlazione tra eccessivo consumo di sale e sviluppo dell’I.T. arteriosa. Foto di Rute Martins di Fotografia di Leoa orto e dintorni: le CIBO aromatiche E salute Il consumo eccessivo di cloruro di sodio (sale da cucina) , insieme ad una diminuita assunzione di potassio con l’alimentazione, provoca un aumento del volume dei liquidi e compromette i meccanismi di regolazione della pressione sanguigna, dando luogo, nei soggetti predisposti, all’I.T.. tassio e povera Una dieta ricca di podi sodio limita l’innalzamento della pressione sanguigna in condizioni di stress, riducendo l’effetto costrittivo dell’adrenalina sui vasi sanguigni. La sola limitazione del sodio non è sufficiente a tenere maggiormente sotto controllo la pressione: è necessario che ci sia un elevato apporto di potassio. Una sempre più diffusa consapevolezza degli effetti dannosi dell’eccesso di sodio ha portato ad un minor consumo del sale da cucina. Però è aumentato il contenuto di sale negli alimenti già pronti e lavorati. Quindi dovrebbero essere evitati il glutammato di sodio (dadi), i vegetali in scatola, le bevande dietetiche e anche il bicarbonato. In ogni caso leggere le etichette cercando il simbolo del sodio (Na), cioè bisogna scovare quello che si chiama il “sale nascosto” nei cibi e nei condimenti. Il controllo dell’apporto di sodio non può perciò limitarsi alla semplice limitazione del sale aggiunto in cucina e in tavola. Altri alimenti da evitare sono gli insaccati, la carne affumicata, la pancetta, le salsicce, gli alimenti in salamoia, i formaggi fermentati. QUALE TIPO DI DIETA? Gli studi dicono che chi ha una dieta prevalentemente vegetariana ha valori di pressione generalmente più bassi, poiché il potassio è ampiamente contenuto in molti tipi di frutta e verdura. È da notare che la quantità di sodio introdotta con l’alimentazione è circa la stessa tra vegetariani e non vegetariani. Ciò che cambia notevolmente nella dieta vegetariana è la grande quantità di potassio in essa contenuta e quindi permette di abbassare il rapporto sodio/potassio. Inoltre, in tale dieta sono molto presenti le fibre, il calcio, il magnesio, la vitamina C, gli acidi grassi polinsaturi, che esercitano un’influenza positiva sulla pressione sanguigna. In Foto di Luis H. Jovel particolare la fibra alimentare (crusca d’avena, pectina delle mele, semi di psillio….) si è rivelata efficace nella prevenzione e nel trattamento dell’I.T.. CALCIO E MAGNESIO Hanno un effetto protettivo sulla pressione arteriosa. Alcune sperimentazioni cliniche ci dicono che i soggetti ipertesi possono trarre beneficio da un’alimentazione ricca di calcio (latte, spinaci, broccoli…) e dall’integrazione in calcio, che ha un’azione riducente sulla pressione sanguigna. Il magnesio è un fattore ancora più importante del calcio nell’abbassare la pressione. La carenza intracellulare di magnesio è uno dei fattori responsabili dell’I.T. in quanto il livello è notevolmente più basso negli ipertesi e può essere inversamente correlato con la pressione sanguigna. Un’alimentazione ricca di magnesio si ottiene consumando fagioli, piselli, verdure di colore verde scuro, latte, noci…). Per capire meglio, diciamo che le arterie sono circondate da uno strato muscolare, e un eccesso di sodio oppure una carenza di calcio, magnesio o potassio può provocare un aumento della pressione muscolare. Aumentare l’apporto di questi minerali, evitando di aggiungere sale ai cibi, può avere un effetto determinante sulla pressione arteriosa. Anche l’aglio e la cipolla svolgono attività ipotensiva. Il meccanismo di azione dell’aglio è in relazione con l’effetto da questi esercitato sul sistema nervoso autonomo e con le sue proprietà ipolipemizzanti. Anche i grassi omega-3 (pesci) e l’olio extravergine di oliva riducono la pressione arteriosa nei pazienti ipertesi. Mentre hanno effetto ipertensivo i grassi saturi (di origine animale e vegetale). 73 tt 02 ortoEeSALUTE CIBO dintorni: le aromatiche mar-apr 2013 | anno LVIII I parassiti negli alimenti cosa si muove in dispensa 74 Rosaria Lucchini Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie - Sezione di Trento L a bella stagione è cominciata, e cominciano a volare le farfalle sui fiori e nei prati. Ma non solo! Durante la primavera-estate non è raro vedere bruchi bianchi sui soffitti delle cucine, o farfalline grigie che danno il benvenuto all’apertura della dispensa. Ma non sono i soli. Ci sono numerosi insetti, coleòtteri (tribolio della farina, punteruolo del grano) e lepidòtteri (tignola della farina, tignola del grano, …) che parassitano gli alimenti, soprattutto i sacchetti di cereali, farine, legumi e frutta secca. A causa dello loro piccole dimensioni e della notevole mobilità, possono raggiungere le derrate o esservi trasportate dall’uomo in qualsiasi momento della conservazione, della trasformazione o del confezionamento. Sono in grado di perforare le confezioni e infestare il contenuto. Questi parassiti non sono direttamente causa di malattia nell’uomo, ma la loro presenza negli alimenti rap- presenta comunque un problema sanitario, in quanto possono deteriorare il prodotto rendendolo parzialmente o totalmente inutilizzabile e causare un impoverimento nutrizionale dello stesso. Possono essere fonte di ingenti danni economici, soprattutto per le industrie alimentari, poiché consumano gli alimenti, ne riducono la conservabilità, favoriscono la contaminazione di muffe o di altri germi; possono depositare uova, escrementi, impurità direttamente sugli alimenti, sulle superfici di lavoro, sulle attrezzature e nei recipienti. Persino i nuovi Regolamenti comunitari del “Pacchetto igiene” hanno confermato l’importanza della lotta contro i parassiti per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza alimentare. e delle loro larve. La presenza di parassiti nelle scorte alimentari non sta obbligatoriamente ad indicare una carenza igienica in casa. Le uova, le larve, le tarme e i coleotteri possono essere già presenti negli alimenti o nelle confezioni prima dell’acquisto. Per questo è importante che al momento dell’acquisto si scelga merce di buona qualità e in buono stato di conservazione. Come evitare i parassiti nelle scorte alimentari? Il problema si ripresenta ogni estate. Le temperature estive caldo-umide favoriscono una veloce propagazione di farfalline e coleotteri Consigli: Controllate regolarmente le scorte, d’estate anche ogni mese. Conservate i cereali, la farina, la pasta e la frutta secca in contenitori a chiusura ermetica, perché Come possiamo accorgerci della presenza di parassiti? È possibile vedere filamenti di ragnatela nelle confezioni di riso e di farina, oppure dei grumi, piccoli fori nella confezione e anche tracce di escrementi e di altre impurità, bozzoli di seta. tt 02 mar-apr 2013 | anno LVIII orto e dintorni: le aromatiche CIBO E SALUTE sentino fori. Lavate con acqua e aceto le superfici interne degli armadi dove depositate le scorte, perché le uova e le larve spesso si nascondono nelle fessure. Per completare l’opera potrete mettere delle trappole con sostanze per il richiamo sessuale per catturare i maschi. In caso di lunga assenza tenere i cibi a rischio (semola, farine integrali) nel frigorifero. Non lasciare confezioni aperte di biscotti, riso e farina nella dispensa. Meglio in confezioni chiuse o conservare il riso aperto per esempio in frigorifero. Non dimenticate frutta secca e caramelle o cioccolatini nei vassoi. Potrebbero diventare pranzetti invitanti. È sorprendente la varietà di alimenti che può essere attaccata da questi insetti. Qualsiasi derrata, infatti, può scatenare il loro appetito: dalle granaglie ai cereali, dal legno alle merci deperibili e molto altro ancora. Indicazioni pratiche di corretta conservazione di alimenti. Non riporre in dispensa sacchetti aperti e non lasciare briciole sui ripiani che possono attirare insetti quali larve e forme adulte. i parassiti mangiano anche le confezioni. Non dimenticate resti di alimenti in confezioni aperte, né briciole sui ripiani della dispensa, perché attirano i parassiti. Le “nonne” insegnavano di porre nella dispensa o negli armadi della cucina batuffoli di cotone o sacchettini di stoffa imbevuti di olio di lavanda o foglie di noce avvolte in carta pergamena, per tenere lontane le tarme dalle scorte. Che fare, di fronte a un’invasione di animaletti? Evitate di correre ai ripari con la chimica, rischiosa per la salute e nella maggior parte dei casi neanche necessaria. Chiudete subito in un sacchetto di plastica gli alimenti infestati e gettateli via onde evitare un’ulteriore infestazione di parassiti. Esaminate attentamente gli alimenti che non sembrano ancora infestati per individuare filamenti ed impurità e in caso di esito positivo gettate anche questi. Verificate le confezioni sigillate, che non pre- approfondimento I parassiti sono organismi che traggono nutrimento e protezione da altri esseri viventi chiamati “ospiti”. Alcuni tipi presenti negli alimenti possono essere portatori di malattie per l’uomo. Per proteggere la salute del consumatore da questa minaccia l’Unione Europea ha adottato un approccio integrato alla sicurezza alimentare che interessa l’intera filiera, dall’azienda agricola alla tavola. Alcuni parassiti, quali i vermi nematodi, ovvero vermi tondi, possono risiedere negli organi di animali e dell’uomo. L’ anisakidosi, nota anche come malattia del verme delle aringhe, è una patologia gastrointestinale a trasmissione alimentare, dovuta alla presenza nel cibo di parassiti della famiglia Anisakidae, responsabili talvolta anche della comparsa di fenomeni allergici. Gli adulti di anisakis, simili a spaghettini lunghi 1-2 cm, di color bianco lattescente, si possono trovare nella cavità celomatica dei pesci (area dove sono contenuti i visceri), in particolare tonno, pesce spada, pesce azzurro e alcuni cefalopodi. Una buona cottura o un trattamento di congelamento a -20°C per almeno 24 ore sono sufficienti per sanificare le carni. La trichinellosi è una malattia causata da nematodi capaci di infestare i mammiferi, soprattutto carnivori e onnivori (maiale, volpe, cinghiale …), gli uccelli e i rettili. La trasmissione avviene per via alimentare, consumando carni poco cotte o crude contenenti larve del parassita trichinella spp. I sintomi possono essere rappresentati da diarrea, dolori muscolari, debolezza, sudorazione, febbre. E’ importante quindi consumare carne ben cotta (è sufficiente 1 minuto a 65°C), far controllare al Servizio Veterinario la carne di suini allevati in ambito domestico o di cinghiali cacciati per la presenza di Trichinella spp. Per tartara e carpaccio con carni di cui non è nota la provenienza meglio eseguire congelamento a -20°C per almeno 24 ore. 75