sbocciati - Provincia autonoma di Trento

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sbocciati - Provincia autonoma di Trento
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
Assessorato provinciale all’agricoltura
foreste, turismo e promozione
terratrentina
www.trentinoagricoltura.net
mar./apr.
nov./dic. 2013
2012||nr.
nr.25anno
annoLVIII
LVII
Periodico di economia e tecnica per un’agricoltura moderna al servizio del consumatore e dell’ambiente
SBOCCIATI
primo piano
Alpi,
una nuova
La
difesa
verde identità
per futuro
le terre alte d’Europa
del
ATTUALITÁ
Così è cambiata in 10 anni
l’agricoltura trentina
ATTUALITÁ
Il nuovo Consorzio
di bonifica agricola
prodotti
Food
TURISMO
design,
La conferenza
belli
e gustosi al Mart
di Levico
RICERCA
I nuovi
biocarburanti
AROMATICHE
Vizi e virtù
del rosolaccio
RICERCA
Cinipide del castagno:
3 anni di lotta biologica
cibo e salute
I parassiti
negli alimenti
Dalle serre trentine
i fiori che fanno primavera
L’abete trentino donato dal Comune di Andalo alla città di Roma
02
[email protected]
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
AssessorAto provinciAle All’AgricolturA
foreste, turismo e promozione
terratrentina
www.trentinoagricoltura.net
La mente si può addestrare alla felicità. Questo non è un
postulato filosofico o religioso. È un dato di fatto comprovato dalla scienza. Proprio perché tutti noi siamo esseri
umani, siamo nati da una madre, tutti abbiamo dentro
queste potenzialità. Dobbiamo imparare a coltivarle, per
noi stessi e per gli altri. mar-apr 2013 | anno LVIII
Periodico di economia
e tecnica dell’agricoltura.
Organo dell’Assessorato provinciale
all’agricoltura, foreste, turismo
e promozione
mar./apr.
nov./dic. 2013
2012||nr.
nr.25anno
annoLVIII
LVII
PRIMO PIANO
Alpi,
una nuova
La
difesa
verde identità
per futuro
le terre alte d’Europa
del
ATTUALITÁ
Così è cambiata in 10 anni
l’agricoltura trentina
ATTUALITÁ
Il nuovo Consorzio
di bonifica agricola
PRODOTTI
TURISMO
Food
design,
La conferenza
belli
e gustosi al Mart
di Levico
RICERCA
Tenzin Gyatso - XIV Dalai Lama
Trento, 11 aprile 2013
Reg. Trib. Trento n. 41
del 29.8.1955
I nuovi
biocarburanti
AROMATICHE
Vizi e virtù
del rosolaccio
RICERCA
Cinipide del castagno:
3 anni di lotta biologica
CIbO E SALUTE
SBOCCIATI
TERRA TRENTINA
COMITATO DI DIREZIONE
REDAZIONE, COLLABORATORI
Direttore responsabile
Giampaolo Pedrotti
Coordinatore editoriale
Corrado Zanetti
Segreteria di redazione
Marina Malcotti
Redazione
Piazza Dante, 15
38122 TRENTO
Tel. 0461 494614
Fax 0461 494615
COMITATO
DI DIREZIONE
periodico di economia e tecnica per un’agricoltura moderna al servizio del consumatore e dell’ambiente
I parassiti
negli alimenti
Dalle serre trentine
i fiori che fanno primavera
sommario
Paolo Nicoletti
Dipartimento Agricoltura, turismo,
commercio e promozione - PAT
Romano Masè
Dipartimento Territorio, ambiente
e foreste - PAT
Paolo Manfrini
Trentino Sviluppo SpA - Divisione
Turismo e promozione
l’abete trentino donato dal comune di Andalo alla città di roma
PRIMO PIANO
Ricerca, i “Grandi Progetti”
in agricoltura
8
Trentino all’avanguardia
nella difesa verde
Alberto Giacomoni
Agenzia provinciale per i pagamenti
Mauro Fezzi
Fondazione Edmund Mach
ATTUALITà
CENSIMENTO
REDAZIONE
Fabrizio Dagostin
Edoardo Arnoldi
Angela Menguzzato
Giuliano Dorigatti
Silvia Ceschini
Aziende più grandi e professionalizzate
PSR 2007-2013
Il Premio insediamento a 326 giovani
VITIENOLOGIA
HANNO COLLABORATO
A QUESTO NUMERO:
Roberto Bertolini
Carmelo Bruno
Silvio Canestrini
Lucia Facchinelli
Sergio Ferrari
Iris Fontanari
Ilenia Garniga
Adele Gerardi
Claudio Groff
Rosaria Lucchini
Walter Nicoletti
Marco Pontoni
Davide Pozzo
Stefano Tamanini
Silvia Vernaccini
Fondazione E. Mach
CCIAA Trento
Mart
Foto in copertina
di Romano Magrone
FAUNA
12
Brand Dolomiti, questioni di feeling
L’agricoltura del riscattto palestinese
FRUTTICOLTURA
La melicoltura carioca
ambiente
Noce, l’ora del Parco fluviale
Orso, lupo, lince: ecco quanti sono e come vivono
STORIA
Il Seccatoio di Cavalese
PRODOTTI
I magnifici dieci Food design
AGRITURISMO
GRAFICA
I 40 anni dell’agriturismo trentino
STAMPA
Macchine irroratrici: autorizzati i centri prova
Chiuso in redazione il 10/5/2013
Copertura totale e fondi di solidarietà FITOSANITARI
Studio Bi Quattro s.r.l. - Trento
Tipografia Alcione - Trento
DIFESA
IMPRESE AGRICOLE
Il quaderno di campagna informatico
ORTICOLTURA
Le suggestioni di Ortinparco
firmato provincia
24
26
20
35 Floricoltura 54
Speciale
RUBRICHE
A come
Agricoltura
ALIMENTAZIONE,
AMBIENTE
Notizie fem
ue Informa
Notizie
In breve, Prodotti, Enonews,
Vicino e lontano, Scaffale
AROMATICHE
È il quinto settore dell’agricoltura trentina
(Plv 37 milioni di euro) con 180 aziende attive,
600 addetti e un indotto di oltre mille persone.
Penalizzate dalla ridotta capacità di spesa
delle famiglie, dalla agguerrita concorrenza
esterna e da carenze strutturali e organizzative, le floricolture trentine cercano il rilancio.
Puntando sulla distintività e qualità dei fiori
“di montagna” ma anche sul turismo.
In attesa di una legge ad hoc.
Prezzemolo
Ricette contadine
Selvatiche, le buone erbe
degli antichi sapori
72
CIBO E SALUTE
Pressione alta, ipertensione?
Rimediamo con la dieta e meno sale
I parassiti negli alimenti:
cosa si muove in dispensa
TECNICA, RICERCA, SPERIMENTAZIONE
44
FORMAZIONE
Il pane a scuola
Mele in grotta: via libera
da melinda al “modello sotterraneo”
Cinipide del castagno,
risultati di 3 anni
di lotta biologica
42
46
Assistenza tecnica
per gli apicoltori
Flavescenza dorata,
un preoccupante aumento
TECNICA FLASH
50
tt 02
| la ricerca verde
PRIMOpiano
primo
PIANO
mar-apr
2013 | anno LVIII
Il presidente Alberto Pacher all’incontro informativo del 25 marzo
“Ricerca, un elemento
della nostra identità”
S
i scrive “ricerca”, ma a guardare bene vi ci si legge anche
la parola “identità”. Sì, perché
anni e anni di investimenti (quasi 372 milioni di euro
stanziati per questa legislatura) e progetti
hanno inevitabilmente determinato quella
particolare configurazione sociale ed economica che ha portato molti, specie dall’esterno, a vedere nel Trentino una piccola Silicon
Valley la cui attività produce effetti più o
meno evidenti nella vita quotidiana di questo
piccolo territorio alpino.
L’incontro informativo sul sistema provinciale
della ricerca e dell’innovazione del 25 marzo
scorso, promosso dal presidente del Consi-
glio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti, ha
permesso di accendere una serie di riflettori
per rendere visibili risultati e progetti di una
serie di specializzazioni che indagano tanto
i campi dell’agricoltura quanto quelli dell’ambiente, o della salute o della cultura. “Ormai
- ha commentato il presidente della Provincia, Alberto Pacher - ricerca ed innovazione
sono uno dei modi con cui esprimiamo la nostra identità. Uno degli scenari che affidiamo
ai nostri giovani perché possano guardare al
futuro globalizzante con maggiore ottimismo
e fiducia”.
Le pagine che seguono offrono un sintetico
quadro dei più avanzati e significativi programmi di ricerca inseriti negli 8 cosiddetti
“Grandi Progetti 2006”, sviluppati in questi
anni, in particolare dalla Fondazione Edmund Mach, nei settori dell’agricoltura, dell’ambiente, della gestione delle risorse naturali, dell’alimentazione.
“Ci siamo dati temi come la sostenibilità, la
green economy, l’edilizia sostenibile, l’agricoltura, la riduzione dell’impatto della chimica nelle coltivazioni - ha spiegato Pacher
- tematiche tutte legate, in ultima analisi, al
nostro Pil provinciale. Il Pil non può infatti
essere pensato solo in termini di realizzazione di un prodotto, ma è intrinsecamente
connesso all’immagine che il Trentino riesce
a dare di sé all’esterno, in termini di riconoscibilità, di un luogo che fa sperimentazione,
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mar-apr
2013 | anno LVIII
| primoPIANO
la ricerca verde PRIMO
piano
Una ricercatrice della Fondazione Mach e sotto il Palazzo della Ricerca a San Michele all’Adige. In basso il presidente
della Provincia autonoma di Trento Alberto Pacher e il Presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti all’incontro
informativo sul sistema trentino della ricerca.
Foto Archivio Iasma
nel quale vengono conservati al meglio il
territorio e la sua identità, la comunità, l’ambiente”.
Pacher ha dedicato buona parte dell’intervento con il quale ha chiuso la conferenza
informativa allo stretto legame che deve
esserci tra ricerca e mondo produttivo, pur
specificando che, nella valutazione dei progetti, bisogna prestare attenzione non solo
all’immediata ricaduta, ma anche a tante altre dinamiche.
I risultati non mancano, altri sono attesi in un
prossimo futuro, in particolare dagli imprenditori agricoli per quanto riguarda la difesa
delle colture dalle avversità. Risultati che derivano da un contesto favorevole alla ricerca
direttamente collegato a un tessuto reattivo
che, nella nostra provincia, si è costruito negli anni, con attenzione e impegno da parte
degli attori privati e pubblici.
Fondamentali sono però le collaborazioni fra
i soggetti che in Trentino operano nel campo
della ricerca. “Una visione di sistema, questa ha detto Pacher - che dovrà essere sempre più
consolidata, non solo per adeguarci alla spending rewiev, ma anche perché si tratta di un
ulteriore elemento di traino, di uno spunto per
innescare imitazioni anche in altri campi”.
| la ricerca verde
PRIMOpiano
primo
PIANO
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
L’INTERVISTA / Roberto Viola, dirigente del Centro
Ricerca e Innovazione della Fondazione Mach
“Partire dalla
conoscenza
per fare scelte consapevoli”
di Silvia Ceschini
D
ottor Roberto Viola,
possiamo trovare un
denominatore comune dei tre progetti
Ace-Sap, Envirochange e Openloc, sotto il profilo delle
ricadute pratiche per il territorio
Trentino?
Il denominatore comune è il paesaggio e
il territorio trentino. Il progetto Ace-Sap si
è occupato di aspetti che determinano la
ricchezza biologica e la biodiversità sia per
quanto riguarda la fauna che la flora; ha
studiato l’ecologia in senso lato, utilizzando approcci scientifici avanzati e innovativi che sono stati ulteriormente rafforzati
grazie alla collaborazione con l’Università
di Davis in California. Envirochange si è
occupato di “disegnare” scenari legati ai
cambiamenti globali, in particolare climatici, soprattutto in relazione alle produzioni
agricole; in altre parole ha studiato l’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura locale sviluppando modelli applicativi
a sostegno degli operatori del settore. Il
terzo progetto, Openloc, si è occupato di
politiche pubbliche e sviluppo locale, prendendo in esame il caso di una valle trentina, la valle di Ledro, indagando le relazioni
tra i beni naturali e le loro interazioni con la
comunità locale.
Tematiche e progetti questi che fanno del
Trentino un territorio all’avanguardia sia a
livello nazionale che internazionale, anche
perché consentono di guardare avanti e
ipotizzare scenari futuri che a loro volta
informano e anticipano determinate scelte
politiche.
D’altronde l’attività e la mission
stessa del Centro ricerca e innovazione è quella di contribuire alla
crescita economica e al miglioramento della qualità della vita anche di questo territorio….
La ricerca, anche quella avanzata, oggi
è uno strumento importante, essenziale
per la società moderna che deve partire
dalla conoscenza per poter fare scelte
consapevoli. In questo contesto, il Centro ricerca e innovazione della Fondazione Mach rappresenta per il Trentino uno
strumento importante di conoscenza del
proprio territorio e dei settori di riferimento: agricoltura, alimentazione, ambiente.
Conoscenza che viene divulgata e quindi
resa pubblica attraverso la propria attività di diffusione e comunicazione scientitica.
Ma la conoscenza genera anche innovazione tecnologica, consente sostenibilità
economica e competitività. Fornisce strumenti per poter anticipare i cambiamenti
e quindi supportare le scelte dei decisori.
La finalità ultima è quindi il sostegno alla
continua evoluzione in Trentino non solo
di una economia ma anche di una società
basata sulla conoscenza.
Il Centro ricerca e innovazione
è attivo con molti altri progetti e
programmi nei tre settori di riferimento: agricoltura, ambiente e alimentazione. Quali sono le “dimensioni” di questa ricerca?
La ricerca della Fondazione Mach si occupa a 360 gradi delle scienze della vita.
I cinque dipartimenti attivi sono Dipartimento Agroecosistemi Sostenibili e Biorisorse, Dipartimento Biodiversità ed Ecologia Molecolare, Dipartimento Biologia
Computazionale, Dipartimento Genomica
e Biologia delle Piante da Frutto, Dipartimento Qualità Alimentare e Nutrizione.
È un centro internazionale che produce
molto dal punto di vista scientifico. Come
indicato nell’ultimo report abbiamo prodotto negli ultimi due anni circa 350 pubblicazioni su riviste con impact factor, attivato 128 collaborazioni in Europa, 15 in
America, 5 in Asia, 4 in Oceania, senza
dimenticare una trentina di affiliazioni con
importanti società scientifiche. Sotto il profilo formativo si segnalano 90 dottorandi
provenienti da 24 paesi.
Le fonti di finanziamento non sono
solo quelle provinciali. A questo
proposito qual è l’obiettivo del CRI?
Tanto per dare qualche dato, abbiamo in
corso 40 progetti finanziati da organismi
internazionali pubblici e 4 progetti finanziati da organismi internazionali privati,
74 progetti finanziati da organismi nazionali pubblici e 22 da organismi nazionali
privati.
L’obiettivo del Centro è di arrivare entro il
2015 al 30 per cento di autofinanziamento. Oggi siamo riusciti ad arrivare vicino
a quella percentuale: abbiamo raggiunto
circa il 28 per cento. Questo dimostra che
siamo competitivi e attraenti dal punto di
vista degli investimenti, ma significa anche
che i finanziamenti ottenuti tramite fondi
integrativi espandono la nostra capacità
di ricerca con un effetto di sviluppo per lo
stesso territorio trentino.
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mar-apr
| primoPIANO
la ricerca verde PRIMO
piano
2013 | anno LVIII
PROGETTO ACE-SAP Ecosistemi
alpini e cambiamento ambientale:
sensibilità e potenziale adattativo della biodiversità
ACE-SAP è un progetto finanziato dalla Provincia autonoma di Trento per rafforzare la ricerca scientifica in
settori di rilievo per il Trentino. Lo studio, coordinato dalla Fondazione Edmund Mach, ha visto la partecipazione del Museo Tridentino di Scienze Naturali e del Museo Civico di Rovereto, oltre che della prestigiosa
Università di Davis (California).
Lo scopo del progetto, che si è concluso di recente, è stato quello di provvedere una solida base di conoscenze per la gestione sostenibile e conservazione della diversità biologica naturale del Trentino grazie
all’uso di metodiche all’avanguardia per il settore.
Utilizzando l’ambiente naturale della regione come un laboratorio a cielo aperto, i ricercatori dei quattro
Istituti hanno collaborato a valutare gli impatti diretti che il cambiamento o la perdita di biodiversità possono
avere sulla popolazione trentina, ed in particolare sulla qualità dell’acqua e della trasmissione all’uomo di
malattie presenti in animali selvatici. Gli stessi ricercatori si sono dedicati, inoltre, alla conservazione di specie sia di animali che di piante minacciate
di estinzione, costituendo al tempo stesso un importante inventario degli attuali livelli della biodiversità naturale e del suo stato di “salute”.
“Tra i risultati principali del progetto - spiega Claudio Varotto, coordinatore per la Fondazione Mach - si segnalano la scoperta di una insospettata
biodiversità criptica ed il ritrovamento in Trentino di nuove specie endemiche di piante ed animali, l’identificazione delle principali vie per l’invasione di
specie di piante non native della regione e l’elevata resistenza all’invasione degli ambienti alpini di alta quota, lo sviluppo di accurati modelli matematici in grado di prevedere con maggiore accuratezza la probabilità di trasmissione da zecche ad uomo di malattie quali la meningite o quella di fioriture
di micro-alghe tossiche nei laghi trentini, e l’identificazione di un gruppo di geni che sembrano essere responsabili dell’adattamento delle conifere
all’ambiente alpino e che quindi potrebbero aiutare ad attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle foreste del Trentino”.
Politiche pubbliche e sviluppo locale
in un contesto di cambiamento globale
PROGETTO OPENLOC
Il progetto OPENLOC “Politiche pubbliche e sviluppo locale in un contesto di cambiamento globale”, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento, ha scelto la Valle di Ledro come territorio dove svolgere uno
studio interdisciplinare, comprendendo temi quale l’ambiente, l’ecologia, la partecipazione alla vita politica,
il paesaggio, l’antropologia.
Il progetto ha coinvolto diversi enti di elevato profilo scientifico (Università degli Studi di Trento, Università
di Manchester nel Regno Unito, Museo delle Scienze di Trento, Università di Bologna) unitamente ad un
gruppo di ricercatori del Centro Ricerca ed Innovazione della Fondazione Edmund Mach ed ha mirato alla
definizione di una nuova architettura istituzionale e alla riflessione sul sistema economico italiano per aiutare
i locali che devono affrontare le nuove dinamiche globali a formulare adeguate politiche pubbliche. Individuare linee di azione idonee a favorire una maggiore adesione delle comunità locali ai processi innovativi e
forme di sviluppo sostenibile.
Una valle alpina di ridotte dimensioni spaziali, caratterizzata da una ricca dotazione di capitale naturale e dalle forme di valorizzazione economica da
essa derivanti, può utilmente rappresentare un valido ambito di studio per un’investigazione di tipo interdisciplinare. Il gruppo guidato da Alessandro
Gretter si è focalizzato sull’uso delle risorse naturali. Sono state realizzate delle “mappe di valori”, parlando di luoghi considerati importanti, a maggior
rischio, e scarsamente presi in considerazione. In particolare si sono indagate le relazioni tra i beni naturali di proprietà collettiva (foreste, pascoli,
prati) e le loro interazioni con la comunità locale.
I NUMERI DELLO STUDIO
01.10.2008: inizio di Openloc
Territorio esaminato - Ledro
156 km2: Comune di Ledro
830.000: presenze a Ledro nel 2011
5.600: gli abitanti di Ledro
199: turisti per 105 mappe prodotte
84: residenti per 84 mappe
13: interviste approfondite a pastori, responsabili di malga e/o allevatori a tempo pieno
62: numero di esercizi di cartografia
105: persone coinvolte negli esercizi
15: pubblicazioni scientifiche o tecnico
scientifiche
40: partecipazioni a convegni internazionali e nazionali
30.09.2012: chiusura progetto
Per approfondimenti si può visitare il numero speciale di Comunitas Leudri http://www.spazioftp.it/ledro/comunitas/n18s.pdf
Ed il sito ufficiale del progetto OPENLOC www.openloc.eu
PROGETTO ENVIROCHANGE Cambiamento globale e gestione sostenibile
dell’agricoltura in un ambiente montano ad elevata antropizzazione
Foto Archivio Iasma
Foto Archivio Iasma
Il progetto ENVIROCHANGE, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento, ha visto partecipare tre istituzioni di ricerca trentine: la Fondazione Edmund Mach, la Fondazione Bruno Kessler e l’Università degli
studi di Trento, unitamente a due prestigiosi centri di ricerca internazionali, il Politecnico Federale di Zurigo
in Svizzera e il Volcani Centre in Israele.
L’obiettivo del progetto, che si è concluso recentemente, era capire quale sarà l’entità del cambiamento
climatico del suo possibile impatto sull’agricoltura trentina, ma soprattutto di fornire strumenti per contrastare
l’effetto di questi cambiamenti.
In particolare si è cercato di capire il livello di vulnerabilità al cambiamento climatico dell’ambiente agrario
trentino, valutare le opzioni di adattamento, cioè che cosa si potrà concretamente fare per contrastare gli
effetti del cambiamento che meglio si adatti alle condizioni socio-economiche del Trentino, e sviluppare metodi e strumenti per fare delle proiezioni nel futuro. Per eseguire le proiezioni nel futuro di queste complesse
interazioni si è sviluppato un sistema Web-GIS che permette di visualizzare in modo dinamico nel tempo e
nello spazio (mappe) il grado di rischio aggregato per ogni punto del territorio trentino.
“I risultati del progetto - spiega la coordinatrice Ilaria Pertot - indicano che il clima nei prossimi decenni cambierà, ma non in modo drammatico, aumenterà la temperatura e cambierà la distribuzione delle precipitazioni
nella stagione”. Anche se dal punto di vista della vita quotidiana questo non comporterà grossi cambiamenti, i
sistemi biologici saranno influenzati in modo più importante. Infatti un aumento modesto di temperatura (0,5-1
gradi) potrebbe portare, a seconda delle malattie ed insetti ad infestazioni più o meno importanti. In parole
semplici alcuni patogeni o parassiti non importanti oggi potrebbero divenirlo in futuro e viceversa.
| la ricerca verde
PRIMOpiano
primo
PIANO
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mar-apr
2013 | anno LVIII
difesa verde
Trentino all’avanguardia
Ilaria Pertot
Fondazione Edmund Mach
http://futureipm.eu/
Foto Archivio Iasma
I
l Trentino ha recentemente ospitato la conferenza internazionale
“Future IPM in Europe” (Il futuro
della difesa integrata in Europa)
svoltasi dal 19 al 21 Marzo 2013
a Riva del Garda. L’evento è stato organizzato dalla Fondazione Edmund Mach
(FEM) e dal Centro per la Sperimentazione
Agraria e Forestale Laimburg, nell’ambito
del Progetto europeo ‘PURE - Innovative
crop protection for sustainable agricolture’
a cui hanno aderito importanti organizzazioni come l’International Biocontrol Manufacturers’ Association (IBMA), International
Organisation for Biological Control (IOBC),
la Network of Excellence ENDURE, la Mediterranean Phytopathological Union e le
maggiori società scientifiche di patologia ed
entomologia italiane.
La conferenza è stato il primo evento a livello internazionale che ha affrontato in modo
globale il tema dell’uso razionale e sostenibile dei prodotti fitosanitari e si è caratterizzata come l’evento chiave del settore per il
2013. Gli argomenti trattati, gli ospiti invitati
e i contenuti della Conferenza hanno attirato l’attenzione del mondo imprenditoriale e
scientifico, ma anche politico, sociale, culturale e dei mezzi di informazione.
La scelta della location dell’evento non è
avvenuta a caso. Infatti la regione TrentinoAlto Adige rappresenta una delle aree più
all’avanguardia in Europa in questo campo.
Con l’ampia adozione della difesa integrata
e di tecniche avanzate come la confusione
sessuale, il Trentino-Alto Adige è stata una
delle prime regioni al mondo a ridurre notevolmente l’utilizzo di prodotti fitosanitari di
sintesi chimica nelle sue colture.
La FEM con il suo impegno nella ricerca di
bioagrofarmaci, metodi di confusione sessuale e selezione di varietà resistenti e la
partecipazione a importanti progetti europei
sulla ricerca di alternative ai prodotti di sintesi come PURE, CO-FREE ed INNOVA, è
uno dei centri di ricerca europei maggiormente impegnati su questo fronte. Quasi
600 partecipanti provenienti dai principali
paesi europei e da tutto il mondo si sono
confrontati sugli strumenti tecnici ed innovativi che possano permettere il raggiungimento degli obiettivi della Direttiva EU
2009/128 per un uso sostenibile dei prodotti
fitosanitari.
I dati sull’utilizzo di prodotti fitosanitari di
sintesi chimica che arrivano dalle fonti ufficiali sono piuttosto confortanti e dicono
che l’uso è in continua riduzione nel nostro
paese. Secondo i dati FAO ad esempio dal
2007 al 2010 l’uso di insetticidi in Italia è calato del 20% e quello dei fungicidi del 14%
grazie all’introduzione di tecniche di monitoraggio di patogeni e parassiti e la razionalizzazione dell’applicazione dei trattamenti.
L’obiettivo futuro dell’Europa è aumentare
questa tendenza proteggendo cittadini ed
ambiente da ogni possibile rischio legato
all’uso di molecole di sintesi. A tal fine, a
recepimento della direttiva 2009/128 è stato emanato il Decreto legislativo 14 agosto
2012 , n. 150. Il decreto definisce le misure
per un uso sostenibile dei pesticidi, meglio
definiti in Italia con il termine ‘prodotti fitosanitari’ per ridurre i rischi e gli impatti sulla
salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità e promuovere l’applicazione della
difesa integrata e di approcci alternativi o
metodi non chimici.
In particolare prevede la definizione di un
Piano d’Azione Nazionale (PAN) che definisce gli obiettivi, le misure, le modalità e
i tempi per la riduzione dei rischi e degli
impatti dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari e
promuove lo sviluppo e l’introduzione della
difesa integrata e di metodi di produzione o
tecniche di difesa alternativi, mantenendo
al contempo una produzione sostenibile ed
elevati libelli di qualità.
Lo strumento principale attraverso cui arrivare alla riduzione dell’uso dei pesticidi è
l’adozione della difesa integrata. Su questo
fronte il Trentino-Alto Adige è impegnato da
decenni. Basti pensare che la prima commissione per le linee guida per la difesa
integrata fu stabilita proprio in un simposio
tenutosi a Bolzano nel 1974 (V IOBC sym-
tt 02
mar-apr
| primoPIANO
la ricerca verdePRIMO
piano
2013 | anno LVIII
La conferenza internazionale di Riva del Garda sulla difesa integrata
posium) e le prime linee guida operative
vennero definite nel 1998 e 1989 rispettivamente a Bolzano e Trento. A quel tempo
furono pionieristiche, ma anche vincenti, le
scelte di monitorare le popolazioni di patogeni e parassiti ed applicare i trattamenti
solo in caso di superamento delle soglie di
danno e l’individuazione di prodotti fitosanitari con un minore effetto collaterale.
Le prime prove con la confusione sessuale in campo risalgono al 1982 in Trentino
e attualmente si può stimare in un 75% la
superficie della regione coperta da confusione sessuale sulle colture principali (vite
e melo). I primi progetti di ricerca sul controllo biologico furono finanziati all’Istituto agrario di S. Michele all’Adige già nel
1985-87 da parte della Provincia autonoma di Trento. La costituzione del Centro
SafeCrop, integrato poi nella FEM, ha dato
un ulteriore impulso alla ricerca sui prodotti alternativi e i sistemi di supporto alle decisioni che hanno portato recentemente al
deposito di quattro brevetti da parte della
FEM.
Numerosi sono stati i temi affrontati al convegno di Riva del Garda: dalla normativa
europea e nazionale a specifici casi di studio di applicazione della difesa integrata,
dagli strumenti innovativi e di tecniche non
chimiche di difesa delle colture alle nuove
attrezzature di irrorazione.
Patrizia Pitton della Commisione europea,
DG SANCO, ha presentato lo stato dell’arte relativo alla strategia europea per l’uso
sostenibile di prodotti fitosanitari e la promozione della difesa integrata. In particolare si è soffermata sulla regolamentazione
1107/2009 che riguarda l’inserimento sul
mercato di prodotti per la protezione delle
piante e la direttiva 2009/128. Ha presentato lo stato dei lavori in corso e i progressi
a livello europeo, in particolare la prosecuzione sulla trasposizione e la realizzazione
della direttiva 2009/128.
Jan van de Zande del DLO Plant Research
International di Wageningen in Olanda, ha
affrontato il tema dell’ottimizzazione delle
tecniche di trattamento al fine di ridurre l’impatto dei pesticidi. Infatti quando si applicano trattamenti, i prodotti vengono distribuiti
per buona parte sull’obiettivo (pianta), ma
una parte viene dispersa sul suolo sottostante la coltura e nell’ambiente circostante
a causa della deriva.
Van de Zande ha presentato la Drift Reducing Technology, dove viene posta particolare attenzione alla deriva nell’aria e i
rischi che ne possono derivare per le persone potenzialmente esposte e per i residenti. Le prospettive future sono sempre
più volte all’uso dei sensori per rilevare e
quantificare ad esempio la localizzazione e
la dimensione della vegetazione aerea per
calibrare e indirizzare meglio il trattamento
sulla pianta.
Il prof. Matteo Lorito dell’Università degli
studi di Napoli Federico II, ha affrontato la
domanda: siamo pronti ad afferrare l’opportunità posta dalla direttiva per i prodotti
fitosanitari a base naturale? L’utilizzo commerciale degli agenti di lotta biologica come
ingredienti attivi di biopesticidi (ad esempio
a base di Trichoderma) o formulazioni biofertilizzanti, sia come microrganismi vivi,
sia come estratti o molecole bioattive, si
è sviluppato piuttosto lentamente in Europa rispetto ad altre aree nel mondo. Finalmente la nuova direttiva europea cambierà
questa situazione, riuscendo ad inserire
prodotti realmente utili attraverso un canale
preferenziale per guadagnare una più ampia fetta di mercato.
Novità per la difesa potrebbero anche
emergere dalle nuove tecniche per l’ottenimento di piante cis-geniche come alternativa ai fungicidi. Il prof. Cesare Gessler dello
Swiss Federal Institute of Technology in
Svizzera ha commentato a lungo sul potenziale che le biotecnologie possono portare
con l’introduzione di resistenze alle malattie
mediante nuove tecniche biotecnologiche
che portano all’ottenimento di piante dove
solo il genere di resistenza appartenente
alla stessa specie viene inserito nella pianta, superando tutte le problematiche del
trans-genico.
Al momento una pianta cis-genica non è
distinguibile da una pianta ottenuta mediante miglioramento tradizionale, ma
manca una chiara normativa europea in
merito al loro utilizzo commerciale. Campi
sperimentali di piante di melo cis-genico
resistente alla ticchiolatura sono presenti
in Olanda e un impianto di nuove varietà
cis-geniche resistenti sia al colpo di fuoco
che alla ticchiolatura è previsto a breve in
Svizzera.
Il punto di vista dei coltivatori e l’implementazione in Trentino e Alto Adige è stato
portato da Alessandro Dalpiaz in rappresentanza di Assomela. L’attenzione dei
produttori del Trentino Alto Adige verso la
sicurezza del prodotto e dell’ambiente è
massima da almeno 25 anni. Nel corso di
questo periodo i frutticoltori, in una logica
forte di sistema con le Province autonome
di Trento e Bolzano, assieme alla consulenza tecnica ed alla sperimentazione, hanno
progressivamente cambiato e migliorato il
loro modo di lavorare.
I “disciplinari di auto controllo” hanno favorito l’eliminazione di sostanze attive particolarmente impattanti e rischiose, ma hanno
anche introdotto limitazioni nell’impiego di
alcuni prodotti. Oggi la scelta dei principi
attivi impiegabili è prima di tutto migliorata
per effetto del Reg. CE 1107/2009, che norma l’immissione dei fitosanitari sul mercato.
I controlli riguardanti il rispetto dei Residui
Massimi Ammessi, che danno indicazioni
soddisfacenti sia in Italia che in Europa, in
Trentino ed Alto Adige sono assolutamente
tranquillizzanti.
Nel percorso di miglioramento costante della propria attività i frutticoltori hanno deciso
di controllare la qualità delle macchine per
la distribuzione dei fitosanitari. In sostanza
le disposizioni introdotte con la direttiva CE
128/2009, in via di definitiva implementazione nel Piano di Azione Nazionale, non hanno creato grandi problemi ai frutticoltori della
regione Trentino Alto Adige, già attivi da molto tempo nei diversi campi di azione.
tt 02
attualità | censimento
ATTUALITà
mar-apr
2013 | anno LVIII
Foto Romano Magrone
Così si è evoluta in dieci anni l’agricoltura trentina
AZIENDE PIÙ GRANDI
E PROFESSIONALIZZATE
Corrado Zanetti
10
D
a contadini a imprenditori
agricoli: è questo il “salto”
che segna l’evoluzione dell’agricoltura trentina negli
ultimi dieci anni. Un passaggio che emerge chiaro dai dati definitivi del 6°
Censimento generale dell’agricoltura, svoltosi
nell’autunno del 2010, dati che offrono una
lettura assai articolata del settore ma che, nel
loro insieme, sono anche uno “specchio” delle
politiche agricole promosse dalla Provincia negli ultimi dieci anni .
Il Censimento 2010 è stato per altro condotto con una metodologia diversa rispetto alle
precedenti rilevazioni statistiche (non sono
state, ad esempio, considerate né le aziende
agricole di piccolissime dimensioni né quelle
esclusivamente forestali, così come l’attività
hobbistica, che per il nostro territorio rappresenta comunque un importante strumento di
preservazione del territorio stesso e mantenimento delle tradizioni) e ciò spiega innanzitutto la significativa riduzione che si registra nel
numero delle aziende (- 42%) che da 28.307
passano a 16.446.
Meno aziende agricole
ma più grandi
A fronte di ciò è stata rilevata una sostanziale tenuta della superficie agricola utilizzata
(SAU), che passa da 146.730 a 137.219 ettari,
con una diminuzione del 5%, sostanzialmente da riferire all’incremento della superficie
boscata per effetto dell’abbandono da parte
dell’attività agricola dei terreni caratterizzati
da maggiori svantaggi nella coltivazione.
La nostra provincia, infatti, con l’approvazione
del nuovo PUP ha introdotto importanti strumenti di tutela e salvaguardia della superficie
agricola, basti pensare all’invarianza delle
superfici agricole di pregio. “La riduzione del
numero di aziende rapportato alla tenuta della superficie agricola - fa notare l’assessore
all’agricoltura Tiziano Mellarini - evidenzia un
primo elemento di positività, ovvero l’aumento
della dimensione media delle aziende agricole, frutto delle politiche di incentivazione e di
infrastrutturazione del territorio che sono state condotte nel periodo di riferimento (20002010) e in particolare con l’ultimo Programma
di Sviluppo Rurale”.
La concentrazione dell’attività agricola, favorita dall’uscita dal settore delle microaziende,
ha avvicinato insomma il Trentino alla struttura aziendale media europea. I dati statistici riportano una superficie media provinciale pari
a 8,3 ettari contro i 5,2 del 2000 (+ 60,1%),
considerando l’insieme delle aziende zootecniche e frutti-viticole.
Il trend nei principali
comparti agricoli
In Trentino la vocazione produttiva fa riferimento a tre comparti:
► 1. la zootecnia (concentrata soprattutto
nei territori più in quota. Una particolare
nicchia è rappresentata dall’acquacoltura
con l’ottenimento dell’IGP).
► 2. la viticoltura (in espansione verso le
zone collinari per effetto dei cambiamenti
climatici).
► 3. la frutticoltura, compreso il comparto dei
piccoli frutti (in sostanziale tenuta in termini
di superficie coltivata ma in aumento in
termini di quantità prodotte e di fatturato e
in previsione di futuro incremento).
Frutticoltura, vite
e seminativi
Per quanto riguarda viticoltura e seminativi,
il Censimento 2010 registra un aumento del-
le superfici vitate (+15%) da 9.000 a 10.400
ettari a discapito dei seminativi (per lo più patate e mais), mentre la frutticoltura ha sostanzialmente mantenuto la propria superficie con
12.400 ettari. Le superfici a prato e pascolo
registrano un decremento del 7% circa passando da 120.000 a 111.000 ettari. Come
evidenziato sopra, a fronte di un incremento della professionalità e competitività delle
aziende agricole, il numero delle aziende rispetto al precedente censimento ha registrato un decremento per tutti i comparti, con un
-50% circa per la zootecnia e un -25% circa
per la frutti-viticoltura.
Zootecnia
Nonostante il sostanziale dimezzamento del
numero di aziende (2.389 contro le 4.848
censite nel 2000), si registra un leggero aumento del numero medio dei capi allevati: da
26 a 32 per i bovini, da 55 a 106 per gli ovini,
da 16 a 47 per i suini. In Trentino le aziende
con bovini sono ora 1.403 con un numero
complessivo di 45.500 capi.
Biologico
Le produzioni biologiche raddoppiano rispetto al 2000 in termini di numero di aziende (da
180 a 418) e triplicano in termini di superficie
(da 520 a 1.600 ettari).
Occupazione
L’incremento di competitività delle aziende
agricole nella nostra provincia passa necessariamente anche attraverso una modifica
degli aspetti occupazionali: le persone occupate prioritariamente nel settore agricolo
sono circa 65.000 (un terzo sono donne),
il 15% in meno rispetto a dieci anni fa, un
tt 02
mar-apr
| attualità
censimento
ATTUALITà
2013 | anno LVIII
Foto Dino Panato
calo che ha riguardato in particolare la manodopera familiare.
È aumentato per contro il grado di
occupazione del conduttore, che raggiunge mediamente le 124 giornate lavorate nell’annata agraria. Considerato che oltre
il 50% dei conduttori nella nostra provincia è
part-time il dato è molto significativo.
Questo dato trova giustificazione nel percorso di incentivazione e sostegno verso la
meccanizzazione delle operazioni colturali,
che si è potuto attuare, come già evidenziato, anche grazie all’incremento dimensionale delle aziende.
Formazione
Un altro elemento di priorità che ha caratterizzato le politiche agricole (PSR e Legge
4/2003) è riferito alla formazione/crescita
professionale degli addetti. I dati del censimento 2010 confermano i risultati e la validità
di questa politica con un interessante incremento degli imprenditori agricoli in possesso
di diploma di formazione superiore, con una
crescita dei titoli di studio in ambito agrario.
Territorio
Il territorio trentino caratterizza la sua forza economica principalmente sui comparti
turistico ed agricolo, due settori intrinsecamente legati che fanno del nostro territorio
l’elemento caratterizzante e di forza. Le ultime due legislature hanno cercato di favorire
e consolidare concretamente il legame tra i
due comparti sviluppando azioni e strumenti
di relazione attraverso attività di promozione, eventi e momenti di sinergia tra territorio,
operatori e prodotti tipici.
In particolare per quanto riguarda il settore
agricolo sono inoltre state condotte specifiche attività di rilancio e ristrutturazione del
settore agrituristico (agli inizi degli anni 2000
operavano in Trentino poco meno di 100
agriturismi, oggi se ne contano quasi 400
con strutture rinnovate e di elevata qualità
dei servizi offerti), con la revisione della norma provinciale di riferimento nonché la recente unificazione delle Strade del vino e dei
sapori quali strumenti di conoscenza e promozione del sistema trentino, caratterizzato
da produzioni di qualità, ora rappresentate
dal marchio territoriale “Qualità Trentino”.
Foto Archivio Federazione
allevatori di Trento
Foto Marco Simonini
L’assessore all’agricoltura Tiziano Mellarini
“Confermata la validità
delle politiche attuate”
A
ssessore Mellarini, come commenta i dati del
Censimento?
Sono dati che confermano la
validità delle politiche attuate
dal governo provinciale e ci dicono che gli
investimenti condotti nelle ultime legislature
hanno contribuito a rafforzare le aziende del
comparto in termini di struttura produttiva e
competitività sul mercato. Pur non evidenziato dal Censimento 2010, è bene sottolineare
come la competitività del settore agricolo
passa, nella nostra provincia, anche attraverso l’importante percorso di aggregazione
dell’offerta condotto in generale attraverso il
sistema cooperativo e in particolare per alcuni settori, vedi ad esempio le mele, attraverso lo strumento delle organizzazioni dei
produttori e dei relativi programmi operativi.
Come giudica la crescita del biologico?
Anche questo fenomeno evidenzia la grande
attenzione che l’Assessorato ha dedicato al
settore delle produzioni biologiche e le priorità
di accesso agli aiuti per le aziende che operano in questo settore. Non va pero sottaciuto il
dato che vede il Trentino ai primi posti in italia e
in Europa per produzioni agricole condotte con
il metodo della produzione integrata, parimenti
e giustamente considerato dall’Europa come
metodo di produzione eco-compatibile, attento
all’ambiente ed alla salute dei consumatori.
La preoccupa il calo degli addetti?
Il perdurare della gravità della crisi economica ci
deve fare opportunamente riflettere per la definizione degli obiettivi prioritari nella nuova pro-
grammazione agricola 2014-2020. In controtendenza rispetto ai dati occupazionali emersi
dal Censimento, oggi assistiamo ad un grande
ritorno dell’agricoltura e della ruralità in generale, grazie soprattutto ai tanti giovani e alle donne
che si stanno avvicinando alle professioni verdi
con una crescente professionalità e formazione, con un incremento della richiesta di superfici agricole abbandonate da parte di operatori
espulsi dai settori produttivi diversi da quello
agricolo. Una condizione, questa, che potrebbe
garantire in futuro dei vantaggi socio-economici
per il nostro territorio.
Gli imprenditori agricoli sono però
sempre più specializzati e istruiti.
Anche in questo caso il grande impegno a
sostegno delle attività di formazione e assistenza tecnica in particolare condotte con la
collaborazione della Fondazione Mach, assieme ai cospicui aiuti riservati ai giovani che
si sono insediati in agricoltura (11.340.000
euro erogati dal 2008 al 2011 sulla misura 112
del PSR di cui hanno beneficiato 326 giovani)
confermano la validità delle scelte programmatiche proposte ed attuate. (c.z.)
11
tt 02
attualità | PSR 2007-2013
ATTUALITà
12
mar-apr
2013 | anno LVIII
Il Premio Insediamento
a 326 giovani agricoltori
Ilenia Garniga
Servizio Agricoltura PAT
Chiuso al 30 aprile
l’ultimo bando
del PSR 2007-2013
sulla Misura 112:
dal 2008 al 2011
sono stati erogati
11.340.000 euro.
Entro fine maggio
la graduatoria
sul bando 2013.
S
i è chiuso il 30 aprile scorso il
bando per la presentazione
delle domande di contributo
a sostegno dei giovani che si
insediano in agricoltura. La
Giunta provinciale con deliberazione n. 518
del 22 marzo 2013 ha infatti approvato, per
l’ultimo anno di programmazione 2007-2013
del Piano di sviluppo rurale, i criteri e le modalità attuative previste dalla misura 112.
Entro la fine di maggio il Servizio agricoltura predisporrà la graduatoria con l’ordine
di priorità delle domande presentate e sarà
data comunicazione scritta ad ogni singolo
richiedente rispetto all’inizio del procedimento per la concessione del premio.
Nessuna novità rispetto alle annualità precedenti in quanto i requisiti previsti per ricevere
il sostegno sono sempre riferiti alla capacità
professionale, al raggiungimento dell’iscrizione all’Archivio provinciale delle imprese
agricole (Apia) con un numero di ore minimo, all’attuazione del piano aziendale e al
mantenimento dell’impegno per dieci anni.
Il sostegno è concesso a chi non ha mai av-
viato un’attività agricola e su ciò fa fede o la
data di apertura della partita Iva in campo
agricolo, che può essere attivata al massimo
quattro mesi prima di presentare la domanda
per la concessione del sostegno, o la data di
modifica dell’assetto societario nel caso di
insediamento in una società già esistente.
Per quanto riguarda invece la capacità professionale si intende acquisita nel momento
in cui il giovane abbia frequentato con esito positivo il corso per ottenere il “Brevetto
professionale di imprenditore agricolo” che
si tiene annualmente all’Istituto agrario di
S.Michele all’Adige presso la Fondazione
Edmund Mach. Si prescinde dalla frequentazione del corso e quindi si ritiene che il
giovane sia già in possesso della capacità
professionale nel caso in cui sia già in possesso di un titolo di studio in materie agrarie
o equipollenti (diploma, laurea o corsi equipollenti).
Il piano aziendale invece contiene, oltre ad
una descrizione del progetto di azienda che
il giovane andrà a creare, una descrizione
analitica delle attività che saranno svolte per
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mar-apr
| attualità
PSR 2007-2013ATTUALITà
2013 | anno LVIII
creare l’impresa e la previsione economicofinanziaria necessaria per raggiungere l’obbiettivo. Queste attività sono descritte sotto
forma di cronoprogramma e possono riguardare il miglioramento ambientale, il miglioramento delle condizioni di igiene e di benessere degli animali, il risparmio energetico
e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, la
diversificazione in nuove attività connesse
a quella agricola, l’aumento della capacità
professionale tramite dei corsi in ambiti specifici connessi all’indirizzo aziendale che il
giovane intraprende e il miglioramento delle
condizioni di sicurezza.
Il giovane deve raggiungere tutti i requisiti
entro tre anni dalla data di concessione del
sostegno e poi mantenere per almeno dieci
anni dalla data dell’insediamento un numero
minimo di 2080 ore e l’iscrizione in sezione
prima all’Apia. Nel caso di divisione aziendale derivante da un’azienda agricola preesistente le ore dovranno essere 2500 da
subito, sia per il giovane che crea la nuova
azienda sia per l’azienda dalla quale è deri-
vata la divisione.
Il sostegno viene liquidato in un’unica soluzione e gli importi sono diversi sulla base
dell’indirizzo aziendale scelto: 40.000 euro
per le aziende zootecniche e 30.000 euro
per le aziende ad altro indirizzo più 5.000
euro in caso di azienda ad indirizzo biologico
o in conversione biologica.
Nella programmazione del Piano di Sviluppo
Rurale 2007-2013 sono stati aperti i bandi
per la presentazione delle domande negli
anni 2008-2009-2010-2011 e 2013. Nella tabella sottostante sono evidenziati il numero di
domande che hanno avuto la concessione e
la liquidazione del sostegno e l’importo complessivo sostenuto per ogni bando.
Osservando più nel dettaglio le domande
presentate, si nota che la maggior parte dei
giovani si sono insediati in ambito frutticolo
con alcune diversificazioni, dove in aggiunta alla grossa fetta di attività di frutticoltura
dell’azienda è stata affiancata la viticoltura,
oppure la coltivazione di ortaggi e di piccoli
frutti. In seconda posizione si trovano gli in-
Anno
Numero premi
concessi
Impegno
complessivo (Euro)
2008 PSR
97
3.130.000
2009 PSR
61
2.160.000
2010 PSR
66
2.550.000
2011 PSR
102
3.500.000
2012 PSR
nessuna apertura del bando
2013 PSR
Bando chiuso al 30 aprile2013 ed in corso di predisposizione
graduatoria di priorità per il finanziamento delle domande
Totale 2008-2012
326
11.340.000
sediamenti in ambito zootecnico e a seguire
quelli in ambito viticolo.
Ci sono state alcune domande di attività
diverse e più particolari come l’apicoltura,
l’elicicoltura e la raccolta di piante officinali,
mentre si è notata la presenza di giovani che
si sono insediati nell’attività zootecnica ma
con allevamenti di capre e pecore rispetto
al classico allevamento bovino e di questi
giovani addirittura alcuni praticano la transumanza (però con sede aziendale e punto di
riferimento sul territorio trentino).
Con questo bando si conclude la programmazione rurale 2007-2013 ma, pur non essendo ancora uscite a livello europeo tutte le
norme per la stesura della nuova programmazione 2014-2020, è noto che la politica
comunitaria dello sviluppo rurale tiene sempre in primo piano il contesto dedicato ai giovani agricoltori poiché il settore risulta di età
media molto alta e quindi la necessità di un
ricambio generazionale è sentita.
Si è già a conoscenza che anche nella nuova
programmazione è prevista una misura specifica per i giovani agricoltori per la quale non
sono però ancora definiti gli ambiti di applicazione e i requisiti che saranno richiesti. Si tratta
di una fase che vede in continua evoluzione la
normativa comunitaria in ambito rurale: quando prenderà forma il nuovo programma di sviluppo rurale sarà data accurata informazione
soprattutto per quanto riguarda la misura dedicata ai giovani e i benefici ad essa connessi.
Per qualsiasi informazione riguardante la misura dell’insediamento dei giovani agricoltori o
per altre misure del Piano di sviluppo rurale, ci
si può rivolgere direttamente al Servizio agricoltura negli uffici della sede di via Trener n.
3 a Trento o presso gli uffici agricoli periferici
dislocati sul territorio.
13
tt 02
attualità | vitienologia
ATTUALITà
mar-apr
2013 | anno LVIII
I vini trentini protagonisti a Prowein e Vinitaly
Brand DOLOMITI
Questioni di feeling
Roberto Bertolini
14
B
uoni riscontri ed un feeling
positivo per i produttori di vino
trentino, impegnati tra fine
marzo e inizio aprile nei due
appuntamenti vitivinicoli più
importanti a livello europeo, Prowein e Vinitaly.
Sensazioni positive e di cauto ottimismo sono
arrivate da Düsseldorf, dove hanno preso parte
a «Prowein» 2013 ben 17 produttori, dal 24 al
26 marzo. Un’edizione che ha fatto registrare
una buona e costante domanda dalla Germania e più di 44.000 visitatori specializzati (+ 6%
rispetto al 2012) provenienti da tutti i rilevanti
mercati vinicoli d’importazione del mondo ed
anche dai principali paesi produttori. In particolare da Gran Bretagna, Scandinavia, Belgio,
Olanda e Lussemburgo, ma anche da Francia, Spagna e Italia. Inoltre si sono affacciati
nuovi visitatori, dal Nord America e dall’Asia.
Con l’aggiunta di due padiglioni espositivi,
«Prowein» ha potuto ospitare 4.783 espositori
provenienti da 48 nazioni.
Il Trentino ha partecipato con un’area di 312
metri quadrati, realizzata e gestita grazie alla
collaborazione tra Consorzio Tutela Vini del
Trentino e Divisione Turismo e Promozione di
Trentino Sviluppo. «Collaborazione – sottolinea il direttore di quest’ultima, Paolo Manfrini
– che si sta dimostrando particolarmente efficace e proficua: il Consorzio è protagonista
insieme ai produttori anche della promozione
dell’enologia trentina e Trentino Sviluppo for-
nisce il supporto progettuale e operativo, così
come programmato dalle politiche provinciali
di settore».
I rappresentanti delle aziende agricole Tenuta Maso Corno, Villa Corniole, Zanotelli,
Zeni, Endrizzi, Gaierhof, Pisoni, Pravis, Cavit, Gruppo La Vis, Cantina di Aldeno, Cantine Mezzacorona, Provinco e Revì e, infine,
le distillerie Marzadro, G. Bertagnolli e Borgo
Vecchio, hanno così potuto incontrare i buyer
operatori e stampa internazionale.
Buoni riscontri per le nostre aziende, anche
grazie alla presenza di visitatori selezionati e
che hanno favorito contatti diretti; i flying tasting con i produttori trentini (della durata di
un quarto d’ora circa) hanno visto protagonisti
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
| Attualità
vitienologiaATTUALITà
15
Paolo Manfrini, Elvio Fronza, Tiziano Mellarini e Enrico Zanoni
alla conferenza stampa nello stand del Trentino a Vinitaly 2013.
due importanti giornalisti tedeschi del settore,
Richard Grosche e Jens Priewe, mettendo al
centro il territorio e la viticoltura trentina.
A Verona, alla chiusura della quattro giorni
dal 7 al 10 aprile, Vinitaly conferma la propria
vitalità ed il bilancio per i produttori trentini è
senza dubbio positivo. Con 148.000 presenze (+6%), delle quali 53.000 estere, la rassegna veronese conferma la propria leadership
europea tra le fiere del vino dedicate al business. Grande l’attenzione ai mercati stranieri,
che crescono e danno risposte positive, testimoniate anche dal +10% rispetto all’edizione
2012 di presenze internazionali. In aumento
il numero di giornalisti, che sale a 2.643 in
rappresentanza di 47 Paesi, contro i 2.494 e
42 nazioni dello scorso anno.
Riscontri positivi anche da parte dei produttori
trentini, presenti al Vinitaly in rappresentanza
di 70 realtà, dai vignaioli alla cooperazione,
alle grandi cantine, fino ad arrivare all’area isti-
tuzionale, concentrata nello stand promosso
dal Consorzio Vini del Trentino e Trentino Sviluppo Divisione Turismo e Promozione. Quello
del Trentino – dicono gli osservatori – è stato,
assieme al Veneto e alla Sicilia, il padiglione
più visitato. Merito anche della scelta di legare
sempre più la produzione vitivinicola al brand
Dolomiti, esplicitata già all’ingresso dello stand
con il nuovo slogan “Vini baciati dalle Dolomiti” su sfondo fotografico, ripreso all’interno del
padiglione nelle grafiche promozionali.
Un passo deciso secondo l’assessore provinciale Tiziano Mellarini, «verso quella riconoscibilità del prodotto che ci viene sempre più
richiesta dal mercato e che per il Trentino significa innanzitutto montagna e Dolomiti. Vinitaly ha dato quest’anno delle risposte positive alla nostra vitivinicoltura, confermando la
qualità della proposta e l’interesse dei mercati
verso i nostri prodotti. Un segnale importante
in tempi di congiuntura economica difficile».
Bene anche il riscontro per quanto riguarda le
degustazioni, proposte in una saletta dedicata, che hanno fatto registrare il tutto esaurito
e in diversi casi un afflusso di prenotazioni
superiore ai posti disponibili.
Fra tutte, da segnalare quella realizzata al
Palaexpo in compagnia di Marco Sabellico
ed Enrico Paternoster e denominata “Vini
d’alta quota”, nella quale i relatori hanno avuto modo di sottolineare gli effetti del clima di
montagna sulla caratterizzazione di un vino,
a livello di struttura e di gusto. Dal canto suo,
il Trentodoc, ha confermato il proprio ruolo di
alfiere della vitivinicoltura di casa nostra, catalizzando l’attenzione della stampa di settore
ed i commenti entusiasti degli esperti, a conferma di una crescita costante sul versante
della qualità e dell’autorevolezza.
Ora l’appuntamento è per la Mostra Vini del
Trentino, in programma a Palazzo Roccabruna dal 23 al 27 maggio 2013.
tt 02
ATTUALITà | vitienologia
ATTUALITà
mar-apr
2013 | anno LVIII
I buoni frutti della collaborazione fra il Trentino e la Cisgiordania
L’agricoltura
del riscatto palestinese
Marco Pontoni
16
S
i rafforza la collaborazione fra
Trentino e Palestina, soprattutto sul versante dell’agricoltura.
Lo scorso mese di marzo una
delegazione guidata dal presidente della Provincia autonoma di Trento Alberto Pacher, di cui facevano parte
anche il consigliere provinciale Michele
Nardelli, presidente del Forum trentino
per la pace, il rappresentante dell’autorità
palestinese in Italia Ali Rashid, e il presidente della cantina Pravis Mario Zambarda, ha visitato la Cisgiordania, incontrando anche il ministro all’agricoltura Wallid
Assaf. Al centro dei colloqui il rapporto
con la Fondazione Mach di San Michele
all’Adige, il modello rappresentato dalla
cooperazione trentina, e la viticoltura, che
sta lentamente rinascendo nella regione,
favorita anche dalla presenza di comunità
cristiane.
Coltivare
in una terra difficile
La Cisgiordania - chiamata in inglese
West Bank, ovvero la “sponda occidentale” (del fiume Giordano) - fa parte assieme alla striscia di Gaza e a Gerusalemme
est dei “Territori Palestinesi”. Ha una superficie di quasi 6000 km² e una popolazione di circa 2,5 milioni di abitanti (2010).
Non è, come noto, uno Stato sovrano, è
piuttosto, sul piano amministrativo, una
terra “geopardizzata”, ovvero a macchie
di leopardo. Questo a causa della presenza al suo interno di colonie ebraiche, e
per la divisione creata dal muro che divide Israele dalla Palestina ma che entra
anche in territorio palestinese (per 614
chilometri circa, dei 757 totali), spesso
isolando i singoli distretti e le comunità
della Cisgiordania.
Ma non solo per questo: in base agli accordi di Oslo del 1993 il territorio della
Cisgiordania è di fatto diviso in tre aree,
definite A, B e C. Nella prima il controllo
e l’amministrazione sono completamente
in mano al governo palestinese, con sede
a Ramallah, nella seconda il controllo è
israeliano e l’amministrazione palestinese, nella terza sia il controllo che l’amministrazione spettano a Israele. Attualmen-
te il 59% del territorio della Cisgiordania
fa parte dell’area C. I palestinesi che vi
vivono sono molto pochi, perché si tratta
delle aree degli insediamenti israeliani e
dei territori cuscinetto. Spesso, però, è
proprio qui che la manodopera palestinese trova lavoro.
La situazione, insomma, sul piano politico è molto difficile e ciò si riflette anche
sull’agricoltura, una delle principali risorse della regione. Ad Aboud, ad esempio,
dove nel corso della visita è stata inaugurata una piccola cantina vinicola, finanche lo scavo di pozzi per irrigare la
terra è sottoposto all’approvazione delle
autorità israeliane. Anche in un contesto
così difficile, però, esistono margini di miglioramento.
La ricerca di varietà geneticamente resistenti alla scarsità di acqua o ai parassiti, ad esempio, per limitare il ricorso alla
chimica e quindi anche alle importazioni
di prodotti non reperibili in Cisgiordania.
Disporre di un laboratorio di analisi sarebbe ugualmente importante, al fine di effettuare sulle merci le analisi necessarie per
esportare secondo standard riconosciuti
internazionalmente, in particolare quelli
richiesti dall’UE.
Ma soprattutto, bisogna agire su tutta la
filiera, un po’ come si è fatto in Trentino,
dal credito ai piccoli coltivatori o alle cooperative fino alla fase della commercializzazione. “Puntiamo ad una agricoltura
che produca, che possa stare sul mercato
veramente, non a un’agricoltura assistita
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
| Attualità
vitienologia ATTUALITà
Il presidente Pacher in visita alla scuola agraria
di Al Arroub accompagnato dal rappresentante
dell’Autorità palestinese in Italia Ali Rashid e dal
ministro all’agricoltura Wallid Assaf.
oggi prodotta viene trasformata in vino,
ma l’interesse sta crescendo, in parte alimentato da quell’8% circa di palestinesi
cristiani. Ma non solo.
Il centro agrario
di Al Arroub
– spiega il ministro Assaf - e per questo
guardiamo con molto interesse alla vostra
regione, che ho visitato un paio di anni fa.
Gaza, un territorio molto piccolo e sovrappopolato, è dipendente dagli aiuti, ma in
Cisgiordania possiamo puntare sulla
crescita economica. Per noi però è vitale stringere collaborazioni, non rimanere
chiusi qui, non rimanere isolati”.
Il vino di Cana
In campo vitivinicolo la collaborazione
con il Trentino è già partita qualche anno
fa e ruota attorno al cosiddetto “Vino di
Cana”, un marchio che, evocando le famose nozze citate nei Vangeli, teatro di
uno dei più noti miracoli di Gesù, potrebbe esercitare un forte richiamo sui consumatori. Al centro di questa produzione
la cantina salesiana di Cremisan, che ha
presentato quest’anno al Vinitaly tre produzioni autoctone, isolate anche grazie
a San Michele, attorno alla quale si sta
lentamente creando una rete di piccoli
produttori.
La cantina di Aboud, un centro di 2000
abitanti, per metà musulmani e per l’altra metà cristiani, è parte di questa rete:
aperta anche grazie agli aiuti della Solidarietà internazionale della Provincia autonoma di Trento, è per ora una struttura
modesta, a gestione familiare, che produrrà quest’anno circa 4.000 bottiglie.
In queste terre carsiche, devote a santa
Barbara, si produceva il vino già prima dei
Romani. In seguito all’arrivo dell’Islam,
che vieta il consumo di alcol, la tradizione
si è persa e la viticoltura – secondo comparto produttivo della Cisgiordania dopo
l’olio - si è orientata quasi esclusivamente alla produzione di uva da tavola o per
l’industria dolciaria. Solo il 5% dell’uva
Ciò spiega anche l’interesse nei confronti del Trentino della scuola agraria di Al
Arroub, presso Hebron, la più prestigiosa della Palestina, costruita proprio di
fronte ad un campo profughi. In questa
struttura, ci spiegano, si è laureato anche l’attuale ministro all’agricoltura giordano. Il centro svolge sia attività di formazione che di ricerca, appoggiandosi a
sette stazioni sperimentali che lavorano
in rete, cinque in Cisgiordania, fra cui
quella di Hebron, e due a Gaza, ognuna
specializzata su un settore (viticoltura,
orticoltura, produzione di grano e così
via). Il centro venne creato all’epoca del
mandato britannico su queste terre; dal
‘95 esso si è ulteriormente ampliato.
Gli obiettivi principali della scuola sono
la formazione in campo agricolo e nell’allevamento (mucche, capre, pecore),
ma anche la diffusione delle procedure
di standard europeo per la produzione,
la conservazione, il packaging, la tracciabilità dei prodotti e quant’altro riguardi il mercato agroalimentare.
Molte le possibilità per approfondire il
rapporto con il Trentino, fra cui soggiorni e stages di ricercatori e di “quadri” palestinesi (già in corso) ed in generale lo
scambio di conoscenze e di know how.
Due ambiti fra i tanti: la valorizzazione
del patrimonio di conoscenze presente
in Palestina nel settore delle erbe medicinali e l’uso di piante - come l’Inula
viscosa - per tenere lontani insetti e funghi.
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ATTUALITà | frutticoltura
ATTUALITà
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
Viaggio studio in Brasile di una delegazione di Apot
LA MELICOLTURA
CARIOCA
Silvio Canestrini
18
U
n gruppo di presidenti e tecnici di cooperative aderenti
ad Apot, integrato da alcuni ricercatori e tecnici della
Fondazione Mach, da un
rappresentante della Provincia Autonoma
di Trento e dal direttore del Consorzio Innovazione Frutta, hanno recentemente visitato
le principali zone di produzione di mele del
Brasile. Oltre alle visite alle zone frutticole e
ad alcune aziende particolarmente significative, molto interessante è risultato l’incontro
in forma congressuale svoltosi a Fraiburgo il
27 febbraio scorso tra la delegazione di Apot
e l’Associazione Brasiliana di Produttori di
Mele (ABPM), nel corso del quale sono stati
approfonditi l’organizzazione della produzione, della ricerca e della commercializzazione delle mele in Brasile e in Trentino.
La coltivazione del melo
in Brasile
La gran parte del paese presenta clima equatoriale, tropicale o semiarido, poco adatto alla
coltivazione del melo. L’unica parte che invece
si adatta alla coltivazione del melo è quella più
a Sud corrispondente agli stati di Santa Caterina, Rio Grande do Sul e Paranà, dove la
melicoltura si è sviluppata in particolare ad una
altitudine, superiore agli 800-900 metri. Nonostante l’altitudine il clima di tipo subtropicale
condiziona la coltivazione del melo che, soprattutto negli ultimi anni, risulta problematica
per il mancato soddisfacimento del fabbisogno
di ore di freddo, con effetti quali mancato o irregolare germogliamento, fioritura irregolare e
conseguenti problemi quantitativi e qualitativi
sulla produzione.
La superficie coltivata a melo è di circa 40.000
ettari in leggero aumento negli ultimi anni.
La produzione di mele nelle ultime 3 annate
(2010-2012) è risultata di circa 1.200.000 tonnellate. Una parte importante della produzione, pari al 25% circa, è destinata all’industria
di trasformazione in quanto qualitativamente
non idonea al consumo fresco (pezzatura
troppo piccola o difetti di colorazione). Circa il
55% della produzione proviene dallo Stato di
S. Caterina, circa il 40% dal Rio Grande do Sul
e il 4% dal Paranà.
In particolare si distinguono 3 aree principali di
produzione di mele: i poli di Fraiburgo e San
Joaquim nello Stato di S. Caterina ed il polo di
Vacaria nel Rio Grande do Sul. La produzione
del Paranà si concentra nell’area di Palmas
(vedi cartina).
In Brasile la Gala (circa il 60% della produzione) e la Fuji (circa il 35%) sono le principali
varietà di mele coltivate, mentre la somma
di tutte le altre varietà arriva appena al 5%.
Nonostante il lavoro di importanti Istituti di
Ricerca, che hanno selezionato altre varietà
potenzialmente interessanti, il consumatore
Brasiliano preferisce solo queste due varietà
bicolori, di pezzatura limitata ma con buona
colorazione, buona consistenza ed elevato
contenuto zuccherino. Anche Pink Lady fatica
foto Archivio Apot
Un paese
emergente
Il Brasile è il quinto paese più vasto del
mondo, con una superficie di oltre 8,5
milioni di km2 (circa 28 volte la superficie dell’Italia),è molto ricco di risorse
naturali ed ha una popolazione di circa
198 milioni di abitanti. Il paese occupa
da solo quasi metà del Sud America e
confina con tutti i paesi del continente
fatta eccezione per il Cile e l’Ecuador,
è una Repubblica Federale di tipo Presidenziale organizzata in 27 stati.
A livello economico il Brasile è considerato uno dei paesi emergenti con
una economia in grande crescita e
ottime prospettive anche per i prossimi anni in cui è previsto oltre ad un
ulteriore aumento del Prodotto Interno
Lordo (PIL), l’aumento della popolazione, del reddito pro-capite e l’ulteriore miglioramento della posizione a
livello mondiale per PIL (attualmente
al sesto posto).
ad imporsi sul mercato brasiliano. La Golden
non è apprezzata dal consumatore Brasiliano,
forse anche perché prodotta in zone poco vocate per questa varietà.
La capacità complessiva di stoccaggio in
celle refrigerate stimata del Brasile è di circa
700.000 ton. e corrisponde circa alla capacità
di conservazione, lavorazione e confezionamento di tutta la produzione idonea al consumo fresco.
Il sesto di impianto più diffuso è di circa mt. 4
x 1, utilizzando prevalentemente il portinnesto Maruba Kaido, che presenta una vigoria
paragonabile a M7. Gli Istituti di ricerca hanno
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mar-apr
frutticoltura |ATTUALITà
Attualità
2013 | anno LVIII
messo progressivamente a disposizione cloni
migliorativi per colorazione sia per Gala che
per Fuji, ma il calibro è tendenzialmente inferiore rispetto alle nostre tradizioni.
Tutte le aree frutticole visitate sono caratterizzate da elevata piovosità annua (in alcune
zone oltre 2.000 mm) abbastanza regolare e
ben distribuita, tanto che nessuna azienda è
dotata di impianti di irrigazione. Naturalmente
una così alta piovosità determina notevoli problemi per il contenimento delle malattie fungine (ticchiolatura in particolare) che richiede un
numero rilevante di interventi.
Per quanto riguarda la difesa da insetti, è risultata molto interessante l’esperienza di
“eradicazione” della carpocapsa, in esito ad
un programma pluriennale portato avanti in
collaborazione tra l’associazione dei produttori, il Ministero dell’Agricoltura della Repubblica
federale e gli Istituti di ricerca brasiliani.
Struttura aziendale
In totale i produttori di mele Brasiliani sono
circa 3.000, ma di questi le prime 30 aziende gestiscono circa 80% della produzione,
mentre il rimanente 20% viene gestito da
piccoli produttori. All’interno dell’associazione ABPM grandi e piccoli produttori riescono
a dialogare in modo costruttivo, ricercando
quelle collaborazioni che possono rafforzarne il ruolo sul mercato. In questo si sono rilevate notevoli similitudini con quanto avviene
nelle associazioni trentine ed italiane.
Nella zona di Fraiburgo particolarmente
interessante è risultata la visita all’azienda
Fischer, fondata nel 1932, che nel 1988 coltivava 900 ha di melo, nel 2000 3.600 ha ed
oggi 2.400 ha. La diminuzione di circa il 30%
della superficie negli 13 ultimi anni è motivata, secondo i responsabili aziendali, da
problemi produttivi e organizzativi. L’azienda
preferisce pertanto acquistare un parte della
quantità di mele commercializzate ogni anno
(circa 70.000 ton.) da piccoli produttori e/o
da zone a maggior altitudine.
I problemi produttivi sono riconducibili prevalentemente al clima, divenuto tendenzialmente più caldo Questo trend pare portare
ad un aumento dei problemi per il mancato soddisfacimento del fabbisogno di ore
di freddo con conseguenze quantitative e
qualitative sulla produzione. L’utilizzo della
sostanza attiva “idrogeno ciannamide” (Dormex), il cui uso non è consentito nell’UE,
consente di ridurre gli effetti del mancato
soddisfacimento delle ore di freddo, ma non
è risolutivo del problema.
Le criticità organizzative derivano dalla forte richiesta di manodopera, che negli ultimi
anni, soprattutto per le operazioni di raccolta, in Brasile non è facile trovare e risulta
incidere fortemente sui costi aziendali. L’organizzazione del cantiere di raccolta, esclusivamente con scale su piante alte anche 4
metri con mele di piccola pezzatura, determina una bassa produttività del lavoro con la
necessità per aziende di grandi dimensioni
di trovare centinaia di lavoratori.
Nella zona di San Joaquim, situata a circa
1.400 m di altitudine, particolarmente interessante è risultata la visita alla cooperativa
frutticola e viticola “Sanjo” fondata da emigrati giapponesi. In questa zona rispetto alle
altre zone di produzione di mele le aziende
sono di dimensioni limitate ed è più diffuso il
sistema cooperativo. La zona, grazie all’altitudine, consente la produzione di mele di
buona qualità che offrono buona soddisfazione economica. La melicoltura sembra qui
in ulteriore sviluppo, anche perché le minori
dimensioni aziendali medie determinano minori problemi per la ricerca di manodopera
rispetto alla zona di Fraiburgo.
Nella zona di Vacaria è stata visitata l’azienda
Frutirol, fondata 15 anni fa da Lorenz Clementi, esperto e conosciuto frutticoltore che ha
lavorato per molti anni nel settore della produzione e commercializzazione delle mele in Alto
Adige ed altre regioni italiane. Dopo aver acquistato un’azienda zootecnica di circa 1.000
ettari, Clementi ne ha piantati oltre 400 a Gala,
Fuji e recentemente con Pink Lady. Le mele
prodotte vengono in buona parte confezionate
presso l’azienda Schio (sempre a Vacaria).
Il mercato della mela
in Brasile
Indicati nella cartina i maggiori poli produttivi di mele del Brasile.
Le esportazioni di mele del Brasile sono tendenzialmente in calo negli ultimi anni mentre
sono in controtendenza le importazioni. Le
principali destinazioni sono l’Unione Europea
e, soprattutto in prospettiva, alcuni nuovi mercati quali India, Cina e Bangladesh. L’importazione proviene prevalentemente dall’Argentina (circa 60%), dal Cile (circa il 30%) e in parte
minore dall’Unione Europea (Francia, Italia).
Il consumo medio pro-capite di mele in
Brasile è oggi di circa 4 kg/anno. L’ulteriore aumento della popolazione che tende a
concentrarsi nelle città, dove il consumo medio pro-capite di mele della popolazione è di
oltre 20 kg/anno, potrebbe determinare un
ulteriore aumento del consumo di mele. Se
troveranno conferma gli scenari prospettati
per i prossimi anni, si potrebbero considerare nuove possibilità per le esportazioni
italiane di mele, soprattutto nei mesi da novembre a febbraio, che corrispondono alla
fine della stagione commerciale nei paesi
dell’Emisfero Sud.
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attualità | AMBIENTE
ATTUALITà
mar-apr
2013 | anno LVIII
NOCE
L’ora del Parco fluviale
di Adele Gerardi
Foto S. Kiaulen
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D. Andreis
Economia e sostenibilità
Un equilibrio è possibile
I
l 23 marzo scorso (Giornata mondiale dell’Acqua) nella sede della Comunità della Val di Sole a Malè sono stati presentati gli esiti del Piano
di azione di comunità per la fattibilità di un parco fluviale sul Noce. Sul
progetto di un parco fluviale sul Noce convergono due studi principali:
una ricerca socio-economica, curata dalla Fondazione San Vigilio, ed
un’indagine ambientale, coordinata dal professor Guido Zolezzi della facoltà
di Ingegneria dell’Università di Trento. Questosecondo studio, in particolare, si
basa su una metodologia innovativa, applicata per la prima volta in Italia, che ha
sfruttato i risultati più recenti della ricerca scientifica in ambito “ecoidraulico”, ovvero coniugando idrologia, idraulica, biologia e geomorfologia fluviale attraverso
modellazione matematica e rilevamenti sul terreno.
Il principale risultato dell’indagine è la possibilità di dare una risposta quantitativa
alla domanda: come cambia l’idoneità del fiume alla navigazione e alla vita delle
specie viventi (pesci, macroinvertebrati) se viene modificato il regime delle portate, ad esempio a causa di futuri prelievi a scopo irriguo o idroelettrico?
Lo studio socioeconomico ha evidenziato invece come la maggiore criticità
- la convivenza fra i diversi tipi di fruizione (rafting, canoa, pesca, produzione
idroelettrica, prelievo per uso agricolo), in particolare in relazione alla regolazione
delle portate - non risulti essere pronunciata.
Alla presentazione dei due studi è intervenuto anche il presidente della Provincia
Alberto Pacher. ‘Oggi - ha osservato Pacher - si è capito che non c’è contraddizione tra tradizione e innovazione. Per il fiume Noce si tratterà di trovare una
forma di tutela che tenga conto di tutte le tipologie d’utilizzo del fiume. L’obiettivo
è trovare il punto di equilibrio tra le attività economiche e la sostenibilità”.
S
e non
fosse realtà,
potrebbe essere lo script
di un film fantasy
ambientato nello scenario di una valle
incastonata nelle Alpi, dove le riserve naturali - due geoparchi e un parco fluviale - sono i
custodi della biodiversità. La valle ha un nome
evocativo, che mette in una buona disposizione d’animo solo a pronunciarlo: Val di Sole.
E se fosse un film, la sinossi potrebbe essere
questa: un giorno gli abitanti della valle decidono di valorizzare il fiume che la attraversa, il
Noce, Nòs in dialetto solandro. Nel farlo riescono a non essere né ambientalisti “fondamentalisti” né consumisti senza regole. Sono convinti,
al contrario, che economia e sostenibilità ambientale possano essere due facce della stessa
medaglia. Si interrogano, discutono, riflettono
e capiscono che ogni porzione di popolazione che ruota intorno al fiume - dai pescatori
amatoriali agli sportivi della canoa e del rafting,
dagli agricoltori ai cicloturisti, dai comitati per
la salvaguardia dell’ambiente ai produttori di
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mar-apr
| Attualità
AMBIENTE ATTUALITà
2013 | anno LVIII
Foto Andreis
ti di questa analisi corale dicono che “si può
fare!”. Dunque in Val di Sole le aree protette
saranno tre: dopo quelle del Parco Nazionale
dello Stelvio e del Parco Naturale Adamello Brenta, anche quella del fiume Noce.
In questi giorni parte la fase finale del percorso
per la nascita del Parco fluviale del Noce, che
prevede fino a luglio 2013 l’incontro con i 14
comuni della Val di Sole, per capire se ognuno di loro sarà d’accordo a investire nel parco
fluviale per la parte di territorio che gli compete. Se non ci saranno obiezioni verso la fine
dell’anno potremo goderci il Parco fluviale del
Noce, sorta di Genius loci che da quota 3360
metri attraversa il Trentino per 105 chilometri
per affluire nell’Adige.
La gestione
sostenibile
energia idroelettrica - può integrare e armonizzare i
propri interessi senza
rinunciarvi o snaturarli.
La parola
ai Comuni
Questa nuova consapevolezza civica viene
sostenuta dalle istituzioni secondo un modello
“a cornice”. Dapprima è la Provincia a stabilire
per legge come nasce un parco naturale locale ed a stanziare un fondo per lo sviluppo sostenibile. Di seguito è la Comunità di valle che
affida a tecnici e ricercatori un’indagine di valutazione ambientale per capire in che misura
il fiume Noce e il suo habitat possano trasformarsi in un parco fluviale senza condizionare
la biodiversità né deprimere l’economia.
Parallelamente si avvia, dal basso, un’altra
indagine sul versante socio economico, per
capire le ragioni di tutti coloro che in qualche
modo vivono grazie e intorno al Noce. Gli esi-
Accogliendo le istanze di cittadini, associazioni
e comitati per la salvaguardia dell’ambiente, in
particolare di ‘’Acqua bene comune’’ e ‘’Salvaguardia del Noce’’, la Comunità della Val di Sole
ha elaborato a fine 2011 un Piano d’azione di
comunità per indagare la fattibilità di un parco
fluviale sul Noce, finanziandolo con le risorse
del Fondo provinciale per lo sviluppo sostenibile. Il Piano comprende il progetto ‘’Studio ambientale integrato relativo al fiume Noce: proposta di lavoro per la messa a punto di un quadro
conoscitivo ambientale e socio-economico e
identificazione di possibili interventi’’, diviso in
due parti: la prima è dedicata al miglioramento
della biodiversità, alla tutela e alla valorizzazione ambientale ed è finalizzata a delineare
possibili interventi per la gestione sostenibile
del Noce, anche in riferimento alla potenziale
creazione di un parco fluviale. “La nascita di un
parco fluviale – spiega Guido Zolezzi docente di
ingegneria idraulica all’Università di Trento, responsabile dell’indagine scientifica - deve avere
in buona sostanza dei presupposti irrinunciabili:
non deve essere compromessa la sicurezza
idraulica (protezione dalle piene), e occorre
sapere quant’acqua deve rimanere in alveo per
consentire le attività estive di rafting e canoa,
nonchè quali sono le portate che consentono
di mantenere una buona qualità e diversità di
habitat per le specie che vivono nel fiume’’.
I soggetti coinvolti nell’iniziativa sono la Comunità della Valle di Sole, i comuni della Valle
di Sole, l’Università di Trento e la Fondazione
Edmund Mach.
L’analisi
socio-economica
La seconda parte è costituita da un’analisi
socio-economica, finalizzata a definire le potenzialità di utilizzo del fiume Noce come leva
di uno sviluppo attento a tutti i soggetti interessati, in relazione ad un utilizzo sostenibile di
una risorsa naturale. Gli attori coinvolti sono la
Fondazione San Vigilio, la Comunità di Valle e
i portatori di interesse.
Entrambi gli studi sono di natura partecipativa
e coinvolgono Comuni, Comunità di Valle, Apt,
operatori economici, associazioni ambientaliste e di pescatori, centri rafting, Comitato permanente per la salvaguardia del Noce, produttori di energia idroelettrica. Scopo principale è
quello di comprendere come conservare i tratti
di fiume peculiari, mantenere le specifiche particolarità dell’ambiente fluviale che siano d’interesse paesaggistico e naturale, pensare a
modalità di promozione turistica al fine di valorizzare appieno tale risorsa naturale, sviluppare
strategie condivise per il sostegno alle attività
economiche, ricreative e amministrative.
Foto A.Dalpez
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attualità | FAUNA
ATTUALITà
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2013 | anno LVIII
ORSO, LUPO, LINCE
Ecco quanti sono e come vivono
Claudio Groff
L
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a popolazione trentina di orsi stimata nel 2012 è compresa tra 43 e 48 esemplari. Il numero minimo di 43 è una valutazione certa, mentre quello massimo di 48 costituisce una
valutazione probabilistica. 17 esemplari sono adulti, 11 giovani e 15 cuccioli. 34 dei 43
esemplari certamente presenti hanno gravitato solo sul territorio trentino, 2 tra Trentino
e stati/province limitrofe, 2 in provincia di Bolzano, 2 in Veneto e 3 in Lombardia. Le femmine hanno gravitato su di un territorio di 1.052 kmq, interamente in provincia, i maschi su un’area
molto più vasta di oltre 19.000 kmq entro la quale si sono mossi anche i giovani in dispersione.
Sono questi i dati riportati nel Rapporto Orso 2012, predisposto dal Servizio Foreste e fauna della
Provincia con la collaborazione del Museo delle Scienze di Trento, un rapporto nel quale si parla
però anche della lince e del lupo. La pubblicazione, giunta alla quinta edizione, ha un duplice scopo:
fornire al pubblico un’informazione corretta, aggiornata e dettagliata sullo status della popolazione
di orsi che gravita in Trentino e nelle regioni adiacenti, e registrare in maniera precisa ed analitica
un insieme di dati per renderne possibile l’utilizzo da parte degli addetti ai lavori.
Foto Matteo Zeni - Parco Naturale Adamello Brenta
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mar-apr
| attualità
faunaATTUALITà
2013 | anno LVIII
Foto C. Frapporti - Archivio Foreste e fauna PAT
Uno splendido esemplare di lince; a sinistra un’orsa con due cuccioli in val di Tovel e in basso il lupo.
Il Rapporto fotografa un ulteriore incremento
della presenza del plantigrado e della relativa gestione, anche attraverso una maturazione della capacità operativa di strutture ed
addetti. Dunque una stagione che registra un
nuovo successo sul piano biologico, ma che
ha segnato anche l’ingresso della gestione
in una fase più critica, che impone dei cambiamenti e degli adeguamenti di strategia.
Questo in un quadro nel quale non può essere dimenticata da un lato la valenza generale della presenza dell’orso e dei grandi
carnivori, dall’altro la necessità di trovare un
equilibrio tra la presenza di questi affascinanti animali e quella dell’uomo. Tra le scelte
operate rimane comunque imprescindibile la
volontà di rendere disponibili, nel modo più
trasparente e completo, le esperienze, i dati
e le conoscenze via via raccolte.
Sette i capitoli nei quali è diviso il “Rapporto
orso 2012”, più due ormai tradizionali appendici relative alla presenza in provincia
della lince e del lupo. Dati e cifre riguardano
il monitoraggio, l’indennizzo e la prevenzione dei danni, la gestione delle emergenze, la
comunicazione, la formazione del personale, il raccordo sovraprovinciale e nazionale,
nonché le ricerche e convegni prodotti su
questa tematica.
ORSO
La popolazione. Nel 2012 è stata
accertata la presenza di 7 cucciolate per
un totale di 16 cuccioli. Le analisi genetiche hanno consentito di individuare il sesso
di 9 dei 16 cuccioli: 7 maschi e 2 femmine.
Sono quindi 34 le cucciolate accertate oggi
in Trentino negli ultimi undici anni, e almeno 69 gli orsi nati (33 maschi, 25 femmine,
11 indeterminati). Sono 14 le femmine e 5
i maschi che si sono riprodotti nel periodo
2002-2012. Il numero medio di cuccioli per
parto è pari a 2,06.
Gli orsi “mancanti”. Sono considerati “mancanti” gli orsi certamente o molto
probabilmente non più presenti all’interno
della popolazione in quanto rinvenuti morti,
uccisi, emigrati, ridotti in cattività o non rilevati geneticamente almeno negli ultimi due
anni. A fine 2012 gli orsi mancanti erano 31
(14 morti, 2 ridotti in cattività, 2 emigrati, 13
non rilevati geneticamente almeno negli ultimi due anni). Dei 14 orsi morti, 5 sono cuccioli, 6 giovani e 3 adulti. Le cause di morte
sono riconducibili a cause naturali in 4 casi,
cause sconosciute in 3 casi e cause umane
in 7 casi. I tassi di sopravvivenza (annua)
aggiornati al 2012 sono pari al 81,8% per i
cuccioli, al 92,9% per i giovani e al 91,3%
per gli adulti.
Danni. Nel 2012 sono stati attribuiti all’orso 191 danni. Sono stati complessivamente liquidati 97.800,29 euro. Oltre il 70% dei
danni sono attribuibili a soli 4 esemplari (Daniza, JJ5, M6 e M2).
Gestione delle emergenze. Nel
corso del 2012 la squadra di emergenza è
stata attivata 37 volte. L’attività della squadra si è limitata prevalentemente al presidio
e all’informazione della popolazione e solo
in 7 casi ha avuto un contatto visivo con l’orso, in 6 dei quali gli operatori hanno effettuato azione di dissuasione diretta sull’animale con munizioni in gomma o con i cani
da orso.
LINCE
L’unico esemplare di lince certamente presente in provincia di Trento a
partire dal 2008 (il maschio denominato B132) proviene dalla piccola
popolazione svizzera del Canton S.
Gallo. In considerazione dell’esaurimento del radiocollare applicato nella
primavera del 2011 si è proceduto alla
ricattura dell’esemplare il 14 febbraio
2012.
Attraverso il monitoraggio dei suoi
spostamenti è stato possibile individuare alcune delle sue
prede: 10 caprioli, 3 camosci, 1 cervo. B132
ha frequentato per gran parte del 2012 il territorio occupato anche negli anni scorsi, rappresentato dal Gruppo di Brenta e dal Monte
Gazza. A partire dalla metà di novembre la
lince ha abbandonato il proprio areale tradizionale spostandosi in direzione sud-ovest
fino a raggiungere i monti in destra Chiese
posti al confine con la provincia di Brescia,
dove è rimasta fino ad oggi. Rimane l’unico esemplare la cui presenza è accertata in
Trentino.
LUPO
Per il terzo anno consecutivo è stato possibile documentare la presenza del lupo sul
territorio provinciale. In particolare sono stati
almeno 4 i lupi che hanno gravitato in Trentino e/o in territori immediatamente limitrofi. Si
conferma innanzitutto la presenza del lupo
maschio M24 in alta val di Non, rilevato per
la prima volta in Trentino il 13 aprile 2010.
Invece al giovane lupo maschio radiocollarato in Slovenia (denominato “Slavc”), arrivato
sui Monti Lessini nella zona confinante con
la provincia di Verona nell’aprile 2012 dopo
un formidabile spostamento di oltre 1000
km, si è aggiunta una femmina proveniente
dalla popolazione italiana.
La conferma della formazione della prima
coppia di lupi presente sul territorio provinciale e su quello veronese si è avuta nel
mese di ottobre, grazie alle indagini genetiche condotte sui campioni organici rinvenuti
sul territorio. Un ulteriore esemplare di sesso femminile proveniente dalla popolazione
italiana è stato rinvenuto morto avvelenato
nel mese di agosto sul versante veronese dei
monti
Lessini.
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attualità | storia
ATTUALITà
mar-apr
2013 | anno LVIII
IL “SECCATOIO”
DI CAVALESE
Davide Pozzo
I
24
n via Roma a Cavalese,
accanto alla palazzina
dove ci sono gli uffici
delle Foreste Demaniali
della Val di Fiemme e
del Primiero e quelli del Distretto forestale di Cavalese, c’è un
edificio che si fa notare per uno
stile architettonico inusuale nella
zona. Attualmente nei suoi volumi
trovano spazio la Stazione forestale di Cavalese, l’officina delle Foreste demaniali ed altri
locali di deposito-autorimessa. Oltre alla forma, l’originalità è dovuta anche agli affreschi
che decorano i due frontoni verso la via principale; si tratta di ritratti di due personaggi epici,
intenti nell’esecuzione di lavori selvicolturali di
piantagione e di taglio alberi. Sormontano le
immagini due scritte in latino, Alteri saeculo e
Maturum caedo.
La costruzione della struttura risale al 1923
quando dopo tre anni di sperimentazione
condotta presso i locali di un’abitazione presa in affitto, l’Amministrazione forestale nella
persona dell’Ispettore Superiore comm. Alberto Vitale decise di organizzare in maniera
strutturata una produzione di sementi delle
principali conifere alpine, come suggerito
dall’esperto di selvicoltura prof. Lodovico
Piccioli.
La necessità di produrre seme di conifere
era dettata
in quel tempo dall’avvio della progettazione
delle campagne di rimboschimento, attività
ritenuta necessaria per accelerare i tempi di
ricostituzione dei patrimoni forestali distrutti
dagli eventi bellici della prima guerra mondiale, nei territori delle montagne trentine, venete
e friulane. Lo stesso Piccioli fu l’ideatore del
dipinto dell’emblema dello stabilimento, quello
della scena della figura mitologica di Silvano,
intento nella piantagione di un albero.
In questo sito produttivo venivano lavorati strobili provenienti da tutta la regione tridentina ed
il prodotto finito in alcune occasioni fu oggetto
di richieste da parte di ditte specializzate estere, ma l’elevata richiesta interna non permise
in quegli anni di effettuare esportazioni.
I locali interessati dalla produzione, immagazzi-
naggio e spedizione erano
ripartiti su due piani; un’ampia soffitta per la
prima essicazione dei coni che da qui venivano trasferiti al piano terra per caduta tramite
un condotto in legno. In alcuni locali di preparazione e successivamente nei locali dei forni
avveniva l’essicazione completa e successivamente la ripulitura del seme, la disalatura,
il confezionamento per la spedizione. Nella
vicinanza dei locali forno trovava spazio una
serra riscaldata per le prove di germinazione
e all’esterno, nell’area dove attualmente si trova il palacongressi costruito in occasione dei
mondiali di sci nordico del 1991, c’era un vivaio
sperimentale dove si producevano i semenzali
che servivano per rifornire i piantonai di Paneveggio e Cadino.
Quella della produzione sementiera forestale
fu un’attività svolta in Val di Fiemme già dalla
metà dell’Ottocento per terminare nel 1976 e
che vide impegnati dapprima degli imprenditori privati e successivamente la Pubblica amministrazione.
Da sinistra a destra: corridoio davanti ai locali dei forni con canaletta per la discesa degli strobili dal deposito nel sottotetto; pulizia del seme con
la ventola; rullo per l’estrazione del seme alato; in alto il complesso dell’Essicatoio di Cavalese con piazzali, rimessa, vivaio e casa forestale.
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| Attualità
prodotti ATTUALITà
2013 | anno LVIII
I disciplinari di produzione del marchio “Qualità Trentino””
I Magnifici 10
Roberto Bertolini
M
angiare bene,
consumare prodotti sani, legati
con il territorio
e che ne sappiano trasmettere le caratteristiche
di autenticità. Questa la filosofia che
sta alla base del Marchio di Qualità
Trentino, promosso dalla
Provincia a
novembre
2009 e reso
operativo con
regolamento del
13 maggio 2011,
nel quale si definiscono le condizioni
generali per la concessione dell’uso del
marchio collettivo. Un
testo importante, poiché definisce i parametri
che stanno alla base della
certificazioni dei prodotti che
vogliono
dare garanzie al consumatore, nell’ottica della tracciabilità e della sicurezza alimentare.
In
questo senso il
Marchio di Qualità
con indicazione di origine
si prefigge in primo luogo di comunicare e identificare la qualità del prodotto agroalimentare territoriale secondo criteri
noti, oggettivi e selettivi e, in secondo luogo,
di specificare l’origine del medesimo. Di conseguenza la conformità ai requisiti di qualità
sarà verificata da organismi di controllo indipendenti ed accreditati.
Condizione preventiva per ottenere il Marchio è l’adesione ai disciplinari di produzione. Dieci sono quelli approvati sinora,
tra cui: lampone, mora, mirtillo, ribes, uva
spina; mela; fragola e fragolina; ciliegia;
patata; ortaggi e loro trasformati; farina di
mais da polenta; latte vaccino o ovicaprino
e prodotti lattiero caseari; carni bovine e/o
suine lavorate e loro trasformati; prodotti
dell’acquacoltura. Questo pacchetto di disciplinari non esaurisce ovviamente la gamma
di produzioni che si fregieranno e potranno
fregiarsi del marchio di qualità: il marchio
è infatti aperto a tutti i produttori che fanno
della qualità e del legame con il territorio il
loro tratto distintivo e di riconoscibilità nei
confronti del consumatore e che potranno
dimostrarlo attraverso un rigoroso processo
di certificazione per il quale, ad ogni modo, è
necessario che venga preventivamente predisposto uno specifico disciplinare.
Guardando ai disciplinari e adeguando la
propria produzione ai parametri di garanzia in
essi espressi, le aziende interessate possono
avanzare la propria candidatura per ottenere
il Marchio.
Ad oggi sono cinque le realtà trentine che
ne sono in possesso; il Latte Fresco intero e
parzialmente scremato Latte Trento; la mela
Melinda e La Trentina; la ciliegia Sant’Orsola;
la carne salada del Salumificio di Casa Largher e i crauti, carote, sedano rapa, cavolo
cappuccio del Consorzio ortofrutticolo Val di
Gresta. “Qualità Trentino” è il logo che distingue visivamente sul mercato le produzioni
agroalimentari trentine. Un marchio giovane
e fresco, che richiama lo skyline delle nostre
montagne e i colori del marchio territoriale
Trentino al quale è legato. Esso ha grandi
potenzialità, perché richiama a prima vista i
prodotti di qualità trentini e le loro caratteristiche di genuinità e legame con il territorio,
indicandone l’origine e la corrispondenza
ad elevati standard di qualità certificati
da organismi di controllo indipendenti ed accreditati. Il progetto
“Qualità trentino” non si ferma
al logo, ma prevede molte altre azioni di promo-commercializzazione.
Con l’introduzione di un marchio
di qualità per la filiera agroalimentare è in
primis possibile garantire il consumatore finale rispetto alla elevata (e certificata) qualità
di offerta delle produzioni territoriali e contestualmente dare ulteriore forza al progetto di
marketing territoriale del Trentino. In questo
senso è significativo il ruolo di Trentino Sviluppo - Turismo e promozione quale punto di
riferimento nella promo-commercializzazione
dei prodotti e la loro valorizzazione quale valore aggiunto del territorio in ottica promozione turistica.
25
tt 02
ATTUALITà | prodotti
ATTUALITà
mar-apr
2013 | anno LVIII
Dalle “cupole di pasta” ai “cucchiaini di miele”:
le creazioni dei produttori al Mart
Food design
Roberto Bertolini
© Fotografia: Jacopo Salvi
© Fotografia: Fernando Guerra
26
F
ino al 2 giugno 2013 il Mart di
Rovereto dedica al cibo una
mostra che ne sottolinea gli
aspetti più peculiari e indaga
le sfumature artistiche che il
“buon mangiare” sa esprimere.
Protagoniste di “Progetto Cibo. La forma del
gusto”, a cura di Beppe Finessi sono le creazioni di un folto gruppo di architetti e “food designer” come Enrico Azzimonti, Bompas&Parr,
Stephan Bureaux, Achille Castiglioni, Lorenzo
Damiani, Florence Doleac, FormaFantasma,
Giorgetto Giugiaro, Martí Guixé, Giulio Iacchetti, Enzo Mari, Alessandro Mendini, Katja
Grujters, Konstantin Grcic, Gaetano Pesce,
Diego Ramos, Mario Trimarchi, Marije Vogelzang, Marcel Wanders, e chef di livello assoluto come Gualtiero Marchesi, Bruno Barbieri,
Massimo Bottura, Antonio Cannavacciuolo,
Carlo Cracco, Daniel Facen, Davide Oldani,
Davide Scabin.
Accanto alle opere dei designer e dei cuochi
stellati sono protagoniste anche tante eccellenze alimentari di altrettanti produttori trentini che
hanno messo a disposizione la “materia prima”,
ossia quei cibi naturali che sono stati qui trasformati in forme d’arte e oggetti di design.
Sono dunque presenti Primitivizia di Eleonora
Cunaccia con l’opera “Resina pop”, Mieli Thun
con “Cucchiaino di miele di melata d’abete
caramellato e cristallizzato”, Pastificio Felicetti
con “Pasta Mart” - spaghetti al nero di seppia,
eliche tricolori, spaghetti. Per questo evento inoltre i maestri pastai di Predazzo
hanno progettato “Le cupole”,
il nuovo formato di pa-
sta ispirato dalla grande cupola di copertura
ideata da Mario Botta proprio all’ingresso del
museo. Poi l’azienda Lorandi con le “Zirele”, la
caramella artigianale tipica trentina, Exquisita
di Rovereto con matite di cioccolato che vanno
a ricreare l’opera di Nendo - Oki Sato, Prada,
con i suoi Biscotti Cuori.
Hanno inoltre partecipato alcune realtà trentine che con la propria presenza e il proprio contributo hanno reso possibile l’allestimento della
mostra. A partire dai ragazzi dell’ Istituto Alberghiero di Levico e Rovereto che hanno riprodotto con il cibo alcuni oggetti d’arte famosi, fra
cui “Lecca-lecca” e l’Associazione Panificatori
del Trentino, che ha realizzato tante e fantasiose varietà di pane. Importante anche la presenza della Casa del Vino della Vallagarina,
Agraria di Riva del Garda e di Sant’Orsola, che
presenta il 17 maggio un inedito accostamento
fra moda e frutti in cui mirtilli, lamponi, ribes
diventeranno dei gioielli da indossare. Trentingrana sarà poi l’ingrediente principe dei piatti
degli chef Moreno Cedroni e Claudio Sadler,
realizzati negli showcooking aperti al pubblico
fino all’8 maggio.
La Trentina, infine, è sponsor e protagonista
della mostra con la mela che diventa, nell’interpretazione dei designer, oggetto che sa esprimere stile ed è stata la base di alcune ricette
dei grandi chef coinvolti negli show-cooking al
Mart. Il prezioso frutto, poi, ha animato il laboratorio didattico “Una mela al giorno”
dedicato alle famiglie e ai bambini ed
incentrato sulle sue proprietà estetiche, sensoriali e nutritive; iniziativa
che ha avuto una
prestigiosa anteprima a metà
aprile al Fuo-
© Fotografia: Jacopo Salvi
risalone “A designer a day” nell’ambito della
“Design week” di Milano.
Tutto attorno, un ricco programma di eventi
che coinvolge chef di livello internazionale,
con la realizzazione di serate show-cooking
nelle sale espositive. Grandi chef del calibro
di Gualtiero Marchesi, Daniel Facen, Davide
Scabin, Claudio Sadler, Roberto Valbuzzi,
Bruno Barbieri, Moreno Cedroni, Felice Lo
Basso, Luigi Taglienti e Igles Corelli. Su www.
mart.tn.it/martcooking il programma completo
e i video delle serate già realizzate.
Il 2 giugno per il finissage della mostra, grande
giornata di show-cooking nella Piazza del Mart;
a partire dalle 14.00, gli chef stellati del Trentino- Alfredo Chiocchetti (Scrigno del DuomoTrento), Alfio Ghezzi (Locanda Margon- Trento), Vinicio Tenni (Gallo Cedrone-Madonna di
Campiglio), Paolo Donei (Malga Panna- Moena), si alterneranno ai fornelli di una cucina a
cielo aperto per dare vita a un’emozionante
maratona di show-cooking. Un vero e proprio
spettacolo di performance artistiche-culinarie
che chiuderà in bellezza la mostra “Progetto
Cibo. La forma del gusto”.
© Fotografia: Gianluca Vassallo
tt 02
Agritur
mar-apr
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Centa.
agriturismo |ATTUALITà
Attualità
2013 | anno LVIII
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I 40 anni dell’agriturismo trentino:
intervista a Massimiliano Pilati
fattorie didattiche sono ormai oltre 80. Infine 125 agritur offrono
degustazioni dei propri prodotti. La crescita del mondo agrituristico trentino rende bene l’idea dell’entusiasmo che anima
questo settore: nel 1995 gli agritur erano 118, nel 2000 erano
125, nel 2003 erano 150, nel 2009 erano 320, nel 2010 erano
340, nel 2011 erano 355, nel 2012 erano 380.
Numeri che testimoniano come anche in Trentino si stia affermando una nuova generazione di
imprenditori agricoli “multifunzionali”.
E’ così, sono numeri che raccontano di imprenditori
agricoli, e delle loro famiglie, che si mettono in gioco e
che decidono di aprire le loro aziende e le loro case agli
ospiti. Uomini e donne che si fanno “maestri” e incontrano i bambini nelle loro fattorie didattiche. Persone che
amano il loro lavoro e che trasformano nelle loro cucine e
nei loro laboratori i frutti del territorio in cui vivono; persone
che, avendo bisogno di integrare il loro reddito, hanno scelto
la multiattività aziendale.
I
l 20 marzo 1973 la Provincia Autonoma di Trento varava la
Legge Provinciale n.11 “Interventi a favore dell’agriturismo”.
Era la prima legge del genere in Italia. Pochi mesi dopo gli
uomini e le donne che diedero spinta e impulso per ottenere
questo grande risultato fondarono l’Associazione Agriturismo Trentino. L’Agriturismo in Trentino ha compiuto quindi i suoi
primi 40 anni di vita, un traguardo che merita un bilancio e qualche
riflessione, qui suggerite da Massimiliano Pilati, direttore dell’Associazione Agriturismo Trentino.
Cosa è cambiato in questi quarant’anni?
Molto è cambiato da quel 20 marzo 1973: sono mutate innanzitutto
le leggi di riferimento e l’agriturismo si è evoluto fino a diventare una
componente fondamentale dell’offerta turistica, sia a livello trentino
che nazionale, senza però mai dimenticare il forte e
fondamentale legame con il territorio e i suoi prodotti.
Un’evoluzione che ha comportato anche
un diverso ruolo della vostra associazione?
Certo. L’Associazione Agriturismo Trentino ha mutato nel corso degli anni il proprio ruolo, passando
dal supporto alla categoria, cosa che naturalmente permane, ad un sempre maggiore impegno nel
campo della promozione e della comunicazione.
Infine si sono andati via via intensificando i servizi
offerti ai soci; servizi che negli ultimi tempi l’associazione cerca di attuare anche garantendo agli associati
convenzioni a prezzi più bassi con realtà del mondo della
comunicazione, della fornitura di servizi e di prodotti.
Quanti sono gli agriturismi in Trentino e come si differenziano?
Proprio in questi giorni abbiamo superato la soglia delle 400 strutture, delle quali oltre il 90% sono associate alla nostra organizzazione.
Di questi, in particolare, ci sono 207 agriturismi con servizio di pernotto in stanze e 159 in appartamento, per un totale di circa 4000
posti letto; 147 agriturismi praticano la “ristorazione” con oltre 5700
posti tavola, 9 agriturismi offrono servizio di agricampeggio mentre le
È cambiato anche il turista che sceglie la vacanza
in agritur?
C’è sicuramente stata un’evoluzione e un cambiamento delle
esigenze degli ospiti: fino a qualche anno fa, infatti, il numero di
posti letto in appartamenti agrituristici era nettamente superiore
a quello in camera. Questo a testimoniare che l’ospite poteva
permettersi soggiorni lunghi e amava la comodità del potersi
arrangiare nei pasti mentre ora la permanenza media si è ridotta in maniera consistente. Gli ospiti permangono, in media, 3
– 4 giorni nei nostri agriturismi e quindi amano essere coccolati
in comode e accoglienti stanze, ricevere una ottima colazione
contadina e, sempre più spesso, la possibilità di cenare e questo per sentirsi sempre più legati al territorio tramite i prodotti
enogastronomici che offre.
L’accorciarsi dei periodi di vacanza non sembra
però preoccuparvi molto…
Non si deve pensare che l’accorciarsi della permanenza in agriturismo sia solo un fatto negativo; se una volta, infatti, i soggiorni erano
legati esclusivamente alla stagione estiva
ora si va verso una destagionalizzazione
delle presenze. Un esempio su tutti: sempre più agriturismi restano aperti con soddisfazione durante il periodo della vendemmia e della raccolta delle mele, mentre fino a
qualche anno fa la maggior parte delle aziende
restava chiusa perché l’intera famiglia era occupata in campagna. Questo è l’Agriturismo Trentino, un modo che deve essere in grado di accettare
i cambiamenti e pronto ad aprirsi alle innovazioni ma
capace al contempo di mantenersi fortemente legato
alle proprie tradizioni contadine e soprattutto al proprio
territorio rurale. (c.z.)
INFO:
Associazione Agriturismo Trentino
Via Jacopo Aconcio, 13 38122 Trento
Tel. 0461235323
[email protected]
www.agriturismotrentino.com
Foto Marco Simonini. Archivio fotografico Trentino Sviluppo
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tt 02
ATTUALITà | fitosanitari
ATTUALITà
mar-apr
2013 | anno LVIII
CONTROLLO
IRRORATRICI
Autorizzati i Centri prova
Daniel Bondesan (FEM)
Piergiorgio Ianes (FEM)
Renato Martinelli (Servizio agricoltura PAT)
Foto Archivio Iasma
L
28
a Direttiva 2009/128/CE del 21
ottobre 2009 “che istituisce un
quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi” attribuisce
particolare importanza al tema riguardante i
sistemi di applicazione dei prodotti fitosanitari vietando, a partire dal 26 novembre 2016,
l’utilizzo di attrezzature professionali non
ispezionate o ispezionate con esito negativo.
Gli Stati membri devono assicurare poi che le
attrezzature impiegate per uso professionale
siano sottoposte a successivi controlli periodici. L’intervallo tra le ispezioni non supera
cinque anni fino al 2020 e i tre anni successivamente.
La Direttiva comunitaria detta disposizioni
su un tema sensibile sia in ambito nazionale che locale: l’utilizzo di attrezzature con
caratteristiche tecniche non ottimali e non
correttamente regolate in relazione alle caratteristiche della coltura sulle quali vengono
utilizzate, rappresenta una della cause importanti di spreco di prodotti fitosanitari e di
inquinamento ambientale, oltreché compromettere l’efficacia del trattamento stesso.
Il Programma
nazionale
A livello nazionale il Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali ancora nel
2004, anticipando le normative che si stavano predisponendo a livello comunitario, aveva approvato un apposito “Programma per il
coordinamento delle attività di controllo delle
macchine per la protezione delle colture in
uso presso le aziende agricole”, affidandone il coordinamento all’ENAMA – Ente per
la Meccanizzazione Agricola. È stato quindi
istituito un gruppo di lavoro tecnico, composto da esperti del mondo scientifico e rappresentanti delle Regioni, che ha messo a
punto una metodologia comune a livello nazionale per le attività di controllo funzionale
e la regolazione delle macchine irroratrici.
La metodologia ENAMA definisce gli standard operativi dei Centri prova (officine) che
devono essere preventivamente autorizzati
dalle Regioni.
Le verifiche
in Trentino
In provincia di Trento la problematica relativa al controllo delle macchine irroratrici è
stata affrontata già a partire dagli anni novanta: risale a quel periodo l’istituzione di
un sistema di verifica mediante l’acquisto
dal parte della Provincia autonoma di Trento di una specifica attrezzatura mobile per il
controllo ed il suo affidamento ad una officina specializzata che ha effettuato le verifiche delle irroratrici in collaborazione con le
cooperative frutticole. Dal 1998 il servizio è
gestito direttamente da APOT -Associazione dei produttori ortofrutticoli trentini.
A partire dal 2008 nei disciplinari di produzione integrata per il settore ortofrutticolo
è stato introdotto l’obbligo di verifica ogni
cinque anni della funzionalità delle attrezzature per la distribuzione dei fitofarmaci;
analoga disposizione, sotto forma di raccomandazione, è riportata anche nel disciplinare per la viticoltura. Questo a dimostrazione della sensibilità del mondo agricolo per
un uso il più accorto possibile dei prodotti
fitosanitari e della volontà di individuare le
fasi critiche nell’esecuzione dei trattamenti,
introducendo tutti i miglioramenti tecnicamente possibili.
Ciò che è stato finora realizzato in maniera
volontaria ed autonoma dagli agricoltori diventa ora obbligo. Per consentire a tutti gli
agricoltori di sottoporre le proprie attrezzature ai controlli previsti è stato attivato per
tempo il “Servizio per il controllo funzionale
e la regolazione delle macchine per la distribuzione dei prodotti fitosanitari” e stabilite le regole per il riconoscimento delle officine (Centri prova) che potranno svolgere
tale servizio. Il tempo da qui al 26 novembre 2016 consentirà di ispezionare l’intero
parco macchine operante in provincia di
Trento, stimato in circa 9.000 unità (settore
frutticolo, viticolo e colture erbacee).
Portata di ogni singolo ugello prima e dopo la messa a punto
Quali sono
le attrezzature
da sottoporre
a controllo?
A livello nazionale si stanno definendo le tipologie delle attrezzature (poche) che saranno
esentate dal controllo o che potranno essere
controllate ad intervalli di tempo maggiori.
Sicuramente andranno ispezionati tutti gli
atomizzatori e le irroratrici, trainati o portati,
utilizzati in frutticoltura, orticoltura e viticoltura, ma anche le barre per le colture erbacee (patate e mais) e le attrezzature speciali
come i cannoni utilizzati nelle serre.
Cosa deve fare
l’agricoltore?
Il programma dei controlli obbligatori, per
le macchine irroratrici, previsti nei prossimi
quattro anni verrà organizzato da APOT per
il settore ortofrutticolo e dalle cantine per il
settore viticolo. Altri settori come il zootecnico per le barre o enti pubblici o singoli privati
possono accordarsi direttamente con i centri
sopra citati.
Per poter richiedere il controllo funzionale e la
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mar-apr
| ATTUALITà
fitosanitari ATTUALITà
2013 | anno LVIII
Misurazione della distribuzione verticale
Misurazione della portata di ogni singolo ugello
Come lavora
il centro prova?
relativa regolazione, l’agricoltore interessato
dovrà presentarsi al Centro autorizzato con
la macchina irroratrice pulita sia internamente che esternamente (compresi filtri e ugelli)
e con alcuni ettolitri di acqua pulita nel serbatoio. Inoltre lo stato generale della macchina
deve essere accettabile (senza perdite o difetti della pompa) e gli organi di protezione
delle parti in movimento (ventilatore e albero
cardanico) devono essere integri.
Ricordiamo che per superare il controllo è indispensabile che gli ugelli siano muniti di antigoccia ed il filtro in aspirazione (prima della pompa)
sia ispezionabile anche a serbatoio pieno e
quindi dotato di valvola di blocco del flusso.
La regolazione, intesa come indicazione dei
parametri di lavoro più idonei (volume da distribuire, velocità, giri del ventilatore, ugelli
e relativa pressione) secondo la coltura o
forma d’allevamento da trattare (scheda di
operatività), viene fatta dal meccanico in collaborazione con l’utilizzatore della macchina
che dovrà fornire i dati relativi alla coltura (interfila e caratteristiche generali). Ricordiamo
che anche la regolazione è una parte che
obbligatoriamente il Centro deve effettuare
per favorire un uso corretto della macchina.
Il tecnico del centro prova effettuerà una
serie di controlli a vista e delle misurazioni
strumentali per la verifica delle portate degli
ugelli, della precisione del manometro e della distribuzione verticale od orizzontale per
le barre. Eventuali componenti starate od
usurate verranno sostituite per ripristinare la
buona funzionalità della macchina.
Alla fine del controllo il centro prova che ha
memorizzato su PC tutti i dati misurati, rilascerà all’agricoltore alcune schede quali:
controllo portata ugelli e distribuzione verticale prima e dopo la messa a punto, la scheda di operatività e soprattutto l’attestato di
funzionalità che comprova il superamento
del controllo e quindi la macchina è regolarmente utilizzabile. Infine, l’applicazione di
uno specifico adesivo attesterà l’avvenuto
controllo dell’irroratrice.
I dati verranno tutti archiviati e l’elenco delle
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Visualizzazione della distribuzione verticale rile
macchine regolarmente controllate verrà inserito in una specifica banca dati.
LE OFFICINE AUTORIZZATE
Attualmente in provincia di Trento sono riconosciuti i seguenti Centri prova:
F.LLI TIEFENTHALER S.N.C. a Verla di Giovo (TN)
OFFICINA TOGNI S.N.C. a Brentonico (TN)
MICHELI RENATO S.N.C. a Ton (TN)
Queste officine dispongono di attrezzatura mobile, sono quindi in grado di svolgere la
propria attività anche in luoghi diversi, dove sono presenti un certo numero di macchine
da controllare.
Il servizio di ispezione può essere svolto anche da Centri prova riconosciuti da altre Regioni.
In questo caso è comunque necessario che le Officine provenienti da altre Regioni siano
autorizzate dalla Provincia autonoma di Trento ad operare temporaneamente sul territorio.
È importante che gli agricoltori si rivolgano esclusivamente presso Officine autorizzate dalla Provincia autonoma di Trento.
Solo in questo modo viene assicurata l’esecuzione dei controlli in conformità alla Direttiva 2009/128/CE, evitando di incorrere in eventuali sanzioni o nella mancata concessione
di aiuti comunitari.
ATTUALITà | meteo e agricoltura
ATTUALITà
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2013 | anno LVIII
Foto Archivio Iasma
La gestione dei rischi: strumento di crescita e di competitività
COPERTURA TOTALE
E FONDI DI SOLIDARIETÀ
30
Sergio Ferrari
A
nche quest’anno il Consorzio
difesa produttori agricoli del
Trentino (Codipra) ha concluso con l’assemblea dei delegati (gli associati sono 7500)
gli incontri informativi di zona che si sono
svolti nel mese di marzo per illustrare il bilancio 2012 e le modalità di assicurazione per
la nuova campagna. Ma all’annuale incontro
che si è svolto nel pomeriggio del 19 aprile
scorso alla Cantina Rotari di Mezzocorona
si è parlato anche di cambiamenti climatici,
previsioni meteo e servizi di avvertimento
per rendere tempestivi gli interventi di difesa
fitosanitaria, di difesa integrale della produzione agricola e del reddito, di corresponsabilità finanziaria degli agricoltori assicurati e
delle scelte precorritrici compiute dal consorzio trentino.
Lo si è fatto, in particolare, al convegno che
si è tenuto nella mattinata sul tema “La gestione dei rischi: strumento di crescita e di
competitività”, ripreso nei suoi contenuti in
una successiva tavola rotonda. Argomento
al centro del dibattito la nuova PAC 20142020, in fase di definizione ma con la conferma della gestione finanziariamente assistita della copertura dei rischi in agricoltura.
Non più solo assicurazione contro i danni da
eventi meteorici, ma estensione del contratto anche alla salvaguardia del reddito dell’agricoltore in dipendenza della fluttuazione
del mercato (All Risk).
In aggiunta al sostegno finanziario pubblico è
prevista, a questo riguardo, l’attivazione di fondi di solidarietà sostenuti in primo luogo dagli
agricoltori e fortemente incentivati da Unione
Europea, Stato e Provincia. Da quest’ultimo
punto di vista, il Codipra ha anticipato i tempi e
la stessa Unione Europea con l’attivazione di
un fondo di solidarietà pagato dagli agricoltori
ed integrato dalla Provincia autonoma di Trento finalizzati ad indennizzare la quota di danno
inferiore alla soglia contrattuale del 30%.
I relatori invitati al convegno hanno riconosciuto al Codipra anche il merito di avere
incentivato, prima di altri consorzi di difesa,
contratti pluri e multi rischio resa e di essersi reso promotore di forme di assicurazione
inedite, non ancora previste dai piani nazionali annuali, adottando tabelle e parametri
di stima del danno più vicini alla perdita di
qualità commerciale per le mele ed enologica per le uve da vino.
Intervenendo alla tavola rotonda, Luciano Pilati, docente di economia agraria all’Università di Trento, ha proposto di estendere i fondi
mutualistici a nuovi ambiti: siccità su pascoli
di malga; contratti d’area riferiti allo stesso
prodotto agricolo colpito da avversità meteo
in zone diverse del Trentino; fitopatie fortemente diffusive; danni provocati da selvatici.
In merito alle previsioni meteo, Mauro Fezzi,
direttore generale della fondazione Edmund
Mach di S. Michele, ha illustrato l’attività del
Centro per il trasferimento tecnologico nel rilevamento sistematico di dati meteo e loro diffusione in tempo reale per consentire interventi
fitosanitari mirati. Andrea Piazza di Meteotrentino ha spiegato che la previsione meteo è
sempre incerta, anche quando si riferisce ad
un periodo brevissimo, da zero a 12 ore, ma va
comunque valutata in termini probabilistici tenendo conto dell’utilizzo che ne farà l’utente.
Per Guido Guidi, esperto meteo della RAI, i
cambiamenti climatici, le tendenze ritenute
possibili e le probabilità di eventi calamitosi,
hanno origine multifattoriale e devono essere valutati in base al periodo considerato e a
tutte le possibili correlazioni; gli eventi meteo
straordinari assumono maggiore gravità rispetto al passato perché l’ambiente occupato dall’uomo è gestito in modo più sofisticato
ed esigente e quindi risente maggiormente
dell’ impatto causato dall’evento; la concentrazione temporale degli eventi meteo accresce la loro incidenza sull’ ambiente.
tt 02
mar-apr
difesa fitosanitaria |ATTUALITà
Attualità
2013 | anno LVIII
Quaderno di campagna informatico
Un’opportunità vantaggiosa
Silvio Canestrini
APOT ha realizzato e reso disponibile
ai produttori aderenti al Disciplinare
di produzione integrata della Provincia
di Trento 2 diversi Quaderni di campagna
informatici (melo e altre specie) in versione
desktop e web.
I
l Quaderno di campagna nel corso
degli ultimi anni è stato via via arricchito di nuove sezioni fino a rappresentare il vero e proprio diario di tutte
le operazioni aziendali svolte nel corso dell’anno. Da Registro dei trattamenti (fitofarmaci e diserbi) si è evoluto in strumento idoneo
a rispondere a diverse esigenze: dalla registrazione delle attività previste dai Disciplinari di
produzione integrata (revisione atomizzatori,
controlli in campo, registrazione concimazioni,
rilevazione piogge, irrigazioni, pratiche ecologiche ecc.) alle diverse certificazioni (GlobalGap,
Dop, Trentino Qualità ecc.) fino a ospitare una
sezione adibita alla registrazione delle operazioni di carico e scarico dei rifiuti speciali al fine
di consentire una gestione semplificata della
loro raccolta e smaltimento.
Tali adempimenti sono necessari in particolare
per rispettare le disposizioni della nuova OCM e
degli strumenti applicativi nazionali e comporta
ulteriori obblighi. Al frutticoltore viene richiesto
il rispetto scrupoloso delle norme di legge e dei
Disciplinari di produzione ma anche una particolare attenzione nella annuale compilazione
del Quaderno. Non solo per rispondere agli
adempimenti normativi, ma anche per confermare costantemente la Produzione Integrata
come “strumento di mercato”. Oggi, senza tale
attenzione e documentazione, le produzioni
non possono più trovare collocazione e valorizzazione sul mercato.
Parti a cui dedicare
particolare attenzione
Nella compilazione del Quaderno di campagna
si raccomanda di compilare tutte le sezioni, ponendo particolare attenzione a quelle relative ai
trattamenti, diserbi e concimazioni.
Trattamenti. Occorre verificare che il prodot-
to commerciale sia autorizzato sulla coltura per
la specifica avversità, che siano rispettate tutte
le indicazioni presenti in etichetta e le limitazioni
del disciplinare (dosi ad ettolitro, eventuali dosi
ad ettaro, rispetto tempi di carenza, numero
massimo interventi per anno, numero massimo
interventi per anno per categoria chimica, ecc.).
Diserbi. Devono essere rispettate le dosi riportate in etichetta e le dosi ad ettaro per anno
previste dal Disciplinare.
Concimazioni. Devono essere rispettate le
dosi massime ad ettaro per anno previste dal
Disciplinare per azoto, fosforo e potassio e l’obbligo del frazionamento dell’apporto di azoto nel
caso di apporti superiori a 60 kg.
Il Quaderno di
campagna informatico
Apot ha realizzato e reso disponibile ai produttori aderenti al Disciplinare di produzione
integrata 2 diversi Quaderni di campagna informatici (melo e altre specie). Il programma
del Quaderno di campagna (versione desktop)
può essere scaricato sul proprio computer (PC)
collegandosi al sito di Apot. È disponibile anche
il Quaderno di campagna in formato Web, che
può essere redatto direttamente “in linea”, collegandosi all’apposito sito.
Il documento deve essere compilato con le
stesse modalità del Quaderno cartaceo e
deve essere stampato nella sua forma definitiva per la consegna alla Cooperativa entro le
date consuete. Si raccomanda di fruire, in tutti
i casi possibili, di tale opportunità che consente
una migliore verifica del Quaderno stesso, ma
anche di ottenere una banca dati preziosa per
monitorare l’evoluzione dei sistemi di difesa e
dei loro risultati nel corso degli anni.
La versione 2013 del Quaderno di campagna
informatico presenta alcune soluzioni agevolative nella compilazione, quali suggerire il nome
completo dei prodotti commerciali una volta inserita una parte del nome, proporre il corretto
tempo di carenza e le avversità per cui il prodotto è registrato.
Le maggiori potenzialità del Quaderno informatico sono però collegate alla possibilità di
verifica del rispetto delle principali limitazioni
presenti nel Disciplinare di produzione integrata
(numero di trattamenti per sostanza attiva e/o
famiglia, dosi ad ettaro per erbicidi e concimi
ecc.) ed evidenziare al compilatore le situazioni
ritenute anomale.
Questo strumento è ritenuto oggi fondamentale, in quanto le etichette di molti prodotti prevedono particolari limitazioni quali dosi massime
utilizzabili per unità di superficie e spesso anche
numero massimo di interventi per anno. Ulteriori limitazioni sono previste dai Disciplinari di
produzione integrata (in particolare quello del
melo), soprattutto relative al numero massimo
di interventi per anno, riferiti anche a prodotti
della stessa famiglia, o alle dosi massime utilizzabili per diserbo e concimi.
La complessità delle regole spesso espone i
produttori al rischio di incorrere involontariamente in errori anche gravi con conseguenti
pesanti sanzioni. Attraverso la registrazione
preventiva dell’operazione che si intende effettuare, il Quaderno di campagna informatico
permette una pre-verifica della sua congruità,
lasciando l’opportunità di rivolgersi ai tecnici
specializzati in caso di dubbi.
31
tt 02
ATTUALITà | orticoltura
ATTUALITà
mar-apr
2013 | anno LVIII
Quindicimila visitatori (nonostante la pioggia) alla decima edizione
Le suggestioni
di Ortinparco
Corrado Zanetti
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Q
uasi 130 mila visitatori in dieci anni: basterebbe questo
dato per spiegare il successo di Ortinparco, la rassegna
dedicata all’orto ed a tutto
ciò che ruota attorno ad esso organizzata
dal Servizio Conservazione della natura e
valorizzazione ambientale della Provincia autonoma di Trento. Un gioioso appuntamento
con la primavera che anche quest’anno ha
aperto al pubblico (sempre più composto anche da visitatori provenienti da fuori Trentino)
i cancelli dello storico Parco asburgico delle
Terme di Levico, in Valsugana, mettendo in
scena una trentina di installazioni e allestimenti di orti-giardino, laboratori didatticocreativi per bambini e adulti, mostre a tema,
spettacoli teatrali e musicali, e naturalmente
la presenza dei florovivaisti, del mercatino dei
contadini e dell’artigianato artistico.
Quasi 15 mila i visitatori (molti considerando
le giornate piovose), dal 25 al 28 aprile, per
una quattro giorni che ha festeggiato quest’anno la decima edizione.
Forme, colori, profumi, sapori: queste le
“suggestioni” alle quali si sono ispirati
quest’anno gli organizzatori, un progetto, e non solo un evento, al quale credono in molti: il Comune di Levico Terme e
l’Apt Valsugana, innanzitutto, che da anni
assegnano ad Ortinparco il ruolo di evento
“apripista” della stagione turistica, l’Agenzia
provinciale per la protezione dell’ambiente,
ristoratori e commercianti della Valsugana, e
naturalmente le scuole: oltre un migliaio
gli alunni che nelle
giornate del 22-23 e
24 aprile han-
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| Attualità
orticoltura ATTUALITà
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Foto Archivio Serv. Conservazione
della natura e Valorizzazione Ambientale
no partecipato ai laboratori didattici.
E proprio del carattere “didattico” di Ortinparco ha parlato alla presentazione l’assessore
all’agricoltura, foreste, turismo e promozione
Tiziano Mellarini: “Ortinparco ha la funzione
di mettere in vetrina questo parco storico, ma
è anche l’occasione per trasmettere nozioni
didattiche e saperi agronomici ad un pubblico
che sta sempre più riscoprendo i valori dell’agricoltura e di una ruralità che sta tornando
ad essere protagonista. Un pubblico del quale sono una componente privilegiata i bambini, futuri protagonisti della nostra comunittà.
E’ questo il modo migliore per far capire come
il Trentino ha nel verde la sua forza”.
I vialetti e prati del Parco delle Terme di Levico sono diventati una sorta di scuola verde
all’aperto, per questo a proposito di Ortinparco è giustificato parlare di “progetto”, sia per
quanto riguarda la didattica ma anche per
il turismo e le realtà sociali. Ecco perchè,
come riconosce anche il sindaco di Levico
Gianpiero Passamani, la manifestazione è
riuscita a catalizzare disponibilità, attenzioni
e interessi, coinvolgendo istituzioni pubbliche e soggetti privati.
“L’edizione 2013 - spiega Innocenzo Coppola, dirigente del Servizio Conservazione della natura - ha dovuto anch’essa fare i conti
con la necessità di risparmiare le risorse: ci
siamo sforzati però di allestire una rassegna
forse meno affollata di eventi, ma non per
questo di minore qualità. Abbiamo voluto
quest’anno stimolare i visitatori a cogliere
una maggiore raffinatezza, a vivere le suggestioni, osservare i colori, a cogliere sapori
e profumi. Mi pare che ci siamo riusciti”
Il programma è stato messo a punto grazie
alla capacità ideativa e alla fantasia dello
staff guidato dal curatore del Parco, Fabrizio
Fronza, arricchite dallo sguardo esperto di
Arte Sella, nuovo collaboratore di Ortinparco. Tra le “attrazioni”, meritano una citazione la bella mostra fotografica del francese
Cédric Pollet, che da anni gira il mondo
fotografando le cortecce degli alberi (oltre
20.000 fotografie botaniche nel suo archivio)
ospitata nella storica Villa Paradiso all’interno del Parco, e le performances di danza
verticale sugli alberi del Parco della Compagnia di danza contemporanea Cafelulé.
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LEGISLAZIONE
firmato
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provincia
Canoni di affitto ridotti per
cooperative e aziende agricole
I
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A Mellarini anche
la caccia e pesca
A seguito delle dimissioni da componente
della Giunta provinciale di Franco Panizza,
eletto al Senato, il presidente della Provincia Alberto Pacher ha provveduto il 28 aprile
scorso a ripartire gli affari tra gli assessori.
Nuove competenze - tra cui caccia e pesca
- sono state affidate, tra gli altri, all’assessore Tiziano Mellarini. Questo il quadro completo delle sue competenze.
► agricoltura, patrimonio zootecnico ed
ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari
e stazioni agrarie sperimentali, servizi
antigrandine, bonifica;
► ordinamento minime proprietà colturali;
► alpicoltura; agriturismo;
► foreste, ivi comprese le foreste
demaniali;
► opere di prevenzione e di pronto
intervento per calamità pubbliche di
competenza dei servizi forestali;
► fiere e mercati;
► turismo e industria alberghiera,
comprese le guide, i portatori alpini, i
maestri di sci e le scuole di sci;
► acque minerali e termali;
► linee funiviarie e impianti a fune;
► vigilanza aziende di promozione turistica;
► interventi per la promozione e la
commercializzazione dei prodotti trentini
a favore di imprese singole e associate;
► caccia e pesca;
► opere di prevenzione e di pronto
intervento per calamità pubbliche,
relative ai bacini montani.
l 3 maggio scorso la Giunta provinciale, su proposta dell’assessore
all’industria, artigianato, commercio
e cooperazione, Alessandro Olivi, ha definito le nuove modalità operative per poter
usufruire della riduzione del 50% del canone di affitto pagato all’ente gestore (Cooperfidi S.c.) del fondo di rotazione immobiliare. Vengono ammesse tutte le società
cooperative con priorità riconosciuta alle
nuove aziende costituite da giovani. Attraverso questo Fondo, la Provincia - tramite Cooperfidi - provvede ad operazioni di
acquisto, locazione ed alienazione di beni
immobili, impianti e attrezzature nei confronti ed a supporto dell’attività di società
cooperative, aziende agricole, consorzi di
miglioramento fondiario e di bonifica.
Mediante il Fondo di rotazione immobiliare, Cooperfidi interviene in situazioni di
momentanea difficoltà delle società cooperative ed aziende agricole, acquistando
in toto o in parte il loro compendio immobiliare; successivamente, l’azienda rientra
nella disponibilità del bene stipulando con
il nuovo proprietario (ovvero Cooperfidi) un
contratto di affitto. L’operazione avviene a
fronte di un piano economico e finanziario
di risanamento e rilancio dell’azienda in
difficoltà.
Con il provvedimento sono stati definiti
i nuovi criteri e le modalità operative per
poter fruire della possibilità di sconto pari
al 50% del canone di affitto pagato all’ente gestore (concessa a titolo di “de minimis”).
Parco Stelvio e orso,
soluzione in vista
Un tavolo di confronto
per la Cantina La Vis
Via libera all’Istituto
di Statistica
In occasione dell’incontro avuto il 17 aprile
scorso a Roma il ministro dell’Ambiente Corrado Chini (governo Monti) ha comunicato
al presidente della Provincia
Alberto Pacher di aver disposto la predisposizione degli atti per
ripristinare la composizione degli organi di amministrazione dell’ente Parco Nazionale dello
Stelvio. Con tale passaggio
- questa l’assicurazione verrà ripristinata a breve la
piena operatività del Parco.
Lo stesso Chini si è inoltre impegnato ad
attivare un gruppo
di lavoro per individuare possibili
modifiche al protocollo
operativo che disciplina il “Progetto
orso”. Ora la palla
passa ovviamente al
nuovo governo Letta.
La complessiva situazione della cantina di
Lavis è oggetto di grande attenzione, sia da
parte della Provincia autonoma che della
Federazione trentina della Cooperazione,
tenuto conto che sotto il profilo finanziario e
patrimoniale non sono stati ancora completamente risolti alcuni profili di criticità, come
del resto confermato nel corso delle revisioni, previste dalla legge, alle quali in questi
mesi la cantina è stata sottoposta.
È quanto hanno affermato il 12 aprile scorso
il presidente della Provincia Alberto Pacher
e gli assessori Tiziano Mellarini e Alessandro Olivi incontrando il presidente della Cooperazione trentina, Diego Schelfi e il direttore generale della Federazione trentina della
Cooperazione, Carlo Dellasega.
Ribadendo come in ogni caso la Cantina La
Vis rimanga uno degli attori fondamentali
del sistema viticolo cooperativo trentino, si è
deciso di attivare un tavolo di confronto comune con la Cantina per valutare in modo
approfondito come affrontare le criticità ancora da risolvere e come declinare al meglio
le prospettive di sviluppo.
Approvato dalla Giunta provinciale il disegno di legge di riordino della funzione statistica in Trentino e che istituisce l’Istituto
di Statistica della Provincia autonoma di
Trento. Il disegno di legge ha l’obiettivo
di razionalizzare e semplificare l’attività
statistica nonché le strutture che svolgono tale attività, in coerenza con il contesto nazionale, europeo ed internazionale.
L’attuale legge provinciale risale al 1981
e pertanto necessitava di una profonda
revisione per adeguare la funzione statistica alle nuove esigenze conoscitive del
Trentino, e per introdurre le innovazioni
normative nel frattempo intervenute. In
trent’anni la statistica ha visto l’affermarsi
di innovazioni significative sul piano funzionale, nelle tecniche di rilevazione e
nell’uso delle nuove tecnologie informatiche, nonché nelle esigenze conoscitive,
nelle modalità e nei tempi di diffusione
della statistica. Nella predisposizione del
disegno di legge sono stati considerati sia
il Codice delle statistiche europee che il
Codice italiano della statistica ufficiale.
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speciale
FLORICOLTURA
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Speciale
Floricoltura
Testi: Sergio Ferrari
Interviste ai floricoltori: Lucia Facchinelli
Foto: Romano Magrone
speciale floricoltura
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Floricoltori
DI
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L
TERRITORIO
a floricoltura è il quinto settore dell’agricoltura trentina con
una produzione lorda vendibile
(PLV) di 37 milioni di euro. Le
aziende attive sono 180 con
600 addetti fra titolari e coadiuvanti familiari ed
un indotto lavorativo che supera abbondantemente le 1.000 persone. La superficie produttiva coperta (serre ed altri manufatti) raggiunge i
30 mila metri quadrati. L’elenco delle specie da
fiore coltivate in Trentino comprende: 2 milioni
500 mila gerani e fiori da balcone; 370 mila ciclamini; 350 mila stelle di Natale; 240 mila crisantemi; 340 mila tra viole e primule; 750 mila
piante da fiore annuali e 3 milioni di piantine da
orto e erbe aromatiche.
Alcuni particolari microclimi conferiscono alle
produzioni floricole trentine caratteristiche
qualitative che le rendono particolarmente riconoscibili e quindi ricercate. Ben riconoscibili
sono però anche le ragioni che spiegano le
difficoltà che condizionano negativamente lo
sviluppo del settore. “Le nuove aziende produttive - spiega l’assessore all’agricoltura, foreste, turismo e promozione Tiziano Mellarini
- che sono nate prevalentemente nelle valli periferiche, contribuendo a creare posti di lavoro
qualificati e stabili in molte aree di montagna,
faticano fortemente a reggere la concorrenza
di un mercato sempre più organizzato e globalizzato a causa delle loro ridotte dimensioni e
per gli elevati costi di produzione”.
Le difficoltà per la floricoltura trentina sono riconducibili ad una serie di fattori e situazioni
convergenti: diminuita capacità di spesa delle
famiglie, cambiamento degli stili di vita, costi
energetici in continui rialzo, concorrenza agguerrita dall’estero e da fuori provincia, ma
soprattutto da parte delle grandi catene della
distribuzione, presenti sul mercato con fiori e
piante a prezzi incomparabilmente inferiori. La
crisi è però accentuata da alcune carenze di
carattere strutturale ed organizzativo: la mancanza di punti di riferimento precisi, l’assenza
di una struttura commerciale, scarsa aggregazione dei produttori (l’unica associazione
presente, A.Flo.Vi.T., rappresenta solo una
trentina di aziende), dipendenza dalle ditte
commerciali per la sperimentazione e l’attività
dimostrativa, assistenza tecnica insufficiente.
Come si può uscire da questa situazione di stallo? La strategia individuata dal nuovo direttivo
dell’associazione, recentemente eletto (vedi
scheda), è quella di dare vita e contenuto ad
un progetto comune che, pur lasciando ad ogni
azienda piena autonomia gestionale, preveda il
graduale raggiungimento di alcuni obiettivi:
► Acquisire nuove adesioni ad Aflovit
per avere maggiore visibilità e forza
contrattuale nei confronti dell’ente pubblico.
► Proporre un punto aggregativo tra aziende
floricole, giardinerie comunali e quanti
operano a vario titolo nel settore del verde
e per la valorizzazione della flora naturale
del territorio.
► Favorire sinergie con altri settori economici.
► Lanciare nuove forme di turismo legate alle
risorse ambientali.
► Incentivare la presenza del fiore negli stili di
vita della gente.
► Promuovere la cultura del fiore.
“Per raggiungere questi obiettivi – spiega Maurizio Carletti di Fiera di Primiero, nuovo presidente di Aflovit - sono necessari due interventi
decisivi: l’istituzione di un ufficio di consulenza
tecnico-economica per la floricoltura e le col-
ture protette, e l’approvazione in tempo utile
della proposta di legge provinciale che prevede uno stretto raccordo tra fiori, montagna e
turismo presentata un anno fa”.
La proposta legislativa è quella contenuta
nel disegno di legge firmato da Marino Simoni, presidente del Consorzio dei Comuni del
Trentino, che reca il titolo provvisorio ”Fiori
e turismo”. Le finalità della legge si possono
così riassumere: dare corpo ad una maggiore
presenza dei floricoltori e fioristi all’interno dei
singoli territori; abbinare strettamente fiori e turismo in tutte le forme ed occasioni, creando
sinergia fra floricoltori, operatori del verde, promoter pubblici e privati del turismo, operatori
alberghieri e dell’accoglienza.
Il disegno di legge prevede anche la costituzione di una albo professionale dei floricoltori e di
una cabina di regia che programmi e disciplini l’attività e le iniziative di settore, l’istituzione
di un servizio di assistenza tecnica e socioeconomica alle
aziende floricole.
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speciale
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L’ASSOCIAZIONE
Aflovit
in cerca di rilancio
L
a sigla A.FLO.VI.T sta per Associazione florovivaisti trentini, fondata nel 1989 con il patrocinio di Confagricoltura del
Trentino, sindacato agricolo
operante a livello provinciale fin dal primo
dopoguerra. Un tempo punto di riferimento
e di raccolta dei proprietari di aziende agricole spesso condotte a mezzadria o
tramite salariati, in seguito aperto
anche al resto del mondo agricolo.
Si deve dare atto a Confagricoltura
del Trentino di avere fondato non
solo Aflovit ma anche altre associazioni di categoria, quali Astro
e Apoc riferite ai settori dell’ittiocoltura (troticolture) e dell’allevamento ovi-caprino.
Aflovit ha operato fin dall’inizio
in tre settori: floricoltori, vivaisti
frutticoli, vivaisti viticoli. Il secondo e il terzo comparto si sono
in seguito resi autonomi, mantenendo un seguito di adesioni
rappresentativo e capace di
realizzare le finalità previste dallo statuto: ovviare alle carenze
strutturali delle aziende aderenti in materia
di commercializzazione, promozione, acquisti collettivi, confronto con la Provincia e
la burocrazia, dare vita ad iniziative di vendita dei prodotti degli associati.
La sezione fiori è stata gestita per anni
da Enrico Cortellini, titolare di una avviata azienda floristica a Trento Sud. Cortellini non fa parte del nuovo direttivo (“Non
mi sono candidato per motivi di lavoro”) e
ammette che “la sezione fiori di Aflovit non
ha fatto molto”, che l’associazione è poco
FLORICOLTURA
rappresentativa del settore, con solo 30
aderenti su 180 aziende operanti in Trentino, senza contare i fiorai o fioristi “con i
quali sarà necessario instaurare rapporti di
collaborazione”.
A contribuire alla mancata crescita dell’associazione sarebbe stata, secondo alcuni,
la cessazione dell’attività da parte della
cooperativa Trentino Fiori. Questa era nata
da una lucida intuizione di Diego Coller, direttore di Confagricoltura del Trentino, ma
in seguito non ha potuto contare su un costante conferimento di prodotto da portare
sul mercato. Per molti floricoltori la funzione
della cooperativa era quella di strumento di
salvaguardia solo in tempi critici. Si aggiunga la non felice allocazione della sede.
Anche il marchio “Fiori del Trentino” è nato
in seno ad Aflovit, e rimane uno strumento
utile e riconosciuto per contrassegnare non
solo gerani e ciclamini, ma anche altre specie di fiori coltivati dagli associati, purchè il
prodotto presenti elevati requisiti di qualità
e distintività.
Il nuovo direttivo
Maurizio Carletti di Fiera di Primiero è il nuovo presidente di Aflovit, associazione
operatori florovivaisti trentini che fa capo alla sezione trentina di Confagricoltura. Alla
vicepresidenza è stato eletto Marco Zamboni di Vattaro. Il direttivo è composto da
cinque rappresentanti territoriali: Mario Calliari, Luciano Martinelli, Stefano Longo,
Stefano Piazzera e Michele Buccella. Gli aderenti ad Aflovit sono a tutt’oggi 30. Le
iscrizioni sono aperte a quanti intendono rilanciare l’attività dell’associazione, che da
tempo sconta l’assenza di una presenza operativa efficace nel settore produttivo e
commerciale.
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LA FORMAZIONE PROFESSIONALE
A sinistra momento di formazione con un esperto del
settore; sopra potatura della rosa
Tecnico superiore del verde
A San Michele il corso
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A
metà degli anni ‘80 del secolo
scorso il prof. Attilio Scienza, al
tempo direttore dell’Istituto agrario di S. Michele, sostenuto da
qualche docente lanciò l’idea di
attivare all’interno dell’Istituto Tecnico agrario
una specializzazione in floricoltura, giardinaggio e progettazione del verde urbano. Il progetto non fù realizzato, forse per non ostacolare
la neo costituita scuola professionale di orticoltura e giardinaggio di Arco affidata all’ENAIP.
Solo nel 2008 la Provincia di Trento diede incarico al Centro istruzione e formazione della
Fondazione Edmund Mach (ex Istituto agrario
di S. Michele a/Adige) di attivare un corso
biennale di alta formazione professionale per
tecnico superiore del verde. L’iniziativa è stata accolta con favore da almeno tre categorie
professionali: dipendenti di enti pubblici, titolari
o coadiuvanti di aziende florovivaistiche private, studi professionali.
Franco Frisanco, coordinatore del corso, annuncia con orgoglio che il corso è ormai giunto
alla terza edizione. Il programma prevede 1200
ore di attività formativa di gruppo concentrata
nei primi tre giorni della settimana e altrettante
ore di tirocinio anche fuori dal Trentino. La docenza è affidata ad esperti di elevata competenza. Sapere e saper fare è il motto che ispira
il corso. Non solo nella progettazione e nella
realizzazione del verde urbano, ma anche nella coltivazione dei fiori e delle piante che ne
I PROBLEMI DELLA FLORICOLTURA IN SERRA
Difesa fitosanitaria
e riscaldamento”
I
costi della difesa fitosanitaria delle
piante coltivate in serra non sono molto elevati, anche se i prodotti impiegati a tale scopo sono piuttosto cari.
Occorre però fare una distinzione tra
le floricolture di fondo valle e quelle di montagna. Per queste ultime, il costo medio della difesa per l’intero arco dell’anno è di circa 2 euro
a metro quadro. Insetti e acari devono essere
bloccati al primo apparire. I prodotti a disposizione sono numerosi e sempre meno pericolosi
per la salute degli operatori e del cliente. Fra le
malattie da funghi serve primariamente il controllo dell’umidità o un trattamento preventivo a
base di rame e di zolfo.
Nei laboratori delle multinazionali si sono fatti
notevoli progressi non solo nella selezione di
nuove varietà e cloni ma anche di piante resistenti a qualsiasi avversità. Lo stesso discorso
vale anche per il terreno da mettere nei contenitori: si trovano da acquistare terricci adatti per
ogni singola specie o varietà di fiore.
Relativamente alle serre floricole un altro aspetto da considerare è quello dei costi per il loro riscaldamento. La serra gestita da Paolo Passerini, ad esempio, poco distante da Brentonico,
a circa 1000 metri di altitudine e quindi con una
stagione invernale prolungata, si affida ad un
impianto di tipo integrato: energia elettrica, gas
metano e gasolio, con una spesa media annuale di riscaldamento compresa fra 15 e 20 euro a
metro quadrato. Altri imprenditori floricoli trentini
hanno optato invece per pannelli fotovoltaici e
solari o altre fonti energetiche alternative.
rappresentano la materia prima.
Per quanto riguarda la formazione professionale di primo livello, va detto che in passato gli
aspiranti floricoltori che non si accontentavano
di esercitare un mestiere mutuato dall’esperienza pratica, frequentavano a loro spese la
scuola di Minoprio. A partire dall’anno scolastico 2009-2010 l’ortofloricoltura e il verde ornamentale sono stati inseriti, insieme al vivaismo
di settore e viticolo, nel programma di insegnamento della Scuola professionale.
Gianluca Zadra, diplomato perito agrario, svolge attività di insegnante tecnico pratico all’interno di due percorsi scolastici distinti: Scuola
per imprenditori agricoli (TIA) e corso per operatori tecnici agricoli (OTA). I primi si preparano a subentrare nell’azienda agricola paterna,
i secondi aspirano ad acquisire un diploma
triennale o quadriennale da spendere a servizio di terzi. Chi sceglie l’indirizzo florovivaistico
(a giugno si diplomeranno i primi 5 TIA) deve
sobbarcarsi un impegno di non poco peso: due
ore di insegnamento specifico a settimana nei
primi due anni, 10 al terzo, 12 al quarto anno.
Più due tirocini di tre settimane “sul campo”,
in autunno e primavera, per completare con la
pratica la preparazione professionale.
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speciale
FLORICOLTURA
Il tecnico Umberto Viola
“Strade dei fiori
in ogni valle”
D
opo il diploma di perito agrario guadagnato con onore
all’Istituto Tecnico agrario di
S. Michele, Umberto Viola ha
frequentato con interesse e
profitto il corso indetto dall’Università di Trento
per assistente socio-economico. Una figura
prevista da una delle quattro direttive dell’Unione Europea per la riforma dell’agricoltura. Preclusa l’attività di assistenza socio-economica
(solo pochi su 25 ebbero un incarico confacente alla specializzazione acquisita), il giovane
perito agrario entrò per concorso nel Servizio
di assistenza tecnica dell’Esat e gli fu affidata
l’assistenza tecnica ai floricoltori trentini che
nei primi anni ’70 erano una cinquantina. Incarico accettato con entusiasmo, perché la passione per la floricoltura era già nata e cresciuta
negli anni della scuola. Trent’anni dedicati ai
floricoltori, prima all’Esat, poi a S. Michele al
Centro per il trasferimento tecnologico.
“Visitavo tutte le aziende floristiche almeno una
volta al mese e anche più di una volta se c’erano
problemi da risolvere” racconta Viola. “La consuetudine ha trasformato il rapporto professionale in reciproca conoscenza e stima. In molti
casi anche in amicizia. Tra le criticità del settore
vedo senz’altro la tendenza all’isolamento: il vicino è visto come concorrente ed ogni azienda
lavora per conto proprio cercando di risolvere i
problemi da sé. I floricoltori trentini sono però
persone dotate di creatività e volontà di proporre alla clientela prodotti sempre nuovi. Quanto a
professionalità, molti possono dire di essersela
costruita da soli, abbinando buonsenso e determinazione, con il supporto della consulenza”.
Il 3 giugno 2012, in collaborazione con vari
esponenti di settore del Primiero, Umberto
Viola ha “inaugurato”, alla presenza di un centinaio di persone il primo “Sentiero dei fiori”
interamente progettato nella zona, toccando
i paesi di Mezzano, Fiera di Primiero, Imer e
Transacqua. Non si è trattato di un semplice
percorso botanico, ma di una piacevole gita in
compagnia che ha coinvolto anziani, giovani e
ragazzi per l’intera giornata.
Si tratta di una iniziativa trasferibile ad altre
realtà territoriali? “Basta individuare - dice Viola - in una qualsiasi zona del Trentino, non necessariamente rinomata ma sufficientemente
dotata di vie di accesso praticabili e di luoghi
da vedere e visitare, nonché di punti di riferimento per una ospitalità dignitosa e gioiosa,
un percorso inserito in un contesto naturale.
La giornata deve essere preparata nei minimi
particolari e gestita da persona competente
e polivalente, dotata non solo di conoscenze
ma anche di capacità di suscitare l’interesse
dei gitanti alla scoperta e apprezzamento di
quanto vedono ma che, mancando la guida,
Foto Bruno Scalet
Quanto conta
la luce?
Osservando la bellezza dei fiori che
crescono in montagna, viene facile
supporre che il clima temperato e/o
continentale del Trentino contribuisca a fare più belli anche i fiori coltivati in serra. In realtà la luce, intesa
come intensità e qualità, è determinante ma solo se gestita bene: collocazione ed espansione della serra,
materiale di copertura, gestione dell’umidità e dell’arieggiamento sono
fattori importanti. Da sola la luce
non basta a fare la differenza. L’intervento tecnico e la professionalità
del floricoltore sono complementari
al clima di montagna.
Il clima potrebbe essere sfruttato per
coltivare fiori che in pianura non si
trovano o per offrirli fuori tempo rispetto alla concorrenza di fuori provincia. L’elenco comprende: lupino,
delfinium, digitale, rubechia, garofani perenni, aquilegia. Vi si possono
aggiungere genziana, arnica, erica
e stella alpina da utilizzare anche
come materia prima dalla quale ricavare derivati cosmetici e coadiuvanti
della salute. Qualcuno ha già intrapreso questa strada.
sfuggirebbe all’attenzione. Il percorso può essere variato su tematiche differenziate in base
all’età prevalente del gruppo. Una scansione
particolare devono avere i prodotti tipici della
zona, in primo luogo quelli artigianali e agroalimentari. I secondi assumono un momento di
apprezzamento durante il pranzo che deve riservare al gruppo inedite sorprese”.
Tornando alla prima esperienza del Primiero,
grande interesse ha suscitato il Giardino delle
rose del comune di Transacqua. Ma non minore è stata l’attenzione riservata alle tradizionali
cataste di legna da ardere allestite accanto alle
case di abitazione e i molti orti-giardino coltivati
secondo gli insegnamenti delle nonne, quando
ortaggi e fiori erano riservati rispettivamente alla
famiglia e alla chiesa o al cimitero del paese.
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STEFANO PIAZZERA / Nave San Rocco
“Solo uniti
possiamo contare”
L
40
a crisi economica? Una scusa per gli inetti e un’opportunità di cambiamento in positivo per gli audaci, per quanti
credono nella loro missione”.
Stefano Piazzera, titolare dell’omonimo garden a Nave San Rocco, affronta con filosofia le
difficoltà che anche il settore floricolo trentino
vive. Uno dei primi orchidofili (produttori e coltivatori di orchidee) regionali, ha scelto di ampliare l’azienda agricola paterna, convinto che
alta formazione professionale, attenzione alle
esigenze del cliente e gioco di squadra possano contribuire al rilancio non solo del settore,
ma di un modo nuovo e al passo con i tempi di
intendere l’imprenditoria privata, troppo spesso dipendente dai contributi pubblici.
Il vostro lavoro richiede un impegno
totalizzante, al pari di quello di un al-
levatore?
“Sono finiti i tempi del relativo benessere. Negli ultimi anni i margini si sono ridotti all’osso,
lavoriamo molte ore al giorno, spesso anche
la domenica, cercando di rimanere sul mercato e di non perdere i clienti, ma è sempre più
difficile. I fornitori esteri sono soliti accorciare i
cicli vitali delle piante bombardandoli di azoto,
e così una volta che arrivano da noi siamo
costretti, se vogliamo garantire i nostri clienti
sulla durata delle loro piante, ad intervenire
in modo spesso costoso, non lesinando cure
e attenzioni che comportano costi e investimenti in impianti e personale importanti”.
È stato recentemente eletto nel consiglio di Aflovit. Con quali aspettative?
“Credo che per rilanciare il nostro settore occorra fare rete con tutti sul territorio. Creare
occasioni che diano maggior visibilità ai no-
ANTONIO TRENTINI / Villazzano
“Noi fioristi,
penalizzati
dalla fretta del cliente”
F
loral designer tra i più conosciuti a livello nazionale.
Formatore esperto e aggiornato, offre proposte innovative e di tendenza, ma con
un particolare approccio nostrano, che non
tradisce le sue origini trentine. “El Toni dei
fiori”, nome del negozio fioreria di Villazzano,
è la vetrina d’eccellenza dei fioristi trentini, il
piccolo “Eden” di Antonio Trentini, presidente
della sezione fioristi provinciale.
Rispetto al mercato, la figura professionale del fiorista ha subito un’evoluzione o, al contrario, un’involuzione?
“Senza alcun dubbio un’evoluzione, che ha
consentito di rimanere nel mercato dei fiori,
sempre più occupato dalla concorrenza spietata della grande distribuzione organizzata e
stri associati, partecipando uniti e compatti
alle diverse manifestazioni locali, evitando
di farci rappresentare da altri provenienti da
fuori regione. Non sempre, nell’immediato,
tali iniziative portano dei risultati economicamente misurabili, ma dobbiamo convincerci
che solo uniti possiamo far pesare le nostre
istanze nelle opportuni sedi”.
dai titolari di garden center, pluri specializzati.
Esserci oggi, nonostante le differenze in termini di prezzi, soprattutto, ma anche di prodotti che ci differenziano dai principali competitor, significa che ciascuno di noi ha dovuto
rimboccarsi le mani, aguzzare l’ingegno e dar
spazio alla fantasia, accrescendo la nostra
professionalità.
Quali sono le maggiori criticità che
vive oggi il vostro settore?
“Oltre alla concorrenza con i supermercati e gli
abusivi, che vendono un mazzo di rose al medesimo prezzo di quanto ne vendiamo una noi
in fioreria, il problema maggiore è senz’altro imputabile alla mancanza di sensibilità da parte dei
clienti finali che, travolti dalla fretta e dalla crisi,
non riescono a cogliere le differenze garantite
dal nostro servizio accurato ed esclusivo, che
punta al particolare, alla ricercatezza dei fiori
che più rispecchiano, secondo il linguaggio dei
fiori, la personalità dell’acquirente.
È ipotizzabile una “convivenza pacifica” tra voi e i florovivaisti?
“No. Noi collaboriamo con loro, ci chiamano per
organizzare gli spazi espositivi nei garden center, gli show room dei loro punti vendita ma poi
non esiste un dialogo costruttivo, che rafforzi il
clima tra gli operatori del sistema. Ciascuno per
sé. Noi siamo destinati a trasformarci in negozio
d’oggettistica, considerato che sempre meno i
clienti sono disposti a riconoscerci quel valore
aggiunto che ci distingue, fatto di attenzione al
dettaglio nella confezione.”
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
speciale
FLORICOLTURA
MARIO CALLIARI / Volano
“Coltivare fiori fa star bene
con se stessi e gli altri”
È
senza dubbio appropriato
definirlo un “figlio dei fiori”.
Non solo perché è entrato
in azienda negli anni in cui
il movimento si formava,
quanto perché la passione per la cura e la coltivazione dei fiori gli è stata tramandata dal padre Mariano, uno dei primi florovivaisti trentini,
che decise di aprire a Volano la prima serra,
passata a metà anni ’80 al figlio Mario Calliari,
oggi titolare assieme ai fratelli Luca e Ugo di
uno dei maggiori garden center provinciali.
Com’è cambiato nel corso degli anni
il vostro lavoro rispetto al cliente finale?
“E’ cambiato soprattutto rispetto alla filosofia
che abbiamo scelto di seguire: non solo lavoro per fare business, ma caratterizzato da
una forte valenza sociale. La cura del verde,
il giardinaggio e anche la coltivazione dell’orto
famigliare offrono molti vantaggi in termini psicofisici. Si lavora a contatto con la natura, cercando di rispettare il ciclo biologico, di offrire
occasioni di crescita personale e professionale
innanzitutto ai nostri dipendenti, una ventina,
e poi anche a moltissimi giovani studenti del
corso di Tecnico Superiore del Verde, istituito
presso la Fondazione Mach con la quale collaboriamo da anni. Non solo: offriamo laboratori
e proposte calibrate per età, anche ai bambini
della scuola materna e per gli scolari.
Coltivare fiori è anche un modo per
stare bene con se stessi e gli altri?
Sì, certo. Siamo molto sensibili verso le persone fragili, a quanti sono seguiti da cooperative
sociali sul territorio, ai quali offriamo la possibilità di praticare la garden terapy presso le nostre serre, con risultati sorprendenti. Noi siamo
convinti che sia fondamentale – e i dati di bilancio ce lo confermano ancora – stabilire un
patto con le giovani generazioni e con quanti
godono del nostro lavoro, attraverso l’acquisto
di fiori da balcone o giardino, o i consigli che
possiamo dar loro sia tecnici che estetici circa
la passione per le piante.”
Serre interamente ristrutturate con
impianti ecocompatibili e tecnologie
d’avanguardia: anche la floricoltura
può essere sostenibile?
“Deve esserlo. Caldaia a cippato, prodotto
in azienda, recupero dell’acqua piovana e di
quella utilizzata per l’irrigazione, pannelli fotovoltaici: crediamo che un’azienda come la nostra debba farsi portabandiera di valori quali la
tutela ambientale, anche per rinsaldare il patto
di fiducia e credibilità con i nostri clienti finali”.
MAURIZIO CARLETTI / Imer
“Senza noi un paesaggio
in bianco e nero”
È
la figura del floricoltore che
deve cambiare profilo, per
riprendere quel rapporto
di fiducia con le persone, i
nostri clienti finali. Siamo in
guerra, e i contendenti siamo noi e la grande
distribuzione. L’opinione pubblica ci considera dei ladri rispetto ai commercianti, valutando solo il prezzo finale, senza conoscere il
lavoro e i costi che stanno a monte. Le nostre
aziende sono sul territorio, lo tutelano, garantiscono occupazione. Senza i fiori, senza
il nostro impegno quotidiano, vissuto come
un’autentica missione, il nostro paesaggio
sarebbe in bianco e nero, senza colori.” È
questa l’immagine quanto mai eloquente
che Maurizio Carletti, neo eletto presidente
di Aflovit, l’associazione di florovivaisti trentini, usa per descrivere il disagio e il senso di
incertezza che serpeggiano tra gli operatori
florovivaisti.
Cosa serve oggi alla vostra categoria
per crescere?
“Il floricoltore di una zona deve essere responsabile del proprio territorio, creando
delle sinergie virtuose tra tutti i diversi attori
impegnati nel garantire gradevolezza paesaggistica e sviluppo econonico locale. Serve
un salto di qualità professionale per collegare
strettamente la floricoltura al turismo e al territorio, promuovendo la nostra categoria, al
pari di quella degli allevatori o dei produttori
del settore lattierocaseario, anche da parte
dell’ente pubblico. Non possiamo inoltre lavorare senza un’assistenza tecnica adeguata e
costante ”.
Quali gli obiettivi di Aflovit?
“Abbiamo ricostituito l’associazione dopo
anni di vuoto, generato da tensioni interne ed
esterne. Ora dobbiamo ripartire con la consapevolezza che non possiamo più pensare
solo al nostro piccolo orticello, ma dobbiamo
essere lungimiranti e guardare al futuro, nell’ottica di continuare a garantire la nostra indispensabile presenza sul territorio. Invito tutti i
colleghi a voler unire le forze. In futuro dovremo cercare anche collaborazioni con i fioristi:
non chiudiamo la porta in faccia a nessuno,
nonostante per ora apparteniamo a due parrocchie separate”.
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tt 02
TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
formazione
mar-apr
2013 | anno LVIII
Cereali di montagna, farine e panificazione:
un particolare percorso didattico alla Fondazione Mach
Il
42
pane
a scuola
Diego Biasiotto
docente di chimica e industrie agroalimentari
alla Fondazione Edmund Mach
Foto Archivio Iasma
“La cosa che essi toglievano
dal forno assomigliava appena
a quella che vi avevano messa.
Farina, acqua, sale avevano
eseguito la loro danza
nel fuoco (…) Questa
era la sorte di magia in cui
gli Egiziani si deliziavano.”
Da la: ‘Civiltà del pane’, editore
Panificatori di Treviso, 1998.
N
ell’ambito dell’agricoltura
sociale la classe VB ITA
durante l’anno scolastico
2011-2012 ha effettuato
un’esperienza didattica su
cereali, farine e panificazione. Il lavoro si è
articolato in lezioni, esercitazioni ed incontri con esperti. Sono stati studiati i principali
cereali della zona alpina come frumento,
segale e spelta. È stato seguito il processo di molitura che dalla lavorazione delle
cariossidi porta alle farine. Le farine sono
state oggetto di analisi specifiche che ne
hanno definito le caratteristiche chimiche
e reologiche. Il progetto è stato completato con alcune attività di panificazione. I
lavori degli studenti sono stati presentati
alle Porte aperte all’Istituto Agrario e al
centro di salute mentale di Mezzocorona.
Importanza della cerealicoltura di montagna, valorizzazione dei prodotti tipici Trentini, professionalità nelle analisi chimiche
e competenza nel processo di filiera sono
stati gli obiettivi didattici di questo particolare percorso didattico.
Cereali e cerealicoltura
di montagna
Le cariossidi dei cereali sono la materia
prima necessaria per la panificazione.
Generalmente i cereali sono graminacee
e ne sono esempio segale, frumento, farro, avena, mais, sorgo; il grano saraceno
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mar-apr
2013 | anno LVIII
TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
formazione
A sinistra: analisi farine, ditta Rieper, Vandoies;
sotto studenti VB ITA, porte aperte 2011; più in basso
estensografo Brabender, ditta Rieper, Vandoies
da parassiti come i Cecidomidi; di danni
da Fusarium o da segale cornuta. Esiste
una tolleranza massima verso questi difetti che è generalmente del 2% del peso
complessivo; essa si abbassa allo 0,5%
se deriva da segale cornuta. Superata
questa soglia vi può essere la riduzione
del prezzo o il rifiuto della partita da parte
dell’acquirente.
Le analisi delle farine
Le analisi chimiche delle farine hanno portato alla determinazione di umidità, proteine, acidità ed enzimi amilasi.
Utilizzando particolari strumenti come l’alveografo di Chopin, il farinografo e l’estensografo di Brabender sono state misurate
le caratteristiche fisiche delle farine come
la tenacità, la consistenza e l’estensibilità.
Queste proprietà reologiche sono estremamente importanti perché definiscono il
grado di lavorabilità di una farina e quindi
l’attitudine ad essere panificata. Il glutine
nel frumento e nello spelta e i pentosani
nella segale sono i composti responsabili
di queste proprietà. Glutine e pentosani
formano una sorta di reticolo che imprigiona l’anidride carbonica dentro l’impasto,
permettendo così la levata del pane durante la cottura.
Segale, frumento e spelta sono pertanto
cereali panificabili. Per contro mais, avena,
orzo, sorgo, grano saraceno, non avendo
né pentosani né glutine, non lo sono, almeno in purezza. Possono tuttavia diventarlo
qualora siano miscelati con il frumento o
con gli altri cereali panificabili.
Le panificazioni
dana. La superficie cerealicola coltivata
nelle zone alpine è per contro estremamente limitata; ciò è dovuto alla difficile
meccanizzazione, all’elevata richiesta di
manodopera ed anche alla modesta produzione lorda vendibile (PLV) ricavabile.
invece è un cereale che appartiene alle
poligonacee.
La zona di origine dei cereali è il Medioriente.
L’addomesticamento dell’uomo ha portato
alla selezione di determinati caratteri agronomici quali la grandezza dei semi, la trebbialità, la resistenza all’allettamento. Nel corso
del tempo la coltivazione di queste piante si
è progressivamente diffusa in tutto il mondo,
permeando lo sviluppo e la storia dell’uomo.
Oggi più della metà delle terre arabili del
mondo, circa 670 milioni di ettari, è coltivata
a cereali; frumento, riso e mais sono attualmente i pilastri dell’alimentazione mondiale.
La superficie italiana coltivata a cereali è
stimabile in circa 5 milioni di ettari ed è in
gran parte concentrata nella pianura Pa-
I caratteri qualitativi
e la produzione
delle farine
I caratteri qualitativi dei cereali sono insieme definibili da aspetti visivi e da caratteristiche chimiche proprie delle farine che
derivano dalla loro trasformazione.
I criteri visivi permettono di caratterizzare
un cereale come sano, leale e mercantile.
A questo riguardo viene controllata nelle
cariossidi la presenza di insetti come il
punteruolo; di odori estranei come quello dei reflui zootecnici; di impurità, cioè
di chicchi spezzati, germinati o attaccati
Per la fermentazione del pane fondamentale è l’azione dei microorganismi. Negli
impasti madre è basilare l’azione del lievito Saccharomyces cerevisiae. Utilizzando
il glucosio proveniente dall’amido, il lievito
produce l’anidride carbonica responsabile
della lievitazione; insieme vengono prodotte altre sostanze quali esteri, aldeidi e
alcoli che complessivamente conferiscono al pane un aroma piacevole e fine. Negli impasti acidi la lievitazione è garantita
dall’azione sinergica di diverse specie di
lieviti e di batteri lattici. La composizione
di questa microflora è tipica e originale di
ogni habitat ecologico. E anche in questo
caso il pane prodotto viene ad assumere
un insieme di sapori originali e delicati.
Un ringraziamento particolare per la cortesia e la professionalità prestata va ai
ricercatori Giovanni Peratoner e Simone
Seiling della stazione agraria di Laimburg
(Bz) e alla ditta Rieper di Vandoies (Bz) e in
particolare al tecnico Philip Unterpertinger,
che ci hanno dato la possibilità di realizzare degli importanti laboratori didattici.
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TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
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mar-apr
2013 | anno LVIII
Gli ultimi esiti della sperimentazione in
corso e il progetto pilota per conservare
le mele in modo ancora più sostenibile
MELE IN GROTTA
Via libera da Melinda
al “modello sotterraneo”
Livio Fadanelli
Fondazione Edmund Mach
È delle scorse settimane la decisione presa da parte del consiglio di amministrazione di Melinda, rappresentato dai presidenti delle 16 Cooperative associate, di dare avvio al progetto pilota per la realizzazione di celle da
adibire alla conservazione di mele, utilizzando i vuoti di cava per l’ estrazione di dolomia, nelle cave di Mollaro da parte della Tassullo Materiali. Una
decisione ponderata, che ha visto nella fase preliminare l’avvio, già nel
2011, di una specifica sperimentazione con il coinvolgimento della Fondazione Edmund Mach, ed in particolare dell’Unità Frutteto Sperimentale e
Frigoconservazione del Centro Trasferimento Tecnologico.
44
Le tappe del progetto
Ma vediamo di riassumere per gradi i vari passaggi:
► verso la fine del 2010, la Ditta Tassullo Materiali, propone l’ idea di poter
utilizzare i vuoti di cava di Mollaro, per realizzarvi delle celle frigorifere,
► nella primavera del 2011, viene istituito presso la Provincia autonoma di Trento un gruppo di lavoro interdisciplinare composto da
esperti in materia di ambiente, urbanistica e paesaggio, geologia e
miniere, salute, sicurezza del lavoro, attività agricole. Contemporaneamente prendono avvio i primi contatti con FEM e Melinda per
una ipotesi di effettiva costruzione di celle in ipogeo.
► Nel novembre del 2011 presso la FEM viene organizzato il seminario
“La conservazione dei prodotti ortofrutticoli in ipogeo: tra storia ed innovazione per un modello di sviluppo sostenibile”, che mette in luce tutti gli
aspetti legati alle proprietà delle masse rocciose, geologia, condizioni
termiche, esperienze di utilizzo degli spazi ipogei e stato dell’arte della
conservazione della frutta nel mondo ed in Provincia di Trento.
► Da questo seminario emerge il fatto che non esistono a livello
mondiale esperienze di conservazione a temperature positive ed
in Atmosfera Controllata (AC) di frutta ed ortaggi freschi. Si decide
pertanto di comune accordo tra Tassullo Materiali, Melinda e FEM,
di realizzare una cella sperimentale adatta a conservare mele in
regime di AC, nelle viscere della miniera di Mollaro.
Nel marzo del 2012 la cella in ipogeo viene realizzata, secondo i
criteri esposti nella tabella n°1 e si decide di dare avvio alla conservazione di mele in ipogeo a confronto con mele conservate in analoga
cella realizzata fuori terra.
La fase di sperimentazione può trarre conclusioni apprezzabili dopo 2 periodi di conservazione in AC, secondo un preciso protocollo di prove, nel
mese di febbraio 2013, con successiva presentazione dei risultati al Comitato Celle Ipogee costituito in Melinda, alla Tassullo Materiali ed infine
all’assemblea dei soci di Melinda.
Gli obiettivi della sperimentazione erano:
► verificare il comportamento delle stesse mele Golden di provenienza Val di Non, nelle 2 tesi di prova: IPOGEO - FUORI TERRA;
► stimare l’ andamento dei parametri (T°-UR%, CO2% e O2%) ed i
consumi energetici nei due casi e nei due periodi (2011-2012/13);
► effettuare analisi fisico-chimiche, fisio-patologiche e valutative di stessi
lotti di mele ad inizio, metà, e fine conservazione dopo shelf life;
Foto n° 8: CELLA SPERIMENTALE IPOGEA (fase di svuotamento) foto Archivio Iasma
► poter produrre una eventuale ipotesi progettuale per la realizzazione di un complesso di celle in ipogeo (sotterranee).
I risultati ottenuti
► le mele hanno espresso una identica adattabilità sia in ipogeo che
fuori terra;
► il decadimento qualitativo delle mele Golden dopo due stagioni di
prove è stato praticamente identico, (foto n° 2 A-B);
► l’andamento dei parametri di conservazione è stato simile in entrambe
i casi;
► il raffreddamento iniziale della frutta è stato più veloce in ipogeo
per effetto della restituzione di freddo da parte della roccia;
► i consumi energetici totali sono risultati differenti e maggiori nella
cella in ipogeo (tabella n° 4);
► La dispersione del freddo nella massa rocciosa ha prodotto un maggiore funzionamento dell’impianto frigo in ipogeo producendo maggiori consumi energetici.
Si è potuto inoltre constatare che:
► la massa rocciosa ha una sua propria reattività termica, tende ad
accumulare freddo, ma è sensibile anche a minime variazioni di
temperatura, (dopo 2 periodi di prova la temperatura nella roccia
ad un metro di profondità era di 1,5-2 C°);
► in una prima fase (qualche anno) si renderà necessario raffreddare in continuo la massa rocciosa fino a portarla a condizioni di
equilibrio termico, solo da questo momento in avanti sarà semmai
possibile ottenere la “restituzione del freddo” dalla roccia con conseguenti risparmi energetici.
Una nuova fase di sperimentazioni
Come sopra accennato, i risultati fin qui ottenuti dalla sperimentazione hanno messo dei punti fermi importanti:
► la conservazione di mele in AC tipo ULO in ipogeo è possibile;
► l’isolazione delle pareti rocciose non pare necessaria, soprattutto
se si vuole usufruire della massività termica della dolomia;
► i consumi energetici potranno essere in un primo periodo più elevati per dover raffreddare la roccia, ma probabilmente ampiamente restituiti in condizioni a regime di equilibrio;
► è possibile passare ad una fase evoluta con la realizzazione di un im-
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mar-apr
2013 | anno LVIII
TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
Foto n. 2A
pianto pilota per una capacità di circa 80.000 q.li suddivisi in 12 celle
quale primo blocco di un possibile futuro e più ampio progetto per una
capienza refrigerata totale di circa 500.000 q.li di mele.(Foto n° 6-7);
► È opportuno continuare le prove nella celletta sperimentale (1200
q.li circa), anche per verificare il comportamento “storico” della stessa soprattutto in fatto di consumo e/o risparmio energetico effettivo
e la rispondenza con le simulazioni teoriche calcolate. (Foto n° 8)
Nuovi problemi da affrontare
Foto n. 2B
Tabella n. 4: CONSUMI ENERGETICI 2012/13
Dal progetto pilota potranno emergere tanti nuovi problemi da affrontare, tra i quali:
► la parte logistica gestionale (per la quale è prevedibile una automazione pressoché totale del trasporto della frutta in cassoni,
dall’esterno alle celle);
► la massima garanzia della sicurezza negli ambienti di lavoro
per il personale addetto alle varie operazioni (carico-scaricogestione e manutenzione impianti ecc.), con un importante
ruolo della sensoristica sensibile applicata in tutti gli ambienti
(rilevazione in continuo dei gas presenti);
► l’effettiva possibilità di poter costruire un impianto di refrigerazione a “resa termica flessibile”, in grado di far fronte ad esigenze termo-dinamiche variabili (periodo di raffreddamento roccia
e frutta e periodi di successivo mantenimento);
► verificare la migliore ipotesi per ottenere i necessari ricambi di
aria, ambiente esterno-celle e viceversa, in regime di scambio
termico;
► offrire spazio alle idee ed alle proposte che vorranno pervenire
dal mondo dell’ industria impiantistica di settore (frigo-AC-Automazione), con una interazione collaborativa e costruttiva;
► confermare l’ ottimizzazione del COP (Coefficiente di performance) delle macchine frigorifere utilizzate, in effetto della condensazione effettuata con acqua presente in miniera in grande
quantità ed a temperatura costante (principio di geotermia).
Una sfida altamente
innovativa e stimolante
Foto n. 6: MODELLIZZAZIONE DELL’ IPOTESI PROGETTUALE TOTALE
Inutile dire che da addetto ai lavori e per il fatto che mi occupo di
conservazione di prodotti ortofrutticoli da oltre 30 anni, trovo la
cosa stimolante, entusiasmante ed assolutamente innovativa.
Ancora una volta la collaborazione tra il mondo della ricerca-sperimentazione applicata, quello dell’industria e dell’agricoltura, con
il benestare ed il sostegno della Provincia autonoma di Trento potranno offrire al Trentino qualcosa di particolarmente interessante
sotto vari profili. Ne individuo cinque:
► un progetto all’insegna del risparmio di territorio a beneficio dell’utilizzo di spazi vuoti disponibili in ipogeo;
► la possibile risposta alla richiesta di crescenti volumi di mele
prodotte in futuro e come ipotizzati dall’O.P. Melinda, da destinare a conservazione di lungo periodo (oltre 10 mesi);
► l’adozione di soluzioni impiantistiche (frigo-AC), in grado di
ottimizzare le risorse energetiche disponibili (acqua in sotterraneo,) e l’utilizzazione di materiali inquinanti (realizzazione
delle celle senza materiali isolanti);
► un impianto di eccellenza sotto il profilo della gestione automatizzata e della sicurezza per gli operatori;
► un “modello sotterraneo” da far visitare al turista, ed una immagine di grande e forte valorizzazione per il comparto agricolo,
per Melinda, per la Val di Non e per il Trentino.
Innovazione e cultura ambientale, agricoltura–industria e turismo con l’attenta partecipazione e coinvolgimento di Fondazione Mach e Provincia, non potranno che offrire ancora una volta
risposte positive a questa nuova sfida anche economica in un
momento in cui tutti siamo concordi nel dire “...ce ne sarebbe
veramente bisogno” .
Foto n. 7: PROGETTO PILOTA (ipotesi progettuale)
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TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
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mar-apr
2013 | anno LVIII
CINIPIDE DEL CASTAGNO
Risultati di 3 anni di lotta biologica
Cristina Salvadori e Federico Pedrazzoli
FEM-CTT, Unità Protezione delle piante
e Biodiversità agroforestale
Foto Archivio Iasma
Galle di D. kuriphilus; a destra area di moltiplicazione a Nago; in basso allevamento e conservazione di T. sinensis.
46
Il castagno, in Trentino come nel resto del suo
areale, riveste notevole importanza non solo
economica, quale risorsa forestale e specie da
frutto, ma anche ecologica, poiché i castagneti
sono elemento caratterizzante l’ambiente collinare-submontano, contribuiscono alla difesa
idrogeologica del suolo e concorrono alla conservazione della biodiversità. Occupando spazi
a cavallo tra bosco e agricoltura convenzionale,
essi assumono un ruolo strategico nei programmi di valorizzazione territoriale, in particolare in
aree a rischio di marginalità economica, abbandono e degrado ambientale. Per questo, negli
ultimi decenni si è assistito ad un progressivo
aumento di interesse e investimenti per il settore castanicolo che, pur rimanendo nell’ambito
delle colture cosiddette “minori”, risulta di notevole importanza per l’agricoltura di montagna e
la tutela del territorio.
Il “nemico” dei castagni
e il suo antagonista
La principale avversità con cui i castanicoltori hanno dovuto confrontarsi negli ultimi anni
è la vespa cinese del castagno, Dryocosmus
kuriphilus Yasumatsu. Questo piccolo imenottero, dopo essere approdato in Italia nel
2002, si è diffuso rapidamente su tutto il territorio nazionale rendendosi noto per l’appariscenza dei suoi attacchi, che si manifestano
attraverso la formazione di innumerevoli galle da verdi a rosse sulla chioma degli alberi.
Sebbene le piante attaccate non siano mai
portate a morte, è comunemente accettato
che forti attacchi possono causare una riduzione dello sviluppo vegetativo e della fruttificazione, nonché un deperimento generale
che rende le piante più vulnerabili ad altre
avversità biotiche e abiotiche.
In particolare, in molte zone infestate si è
assistito a una recrudescenza d’infezioni
dell’agente del cancro corticale e a una diffusione della mummificazione bianca delle
castagne da Gnomoniopsis spp.. L’entità
del calo di produzione dei frutti causato dal
cinipide è tuttora oggetto d’indagini, poiché
risulta problematico isolare questo agente di
danno economico da altri (clima, patologie,
ecc.) che possono concorrervi.
Segnalato per la prima volta in Trentino nel
2007, il D. kuriphilus è stato all’inizio oggetto
di diversi tentativi di eradicazione in ottemperanza ai decreti di lotta obbligatoria (D.M.
23/02/2006; D.M. 30/10/2007). L’inefficacia
di tali interventi, consistenti in ripulitura delle
chiome e abbattimento delle piante più giovani, ha consentito al fitofago di insediarsi
in tutta la provincia nel giro di soli 2-3 anni.
È questo il motivo per cui nel 2010 anche in
Trentino sono iniziati i lanci di Torymus sinensis Kamijo, suo parassitoide specifico, attuati
da FEM-CTT in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino, impegnata già da diversi anni nel controllo biologico della vespa
cinese in Piemonte e altre regioni italiane.
Mediante questa strategia di lotta biologica,
detta propagativa, i limitatori naturali del fitofago invasivo sono introdotti nel nuovo ambiente
per cercare di ripristinare gli equilibri biologici
alterati. Da un punto di vista metodologico, i
lanci consistono nel rilasciare in pieno campo
circa 100 femmine e 50 maschi del parassitoide, in una fase fenologica precisa del castagno, che corrisponde alla comparsa degli
amenti, in coincidenza della quale le galle risultano essere sufficientemente sviluppate.
I vantaggi di tale metodo sono rappresentati
dalla naturalità dell’approccio e dalla stabilità dei risultati nel tempo, anche se gli effetti
si possono apprezzare solo in tempi mediolunghi. Una volta effettuato il rilascio in pieno
campo del parassitoide, per non ostacolarne
l’insediamento, si deve porre attenzione a non
rimuovere le galle presenti, perché potenzialmente parassitizzate. Per valutare l’efficacia
del rilascio, invece, nell’inverno successivo
al lancio si deve procedere alla raccolta e alla
messa in allevamento di circa 10.000 galle per
sito. Lo sfarfallamento degli adulti di torimide
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mar-apr
TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
2013 | anno LVIII
Femmina di cinipide che emerge dalla cella in cui si è sviluppata
Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu è un
imenottero cinipide originario della Cina,
che compie una sola generazione/anno e
presenta popolazioni costituite solo da femmine partenogenetiche. Gli adulti sfarfallano
in giugno-luglio e depongono 100-150 uova
nelle gemme in formazione. Le larve, che
nascono ad agosto-settembre, svernano all’interno delle gemme senza produrre sintomi esterni evidenti. La primavera successiva
esse inducono la formazione di galle su germogli, foglie e infiorescenze, all’interno delle
quali completano il loro sviluppo.
Femmina del parassitoide in fase di ovideposizione
Torymus sinensis Kamijo è un imenottero
torimide proveniente, come D. kuriphilus, dalla
Cina e suo parassitoide specifico. In passato è
stato utilizzato in altre aree invase dal cinipide
(es. Giappone), dove è riuscito a contenerne le
popolazioni e a ridurre il danno sotto la soglia
del 30%. Compie una sola generazione/anno
e si sviluppa in perfetta sincronia con il suo
ospite. Gli adulti, che sfarfallano a primavera
dalle galle dell’anno precedente, dopo l’accoppiamento depongono fino a 70 uova nelle galle neo-formate. Le larve crescono come ectoparassitoidi delle larve del cinipide, portandole
a morte e svernando all’interno delle galle.
da queste, nella primavera successiva, è la
conferma di come esso sia riuscito ad acclimatarsi e stabilirsi nel nuovo ambiente.
I siti di rilascio di T. sinensis in Trentino, scelti
sulla base di criteri oggettivi, presentavano elevati livelli d’infestazione e caratteristiche favorevoli alla sua dispersione naturale. Nel 2010
è stato effettuato un primo lancio a Lodrone;
nel 2011 di nuovo a Lodrone, oltre a Fornace e
Nago-Torbole; nel 2012 a Bosentino, Castione
di Brentonico, Cembra, Condino e Roncegno.
Dai controlli effettuati fino ad oggi, adulti del
parassitoide sono stati ottenuti da galle raccolte in tutti siti dove sono avvenuti i lanci, con
valori di parassitizzazione che vanno dallo 0.1
al 7.6% in aree controllate il primo anno dopo
il lancio e valori fino al 19.1% in siti a due-tre
anni di distanza dal lancio.
Si può quindi concludere che il torimide è stato
in grado di adattarsi alle condizioni climatiche
ed ambientali locali completando l’intero ciclo
di sviluppo in alcuni casi anche con grande efficienza riproduttiva. L’andamento del volo del
parassitoide in una delle aree indagate, con
una evidente fase di proterandria, è mostrato
in Figura 1.
Tuttavia, va ricordato che l’insediamento di T.
sinensis, se inteso relativamente a tutto il territorio, è piuttosto lento e sarà necessario qualche anno per ottenere effetti rilevanti e duraturi
Fig. 1 - Volo di T. Sinensis da galle raccolte a Nago (TN).
sul contenimento delle popolazioni di cinipide.
Il centro
di moltiplicazione
Negli ultimi anni la richiesta da parte di Amministrazioni pubbliche di tutto il territorio nazionale di parassitoidi da rilasciare nei castagneti
è aumentata progressivamente, inducendo il
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e
Forestali (MIPAAF) nel 2012 ad accordare alle
regioni finanziamenti dedicati alla realizzazione
di “aree di moltiplicazione” del T. sinensis. Esse
consistono in allevamenti in pieno campo, che
si ottengono liberando in primavera coppie del
parassitoide in castagneti isolati con piante
piccole e fortemente infestate, in modo che le
femmine possano ovideporre direttamente nelle galle presenti nel sito. Tali galle vengono poi
raccolte durante l’inverno successivo e poste in
allevamento in condizioni protette fino allo sfarfallamento degli adulti del torimide, che sono a
loro volta rilasciati in natura.
L’obiettivo è quindi quello di ottenere un elevato numero di galle parassitizzate, e conseguentemente di torimidi, per proseguire l’attività di lancio in altre aree coprendo nel giro di
pochi anni tutto il territorio regionale (Fig. 2).
Per il Trentino-Alto Adige il MIPAAF ha finanziato attraverso l’Ufficio Fitosanitario provinciale un’area di moltiplicazione, che FEM
ha avuto il compito di allestire e gestire. Per
questo, nel comune di Nago-Torbole è stato
individuato un sito che presenta 27 ceppaie
ceduate a cui sono stati aggiunti altri 31 astoni infestati. Dopo il rilascio delle coppie di T.
sinensis, avvenuto all’inizio di maggio 2012,
l’area è stata seguita regolarmente con interventi di irrigazione di soccorso e con adeguata ripulitura, grazie alla collaborazione dell’Associazione Castanicoltori di Nago.
Anche dalle galle provenienti da quest’area,
come per tutti gli altri siti di lancio, sono sfarfallati adulti di T. sinensis, con una percentuale di
parassitizzazione di circa il 15%. Questo dato,
nettamente superiore alle aspettative, indica
che la scelta dell’area di moltiplicazione si è
rivelata corretta, probabilmente grazie anche
alle condizioni microclimatiche favorevoli.
Ai risultati incoraggianti finora ottenuti con
i lanci di T. sinensis, bisogna aggiungere la
riscontrata presenza di parassitoidi autoctoni
(ad es. quelli dei cinipidi delle querce) sfarfallati dalle galle raccolte e l’occasionale ritrovamento di agenti fungini in grado di colonizzare le galle e gli insetti contenuti. L’ecosistema
castagneto sta perciò dando segnali di reazione a questa nuova invasione.
Sarà comunque importante attuare pratiche
gestionali volte a incrementare la vigoria
della pianta, come concimazioni organiche
e corrette potature. In quest’ambito va ricordata la necessità di lasciare in pieno campo
il materiale di risulta con le vecchie galle, potenzialmente parassitizzate, fino a maggio
inoltrato.
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TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
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mar-apr
2013 | anno LVIII
ASSISTENZA TECNICA
PER GLI APICOLTORI
I risultati dell’attività 2012
Stefano Tamanini
48
Nel periodo marzo-agosto 2012, grazie ai fondi previsti dal Piano
provinciale di attuazione del Regolamento CE 1234/07, l’Associazione Apicoltori Trentini, in collaborazione con l’Associazione Apicoltori
Fiemme e Fassa, ha attivato un progetto di assistenza tecnica alle
aziende apistiche. Obiettivi del progetto – coordinato da un medico
veterinario e che ha coinvolto sette esperti apistici distribuiti sul territorio provinciale - migliorare le capacità professionali degli apicoltori;
divulgare, indirizzare e proporre innovazioni specifiche nel settore
apistico; approfondire le conoscenze sanitarie e produttive del comparto apicolo provinciale.
Tutti gli apicoltori censiti presso l’Azienda Provinciale per i Servizi
Sanitari (APSS) hanno avuto la possibilità di avvalersi dell’attività di
assistenza tecnica. Il medico veterinario coordinatore del progetto,
oltre a supportare gli esperti apistici operanti sul territorio, ha sviluppato e garantito nel corso del progetto contatti con le istituzioni pubbliche provinciali che si occupano a vario titolo di apicoltura,
quali l’APSS, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ed
i Servizi provinciali. Inoltre, attività di formazione teorica e pratica
sono state svolte nel corso di otto serate dedicate alle problematiche
emergenti dalla diffusione delle patologie delle api e di numerosi incontri in campo con gli apicoltori.
RISULTATI DELL’ATTIVITÀ DI ASSISTENZA
In base ai dati emersi dal censimento svolto lo scorso anno sono
presenti in Trentino 25.635 alveari. Rispetto ai censimenti del 1998
si è registrata una diminuzione del numero di apicoltori (da 1532 a
1314) e un aumento del numero medio di alveari per apicoltore (da
10 a 19,50).
Nel periodo di attuazione del progetto (primavera - fine estate 2012),
il veterinario ha effettuato 299 visite in apiario, ripartite su 235 aziende
apistiche, pari al 17,88% delle aziende censite. Le richieste di assistenza tecnica erano principalmente legate a problematiche sanitarie,
come la presenza di focolai di malattia, e richieste di supporto nei trattamenti contro l’acaro varroa (282 casi).
La media degli alveari posseduti dagli apicoltori visitati è risultata pari
a 14,68. Come prevedibile, la maggior parte delle richieste proveniva
da aziende di piccole dimensioni, tuttavia sono stati effettuati interventi
anche in aziende professionali e semiprofessionali.
La collaborazione con l’APSS ha consentito di fornire agli apicoltori
i registri dei trattamenti farmacologici su animali, di formalizzare le
denunce di focolaio per la peste americana, di registrare aziende apistiche di nuova costituzione, di rilasciare certificati sanitari per compra-vendita di nuclei di api o per richiesta dei certificati di nomadismo,
di segnalare apiari abbandonati al fine della loro rimozione.
PUNTI CRITICI RILEVATI
► Invernamento su troppi favi: moltissime delle famiglie
erano state invernate in maniera scorretta, non stringendo
adeguatamente le api in autunno (31 aziende).
► Pareggio famiglie: questa pratica che consiste nell’uniformare lo
sviluppo delle famiglie all’interno degli apiari per sincronizzare gli
interventi dell’apicoltore non è ancora consolidata tra gli apicoltori
trentini ed è stata richiesta in 45 aziende.
► Prevenzione saccheggio: l’ispezione nelle ore calde, l’errata
modalità di somministrazione dell’alimento in assenza di
importazione di nettare e polline, la presenza nello stesso
apiario di famiglie di api più deboli di altre hanno causato spesso
fenomeni di saccheggio difficilmente “contenibili” da parte degli
apicoltori.
► Nutrizione primaverile: un’alimentazione spesso liquida e
somministrata in maniera eccessiva rispetto alle reali necessità
delle famiglie ha provocato in moltissimi casi episodi di diarrea
da malassorbimento nelle api.
► Nutrizione tardo-estiva: anche in questo caso le maggiori
problematiche derivavano da eccessi di nutrizione liquida.
► Posizionamento melari: soprattutto in zone montane, un
posizionamento dei melari troppo anticipato può causare shock
termici negli alveari con morte di parte della covata, indebolimento
delle famiglie e perdita di intere produzioni mellifere.
► Pulizia e gestione ordinata dell’apiario: come in ogni tipo di
allevamento zootecnico l’ordine e l’organizzazione risultano
fondamentali per una corretta gestione tecnica e sanitaria. In
molte casi è stato riscontrato materiale abbandonato negli apiari
(favi, pezzi di arnie, nutritori).
► Scarso ricambio materiale: il ricambio periodico di materiale quale
cera, telaini ed arnie vecchie, favorisce la sanità delle famiglie di
api e dovrebbe essere effettuato ciclicamente ogni 3-4 anni. Alcune
aziende presentavano famiglie allevate su favi troppo vecchi.
► Errato utilizzo dell’affumicatore e mancata sanificazione del
materiale di lavoro: l’utilizzo del fumo va limitato ai casi di reale
necessità e prediligendo materiale vegetale. Altra buona pratica
di allevamento è la pulizia degli affumicatori, l’utilizzo di guanti
usa e getta e la sterilizzazione con fiamma degli utensili metallici.
► Difficoltà di marcaggio e ritrovamento delle regine sui favi:
molti apicoltori presentavano difficoltà nell’individuazione delle
regine all’interno delle arnie soprattutto nei mesi di maggior
sviluppo delle famiglie. In 50 aziende si è provveduto a istruire gli
apicoltori prima al marcaggio dei fuchi, poi delle regine.
PATOLOGIE RISCONTRATE NEGLI APIARI
Negli apiari ispezionati sono state riscontrate diverse patologie. Si
precisa che tutti i prelievi di matrici biologiche sono stati effettuati solo
in caso di sospetto di malattia.
Peste europea: sono stati campionati 37 alveari in 16 diverse aziende. Tutti i campioni effettuati sono risultati negativi.
Peste americana: 58 aziende campionate per un totale di 64 referti.
160 arnie sono state analizzate mediante prelievo di pezzi di favo, 91
di queste arnie sono risultate positive alla patologia, per un totale di
34 focolai di peste americana denunciati.
La peste americana ha avuto un andamento epidemico soprattutto
nelle valli di Fiemme e Fassa, nella val di Sole e nella val Rendena,
zone dove non si registravano casi conclamati da anni. Tra le aziende colpite - professionali e non - alcune erano caratterizzate da uno
scarso livello di igiene e da evidenti carenze gestionali (materiale abbandonato in apiario). Simili circostanze hanno reso più complessa
la gestione dei focolai di peste e il risanamento degli apiari.
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2013 | anno LVIII
TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
Fig. 1 Mappatura dei focolai di Peste Americana
Varroasi: su tutto il territorio provinciale è presente ormai in maniera endemica il parassita varroa destructor. In alcuni casi sono comunque stati
condotti esami di laboratorio per accertarne la presenza (6 aziende).
Nonostante l’intensa attività di informazione in relazione ai principi
attivi da utilizzarsi e alle modalità di applicazione degli stessi, si segnalano - soprattutto tra gli hobbisti - apicoltori non in grado di gestire
adeguatamente la patologia.
Covata calcificata: per questa patologia sono stati effettuati campioni in 19 aziende. Non essendo questa patologia soggetta a denuncia,
si è deciso di limitare i prelievi e di localizzare le aziende dove il fungo
era presente con sintomatologia evidente. 67 aziende sono risultate
interessate dalla patologia.
La covata calcificata (Ascosphera Apis) è presente in maniera uniforme su tutto il territorio provinciale, causando cali o perdite di produzioni nelle aziende maggiormente colpite. Talvolta forme acute di
ascospherosi hanno colpito le famiglie invernate su troppi favi. Nei
casi in cui erano presenti le sole ife biancastre è stato consigliato di
asportare i telaini maggiormente colpiti.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
I dati di carattere prettamente sanitario conseguiti in esito al progetto
svolto sono stati integrati da una serie di ulteriori risultati che dimostrano, sul piano complessivo, la rilevanza di interventi come quello
intrapreso e come la tecnica apistica sia propedeutica e funzionale
alla sanità degli allevamenti.
Le attività portate avanti nel corso dell’anno hanno evidenziato una
scarsità di dati statistici relativi alla produzione media delle famiglie,
alla quantità, qualità e alla tipologia di prodotti immessi sul mercato.
Simili informazioni sarebbero indispensabili per una migliore organizzazione del settore e come parametro di valutazione di futuri interventi di assistenza.
In conclusione, i risultati conseguiti in una sola stagione di attività
permettono di apprezzare, sotto diversi profili, quanto siano indispensabili attività come quelle proposte e quanto ancora sia il lavoro da affrontare per potenziare le aziende apistiche trentine al fine
migliorare ulteriormente i processi produttivi (estrazione del miele e
promozione degli altri prodotti delle api quali polline, propoli e pappa
reale) e l’immissione di tali prodotti sul mercato.
Le novità per la stagione 2013
Il servizio di assistenza tecnica, assegnato dall’Ufficio agricoltura della Provincia autonoma di Trento all’Azienda provinciale
per i servizi sanitari e coordinato dal medico veterinario Stefano Tamanini, è un servizio gratuito che può essere richiesto
da tutti gli apicoltori operanti sul territorio provinciale mediante
chiamata o email ai seguenti recapiti:
Fig. 3 Mappatura aziende positive per covata calcificata: in giallo le
aziende identificate senza esami di laboratorio, in rosso le aziende
risultate positive all’esame micologico
Nosema: sono stati prelevati 14 campioni di api di cui 7 positivi appartenenti rispettivamente a 3 delle 9 aziende campionate.
In presenza di diarrea clinicamente manifesta (imbrattamento dei favi
e del predellino di entrata delle arnie) è stato effettuato il prelievo di api
per la ricerca di spore di nosema spp. La maggior parte dei campioni
è risultata negativa all’esame microscopico. Tale risultato, viste le date
dei prelievi (prevalentemente ad inizio primavera), potrebbe avvalorare
l’ipotesi che gravi casi di diarrea e problemi gastro-enterici delle api siano dovute a errata tecnica apistica in merito alla nutrizione.
Apival
Tel. 3488642669 (Nesler Romano)
e-mail: [email protected]
sito: http://nuke.apival.net
Apicoltori Trentini
Tel. 0461820677
e-mail: [email protected]
sito: http://www.apitrentine.it
Medico veterinario Stefano Tamanini
orari: lunedì-venerdì dalle ore 8 alle 12; dalle ore 13 alle 17.
cell. 3470852096
e-mail: [email protected]
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TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
mar-apr
2013 | anno LVIII
FLAVESCENZA
DORATA
Un preoccupante aumento
Alberto Gelmetti - Maurizio Bottura
Unità viticoltura Centro Trasferimento Tecnologico Fondazione E. Mach
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In Trentino la Flavescenza dorata (FD), malattia da quarantena causata da fitoplasmi
regolata da un decreto di lotta obbligatoria
a livello nazionale, ha fatto registrare nell’annata 2012 una recrudescenza in alcune
aree viticole. Questa situazione impone,
per l’annata in corso, un innalzamento del
livello di attenzione e una sensibilizzazione di tutti i soggetti interessati (viticoltori
professionisti, part- time, hobbisti, cantine
sociali, vignaioli, amministrazioni locali,
ecc.) su un problema che in altri areali nazionali ed extra nazionali ha causato e sta
causando ingenti danni alla viticoltura. In
provincia la malattia è presente dal 2001 e,
seppur coinvolgendo un numero crescente di comuni (in ordine cronologico Avio,
Arco, Lasino, Cavedine e Storo), ha coinvolto per dieci anni un numero esiguo di
vigneti con una bassa incidenza di piante
malate. Nelle ultime due annate, però, FD
ha dimostrato la sua reale pericolosità e la
sua velocità di diffusione: dopo lo scoppio
epidemico avvenuto nel 2011 nella bassa
Valle del Chiese, che ha interessato principalmente vigneti non professionali coltivati per l’autoconsumo, nel 2012 c’è stato
un importante aumento di nuovi casi di FD
in zone fino ad ora indenni (Brentonico,
Mori e sei comuni della Bassa Valsugana)
e una recrudescenza nel comune di Arco
(zona focolaio dal 2002) con i primi casi di
vigneti estirpati perché seriamente colpiti.
In altre zone focolaio la malattia è stabile
(Avio, Lasino frazioni delle valle di Cavedine) o in regresso (Cavedine zone ricadenti
Valle del Sarca). Per l’insetto vettore della
malattia Scaphoideus titanus, identificato
per la prima volta nel 1988 nei vigneti della Valsugana e presente attualmente nella
quasi totalità delle zone viticole provinciali,
il monitoraggio 2012 (che ha coinvolto circa 500 vigneti) ha evidenziato un generale
aumento, rispetto all’annata precedente,
della popolazione della cicalina sia come
numero di vigneti con presenza (+69%) sia
come numero di vigneti con elevata popolazione (+117%).
La malattia
e la sua trasmissione
L’agente causale della malattia è un fitoplasma, microrganismo unicellulare con caratteristiche intermedie tra virus e batteri, che nella
pianta causa disturbi del bilancio ormonale e
altera la funzionalità del trasporto della linfa
e del suo contenuto. I sintomi generalmente sono visibili in piena estate (a partire dal
mese di agosto) e possono interessare tutta
la pianta o solo una sua parte (una branca
o pochi traci); l’intensità dei sintomi varia
secondo l’annata, la concentrazione del fitoplasma all’interno della pianta e la varietà;
manifestazioni dei sintomi precoci, che generalmente sono più gravi, nei nostri ambenti
fino ad ora sono stati osservati in rari casi. In
provincia sono presenti due malattie della vite
causate da fitoplasmi: Flavescenza dorata
(FD) e Legno nero (LN). Queste, seppur provocate da agenti causali diversi e trasmesse
con differenti modalità, presentano la stessa
sintomatologia (tab. 1). In campo, infatti, non
è possibile distinguere le due malattie e per
discriminarle si rendono necessarie analisi di
laboratorio basate sulla biologia molecolare
(PCR) che vengono eseguite su campioni di
foglie prelevate da piante sintomatiche.
I danni delle fitoplasmosi variano a seconda della gravità dei sintomi e dalla quantità
Sintomi fitoplasmi su foglie, varietà rossa (sopra) e bianca (sotto)
di tralci colpiti e causano effetti negativi sulla produttività del vigneto. La remissione dei
Tab. 1.- FD e LN due malattie diverse, stessi sintomi
Foglie
Germogli
Ripiegamento dei lembi
verso il basso
Scarsa o mancata
lignificazione
Ispessimento
e consistenza cartacea
Consistenza gommosa
Ingiallimenti e/o
arrossamenti settoriali
o totali che possono
interessare anche
le nervature.
Caduta anticipata
con o senza picciolo
Germogliamento stentato
(sintomi precoci)
Presenza di piccole
pustole nerastre
di aspetto oleoso
sulla superficie del tralcio
Grappoli
Disseccamento
delle infiorescenze
(sintomi precoci)
Appassimento parziale
o totale dei grappoli
dall’invaiatura
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2013 | anno LVIII
TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
51
Sintomi fitoplasmi su grappoli e tralci
sintomi negli anni successivi (recovery) è un
fenomeno che interessa soprattutto la fitoplasmosi del LN.
Secondo le attuali conoscenze, la trasmissione dei itoplasmi della vite avviene tramite
insetti vettori e propagazione di materiale infetto; è esclusa quella attraverso attrezzi da
taglio e per anastomosi radicale. La trasmissione della FD avviene per opera di S. titanus,
insetto che si sviluppa, si alimenta e vive solo
su vite, sulla quale, senza provocare nessun
danno diretto, svolge una generazione all’anno. La rapidità di diffusione di FD, e quindi la
sua pericolosità, sono legate principalmente
a due fattori: l’alta specificità ed efficienza
di trasmissione dell’insetto vettore che vive
strettamente infeudato alla vite e la presenza di viti infette che fungono da sorgente di
infezione per le altre piante del vigneto e per
gli altri vigneti.
Metodi
di contenimento
La strategia per prevenirne la diffusione si
basa su tre aspetti principali: estirpazione
delle piante malate, contenimento delle popolazioni dell’insetto vettore, utilizzo di materiale vegetale sano. Per la FD le misure
preventive sono state predisposte a norma
di legge attraverso un decreto di lotta obbligatoria (D.M. 31/05/2000) che prevede,
in caso d’inadempienze, la denuncia all’autorità giudiziaria sulla base dell’art. 500
del codice penale, nonché la possibilità di
sanzioni amministrative. Le misure prevedono nelle zone dichiarate “focolaio” che
ogni pianta con sintomi sospetti di fitoplasmosi debba essere estirpata, così come
i vigneti abbandonati, e che tutti i soggetti
interessati siano obbligati ad eseguire, uno
o più trattamenti insetticidi contro il vetto-
re S. titanus. Nelle zone “indenni” invece,
nelle quali la presenza di S. titanus e/o la
vicinanza con zone focolaio siano tali da ritenere che possano rappresentare un reale
pericolo per la diffusione del itoplasmi della
FD, le misure prevedono l’obbligo di uno o
più trattamenti contro il vettore. Il posizionamento temporale e la corretta modalità di
esecuzione dell’insetticida sono fondamentali: l’intervento deve essere effettuato circa
due settimane dopo la fioritura della vite prima che compaiano gli stadi dell’insetto potenzialmente infettivi, deve essere eseguito bagnando bene sia la vegetazione che
il fusto (gli stadi giovanili sono localizzati
ad inizio stagione sui polloni e sulle foglie
basali) e rispettando i principi della tutela
delle api (evitare periodo fiorale della vite e
sfalciare il cotico erboso in caso di essenze
del sottofilare in fioritura).
(continua)
tt 02
TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
Monitoraggio 2012
Nel 2012 sono stati raccolti, nel periodo fine
giugno-fine ottobre, 333 campioni provenienti da piante che presentavano sintomi ascrivibili ai fitoplasmi della vite. Le analisi hanno
riscontrato la positività a LN in 205 campioni
provenienti da 106 vigneti dislocati in tutte le
principali aree viticole provinciali, mentre sono
risultati positivi a FD 80 campioni raccolti in 54
vigneti dislocati in 14 comuni: Arco, Storo, Lasino, Avio, Borgo Valsugana, Brentonico, Riva
del Garda, Levico, Condino, Bondone, Mori,
Novaledo, Ospedaletto e Telve di Sopra (fig.
1). Il numero di campioni risultati positivi a FD
e di vigneti in cui è stata individuata la malattia
rappresentano i valori più alti registrati dall’arrivo della malattia in Trentino (rispettivamente
+75% e +80%). Per quanto riguarda le varietà
colpite, i risultati delle analisi 2012 dimostrano delle chiare differenze tra le due fitoplasmosi: mentre LN sembra essere sinonimo di
Chardonnay (85% dei campioni positivi), FD
colpisce indistintamente varietà di Vitis vinifera bianche e rosse e anche gli ibridi (es. uva
“Fraga”) sono risultati molto suscettibili; per la
prima volta è stata trovata anche una varietà
resistente a peronospora e oidio (Regent) affetta da FD.
Nelle zone più a rischio dei comuni dichiarati
focolaio per FD è stato eseguito, dopo la vendemmia, un monitoraggio “a tappeto” della
quasi totalità dei vigneti con l’obiettivo di rilevare e contrassegnare le piante sintomatiche
e promuovere la loro estirpazione. In definitiva
le osservazioni hanno coinvolto 223 vigneti per
un totale di circa 273.000 piante controllate; i
Figura 1: Distribuzione dei campioni 2012
52
Tab.2- Monitoraggio dei vigneti nelle zone ricadenti comuni focolaio per FD
Zona
N. Vigneti
controllati
N. piante
controllate
% media
piante
sintomatiche
% media
piante
sintomatiche
(esclusi gli 0)
% vigneti
con piante
sintomatiche
Arco
82
80.000
1,4
4,8
76
Cavedine
33
36.000
0,2
0,5
40
Basso Chiese
27
27.000
1,3
5
85
Lasino
81
130.000
0,04
0,2
33
Totale e medie
223
273.000
0,8
2
58,5
Ringraziamenti: tecnici unità Viticoltura (CTT), Christian Cainelli (CTT), Lorenza Tessari e Chiara Pelloso
(Ufficio Fitosanitario Provinciale).
mar-apr
2013 | anno LVIII
risultati (tab. 2) evidenziano una presenza di
piante sintomatiche dello 0,8% sulla media generale, valore che sale al 2% se si considerano solo i vigneti in cui sono state rilevate piante
con sintomi (che rappresentano il 58,5% degli
impianti controllati).
Considerazioni finali
I risultati dei monitoraggi delle piante sintomatiche e delle analisi sui campioni prelevati
in provincia mostrano che FD è in deciso aumento, sia come diffusione sul territorio sia
come intensità in determinate aree. In questo
quadro di sostanziale peggioramento bisogna
però tenere conto delle seguenti considerazioni: le superfici vitate dei comuni in cui non
sono stati ritrovati casi di FD rappresentano
più dell’80% della superficie vitata provinciale
totale, il 76% dei vigneti in cui sono stati trovati
campioni positivi a FD fanno parte di zone già
dichiarate focolaio, nel comune di Avio la diffusione della malattia è stabile (solo due vigneti)
mentre è in regresso nelle zone focolaio ricadenti nel comune di Cavedine (nessun campione risultato positivo). Nel comune di Arco,
rispetto agli scorsi anni, la malattia è in forte
aumento come intensità e numero di vigneti
colpiti ma il focolaio sembra ristretto ad una
fascia dei vigneti che circondano l’area urbana verso sud (Romarzollo, Narzelle, S. Sisto).
Nel 2012 per la prima volta dall’arrivo della
malattia (presente da una decina di anni nella
zona), ci sono stati i primi casi d’ingiunzioni di
estirpo totale da parte dell’Ufficio Fitosanitario
Provinciale di vigneti gravemente colpiti dalla
malattia. Nella zona del Basso Chiese dopo lo
scoppio epidemico della malattia registrato nel
2011, è proseguito il monitoraggio capillare dei
vigneti professionali e non professionali che ha
portato alla formulazione di numerose ingiunzioni di estirpo (la maggior parte parziali). Per
quanto riguarda i nuovi focolai della malattia,
oltre alla conferma di Mori (dopo il primo caso
del 2011) e di nuovi casi a Brentonico, sono
risultati positivi a FD campioni provenienti da
sei vigneti della Bassa Valsugana. Quest’ultima zona rappresentata la situazione più critica
in quanto la malattia è arrivata in un territorio
caratterizzato da molti anni da un’elevata e
diffusa presenza dell’insetto vettore in cui la
coltivazione della vite professionale è spesso
affiancata da piccoli impianti coltivati per l’autoconsumo e da incolti, luoghi che potenzialmente possono fungere da pericolosi serbatoi
di insetti e piante malate.
L’osservazione sulla presenza di piante
sintomatiche in campo, la segnalazione dei
nuovi casi nelle zone indenni per una corretta identificazione della malattia, l’estirpo
delle piante malate nelle zone focolaio e
l’esecuzione del trattamento insetticida nelle
zone in cui è previsto sono le armi a disposizione contro un pericolosa malattia che minaccia i pregiati vigneti trentini.
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
tecnica flash
Prematuro definire
il carico di ciliegie
“Solo a fine maggio si potrà valutare con buona approssimazione il carico di ciliegie allegate e quindi destinate, salvo imprevisti meteo riduttivi, ad arrivare a maturazione tardiva verso
i primi di luglio”. Lo afferma Sergio Franchini,
esperto di cerasicoltura della Fondazione Edmund Mach. “Sono mancate le premesse per
una produzione abbondante. La fioritura in alcune zone è durata infatti meno di 3 giorni. E’
mancato anche il caldo e il volo delle api portate sotto le piante in fiore è stato ridotto o reso
alternante dalle frequenti piogge”.
Fioritura dei kiwi:
impollinazione condizionata
La fioritura dei kiwi nella Valle del Sarca quest’anno si avrà solo nella seconda o terza decade di maggio. Il ciclo vegetativo procede infatti
con un ritardo di 20 giorni. L’impollinazione manuale o assistita con mezzi o strumenti manovrati dall’operatore si potrà fare solo con polline
raccolto dai fiori maschili delle piante presenti
nello stesso frutteto. Il ricorso a polline proveniente da altre regioni è vietato per evitare la
diffusione del cancro batterico. La raccolta del
polline si fa utilizzando degli aspiratori manuali.
Il polline si conserva in frigo per 1 giorno, ma nel
congelatore si mantiene vitale per 1 anno.
La Drosophila
si nutre di nettare
I ricercatori della Fondazione Edmund Mach di
S. Michele che seguono dal 2009 lo sviluppo
e il comportamento della Drosophila suzukii su
fragole, piccoli frutti e ciliegie in diverse zone del
Trentino hanno scoperto che il moscerino può
nutrirsi di nettare succhiato da diverse specie di
fiori prima di iniziare la deposizione delle uova in
frutti maturi. Mettendo a confronto in laboratorio adulti di Drosophila ai quali è data possibilità
di prelevare nettare da varie specie di fiori con
altri che dispongono di sola acqua, i ricercatori
hanno stabilito che i primi durano in vita 7 giorni,
mentre gli altri non superano i 3 giorni.
Cavalletta degli egizi
su muri e balconi
Da varie zone del Trentino si segnala la presenza sui balconi e sui muri delle case di una grossa cavalletta lunga circa 8 cm, di colore marrone, con una linea arancione sul dorso e lungo i
fianchi. L’entomologo Paolo Fontana della Fondazione Edmund Mach dice che si tratta di una
specie denominata “Cavalletta degli Egizi”. Un
tempo assai rara, oggi è presente in tutto il Trentino, ma non arreca danni all’agricoltura. Passa
l’inverno in fase di diapausa. I giovani che nasceranno in estate sono assai più piccoli degli
adulti, di colore verde e quindi poco visibili sulle
piante ospiti. La specie è definita arboricola.
TECNICA, RICERCA E SPERIMENTAZIONE
a cura di Sergio Ferrari
Olivi al posto
dei vecchi vigneti
sanitari prestati al settore zootecnico. Per entrambe le situazioni diagnostiche vale il divieto di portare i bovini interessati in malga nella
stagione 2013.
Micoplasmi coltivati
in laboratorio
Nel numero di dicembre 2012 di Fitopatologia mediterranea è stata pubblicata la prima
dimostrazione sperimentale della possibilità di
coltivare i fitoplasmi in substrati liquidi e solidi
specifici. L’importante risultato è stato ottenuto da un gruppo di ricercatori dell’Università
di Bologna coordinato da Assunta Bertaccini.
Commentando la notizia, Claudio Ioriatti, responsabile dell’Area sperimentazione agraria
e forestale della Fondazione Edmund Mach
di S. Michele, afferma che con la nuova tecnica di allevamento in purezza sarà possibile
compiere notevoli progressi nello studio di vari
micoplasmi agenti di malattie del melo e della
vite. Ad iniziare dal mal degli scopazzi del melo
e dalla Flavescenza dorata della vite.
Si sono piantati olivi sui monti di Calavino e
di Cavedine nei terreni terrazzati che si trovano sopra i laghi di Cavedine e Toblino. Si
tratta di siti precedentemente occupati da
vecchi vigneti. Le varietà utilizzate seguono
la tradizione del distretto Valle dei Laghi e
Basso Sarca rappresentata dalle cultivar
Frantoio e Casaliva. Le piante sono state
fornite dal Consorzio ortofrutticolo Valli del
Sarca Garda-Trentino e provengono da un
vivaio di Pescia in provincia di Pistoia. Il costo a pianta è di 7-8 euro.
Infezioni primarie
di peronospora
I tecnici viticoli della Fondazione Edmund Mach
di S. Michele utilizzano dallo scorso anno un
modello di previsione delle infezioni primarie di
peronospora denominato Bugiani, dal nome del
ricercatore che lo ha ideato e messo a punto.
La previsione si basa sul grado di maturazione
delle oospore, cellule riproduttive durevoli che
hanno trascorso l’inverno nel terreno.
Bovini positivi al test
della paratubercolosi
Quando si parla di paratubercolosi bovina
bisogna distinguere tra bovini positivi al test
sierologico effettuato sul sangue prelevato
dall’animale, e bovini ammalati. L’animale si
considera ammalato solo dopo la comparsa
di sintomi clinici quali: diarrea, decadimento
fisico, calo della produzione di latte o dell’accrescimento. La distinzione è fornita da Carlo Costanzi, medico veterinario dell’Ufficio
provinciale per il controllo qualità dei servizi
Torymus sinensis, allevamento
delegato alle regioni
A partire dal 2014 il Ministero per le politiche
agricole e forestali non concederà più contributi alle regioni e/o province castanicole italiane per l’acquisto da laboratori specializzati di
adulti di Torymus sinensis, parassitoide della
mosca galligena del castagno. Ciascuna regione o provincia dovrà provvedere all’allevamento del parassitoide in boschi di castagno
adatti allo scopo. La decisione è stata resa
nota nel corso di una riunione che si è svolta a
Roma alla quale per il Trentino ha partecipato
Cristina Salvadori della Fondazione Edmund
Mach di S. Michele. Il gruppo di lavoro che
esegue il controllo biologico della mosca galligena ha già allestito lo scorso anno sopra
l’abitato di Nago Torbole un sito di moltiplicazione assistita del parassitoide.
Letame maturo nei frutteti:
primi accordi di fornitura
I frutticoltori delle Valli di Non e di Sole hanno
finalmente recepito il messaggio proveniente
dall’Unità biomasse della Fondazione Edmund Mach di S. Michele di usare nei frutteti
prossimi ad esaurimento microbiologico del
terreno letame sottoposto a maturazione accelerata. Anni di ricerche teoriche e pratiche
hanno dimostrato che la filiera di maturazione
assistita può dare origine ad un ammendante
di sicuro effetto, al prezzo di 2 euro a quintale. A interporre difficoltà e ritrosie sono ora gli
allevatori. Solo in Val di Sole, grazie al progetto leader e al gruppo di animazione locale
coordinato da Guido Ghirardini, si è riusciti a
concludere una diecina di accordi di fornitura
per l’autunno.
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RUBRICHE
mar-apr
2013 | anno LVIII
Testi e foto di Walter Nicoletti
[email protected]
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La filiera alpina
all’ombra del Bondone
L
asciato il centro del paese di
Garniga ci avviamo in località Cirés. La valletta, simile
ad una grande cengia a balcone sulla valle dell’Adige, è
impreziosita dalla vista della chiesa di Sant’Osvaldo Re, significativo esempio architettonico dove semplicità e bellezza si fondono
creando per un istante la sensazione di un
felice connubio fra paesaggio alpino ed appenninico.
La stalla è contrassegnata da un’insegna
che non lascia dubbi al visitatore: azienda
Dallapiazza, esempio di filiera corta dal produttore al consumatore. Nella ragione sociale dell’impresa famigliare è ancora presente
l’impronta del fondatore, Orlando Dallapiaz-
za, prematuramente scomparso qualche
anno fa in seguito ad una grave malattia.
Il sogno di Orlando di dare vita ad un’impresa a chilometro zero anche dal punto di vista
commerciale è stato raccolto dalla moglie
Manuela e dai figli Veronica e Moreno. Quest’ultimo, 29 anni d’età ed una consolidata
esperienza nel settore dell’allevamento, è
ormai diventato “l’uomo della stalla”. «La nostra scelta – dice Moreno con convinzione
– è caduta sulla Pezzata rossa per via della
propensione di questo animale all’alpeggio e
al pascolo prolungato, nonché alla produzione di latte e carne di qualità».
Sono 23 le vacche in produzione e una ventina quelle giovani, mentre la stalla ospita attualmente anche 13 maiali e, poco distante,
un pollaio con 45 galline ovaiole. Le vacche
in asciutta ed il bestiame giovane tornano
ogni estate a malga Albi sopra a Garniga
dove, come vedremo, la famiglia Dallapiazza ha segnato una parte significativa della
sua storia.
Le vacche in produzione rimangono tutto
l’anno in stalla, anche se, dalla primavera all’autunno, possono beneficiare di lunghi periodi di pascolo sui prati antistanti l’azienda. I
maiali vengono alimentati con il siero di latte
proveniente dal piccolo caseificio aziendale,
con l’aggiunta di modesti quantitativi di mais,
soia e orzo, mentre le galline vengono alimentate a granella di mais, siero ed erbe del
territorio. Il benessere animale è una regola
che vale anche per questi piccoli animali che
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A
2013COME
| anno LVIII AGRICOLTURA
RUBRICHE
55
beneficiano di lunghi periodi all’aperto nell’aia della fattoria.
Lo stile dell’allevamento si riconosce dunque nella tradizione alpina e nell’impronta
di un’azienda multifunzionale nella quale si
conferma la scelta del pascolo stagionale,
dell’alpeggio, del letame secco e di mangimi
Ogm free. Essenziale, per la rotazione dei
prati più vicini all’abitato, anche la coltivazione della patata, che va a sua volta a rifornire
in parte l’alimentazione dei maiali.
Queste credenziali di base hanno consentito
alla famiglia Dallapiazza di compiere il grande salto verso l’autoproduzione e la vendita
dei prodotti aziendali. Finita l’esperienza della gestione diretta di Malga Albi sul Bondone
in seguito ad una radicale ristrutturazione
che ne ha, di fatto, cambiato la destinazione,
Manuela Dallapiazza ed i figli hanno aderito,
nel 2006, ai mercati contadini di Coldiretti,
inaugurando, l’anno successivo, il nuovo caseificio con annesso punto vendita.
In questo piccolo negozio, aperto tutti i giorni
dalle 16:00 alle 19:00, si trovano i tanti prodotti della filiera del latte e della carne, oltre
naturalmente alle ottime uova “di una volta”.
Inoltre l’azienda partecipa ai mercati di Campagna Amica: il lunedì ad Aldeno, il martedì
a Rovereto, il mercoledì a Trento in Via Filzi,
il giovedì a Pergine e ancora a Trento il sa-
bato in piazza Dante.
Se Moreno ha assunto il compito di gestire
la stalla e mamma Manuela quello di sovrintendere alla commercializzazione, il ruolo
di casara è stato affidato a Veronica, la più
giovane della famiglia. Dal padre Orlando
Veronica ha ereditato la passione per la
lavorazione a latte crudo, arte che si è poi
affinata con i corsi presso la Fondazione di
San Michele all’Adige e l’esperienza diretta
sul campo.
Il rispetto delle basse temperature riguarda
in modo particolare i formaggi nostrani, per i
quali Veronica utilizza il latte delle due munte con una leggera scrematura. Il risultato è
una gamma di stagionati e semistagionati
a pasta semigrassa, oltre a prodotti freschi
quali le caciotte a latte intero in purezza o
aromatizzate, oltre a prodotti più magri come
le toselle e le ricotte alle quali si aggiungono
lo yogurt, la crescenza e naturalmente, anche se in piccole quantità, il burro.
Dalla filiera dei maiali, dopo la lavorazione
nel piccolo laboratorio aziendale, si ottengono inoltre una serie di prodotti quali le lucaniche fresche e stagionate, salami, salsicce,
speck, coppe, lardo e pancette.
Oltre all’attività produttiva l’azienda ha riservato negli anni una spiccata attenzione
all’ambiente che le ha portato, l’anno scor-
so, un importante riconoscimento da parte
della Lipu come “stalla amica delle rondini”
in quanto nell’allevamento sono presenti diversi nidi di questo prezioso volatile a significare anche la salubrità di questo ambiente.
Salutiamo la famiglia Dallapiazza con un
arrivederci in malga. Come ogni estate la
piccola mandria salirà verso l’alpeggio del
Bondone con in cuore un sogno che ci viene
ricordato da Moreno: quello di tornare a caseificare in malga. Un desiderio in controtendenza, se pensiamo alla “crisi di vocazioni”
che ha attraversato in questi anni il settore
giovanile della montagna e che chiama in
causa anche il ruolo degli amministratori dei
nostri territori, per fare in modo di garantire
a realtà come queste il diritto ad alpeggiare.
Il tutto naturalmente per consentire il perpetuarsi di una tradizione a tutto vantaggio
dell’economia della stalla, del benessere
animale e della qualità dei prodotti, ma anche del presidio della montagna.
Orlando & Moreno
Dallapiazza
Frazione Piazza, 6
38060 Garniga Terme
347-2686136
340-4776739
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RUBRICHE
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2013 | anno LVIII
TrentinSushi
Le creazioni “oriental-alpine”
di Carlotta Grisi
S
e è vero che nell’etimologia della parola tradizione è presente
il suffisso “tradere” che in latino
può significare trasmettere, ma
anche consegnare, con l’avvertenza di tenere quello che c’è di buono e
abbandonare quello che non serve più, allora possiamo dire in coro: viva il tradimento!
Viva il tradimento se il risultato è il miglioramento complessivo della vita, ma anche di
singole abitudini più o meno legate al quotidiano come nel caso della gastronomia. Il
TrentinSushi è un esempio di ripensamento
di una tradizione gastronomica che viene da
oriente e specificamente dal Giappone.
Nel paese nipponico il sushi è sinonimo di
piatto unico a base di riso servito assieme ad
altri ingredienti quali pesce, verdure, uova e
alghe. In genere il sushi, che in giapponese
significa letteralmente “acido”, viene avvolto
in un foglio d’alga chiamato Nori che contiene un ripieno particolare a base di prodotti
freschi o marinati.
Gianfranco Grisi, musicista e compositore di
talento, padre della riscoperta del Cristallarmonio, noto in tutta Europa per i concerti di
musica classica diffusi dalle acute note emanate da bicchieri di cristallo, è anche uno
chef di indiscussa fama. La passione per la
buona cucina e lo Champagne lo ha portato
negli ultimi anni in Francia dove ha appreso
che l’arte del Sushi è stata riadattata alla cucina gallica utilizzando pregiati formaggi di
capra e foie gras accompagnati dalle classiche bollicine di Épernay. Grazie alla lezione
dei maestri francesi, corroborata da alcuni
viaggi di lavoro in Giappone, è nata l’idea di
affiancare alla tecnica orientale i prodotti del
territorio trentino.
Un’intuizione, quella di Gianfranco, che è
presto diventata la passione della figlia Carlotta che in breve tempo ha dato vita alla NeumaSushiMori, una piccola realtà impegnata
nella produzione e vendita di TrentinSushi,
il marchio che fra poco contraddistinguerà
questa particolarissima linea di prodotti.
«L’obiettivo è duplice – spiega Carlotta Grisi – da una parte intendiamo proporre una
nuova soluzione gastronomica e dall’altra
valorizzare ulteriormente i prodotti tipici del
Trentino ponendoli sotto una nuova luce».
Nasce così il Sushi a base di trota trentina
affumicata avvolta nel classico rotolo di alga
Nori. Altre proposte simili riguardano la trota
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A
2013COME
| anno LVIII ALIMENTAZIONE
en saor oppure il salmerino affumicato a sua
volta accompagnato da sedano rapa e patè
d’olive.
Da buona vegetariana, Carlotta ha poi messo a punto una linea
di Sushi a base di
prodotti freschi e
trasformati della
Val di Gresta. In
questo caso viene valorizzato
anche il progetto di un’orticoltura biologica che può
presentarsi
anche attraverso l’uti-
RUBRICHE
lizzo di mostarde vegetali, prodotti biologici
marinati o creme di vario genere.
Altre soluzioni riguardano la carne fumada
della Val di Cembra o lo speck, mentre papà
Grisi, ispiratore delle ricette, sta già mettendo a fuoco alcune proposte che potrebbero
riguardare altre verdure come i cavoli, e carni come i tanti salumi trentini.
Il progetto di NeumaSushiMori vuole rilanciare queste linee di prodotti come l’ideale
accompagnamento con il Trento Doc creando un connubio fresco e giovanile, nonché
dinamico se pensiamo che la proposta del
Sushi si è diffusa dal Giappone alla California anche come facile e veloce spuntino.
Fino ad oggi la proposta di Carlotta Grisi è
stata apprezzata in diverse manifestazioni,
come nel corso dell’ultimo Vinitaly, ed in alcune serate a tema, nonché nella manifestazione Natura Mente Vino a Rovereto, proprio
sotto la cupola del Mart.
I prodotti firmati TrentinSushi sono disponibili nel punto vendita di Mori (parola che a suo
modo ha molti riferimenti con il Giappone
essendo i Mori una potente dinastia diffusasi
nel sesto secolo dopo Cristo) e vengono anche distribuiti tramite servizio di catering.
TrentinSushi
Punto vendita: 360gradi,
Via Marconi 21
38065 Mori
Tl: 347-3741677
[email protected]
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RUBRICHE
mar-apr
2013 | anno LVIII
Maso Pertica,
fattoria ad autonomia energetica
58
S
cendendo dalla strada principale che conduce nel cuore
delle Dolomiti di Fiemme e
Fassa, in direzione di Castello di Fiemme, è il primo complesso agricolo che si incontra: maso Pertica, la fattoria ad autonomia energetica.
La passione per il legno è l’elemento unificante di questa storia sia dal punto di vista
estetico sia, appunto, energetico. Del resto
la famiglia Nones ha una lunga tradizione
che affonda le sue radici sia nelle origini
contadine, sia nell’antica arte fiemmese
della lavorazione del legno. Alberto è infatti un esperto falegname con la passione
per l’allevamento e l’ospitalità rurale. Nella sua bottega ha appreso dal padre Giuseppe la passione per la falegnameria che
lo ha portato nel corso degli anni ad una
proficua specializzazione nel recupero e
rigenerazione di antichi mobili, stube e altri
manufatti storici.
Maso Pertica è intriso della passione per il
legno, sia fuori che dentro. Costruita completamente in legno, la struttura è ornata
ed impreziosita da un’infinità di rivestimenti lignei, sculture ed intarsi che ne fanno
una sorta di museo della Val di Fiemme.
L’agriturismo propone sette stanze per la
mezza pensione, oltre ad un’ampia sala da
pranzo, luoghi per il relax e la lettura, oltre
ad un centro benessere con una sauna in
legno di cirmolo. Il complesso, che si avvale della certificazione ecologica Ecolabel,
è quasi completamente autonomo dal punto di vista energetico. Grazie al recupero
di legname dai boschi circostanti e dalla
manutenzione della campagna si ottiene
un cippato che alimenta il riscaldamento e
l’impianto per la produzione di acqua calda
per l’agriturismo e la vicina stalla.
Il fabbisogno di acqua calda viene inoltre
soddisfatto, specie nei periodi più caldi,
dai pannelli solari sistemati direttamente
sul tetto dell’agritur ed in minima parte su
quello della stalla. A questi si aggiungono
i 39 kilowatt ottenuti dall’impianto fotovoltaico per l’energia elettrica grazie ad un
insieme di pannelli posizionati sia sul tetto
della stalla che del fienile.
A chiudere il cerchio c’è infine un impianto
di recupero dell’acqua piovana dalla copertura della stalla che consente un risparmio idrico per le necessità dell’orto e del
giardino, oltre agli impianti igienici e per il
lavaggio delle macchine agricole.
In allevamento troviamo tre categorie di animali autoctoni. In primo luogo le Tingole, ovvero le pecore originarie della Val di Fiemme.
Alberto ne alleva circa una cinquantina dalle quali si ottiene sia la lana sia un introito
per gli agnelli e la carne degli animali adulti.
Accanto agli ovini troviamo oltre cento caprini di razza camosciata ed in minima parta
saanen, oltre ad alcune mochene e diversi
incroci «ottimi – secondo le parole di Alberto
– per la dura vita in montagna». La rassegna
degli autoctoni si completa con cinque vacche ed una manza di razza Grigio alpina.
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2013COME
| anno LVIII ambiente
RUBRICHE
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Tutti questi animali possono beneficiare di
un prolungato periodo di alpeggio in malghe diverse del vicino Lagorai, oltre naturalmente ad incuriosire i numerosi ospiti
dell’agriturismo con visite negli allevamenti e piccole “lezioni” sull’allevamento di
montagna.
In agriturismo troviamo la moglie Marina
ed i tre figli, la più grande dei quali, Beatrice, è l’animatrice della struttura rurale per
la quale vengono periodicamente coinvolti
anche un cavallo e due asini.
Marina Bonelli Nones nel poco tempo libero che rimane dagli impegni in agriturismo
si diletta anche nella lavorazione della
lana utilizzando il prodotto ricavato dalla
tosatura delle pecore Tingole. Da questa passione si ottengono degli splendidi
Sarner, le tradizionali giacche e corpetti in
lana cotta, ma anche calzini e piccole ciabattine che vengono donate poi agli ospiti
come indimenticabili souvenir.
Agritur Maso Pertica
Via Stazione, 9
38030 Castello di Fiemme
Tl: 0462-232370
www.masopertica.it
[email protected]
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notizie
NOTIZIE fem
iasma
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2013 | anno LVIII
FEM IN PRIMA LINEA
PER SALVARE IL TEMOLO
a cura di Silvia Ceschini
Ufficio Stampa Fondazione Edmund Mach - IASMA
C
ontro il pericolo di estinzione
del Temolo, specie ittica del
fiume Adige che negli ultimi
anni si è sensibilmente ridotta,
si è attivata la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che ha
avviato uno specifico progetto di ricerca durato tre anni, i cui risultati sono stati recentemente presentati nell’ambito di uno workshop
a cui hanno partecipato i rappresentati delle
diverse componenti interessate alla conservazione e gestione dell’ittiofauna.
L’incontro conclusivo del progetto ABATE
“Stato di autoctonia e struttura di popolazione
di Barbo e Temolo”, finanziato dalla Provincia
autonoma di Trento attraverso il bando Marie
Curie Action, Cofund Postdoc 2009, è stato
60
organizzato dal Centro ricerca e innovazione col patrocinio dell’Associazione italiana
ittiologi acque dolci. Si è parlato di genetica
di conservazione, gestione dell’ittiofauna
autoctona, ecologia e ripristino ambientale,
acquacoltura finalizzata al ripopolamento,
alla presenza di enti gestori, associazioni dei
pescatori, ittiologi ed ecologi professionisti,
acquacoltori, produttori idroelettrici.
I campionamenti del progetto Abate sono
stati realizzati in collaborazione con gli Uffici preposti alla gestione della pesca delle
Province di Bolzano, Trento, Verona, Alessandria, Bergamo, Cremona, Lodi, Lecco,
con numerose Università italiane ed estere,
con diverse Associazioni di Pescatori e con
alcuni ittiologi professionisti.
Circa 2000 campioni, più o meno equidistribuiti
tra Temolo e Barbo, sono stati raccolti nei primi
due anni del progetto con tecniche non invasive, senza arrecare alcun danno agli animali. Il
terzo anno è stato dedicato al completamento
delle analisi e alla diffusione dei risultati. Il progetto è stato incentrato sull’analisi genetica dei
campioni raccolti.
Dati agrometeo anche
su tablet e smartphone
Sei nuovi laureati
in viticoltura ed enologia
La Fondazione Edmund Mach ha sviluppato una nuova applicazione
informatica che permette agli agricoltori di accedere ai dati della
rete agrometeorologica anche da tablet e smartphone. ll software,
denominato “FEM Dati MeteoTrentino”, è stato realizzato dai
programmatori del Centro Trasferimento Tecnologico di San Michele
all’Adige. Grazie a questa APP per dispositivi Android, i dati delle
85 stazioni della rete FEM aggiornati ogni 15 minuti, possono
istantaneamente raggiungere gli utenti in ogni luogo, creando una
vera rete informativa “in tempo reale”.
L’APP, completa di widget, è disponibile gratuitamente e permette
di visualizzare le informazioni in forma di tabella numerica, di
grafico o di mappa. Oltre alle fondamentali informazioni meteo quali
temperatura e pioggia, sono visibili altri dati utili per l’attività agricola,
variabili secondo la stagione.
La APP è scaricabile direttamente dal “Google Play Store” o
attraverso il link http://meteo.fmach.it
I sistemi naturali brevettati dalla Fondazione Edmund Mach di San
Michele per ridurre le malattie della vite sono stati trattati nelle tesi di due
dei 6 studenti che si sono laureati, nelle scorse settimane, in viticoltura
ed enologia presso il Palazzo della ricerca e della conoscenza. Si tratta
di due biofungicidi: un nuovo ceppo di Ampelomyces quiqualis per
fronteggiare l’oidio e il Trichoderma atroviride SC1 contro i patogeni del
legno in vivaio.
Gli altri argomenti trattati nelle tesi discusse spaziano dalla
valutazione degli aspetti ambientali delle cantine all’esperienza di
vinificazione di uve Lugana, dalle prove sperimentali per contenere il
Botrytis cinerea con interventi a verde allo studio del comportamento
della Vitis berlandieri.
I sei nuovi laureati in viticoltura ed enologia sono: Andrea Benvenuti
di Mezzolombardo, Paolo Cantarella di San Germano dei Berici
(Vicenza), Mattia Cobelli di Verona, Marco Malvezzi di Bergamo,
Chiara Masiero di Breva di Piave, Johannes Messner di Bressanone.
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UE INFORMA
2013 | anno LVIII
Europe Direct Trentino
Provincia autonoma di Trento - Servizio Europa
via Romagnosi, 7 - 38122 Trento
tel. +39 0461 495088 - fax +39 0461 495095
[email protected]
IG europee, Italia
e Francia leader
C
inquantaquattro miliardi di
euro: è questo, più o meno, il
valore del complesso dei prodotti ad indicazione geografica (IG) dell’UE (agroalimentari, vini e bevande spiritose) che emerge
da uno studio promosso dalla Commissione
europea e pubblicato qualche settimana fa
con l’obiettivo di aggiornare al periodo 20092010 i dati di una precedente analisi relativa
al periodo 2005-08.
Lo studio (del quale torneremo a parlare più
ampiamente nel prossimo numero di Terra
Trentina) ha riguardato complessivamente
2.768 prodotti IG normati da quattro specifici
regolamenti UE*; 1 560 dei prodotti sono vini,
867 agroalimentari, 337 alcolici e 4 vini aromatizzati e più dell’80% di queste IG provengono da soli sei Stati membri: Italia, Francia,
Spagna, Grecia, Portogallo e Germania.
L’analisi ha considerato il prezzo all’ingrosso a livello regionale escludendo altri fattori
come costi di trasporto o eventuali tasse. Per
il 2010 la stima dei valori di vendita dell’insieme di tutti questi prodotti IG si è così attestata a 54,3 miliardi di euro con un incremento
del 12% rispetto al 2005. Più della metà del
valore (il 56%) è apportato dai vini, il 26%
dai prodotti agroalimentari, il 15% dagli alcolici e lo 0,1% dai vini aromatizzati. Con un
+19% sono stati i prodotti agroalimentari a
far registrare l’incremento maggiore in valore rispetto al 2005.
In media il valore di vendita di ogni IG è stato
di 19,6 milioni di euro, ma si deve considerare
che circa la metà di queste hanno un volume di
vendita estremamente ridotto (inferiore ad 1,1
milioni). Ciò vuole dire che un numero limitato
di IG apporta la maggior parte del valore: infatti
nel 2010 il 27% del valore afferisce alle sette
Compostato o riciclato
il 40% dei rifiuti urbani
89 milioni di euro
per il programma
“Frutta nelle scuole”
Nel 2011 ogni cittadino dell’UE ha prodotto in
media 503 kg di rifiuti urbani e 486 di questi
sono stati trattati, portandoli in discarica, incenerendoli, riciclandoli o compostandoli. Il
trattamento dei rifiuti con queste ultime due
modalità tocca il 40%, con un aumento del
27% rispetto a dieci anni prima. Sicuramente un buon risultato per l’ambiente europeo,
anche se il 37% dei rifiuti urbani continua ad
essere smaltito in discarica, mentre il 23% è
la quota incenerita.
La quantità di rifiuti urbani prodotti varia molto
da paese a paese raggiungendo il massimo
in uno Stato che forse non si penserebbe:
la Danimarca (718 kg/persona). Fra i 600 e
i 700 kg/persona si posizionano Lussemburgo, Cipro e Irlanda, mentre l’Italia, assieme a
Germania, Olanda, Malta, Austria, Spagna,
Francia, Regno Unito e Finlandia si attesta
fra i 500 e i 600 kg/persona. Sotto i 400 kg/
persona troviamo solo paesi dell’est Europa
con la punta più in Estonia: solamente 298
kg/persona.
I paesi più virtuosi in termini di riciclo-compostaggio dei rifiuti sono la Germania e l’Austria
dove la percentuale di queste due modalità
di trattamento tocca complessivamente per
entrambi gli Stati il 62%. L’Italia con il 34%
si posiziona sotto la media europea mentre
fanalino di coda è la Romania dove la percentuale di rifiuti riciclati-compostati è addirittura
dell’1%, mentre il 99% dei rifiuti urbani va in
discarica!
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/
portal/waste/introduction
Con oltre 20 milioni di euro sarà
l’Italia a farla da
padrone anche
nel corso del
prossimo anno
scolastico per
quanto riguarda i finanziamenti dell’UE
a favore del
programma
che incentiva
il consumo
di frutta e
verdura nelle
scuole. Giunto ormai al quinto anno
di attività, il programma ha l’obiettivo di far
raggiungere agli alunni delle scuole europee
almeno il quantitativo minimo giornaliero di
consumo di frutta e verdura raccomandato
dall’Organizzazione mondiale della sanità,
vale a dire 400 grammi a persona.
Italia, Romania, Germania e Polonia sono
gli Stati membri che finora hanno sfruttato
al meglio questa opportunità che nell’ultimo
anno scolastico ha visto beneficiare dell’aiuto oltre 54 000 scuole e più di otto milioni di
studenti ai quali sono stati forniti per lo più
mele, arance, banane, carote, pomodori e
cetrioli.
Per l’anno scolastico 2013-14 il bilancio UE
mette a disposizione 88,9 milioni di euro che
saranno assegnati a 24 Stati membri (Finlan-
Foto Marco Simonini
principali IG che fanno registrare almeno un
miliardo di euro di valore di vendita ciascuna.
A livello di Stati membri Italia e Francia sono
i leader, facendo registrare assieme circa il
60% dell’intero valore di vendita e avendo tre
importanti caratteristiche simili: un grande numero di IG, un certo equilibrio nei valori complessivi di vendita dei diversi settori e più del
9% del complessivo valore di vendita nazionale di cibi e bevande coperto da prodotti IG.
A debita distanza seguono Germania e Regno Unito, caratterizzate da pochi prodotti IG
con grandi volumi e valori di vendita; lo stesso
discorso, anche se per valori minori, vale per
Irlanda, Polonia e Repubblica Ceca. (g.o.)
*Reg. (CEE) n.1601/1991 per i vini aromatizzati; Reg. (CE) n.510/2006 per i prodotti
agroalimentari; Reg. (CE) n.1234/2007
dia, Svezia e Regno Unito non partecipano),
oltre ad 1,1 milioni riservati alla Croazia.
Le proposte di riforma della PAC per il dopo
2013 prevedono un’estensione del programma, con un aumento del tasso di cofinanziamento, attualmente in media attorno al 58%,
ed un’estensione del numero di studenti beneficiari.
http://ec.europa.eu/agriculture/sfs/index_en.htm
Francia prima
per finanziamenti UE
all’agricoltura
L’Italia mantiene, con oltre 4 miliardi di euro, il
quarto posto nella graduatoria dei beneficiari
di finanziamenti alle aziende agricole, mentre conta il numero maggiore di agricoltori. Al
primo posto resta la Francia, con il doppio dei
fondi elargiti all’Italia (8 miliardi di euro) ma con
poco piu di un terzo di produttori, seguita dalla
Germania (5,3) e Spagna (5,2). Per quanto
riguarda il nostro paese, i produttori italiani
hanno ricevuto nel 2011 contributi europei per
4,04 miliardi di euro distribuiti tra 1,24 milioni
di produttori, con la conseguenza che oltre
mezzo milione di loro ha ricevuto “briciole”,
ossia tra zero e 500 euro di finanziamenti UE,
mentre per 290 000 imprenditori il contributo
è arrivato appena a 1 250 euro. Per altri 240
000 i pagamenti europei sono saliti in una forbice che va dai 2.000 ai 10.000 euro. Sono invece 3.200 i produttori italiani che beneficiano
maggiormente della PAC, con contributi annui
che vanno da 100.000 a oltre 500.000 euro.
http://ec.europa.eu/agriculture/cap-funding/
beneficiaries/direct-aid/pdf/annex2-2011_
en.pdf
61
in
breve
in breve
a cura di Sergio Ferrari
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2013 | anno LVIII
In settemila
al Festival del latte
Un vero e proprio viaggio alla scoperta delle malghe, del latte e dei suoi derivati: il Festival del
latte, organizzato dal Consorzio Levico Terme in Centro, ha attirato i primi giorni di maggio
a Levico Terme oltre settemila visitatori che hanno preso d’assalto le attività e i laboratori.
Notevole interesse hanno suscitato la trasformazione del latte in Tosella, formaggio e infine
ricotta. Oltre un migliaio i bambini che si sono divertiti a giocare con i prodotti del latte e dei
suoi derivati e che hanno apprezzato la fattoria degli animali allestita lungo la via centrale di
Levico e le letture animate con i personaggi della fattoria.
Alveari e apicoltori
censiti in Trentino
62
Archivio Apt Valsugana. Foto Story Travelers
Dal censimento del patrimonio apistico
esistente in Trentino nella stagione 2012
risultano operativi 1.308 apicoltori che allevano complessivamente 25.742 alveari.
“Nel 1991 gli alveari censiti erano 22.221
– fa sapere Lucia Matteotti del Servizio
agricoltura della Provincia - nel 1998 il numero di alveari si fermava a 15.795 unità
e gli apicoltori erano 1.532. Il forte calo
numerico degli alveari dal 1991 al 1998 è
dovuto a moria di famiglie provocata dalla
varroa, la cui prima comparsa in Trentino
risale al marzo del 1987. La consistenza
del patrimonio apistico negli ultimi 20 anni
ha ripreso quota e ha superato il livello
del 1991 mentre è diminuito rispetto al
1998 il numero degli apicoltori”.
Nuovo cda del Consorzio
trentino di bonifica
Il 15 aprile scorso, a cinque mesi dalle elezioni del 15 novembre 2012, si è
riunito per la prima volta il nuovo consiglio
di amministrazione del Consorzio trentino
di bonifica. Nel frattempo la Provincia di
Trento ha proceduto alla designazione
dei nominativi dei suoi due rappresentanti: Gregorio Rigotti per il consiglio di
amministrazione e Thomas Visintainer per
il collegio dei revisori dei conti. Alla presidenza è stato eletto Luigi Stefani, vice
presidente è Dario Gottardi che rappresenta la categoria degli extra agricoli.
Danni da gelo: conviene
anticipare l’assicurazione
Dal 26 marzo scorso al prossimo 20
maggio è possibile la sottoscrizione di
contratti di assicurazione contro il rischio
di danni da eventi meteo alle coltivazioni
agricole per quanti aspirano a fruire del
contributo sul premio. I dirigenti del Codripra ricordano agli interessati che l’assicurazione contro il rischio di danni da
gelo conviene farla al più presto perchè la
copertura assicurativa inizia solo 6 giorni
dopo la registrazione del contratto.
ai margini di strade percorse da traffico
e consentire la vendita diretta a clienti
di passaggio. Purtroppo, dice il direttore
Armando Paoli, i frutticoltori non vogliono
abbandonare le varietà tradizionali e poco
redditizie quali: Sandra, Cornala, Durone,
Bella Italia e Ferrovia. Gli impianti moderni
su portainnesto nanizzante provvisti di
copertura con nuove varietà a maturazione
relativamente tardiva quali Kordia e Regina occupano appena 15 ettari.
Zanzara tigre:
il punto della situazione
Agea assegna
le quote latte
Il 1° aprile 2013 è iniziata la nuova campagna casearia a livello nazionale che
si chiuderà il 31 marzo 2014. Il 12 aprile
2013 il Servizio agricoltura della Provincia
di Trento ha ricevuto da Agea la notifica
delle quote latte assegnate per il nuovo
periodo agli allevatori trentini. I titolari di
quote che lo scorso anno erano 810 sono
scesi a 796 unità. Le quote latte destinate
alla consegna a caseifici sociali od altri utilizzatori diretti ammontano a 146.571.935
kg. con un leggero aumento rispetto al
precedente periodo. Il quantitativo di latte
bovino destinato alla vendita diretta o alla
trasformazione in prodotti lattiero-caseari
venduti in azienda ammonta a 4.302.920
kg. Il regime quote latte dovrebbe scadere
con il 31 marzo 2015 e la produzione di
latte bovino sarà tecnicamente libera in
tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Ciliegie antiche
amate in Vallagarina
Il ciliegio occupa ancora un posto di rilievo
nel territorio che fa capo alla Società Frutticoltori Trentini di Aldeno con una superficie
di 1500-2000 ettari occupati per lo più da
piante isolate e allevate a pieno vento che
hanno l’unico vantaggio di essere collocate
Il prof. Uberto Ferrarese, esperto di
entomologia ambientale che da anni
presta consulenza ai comuni del Trentino
meridionale per il controllo della zanzara
tigre, fa il punto della situazione e fornisce
indicazioni per la stagione 2013. Le piogge
dell’autunno 2012 hanno allontanato un
grande numero di uova deposte. L’inverno
ha provocato la devitalizzazione di un’altra
quota di uova. E’ però necessario sensibilizzare la popolazione civile sull’opportunità di prevenire l’infestazione di zanzara
tigre eliminando anche i più piccoli ristagni
d’acqua soprattutto nei giardini e negli orti
domestici.
Ultimata la sede
di Agri 90
Il costo complessivo della nuova sede della
cooperativa Agri 90 di Storo ammonta a
3.410.988 euro, avendo superato di soli
tt 02
mar-apr
in breve
in breve
2013 | anno LVIII
10.988 euro il preventivo iniziale. La Provincia di Trento è intervenuta con un contributo
di 1.410.000 euro. Il saldo finale è stato
incassato nel febbraio del 2013. Ora la cooperativa deve prendere ancora un prestito
partecipativo di 250.000 euro erogato da
Promocoop tramite la Federazione trentina
delle cooperative.
Evitato il numero chiuso
a San Michele
Foto Gianni Zotta. Archivio Iasma.
Le 160 nuove iscrizioni all’Istituto tecnico
agrario di S. Michele per l’anno scolastico 2013-2014 hanno reso necessario il
trasferimento di 52 richieste al biennio
comune di tre Istituti superiori ad indirizzo
non agricolo di Rovereto, Riva del Garda
e Cavalese. I genitori dei ragazzi coinvolti
nel trasferimento hanno avuto assicurazione che a partire dal secondo anno del
biennio gli allievi saranno seguiti periodicamente sul posto da docenti di S. Michele. Questi avranno il compito di avvicinarli
gradualmente al mondo dell’agricoltura
e prepararli all’inserimento nei corsi di S.
Michele al compimento del biennio. L’alternativa al trasferimento sarebbe stata
l’attivazione del numero chiuso.
Ridotto conferimento:
polizza uve da vino
Da quest’anno anche le cantine sociali
del Trentino possono sottoscrivere una
polizza di assicurazione a copertura del
rischio di ridotto conferimento di uve da
vino da parte dei viticoltori associati a
seguito di eventi meteo avversi. Questo
tipo di copertura proposto dal Codipra
rappresenta una novità a livello nazionale, ma è già praticata da qualche anno
con risultati soddisfacenti dalla maggior
parte delle cooperative ortofrutticole del
Trentino.
Vietato l’alpeggio di bovini
colpiti da paratubercolosi
Tra le norme sanitarie da rispettare nella
prossima stagione di alpeggio è stato confermato il divieto di portare in malga bovini
colpiti da paratubercolosi. Carlo Costanzi,
medico veterinario del Dipartimento sanità
pubblica della Provincia di Trento, informa
che le stalle interessate al divieto sono
circa150 in tutto il Trentino. Nella maggior parte dei casi si tratta di allevamenti
con un solo capo colpito dalla malattia o
risultato portatore del micobatterio che la
provoca. Le stalle che hanno una percentuale di casi positivi fino al 20-30% sono
una trentina.
Tesi di laurea sui vitelloni
bio di razza Rendena
È ormai definitivamente avviata la prova
sperimentale e dimostrativa di allevamento biologico di vitelloni da carne di
razza Rendena che si svolge a Zuclo
nella stalla di Rino e Ivan Artini. I vitelli
svezzati che partecipano all’esperimento
sono 24, suddivisi in gruppi di 6 in base
al programma di alimentazione. Sono
stati ceduti da sette allevatori titolari di
altrettante stalle biologiche della Val
Rendena. La prova si svolge sotto il patrocinio scientifico del prof. Stefano Bovolenta dell’Università di Udine e fornirà
materiale di laurea ad una studentessa
della Valsugana che segue da vicino
l’esperimento.
sorzio Rodolfo Brocchetti – è finalizzato
a sollecitare, attraverso il confronto con
realtà più avanzate, i frutticoltori associati a rivalutare la coltivazione e la destinazione commerciale e merceologica della
susina di Dro”.
Federallevatori ha venduto
6 mila vitelli nel 2012
Nel 2012 la Federazione provinciale
allevatori ha ritirato e venduto per conto
di allevatori associati circa 6.000 vitelli,
destinati per un terzo allo svezzamento e
successivo ingrasso e per la quota rimanente alla produzione di carne bianca. Le
vacche a fine carriera o comunque dismesse dalla stalla e avviate al macello sono
state 3.000. Le manze da riproduzione
vendute alle aste o in sedi e forme diverse
sono state 1.100.
Nuova sede per
il caseificio Val di Fassa
63
Contributi europei
a sostegno dell’apicoltura
Ammonta a 127.542 euro il finanziamento concesso dall’Unione Europea a
sostegno dell’apicoltura trentina e dei
suoi prodotti per il 2013. Il competente
ufficio del Servizio agricoltura ha ripartito
la somma per tipo di intervento ed entità
secondo il seguente prospetto: 61.200
euro per assistenza tecnica; 16.800 euro
per acquisto di arnie da nomadismo;
15.000 euro per acquisto di mezzi di trasporto; 5.400 euro per attività di comunicazione; 8.000 euro per incontri di aggiornamento e prove dimostrative; 5.300
euro per indagini sulla varroa; 5000 euro
per acquisto di presidi sanitari; 4.000
euro per la mappatura di zone nettarifere; 3.200 euro per analisi di miele; 2.600
euro per misure di ripopolamento.
Susina di Dro: viaggio
in Germania e Austria
Nel corso dell’estate 2013 il consorzio
frutticolo Valli del Sarca Garda-Trentino di Dro organizzerà una visita in
Germania (Lago di Costanza) e Austria
(Carinzia) dove si coltivano susine simili
o diverse rispetto a quella di Dro. “Il
viaggio – spiega il presidente del con-
Il Caseificio Val di Fassa (“Mèlga de Fascia” in ladino) ha inaugurato l’11 maggio
scorso la nuova sede a Pera di Fassa,
una struttura i cui caratteri architettonici
si legano armoniosamente al panorama
circostante. Inaugurazione anche all’insegna del gusto con la degustazione del
formaggio “Dolomiti” guidata da Giampaolo Gaiarin della Fondazione Mach.
Il taglio del nastro è stato anticipato dalla
relazione di Paolo Brunel, presidente del
Caseificio Val di Fassa, e dagli interventi
dei rappresentanti del mondo politico e
degli organismi centrali della Cooperazione Trentina. Nel pomeriggio si è tenuta
invece una tavola rotonda su “Valore e
valorizzazione dei prodotti locali. Preferire la qualità e salvaguardare l’economia
del territorio” alla quale sono intervenuti
oltre al presidente Brunel, Luca Giongo (direttore di Fassa Coop), Ferruccio
Chenetti (Zootecnich), Sebastian Ghetta
(produzione bio), Andrea Merz (Concast
- Trentingrana), Rosa Carpano (Active
Hotel Olympic), Dora Tavernaro (Strada
dei Formaggi delle Dolomiti).
Nel pomeriggio si sono anche svolte delle
visite guidate al caseificio.
enonews
in breve
a cura di Sergio Ferrari
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
DiVinNosiola brinda
al 4° anno di successo
Non solo Nosiola Trentino e Vino Santo Trentino DOC: la quarta edizione di DiVinNosiola ha offerto dal 27 marzo al 14 aprile scorsi agli
entusiasti visitatori tutto il meglio della Valle dei Laghi. Il primo appuntamento della kermesse è stato il 27 marzo con il tradizionale rito della
spremitura delle uve appassite di Nosiola al quale hanno partecipato
oltre 200 persone. L’evento clou è stato l’inaugurazione a Castel Toblino il 30 marzo con la presentazione della nuova Sala Matrimoni, a
cui è seguita l’apertura ufficiale della 19^ Mostra Itinerante del vino
Nosiola, del Trentino DOC Vino Santo, delle grappe di Nosiola e di
vinaccia di Vino Santo Trentino DOC, che si è spostata nelle cantine
della valle. A ciascun Vino Santo inoltre era dedicato un gioiello realizFoto M. Miori
zato a cura degli Orafi dell’Associazione Artigiani.
La suggestiva cornice di Castel Toblino, autentico simbolo dell’intera
Valle dei Laghi, ha ospitato diverse mostre durante i tre weekend di eventi DiVinNosiola, tra cui la mostra fotografica “Dalla vite...in
poi” concessa dall’Assessorato alle attività culturali della Provincia, e le opere pittoriche del conte Osvaldo Wolkenstein Tronsburg,
ultimo erede dei nobili reggenti del feudo di Castel Toblino. Per gli amanti della buona cucina 18 sono stati i ristoranti che hanno
aderito a “DiVinNosiola… in Tavola” proponendo menù speciali da abbinare ai vini protagonisti della mostra. Significativa la presenza
di oltre 2.500 visitatori, tutti stimolati dal forte connubio tra territorio e prodotto.
64
Promozione, accordo
CCIAA-Consorzio vini
Foto Magrone Archivio Camera di Commercio I.A.A.
Camera di Commercio di Trento e Consorzio vini del Trentino hanno recentemente sottoscritto due documenti che
regolano la collaborazione tra le due
istituzioni relativamente alla cessione
del marchio collettivo Trentodoc ed al
rinnovo della Convenzione per la realizzazione di attività promozionali e di
studio a favore del comparto vitivinicolo
trentino.
I vini più venduti
nei supermercati
Teroldego, Merlot e Marzemino sono
i vini più venduti nei supermercati ed
ipermercati del Trentino.
È quanto emerge dalla indagine svolta
da SymphonyIRI Group per Veronafiere,
sull’andamento delle vendite di vino nella Grande Distribuzione (Gdo) presentata a Vinitaly 2013. Il Teroldego è anche
uno dei vini emergenti a livello nazio-
nale, con un tasso di crescita del 7,2%
rispetto alle vendite dell’anno precedente. Da segnalare l’ottima performance
del Traminer che nel 2012 è cresciuto
nelle vendite in Gdo del 12,3%. Va segnalato anche il Muller Thurgau che ha
venduto nei supermercati italiani circa 3
milioni e 900 mila litri, classificandosi al
13° posto.
A livello nazionale, il 2012 è stato un
anno caratterizzato da un forte aumento
dei prezzi dei vini nella Gdo: del 5,5%
per il totale del vino confezionato, del
4,5% a litro per le bottiglie di 75 cl a
denominazione d’origine e del 10,1%
per i brik.
L’uva prodotta
nel 2012 in Trentino
Nel 2012 in Trentino sono stati prodotti
758.935 quintali di uve a buccia bianca
e 301.301 quintali di uve rosse, per un
totale di 1 milione e 60.236 quintali.
Il 50% delle aziende viticole trentine è
inferiore ai 5.000 mq e oltre l’85% delle
aziende coltiva una superficie inferiore
ai due ettari; ancora, il vigneto trentino
rappresenta poco più dell’1 per cento
della superficie nazionale e somma circa 10.000 ettari condotti da oltre 8.500
viticoltori, in maggioranza part-time.
Negli ultimi anni il vigneto trentino si è
rinnovato per oltre il 20%, ad un ritmo
quattro volte superiore rispetto al comparto ortofrutticolo, puntando sulle uve a
bacca bianca.
Il racconto di Luca
premiato da Guccini
Luca Pedron, classe 1993, di Martignano,
studente della quinta ”esse” del corso per
enotecnici della Fondazione E. Mach ha vinto
il primo premio della categoria riservata agli
istituti tecnici italiani del 12esimo concorso letterario nazionale “Bere il territorio” promosso
dall’associazione Go Wine. Luca ha vinto con
il racconto dal titolo “Una nota vecchia di vino”
che narra un viaggio immaginario condotto
nei vigneti di Mori sulle note mozartiane del
don Giovanni tra gli antichi vitigni e i malinconici binari del treno. A premiarlo ad Alba in
occasione della cerimonia finale del concorso
è stato il cantautore e scrittore Francesco
Guccini, designato ”Maestro di Bere il Territorio” di questa edizione del concorso. “Io amo
la scrittura e la lettura -spiega Luca Pedron
- ed è stato un bel modo per coniugare la narrativa con l’ambito viticolo-enologico. Il vino
ha scritto molte storie nel corso dei secoli e
mi sembrava interessante e affascinante farlo
anch’io”. http://goo.gl/v8UGi
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mar-apr
a cura di Sergio Ferrari
2013 | anno LVIII
prodotti
in breve
Trote da carne
lavorate da Astro
A seguito dell’acquisto da parte di soci Astro di due troticolture non associate ad Astro, situate rispettivamente a Pietramurata e a Varone di Riva
del Garda, tutta la produzione ittica da allevamento del Trentino è controllata dall’Associazione troticoltori. Si tratta complessivamente di 45.000
quintali di trote da carne e di 2.000 quintali di salmerino alpino. Lo stabilimento Astro di Lavis ritira e lavora 30.000 quintali di prodotto da carne. La
parte rimanente è gestita commercialmente dai singoli troticoltori.
Gerani in vaso: piantate
2 milioni di talee
I floricoltori trentini sono impegnati dall’inizio di febbraio nella coltivazione di gerani in
vaso. Le talee piantate sono circa 2 milioni.
Il 65-70% è rappresentato da geranio
edera; il 30-35% da geranio zonale. Il ciclo
dura 70-80 giorni. La vendita inizia a metà
aprile nel fondovalle e verso i primi di maggio nelle zone di montagna. I gerani che si
vendono nel mese di marzo provengono da
altre regioni italiane, dall’estero o da serre
trentine che hanno iniziato il ciclo nell’autunno del 2012.
Pomodoro ciliegino
di colore arancio
Si chiama Tangsu e sta per Tangerino di
Suzanne Arreger il nuovo pomodoro ciliegino di colore arancione selezionato nel 2012
da una mutazione gemmaria riscontrata per
caso dalla biologa inglese che abita a Riva
del Garda. Il nuovo pomodorino fa parte di 7
novità che la Arreger si appresta a coltivare per stabilizzare negli anni il genoma
del clone selezionato. La semina è stata
realizzata il 24 marzo scorso, giorno di luna
crescente, indicato come favorevole alla
semina dal calendario lunare delle sementi
di Maria Thun.
Cala il consumo
di latte fresco in Trentino
In Trentino il consumo di latte fresco è diminuito del 2,7-3%, mentre è cresciuto dell’1%
il consumo di latte UHT, cioè sterilizzato con
macchinari e metodi assai meno invasivi rispetto a 20-30 anni fa. È cresciuta la richiesta di latte microfiltrato e di latte delattosato:
il primo è liberato dalle più piccole forme
batteriche facendolo passare attraverso pareti provviste di pori finissimi, al secondo si
sottrae buona parte del lattosio rendendolo
più digeribile. Assolutamente minoritaria è
la richiesta di latte bovino biologico, non più
di 1.000 litri al giorno.
Puzzone
in attesa della Dop
Il 15 marzo 2013 sulla Gazzetta Ufficiale
dell’Unione Europea è stato pubblicato il
documento unico riguardante la domanda
di riconoscimento della Dop per il formaggio
Puzzone di Moena o Spretz Saorì della Val
di Fassa. Si tratta di un riassunto del disciplinare di produzione allegato alla pratica
inoltrata nel 2007 al Ministero per le politiche
agricole di Roma da Franco Morandini,
presidente del comitato promotore della Dop
e socio del Caseificio sociale di Predazzo. Il
riconoscimento della Dop sarà reso ufficiale
se nell’arco di 3 mesi dalla data di pubblicazione del disciplinare non sarà pervenuta
alla commissione esecutiva di Bruxelles
alcuna istanza contraria all’autorizzazione.
animalia
Circa 160 i cinghiali
rilevati in Trentino nel 2012
Nel 2012 vi sono stati 7 casi di indennizzi per danni causati da cinghiali alle attività agricole, con una spesa ammessa, da parte della Provincia, di
19.285,14 euro e un indennizzo finora liquidato di 8.732,60 euro, corrispondente a un contributo del 70 per cento. Il cinghiale, il cui impatto sulle
attività agricole e sull’ecosistema naturale causa danni considerevoli, è ricomparso in Trentino negli anni ‘80 a seguito di immissioni non autorizzate
di esemplari, di origine ignota, nel Basso Chiese. Sul territorio provinciale il cinghiale è presente in modo stabile con 2 nuclei principali: uno nella zona
della Vallagarina e l’altro nel Basso Chiese.
In questa seconda zona, corrispondente alle riserve di caccia di Storo, Brione, Condino, Castel Condino e Pieve di Bono, si colloca il nucleo storico
che, nonostante un calo numerico negli ultimi anni, nel 2012, in epoca antecedente ai parti, era stimato in circa 70 capi. La consistenza del nucleo
di cinghiali in Vallagarina nel 2012, in epoca antecente ai parti, era stimata in circa 80 capi. Altri 9 cinghiali sono stati rilevati nell’estate-autunno
dell’anno scorso nella sinistra orografica mediio-bassa della Val di Sole, fra Commezzadura e Caldes, in particolare nei territori posti in sinistra orografica della Val di Rabbi. Si ritiene che in questi ultimi mesi questo gruppo si sia spostato ad est, frequentando aree rientranti nei comuni di Romeno,
Malgolo e Livo (località Ciaslir e Toflini). Per contenere il nucleo di cinghiali gravitanti nell’area delle Giudicarie, l’Ente gestore della caccia ha attivato
diversi interventi di controllo straordinario nelle riserve di Daone-Bersone-Praso-Prezzo e a Cimego, abbattendo 8 cinghiali negli ultimi 7 mesi.
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vicino
e lontano
in breve
vicino
e lontano
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2013 | anno LVIII
Con l’Acav il Trentino
incontra l’Africa
è
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una terra di confine come il Trentino: si chiama distretto di Koboko, si
trova nel nord dell’Uganda, al confine
con la Repubblica Democratica del Congo e
il Sud Sudan e da anni vi opera l’Acav, ong
trentina che, oltre ad avere realizzato un’importante scuola agraria e avere portato l’acqua potabile in villaggi che non l’avevano mai
vista prima, sta ora sviluppando interessanti
percorsi di dialogo e collaborazione a livello
di comunità e di amministrazioni locali. Un’attività quantomai importante, considerato che
le popolazioni in questione sono simili per lingua e cultura - sono di ceppo Kakwa - ma abitano una zona suddivisa in epoca coloniale e
dove da anni si scaricano le tensioni prodotte
dai conflitti in corso nei diversi paesi.
Una delegazione è giunta in visita a metà
aprile in Trentino per approfondire i rapporti
di collaborazione sul piano economico e istituzionale: guidata da James Baba, ministro
degli Interni dell’Uganda, da Hassan Nginya, governatore del distretto di Koboko e da
Likambo Araba Drupa jean-Marie, capo della
Chefferie dei Kakwa della Repubblica Democratica del Congo, ha incontrato il presidente
della Provincia autonoma di Trento Alberto Pacher, assieme all’assessore alla solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Feltrami, e visitato
le realtà del mondo cooperativo, della ricerca,
dell’industria locali.
Il ministro Baba ha definito “straordinario” il
lavoro svolto dall’Acav nel distretto di Koboko. “E’ un esempio di collaborazione fra una
organizzazione non governativa e un governo
locale che non ha eguali in Uganda e che ha
suscitato l’interesse di tutte le delegazioni che
hanno visitato questo territorio”, ha aggiunto,
soffermandosi in particolare sul contributo della
scuola agricola di Jabara, inaugurata nell’agosto del 2010, alla crescita dell’agricoltura locale,
soprattutto per quanto riguarda le tre produzioni
principali, la kassava, l’ananas e il mango. Anche nel campo della fornitura di acqua potabile,
lo scavo di nuovi pozzi e la riabilitazioni di quelli
già esistenti ha innalzato il livello di copertura
dei fabbisogni dal 39 al 75% circa.
I benefici dell’operato dell’Acav si sono estesi
inoltre al di fuori dei confini dell’Uganda: anche
le province confinanti della Rd Congo e del
Sud Sudan sono state interessate dalle attività
della Ong trentina, supportata dalla Provincia
autonoma di Trento, in campi che vanno dalla
sanità alla scuola alla riforestazione.
Nel dicembre 2011 è stata inoltre organizzata
in questa regione di confine una prima conferenza transfrontaliera, che ha visto il coinvolgimento di oltre 100 delegati dei tre Stati africani,
fra politici, “elders” - gli anziani, ovvero i saggi
delle comunità coinvolte - , capi religiosi, esponenti della società civile. L’obiettivo dell’incontro era condividere informazioni, idee e buone
pratiche per difendere la lingua e la cultura
della popolazione che vive sui confini dei tre
paesi, e gettare le basi per una cooperazione
transfrontaliera che favorisca lo sviluppo di tutta l’area, prescindendo dai confini geopolitici.
E le prospettive, hanno confermato gli ospiti
ugandesi, sono buone. L’economia nella regione, soprattutto per quanto riguarda la produzione agricola, cresce, alimentata da una
domanda in crescita. Permangono problemi
nel campo dell’approvvigionamento energetico - uno dei settori nei quali il ministro Baba ha
proposto di approfondire la cooperazione con il
Trentino - e soprattutto motivi di tensione geopolitica: il recente precipitare della situazione
nella Repubblica Centrafricana ha provocato
un forte afflusso di profughi nel Sud Sudan, e
questa improvvisa emergenza ha impedito alla
L’incontro tra il presidente Pacher e il ministro ugandese James Baba
delegazione sudanese di raggiungere il Trentino assieme a quelle di Uganda e Rd Congo,
come era inizialmente previsto.
In ogni modo, grazie anche ai progetti portati
avanti da Acav con il suo direttore Pierluigi
Floretta, spira nella regione un’aria nuova,
che sa di speranza e di nuova consapevolezza. “Siamo certi - ha detto Pacher - che la
vostra visita in Trentino consoliderà i rapporti di collaborazione già esistenti e al tempo
stesso consentirà di aprire nuove, interessanti prospettive per le nostre comunità.”
(Marco Pontoni)
Foto M.Pontoni
La scuola agraria di Jabara, inaugurata nell’agosto 2010; sotto: donne in un villaggio ugandese
Foto M.Pontoni
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2013 | anno LVIII
► Antonio Sarzo
Floralpina. I fiori più belli
delle nostre Alpi
Curcu & Genovese, Trento, 2012, pp. 276, euro 39
Non è certo alle prime armi Antonio Sarzo, docente di geografia economica e collaboratore
presso il Museo Civico di Rovereto, in quanto a
pubblicazioni sia scientifiche che divulgative in
campo naturalistico, ma con questo suo ultimo
libro dedicato alla flora delle Alpi si è davvero
superato. Un’esplosione di colori, di forme, d’intensa “Bellezza” muove infatti le pagine con centinaia di fiori suddivisi per cromatismi in schede
essenziali riguardanti le caratteristiche botaniche, il periodo di fioritura, l’areale di diffusione,
l’etimologia del nome e altre curiosità. Se poi, siano proprio i fiori “più belli” delle circa 4.500 specie
che rappresentano la flora alpina è molto difficile
stabilirlo - ma esistono in Natura fiori brutti? - di
certo sono i più appariscenti e fantasiosi: scrigni
di autentica magia.
► Giulio Bazzanella, Giorgio Gilli,
Ernesto Miclet (testi di)
Atlante dei prodotti
agroalimentari del Trentino
Dipartimento Agricoltura, Turismo, Commercio
e Promozione, Servizio Agricoltura, Provincia
autonoma di Trento, 2012, pp. 162. A richiesta
presso il Servizio Agricoltura: tel. 0461 495641
Le produzioni agroalimentari tipiche e tradizionali
trentine - così come del resto quelle di ogni territorio nazionale - costituiscono una preziosa opportunità economica e culturale oltreché un modo per
tutelare ambiente e paesaggi rurali. Questa riedizione dell’Atlante dei prodotti agroalimentari (I ed.
2009) raccoglie dunque un patrimonio di diversità
produttive e al contempo ne promuove la conoscenza quale importante occasione per lo sviluppo
di valori storici, culturali e ambientali strettamente
connessi al territorio. Produzioni tipiche “o di nicchia”, scandite nelle loro attestazioni europee “di
qualità” (DOP, IGP, DOC, IGT) e affiancate da gustose ricette, sono qui proposte sia in una suddivisione tematica - carni fresche e loro preparazione;
formaggi; prodotti vegetali; grassi; paste fresche,
pane, biscotti e dolci; prodotti di origine animale;
pesce; bevande analcoliche, distillati e liquori - sia
geografica per aree comprensoriali.
► Marianne Deluca
Un mondo di pane,
Forme Profumi Sapori
Edizioni UCT, Trento, 2012, pp. 192, euro 30
«S’io fossi il fornaio vorrei cuocere un pane così
grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha
da mangiare» scriveva Gianni Rodari in una sua
filastrocca, qui giustamente scelta per introdurre
all’universo “mondo del pane”, da sempre alimento principe dell’uomo e della cui preparazione si
trovano tracce già nella preistoria. Un libro dunque
“intrigante”, questo, soprattutto per la dovizia di
particolari circa gli ingredienti, le tecniche di lavorazione con le diverse combinazioni dolci e salate,
a cura di Silvia Vernaccini
scaffale
in breve
i tempi di cottura e, infine, le tante e tante ricette
con perfino un approfondimento dedicato al pane
con cereali “poveri” di glutine. L’autrice Marianne Deluca, di madre svizzera e padre fassano e
attualmente residente in Val di Non, nella panificazione e nell’arte di fare il pane trasferisce sue
nostalgie e tradizioni.
► Marzio Zampedri (a cura di)
Il Vino nella valle
della Fersina
Publistampa Edizioni, “Proposta Vini”, Pergine
Valsugana, 2012, euro 15
Nella prefazione Gianpaolo Girardi descrive Marzio Zampedri «un vero topo d’archivio, attratto
dall’atmosfera nella quale riposano i documenti,
dalle situazioni di vita passata che possono evocare»: leggendo questo libro non si può che essere
d’accordo. Davvero incredibile è infatti la mole di
dati, riferimenti, notizie circa la viticoltura e la vinificazione dal XV al XIX secolo nel Perginese, uno
spaccato di storia qui contestualizzato assieme
alla tesi di laurea di Thomas Cammilleri intitolata
Vino e contrabbando in area trentina. Storia di tre
processi e di una strada distrutta (1604-1722) che
ricostruisce alcuni conflitti sorti attorno alla produzione di vino e al suo commercio lungo la strada di
Palù del Fersina a dorso di mulo o di cavallo. Poi
ci furono le due guerre mondiali e il flagello delle
malattie ad attaccare la viticoltura nella Valle della
Fersina e in Valsugana, e solo oggi si sta assistendo a una progressiva ripresa.
► Ivette Marli Boso
Mammane, tiraòssi e benzedeiros.
La medicina popolare dei trentini
del Brasile
Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina,
Collana “Monografie etnografiche trentine - nuova serie”, San Michele all’Adige, 2012, pp. 231, euro 20
Ivette Marli Boso, ricercatrice nata a Nova Trento
da una famiglia originaria della Valsugana e del
Vanoi, ha iniziato ben presto a chiedersi quale
fosse l’identità culturale della sua gente, a 120
anni da quella emigrazione che ha portato il popolo contadino dalle Alpi fino alle foreste del Brasile
meridionale, con un bagaglio che comprendeva
anche le barbatelle delle viti e le uova del baco
da seta. Gli immigrati riuscirono a penetrare lentamente nella comunità della scienza medica. La
cura, in alcuni casi sino ad ora, si attuava con le
erbe o attraverso l’azione di «pratici» come levatrici e tiraòssi e soprattutto dei benzedeiros che,
con rituali e formule magico-religiose, cercavano
di allontanare il male attraverso la forza di un credo che legava guaritore e malato. Proprio dalle
Alpi venivano molte conoscenze relative alle potenzialità curative delle erbe, a cui in Brasile si aggiunsero i suggerimenti provenienti dalle famiglie
luso-brasiliane confuse tra gli immigrati.
67
orto e dintorni: le aromatiche
aromatiche
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
PREZZEMOLO
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La magica fogliolina
che aggiunge l’ultimo aroma
Iris Fontanari
[email protected]
Foto Rensi
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mar-apr
orto e dintorni: le aromatiche
2013 | anno LVIII
D
al tempo dell’antica Roma
non esiste orto in Europa,
fatta eccezione per l’estremo Nord, dove il prezzemolo non sia coltivato. Anche
nella nostra Penisola è presente in tutti gli orti
famigliari e talvolta lo si trova pure allo stato
selvatico.
Questa eccellente e notissima pianticella, tanto utile al cuoco per aromatizzare i cibi più svariati, è probabilmente originaria dell’area mediterranea orientale o dell’Asia sudoccidentale e
sembra che, fino all’epoca medioevale, fosse
coltivata solo per scopi medicinali.
Attualmente il prezzemolo viene coltivato su
larga scala, mentre la sua importanza in cucina è diventata ormai proverbiale, tanto da farlo
assurgere al ruolo di “alimento-farmaco” come
l’aglio, la cipolla, la carota, il cavolo, il tarassaco ecc.
Per valorizzare al massimo il suo aroma, dobbiamo però consumarlo fresco, appena colto
dall’orto; opportunamente tritato, lo si aggiungerà alle vivande solo all’ultimo momento.
Note botaniche e colturali
Il prezzemolo (Petroselinum hortense) appartiene alla stessa famiglia della carota, del
sedano e del finocchio, ossia alle Ombrellifere. È una pianticella biennale con radici a
fittone, ingrossate e carnose. Le foglie hanno
un lungo picciolo e sono costituite da foglioline di color verde scuro lucente e col margine
inciso. I fiori, piccoli e di color giallo verdastro,
spuntano solo nel secondo anno, quindi nei
nostri orti spesso non si vedono perché la
pianta viene coltivata di solito secondo un
ciclo annuale. Fiorisce comunque in primavera-estate e i suoi semi sono piccoli, ovali,
appiattiti e di color grigio-bruno.
Questa pianta vegeta bene in quasi tutti i terreni, purché siano ben lavorati, abbastanza
freschi e permeabili. Si semina a dimora in
file distanti 25-30 cm per consentire l’estirpazione delle erbe infestanti. Eseguendo una
prima semina in marzo-aprile e una seconda
nella tarda estate, è possibile avere foglie fresche quasi tutto l’anno.
La durata di coltivazione del prezzemolo varia dai 70 ai 110 giorni per arrivare ad oltre i
200-250 per le colture di fine estate e inizio
autunno, che possono protrarsi anche fino
all’inizio dell’estate seguente. In questi casi,
soprattutto nelle regioni a clima freddo come
la nostra, è opportuno effettuare le prime semine sotto protezione per avere l’ortaggio fresco anche nel periodo invernale.
Le piantine, durante la crescita, necessitano
di irrigazione costante e regolare (a pioggia o
per scorrimento), che dovrà però essere limitata e a temperatura ambiente sotto le protezioni durante l’inverno.
La raccolta, nel corso dell’anno, è molto scalare: si esegue recidendo le foglie a pochi
centimetri dalla base, dopo di che le piantine
ricresceranno in fretta e in continuazione.
Le varietà di prezzemolo si possono suddividere in due gruppi: a foglia liscia e a foglia
riccia. Le prime sono molto profumate e tendono a crescere in altezza, mentre quelle ricce hanno un profumo meno accentuato e si
espandono maggiormente sul suolo; inoltre,
sono più compatte e molto attraenti dal punto
di vista estetico.
Proprietà terapeutiche e usi
Il prezzemolo è un ortaggio medicinale di
grande valore, ricchissimo di minerali (calcio,
fosforo, magnesio, sodio, potassio, ferro, iodio, rame, manganese) e di vitamine (A e C).
Indubbiamente, la concentrazione di vitamina
C, calcio, ferro e fosforo, presente in questa
pianta, è una fra le più alte nel mondo della
frutta e della verdura.
I principi attivi del prezzemolo attualmente conosciuti sono contenuti nell’olio essenziale,
molto forte, che si distilla soprattutto dai semi
ed è costituito da apiolo, apioside e misisticina;
quest’ultima sostanza è presente anche nella
noce moscata e sviluppa il caratteristico odore
e sapore, tipico del prezzemolo stesso.
Le foglioline di questo eccellente ortaggio, aggiunte alle pietanze (minestre, sughi, insalate,
riso, salse, carni, pesce), oltre a renderle più
appetibili e gustose, ne facilitano pure la digestione.
Il prezzemolo svolge, inoltre, un’operazione
depurativa dell’organismo, stimolando la produzione della saliva e dei succhi gastroenterici, favorendo la motilità intestinale e l’eliminazione dell’urina.
Della pianta, sempre a scopo terapeutico, si
possono utilizzare le radici (in decotto, contro
i disordini digestivi e le debilitazioni), i semi
(in infuso, per rinforzare lo stomaco, contro la
ritenzione di orina e per eliminare i gas intestinali) e le foglie, che hanno proprietà antianemiche, diuretiche, depurative, vitaminiche
e remineralizzanti.
Gli stessi preparati sono però controindicati
ai nefritici e alle donne in gravidanza o in fase
di allattamento.
Sia le foglie che le radici si possono essiccare
e conservare in vasi di vetro in locali bui e
asciutti; tuttavia è preferibile conservare
la pianta mediante il metodo del congelamento perché così mantiene meglio il
suo aroma.
In cucina
Assieme
all’aglio, alla cipolla e al sedano, il
prezzemolo è tra
le aromatiche più
utilizzate: è indispensabile per insaporire un gran numero di piatti ed è uno dei
componenti fonda-
mentali di alcune salse come quella verde,
la tartara o quella al tonno e acciughe.
Una raccomandazione importante, da tener
presente anche per molte altre aromatiche, è
quella di aggiungerlo sempre negli ultimi istanti
di cottura dei cibi per non alterarne l’aroma.
Per avere sempre a disposizione la fragranza
intensa del prezzemolo, è possibile conservarlo anche sott’olio. Si puliscono le foglie
con un panno umido e si lasciano asciugare
per qualche tempo all’aria. Si tritano quindi
finemente e si invasano in piccoli contenitori
ricoprendole bene con olio d’oliva.
La ricetta: riso saporito
Ingredienti: 300 gr di riso, un mazzetto di
prezzemolo, una cipolla, ½ limone, noce moscata, olio extravergine d’oliva, sale.
Lessare il riso in abbondante acqua bollente. Una decina di minuti prima che sia cotto,
far dorare nell’olio la cipolla dopo averla affettata sottilmente; insaporirla con un pizzico
di noce moscata e, poco prima di spegnere,
unire un trito finissimo di prezzemolo, timo e
scorza di limone.
Scolare il riso e unirlo al condimento, mescolando con cura in modo che si amalgami
per bene. Lasciarlo insaporire al caldo per
qualche minuto prima di portarlo in tavola.
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orto e dintorni:
RICETTE
CONTADINE
le aromatiche
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2013 | anno LVIII
SELVATICHE
Le buone erbe
degli antichi sapori
Iris Fontanari
Riso al tarassaco
Ingredienti: 250 g di foglie di tarassaco, 2
cipolle, una carota, un gambo di sedano,
300 g di riso, olio, burro, sale, pepe.
Preparare il brodo di verdura con mezzo litro
d’acqua, una cipolla, la carota e il gambo di
sedano. Versare un filo d’olio in un tegame e
farvi rosolare l’altra cipolla tritata. Aggiungere
il riso e ogni tanto un mestolo di brodo, dopo
un po’ aggiungere il tarassaco a pezzetti. A
fine cottura salare, aggiungere del burro e
del pepe e far mantecare.
Una variante gustosa di questo piatto è la seguente: dopo aver soffritto la cipolla, aggiungere g 200-250 di carne tritata o di salsiccia
e far rosolare assieme a mezzo bicchiere di
vino rosso. Quando il vino è evaporato, unire
il riso e proseguire la cottura versando, un
po’ alla volta, il brodo vegetale. Unire, infine,
il tarassaco tagliato a pezzetti.
Risotto
di pan cuco
Ingredienti: una manciata di foglioline di
acetosa, una manciata di foglie di piantaggine, 3 hg di riso, ½ bicchiere di vino bianco secco, brodo (anche di dado), burro od
olio, parmigiano grattugiato, sale.
Rosolare in poco burro le foglie delle suddette verdure, finemente tagliuzzate; salare e
unire il riso. Cuocere pian piano e “spegnere”
con il vino bianco. Quand’è evaporato, allungare con il brodo bollente e portare a cottura,
sempre mescolando.
Servire con il parmigiano grattugiato.
NB! L’acetosa, pianta tanto utile per le sue
proprietà depurative e digestive, non è tollerata da tutti ed è preferibile non abusarne. Se
ne devono astenere, in particolare, i gottosi,
gli artritici, i sofferenti di iperacidità gastrica e
i soggetti predisposti a litiasi (calcoli).
Foto Rensi
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
P
er molte migliaia di anni l’alimentazione dell’uomo si è basata sulla caccia e sulla raccolta delle erbe spontanee. Anche
dopo la nascita dell’agricoltura
e le relative tecniche di domesticazione di numerose specie vegetali, che permisero di migliorare le condizioni di vita di molti popoli della
Terra, l’uso delle piante selvatiche commestibili è rimasta una pratica diffusa fino ai nostri
giorni. Furono proprio i contadini a
conservare e a tramandare, di
generazione in generazione, innumerevoli ricette culinarie, molte delle quali riescono tuttora a soddisfare il
nostro fabbisogno alimentare e
costituiscono spesso anche
una delizia per il palato.
Ma dove possiamo trovare le erbe selvatiche
commestibili? In realtà
esse sono dovunque,
persino in città, tra le crepe
dei marciapiedi e nelle fessure dei vec-
orto e dintorni: le aromatiche
chi muri; ne sono piene le campagne ed i boschi, le troviamo nei
prati di collina e in quelli di
montagna e sono sempre presenti anche nei
nostri orti.
Tutte queste specie vegetali, che in un primo
momento possono sembrare insignificanti, sono
invece quelle che ci sorprendono più
delle altre, se solo abbiamo la pazienza e la curiosità di conoscerle da vicino.
In realtà per secoli esse sono state preziose
alleate dell’umanità, sia nei periodi di abbondanza che in quelli di carestia, e per secoli
l’uomo le ha studiate, raccolte, sperimentate e
classificate negli erbari; anche perché molte di
esse gli sono state sempre indispensabili soprattutto sotto il profilo... terapeutico!
Attualmente, nonostante i diserbanti, l’agricoltura intensiva e la perdita di memoria, proprio
come allora le buone erbe selvatiche sono
ancora lì, a nostra disposizione, modeste ma
resistenti, del tutto gratuite e assolutamente
buone.
Conoscere le piante selvatiche ci offre anche
l’opportunità di non perdere il contatto con la
natura, riscoprendo specie vegetali che fanno
parte della nostra tradizione e comprendendo
al tempo stesso il vero gusto dei cibi, fatto di
sapori veri, naturali ai quali non siamo ahimè
più abituati.
Una delle piante spontanee commestibili più
famose è il tarassaco (Taraxacum officinale),
da sempre amato sia dai buongustai che dai
fitoterapeuti per le sue molteplici proprietà alimentari e medicinali.
L’ottimo “dent de cagn” è diffuso un po’ ovunque: nei campi, ai bordi delle strade, nei giardini, nei prati e negli orti, dove spesso è considerato pianta infestante. Eppure è una delle
erbe più sfruttate in cucina anche perchè se ne
possono consumare tutte le parti, dalle radici
alle foglie ai boccioli fiorali e ai fiori! Il tarassaco
va consumato soprattutto crudo, ma è gustoso
anche cotto. Assieme al tarassaco, una delle
erbe selvatiche altrettanto diffuse è la borsa
del pastore, chiamata in dialetto anche “erba
borsa” (Capsella bursa pastoris): se la cerchiamo nel prato o nei campi, la troviamo di sicuro,
ma non è difficile riconoscerla talora anche tra
le macerie e ai margini delle strade.
La forma dei suoi frutti la rende subito riconoscibile: essi ricordano, infatti, le borse usate
un tempo dai pastori per riporvi il sale da dare
alle pecore; dovendoli descrivere più semplicemente, si può dire che assomigliano a
cuoricini.
E’ una pianta molto saporita, soprattutto se
consumata cruda (ma risulta ottima anche
cotta) prima della sua fioritura.
Un tempo i nostri contadini consumavano
anche l’acetosa (Rumex acetosa), che chiamavano “pan cuco” o “pan e vin”, pianta da
cui è derivata l’eccellente qualità da orto con
foglie larghe, di color verde pallido e molto più
tenere, chiamata acetosa bionda o acetosa
maggiore.
Una manciata delle sue giovani foglie o
degli apici teneri prima della fioritura, mescolati all’insalata, le conferisce un sapore
piuttosto acidulo. Unita alla piantaggine
(“piantonega”), altra verdura spontanea dei
nostri prati, è un componente gustoso del
risotto di pan cuco.
Foto Hans Hillewaert
Crocchette di
borsa di pastore
Ingredienti: 4 hg di foglie di borsa del
pastore, 2 uova, una patata, uno spicchio
d’aglio, 1 hg di pane raffermo grattugiato,
sale.
Dopo aver lavato la patata e le foglie, lessarle e scolarle. Col passaverdure ridurle
in purea, quindi aggiungere le uova, l’aglio
tritato, il pane grattugiato e il sale. Amalgamare bene il tutto e ricavarne delle crocchette della forma desiderata. Cuocere in
forno a 180° per una quindicina di minuti.
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ortoEeSALUTE
CIBO
dintorni: le aromatiche
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Pressione alta, ipertensione?
Rimediamo con la dieta
e
meno sale
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Prof. Carmelo Bruno
già insegnante di chimica all’ITI “Buonarroti” di Trento
Archivio CCIAA TN © Carlo Baroni
L
’ipertensione è certamente
uno dei problemi clinici più
rilevanti e diffusi del XX e
XXI secolo. Ma cos’è l’ipertensione? La pressione del
sangue è la forza che il sangue esercita
sulle pareti dei vasi sanguigni. Coloro che
soffrono di ipertensione (I.T.) hanno una
pressione sanguigna troppo alta. La pressione aumenta momentaneamente dopo
uno sforzo fisico o una tensione emotiva ma
dopo un momento di rilassamento torna a
livelli normali. Il disturbo inizia nel momento
in cui la pressione non torna normale, ma
rimane alta. Questo fenomeno è chiamato
“ipertensione essenziale”, cioè senza una
causa apparente, quindi non dipendente da
cause o malattie particolari.
La pressione sanguigna ha due valori di riferimento: la pressione sistolica, è il valore
più alto misurato mentre il cuore pompa, e
quella diastolica, misurata nel momento di
riposo tra un battito e l’altro, quando la pressione è al minimo. I valori normali si situano
nell’intervallo 110/70 e 140/90. La pressione
ideale è 120/80.
CAUSE DELL’IPERTENSIONE
Certamente lo stile di vita e lo stress hanno
un ruolo importante, però l’I.T. è strettamente
correlata a fattori di natura alimentare. Essa
è un’altra delle numerose malattie associate alla dieta occidentale e si riscontra quasi
elusivamente nei paesi industrializzati. Le
persone che vivono nelle zone non eccessivamente sviluppate dell’Oriente e dell’Africa,
non presentano, in genere, I.T. essenziale,
né evidenziano un aumento della pressione
arteriosa con l’aumentare dell’età.
A ulteriore riprova di questa constatazione,
quando i membri appartenenti a questa società migrano verso zone industrializzate e
adottano una alimentazione tipica di quelle
zone, l’incidenza dell’I.T. aumenta.
Studi clinici ed epidemiologici hanno ripetutamente dimostrato che l’obesità è uno dei
principali fattori dell’I.T.. La perdita di peso
abbassa la pressione arteriosa sia nelle persone ipertese che in quelle normotese, perciò dovrebbe essere il principale obiettivo
per ridurre l’ipertensione nei soggetti obesi.
Anche i fattori legati allo stile di vita hanno
un ruolo importante come causa dell’I.T. Gli
effetti derivanti dal consumo prolungato di
caffè sulla pressione sanguigna non sono
stati ancora chiaramente definiti. Comunque, uno studio di vasta portata ha rilevato
un lieve, ma statisticamente rilevante, innalzamento della pressione allorchè i soggetti
che bevevano cinque o più tazze di caffè al
giorno venivano confrontati con coloro che
non consumavano caffè.
L’alcool, se consumato a dosi elevate e
per un periodo prolungato favorisce l’I.
T., tramite l’aumentata secrezione di
adrenalina.
È accertato che anche il fumo
di sigaretta è un fattore che
contribuisce all’ipertensione. La reazione ipertensiva
alla nicotina è dovuta alla
stimolazione della ghiandola surrenale, che si traduce
in un’aumentata secrezione di
adrenalina.
Anche lo stress è un fattore molto importante nell’I.T.. Infatti la tensione causa la contrazione delle
pareti arteriose che rimpicciolisce
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mar-apr
2013 | anno LVIII
le arterie. Le persone che hanno ritmi di vita
intensi diventano facilmente ipertesi. Alcune
persone reagiscono in modo eccessivo a situazioni emotive, causando aumenti di pressione più frequenti e che durano più a lungo.
Se il fenomeno non viene corretto può provocare I.T.. In questi casi le tecniche di rilassamento come lo yoga, la meditazione, il
training autogeno ecc. si sono dimostrate di
aiuto nell’abbassare la pressione arteriosa.
Anche l’elevato tasso di colesterolo nel
sangue e la conseguente aterosclerosi
può provocare I.T. perché il sangue passa
con difficoltà attraverso le arterie che sono
parzialmente ostruite dalla placca aterosclerotica, di conseguenza la pressione del
sangue aumenta. Assieme all’aterosclerosi
può verificarsi anche l’arteriosclerosi, cioè
l’indurimento delle arterie. Le arterie sono
elastiche e tendono a perdere la loro elasticità e a indurirsi con l’età. Uno dei motivi è
la carenza di vitamina C, necessaria per la
produzione del collagene, la colla intercellulare che mantiene elastiche le arterie. L’aterosclerosi, l’arteriosclerosi e la perdita di
fluidità del sangue sono fattori che possono
fare aumentare la pressione arteriosa.
In ultimo, ma non per importanza, coloro che
consumano alimenti ricchi di sodio hanno
un rischio più elevato di soffrire di pressione alta, in quanto il sodio provoca ritenzione
idrica, che esercita una pressione sui vasi
sanguigni.
COME INTERVENIRE?
Secondo il prof. Cannella, famoso studioso
dell’Università di Roma, non si può ormai
prescindere da un approccio combinato, dietetico e farmacologico. Qui vengono riportati
solo consigli di tipo alimentare che possono
andare bene per tutti quelli che hanno problemi di pressione alta. Naturalmente il medico
deciderà sulle medicine.
L’alimentazione indicata per abbassare l’I.T.
è ricca di frutta , verdura fresca e cereali, bisogna ridurre drasticamente sale, zucchero e
grassi animali
Vediamo alcuni fattori alimentari correlati con
la pressione sanguigna.
IL RAPPORTO
SODIO/POTASSIO
Il ruolo svolto da
di sodio e ponell’insorgevalutato in
una dieta ricca
vera di potassio
re dell’I.T. è stato
modo conclusivo.
Numerosi studi epidemiologici
hanno
dimostrato una significativa correlazione tra eccessivo consumo di sale e
sviluppo dell’I.T. arteriosa.
Foto di Rute Martins di Fotografia di Leoa
orto e dintorni: le
CIBO
aromatiche
E salute
Il consumo eccessivo di cloruro
di sodio (sale da cucina) , insieme ad una diminuita
assunzione di potassio con
l’alimentazione, provoca
un
aumento
del volume
dei liquidi
e
compromette
i meccanismi di regolazione della pressione sanguigna,
dando luogo, nei
soggetti predisposti, all’I.T..
tassio e povera
Una dieta ricca di podi sodio limita l’innalzamento della pressione
sanguigna in condizioni di stress, riducendo
l’effetto costrittivo dell’adrenalina sui vasi
sanguigni. La sola limitazione del sodio non
è sufficiente a tenere maggiormente sotto
controllo la pressione: è necessario che ci
sia un elevato apporto di potassio.
Una sempre più diffusa consapevolezza degli effetti dannosi dell’eccesso di sodio ha
portato ad un minor consumo del sale da cucina. Però è aumentato il contenuto di sale
negli alimenti già pronti e lavorati. Quindi
dovrebbero essere evitati il glutammato di
sodio (dadi), i vegetali in scatola, le bevande dietetiche e anche il bicarbonato. In ogni
caso leggere le etichette cercando il simbolo
del sodio (Na), cioè bisogna scovare quello
che si chiama il “sale nascosto” nei cibi e nei
condimenti.
Il controllo dell’apporto di sodio non può perciò limitarsi alla semplice limitazione del sale
aggiunto in cucina e in tavola. Altri alimenti
da evitare sono gli insaccati, la carne affumicata, la pancetta, le salsicce, gli alimenti in
salamoia, i formaggi fermentati.
QUALE TIPO DI DIETA?
Gli studi dicono che chi ha una dieta prevalentemente vegetariana ha valori di pressione generalmente più bassi, poiché il potassio è ampiamente contenuto in molti tipi di
frutta e verdura. È da notare che la quantità
di sodio introdotta con l’alimentazione è circa la stessa tra vegetariani e non vegetariani. Ciò che cambia notevolmente nella dieta
vegetariana è la grande quantità di potassio
in essa contenuta e quindi permette di abbassare il rapporto sodio/potassio.
Inoltre, in tale dieta sono molto presenti le
fibre, il calcio, il magnesio, la vitamina C, gli
acidi grassi polinsaturi, che esercitano un’influenza positiva sulla pressione sanguigna. In
Foto di Luis H. Jovel
particolare la fibra alimentare (crusca
d’avena, pectina delle mele, semi di psillio….) si è rivelata efficace nella prevenzione
e nel trattamento dell’I.T..
CALCIO E MAGNESIO
Hanno un effetto protettivo sulla pressione
arteriosa. Alcune sperimentazioni cliniche ci
dicono che i soggetti ipertesi possono trarre
beneficio da un’alimentazione ricca di calcio (latte, spinaci, broccoli…) e dall’integrazione in calcio, che ha un’azione riducente
sulla pressione sanguigna. Il magnesio è
un fattore ancora più importante del calcio
nell’abbassare la pressione. La carenza
intracellulare di magnesio è uno dei fattori responsabili dell’I.T. in quanto il livello è
notevolmente più basso negli ipertesi e può
essere inversamente correlato con la pressione sanguigna. Un’alimentazione ricca
di magnesio si ottiene consumando fagioli,
piselli, verdure di colore verde scuro, latte,
noci…).
Per capire meglio, diciamo che le arterie
sono circondate da uno strato muscolare, e
un eccesso di sodio oppure una carenza di
calcio, magnesio o potassio può provocare un aumento della pressione muscolare.
Aumentare l’apporto di questi minerali, evitando di aggiungere sale ai cibi, può avere un effetto determinante sulla pressione
arteriosa.
Anche l’aglio e la cipolla svolgono attività
ipotensiva. Il meccanismo di azione dell’aglio è in relazione con l’effetto da questi
esercitato sul sistema nervoso autonomo e
con le sue proprietà ipolipemizzanti.
Anche i grassi omega-3 (pesci) e l’olio extravergine di oliva riducono la pressione
arteriosa nei pazienti ipertesi. Mentre hanno
effetto ipertensivo i grassi saturi (di origine
animale e vegetale).
73
tt 02
ortoEeSALUTE
CIBO
dintorni: le aromatiche
mar-apr
2013 | anno LVIII
I parassiti negli alimenti
cosa si muove
in
dispensa
74
Rosaria Lucchini
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
delle Venezie - Sezione di Trento
L
a bella stagione è cominciata, e cominciano a volare le
farfalle sui fiori e nei prati. Ma
non solo!
Durante la primavera-estate
non è raro vedere bruchi bianchi sui soffitti
delle cucine, o farfalline grigie che danno il
benvenuto all’apertura della dispensa. Ma
non sono i soli. Ci sono numerosi insetti,
coleòtteri (tribolio della farina, punteruolo
del grano) e lepidòtteri (tignola della farina,
tignola del grano, …) che parassitano gli alimenti, soprattutto i sacchetti di cereali, farine, legumi e frutta secca.
A causa dello loro piccole dimensioni e della notevole mobilità, possono raggiungere
le derrate o esservi trasportate dall’uomo
in qualsiasi momento della conservazione,
della trasformazione o del confezionamento. Sono in grado di perforare le confezioni
e infestare il contenuto. Questi parassiti non
sono direttamente causa di malattia nell’uomo, ma la loro presenza negli alimenti rap-
presenta comunque un problema sanitario,
in quanto possono deteriorare il prodotto
rendendolo parzialmente o totalmente inutilizzabile e causare un impoverimento nutrizionale dello stesso. Possono essere fonte
di ingenti danni economici, soprattutto per
le industrie alimentari, poiché consumano
gli alimenti, ne riducono la conservabilità,
favoriscono la contaminazione di muffe o di
altri germi; possono depositare uova, escrementi, impurità direttamente sugli alimenti,
sulle superfici di lavoro, sulle attrezzature e
nei recipienti.
Persino i nuovi Regolamenti comunitari del
“Pacchetto igiene” hanno confermato l’importanza della lotta contro i parassiti per il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza alimentare.
e delle loro larve. La presenza di parassiti
nelle scorte alimentari non sta obbligatoriamente ad indicare una carenza igienica in
casa. Le uova, le larve, le tarme e i coleotteri
possono essere già presenti negli alimenti
o nelle confezioni prima dell’acquisto. Per
questo è importante che al momento dell’acquisto si scelga merce di buona qualità e in
buono stato di conservazione.
Come evitare i parassiti
nelle scorte alimentari?
Il problema si ripresenta ogni estate. Le temperature estive caldo-umide favoriscono una
veloce propagazione di farfalline e coleotteri
Consigli:
Controllate regolarmente le scorte, d’estate
anche ogni mese.
Conservate i cereali, la farina, la pasta e la frutta
secca in contenitori a chiusura ermetica, perché
Come possiamo accorgerci
della presenza di parassiti?
È possibile vedere filamenti di ragnatela nelle
confezioni di riso e di farina, oppure dei grumi,
piccoli fori nella confezione e anche tracce di
escrementi e di altre impurità, bozzoli di seta.
tt 02
mar-apr
2013 | anno LVIII
orto e dintorni: le
aromatiche
CIBO
E SALUTE
sentino fori.
Lavate con acqua e aceto le superfici interne
degli armadi dove depositate le scorte, perché le uova e le larve spesso si nascondono
nelle fessure.
Per completare l’opera potrete mettere delle
trappole con sostanze per il richiamo sessuale per catturare i maschi.
In caso di lunga assenza tenere i cibi a rischio (semola, farine integrali) nel frigorifero. Non lasciare confezioni aperte di biscotti,
riso e farina nella dispensa. Meglio in confezioni chiuse o conservare il riso aperto per
esempio in frigorifero.
Non dimenticate frutta secca e caramelle o
cioccolatini nei vassoi. Potrebbero diventare
pranzetti invitanti.
È sorprendente la varietà di alimenti che può
essere attaccata da questi insetti. Qualsiasi
derrata, infatti, può scatenare il loro appetito:
dalle granaglie ai cereali, dal legno alle merci deperibili e molto altro ancora.
Indicazioni pratiche di corretta conservazione di alimenti. Non riporre in dispensa sacchetti aperti e non lasciare
briciole sui ripiani che possono attirare insetti quali larve e forme adulte.
i parassiti mangiano anche le confezioni.
Non dimenticate resti di alimenti in confezioni aperte, né briciole sui ripiani della dispensa, perché attirano i parassiti.
Le “nonne” insegnavano di porre nella dispensa
o negli armadi della cucina batuffoli di cotone o
sacchettini di stoffa imbevuti di olio di lavanda o
foglie di noce avvolte in carta pergamena, per
tenere lontane le tarme dalle scorte.
Che fare, di fronte a un’invasione
di animaletti?
Evitate di correre ai ripari con la chimica, rischiosa per la salute e nella maggior parte
dei casi neanche necessaria.
Chiudete subito in un sacchetto di plastica
gli alimenti infestati e gettateli via onde evitare un’ulteriore infestazione di parassiti.
Esaminate attentamente gli alimenti che non
sembrano ancora infestati per individuare filamenti ed impurità e in caso di esito positivo
gettate anche questi.
Verificate le confezioni sigillate, che non pre-
approfondimento
I parassiti sono organismi che traggono nutrimento e protezione da altri esseri viventi
chiamati “ospiti”. Alcuni tipi presenti negli alimenti possono essere portatori di malattie
per l’uomo. Per proteggere la salute del consumatore da questa minaccia l’Unione
Europea ha adottato un approccio integrato alla sicurezza alimentare che interessa
l’intera filiera, dall’azienda agricola alla tavola. Alcuni parassiti, quali i vermi nematodi,
ovvero vermi tondi, possono risiedere negli organi di animali e dell’uomo.
L’ anisakidosi, nota anche come malattia del verme delle aringhe, è una patologia gastrointestinale a trasmissione alimentare, dovuta alla presenza nel cibo di parassiti della famiglia
Anisakidae, responsabili talvolta anche della comparsa di fenomeni allergici. Gli adulti di
anisakis, simili a spaghettini lunghi 1-2 cm, di color bianco lattescente, si possono trovare
nella cavità celomatica dei pesci (area dove sono contenuti i visceri), in particolare tonno,
pesce spada, pesce azzurro e alcuni cefalopodi. Una buona cottura o un trattamento di
congelamento a -20°C per almeno 24 ore sono sufficienti per sanificare le carni.
La trichinellosi è una malattia causata da nematodi capaci di infestare i mammiferi,
soprattutto carnivori e onnivori (maiale, volpe, cinghiale …), gli uccelli e i rettili. La trasmissione avviene per via alimentare, consumando carni poco cotte o crude contenenti
larve del parassita trichinella spp. I sintomi possono essere rappresentati da diarrea,
dolori muscolari, debolezza, sudorazione, febbre. E’ importante quindi consumare carne ben cotta (è sufficiente 1 minuto a 65°C), far controllare al Servizio Veterinario la
carne di suini allevati in ambito domestico o di cinghiali cacciati per la presenza di Trichinella spp. Per tartara e carpaccio con carni di cui non è nota la provenienza meglio
eseguire congelamento a -20°C per almeno 24 ore.
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