MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO
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MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO
MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO (ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e successive integrazioni) - Allegato 5 Identificazione e valutazione dei rischi 231 Versione 2.0 Dicembre 2016 2 INDICE 1. IDENTIFICAZIONE DEL RISCHIO ................................................................... 4 1.1. Le categorie di reato ......................................................................................... 4 1.2. Categorie di reato non applicabili ....................................................................... 5 1.3. Identificazione dei rischi.................................................................................... 5 1.3.1. Approfondimento Autoriciclaggio ............................................................... 6 1.3.1.1. I reati tributari ................................................................................ 8 1.3.1.2. I delitti contro la fede pubblica ...................................................... 11 1.3.2. Approfondimento “Ecoreati” .................................................................... 11 1.3.3. Approfondimento “Falso in bilancio” ......................................................... 12 1.3.4. Rappresentazione dell’identificazione dei rischi ......................................... 13 2. VALUTAZIONE DEL RISCHIO ........................................................................ 15 2.1. Elementi per la valutazione ...................... Errore. Il segnalibro non è definito. 2.2. Quantificazione del rischio............................................................................... 15 3 1. IDENTIFICAZIONE DEL RISCHIO 1.1. Le categorie di reato Le categorie di reato previste ad oggi dal Decreto sono: - indebita percezione di erogazioni pubbliche, truffa in danno dello Stato o di un Ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un Ente pubblico (art. 24 del D.Lgs. 231/2001); - reati informatici e trattamento illecito di dati (art. 24 bis del D.Lgs. 231/2001); - delitti di criminalità organizzata (art. 24 ter del D.Lgs. 231/2001); - concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione (art. 25 del D.Lgs. 231/2001); - falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (art. 25 bis del D.Lgs. 231/2001); - delitti contro l’industria e il commercio (art. 25 bis.1 del D.Lgs. 231/2001); - reati societari (art. 25 ter del D.Lgs. 231/2001); - delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (art. 25 quater del D.Lgs. 231/2001); - pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art.25 quater.1 del D.Lgs. 231/2001); - delitti contro la personalità individuale (art. 25 quinquies del D.Lgs. 231/2001); - abusi di mercato (abuso di informazione privilegiata e manipolazione del mercato, art. 25 sexies D.Lgs. 231/2001); - reati transnazionali (disposizioni contro le immigrazioni clandestine, ecc - introdotti dalla Legge comunitaria 2005 approvata con L. 25 gennaio 2006, n.29); - reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (art. 25 septies D.Lgs. 231/2001); - reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio (art. 25 octies D.Lgs. 231/2001); - delitti in materia di violazione del diritto d’autore (art. 25 novies del D.Lgs. 231/2001); - induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (art. 25 decies del D.Lgs. 231/2001); - alcune fattispecie di reati ambientali (art. 25 undecies del D.Lgs. 231/2001); - impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 25 duodecies del D.Lgs. 231/2001). L’Allegato 5 al Manuale di organizzazione, Gestione e Controllo ex D.Lgs. 231/2001 contiene l’elenco esaustivo dei Reati. 4 1.2. Categorie di reato non applicabili La Società ha provveduto ad analizzare le fattispecie di reato, escludendo alcune categorie di reati perché non astrattamente applicabili, in considerazione di attività e finalità statutarie. In tale tipologia di reati sono presenti: i “Delitti di falsità in monete, in carte di pubblico credito ed in valori di bollo” (art. 25-bis Decreto legislativo 231/2001), il delitto di “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili” (art. 25-quater-1 Decreto legislativo 231/2001), i “Delitti contro la personalità individuale” (art. 25-quinquies Decreto legislativo 231/2001) ed i reati di abusi di mercato (art. 25-sexies Decreto legislativo 231/2001). In ambito ambientale di escludono invece: inquinamento del mare provocato dalle navi (D.Lgs. 202/2007) attività organizzata finalizzata al traffico illecito di rifiuti ad alta radioattività (Art 260 d.lgs. 152/06) traffico illecito e abbandono di materiale ad alta radioattività (Art. 452-sexies del c.p.) uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (Art. 727-bis c.p.) commercio internazionale di specie animali e vegetali in via di estinzione/ Detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili pericolosi (Legge n. 150/92 art. 1 commi 1 e 2, art. 2 commi 1 e 2, art. 6 comma 4 e comma 3 lett. a) e b)) alterazione dei certificati per l'introduzione di specie protette nella Comunità europea (Legge n. 150/92 art. 3-bis comma 1 (rif. a codice penale) e comma 3 lett. c)). 1.3. Identificazione dei rischi Rispetto a tutte le altre categorie di reato la Società ha provveduto ad identificare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati, così come richiesto dall’Art. 6 del D.Lgs. 231/2001. Si precisa che, in relazione alle fattispecie corruttive (ricomprese sia nei reati contro la P.A se il soggetto corrotto è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, sia nei reati societari, se il soggetto corrotto è privato (c.d. Corruzione tra privati), l’approccio seguito ha inteso: 1. Individuare e presidiare le condotte illecite che possono di per sé costituire reato (in occasione di contatti commerciali, in occasione di verifiche, in occasione di richiesta autorizzazioni, etc). In questa analisi sono stati presi in considerazione quelle attività/processi all’interno dei quali si potrebbe dar luogo a quella “retribuzione in altra utilità” che è essa stessa elemento costitutivo della corruzione. Fra questi: gestione omaggi/liberalità/sponsorizzazioni, assunzione di personale (su indicazione del soggetto corrotto); assegnazione di contratti di fornitura di beni e servizi/consulenze (a soggetti indicati dal corrotto). 2. Identificare e presidiare quei processi strumentali alla corruzione all’interno dei quali si può costituire la provvista da utilizzare come “retribuzione in denaro”: 5 processi di fatturazione attiva e passiva (mediante gestione irregolare) rimborsi spesa (fittizi o per ammontare diverso da quello delle spese effettivamente sostenute). Si segnala che il reato di associazione per delinquere è considerato “trasversale” alle diverse attività/processi; infatti, tale fattispecie si configura “quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti” e, dunque, in presenza di qualsiasi delitto (anche non ricompreso tra quelli tassativamente previsti dal Decreto Legislativo 231/2001). 1.3.1. Approfondimento Autoriciclaggio Per quanto attiene all’analisi del rischio Autoriciclaggio si riportano gli approfondimenti svolti. La legge 186/2014, in vigore dall’1.1.2015, ha introdotto nell’ordinamento italiano il reato di autoriciclaggio all’articolo 648 ter1 c.p., la cui finalità è di punire l’inquinamento del sistema economico, imprenditoriale e finanziario, attraverso l’utilizzo di denaro o beni di provenienza delittuosa. Il nuovo reato di autoriciclaggio è stato altresì inserito tra i “reati presupposto” della responsabilità amministrativa degli enti, all’art. 25 octies D.Lgs. 231/2001. Data la complessità del reato, prima di analizzare il rapporto tra autoriciclaggio e D.Lgs. 231/2001, si ritiene opportuno procedere con l’analisi dettagliata della struttura dell’art. 648ter1 e dei suoi elementi costitutivi. Si precisa inoltre che, trattandosi di fattispecie delittuosa inedita per l’ordinamento giuridico nazionale e non essendoci, allo stato, precedenti giurisprudenziali in materia, l’analisi del reato nonché l’analisi del rischio e la costruzione dei presidi preventivi è stata realizzata tenendo in debita considerazione gli orientamenti dottrinali più autorevoli, senza trascurare quando affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con riferimento all’ipotesi di riciclaggio, la cui struttura presenta forti analogie con il nuovo reato di autoriciclaggio. La fattispecie di reato L’art. 648ter1 c.p. sanziona chiunque, dopo aver commesso un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dal medesimo delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza illecita. Come osservato in Dottrina, la disponibilità ‘in proprio’ di mezzi economici di provenienza illecita (come tali non soggetti a imposizione fiscale, svincolati da qualsiasi controllo e generati attraverso modalità a loro volta alterative della concorrenza) ne permette l’impiego in attività lecite ponendo l’utilizzatore in una condizione di privilegio rispetto ai relativi competitori, rispettosi delle regole. In quest’ottica l’autoriciclaggio non si esaurisce, quindi, in una frazione del reato presupposto o in un mero post factum non punibile, ma rappresenta un’ulteriore diversa condotta caratterizzata da un proprio specifico disvalore e, proprio in quanto tale, autonomamente punibile. 6 L’autore del reato di autoriciclaggio è colui che, prima, ha partecipato alla commissione del delitto non colposo, da cui è derivato il provento illecito, e, poi, ha volontariamente sostituito, trasferito o impiegato detto provento in attività economiche con modalità tali da rendere obiettivamente difficoltosa l’identificazione della provenienza delittuosa. In particolare, nel concetto di sostituzione del denaro, dei beni o di altre utilità di provenienza delittuosa, rientrano tutte le attività dirette alla c.d. “ripulitura” del prodotto criminoso, separandolo da ogni possibile collegamento con il reato (la sostituzione, quindi, può essere realizzata nei modi più svariati, ad esempio mediante il cambio di denaro contante con altre banconote, il deposito in banca ed il successivo ritiro). Il trasferimento rappresenta, invece, una specificazione della sostituzione e riguarda tutte le condotte che implicano uno spostamento dei valori di provenienza delittuosa da un soggetto ad un altro o da un luogo all’altro, in modo da far perdere le tracce della titolarità, della provenienza e della effettiva destinazione. La sostituzione, il trasferimento o l’impiego del denaro devono necessariamente riguardare attività imprenditoriali finanziarie, economiche o speculative; per questo motivo l’art. 648 ter1, comma quarto, c.p. esclude la punibilità nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità di provenienza illecita siano destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale. Circa i rapporti tra il reato presupposto ed il reato di autoriciclaggio si evidenzia, anzitutto, che l’estinzione del delitto presupposto non esclude la configurabilità del reato di autoriciclaggio. Si precisa, inoltre, che la giurisprudenza formatasi in materia di riciclaggio non ritiene necessario accertare l’esistenza del reato presupposto con una sentenza di condanna, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza. Autoriciclaggio e D.lgs. 231/2001 L’art. 3 co. 5 legge 186/2014 ha inserito il reato di autoriciclaggio anche nel catalogo dei reati di cui al D.Lgs. 231/01, la cui consumazione è in grado di attivare il meccanismo sanzionatorio nei confronti degli enti. La particolare struttura del reato di autoriciclaggio rende del tutto peculiare il rapporto tra il medesimo reato ed il D.Lgs. 231/2001. Se, infatti, l’art. 648 ter1 c.p., dal punto vista penale, trova applicazione nei confronti di chiunque investa il provento derivante dalla precedente commissione di un qualsiasi delitto non colposo, dalla prospettiva degli enti, l’inserimento del delitto in parola nell’elenco dei reati presupposto di cui al D.Lgs. 231/2001, apre la strada ad una serie di reati, formalmente esclusi dallo stesso decreto. Partendo, infatti, dal presupposto che l’autoriciclaggio si configura se sussistono contemporaneamente le tre seguenti condizioni: i) ii) iii) sia creata o si sia concorso a creare − attraverso un primo delitto non colposo − una provvista consistente in denaro, beni o altre utilità; si impieghi la predetta provvista, attraverso un comportamento ulteriore e autonomo, in attività imprenditoriali, economiche e finanziarie; si crei un concreto ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa della anzidetta provvista; ne consegue che tutti i delitti non colposi, capaci di generare profitto, rappresentano un potenziale pericolo per l’ente, dal momento che la loro 7 consumazione costituisce il primo passo per la consumazione del delitto ulteriore di autoriciclaggio. Non si può escludere, in particolare, che il mero utilizzo della somma risparmiata possa configurare l’”impiego” previsto dalla fattispecie di autoriciclaggio. Il riferimento è all’utilizzo, ad esempio, del risparmio d’imposta determinato dalla violazione di norme tributarie di rilevanza penale ovvero all’utilizzo del risparmio realizzato tagliando i costi della sicurezza in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. E’ del tutto evidente, quindi, che anche in ambito aziendale la prevenzione del reato di autoriciclaggio deve essere incentrata sulla prevenzione di quei delitti non colposi, in grado di generare un profitto e/o risparmio investibile. Delitti in grado di generare profitto e/o risparmio investibile e reati presupposto ex D.Lgs. 231/2001 L’individuazione dei reati potenzialmente in grado di costituire il presupposto per l’autoriciclaggio costituisce (come già anticipato) il primo passaggio per individuare i processi sensibili in ambito aziendale. A tal proposito, si possono individuare le seguenti categorie di reati, già richiamate dal D.Lgs. 231/2001: • reati societari; • reati corruttivi; • indebita percezione di erogazioni, malversazione, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico, o per il conseguimento di erogazioni pubbliche • reati ambientali • associazione per delinquere • reati a carattere transnazionale. Inoltre si evidenziano di seguito fattispecie non già ricomprese nel catalogo 231 ma che, qualora commesse, potrebbero determinare il concretizzarsi del reato di autoriciclaggio: • reati tributari • delitti contro la fede pubblica • reati fallimentari • delitti contro il patrimonio. 1.3.1.1. I reati tributari Nel caso di reati tributari (D.lgs. 74/2000), che per la loro natura producono normalmente un vantaggio economico, la possibilità di commettere il nuovo delitto di autoriciclaggio è particolarmente elevata, stante la possibile ricorrenza delle condotte previste dalla nuova norma e cioè la sostituzione, trasferimento o impiego in attività economiche e finanziarie del denaro o delle utilità, in modo da ostacolarne concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa. I delitti tributari, la cui consumazione costituisce un potenziale pericolo per la successiva contestazione dell’autoriciclaggio, sono, quindi, i seguenti: a) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti b) dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici c) dichiarazione infedele 8 d) omessa dichiarazione e) emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti f) occultamento o distruzione di documenti contabili g) omesso versamento di ritenute certificate h) omesso versamento di IVA i) indebita compensazione j) sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte Di seguito vengono illustrate - per i principali reati tributari - le condotte punite e le soglie di punibilità, se previste. a) Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000) Utilizzo di fatture o documenti per operazioni inesistenti per indicare in una delle dichiarazioni relative alle IIDD o a IVA elementi passivi fittizi, al fine di evadere le imposte sui redditi o sull’Iva. Ad esempio la Società utilizza fatture oggettivamente inesistenti emesse da una società terza per generare costi inesistenti che abbattono il reddito imponibile, determinando un risparmio d’imposta. b) Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.Lgs. 74/2000) Indicazione in una delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, al fine di . Soglie di punibilità: a) imposta evasa > € 30.000, per ogni imposta; b) ammontare complessivo degli elementi attivi o passivi sottratti all’imposizione è superiore al 5% degli elementi indicati in dichiarazione o comunque è superiore a € 1,5M; ovvero ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta è superiore al 5% dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque è superiore a € 30.000 Ad esempio • Utilizzo di contratti simulati per ridurre l’imponibile. • Registrazione in contabilità di un costo mai sostenuto, senza avere alcuna fattura di acquisto; • Omessa registrazione in contabilità di una fattura di vendita regolarmente emessa. c) Dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000) Indicazione in una delle dichiarazioni annuali relative a IIDD o a IVA di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi. Soglie di punibilità: a) imposta evasa > € 150.000, per ogni singola imposta; b) ammontare complessivo degli elementi sottratti all’imposizione è superiore al 10% degli elementi indicati in dichiarazione o comunque è superiore a € 3M. Esempi: - Indicazione in dichiarazione dei redditi di un risultato di bilancio inferiore a quello che risulta dal bilancio e dalla contabilità. - Indicazione in dichiarazione di elementi passivi inesistenti. 9 Far gravare indebitamente costi su un esercizio in utile, piuttosto che su uno in perdita. - Sottofatturazione di operazioni di vendita. d) Omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. 74/2000) Omessa presentazione di una delle dichiarazioni annuali relative a IIDD o a IVA ovvero omessa presentazione della dichiarazione di sostituto d’imposta; la dichiarazione non si considera omessa se presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto Soglie di punibilità: l’imposta evasa è superiore a € 50.000, per ogni singola dichiarazione omessa. e) Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. 74/2000) Emissione o rilascio di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto. f) Occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 D.Lgs. 74/2000) Occultamento o distruzione, in tutto o in parte, di scritture contabili o di documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi. g) Omesso versamento di ritenute certificate (art. 10 bis D.Lgs. 74/2000) Mancato versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto, di ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti. Soglie di punibilità: € 150.000,00 per ciascun periodo di imposta. h) Omesso versamento di IVA (art. 10 ter D.Lgs. 74/2000) Mancato versamento dell’IVA dichiarata, entro il termine del versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo. Soglie di punibilità: € 250.000,00 per ciascun periodo di imposta. i) Indebita compensazione (art. 10 quater D.Lgs. 74/2000) Compilazione ed invio del modello F24 con l’indicazione di crediti insussistenti o non spettanti che vengono portati in compensazione con i debiti in esso indicati. Soglie di punibilità: € 50.000,00 per ciascun periodo di imposta. j) Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11 D.Lgs. 74/2000) Comma 1 Chiunque aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte. Soglie di punibilità: l’ammontare complessivo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni deve essere superiore a € 50.000,00. Comma 2 Chiunque, al fine di ottenere per se o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi. Soglie di punibilità: € 50.000,00 - 10 1.3.1.2. I delitti contro la fede pubblica Come anticipato, una categoria di reati previsti dal codice penale non già ricomprese nel catalogo 231 ma che, qualora commesse, potrebbero determinare il concretizzarsi del reato di autoriciclaggio sono i delitti commessi contro la fede pubblica. In tale categoria di delitti ricordiamo che rientrano anche i reati di falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo citati dall’art. 25-bis Decreto legislativo 231/2001 e che per FIS sono stati valutati non astrattamente applicabili, in considerazione di attività e finalità statutarie. Si evidenziano, dunque, i soli delitti che potrebbero essere commessi dalla Società in qualità di soggetto privato un privato ai danni della fede pubblica, ovvero: Art. 483 del c.p.: Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale [c.p. 357], in un atto pubblico [c.c. 2699; c.p. 492, 495], fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità [c.p. 567], è punito con la reclusione fino a due anni [c.p. 491]. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile [c.c. 449; c.p. 495], la reclusione non può essere inferiore a tre mesi. Un esempio può essere rappresentato dalla falsa dichiarazione presentata all’Ufficio Doganale circa il possesso dello status di “Esportatore Autorizzato” - facilitazione prevista dalla normativa doganale comunitaria e dagli accordi preferenziali sottoscritti dalla UE con alcuni Paesi terzi (cd. Paesi accordisti) che permette all’esportatore di evitare le formalità legate al rilascio di un certificato preferenziale da parte dell’Autorità doganale (Circ. n.11/D del 8/04/2010) - verso un Paese terzo che non rientra tra quelli presenti nell’autorizzazione in possesso. Art. 485 del c.p.: Falsità in scrittura privata Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata [c.c. 2702, 2719; c.p. 492, 493-bis] falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni [c.p. 29]. Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata. 1.3.2. Approfondimento “Ecoreati” Con riferimento ai reati introdotti il 29 maggio 2015 con l’entrata in vigore della legge n. 68 del 22 maggio 2015 recante "Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente"(c.d. ecoreati) si segnala che è presupposto 231 anche l’art. 452-quinquies del c.p “Delitti colposi contro l'ambiente”. Per delitti colposi contro l’ambiente si intende il cagionare gli eventi di cui agli artt. 452-bis e 452-quater del c.p. per imprudenza, negligenza, imperizia, inosservanza di leggi, 11 regolamenti, ordini e discipline, vale a dire per violazione di una regola cautelare, la cui osservanza avrebbe impedito il riconoscibile e prevedibile verificarsi dell’inquinamento ambientale o del disastro ambientale. Tali delitti possono essere realizzati anche mediante omissione. In questo caso sarà chiamato a risponderne chi, essendo titolare di una posizione di garanzia, aveva l’obbligo giuridico di impedire il verificarsi delle condotte di inquinamento. Le condotte omissive rilevanti possono essere rinvenute in fonti normative o nelle prescrizioni contenute nelle autorizzazione ambientali in possesso dell’azienda. A titolo esemplificativo, possono essere chiamati a rispondere di tali fattispecie colpose i soggetti che producano gli eventi di cui sopra o il pericolo di tali eventi mediante: - mancato riconoscimento che le sostanze utilizzate nel ciclo produttivo e sversate nell'ambiente presentano un elevati rischio ambientale sulla base di quanto indicato nei database più importanti e disponibili alla pubblica consultazione; - violazione delle specifiche disposizioni di legge o di prescrizioni autorizzati od omissione dell'adozione di tutte le cautele gestionali o impiantistiche rese possibili dalle più moderne tecnologie disponibili; - inosservanza dell'obbligo di "prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio” (obbligo specifico previsto dalla lettera q) del comma 1° dell’art. 18 del d.lgs. 81/2008). 1.3.3. Approfondimento False comunicazioni sociali post modifiche L. 69/15 Infine la Società ha analizzato le modifiche apportate dalla legge n. 69 del 27 maggio 2015 alle fattispecie di false comunicazioni sociali. Con la l. 69/2015 sono state modificate le fattispecie previste dagli artt. 2621 e 2622 c.c. (False comunicazioni sociali), già reati presupposto della responsabilità ex d.lgs. 231/01. In primo luogo è stato modificato il campo di applicazione dell’art 2622 c.c. ( si applica alle società quotate). Per quanto attiene all’art. 2621 c.c., si segnalano i due profili principali della riforma: - cancellazione delle soglie di rilevanza penale, da cui deriva che non vi sono più soglie al di sotto delle quali è esclusa la responsabilità penale per l’aver esposto fatti materiali non rispondenti al vero od aver omesso fatti materiali rilevanti (salva la disciplina dei fatti di particolare tenuità contenuta nell’art. 131-bis c.p.); - eliminazione dell’inciso “ancorché oggetto di valutazione”, presente invece nella previgente disciplina. Tale eliminazione aveva fatto sorgere il dubbio che la riforma avesse inteso espungere il cd. falso valutativo dall’ambito di applicazione della nuova norma e, dunque, escluderne la rilevanza penale. Dopo alcune divergenti sentenze della Cassazione penale, il 31 marzo le Sezioni Unite si sono espresse definitivamente sul falso in bilancio “valutativo”, ritenendo che la legge n. 69/2015 non abbia abolito il delitto di false comunicazioni sociali con riguardo all’esposizione od omissione di fatti oggetto di “valutazione”. Infatti, chiariscono le Sezioni Unite, il bilancio è essenzialmente il risultato di un processo di stima e ogni attività valutativa si basa su un fatto materiale, senza poterne prescindere e, dunque, è 12 impossibile privare di rilevanza penale questa essenziale dimensione valutativa dei conti annuali. Certamente, proseguono le Sezioni Unite, la valutazione e riproduzione di un fatto in bilancio lascia ampi spazi di soggettività ed opinabilità, ma quando la rappresentazione valutativa deve seguire criteri predeterminati, la loro elusione costituisce falsità, ossia discordanza dal modello di verità conseguibile convenzionalmente solo con il rispetto di quei criteri. Infine con la l. 68/2015 è stato anche introdotto nel Codice civile - e nel cd. Catalogo 231 l’art. 2621-bis c.c. “Fatti di lieve entità”, il quale prevede l’applicazione di una pena ridotta tenendo conto della natura e delle dimensioni delle società e delle modalità o degli effetti della condotta. La legge n.69/2015 ha inoltre aumentato le sanzioni pecuniarie a carico degli enti a seguito della commissione delle nuove fattispecie previste dagli artt. 2621 e 2622 c.c.). Alla luce di quanto sopra si ritiene che le suddette novità comportino un impatto sulla valutazione dei rischi 231 circoscritto da un lato alla maggiore probabilità di accadimento del reato presupposto (derivante dalla cancellazione delle soglie di rilevanza penale), dall’altro al maggior impatto in termini di sanzioni 231. 1.3.4. Rappresentazione dell’identificazione dei rischi Si riporta di seguito (Figura 1) la matrice che identifica le macro categorie di reato astrattamente applicabili alle attività/processi aziendali, considerate pertanto “attività sensibili”. 13 Figura 1 Reati societari Macro Area aziendale Reati contro la P.A. Reati in tema di riciclaggio Attività/processo sensibili Art. 25 ter Corruzione tra privati Artt. 24 e 25 Frode Informatica Art 25 octies Reati in tema di salute e sicurezza sul lavoro Autoriciclaggio Art 25 septies Reati informatici Art 24 bis Reati contro Reati in tema di l'industria e il diritto d'autore commercio Art 25 bis1 Reati ambientali Art 25 novies Art 25 undecies Reati di terrorismo / associazione / transnazionali Art. 24 ter Induzione a non rendere Impiego di doichiarazioni cittadini di o a rendere paesi terzi il cui dichiarazioni soggiorno è mendaci irregolare all'Autorità giudiziaria Art 25 decies Art 25 duodecies Gestione intercompany Gestione societaria Omaggi, erogazioni liberali e sponsorizzazioni Strategica e Societaria Contributi, sovvenzioni e finanziamenti Gestione del precontenzioso, contenzioso e Rapporti con Autorità giudiziaria Affidamento incarichi professionali Bilancio e adempimenti fiscali e tributari Ciclo attivo Ciclo passivo, cassa e risorse finanziarie Amministrazione, finanza e controllo Rimborsi spesa e spese di rappresentanza Gestione sistemi informativi e delle licenze software Gestione dati e comunicazioni alla PA Selezione del personale Risorse Umane Gestione del personale Amministrazione del personale Vendita prodotti custom Vendita prodotti generici Commerciale Rapporti con le dogane Spedizione stupefacenti Gestione autorizzazione Quality and Compliance Rapporti con enti ispettivi - altri rapporti con autorità pubbliche R&S Acquisti Ricerca e sviluppo Acquisti Gestione ambientale Salute Sicurezza Ambiente Gestione della salute e sicurezza sul lavoro 14 2. VALUTAZIONE DEL RISCHIO 2.1. Criteri di valutazione del rischio I criteri di valutazione del rischio si basano su una stima congiunta di: • Probabilità di accadimento del reato, a sua volta basata sulla frequenza dell’attività nel cui compimento può essere commesso il reato (attività sensibili) • Impatto in termini di sanzioni – dato l’ammontare delle sanzioni pecuniarie e la gravità delle conseguenze di un’eventuale sanzione interdittiva (si rammenta inoltre che sono previste misure cautelari applicabili a ogni fattispecie di reato. Queste sono costituite dal sequestro preventivo e dal sequestro conservativo, nonché dall’applicazione preventiva delle sanzioni interdittive, qualora vi sia fondato motivo di ritenere che esista il concreto pericolo che siano commessi illeciti della stessa indole per la quale si procede giudizialmente). In una logica prudenziale l’impatto è considerato alto (in particolare qualora scattasse la sanzione interdittiva). 2.2. Quantificazione del rischio La Figura 2 illustra il livello dei rischi 231 che interessano in via residuale l’impresa dopo che la stessa ha intrapreso le seguenti azioni ritenute opportune per la mitigazione dei rischi inerenti: - Redazione di protocolli preventivi 231 (Allegato 7 al Modello) - Creazione di tabella di correlazione tra i requisiti del Modello 231, i requisiti previsti dalla ISO 14001:2015 e i documenti del SGA di FIS - Rafforzamento delle misure di sicurezza informatica e di gestione delle informazioni 15 Figura 2 Reati societari Macro Area aziendale Reati contro la P.A. Reati in tema di riciclaggio Attività/processo sensibili Art. 25 ter Gestione intercompany / Gestione Societaria / Corruzione tra privati Artt. 24 e 25 Frode informatica Art 25 octies Autoriciclaggio / / / Reati in tema di salute e sicurezza sul lavoro Reati ambientali Reati informatici Art 25 septies Art 25 undecies Art 24 bis Induzione a non rendere Reati di Impiego di dichiarazioni Reati contro Reati in tema terrorismo / cittadini di o a rendere l'industria e il di diritto associazione / paesi terzi il dichiarazioni commercio d'autore transnazional cui soggiorno mendaci i è irregolare all'Autorità giudiziaria Art 25 bis1 Art 25 novies Art. 24 ter Art 25 decies Art 25 duodecies / Omaggi, erogazioni liberali e sponsorizzazioni Strategica e Societaria Gestione contributi pubblici Gestione del contenzioso e rapporti con autorità giudiziaria / / / Affidamento incarichi professionali Bilancio e adempimenti fiscali e tributari Amministrazione, finanza e controllo Ciclo attivo / / Ciclo passivo, cassa e risorse finanziarie / / / / / / / Rimborsi spesa Gestione sistemi informativi e delle licenze software / Gestione dati e comunicazioni alla PA / / / Selezione del personale Risorse Umane Gestione del personale / Amministrazione del personale / / / / Vendita prodotti custom / Vendita prodotti generici / / / / / Commerciale / Rapporti con le dogane / / / Spedizione stupefacenti Gestione autorizzazione Quality and Compliance Rapporti con enti ispettivi - altri rapporti con autorità pubbliche R&S Acquisti Ricerca e sviluppo / / / / / Acquisti Gestione ambientale Salute Sicurezza Ambiente / / / Gestione della salute e sicurezza sul lavoro 16