SETTIMANA n. 4/03

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SETTIMANA n. 4/03
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Via Nosadella 6 40123 Bologna
Periodico settimanale
tariffa R.O.C.: “Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A. P.
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art.1, comma 1, DCB Bologna
attualità
20 maggio 2012
www.dehoniane.it
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I cattolici francesi
a un mese dal voto
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L’atteggiamento dialogico a
tutto campo, soprattutto alla
base, è la cifra di un contributo
originale alle «presidenziali» di
questa primavera. Come
leggere e interpretare il
documento della Conferenza
episcopale francese.
attualità pastorale
Gli artisti
raccontano Dio
Recentemente si sono celebrati in Italia due eventi che hanno ribadito la fecondità della
comunicazione del vangelo attraverso l’arte. Originale l’utilizzazione del teatro comico, della
musica d’autore e del jazz come linguaggio comunicativo nella catechesi.
della compagine ecclesiale sia al suo esterno, si occupano di comunicazione.
Una stagione favorevole
Stiamo vivendo, infatti, paradossalmente, una stagione particolarmente favorevole,
un vero e proprio kairòs comunicativo. Molte persone che oggi si trovano o si sentono
fuori dalla Chiesa alzano la mano, perché
desiderano essere ascoltate e poter collaborare all'impresa della nuova evangelizzazione, se solo si avesse il coraggio di accoglierle e di coinvolgerle. È quanto è emerso da
diverse testimonianze raccolte nelle due iniziative. Così, infatti, si è espresso Mauro Camattari, art director, regista video con una
lunga esperienza nel mondo dell'intrattenimento e del live, intervenuto al seminario
romano. Questa è stata anche la posizione
espressa dal cantautore bolognese Luca Carboni, intervenuto alla giornata piacentina.
Un altro filo ha intrecciato le due iniziative: il tentativo di rinnovare la tradizione
antica e feconda della comunicazione del
vangelo attraverso l'arte. Nel seminario romano, sono state presentate diverse proposte.
La prima fa riferimento all'attività del
gruppo internazionale Pietre vive fondato e
animato dal gesuita di origini spagnole, ma
residente in Italia, p. Jean-Paul Hernàndez.
Egli ha definito Pietre vive una sorta di apostolato “al quadrato”, perché coinvolge sia
chi lo mette in atto, per lo più giovani volontari, sia i destinatari in un'intensa esperienza di primo annuncio. Dagli anni della sua
formazione nel duomo di Francoforte, raccogliendo i suggerimenti di varie associazioni europee e il fecondo insegnamento di Timothy Verdon, p. Hernàndez ha sviluppato
un suo originale percorso di annuncio attraverso i monumenti dell'arte cristiana.
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Vita e vitalismo
Una tensione conflittiva divide da anni il
mondo dei militanti cattolici «per la vita».
Alla seconda marcia nazionale per la vita (10
maggio), organizzata a Roma dall’«Associazione famiglia domani» e dal «Movimento
europeo difesa vita» si sovrappone solo parzialmente il più ufficiale appuntamento del
«Movimento per la vita», Life day, convocato in Vaticano il 20 maggio e la raccolta di
firme a livello europeo per riconoscere l’embrione come «uno di noi». Sigle e persone si
mescolano fra i due poli che si possono collocare fra il «contro l’aborto» e «a favore
della vita». La marcia esibisce una dipendenza di strumentazione dallo scontro in
atto negli Stati Uniti, una facile assimilazione di sigle e interessi negazionisti e reazionari, un discutibile gioco su «chi è più cattolico», un’attestazione identitaria senza dialogo. Nel continuum fra vitalismo, vita e vita
eterna, fra paganesimo, vita salvata e vita
piena, la lancetta non si ferma allo stesso
punto. Gridare più forte non significa maggiore verità ed efficacia.
liturgia
“Per molti” o “per tutti”? p. 3
attualità
Un ritorno del terrorismo p. 5
problemi
Un “manuale” multireligioso p. 7
etica
Le chiacchere sull’AGESCI p. 11
settimana 20 maggio 2012 | n° 20
D
ue eventi celebrati in questo periodo hanno fornito l’occasione
per riflessioni e proposte sulla comunicazione del vangelo nel contesto contemporaneo. Si tratta della giornata conclusiva dell'Alta scuola di formazione pensata dagli Uffici catechistici regionali della Lombardia e dell'Emilia-Romagna, che si è svolta il 30 marzo a Pontenure (Piacenza) sul tema Gli artisti raccontano Dio, e il laboratorio di studio su arte e
fede, promosso dal Servizio nazionale per
il progetto culturale della Cei assieme all'Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e all'Ufficio catechistico nazionale, svoltosi a Roma il 3 maggio.
Una serie di fili collegano le due iniziative: uno di carattere metodologico e l'altro
contenutistico. Innanzitutto, lo spirito di collaborazione che ha portato sia gli uffici catechistici della Lombardia, coordinati da
mons. Bassano Padovani, e quelli dell'Emilia-Romagna, coordinati da mons. Valentino Bulgarelli, a lavorare insieme, così come
hanno fatto i tre uffici della Cei.
Al di là delle citazioni di circostanza, sappiamo bene come questo stile non sia per
nulla scontato, come ha ricordato Vittorio
Sozzi, responsabile del Servizio nazionale
per il progetto culturale, all'apertura dei lavori del laboratorio romano. Eppure, questo
è un metodo assai efficace per affrontare e
vincere una delle sfide più impegnative dei
nostri tempi: riuscire a comunicare in modo
efficace il ricchissimo patrimonio di cui la
Chiesa è custode. Non si tratta, infatti, di aggiungere nuovi contenuti a quelli che la tradizione ci offre, quanto piuttosto di riscoprirli e di comunicarli in modo efficace per
l'uomo di oggi. Questo lavoro implica, in prima battuta, la stretta collaborazione, anzi
una vera e propria alleanza tra tutti coloro
che, con competenze diverse, sia all'interno
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Il progetto fa leva su alcuni
snodi fondamentali: il primo è la
scoperta che la chiesa, intesa
come edificio, è già quel cortile
dei gentili di cui ha parlato Benedetto XVI in diverse occasioni. Si
tratta non solo di una metafora,
ma di un vero e proprio luogo in
cui i “gentili” di oggi, il turista in
primis, entrano con diversi livelli
di consapevolezza, ma con un
non troppo celato desiderio di
riattingere a quei significati profondi che essi hanno smarrito.
L'idea stessa con la quale è stata
progettata una chiesa va incontro
a questo desiderio e aiuta a renderlo manifesto.
Il primo tema del percorso di
annuncio è, infatti, far percepire
la caratteristica simbolica fondamentale dell'“edificio-chiesa”, cioè
del luogo in cui fisicamente ora il
turista si trova. Ogni chiesa è nata
dal modello della basilica paleocristiana, cioè come contaminazione di uno spazio profano, la
parte coperta del foro romano ove
venivano trattati gli affari, la politica e amministrata la giustizia, insieme allo spazio religioso, lo spazio della liturgia. Simbolicamente,
questo sta a significare che nella
chiesa la liturgia che viene celebrata e la Parola che viene annunciata non si rivolgono ad un settore particolare della vita dell'uomo,
ma intendono animare tutti gli
aspetti dell'esistenza, a cominciare
dai più concreti, come l'uso del denaro o dei beni.
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Il turismo
è “luogo teologico”
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La chiesa racconta un Dio che
si fa trovare in ogni realtà creata,
la quale, perciò, diventa degna della massima attenzione. Così il turista, che forse si aspettava da queste giovani guide un “fervorino”
religioso, viene condotto da esse,
con semplicità ma anche con forza, ad uno dei misteri centrali della fede cristiana: il mistero dell'incarnazione di Dio, che ha voluto
“entrare” nelle vicende dell'uomo,
condividendone tutti gli aspetti,
anche quelli più quotidiani. Attraverso le pietre dell'edificio, si entra così a contatto con la vita delle
persone, che non è rimasta “fuori”, ma diventa protagonista del
racconto che si svolge nello spazio
sacro.
Un brano che fa da guida alla
formazione dei giovani annunciatori e che rimane, al di là delle narrazioni legate ai diversi monumenti, come una sorta di paradigma dell'intero progetto, è la chiamata di Mosè al roveto ardente
(Es 3). Il roveto ardente è simbolo
della vita di ciascuno entro la quale parla la Parola; ognuno, anche
se si trova nel deserto, è come un
tempio entro il quale Dio non disdegna di entrare. In questo modo
l'edificio concreto può diventare
come il roveto, cioè il luogo den-
tro il quale si può riscoprire la propria chiamata, a partire dalla situazione in cui si è, qualunque
essa sia.
È interessante notare – sottolinea p. Hernàndez – l'insistenza
con cui, nel brano biblico, Dio osserva Mosè che si avvicina al roveto, accogliendo, valorizzando e
rispettando la sua curiosità: «Il Signore vide che si era avvicinato
per guardare» (Es 3,4). Questo
sguardo curioso e rispettoso che
ha il Signore verso Mosè è quello
che oggi siamo invitati ad avere
anche noi per il turista.
Il fenomeno del turismo è, ai
nostri giorni, una sorta di “luogo
teologico”, perché oggi più di ieri
le persone cercano nelle visite ai
monumenti dell'arte sacra quei
significati che hanno smarrito e
che non trovano altrove nella
loro ferialità. Il turista – ha affermato p. Hernàndez – è un po'
come la Veronica, rappresentata
dallo scultore Joyce Maria Subirachs in una delle facciate della
Sagrada Familia di Barcellona.
Una donna senza volto che ha in
mano un panno con impresso il
volto di Cristo, come a dire che
solo in quel panno, che simboleggia la Chiesa, potrà anch'essa
ritrovare il proprio volto e la propria identità.
L'ultimo nodo toccato da p.
Hernàndez è il cosiddetto “conflitto delle interpretazioni”. La lettura simbolica e orante delle opere dell'arte cristiana che lui propone “confligge”, nella maggioranza dei casi, con quello che le
guide turistiche dicono ai loro destinatari.
Il tema non è secondario, in
quanto tocca il nervo scoperto della formazione non solo delle guide, ma anche di tutti coloro che
studiano teologia e che fanno catechesi. L'arte in generale, e l'arte
sacra in particolare, non riceve ancora, all'interno della realtà ecclesiale, quell'attenzione che merita.
In troppi ancora ritengono sufficienti i due trascendentali del vero
e del bene per fondare l'annuncio
e la vita cristiana, quasi che il bello sia un orpello inessenziale e accessorio.
comunicazione multisensoriale
di cui le arti sono la massima realizzazione.
Di percorsi educativi attraverso
l'arte ha parlato anche il prof. Umberto Utro, docente di arte cristiana antica a Roma e curatore del reparto di antichità cristiane dei
Musei vaticani. Egli ha testimoniato l'importanza che la Chiesa
lungo i secoli ha attribuito alla
conservazione e all’esposizione
delle opere d'arte.
Oggi l'atteggiamento di fondo
si è però profondamente modificato: si è passati, infatti, da un utilizzo eminentemente apologetico
delle opere d'arte cristiane, che
portava talvolta ad alcuni eccessi
interpretativi, al considerare l'arte come una testimonianza della
fede. Su questa linea anche i Musei vaticani, con la loro imponente collezione di sarcofagi, possono
diventare un luogo per entrare a
contatto immediato e profondo
con quelle sintesi della fede cristiana di cui oggi si avverte tanto
il bisogno.
Nel corso del laboratorio, sono
state presentate anche diverse
esperienze come quella del Museo
diocesano di Padova, illustrata dal
direttore dell'Ufficio catechistico
don Giorgio Bezze, che ha attivato
diversi itinerari di evangelizzazione, come i percorsi attivati a Firenze o a Venezia, per non parlare delle città simbolo del rapporto
tra arte e fede.
Nel tracciare alcune linee conclusive, don Benzi ha ricordato la
necessità di generare uno stile comunicativo comune alle varie
esperienze artistiche, che faccia riconoscere, dentro alle tante e diverse espressioni, la presenza di
un'intonazione comune all'insegna del bello.
Il teatro comico,
la musica e il jazz
Un’indicazione simile è emersa
anche nella giornata piacentina
degli Uffici catechistici della Lombardia e dell'Emilia-Romagna. Qui
Come linguaggio
di primo annuncio
A questo proposito, don Guido
Benzi, direttore dell'Ufficio catechistico nazionale, ha ricordato
come questa povertà culturale sia
figlia di una precisa precomprensione filosofica che, con il romanticismo, ha imposto il legame dogmatico tra emozione e trasgressione e, con Hegel, ha relegato l'arte al primo gradino del
pensiero autentico. L'esperienza
catechistica invece, soprattutto
per i soggetti disabili, dimostra il
contrario, come ha ricordato ancora don Benzi, in quanto la necessità di parlare agli ultimi ha
fatto riscoprire la ricchezza della
si è tentato un primo passo nella
direzione di quell'auspicata “nuova contaminazione” tra i linguaggi della fede e quelli delle arti contemporanee del teatro comico,
rappresentato da Paolo Cevoli,
della musica d'autore con Luca
Carboni e del jazz con Jimmy Villotti.
La performance di Paolo Cevoli è stata di grande impatto emotivo e spirituale. A partire dai personaggi che lo hanno reso celebre
e amato dal grande pubblico, Cevoli ha messo la sua capacità comunicativa a servizio del vangelo.
Ciò traspare sia dalle motivazioni
che lo hanno spinto a fare il comico – il desiderio di servire gli altri, di renderli felici con i propri
doni – sia dal suo ultimo spettacolo teatrale, La penultima cena,
in cui si parla di Gesù e dei suoi discepoli dall'inedito punto di osservazione di un cuoco. Erede della grande tradizione del clown coniugata con la popolarità del cabaret, Cevoli rappresenta un intelligente connubio tra spiritualità e comicità, una concreta pista
per il primo annuncio.
La musica contemporanea, rappresentata dai due artisti presenti
ha mostrato, con Luca Carboni,
come ogni produzione artistica
abbia una sua intrinseca religiosità, in quanto ricerca ed espressione dell'autenticità del vivere umano in tutte le sue manifestazioni.
Jimmy Villotti, con l'elogio dell'improvvisazione che la sua arte
rappresenta, ha reso plastica e percepibile una metafora con cui descrivere la creatività dello Spirito,
che soffia dove e quando vuole.
Villotti, uno dei maestri del jazz
italiano, a 68 anni si definisce una
persona ancora in cerca della sua
vocazione artistica e cristiana. In
definitiva, un bell'esempio di
quell'atteggiamento indispensabile per trovare i nuovi linguaggi
per la comunicazione della fede:
l'umiltà.
Marco Tibaldi
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n. 20 - 20 maggio 2012
settimanale - anno 47 (67)
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