Mediaset e Youtube, quando si gioca con la proprietà
Transcript
Mediaset e Youtube, quando si gioca con la proprietà
PAGINA AUTOGESTITA A CURA DEL PARTITO PIRATA L’Associazione Partito Pirata e il forum li trovi in rete su www.partito-pirata. it. Qui invece mettiamo a disposizione il mensile dell’associazione: www. Iscrizione Tribunale di Rovereto (Tn) n. 275 direttore responsabile Mario Cossali Gli errori del genere umano di Athos Gualazzi Mercoledì scorso sono stato a Trento dove si è tenuto l’IGF, Internet Governance Forum, il tema trattato nell’incontro tematico riguardava “Internet strumento di partecipazione e risorsa per la sostenibilità ambientale e sociale“. In ambiente scentifico è comune il sentire l’importanza di una rete globale che sia assolutamente neutra e priva di ostacoli al suo utilizzo. In altri ambienti è facile invece sentire la tendenza a sfruttare la situazione a vantaggio di singoli o gruppi o di potere. Internet è una risorsa che non può essere sfruttata a vantaggio di pochi, è come l’aria e l’acqua, è una risorsa di tutti e tutti devono poterne usufruire. Scientificamente è dimostrata la riduzione di emissioni nocive adottando servizi Internet nei settori dell’energia, dei trasporti, della produzione e nell’edilizia e che tale riduzione si aggirerebbe intorno all’810% delle emissioni globali se tali servizi fossero adottati massicciamente. Come risorsa di partecipazione sociale e politica risulta ineguagliabile ed è quindi indispensabile non solo che non vi si facciano speculazioni ma che sia veramente alla portata di tutti e in modo paritario affinché non vi siano discriminazioni fra i cittadini, finalmente è possibile una piazza inviare dal vostro account di posta una e-mail, anche priva di oggetto e contenuto a: http://ml.partito-pirata. it/cgi-bin/mailman/listinfo/ open Mediaset e Youtube, quando si gioca con la proprietà di Angelo Greco comune dove non solo è possibile avere e fornire informazioni ma è possibile condividire tutto lo scibile umano. Nella storia dell’uomo sono stati commessi errori fondamentali, il primo errore è stato accettare il concetto di proprietà invece di diritto d’uso, il secondo enorme errore è stato quello di stabilire confini, errori conseguenziali che ci hanno portato a questa società che ci vede costretti al consumo per sostenerla, consumo che è ormai evidentemente insostenibile visto che abbiamo un solo pianeta e lo stiamo consumando, è una legge incontrovertibile che “nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma”, ora il problema è non trasformare tutto in “rifiuti”, in materiale inservibile. La Rete ha un consumo irrisorio rispetto agli altri mezzi di comunicazione, se permettiamo che venga sfruttata da alcuni a scapito degli altri diventa un mezzo di discriminazione, una appropriazione indebita, l’ennesimo errore del genere umano. L’unico governo e legge accettabile per internet è quella che sancisce la sua assoluta neutralità, il riconoscimento di patrimonio comune dell’umanità, diritto di ogni cittadino di accesso alla cultura e alla libera espressione individuale, così come è nata mezzo di condivisione e collaborazione. R icordo quando ero un bambino. Poco più di sei anni, disteso sul tappeto di casa, cercavo un impegno tra i giochi sparsi sul pavimento. In quei frangenti, mia sorella non mi faceva usare i suoi giocattoli. Anche quelli che non usava più. Era il concetto di proprietà che mia madre, pur con le sue aspirazioni comuniste (“Non voglio sentirvi dire “Questo è mio, questo è tuo”!”) non riuscì mai ad inculcarci. Una sindrome di Pascal (“Questo è mio, questo è tuo: ecco l’inizio dell’usurpazione del mondo”) che colpisce già dalla tenera età ogni uomo. E poi prosegue per il resto della vita. Anche su internet. Qualche mese fa il Tribunale di Roma ha ordinato a YouTube di rimuovere tutti i video della trasmissione “Il Grande Fratello” caricati dai propri utenti senza autorizzazione. Ed ora Big G teme che venga accolta anche la seconda parte della richiesta dell’emittente televisiva: un risarcimento da 500 milioni di euro. Non si sa mai cosa ci si può aspettare dai giudici italiani, avranno pensato i dirigenti di Mountain View. Così, lo scorso 12 novembre è scattata la retata! È avvenuto tutto in una notte: decine e decine di video prelevati da trasmissioni Mediaset, programmi sportivi e reality caricati dagli utenti su YouTube sono misteriosamente scom- parsi. Anche il canale video del gruppo torinese “Powerillusi” (“PoweraTV”). Chiuso definitivamente. I Powerillusi avevano inserito diverse apparizioni in TV, rese disponibili ai propri fans. Delusione perché, come dicono i Powerillusi, Mediaset non li aveva mai pagati per le loro apparizioni. Nemmeno un rimborso spese. Insieme a questi filmati, ne hanno fatto le spese anche i videoclip autoprodotti – e quindi perfettamente legali – e i concerti della band, diventati di colpo irreperibili. Questo mi è servito per capire due cose. Innanzitutto, che da oggi i Powerillusi saranno una band di culto, perché la scarsità fa sempre aumentare il valore di un prodotto. Ci sarebbe quasi da pagare un compenso a Mediaset, per questo! In secondo luogo che,in tempi insospettabili, mia sorella, quando mi impediva di giocare con i suoi pupazzi, manifestava ambizioni da Presidente del Consiglio. L’impressione che ci si fa dello stato attuale della rete è che ci si sta appropriando di un mercato ancora vergine e senza regole. E chi sta giocando ad “asso piglia tutto” sono i soliti potenti. Un po’ come nel vecchio far west. Cosa dispone la legge? Ma che domande: lo sappiamo benissimo che la legge può prevedere tutto e il contrario di tutto, a seconda da quale parte si legge. Potremmo al- Perché la rete va nazionalizzata U piratpartiet.it Su www. anonet.it si trova il progetto che stiamo sviluppando per una rete anonima o darknet. Per iscriversi alla mailing list è sufficiente na delle metafore più abusate nelle discussioni che riguardano la società dell’informazione, è quella del passaggio epocale, con tutto il suo insieme di paure ed aspettative. La maggior parte di queste paure sono legate al “passato” che vuole determinare quale futuro scaturirà da esso, e contrariamente al pensiero dominante non considero questo aspetto di per sé negativo. La crescita delle società e’ una continua dialettica tra il passato che vuole controllare come il futuro si evolverà ed il futuro che vuole affrancarsi da questo controllo. Questo è tanto più vero per ciò che riguarda la cultura; la creatività e l’innovazione si nutrono sempre del passato, costruiscono i loro successi ed i loro risultati affascinanti rielaborando ciò che il passato ha donato loro. Il passato cerca di favorire solo quel futuro che a suo avviso gli garantisca una vita più duratura. Ogni società deve rielaborare di volta in volta gli strumenti che possano permettere a questa dialettica di essere il più prolifica possibile nell’interesse comune. È elemento di differenziazione in questo passaggio chiaramente politico indicare con chiarezza quale scale di valori guida la scelta delle soluzioni metodologiche e tecnologiche. Per chiarire questo punto riporto due citazioni, la prima, più seria, di George Soros la seconda più scherzosa ma non per questo meno profonda di Ward Cunningham padre dei “wiki”. “Dobbiamo imparare a distinguere fra i processi decisionali individuali, espressi dal comportamento del mercato, e i processi decisionali collettivi, espressi dal comportamento sociale in generale e dalla politica in particolare. In entrambi i casi siamo guidati dall’interesse egoistico, ma nelle decisioni collettive dobbiamo anteporre l’interesse comune a quello egoistico anche se gli altri non lo fanno... (La crisi del capitalismo globale)”. “La crescita senza sosta della popolazione e il corrispondente depauperamento delle risorse significano meno per tutti. Questa spirale richiede una ridefinizione dei bisogni. È necessario sostituire l’industria pubblicita- lora dire che c’è un copyright in capo a Mediaset e questo le attribuisce il diritto di sfruttamento economico delle sue opere, che nessun altro può usurpare. Ma potremmo anche dire che i Powerillusi hanno rispettato il diritto “di citazione”. Nel loro caso, così come in molti simili, si è agito come si fa con le note a pie’ pagina di un libro. Perché, ad essere caricata su YouTube non è stata tutta la trasmissione, ma solo uno spezzone, così come una citazione riporta di norma solo un pensiero di un autore e non un’intera pubblicazione. È stato anche rispettato l’obbligo di inserire l’autore della citazione. Proprio come con l’indicazione dell’autore di un testo riportato tra virgolette! Se è possibile coi libri, perché non dovrebbe esserlo anche con i video? Potremmo dire che YouTube ha piena proprietà sui suoi server e quindi può inserire e togliere dai propri archivi quello che vuole, con buona pace degli utenti, che peraltro hanno accettato le condizioni di contratto. Ma potremmo anche sostenere che c’è una libertà di espressione, costituzionalmente garantita, che non può essere compressa da leggi ordinarie a tutela della proprietà individuale. E quindi, che, essendo ormai la televisione un mezzo di veicolazione del pensiero collettivo, essa non deve risolversi in uno strumento a vantaggio solo di interessi economici personali. Faccio un esempio. L’altro giorno un amico mi ha fatto notare che uno dei miei articoli era stato inserito nella rassegna stampa di un noto ente pubblico. Dovrei fare causa a quest’ultimo o, invece, rallegrarmi per la diffusione del mio pensiero? Non è quindi un problema di cosa prevede la legge, ma di come la si interpreta. In ultimo, è bene sottolineare che, nei fatti, l’utente non riceve nessun lucro dal condividere un video con la propria immagine “rubata” al palinsesto di una trasmissione televisiva. Lo fa solo per un proprio curriculum vitae. Ma questo a Mediaset non interessa. La vera ragione sottesa dietro la retata della scorsa notte è un’altra ed è sempre di carattere economico: all’indomani del lancio di www.video. mediaset.it (il nuovo portale in cui è possibile vedere tutto il palinsesto Mediaset dei giorni precedenti), YouTube toglierebbe utenza alla concorrente, e quindi anche i proventi della pubblicità. Ma dovremmo anche spiegare a YouTube che la censura non ha mai fatto bene ad internet e, in un mercato con così tanta scelta, dove ormai la condivisione è ineliminabile, una notizia del genere può far migrare milioni di utenti da un portale ad un altro, con la facilità con cui trascorre una notte. di Roberto Bernetti ria con l’industria dell’informazione prima di tutto nazionalizzando Google, e poi riscrivendo le leggi sul copyright, sui brevetti e sui marchi al fine di favorire la distribuzione di ciò che è facilmente duplicabile e la conservazione di ciò che non lo è (http://c2.com/cgi/ wiki?WardCunningham)”. Insomma, è nell’interesse collettivo che dobbiamo: non utilizzare la conoscenza e la cultura come strumento di controllo della società e tra le nazioni, al fine di raggiungere un più alto livello di democrazia e giustizia favorire la creatività e l’innovazione di tutti e non solo di pochi “sacerdoti”, al fine di massimizzare l’offerta e non la domanda di creatività e cultura, favorire la distribuzione di ciò che e’ facilmente duplicabile, non è possibile utilizzare le stesse leggi economiche per il commercio dei limoni e per lo scambio di idee e cultura La digitalizzazione dei contenuti permette di portare nella vita reale le aspirazioni appena elencate solo se riusciremo a portare al centro della discussione gli elementi che conformano l’interesse collettivo facendo fare un passo indietro a quegli attori (ed ai loro argomenti) che antepongono il loro interesse “personale”, le loro rendite di posizione, a quello collettivo. Gli elementi normativi che ci permetterebbero di rendere reale una maggiore produzione culturale possono essere così riassunti: nazionalizzazione, cioè fuoriuscita dalle logiche del mercato, per le infrastrutture di comunicazione (rete telefonica pubblica) sulle quali dovranno poi essere distribuiti i servizi ed i contenuti culturali modernizzazione delle Biblioteche Nazionali al fine di assolvere al loro compito di centri di distribuzione e documentazione digitali riduzione del periodo di copyright ( 5 anni ); per il software, nel caso si tratti di un copyright contrario al software libero, deve essere previsto il deposito dei codici sorgenti presso una Biblioteca Nazionale che si occuperà della loro pubblicazione, al termine del periodo di copyright chiara proibizione di qualsiasi bre- vetto su metodologie utilizzabili all’interno di codici sorgente o software scorporo dalla SIAE ed istituzione di un’apposita fondazione che abbia funzione di camera di compensazione finanziaria tra consumatori e produttori di contenuti digitali al fine di “accreditare” compensi direttamente agli artisti/produttori di contenuti culturali contestualmente alla fruizione digitale degli stessi preservazione delle Università e dei lavori di ricerca dalle logiche di mercato I punti appena elencati sono estremamente connessi in quanto la crescita della produzione culturale e di una società il più possibile democratica e giusta poggiano sulla possibilità per le persone di potere esprimere e condividere il risultato delle proprie ricerche e della propria creatività al riparo da condizionamenti e ricatti sempre più facili in un mercato che istituzionalizzi la presenza di monopoli come per esempio quello creato di fatto dall’allungamento del copyright chiesto dalle società editrici. 11