Se una canzo evoca l`infin

Transcript

Se una canzo evoca l`infin
La Liberta - 25/02/2017
In questa pagina ospitiamo i contributi dei lettori, eventualmente ridotti a cura del direttore. La pubblicazione non significa condivisione, ma in
solo a La Libertà. NON SARANNO PUBBLICATE LETTERE NON FIRMATE. Recapiti per scriverci: via Vittorio Veneto 8/A - 42121 Reggio Emilia; f
Vladimiro Spallanzani quarant’anni dopo «C
I
l 17 febbraio scorso si è celebrato il quarantesimo anniversario della morte di
Vladimiro Spallanzani (foto),
a cui sono intitolate le scuole
elementare e media paritarie di
Sant’Antonino e la scuola media paritaria di Sassuolo.
Vladimiro Spallanzani, chiamato Miro dagli amici, frequentava l’ultimo anno dell’Istituto
Tecnico nel 1974, quando l’incontro col Movimento di Comunione e Liberazione cambiò
letteralmente la sua vita. Scriveva in quell’anno: “Ero una testa
dura, non volevo accettare che
il Signore mi chiamasse a sé.
Poi ho preso il coraggio a due
mani e mi sono abbandonato.
La comunità mi ha reso felice
in questo salto nel buio. La mia anima e il
significato della mia vita erano nelle mie
mani e le mie mani erano poste in quelle
del Signore”.
“Un uomo è veramente impegnato con le
sue esperienze umane quando dicendo
«io» lo vive così semplicemente e profondamente da sentirlo fraternamente solidale con l’io di ogni altro uomo” (L. Giussani, Tracce di esperienza cristiana).
È questa la posizione umana all’origine dell’impegno di Vladimiro come
direttore del Collegio Don Magnani di
Dinazzano (Reggio Emilia) fin dall’ottobre del 1975. Non fu una scelta superficiale né comoda: per poter lavorare nel
collegio lasciò, infatti, un lavoro molto
redditizio, che aveva iniziato presso una
ceramica. Disse a un amico: “Mi hanno
offerto un considerevole aumento di stipendio, perché continui a lavorare in ceramica, ma io vado a fare il Collegio”.
“L’idea fondamentale di una educazione
rivolta ai giovani è il fatto che attraverso
di essi si ricostruisce una società; perciò il
grande problema della società è educare i
giovani” (L. Giussani, Il rischio educativo)
Miro in collegio seguiva tutto: insegna-
Ripartire dalla famiglia
come capitale sociale
Di fronte alla decomposizione
del Pd sarebbe troppo facile e un
po’ meschino dire: io l’avevo detto! Insieme ad altri non avevamo
aderito allora alla costruzione di
un progetto che mirava a mettere
insieme una parte del nostro popolo che si autodefiniva dei “ catCopyright (c)2017 La Libertà , Edition 25/02/2017
tolici democratici”
e il-1:00)
mondo
Febbraio
27, 2017 9:20 am (GMT
della sinistra riformista che forse
aveva fatto i conti per sempre con
va ai ragazzi nel doposcuola, teneva i
rapporti pubblici, l’amministrazione,
cucinava; i lavori più umili e quelli più
impegnativi erano i suoi. “Il mio letto diceva -lo vedo così poco”.
In una delle sue ultime lettere Vladimiro scriveva ad un amico “Stasera sono
stanco morto. Ma ho pregato lo stesso
con gusto, anche se mi si chiudevano gli
occhi. Prega anche tu per la mia povera,
misera persona”.
N
el collegio si raccoglievano ragazzi da tutta la provincia, figli di
gente povera, molto spesso in situazioni familiari di grave disagio. Scrissero alcuni di loro dopo la sua morte:
“Vladimiro voleva molto bene a noi tutti, faceva di tutto per farci migliorare, anche se molte volte usava le maniere forti;
lui voleva che i ragazzi del suo collegio
fossero bravi a scuola, nel gioco e nello
studio, che fossimo educati con tutti. Lui
scherzava con noi, ci trattava come se
fossimo suoi figli, organizzava gite, feste
e giochi, ci faceva pulire il collegio”.
“Vladimiro mi ha detto cose che non dimenticherò mai: che noi eravamo come
ma un insieme di esperienze capaci di umanizzare l’umano.
Tutto questo vissuto nel contesto
di uno strumento democratico e
cioè di un partito (la Democrazia Cristiana) che aveva saputo
offrire ai cattolici una casa comune, pur praticando la pedagogia della libertà.
Ma già allora, nel pieno dei
consensi popolari al partito dei
cattolici, si profilavano ideologie
insidiose, un capitalismo tecnologico che mirava a contrarre gli
suoi figli, che senza di noi non
riusciva ad andare avanti. Delle volte a mangiare non mi
piaceva la carne e lui mi dava
qualsiasi cosa, basta che mangiassi.” Vladimiro aveva una
particolare attenzione per le
persone ed era straordinariamente capace di amicizia.
Alcuni dei suoi amici ne hanno un ricordo vivo e presente:
“Amava veramente le persone,
al di là del tempo che poteva
trascorrere con loro: ti trasportava, ti obbligava a seguirlo”; e
ancora: “Andando ad aiutarlo a
Dinazzano, da lui ho imparato
a fare il purè di patate; è un ricordo bellissimo, perché mentre lavoravo con lui in cucina,
quando non avevo più forza di
cantare, lui sapeva darti un bacio sulla
fronte o un abbraccio al momento giusto”. Miro stesso scriveva ad un’amica:
“Occorre veramente che impariamo
ad amare di più Gesù Cristo; occorre
innamorarsene, per accorgersi che la
comunione cambia veramente la nostra vita; è come vedere le facce che già
conoscevi con lineamenti nuovi, come
se una mano fosse passata a modellarle
di nuovo, ma senza usare altra carne se
non quella già esistente”.
L’Opera a cui Miro ha dato vita è andata
avanti nei successivi quarant’anni anche
in forza di questa amicizia, ancora viva a
distanza di tanto tempo. Dal suo sacrificio sono nate, infatti, la scuola primaria
e le scuole secondarie “Vladimiro Spallanzani” di Sant’Antonino e Sassuolo.
A poche persone, come a Vladimiro, si
addicono le parole di Paul Claudel che,
nell’Annuncio a Maria, afferma: “Forse
che fine della vita è vivere?… Non vivere,
ma morire… e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna”.
brano minacciare, più che sostenere, la tenuta delle famiglie.
Il colpo di grazia è venuto recentemente con l’approvazione
della legge sulle unioni civili,
quasi che l’emergenza demografica, la povertà delle famiglie,
l’ingiustizia fiscale, l’assenza di
politiche familiari (con l’eccezione di Trentino, del Veneto e della
Lombardia), siano fatti da vivere
con incoscienza sociale.
Di fronte, come dicevo, alla decomposizione di esperienze parti-
S
e
C
r
m
S
Giuliano Romoli
chiari: non possiamo ritenere alternativi o antagonisti famiglia,
vita, realtà antropologiche con
lavoro, giustizia sociale, equità
fiscale.
L’impegno non è su una parte ,
ma per il tutto! Quanto sta accadendo ne è la prova evidente:
dobbiamo farci portatori di una
alleanza esplicita tra scelte familiari e contesto sociale, termine in
cui vanno inseritePowered
al tempo
stesso
by TECNAVIA
le politiche di valore e le modalità in cui la società civile si orga-
C’
pregna
scia in
tarla è
rare un
fresca,
improv
cio di
per il n
santito