23-09 ore17 caiello

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23-09 ore17 caiello
Torino
Piccolo Regio
Giacomo Puccini
Martedì 23.IX.08
ore 17
Alda Caiello soprano
Gabriele Pieranunzi violino
Gabriele Geminiani violoncello
Maria Grazia Bellocchio
pianoforte
Šostakovič
Mosca
Dmitrij Šostakovič
(1906-1975)
Suite vocale-strumentale su testi di Blok op. 127
per soprano, violino, violoncello e pianoforte
Canto di Ofelia
Hamayun, l’uccello profeta
Eravamo insieme
La città dorme
La tempesta
Simboli arcani
Musica
Luca Mosca
(1957)
Words to Score a Rhyme (2005)
recital in 28 haiku di Gianluigi Melega
per voce femminile, violino, violoncello e pianoforte
Alda Caiello, soprano
Gabriele Pieranunzi, violino
Gabriele Geminiani, violoncello
Maria Grazia Bellocchio, pianoforte
Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino
el maggio del 1966 un infarto compromise definitivamente la salute, già preN
caria, di Šostakovič. Il compositore aveva serie difficoltà di deambulazione,
aveva il braccio destro quasi paralizzato e si esercitava, faticosamente, a scrivere
con la sinistra; per tutti i dieci anni successivi sarebbe entrato e uscito continuamente da cliniche e convalescenziari, senza che per questo la sua attività creativa
subisse battute d’arresto. È appunto in ospedale, all’inizio del 1967, che compose
la Suite vocale-strumentale su testi di Blok op. 127, eseguita a Mosca quello stesso
anno da quattro dei più cari amici del compositore: il soprano Galina Višnevskaja
(alla quale è dedicata), David Ojstrach al violino, Mstislav Rostropovič al violoncello e Moises Weinberg al pianoforte.
Alla poesia Šostakovič si rivolse con particolare attenzione in quegli ultimi dieci
anni di vita, da Evtušenko per la Tredicesima Sinfonia, a García Lorca, Rilke, Apollinaire e Küchelbecker per la Quattordicesima. Il lirismo poetico, raffinato e introspettivo, trova però la massima rispondenza musicale in tre cicli: Sei poesie di Marina Cvetaeva op. 143 (1973) e la Suite su sonetti di Michelangelo Buonarroti op.145
(1975). In tutti e tre i casi si tratta di cicli strutturati secondo una forma unitaria, i
cui brani non sono né isolabili né interscambiabili. Mentre i cicli della Cvetaeva e
di Michelangelo sono scritti per i consueti organici, voce e pianoforte in una prima
stesura, poi orchestra, la Suite di Blok presenta una scelta strumentale unica: violino, violoncello e pianoforte, il che permette al compositore, pur restando nell’ambito strettamente cameristico, di differenziare l’accompagnamento di ogni singola
romanza e tracciare un percorso espressivo interno attraverso il colore sonoro. Tale
percorso si muove in più direzioni parallele, dal grave verso l’acuto, dal meno al
più, dall’uno al molteplice, secondo la successione: I, violoncello; II, pianoforte; III,
violino; IV, violoncello e pianoforte; V, violino e pianoforte; VI, violino e violoncello; VII, tutti i tre gli strumenti. Le ultime tre romanze sono legate: l’accompagnamento dell’una trascolora nell’altra senza soluzione di continuità.
La poesia di Aleksandr Blok (San Pietroburgo, 1880-1921) è evocativa, pervasa di
colori e di musica. Ha scritto Angelo Maria Ripellino: «Una singolare canorità contraddistingue l’universo blokiano. In lui tutto canta: gli oggetti, i concetti, le meteore, le membra. Cantano il vento, la neve, le tenebre, l’acqua, la mezzanotte, l’anima, gli occhi. Ora questo profluvio di musica dà spesso alle liriche un’astrattezza
svanente, impalpabile. Blok non di rado compone orditure vocali, paesaggi fonetici, il cui dettato, privo di consistenza logica, si sgretola in una smaniosa corrente di
suoni (...) La musica è il tessuto connettivo che amalgama in una sola sostanza gli
avvenimenti terrestri, il tumulto del sangue, il brivido degli spazi, l’ebbrezza smodata delle passioni, l’angoscia del vivere» (A. Blok, Poesie, Milano 1987). E Musica
ha intitolato Šostakovič stesso l’ultima romanza poiché, come diceva, «nel testo si
parla proprio di lei»: l’unico linguaggio possibile dopo i fuochi, la tempesta, i dolori, l’ultima offerta dell’“indegno schiavo”, l’uomo-artista. La poesia di Blok non è
solo musica, ma anche colore: nero, argento, porpora, oro, rosso, azzurro, luci e
ombre di una San Pietroburgo illuminata dall’aurora. Suoni e colori che Šostakovič
affida al melodizzare sillabico, perlopiù declamato, tipico della tradizione vocale
russa, avvolto dai suoni strumentali: e, quando la voce si è già spenta, sono gli strumenti che intonano il lungo, struggente commiato.
Rosy Moffa
Canto di Ofelia
Nel separarti dalla tua cara,
amico mio, giurasti di amarmi!
Nel partire verso un paese odiato,
promettesti di mantenere il giuramento.
Laggiù, lontano dalla felice Danimarca,
la tua sponda è immersa nella caligine...
L’onda infuriata, rumoreggiando
bagna di lacrime gli scogli.
Il guerriero amato non tornerà più,
tutto bardato d’argento...
Nella tomba fluttueranno mestamente
il nastro e la piuma nera.
Hamayun, l’uccello profeta (*)
Sugli sconfinati specchi delle acque,
rivestiti di porpora nel crepuscolo,
ella profetizza e canta,
senza la forza di sollevare le ali scompigliate.
Profetizza il giogo crudele dei tartari,
profetizza la sequela di disgrazie sanguinose,
e terremoto, e carestia, e incendio,
la potenza dei malvagi, la morte dei giusti...
In preda al terrore primigenio,
il suo bel viso arde d’amore;
ma la profezia echeggia veritiera
sulle labbra, incrostate di sangue!
(*) Mitico uccello dal volto di donna,
da un quadro di Viktor Vasnetzov (1848-1926)
Eravamo insieme
Eravamo insieme, me ne ricordo...
la notte fremeva, un violino cantava...
In quei giorni tu eri mia,
di ora in ora ti facevi più bella.
Tra il mormorio della corrente,
nel mistero di un sorriso di donna,
le labbra chiedevano un bacio,
i suoni del violino chiedevano di entrare nel cuore...
La città dorme
La città dorme, avvolta nella bruma,
appena baluginano i lampioni.
Laggiù, lontano, oltre la Neva,
vedo i barlumi dell’aurora.
In questo lontano riverbero,
in questi barlumi di fuoco
si annida il risveglio
di giorni tristi per me.
La tempesta
Oh, con quale folle accanimento, davanti alla finestra,
urla la terribile tempesta, e infuria,
veloci corrono le nuvole, scroscia la pioggia,
e il vento ulula, dileguandosi!
Notte spaventosa! In una notte come questa
ho pena per coloro che non hanno un tetto,
e la compassione mi spinge fuori
nell’amplesso dell’umido gelo!
Combattere contro l’oscurità e la pioggia,
condividere le sofferenze dei miseri...
Oh, con quale folle accanimento, davanti alla finestra,
infuria il vento, fino all’esaurimento!
Simboli arcani
Simboli arcani divampano
sul muro cieco addormentato.
Papaveri rossi e oro
gravano sopra il mio sonno.
Mi rifugio negli antri della notte
e non rammento gli austeri prodigi.
All’alba, azzurre chimere
osservano dagli smaglianti specchi celesti.
Fuggo negli istanti passati,
chiudo gli occhi dalla paura,
sulle pagine di un libro raggelante
la treccia d’oro d’una fanciulla.
Già il firmamento è basso su di me,
un sogno nero grava sul mio petto.
La mia fine predestinata si approssima,
e guerra, e fiamme mi stanno di fronte.
Musica
La notte, quando l’angoscia si addormenta,
e la città si nasconde nella nebbia,
oh, quanta musica è accanto a Dio,
quali suoni sulla terra!
Che importano le tempeste della vita, se le tue rose
per me fioriscono e ardono!
Che importano le lacrime umane,
quando il crepuscolo si tinge di rosso!
Accetta, tu che reggi l’universo,
attraverso il sangue, la sofferenza, la tomba,
l’ultimo spumeggiante calice di passione
dal tuo indegno schiavo!
Traduzioni di Rosy Moffa
uesto brano è caratterizzato da una scrittura basata sul frammento. Ogni haiku
Q
è il momento di un mosaico che solo alla fine si comprende nella sua completezza formale. L’articolazione strumentale, miniaturistica, è improntata a un contrappunto denso e insieme trasparente, in cui il pianoforte viene usato nella maggior parte dei casi senza pedale di risonanza in un gioco volutamente sotterraneo e
antiromantico. Nella miniaturizzazione della scrittura ogni particolare, anche il più
apparentemente trascurabile, assume una necessità all’interno della grande forma.
L’ascoltatore può scegliere un suo percorso percettivo, in cui può decidere anche di
non seguire la linea principale per inoltrarsi nei molteplici rivoli che da essa scaturiscono incessantemente. La voce è usata come un terzo strumento in contrapposizione dialettica continua con il violino e il violoncello. La composizione della parte
vocale è modellata sulle caratteristiche di Alda Caiello: la musica passa di continuo
da un tono drammatico a un’ironia astratta, da una libera comicità teatrale a una
serie di gesti tecnici che richiedono sia una estrema duttilità, sia un grande autocontrollo. Il testo di Gianluigi Melega, una serie modulare di frammenti poetici
staccati, ha un arco espressivo che tocca molteplici stati d’animo, e questo mi ha
permesso di aderire alla poesia servendomi di un’ampia varietà di registri: la mia
volontà, attraversando il testo, è stata quella di dare il ritratto in musica di un essere umano in tutta la sua complessità, le sue contraddizioni, le sue follie.
Luca Mosca
Words to Score a Rhyme
Libro I
I
It took me almost a whole life
To understand Unamuno’s meaning:
“Of what has been done
Nothing but the word remains”.
Time to shut up.
Mi ci è voluta una intera vita
Per capire quel che disse Unamuno:
“Di quel che è stato fatto
Resta solo la parola”.
È ora di tacere.
II
Amid fiery bursts of fire
Autumn lazily stretches
Its nicotine fingers
Over the maples’ leaves.
Tra fiammeggianti scoppi di fuoco
L’autunno pigramente stende
Le sue dita di nicotina
Sulle foglie degli aceri.
III
I never traded
Paintings I bought.
They roam about my room
Like frames
Of bygone days.
Non ho mai venduto
Quadri che ho comperato.
Galoppano nella mia stanza
Incorniciando
Giorni lontani.
IV
Some days the sombre ceiling
Of a hospital room
Displays the jungle vistas
He dreamt while reading
“The moon and sixpence”.
Certi giorni il grigio soffitto
Di una stanza di ospedale
Sfodera dei panorami da giungla,
Quelli sognati quando lui leggeva
“La luna e sei soldi”.
V
This winter crystal sky
Is like a shameless lie:
Were it green or ash-grey and blue
It’d be easier to understand
If what it says is true.
Questo cielo invernale di cristallo
È come una bugia spudorata:
Se fosse verde o grigiocenere e blu
Sarebbe più facile capire
Se quel che dice è vero.
VI
Nighthawks, Wabash Ave.
She slammed down a dish
In front of me.
“Enjoy!”, she groaned.
A burrito combo, spilling grease.
I felt like vomiting.
Nighthawks, Wabash Ave.
Mi sbatté un piatto
Davanti.
“Buon appetito!”, grugnì.
Un burrito combo, sgocciolante grasso.
Stavo per vomitare.
VII
I am growing Spanish moss.
As time goes by
My leaves are turning russet.
I live a sense of loss
Across a timeless sky.
Io cresco muschio
Come il tempo passa
Le mie foglie si colorano di ruggine.
Vivo un senso di perdita
Traverso un cielo senza tempo.
VIII
A book of nursery rhymes
From eons ago
Blinds me with memories.
It’s hard to breathe with images
Of the aging of time.
Un libro di rime infantili
Di secoli fa
Mi acceca di memorie.
È duro respirare con immagini
Dell’invecchiare del tempo.
IX
A train in flight
Is slower
Than a season of love,
Than the whim of a lover,
Than the shade of a flower.
Un treno in volo
È più lento
Di una stagione d’amore,
Del capriccio di un innamorato,
Dell’ombra di un fiore.
X
A shimmering sunset
Slid into evening
Like an alien song,
A contralto singing
In a foreign tongue.
Un tramonto luccicante
Scivolò nella sera
Come una canzone straniera,
Come un contralto che canti
In una lingua sconosciuta.
XI
Within within
Is our enmity.
A mask of loneliness
Is an escape
To sanity.
Entro ciò che è dentro
È il senso del nemico.
Una maschera di solitudine
È una fuga
Verso l’equilibrio.
XII
I stand in awe
Looking around and up
At turqoise ships and seas of inky blue,
And names of an exotic tinge,
A butterfly with iridescent wings.
In piedi, stupito,
Guardo intorno e in alto
A navi turchesi e a mari di blu inchiostro
E a nomi di tinta esotica,
Farfalla con ali iridescenti.
XIII
Narcissus in full bloom
Have a rotting smell,
A sensous memento mori,
Are a metronome bell
From beauty to doom.
I narcisi in fiore
Hanno odore di marcio,
Un sensuoso memento mori,
Sono il tocco di un metronomo
Dalla bellezza allo sfacelo.
Libro II
I
On drama: my favorite line
“I die, Horatio”.
To share the knowledge
With your best friend
Of how it all, drama and life, ends.
Sul teatro: la battuta che preferisco
“Io muoio, Orazio”.
Dividere la percezione
Col tuo migliore amico
Di come tutto, teatro e vita, finisce.
II
And since I am an only child
I’d like to score a poem
For left head only,
And softly laugh about it
All by myself.
Siccome sono figlio unico
Mi piacerebbe musicare una poesia
Per sola testa sinistra,
E riderne a bassa voce
Tutto da solo.
III
This is going to be our last cruise,
Our Bridge of Sighs. We will
Put out of port at dusk. And then,
At night, like fireflies of light
We’ll dot the darker coast.
Sarà questo il nostro ultimo viaggio per mare
Il nostro Ponte dei Sospiri. La barca
Salperà al crepuscolo. E poi,
A notte, come lucciole di luce
Saremo come punti sulla più buia costa.
IV
Dusty and dark is the dusk
Of the seventh day
After you entered
Jerusalem
On a donkey’s back.
Polveroso e buio è il crepuscolo
Del settimo giorno
Da quando sei entrato
A Gerusalemme
In sella a un asino.
V
I asked her, point-blank: do you make love?
She looked back wistfully, with a smile.
She used to, very much.
We liked it, afternoons on end,
Eyes lost at rest in the ceiling.
Le ho chiesto a bruciapelo: fai all’amore?
Si è guardata indietro con rimpianto,
Con un sorriso, lo faceva molto.
Ci piaceva, per pomeriggi senza fine,
Con gli occhi persi in riposo sul soffitto.
VI
A line of thoughts unfolds like a melody
Into the woods of night
To its unknown memory,
Leaving behind a ghost of perfume,
A casualty.
Un pensiero si snoda come una melodia
Nei boschi della notte
Verso la sua memoria sconosciuta,
Lasciandosi alle spalle un’ombra di profumo,
Una vittima.
VII
Vue de Delft (homage to M.Proust)
Inquire for the reflection
In the eye
Of the beholder.
And more.
Veduta di Delft (omaggio a M.Proust)
Domandati che cosa c’è
Nell’occhio
Di chi guarda.
E altro.
VIII
Mozia. That lovely,
Lovely bottom…
I stretch the fingertips
Of my eyes
To feel the creases.
Mozia. Quel seducente,
Seducente fondoschiena....
Stendo i polpastrelli
Dei miei occhi
Per sentire le pieghe.
IX
I juggle unborn lines
As marbles of the mind,
Chasing elusive jingles
As keepsakes
In mazes of a kind.
Faccio ballare dei versi non ancora nati
Come biglie della mente,
Inseguendo sfuggenti tintinnii
Come segnalini
In labirinti di un certo tipo.
X
C Major. I lean over
Bodily following
That disappearing word,
Pianissimo,
Disappearing.
Do maggiore. Mi sporgo
Inseguendo col corpo
Quella parola che sta per scomparire,
Pianissimo,
Che scompare.
XI
As a boy, I dreamt in colors:
The sky at dusk indigo blu,
Yellow and black the lake below,
And a black stroke for the hills.
The dreams were the frame.
Da ragazzo, sognavo a colori:
Il cielo al crepuscolo blu indaco,
Giallo e nero il lago sotto,
E una pennellata nera per le colline.
I sogni erano la cornice.
XII
I am sick with age
And rich in dreams.
Sometimes I close my eyes and in between
Pretend to be alive.
Sono malato di anni
E pieno di sogni.
Talvolta chiudo gli occhi
E allora mi figuro di essere vivo.
XIII
Trommeln in der nacht
Through nights and dawns in silken
splendor clad
I probe the depth of dreams,
Of tales whose marching tread
Is what it is
And not what it does seem.
Tamburi nella notte
Attraverso notti e albe avvolto
In splendida seta
Indago la profondità dei sogni,
Di storie in cui la cadenza
Dei passi in marcia
È quello che è, e non quello che sembra.
XIV
Ding – Dong at the door:
A chime! Illecit
Fishing for words
To score a rhyme.
Ding – Dong alla porta:
Una campanella! Illecita
Ricerca della parola
Per fare una rima.
XV
On the tip of my toes
I step along
The slanting tilt of life.
In punta di piedi
Cammino lungo
L’inclinata discesa della vita.
Se desiderate commentare questo concerto, potete collegarvi al
calendario presente sul sito www.mitosettembremusica.it dove è
attivo uno spazio destinato ai commenti degli spettatori
Alda Caiello, soprano lirico di agilità, diplomata in pianoforte e in canto al Conservatorio di Perugia, ha cantato sotto la direzione di Brüggen, Chung, Gergiev,
Tamayo, Keuschnig, de Bernart, Rofè, Franklin, Panni, Scogna, Rivolta, Pomarico,
Borgonovo, ed è stata invitata da tutte le maggiori istituzioni musicali europee.
Ha più volte interpretato i Folk Songs di Luciano Berio, a Milano sotto la direzione
del compositore, a Rotterdam con Gergiev, al Musikverein di Vienna con il Kontrapunkte Ensemble diretto da Peter Keuschnig; è anche stata la protagonista di Passaggio al Teatro Carlo Felice di Genova con la regia di Daniele Abbado, e con il
Niewe Ensemble è stata invitata a Utrecht e Maastricht per concerti dedicati al compositore ligure.
Adriano Guarnieri l’ha voluta interprete della prima mondiale di Medea a Venezia
con la regia di Giorgio Barberio Corsetti, della Passione secondo Matteo a Milano e
di Quare Tristis per il Centenario della Biennale di Venezia. È stata interprete di
Camera Obscura di Marco di Bari e di Io, frammento di Prometeo di Luigi Nono,
registrato da Rai Radio SAT, di Rara Requiem di Bussotti, di Exil di Kancheli con
l’Ensemble Alter Ego. All’Holland Festival ha cantato la prima mondiale di Gesualdo, considered as a murderer di Luca Francesconi.
Nel 2007 tre prime esecuzioni: La Legge di Manzoni alla presenza dell’autore alla
Biennale di Venezia, Kosmoi di Pierluigi Billone con la Radio Symphonieorchester
Wien, Recital for Cathy (prima austriaca) di Berio con il Kontrapunkte Ensemble.
Nel 2008 ha presentato a Roma un concerto dedicato a Dallapiccola e Carter. Fra i
prossimi impegni, Harawi di Messiaen a Spoleto e concerti in Spagna con il programma odierno.
Gabriele Pieranunzi si è imposto giovanissimo all’attenzione del pubblico e della
critica in competizioni internazionali. Diplomatosi all’età di sedici anni sotto la
guida di Arrigo Pelliccia, si è perfezionato con Accardo, Gulli e Gheorghiu.
È stato subito invitato dalle maggiori istituzioni concertistiche italiane, fra cui Accademia Filarmonica Romana, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai, Accademia Chigiana, Orchestra Sinfonica Giuseppe
Verdi e Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, Unione Musicale di Torino,
Orchestra da Camera di Mantova, i teatri di Bari, Brescia e Bologna.
Ha inoltre partecipato a diversi festival, fra cui Festival dei Due Mondi di Spoleto,
Settimana Musicale del Teatro Olimpico di Vicenza, Settimane Internazionali di
Musica da Camera a Villa Pignatelli di Napoli, Festival Bemus di Belgrado, le Settimane Musicali di Stresa. Ha suonato con la Baden-Baden Philharmonie, la RTSI di
Lugano, la Biel Symphonie Orchester, la Filarmonica Enescu, la Radio Nazionale di
Bucarest. Su invito del Comune di Genova ha più volte suonato il violino Guarneri
del Gesù appartenuto a Paganini. Diretto da Noseda ha suonato in Scandinavia con
l’Orchestra Sinfonica di Malmö e con l’Orchestra di Bournemouth.
Ha formato un quartetto con pianoforte (Baglini al pianoforte, Fiore alla viola e
Downes al violoncello) con cui ha tenuto concerti in Italia e in Sud America; in duo
con il fratello ha presentato un recital con musiche di autori allievi di Nadia Boulanger. Ha inoltre collaborato con direttori come Tate, Ceccato, Michelangeli, Kovatcev e con solisti come Belkin, Canino, Filippini, Petracchi, Lucchesini, De Fusco.
Suona un Montagnana del 1783 e il Carlo Bergonzi datato Cremona 1739 detto “ex
Misha Piastro” messogli a disposizione dalla Fondazione Pro Canale di Milano.
Nato a Pesaro, Gabriele Geminiani si è diplomato con il massimo dei voti, lode e
menzione d’onore; si è poi perfezionato con Maisky, Meneses, il Trio di Trieste,
Bogino, Vernikov e Meunier. Ha suonato in veste di solista con diverse orchestre,
eseguendo gran parte del repertorio solistico con direttori quali Ferro, Nelson e
Chung. Nel 1997 al Concorso Internazionale “Rostropovič” di Parigi ha conseguito
il premio speciale per la migliore esecuzione di Spins and Spells di Kaija Saariaho
e nel 2002 è stato invitato ad esibirsi in occasione del venticinquennale dell’istituzione dello stesso concorso. Nel 1998 ha vinto il concorso per primo violoncello
presso l’ORT di Firenze e nel 1999 si è affermato al concorso per primo violoncello presso l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Ha collaborato con celebri direttori d’orchestra tra cui Sinopoli, Sawallisch, Temirkanov,
Maazel, Muti, Prêtre, Bertini, Rostropovič, Pappano, Gatti, Gergiev, Masur, Jurowsky e in performance cameristiche con Lonquich, Campanella, Di Bella, Dindo, Pieranunzi, Kikuchi e Kavakos. Ha collaborato come primo violoncello con l’Orchestra
Filarmonica della Scala. In questi anni ha effettuato tournée in tutto il mondo, suonando in alcune delle più prestigiose sale da concerto come Philharmonie e Konzerthaus di Berlino, Suntory Hall e Opera City di Tokyo, Symphony Hall di Osaka,
Fukuoka Symphony Hall, Sala delle Colonne di Mosca, Teatro Coliseo di Buenos
Aires, Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, Auditorio Nacional di Madrid, Palau de
la Musica e Auditorium di Barcellona, Seul Arts Center, oltre che nei più prestigiosi teatri italiani.
Suona un violoncello Carlo Giuseppe Oddone del 1903.
Maria Grazia Bellocchio ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio
di Milano con Antonio Beltrami e Chiaralberta Pastorelli, diplomandosi con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore. Successivamente ha studiato al Conservatorio di Berna con Karl Engel e a Milano con Franco Gei.
Ha collaborato con l’Orchestra da Camera di Pesaro, l’Orchestra Milano Classica,
l’Orchestra Sinfonica Siciliana, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, la Scottish Chamber Orchestra, l’Orchestra Toscanini di Parma, l’Orchestra da Camera di
Padova e l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano.
Si è esibita per istituzioni concertistiche come Autunno Musicale di Como, Teatro
Comunale di Bologna e di Ferrara, Teatro Regio di Parma, Torino Settembre Musica, Teatri di Brescia, Bergamo, Mantova, Milano Musica, New Music of Middleburg,
Klangforum Wien, Fondazione Gulbenkian di Lisbona, Festival di Strasburgo, Festival Présences di Parigi, Biennale di Venezia, Printemps des Arts di Montecarlo.
Ha suonato in formazioni da camera con diversi artisti, fra i quali Azzolini, Filippini, Petracchi, Norberg-Schulz, Giuranna e dal 1989 fa parte dell’Orchestra dello
Schleswig-Holstein Music Festival, che è stata diretta da Leonard Bernstein. È assistente di Salvatore Accardo ai corsi di perfezionamento dell’Accademia Walter
Stauffer di Cremona e nel 2001 è stata invitata dall’Università di Valparaiso (Cile)
per una masterclass e dei concerti.
Da diversi anni si dedica allo studio della musica contemporanea collaborando con
il Divertimento Ensemble diretto da Sandro Gorli; insegna pianoforte presso l’Istituto Musicale Donizetti di Bergamo.