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Galleria San Fedele Via Hoepli 3 a-b 20121 Milano presentano Arnulf Rainer. La croce e la notte dal 4 giugno al 10 luglio 2015 mostra a cura di Andrea Dall’Asta SJ, Sandro Parmiggiani testi Andrea Dall’Asta SJ, Sandro Parmiggiani coordinamento mostra e catalogo Maria Chiara Cardini progetto grafico Donatello Occhibianco allestimento Umberto Dirai organizzazione stampa Augusto Papini crediti fotografici Clara Ditz Roland Krauss La Galleria San Fedele ringrazia Arte92, Milano Galleria Melesi, Lecco Galerie Ulysses, Vienna Martin C. Turba si ringrazia inoltre Giuseppe Villa A R N U L F R A I N E R LA CROCE E LA NOTTE Arnulf Rainer. La croce e la notte Con la mostra Arnulf Rainer. La croce e la notte, sono presenti alcune opere di soggetto sacro dell’artista austriaco, in modo particolare una serie di croci dipinte su tavola, acquerelli e gessetti ad olio su incisione, oltre che una serie di maschere mortuarie degli anni ’80 e alcuni volti di Cristo. È dunque un’esposizione che intende fare emergere una profonda dimensione religiosa, rivelando l’interesse dell’artista per la mistica, la storia dell’arte, la teologia. Sin dagli anni ‘50, nella sua pluridecennale attività, Arnul Rainer si è misurato con il tema del sacro. La sua produzione artistica, incentrata sulla ricerca del senso originario del gesto dell’uomo, colto nella sua condizione di precarietà e di transitorietà, è una riflessione sul rapporto tra il segno umano e l’invisibile. In Andrea Dall’Asta SJ questa ricerca, il tema della Croce è centrale ed emerge costantemente non solo nelle sue numerose Croci, Direttore Galleria San Fedele ma in molte altre sue opere, dalle sovrapitture alle fotografie, in cui si ritrae in espressioni di dolore e in smorfie. È questo un tema che, come afferma lo stesso artista, trova la sua continuazione nella serie dei Totenmasken (maschere mortuarie), di cui alcuni esempi sono esposti in questa occasione. Con un linguaggio di matrice espressionista, tipico dell’Azionismo viennese, in cui colore, segno e gesto sono dominati dalle interrogazioni della coscienza e dagli impulsi del corpo, a partire dagli anni ’80, Rainer pone al centro della sua attività pittorica questo simbolo ancestrale, che fa riferimento al sacrificio e alla morte di Cristo, declinandolo in innumerevoli variazioni. Tutta la composizione, che segue la sagoma del telaio della croce, è animata da una forte tensione drammatica, messa in scena da una dialettica tra caduta del colore verso il basso, e dal senso di elevazione di un colore che invece si fa luce. Sono queste testimonianze dell’autore di fronte al mistero di Cristo, alla riflessione sulla morte. Sono meditazioni sull’«oltre», sulla «soglia», interpretate ora in maniera silenziosa, altre volte in modo più urlato, gridato, violento, come se l’opera fosse animata da una forza interna insopprimibile che non può essere trattenuta, imprigionata in una forma, da una presenza che chiede di essere riconosciuta. Fondamentali sono le sue opere sul volto di Cristo, su Crocifissi antichi... Sono queste immagini profondamente drammatiche, vissute, sofferte. L’artista parte dalla riproduzione di un’icona o di un’opera d’arte medioevale, per poi intervenire in modo aggressivo sull’immagine con un segno nervoso e rapido, in una continua dialettica tra annullamento e presenza, tra cancellazione e creazione, giustapponendo sempre qualcosa di nuovo su di un’immagine antica. L’immagine si presenta in questo modo in un continuo mostrarsi e annullarsi, rivelarsi e celarsi, evocando una dimensione di mistero, di interrogazione profonda che resiste a ogni tentativo di appropriazione dello sguardo. Nelle Croci si serve di una tavola sagomata. Come in Croce (1988/1989), presente in mostra, la cui forma è una Tau. Nella parte orizzontale, da sinistra scende verso destra una nera massa pittorica che costituisce il fulcro visivo della composizione. L’occhio è infatti attratto verso questo centro, che si presenta come un enigma. Nel suo precipitare verso il basso, questo grumo di colore nero sembra liquefarsi verso il braccio verticale, suggerendo un forte senso di dolore, di dramma, come se evocasse il gocciolare stesso del sangue di Cristo sulla Croce. Nel braccio orizzontale sono presenti macchie gialle che contrastano con macchie di colore più azzurro. A tracce antropomorfiche si contrappongono macchie astratte, segni di presenze fisiche. Come in molte altre croci dipinte da Rainer, il colore è depositato con violenza sulla tela, è applicato impetuosamente con le mani o con le dita, per essere poi spalmato in diverse direzioni, in modo febbrile, frenetico… Siamo ben lontani dalla figurazione del Christus Patiens a cui la tradizione Nord Europea ci aveva abituati. La forma «de-formata» del corpo di Cristo, a causa delle ferite che lacerano e sconvolgono la «bella forma» mutuata dagli dei greci e romani, è qui annullata, soppressa. Tuttavia, nelle opere di Rainer, è come se fosse ancora presente il loro spirito, la loro straordinaria energia vitale, l’intensità di un dramma che sta per accadere, ma che preannuncia una rivolta, un riscatto, una speranza di risurrezione. Il desiderio mai soffocato di uscire dall’oscurità della notte… In questa tensione derivata dall’impeto di un gesto fluido e rapido, Rainer riesce probabilmente a fare coincidere il gesto umano con quello religioso. La superficie della tela diventa infatti superficie diventasse infatti un campo di battaglia, lo spazio di una lotta incessante tra forze, tra energie contrastanti. Nell’espressività della sua «azione», avviene l’incontro tra visibile e invisibile, uomo e Dio, spirito e materia. Da questa lotta, è come se emergesse un grido, una supplica, un’implorazione. La dimensione «religiosa» si rivela dunque non solo per il soggetto trattato, mutuato spesso da una riflessione sui simboli cristiani, ma per il modo con il quale Rainer dipinge, per la sua forza e la sua carica espressive. Di fatto, anche se le opere dell’artista non sono state pensate per spazi liturgici, come afferma lo stesso autore, rivelano una ricerca profonda che si dischiude sul mistero dell’esistere umano. Alle opere di Arnulf Rainer è accostato un Crocifisso del XVI secolo. È una scultura mutila in noce, proveniente probabilmente da Aquileia, che ha subito pesanti interventi e mutilazioni, provocando la scomparsa completa della originaria policromia e dello strato preparatorio, la perdita delle braccia e delle gambe dal ginocchio in giù, oltre a numerose lacune, dovute anche a un devastante attacco di animali xilofagi. Se da un lato la scultura si presenta in modo elegante e minuto, dall’altro lato il contrasto con le ferite subite è profondo, intenso. È come se la scultura si presentasse dopo secoli di aggressioni, di violenze subite. Non è più la scultura che avremmo potuto contemplare secoli fa, nello splendore della sua bellezza formale. Si rivela come sfigurata. Parla di dramma, di sofferenza, dopo avere accolto per secoli le azioni del tempo. È lo stesso dolore dell’uomo, che si apre a una nuova vita? È un’immagine, tra cancellazione e nuova creazione. Tra annullamento e un «oltre» che affiora, emerge... “Le Crocifissioni hanno il loro inizio negli anni Cinquanta da un interessamento per la mistica, la storia La notte oscura della pittura dell’arte e la teologia della Croce (Louis Chardon, Giovanni della Casa, Caterina da Siena, Simone Weil, Emil Cioran e altri)”, rivela Arnulf Rainer nella primavera del 1980. E aggiunge: “Tutte queste opere plastiche non hanno la pretesa di essere figurazioni per spazi sacri. Esse derivano da radici molto personali. La causa fu un turbamento soggettivo, tanto per il personaggio, per l’evento, quanto per l’idea della croce” (in Arnulf Rainer, catalogo della mostra, Galleria Arte 92, Milano 2006). Rainer ci confessa la genesi segreta delle opere che hanno così intensamente caratterizzato la sua vita di uomo e di artista; lui si è misurato con la dimensione del sacro e con l’emblema universale di quella sofferenza che segna tutta la storia dell’umanità, vi si è immerso non solo attraverso un cammino di meditazione sui testi che hanno Sandro Parmiggiani nei secoli affrontato, pure da angoli visuali anche diversi, la ricerca mistica, ma ha ritenuto di dovervisi Critico e storico dell’arte confrontare, con i mezzi espressivi propri di un artista, in una sorta di esperienza diretta che è diventata fatto pittorico: la pittura come esperienza mistica, inoltrandosi in quella che potremmo chiamare “la notte oscura della pittura”. Ricordare i capisaldi del pensiero dei protagonisti citati da Rainer ci aiuta a comprendere gli stessi caratteri ed esiti del suo lavoro: Caterina da Siena, con le Lettere e il Dialogo della Provvidenza; Giovanni della Casa, per il quale Dio era “luce tenebrosa e tenebra luminosa” – ossimori che potremmo utilizzare per definire queste opere di Rainer – e la cui Notte oscura dell’anima avrebbe influenzato teologi, filosofi e poeti (in primis, Thomas Stearns Eliot); Louis Chardon con La Croce di Gesù; Simone Weil, di cui mi piace ricordare due suoi testi, La pesanteur et la grâce e L’enracinement, che Franco Fortini tradusse, con creativa aderenza al senso profondo di quelle parole, L’ombra e la grazia e La prima radice – anche questi utili spunti per misurarsi con la pittura di Rainer, con i bagliori di luce e con i segni che vi si annidano e che paiono volersi radicare nel substrato sottostante –; infine, il pianeta Emil Cioran, il cui pessimismo (“tutto è niente […] così inizia la mistica”) appare una montagna inscalabile – Cioran si nutrì del pensiero, tra gli altri, dei Padri della Chiesa e di mistici, come Meister Eckart, che Rainer stranamente non cita, e che, in uno dei suoi sermoni, avvertiva che “chi vuole penetrare nel fondo di Dio, in ciò che ha di più intimo, deve prima penetrare nel fondo proprio, in ciò che ha di più intimo, giacché nessuno conosce Dio se prima non conosce se stesso.” Sopra il tracciato geometrico di una croce che ha talvolta una configurazione quasi quadrata – nelle incisioni cui sovrappone segni di furiosa cancellazione con il gessetto a olio e con l’acquerello – o che più spesso assume una verticalità assai più estesa dell’orizzontalità – nei dipinti a olio – Rainer, con un gesto febbrile, per andare alle radici di ciò che gli urge dentro e per conquistare ciò che oscuramente intravede, non teme di valicare la frontiera dei territori del caos, sovrapponendo stesure, cascate, scie, comete di colori, stesi con il pennello o con i polpastrelli e il palmo stesso della mano, ai quali fanno da contrappunto matasse e grovigli di segni che affiorano, o segni danzanti, liberi, sommersi dall’onda del colore o che, sopravvissuti al naufragio dentro di esso, ne solcano ora la superficie. Talvolta, ecco affiorare, in un angolo o all’interno, frammenti di forme compiute, eleganti, quali quelle delle zampe di un uccello o altre ben nitidamente visibili e riconoscibili, come il volto di Cristo di antica raffigurazione o la stessa immagine dell’artista, magari colto in spasmi che investono e stravolgono il suo corpo o il suo viso – quasi a volere ricordare gli esperimenti sulle rane di Galvani o quelli di Duchenne de Boulogne sulla elettrofisiologia dei muscoli del volto. Ciò che ci sta davanti, in queste opere di Rainer, può apparirci, a prima vista, l’esito di una esplosione, di una deflagrazione, in cui fiotti di colore hanno cancellato l’immagine sottostante, ma se osserviamo con attenzione la trama di quella cascata di colori e di quel viluppo di segni comprendiamo che l’azione dell’artista, nel farsi del dipinto, mai ha perso il controllo vigile e la visione dell’approdo finale cui andava via via pervenendo. Questa sorta di iconoclastia che si esercita sull’immagine e sul simbolo del sacro non intende certo oscurare e negare quella ricerca mistica che tanto profondamente hanno coinvolto l’artista; Rainer punta soltanto, attraverso un automatismo controllato, che affonda le sue radici nel surrealismo, cui l’artista non fu insensibile, immergersi nel buio, nella notte, nel profondo di sé, nel nulla, per esplorare ogni bagliore di verità negli accostamenti e nelle complessità degli strati di colore, dei fremiti e delle luci che lo agitano. Michel Leiris, autore di un testo di fondamentale importanza pubblicato nel 1948, Biffures (che potrebbe tradursi con cancellazioni in italiano e con crossing-out in inglese, ma che in realtà fonde i concetti di cancellazione e di biforcazione, di deviazione), concepiva la scrittura come una ferita, inflitta agli altri e a sé, e sosteneva che esistono, nella vita, “momenti che si possono chiamare di crisi e che sono i soli che contino”, dai quali si sprigiona la poesia, “e solo le opere che ne danno degli equivalenti sono quelle che contano”. Per Arnulf Rainer il perimetro della croce, questo spazio così immediatamente simbolico nella storia dell’uomo, diventa l’arena del dispiegarsi di una crisi, la sua, il luogo in cui la pittura, attraverso l’esperienza del ferire e del deviare (non solo scie di colore verticali, che paiono stelle cadenti, ma tensioni trasversali, che cercano una fuoriuscita laterale), in un suo farsi che è anche cerimoniale e rituale, va alla ricerca di esperienze e rivelazioni di un senso nuovo, “altro”. Se per Leiris la ricerca del “sacro” va condotta attraverso “certi fatti di linguaggio, di parole ricche in sé di prolungamenti, o di parole mal ascoltate o lette male che scatenano a un tratto una sorta di vertigine nel momento in cui ci si rende conto che non sono ciò che si era fino allora creduto”, così in Rainer questi esercizi di pittura, questo suo tenace inseguire un’ancestrale felicità del segno e del colore, una loro perenne rivelazione oltre ogni stanca declinazione, è la breccia attraverso cui potere affermare la primordiale verità e l’autenticità del dipingere. Del resto, le sue lacerazioni e i suoi oscuramenti dell’immagine che sta sotto gli strati del colore mettono a nudo il disordine, i frammenti, dai quali sempre ha avuto origine la forma, e si caricano dell’annuncio di un tempo moderno in cui le verità sono deflagrate e i linguaggi esplosi. Questo cammino pittorico, così intriso di fascino e di inquietudine, non è affatto solitario – si pensi ad alcune delle esperienze più alte dell’informale internazionale, a certi esiti di William Congdon e alle stesse disseminazioni di chiodi su una superficie operate da Günther Uecker. È un cammino, quello di Rainer, che ha avuto la forza e il coraggio di inoltrarsi dentro la notte oscura della pittura, alla ricerca del suo perenne mistero. Arnulf Rainer Croce 1987/88 olio su tavola 165x103,5 cm Arnulf Rainer Croce 1988/89 olio su tavola 186x124 cm Arnulf Rainer Croce 1988/89 olio e carta su tavola 186x123 cm Arnulf Rainer Croce 1988/89 olio e gessetto ad olio su tavola 186,5x125 cm Arnulf Rainer Croce 1988/9 olio e gessetto ad olio su tavola 186,5x125 cm Arnulf Rainer Croce 1988 gessetto ad olio su incisione 65x50 cm Arnulf Rainer Croce 1989 acquerello e gessetto ad olio su incisione 64x48,5 cm Arnulf Rainer Croce Verde 1988/89 acquerello e gessetto ad olio su incisione 63,4x48,5 cm Arnulf Rainer Croce su Croce 2004/05 tecnica mista su riproduzione 42x29,5 cm Arnulf Rainer Croce su Croce 2004/05 tecnica mista su riproduzione 42x29,5 cm Arnulf Rainer Das Ohr, L’orecchio (Sovrapittura di Cristo) 1984 olio su carta fotografica, su legno 120x80 cm Arnulf Rainer Christus intervento pittorico su fotografia 55x43,5 cm Arnulf Rainer Christus (Cristo) 1985 olio su carta fotografica, su legno 120x80 cm Arnulf Rainer Christusgesicht (Viso di Cristo) 1982/84 olio su carta fotografica, su legno 102x73 cm Arnulf Rainer Totenmaske (Maschera mortuaria) Marie von Ebner-Eschenbach 1983/84 olio su carta fotografica, su legno 120x80 cm Arnulf Rainer Totenmaske (Maschera mortuaria) Hl. Joseph von Calasanza 1983/84 olio su carta fotografica, su legno 120x80 cm Arnulf Rainer Totenmaske (Maschera mortuaria) 1983/84 olio su carta fotografica, su legno 120x80 cm Arnulf Rainer Schwarze Tatscher 1989 olio su cartone su tavola 51x73 cm Arnulf Rainer Rücken 1994 olio su cartone su legno 95x61 cm © Clara Ditz Biografia 1929. Arnulf Rainer nasce a Baden, una cittadina a circa trenta chilometri a sud di Vienna. 1937. E’ lodato dal maestro per aver disegnato gli alberi e i rami più belli durante le lezioni di arte. Prima consapevolezza di essere un artista. 1940-44. Frequenta l’istituto scolastico di Traiskirchen, nella bassa Austria. 1944. Abbandona la scuola perché non sopporta di disegnare dal vivo soggetti naturali. Decide di lavorare come artista. 1945. Viaggia in Carinzia; dipinge acquarelli di paesaggi senza esseri umani. 1947. Vede per la prima volta opere di arte contemporanea internazionale in una rivista pubblicata dal British Council di Londra, che contiene riproduzioni di lavori di Paul Nash, Francis Bacon, Stanley Spencer e Henry Moore. 1947-49. Frequenta la Scuola tecnica statale a Villach, in Carinzia. Studia le teorie surrealiste che in seguito entreranno a far parte del suo lavoro. 1949. Consegue la maturità a Villach. E’ accettato alla Scuola superiore di arti applicate a Vienna, che lascia dopo un diverbio con un insegnante il primo giorno di frequenza. Si iscrive successivamente all’Accademia di belle arti di Vienna, che frequenta per tre giorni e poi egualmente abbandona. 1950. Conosce Ernst Fuchs, Anton Lehmden, Arik Brauer, Wolfgang Hollegha e Josef Mikl, con cui fonda la Hundsgruppe (Gruppo del cane). 1951. All’inaugurazione di una mostra della Hundsgruppe a Vienna insulta il pubblico. Dopo la mostra si distacca dal surrealismo fantastico e dedica il proprio interesse alle microstrutture e alla distruzione di forme. I disegni assomigliano a strutture organiche senza un centro individuale. Questa Optische Dezentralisation termina con un disegno colorato in nero dal 1951. Si reca a Parigi per incontrare André Breton, ma la visita si rivela una delusione. E’ tuttavia colpito dalla mostra Véhémences conftontées alla Galerie Nina Dausser, in cui espongono Willem de Kooning, Georges Mathieu, Jackson Pollock e Jean-Paul Riopelle. Pubblica la raccolta fotografica Perspektiven der Vernichtung (Prospettive della distruzione), i suoi ultimi disegni della serie Optische Dezentralisation sono così fittamente coperti di linee che diventano quasi nere superfici compatte. Rainer cerca nuove strade pittoriche per superare questa fase: lavora a occhi chiusi, creando la Blindmalerei e i dipinti automatici, che costituiscono la serie delle Zentralisationen. 1953-59. Conosce monsignor Otto Mauer, il quale nel 1955 apre a Vienna la Galerie St. Stephan, che fino a tutti gli anni Sessanta resta la galleria più influente che ospiti l’avanguardia. Rainer vi espone dal 1956 al 1970. Si ritira in una casa a Gainfarn, a venticinque chilometri a sud di Vienna. Esplora problemi di proporzione e di divisione. Nel 1953-54 collabora con un fotografo per le prime Photoposen di se stesso. Inizia lo studio del misticismo, cui si dedicherà per tutta la vita; sviluppa interesse per l’idea di cancellare, raschiare via l’arte esistente. A partire dal 1953 e fino al 1964 Rainer esegue quelli che forse sono i suoi lavori più noti, il gruppo delle Obermalungen, in cui copre dipinti propri e altrui con strati di pittura monocroma (già nel 1951, infatti, aveva prodotto superfici quasi monocrome in alcuni disegni di microstrutture). Nel 1956-57 lavora a una quindicina di dipinti a forma di croce, i Kreuze, di dimensioni diverse, eseguiti su masonite e coperti di pittura monocroma; alcuni di essi saranno in seguito distrutti. 1959-64. Mentre continua a dipingere quadri monocromatici Rainer cerca nuove forme pittoriche (pitture sovrapposte figurative, tronchi, orbite di comete, archi), che crea con disegni automatici, eseguiti sopratutto con pastelli a olio, tracciando linee finché le superfici dei lavori non ne sono coperte. Vedova, Mathieu e Vasarely mettono a disposizione di Rainer proprie opere da ricoprire di pittura. Partecipa alla mostra Monochrome Malerei allo Städtisches Museum di Leverkusen. Dal 1963 lavora in vari studi a Berlino, Monaco di Baviera e Colonia. Comincia a collezionare dipinti eseguiti da malati mentali. 1964. Inizia gli esperimenti con droghe allucinogene (LSD, Psilocibina). 1965. Disegni figurativo - allucinatori. Ritorna agli inizi surrealisti. 1968. Autoritratti; effettua con apparecchi automatici le prime fotografie di proprie smorfie, della serie Face Farces. Retrospettiva al Museum des 20. Jahrhunderts di Vienna. 1969. Crescente interesse per i diversi aspetti del linguaggio corporeo; posa per fotografie di se stesso (smorfie e atteggiamenti del corpo), su cui disegna e dipinge per sottolineare certe impressioni. Questi autoritratti costituiscono una parte importante dell’opera di Rainer. 1970. Da quest’anno esegue numerose serie di disegni e di dipinti su fotografie; lavora sui volti, sulle pose di mani, ginocchia, corpi sdraiati e seduti. In seguito comincia non solo a dipingere su fotografie di gesti e pose del proprio corpo; vi sono infatti disegni sovrapposti di rocce (1974-76), cavità (1975-77), architetture sotterranee (1975-77), pose di donne (1977). 1971. Prima retrospettiva nella Repubblica Federale Tedesca, al Kunstverein di Amburgo. Prende parte alla Biennale di S. Paolo del Brasile. 1973. Sviluppa la pittura gestuale con mani e dita su lavori che appartengono alla serie Handmalerei e Fingermalerei. Una prima mostra di queste opere è allestita al Kunstraum di Monaco di Baviera l’anno successivo. 1975. Inizia la serie Kunst auf Kunst (Arte su arte) ispirata a lavori di altri artisti: rielabora fotografie di Doré (1975), Zanetti (1975-76), Leonardo (1976), F.X.Messerschmidt (1977- 78), plastici greci (1975-77), Van Gogh (1977-81), Rembrandt (1980), Goya (1983). 1977. Crescente interesse per la tematica della morte, sviluppata nella serie Totenmasken (Maschere mortuarie), Leichengesichter (Volti di cadaveri) e Mumien (Mummie). 1978. Partecipa alla Biennale di Venezia. 1980. Acquista grandi atelier nell’alta Asturia e in Baviera e riprende la Handmalerei e la Fingermalerei. Venti di questi quadri saranno esposti a Documenta 7 (Kassel, 1982). Ritorna a temi religiosi nella serie di dipinti a olio Kreuze e Christusdarstellungen (Rappresentazioni di Cristo). Ampia retrospettiva itinerante, dapprima allestita alla Nationalgalerie di Berlino, poi a Baden-Baden, Bonn e Vienna. 1981. È nominato professore all’Accademia delle Belle Arti di Vienna e membro dell’Accademia delle arti di Berlino. Riceve il Premio Max Beckmann della città di Francoforte. Lavora a una serie di fotografie di crocifissioni e di incisioni lignee del Cristo. 1982. Completa la serie Hiroshima, costituita da disegni della città distrutta, successivamente esposta in diciassette musei d’Europa. 1983. Prosegue la serie di dipinti Kreuze e Totenmasken. 1984. Grande retrospettiva intitolata Mort et sacrifice al Centre Georges Pompidou di Parigi. La Televisione bavarese produce un film su Arnulf Rainer. Partecipa alla mostra inaugurale del Castello di Rivoli. 1985. Avvia una consistente collezione di libri del Sette e Ottocento con illustrazioni di soggetti botanici e zoologici, che usa per il proprio lavoro: Schlangenserien e Pflanzenserien (Serie di serpenti e di piante); già nel1975, peraltro, aveva eseguito una serie dedicata a felci e vermi. 1986. Mostra itinerante Self Portraits negli Stati Uniti e in Canada. Ampia mostra personale nell’Abbazia di S. Gregorio a Venezia. Il Solomon R. Guggenheim Museum di New York acquista un grande dipinto della serie Face Farces. 1987. Una Kreuz è acquistata dal Museum of Modern Art di New York. Continua a lavorare alla serie dei disegni di serpenti e piante e al ciclo Piranesi. Partecipa alle mostre The Spiritual in Art: Abstract Painting 1890-1985 e Avant-garde in the Eighties, organizzate dal Los Angeles County Museum of Art. Grande retrospettiva ai Musées Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles in occasione degli Europalia. 1988. Comincia a lavorare al ciclo Shakespeare. I suoi lavori più importanti delle collezioni nel NordrheinWestfalen sono esposti al Kunstmuseum di Krefeld e a Kassel. 1989. Riceve il premio dell’International Center of Photography di New York per la sua opera di artista visuale che ha fatto un uso importante della fotografia associata ad altri media. Mostre al Solomon R. Guggenheim Museum di New York e al Museum of Contemporary Art of Chicago. Vive nell’alta Austria, in Baviera e a Vienna, dove insegna all’Accademia di Belle Arti. 1990. Tiene mostre personali al Castello di Rivoli, al Saarland Museum di Saarbrücken, al Gemeentemuseum dell’Aja. 1991. Espone alla Konsthall di Malmo. Vive e lavora nell’alta Austria, in Baviera e a Vienna, dove insegna pittura all’Accademia di Belle Arti. 1991-92. Inizia il lavoro Märtyrer-und Katastrophenbilder e la serie Engel. 1991-93. Numerose mostre in musei internazionali (fra i quali Malmo Konsthall; Fundacao de Serralves, Porto; Menil Collection, Houston; Kunsthalle Dominikanerkirche, Osnabrück; Hessisches Landesmuseum, Darmstadt). 1993. Inaugurazione del museo Arnulf Rainer a New York. 1993-94. Kosmos-Bilder pubblicati per la prima volta in una edizione del Radius Verlag di Stoccarda. 1994. In occasione del 65° compleanno la ORF (televisione austriaca) produce un ritratto di Arnulf Rainer con la regia di Herbert Brodi. Sconosciuti distruggono 26 dipinti nell’atelier di Arnulf Rainer nella Accademia di Belle Arti di Vienna. 1995. Dopo questo episodio di vandalismo lascia l’Accademia. 1996. Per la prima volta mostra le opere Mikrokosmos Makrokosmos nella Kärntner Landesgalerie, iniziate nel 1994 e nelle quali sono state utilizzate nuove tecniche e materiali come lastre di alluminio ondulate, cartone al quale è stato sparato con cartucce da caccia, fresature di cartone da strutture di radici, strutture geologiche, di stelle e di cielo. Inizia il lavoro per l’illustrazione della Bibbia. 1997-99. Schleierbilder und Diagonalmalerei: una mostra itinerante in Sudamerica (Brasile, Uruguay, Argentina e Cile). Proseguimento del tema, iniziato negli anni Ottanta con il Minetti-Zyklus (Ciclo Minetti), dei Mimenportraits (Ritratti di mimi), che vengono esposti in occasione del Festival di Salisburgo e nel Theatermuseum (Museo Teatrale) di Hannover e nella Theatersammlung (Collezione Teatrale) dell’Università di Colonia. Giotto - Zyklus e Traumland - Serie. 2000-01. Vaste retrospettive allo Stedelijk Museum di Amsterdam e al Kunstforum di Vienna, nonché alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Vengono messe in mostra le Illustrazioni bibliche alla Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco di Baviera. 2002. Allestimento della mostra permanente Rainer - Raumes alla Pinakothek der Moderne a Monaco di Baviera. 2003. Canova - Serie, che viene messa in mostra al Museo Correr di Venezia. Prima esposizione di foto non rielaborare alla Galerie Pfefferle, a Monaco di Baviera (Unterwasser-Motive, Motivi sottomarini). Partecipazione all’Xl Biennale d’Arte Sacra di Venezia. A Mönchengladbach riceve il Premio Rhenus per la sua opera omnia. 2004. Conferimento del dottorato honoris causa da parte della Facoltà di Teologia Cattolica di Münster. 2006. Conferimento del dottorato honoris causa della Privata Università di Teologia Cattolica di Linz. La Comunidad de Madrid ed il CAAM di Gran Canaria dedicano una mostra ad Arnulf Rainer e a Dieter Roth dal titolo Mezclarse y Separarse. Il 29 settembre Rainer riceve il premio alla carriera Aragòn-Goya: è la prima volta che un artista non spagnolo viene insignito di tale premio. In questa occasione viene sottolineata la sua affinità artistica con Francisco Goya. Contemporaneamente il Museo di Zaragoza organizza una rassegna con le Übermalungen sulle opere di Goya, realizzate tra il 1980 e il 2006. Il MAK di Vienna acquista gli schizzi originali per i poster. 2007. Per la prima volta le sue nuove opere di ricerca fotografica vengono esposte alla Galerie Heike Curtze, Wien/Berlin con il titolo: Fotos maltrechas/Feh/fotografie. 2008. Il Schiller-Museum di Weimar, per la riapertura, organizza una mostra delle opere di Victor Hugo e per l’occasione viene presentata una parte del Hugo-Zyklus di Rainer. All’Orangerie del Belvedere di Vienna ha luogo la mostra Misch- und Trennkunst che ripropone il cammino artistico di Dieter Roth e di Arnulf Rainer. 2009. Inaugurazione dell’Arnulf Rainer Museum a Baden vicino a Vienna, la sua cittadina natale. 2010. Galleria Arte 92, Milano. Personale alla Alten Pinakothek, München, alla Vincent Van Gogh – Haus a Zundert, Paesi bassi e presso il Kunstmuseum di Stavanger, Norvegia. Partecipazione alla Biennale di Busan. 2011. La Maison de Victor Hugo di Parigi mette in mostra il ciclo Arnulf Rainer/Victor Hugo Superpeintures. Alla Real Academia de Bellas Artes di San Fernando, Madrid, vanno in mostra Goya-Überarbeitungen. 2012. Partecipazioni al Museo Paul Getty di Los Angeles, al Museo of modern Art, New York e alla Tate di Liverpool. 2013. La TEA (Spazio per le Arti di Tenerife), Santa Cruz, mostra per prima i lavori creati a Tenerife Horizontes sin Fronteras. Nel Museo Arnulf Rainer di Baden si confrontano in una mostra i lavori di Mario Merz e Arnulf Rainer. 2014. Per l’ 85° anniversario di Arnulf Rainer va in mostra la grande retrospettiva ad Albertina, Vienna e presso il Museo Frieder Burda, Baden-Baden.2015. Rudie Fuchs cura la mostra Arnulf Rainer Übermaler al Cobra Museum di Amstelveen, Paesi Bassi. Arnulf Rainer vive fra Vienna, l’alta Austria e le Isole Canarie.