de Il corpo, l`arte e Io
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de Il corpo, l`arte e Io
A cura di: Ilaria Cislaghi Stampato nel novembre 2009 Risguardo: Kazuo Shiraga, Untitled, 1974 (particolare) Pagg. 10‐11: Malcolm Kirk, Uomo della tribù Samo dal villaggio Sokabi, 1972 Pagg. 38‐39 Shirin Neshat, Soliloquio, 1999 Prefazione 1 Presentazione 5 Arnulf Rainer 9 Identità Personale 13 Laboratorio Carte d’identità ideali 17 Laboratorio Corpi astratti 20 Verifica 21 Giuseppe Penone 29 Laboratorio Con-tatto senza vista 33 Verifica 34 Identità sociale 36 Shirin Neshat 41 Laboratorio Il corpo racconta 44 Verifica 46 Caccia alla parola (glossario) PREFAZIONE L’uomo, fin dalla preistoria, non ha mai smesso di giocare con il proprio corpo, nel tentativo di superarne i confini, trasformarlo, adornarlo, con gioielli, abiti, fori nelle labbra, nelle orecchie o nel naso. Anche gli artisti, soprattutto quelli contemporanei, pongono il corpo al centro delle loro opere d’arte, e lo sfruttano sia come soggetto delle loro rappresentazioni, sia come strumento per esprimere o nascondere le loro identità. L’attività di molti artisti, fin dagli inizi del ‘900, esalta la traccia lasciata dalla presenza umana come testimonianza di gesti e di movimenti, allo scopo di fondere l’arte con la vita. È questo il momento in cui nasce il fascino per le culture extraoccidentali, in cui si sperimentano nuove tecniche d’espressione, ottenute mescolando collage, fotomontaggio, performance, Land art e installazioni, al fine di coinvolgere, nell’arte, gli aspetti della quotidianità. Negli anni Sessanta e Settanta, il crescente interesse verso il corpo contamina tutte le tendenze culturali, dando origine alla Body Art. Il corpo, allora, diviene esso stesso opera d’arte. Si mette in gioco attraverso i sensi che lo caratterizzano, si mostra energico, mutante, capace di infinite possibilità: un corpo travestito, mascherato, dipinto, perfezionato tecnologicamente e chirurgicamente, per essere universale e manifestare identità irripetibili. Il corpo, infatti, siamo noi. Esso è luogo della nostra identità, personale e sociale. Mediante il nostro corpo, ciò che siamo e ciò che mostriamo di essere coincidono. Quando restiamo in silenzio, il corpo diventa il luogo del linguaggio; grazie ad esso esprimiamo il nostro stato d’animo, comunichiamo messaggi, raccontiamo la nostra storia. Parlare di corpi, quindi, significa parlare delle proprie vite. Sono proprio questi i temi e i concetti affrontati dal piccolo Giacomo, il protagonista di questo libro. I tre artisti da lui proposti nel corso della narrazione – presenti, con le loro opere, alla mostra Skin-deep. Il corpo come luogo del segno al museo del Mart di Rovereto - sono uniti dal comune interesse verso l’impiego del corpo come strumento espressivo e comunicativo. Nelle pagine si trovano, inoltre, alcuni piacevoli laboratori creativi, da realizzare da soli o in compagnia, a casa e a scuola, per avvicinarsi all’arte contemporanea attraverso il gioco e scoprire le sue potenzialità multidisciplinari. Agnese, un po’ più grande di me. Andare a scuola mi piace, perché ho tanti amici e non mi annoio mai… Tranne quando arriva la professoressa di storia e comincia a leggere pagine e pagine, che sembrano essere interminabili! Scommetto che anche voi avete qualche insegnante noioso, vero? Ma non parliamo più di cose brutte, siamo qui per divertirci insieme! Per cominciare, non vi sembra di aver notato qualcosa di strano in me? Ho un ombrello, sì… Sono vestito come tutti i miei coetanei… sì… Ma cos’altro c’è? Sì! Ti ho sentito che lo hai detto! Esatto: sto volando! Sono sospeso nel cielo. Buongiorno! Che giornata grigia oggi! Sono uscito da scuola con l’ombrello, ma la strada verso casa è lunga senza compagnia, soprattutto quando piove... Che ne dite se facciamo amicizia? Io sono Giacomo, ho undici anni e vivo a Milano con mamma, papà e mia sorella 1 È proprio questo che faccio quando le giornate sono piovose come oggi e il tempo non passa mai. Anziché giocare sempre con la Play Station o guardare la TV, a volte volo... con la fantasia, naturalmente! Verso nuovi universi costruiti dagli artisti. Sono persone come noi, è vero, però fanno un lavoro molto speciale e divertente e secondo me alcuni di loro sono davvero geniali! Forse avrete capito che la mia materia preferita a scuola è l’educazione artistica… Beh, è proprio così, e mi piace così tanto, che, quando i miei genitori non lavorano, chiedo loro di portarmi nei musei della mia città per giocare con l’arte insieme ad altri bambini come me. Sì, sì, GIOCARE a fare l’artista! Se mi seguite fino a casa vi insegno come si fa. Io ho già imparato un sacco di cose nuove al museo. Dai, venite con me! Ho proprio voglia di mostrarvi alcuni artisti che parlano d’arte con i loro corpi; curioso eh? Allora voltate pagina! 2 1. Arnulf Rainer, Body poses, 1971 2. Shozo Shimamoto, Performance di dripping, 2006 3. Orlan, Re-figurazione/self-ibridazione n. 12-n.6n.27-n.1, 1998 4. Luigi Ontani, Pinocchio, 1970 5. Gilbert&George, Underneath the Arches, 1972 3 La frase che avete appena letto descrive bene ciò che ha spinto gli artisti che vi presenterò a realizzare alcune opere d’arte. Tutti loro hanno in comune la voglia di conoscere e di vedere, non solo il mondo e gli altri, ma anche se stessi. Usano tantissime tecniche, dal dipinto, alla fotografia, al video, alla chirurgia estetica! Perché desiderano scoprire un’infinità di aspetti della loro... IDENTITÁ! Lo so, anche per me è un pensiero difficile da capire, infatti, me lo ha spiegato a lungo la mamma e dato che ora sta lavorando, convinco Agnese a parlarvene nelle prossime pagine. Nel frattempo, diamo la mano al primo artista. 4 1. Arnulf Rainer, Face Farces 1969-1973 2. Arnulf Rainer, Body Poses 1969-1973 3. Arnulf Rainer, Paura 1969-1973 Biografia Arnuf Rainer nasce in Austria nel 1929, in una cittadina di nome Baden, vicino a Vienna. Qui frequenta la Scuola Superiore di Arti Applicate, che però lascerà presto, per cominciare, negli anni Quaranta, a dipingere da autodidatta. Le sue prime opere sono influenzate dal Surrealismo e dall’Espressionismo astratto americano. Negli anni Cinquanta, sperimenta, inoltre, tecniche artistiche come: la litografia, la serigrafia, l’incisione. A partire da questo momento, Rainer introduce nelle sue opere il linguaggio del corpo. Utilizzando l’incisione, ad esempio, registra la traccia che la sua mano lascia ad occhi chiusi. Successivamente, crea alcune fotografie in bianco e nero su cui interviene con il mezzo pittorico. Il suo più ampio ciclo di opere, tuttavia, è costituito dalle pitture sovrapposte (Ubermalungen) e dai disegni sovrapposti (Uberzeichnungen) monocromi, realizzati, cioè, utilizzando un solo colore. Intorno alla metà del 1960, l’artista inizia a dare forma a disegni di profili e maschere, ritornando sul tema del corpo e sull’immagine dell’uomo. Avendo notato che, mentre disegnava, accennava smorfie con il volto, poco prima degli anni Settanta Rainer comincia a documentarne le deformazioni in fotografia, producendo la serie delle Face Farces. Il mezzo creativo utilizzato, però, a parere dell’artista, non documenta interamente il suo stato d’animo; dunque, egli cerca di suggerirlo con modifiche manuali. La stessa operazione viene eseguita, più avanti, agendo con tutto il corpo e la sua gestualità (Body poses). Infine, negli anni Ottanta, l’artista prosegue con la stessa tipologia di attività, ricorrendo anche all’uso del video per approfondire alcuni aspetti delle espressioni emotive. Arnulf Reiner è un artista di grande importanza, infatti, ha esposto le sue opere ad alcune grandi mostre internazionali, come: la Biennale di Venezia, la Biennale di San Paolo, in Brasile, e Documenta di Kassel, in Germania. 5 Ciao! Io sono Agnese! So che avete già conosciuto Giacomo. Io e lui non andiamo molto d’accordo, spesso bisticciamo, però, la passione per l’arte ci unisce sempre: lui ha molta fantasia e mi spinge ad essere creativa; io, invece, gli spiego le idee un po’ complesse di alcuni artisti. A Giacomo, per esempio, ho parlato dell’IDENTITÁ. Voi sapete di cosa si tratta? Avete mai sentito questa parola? Mio fratello ha seguito attentamente la mia spiegazione e ne è rimasto così affascinato che mi ha chiesto di aiutarlo a parlarvi dell’argomento. Siete pronti? Per iniziare a familiarizzare con questo concetto importante vi consiglio di leggere con attenzione le parole di Rainer. 6 “La tensione facciale e lo sforzo fisiognomico dell’espressione implicano non solo un cambiamento formale di carattere, l’assuefazione da comunicazione e una tensione nervosa, ma anche un risveglio di energie nascoste, addirittura psicopatiche. Queste pose tragicomiche, antitetiche allo yoga, leziosamente buffe o stanche e prive di grazia, eleganza e fascino non richiedono al fisico di esprimersi armoniosamente, ma di far emergere le infinite possibilità e gli strani individui che ognuno nasconde dentro di sé” Arnulf Rainer 7 Avete letto la frase di Arnulf? Che originale, vero? E che strana l’idea di cercare tanti esseri dentro di sé! Quando, per la prima volta, ho raccontato a Giacomo l’attività di questo artista, credeva che fosse completamente matto! Mio fratello si guardava allo specchio, nella bocca, negli occhi, nelle orecchie, come se fosse alla ricerca di qualcuno che non riusciva a trovare. C’era solo lui, a guardarmi sconcertato. Poi le insegnanti lo hanno portato in gita al museo del Mart di Rovereto e lì ha capito finalmente con chiarezza il contenuto delle opere di Arnulf Rainer e il suo pensiero. I lavori dell’artista austriaco, infatti, combinano sempre elementi mimici e ginnici, come i gesti, le posture del corpo o il movimento. Arnulf ritiene che si tratti di fondamentali forme di comunicazione e che, lavorando sulle emozioni dentro di noi, esse si possano trasportare all’esterno per esprimere stati d’animo e aspetti del nostro essere. 8 State cominciando a capire cos’è questa IDENTITÁ che stiamo tanto nominando? Siete ancora un po’ confusi, vero? È giunto allora il momento di farvi alcuni esempi. Ci sono tanti modi per definire l’IDENTITÁ, partiamo dal più semplice: IDENTITÁ significa che due cose sono perfettamente uguali, come si dice… IDENTICHE. L’IDENTITÁ è anche l’insieme delle caratteristiche che ci permettono di distinguerci dagli altri, non parlo solo dell’aspetto fisico (occhi azzurri o capelli castani), ma del nostro bagaglio interiore: i nostri pensieri, i nostri desideri, i modi di vedere la realtà. Immagina che il mondo sia un gigantesco aeroporto e tu una valigia colorata in mezzo ad altri milioni di bagagli altrettanto variopinti, ma simili. Dentro ad ognuno ci sono abiti diversi, che distinguono le valigie l’una dall’altra. Ecco, gli abiti rappresentano la tua IDENTITÁ PERSONALE. Nessuno li può vedere senza guardare nella valigia, ma sono ciò che ti differenzia dagli altri bagagli. Tornando all’essere umano, si può dire che il suo corpo sia un contenitore, mentre l’IDENTITÁ il contenuto. 9 1. Leonardo da Vinci, La Gioconda, 1503‐1506 Sapevate che l’IDENTITÁ si può manifestare all’esterno in tanti modi? A volte lo facciamo senza rendercene conto. Non ci credete? Ad esempio, siete mai andati con la vostra famiglia ad acquistare degli abiti nuovi? Qualcuno sceglie per voi un indumento che non vi piace, così fate una smorfia di disappunto e decidete di non indossarlo. Vi è mai successo? A me, Giacomo, è successo, ma questo è solo un esempio per farvi capire che, attraverso l’espressione del volto, avete manifestato la vostra personalità, la vostra IDENTITÁ, costituita dal vostro modo di essere e dai vostri sentimenti. Non è un caso se, come esempio, ho utilizzato proprio quello dell’abito. Infatti, esso è uno strumento molto utile ad esprimere noi stessi, soprattutto quando saremo più grandi, come Agnese o come le ragazze di seconda e terza media che vedo nella mia scuola. Mia sorella, un giorno, mi ha raccontato che quando aveva tredici anni si metteva d’accordo con le amiche perché si vestissero tutte allo stesso modo. Così facendo, esprimevano la personalità del gruppo, ed erano proprio i loro abiti a manifestarla. Questo perché gli indumenti hanno il potere di avvolgerci, nasconderci, proteggerci, metterci in mostra e trasformare i nostri corpi per dire qualcosa senza le parole, proprio come fanno alcuni artisti contemporanei. Molti di loro, però, soprattutto 10 quelli appartenenti alla Body Art, oltre ad amare il travestimento, impiegano un sacco di altri modi per mostrare o, addirittura, negare la propria identità, perché vorrebbero averne una differente. Un esempio è quello dell’artista francese Orlan. Ispirandosi ad opere d’arte famose, come La Gioconda, alle quali vorrebbe assomigliare, Orlan elabora la propria immagine al computer e, in un secondo tempo, si sottopone ad interventi di chirurgia estetica per mutare il proprio aspetto. La sua arte rappresenta un modo estremo per esprimersi e per questo viene duramente criticata da molte persone. A me inquieta un pochino, ma se l’approvo oppure no non lo so ancora, ci penserò quando sarò cresciuto. Ricordate che anche il nostro artista, Rainer, ama esprimere se stesso ed esibire le sue multiple identità? E avete osservato bene in che modo lo fa?Ricordiamolo insieme: ‐ Realizza degli autoscatti eseguendo naturali deformazioni del viso o del corpo; ‐ Accentua le sue espressioni aggiungendo rapide pennellate di colore alle fotografie ottenute, solitamente in bianco e nero; ‐ Offre ai suoi spettatori i molteplici aspetti della sua personalità. Siete pronti a divertirvi anche voi come Arnulf? Allora possiamo cominciare i nostri laboratori creativi. 11 Carte d’identità ideali Materiali In questo laboratorio cercheremo di realizzare un documento di o Una foto del tuo volto riconoscimento molto particolare. Infatti, dovrà rappresentare la nostra identità immaginaria, ovvero: dovrà o Forbici o Colla stick descrivere, innanzitutto, il nostro stato d’animo attuale, poi, raccontare ciò che siamo nei nostri sogni e desideri più nascosti. Capita a volte di vivere in un luogo che non amiamo, di avere un nome che non apprezziamo, di sentirci tristi improvvisamente, oppure, entusiasti perché abbiamo ricevuto una piacevole notizia etc. Bene, il nostro laboratorio ci permetterà di soffermarci su tutti questi aspetti e, per un attimo, fissarli sulla carta, per divertirci nel presente e, magari un giorno, verificare se alcuni dei nostri sogni saranno divenuti realtà, osservando, inoltre, quale emozione o lato della nostra personalità sia predominante rispetto ad 13 altri. L’attività è molto semplice: A. Compila la prima carta d’identità che trovi nella pagina seguente, inserendo i tuoi dati reali e incollando la tua vera fotografia nell’apposito spazio, proprio come se si trattasse di creare un documento nuovo. In questo modo, potrai riflettere meglio su tutti i particolari di cui abbiamo parlato sopra e decidere cosa modificare nel prossimo passo. Una volta terminato questo lavoro, se lo desideri potrai ritagliare la carta d’identità lungo i tratteggi. B. Come ti senti? Sei felice, sei arrabbiato, sei annoiato? Scegli, tra le faccine riportate nella pagina, quella che meglio descrive il tuo stato d’animo in questo momento. Ritagliane il contorno e mettila da parte. C. Compila, ora, la tua seconda carta d’identità, quella ideale, incollando nello spazio riservato alla fotografia lo smiley che avevi messo da parte. Successivamente, riempi tutti gli altri campi con una parola che descriva ciò che vorresti essere, dove vorresti abitare e così via. Ad esempio, se volessi diventare un vigile del fuoco non devi fare altro che scriverlo sulla riga corrispondente al campo “professione”. Anche questa volta, se ne hai voglia, potrai ritagliare il documento ottenuto. È tutto chiaro? Facile vero? Ti do un consiglio: se l’attività ti è piaciuta, ripetila fra un po’ di tempo, anche fra un anno. Potrai scoprire se qualcosa in te, crescendo, è cambiato, e riflettere di nuovo sulle variazioni della tua personalità. 14 Materiali − Un cartellone bianco molto grande corrispondente alla tua altezza. (120x120 cm. ad esempio); oppure, un vecchio lenzuolo bianco. − Se userai il cartellone: pennarelli colorati a punta grossa o tempere colorate; se userai il lenzuolo: colori acrilici o per tessuto nei colori primari. − Pennelli di varie dimensioni − Carta da giornale − Puntine o nastro adesivo (facoltativi) Corpi Astratti Adesso che avete creato la vostra carta d’identità ideale potete provare a giocare con i gesti del corpo e scoprire, come Arnulf Rainer, le infinite espressioni date dai movimenti ginnici. Per questa operazione, vi propongo un laboratorio che vi mostrerà la dinamicità e il ritmo del corpo attraverso il colore e vi permetterà di osservare quanti siano i movimenti del corpo e quante le posizioni che siamo in grado di assumere. 17 Ti premetto che per realizzare quest’attività avrai bisogno di un aiutante. A. Prendi il cartellone bianco, come quelli dei rotoli che usi sicuramente a scuola, oppure, il lenzuolo, che saranno le tue tavole pittoriche. Decidi se preferisci lavorare su una parete (se a casa ne hai la possibilità senza rovinare nulla) o sdraiato a terra. Ora, in base alla tua scelta, fatti aiutare ad appendere il cartellone/lenzuolo al muro, utilizzando puntine o nastro adesivo; altrimenti stendi la tua “tavola pittorica” sul pavimento ed eventualmente fissala con dello scotch. B. A questo punto dovrai farti aiutare da un amico o da un familiare a disegnare, più volte, il profilo del tuo corpo, utilizzando un solo colore, meglio se scuro. Potrai assumere svariate posizioni che ti permetteranno di ottenere un risultato apparentemente movimentato. Puoi fingere, ad esempio, di essere una stella, spalancando gambe e braccia; oppure mantenerti dritto dritto come un soldato sull’attenti. Altrimenti, puoi provare a sdraiarti in posizione diagonale rispetto alla superficie, piegare una gamba e tendere il braccio opposto. Insomma, potrai scegliere 3 posizioni che più ti piacciono e chiedere al tuo collaboratore di eseguirne il contorno. Mi raccomando, puoi sperimentare tante posizioni, ma non sceglierne più di tre. Te lo dico perché io ci ho provato, ma il risultato, purtroppo, è stato una grande confusione e non mi è davvero piaciuto, non c’era più spazio nemmeno per il colore! 18 C. Una volta terminato il disegno della tua sagoma, alzati da terra o allontanati dalla parete per osservare gli incastri delle forme generate dal tuo corpo. Se il risultato non ti soddisfa, perché ci sono spazi troppo ampi, potrai aggiungere una posizione in più. D. Ora sei pronto per colorare. Se userai dei pennelli, prima di procedere con il colore stendi sul pavimento alcuni fogli di giornale, così eviterai di sporcare. Riempi dei colori che preferisci gli spazi vuoti all’interno dei contorni disegnati. Probabilmente noterai delle forme simili a quelle geometriche, come: semicerchi, triangoli smussati, trapezi imperfetti etc. Colorando tutte le forme bianche con tante tonalità differenti, realizzerai un dipinto astratto di te stesso, ovvero: un’immagine scomposta del tuo corpo, in cui, la presenza di linee, forme geometriche e colori, ti suggerirà un’idea di ritmo e movimento. Se, come me, sei un appassionato d’arte, il risultato ti ricorderà i quadri futuristi, come quello sullo sfondo della pagina, del pittore Umberto Boccioni (Dinamismo di un corpo umano, 1913-1914). E. Se non hai a disposizione ampie superfici su cui lavorare e non hai un aiutante, ti suggerisco un esercizio altrettanto divertente e dallo splendido effetto visivo. Prendi un foglio bianco di formato A4, meglio se di cartoncino. Scegli una piccola parte del corpo, oppure due, come le mani o i piedi. Metti il foglio sul pavimento e ripassa il contorno delle parti scelte. Riempi gli spazi bianchi con del colore, come ti ho descritto nelle fasi del laboratorio. Con un solo colore, potrai riempire anche gli spazi bianchi esterni al tuo profilo, così otterrai un foglio completamente colorato che potrai incorniciare. Potrai ripetere il laboratorio ogni volta che vorrai, sperimentando anche l’effetto ottenuto servendoti di un solo colore nelle sue diverse tonalità. 19 Ben trovati amici, come vi sono sembrati i laboratori? Divertenti? Siete riusciti tutti a creare la vostra opera d’arte? Quelle che ho realizzato con i miei compagni sono una più bella dell’altra; avvicinandole, si assiste ad un tripudio di colori ed energia! Sono sicuro che i vostri lavori siano ancora più belli! Per fissare bene nella memoria ciò che abbiamo imparato propongo una piccola verifica. Non spaventatevi! Non intendo una verifica come a scuola, ma una piccola lista delle nozioni apprese: − identificare i nostri stati d’animo; − riconoscere le identità e personalità che manifestiamo agli altri; − osservare le infinite possibilità di movimento dei nostri corpi. 20 Sapete una cosa amici? Agnese si è dimenticata un particolare importante. Riuscite a indovinarlo? Secondo me, se ci pensate bene e seguite le mie indicazioni, potete farcela! Vi aiuto con qualche domanda: - Oltre al movimento e all’espressione, cos’altro produce il nostro corpo? - Quale altra parte del corpo, insieme a quelle già viste, ci permette di esternare le nostre sensazioni e metterci in contatto con il mondo? - Cosa riveste i nostri muscoli? Esiste qualcosa nel corpo che non si vede, ma ci consente di “vedere” la realtà in tanti modi, anche senza usare gli occhi. Sono sicuro che qualcuno di voi sa già a cosa mi riferisco. Comunque, ve lo suggerisco con una frase di Giuseppe Penone, l’artista che voglio farvi conoscere. 21 “Avverto lo scorrere dell'albero attorno alla mia mano appoggiata al suo tronco. Albero diapason; l'orecchio appoggiato al tronco di un albero per udire i suoi anni di crescita, per udire il rumore del vento che scorre nei rami, nel tronco, nelle radici fin dentro la terra” Giuseppe Penone 22 Ora avete trovato tutti una risposta al mio quesito? Si tratta dei cinque sensi e della pelle! Questi elementi del corpo, secondo Giuseppe Penone, sono necessari all’uomo per rapportarsi con la realtà e, soprattutto, con la natura. La pelle, dice l’artista, è il nostro involucro, ossia qualcosa che ci riveste e ci protegge; essa è il limite tra noi e il mondo, un confine fra il nostro essere, la nostra interiorità, e ciò che ci circonda. Spesso, infatti, proprio attraverso la pelle comunichiamo le nostre sensazioni. Ad esempio: quando mi spavento mi viene “la pelle d’oca”, a voi no? Oppure, quando sono agitato, ho notato che le mie mani si raffreddano; invece, se mi arrabbio o mi vergogno, la pelle del mio viso cambia colore. Per questo motivo credo che Giuseppe abbia ragione a pensare che i sensi e l’epidermide ci mettano in dialogo con le altre persone, con l’ambiente e la natura! 23 1. Giuseppe Penone, Soffio di foglie, 1979 2. Giuseppe Penone, Svolgere la propria pelle, 1971 (particolare) 3. Giuseppe Penone, Ombra di terra, 2000-2003 Biografia Giuseppe Penone nasce nel 1947 a Garessio, in provincia di Cuneo. Protagonista del gruppo Arte Povera intorno alla metà degli anni ’60, l'artista realizza opere d’arte fondate sull’impiego di materiali poveri e naturali, solitamente non utilizzati nell’arte tradizionale. Diversamente dalla maggior parte degli artisti del periodo, Penone ama eseguire sculture imponenti, spesso in bronzo, da esporre in spazi aperti. Affascinato dalle modalità di sviluppo degli alberi, nel 1968 dà avvio ad un lavoro sulla loro crescita, affiancandola a quella del corpo umano (Lavorare sugli alberi). L'uomo, secondo Penone, è parte integrante della natura e si rapporta con essa attraverso il corpo, in particolare con i sensi, che diventano, così, uno strumento di conoscenza e di espressione artistica. Giuseppe Penone è molto attento alla relazione fra il corpo umano e il mondo esterno, tanto da proseguirne lo studio, negli anni Settanta, con le opere Rovesciare gli occhi e Svolgere la propria pelle. Con la prima, l’artista vuole indagare fin dove può arrivare il nostro sguardo prima di giungere al contatto fisico con l’oggetto o l’elemento naturale osservato. Con la seconda, invece, compie un’esplorazione molto affascinante della pelle: premendo una lastrina di vetro trasparente su tutte le parti nude del suo corpo, ne esegue una sorta di lettura fotografica, con la quale “srotola” l’epidermide, cioè la parte più esterna della sua pelle, e la osserva da vicino, come al microscopio. Come Arnulf Rainer, anche Giuseppe Penone ha partecipato, nel 1972, alla rassegna Documenta di Kassel. Oggi vive e lavora tra Torino e Parigi. 24 Se avete letto la storia del nostro artista e avete osservato le immagini delle sue opere, avrete capito che il nostro corpo è uno strumento fondamentale per relazionarci con la realtà. Dovete sapere, però, che la nostra presenza fisica nell’ambiente ci permette anche di trasformarlo, talvolta inconsapevolmente. Sapete come? Attraverso le tracce lasciate dal nostro passaggio. Infatti, quando ci rechiamo in un luogo, posiamo una mano su una superficie, emettiamo un soffio o un movimento, lasciamo nel mondo una parte di noi, a volte in modo incancellabile, altre meno duraturo. Giuseppe, ad esempio, dice che possiamo influenzare la crescita di un albero toccandolo semplicemente con le mani; oppure, attraverso un piccolo respiro, possiamo creare invisibili sculture d’aria! Ci avevate mai pensato? L’uomo, tuttavia, non si accosta solamente alla natura tramite i sensi. Bensì, interagisce con tutti gli oggetti inanimati che lo circondano. 25 Annette Messager, un’artista di cui mi ha parlato mia sorella Agnese, mette in risalto questa nostra caratteristica attraverso la sua arte. È convinta, infatti, che gli abiti, i peluche, i giocattoli, etc., conservino una parte delle nostre identità; una traccia di noi che ci distingue dalle altre persone. Ad esempio: il profumo della pelle che rimane sulla lana di un maglione, il calore del nostro corpo trasferito su una sedia, le impronte delle dita sul vetro della finestra. Come Giuseppe crede che una pietra si consumi a forza di calpestarla, così Annette pensa che un abito si consumi indossandolo continuamente. Insomma, ovunque, attraverso il contatto e la nostra presenza, trasformiamo lo spazio, lasciando una traccia di noi. Chissà quante volte vi sarà capitato, come a me, di correre nella neve e lasciarvi l’orma degli scarponcini, oppure, andare al mare ed imprimere nella sabbia la sagoma dei vostri piedi o delle vostre mani, che dopo un’onda vengono cancellate. Pensate, un mio compagno, un giorno, camminando ha affondato un piede nel cemento fresco e quando passa per quella strada ne trova ancora oggi la traccia indelebile. Guardate quanti artisti hanno voluto fissare nella memoria il loro passaggio! Le impronte realizzate sono vere opere d’arte. 26 1. Ana Mendieta, Senza titolo (serie di sagome), 1978 2. Yves Klein, Antropometria senza titolo, 1960 3. Richard Long, Linea fatta camminando, 1967 4. Alighiero Boetti, Io che prendo il sole a Torino 19 gennaio 1969, 1969 5. Piero Manzoni, Uovo con impronta, 1960 6-7. Andy Goldsworthy, Rain Shadow, 1984 27 CON-TATTO SENZA VISTA “Si immagina meglio ad occhi chiusi […]. Con gli occhi chiusi si proiettano le immagini del nostro pensiero […] sull’interno della pelle, che diventa confine, divisione, definizione del corpo e contenitore del nostro pensiero” (Giuseppe Penone) Questa volta, amici, lavoreremo con i sensi; in particolare con il tatto, che diventerà lo strumento privilegiato per comunicare, comprendere e memorizzare i dati appartenenti al nostro ambiente domestico. Il corpo, infatti, possiede delle cellule che ricevono segnali e stimoli dall’ambiente esterno e ci permettono di elaborare le sensazioni del gusto, dell’olfatto, della vista, dell’udito e del tatto. Quest’ultimo, che meglio sviluppiamo fin da bambini, sarà il protagonista del nostro laboratorio. Utilizzeremo i sensi per approfondire la conoscenza della realtà e ci serviremo di essi per esprimere pensieri e per comunicare messaggi. Materiali - Una biro - Oggetti della tua casa - Una benda per coprire gli occhi - Una macchina fotografica 29 Per questa attività ti occorrerà un collaboratore adulto. A. Chiedi al tuo aiutante di bendarti gli occhi, in modo che tu non riesca a vedere. Facendoti tenere per mano, lasciati guidare attraverso le stanze della tua casa. B. Tocca alcuni oggetti a piacere che incontri lungo il percorso; annusali, “ascoltali”, soffermati sulle loro superfici, sulle sensazioni che ti provocano, sui materiali, sulle consistenze (cioè: morbidezza, durezza, elasticità, ruvidità etc.), le forme e i volumi (tondo, quadrato; concavo, convesso etc.). Sarà divertente sperimentare il tatto con tutto il corpo, non solo con le mani, ma anche con le braccia, il naso, i piedi scalzi etc. Suggerisco al tuo aiutante di avvicinarti ad oggetti come cuscini, pentole, spugne, tappeti, bicchieri, candele e così via. C. Nelle pagine dedicate al laboratorio troverai una tabella. Ogni volta che entrerai in contatto con un oggetto, gioca ad identificarlo e, una volta indovinato, di’ a chi ti aiuta di inserirne il nome nello schema, abbinandolo alla consistenza, al materiale e alla sensazione tattile (percezione) che gli indicherai. Ti faccio un esempio: se riconosci un peluche, scriverai: OGGETTO: peluche; MATERIALE: tessuto; CONSISTENZA: morbido; PERCEZIONE: caldo/liscio. Ricorda che durante tutta l’attività non dovrai mai togliere la fascia dagli occhi! Analizzare il tuo universo domestico senza l’uso della vista ti aiuterà, infatti, ad amplificare la percezione degli elementi che ti circondano. 30 30 D. Dopo aver compilato lo schema con un minimo di cinque oggetti, potrai scoprirti gli occhi. A questo punto, scegli un messaggio o un pensiero che vuoi comunicare a una persona che conosci, facendo in modo che contenga almeno uno dei sentimenti o delle sensazioni che trovi nel riquadro sottostante la tabella. E. Osserva, nello schema compilato, il risultato del tuo gioco e scegli 2 oggetti che, per le loro caratteristiche, ti rimandano all’emozione da esprimere nel tuo messaggio. Ad esempio: se voglio dire ad Agnese che le voglio bene, ma che ogni tanto mi fa arrabbiare, sceglierò un cuscino e un bicchiere, che avevo abbinato, rispettivamente, all’affetto e al nervoso. F. Ecco l’ultimo passo del laboratorio. Scatta una fotografia ai due oggetti che hai scelto, avvicinandoli, allontanandoli o sovrapponendoli, per dare maggior senso al tuo pensiero e per rendere il tuo lavoro più creativo. Quando stamperai l’immagine, potrai concludere l’opera aggiungendo sul retro della fotografia la tua impronta digitale, ottenuta colorandoti il polpastrello del dito indice con una biro. In questo modo personalizzerai il tuo messaggio con una firma inimitabile e comunicherai il tuo pensiero senza usare le parole. 31 Oggetto Materiale Consistenza Percezione Bene ragazzi, siamo giunti al nostro momento di verifica. Ammirate bene il prodotto del nostro laboratorio: cosa ci ha insegnato? E dall’opera di Giuseppe Penone, cosa abbiamo imparato? Vediamolo insieme: − il corpo, costituito dalla nostra struttura fisica e dalla nostra capacità di cogliere la realtà attraverso i sensi, ci consente di rapportarci con il mondo e di comunicare con esso; − il nostro passaggio nel mondo non risulta mai inosservato, poiché ovunque lasciamo una traccia di noi, che può essere indelebile, transitoria, oppure, influenzare, inconsapevolmente, il corso della natura; − i cinque sensi vengono accentuati se ci soffermiamo sul singolo utilizzo di uno di essi, come è accaduto nel nostro laboratorio “tattile”, nel quale, privandoci della vista, abbiamo dato risalto al tatto, all'udito, al gusto e all'olfatto. 33 Eccomi di nuovo ragazzi, Giacomo mi ha passato la parola per presentarvi l’ultima artista: Shirin Neshat. Prima di descrivervi la sua attività, però, voglio fare un salto indietro e tornare sul tema dell’identità. Ricordate bene cosa avevamo detto? Vi ho spiegato che esiste un’IDENTITÀ PERSONALE, che rappresenta il patrimonio più importante di ciascuno di noi e ci permette di riconoscere noi stessi e di essere riconosciuti dagli altri. Ora vi dico anche che esiste un’IDENTITÀ SOCIALE. Quest’ultima, non è data dai nostri gusti o dal nostro carattere, ma dall’ambiente in cui viviamo, che, con le sue caratteristiche legate alla cultura e alla società, influisce sulle nostre scelte, i nostri pensieri e il nostro modo di vivere. Per farvi un esempio semplice, posso dirvi che l’identità sociale di un abitante dell’oriente sarà diversa da quella di un occidentale, a causa dell’ambiente nel quale i due cittadini crescono e delle idee a cui essi si rapportano. Anche l’IDENTITÀ SOCIALE di un abitante dei paesi meno sviluppati sarà differente da quella di un cittadino dei paesi industrializzati. Ai giorni nostri, tuttavia, è in atto il processo della globalizzazione, un fenomeno molto complesso, che, tra gli altri fattori, comprende anche l’uniformarsi delle popolazioni mondiali e, in parte, delle loro identità. 34 Avrete senz’altro sentito parlare al telegiornale di emigrazione, mi sbaglio? Sapete cosa significa? Emigrare significa lasciare il proprio paese per raggiungerne un altro dove, solitamente, si cerca un cambiamento dal punto di vista lavorativo e sociale. Le persone che cambiano nazione o continente si trovano, spesso, immerse in una cultura completamente diversa da quella di appartenenza. Ciò comporta la perdita di alcuni punti di riferimento importanti per la propria IDENTITÀ SOCIALE, che va ricostruita su basi nuove. Nelle numerose tradizioni culturali del mondo emerge la condizione delle donne, che hanno posizioni sociali diverse a seconda del paese in cui vivono. L'artista che vi farò conoscere, Shirin Neshat, lavora soprattutto su questo aspetto, ovvero, sull'identità delle donne della sua nazione, l'Iran, e sulla costruzione di nuove identità in continua evoluzione. Ciò che l'accomuna agli altri artisti che avete conosciuto è l'uso del corpo quale strumento espressivo. Shirin utilizza il corpo fotografato per raccontare la propria storia e la storia della sua cultura. Leggete la biografia dell'artista per iniziare a conoscere la sua vita e la sua attività, poi osservate le opere di chi, come lei, ha utilizzato il corpo come “tavola di scrittura”. 35 1. Shirin Neshat, Senza parole, 1996 2. Shirin Neshat, Senza titolo, 1996 3. Shirin Neshat, Occhi offerti, 1993 Biografia Shirin Neshat nasce nel 1957 a Qazvin, in Iran, paese che lascerà nel 1974 per trasferirsi negli Stati Uniti a studiare arte. A causa di alcuni problemi politici, Shirin torna in Iran solo nel 1990. Nel suo paese, nel frattempo, sono avvenuti molti cambiamenti, che spingono l’artista a tornarvi frequentemente per riflettere sulle differenze fra la cultura occidentale, nella quale vive da anni, e quella islamico-orientale, da cui proviene. Questi concetti compaiono nelle sue opere, come nella serie di fotografie Women of Allah (1993-1997), nelle quali Shirin Neshat si ritrae con il tipico abito islamico, riportando sulle parti del corpo visibili i versi d’amore di alcuni poeti persiani. Interessata anche al linguaggio cinematografico l’artista realizza, negli anni successivi, alcuni video come: Anchorage (1996) e Pulse (2001), che presentano, rispettivamente, l’estensione del lavoro fotografico e la vita domestica della donna musulmana; e l’ultimo, Women without Men (2009), vincitore del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia. Anche Shirin, infatti, come gli artisti già conosciuti, ha partecipato a numerose mostre di livello internazionale e ha esposto le sue opere nei musei di tutto il mondo. 36 1. Dennis Oppenheim, Stage Transfer Drowing, 1971 2. Claudio Parmiggiani, Deiscrizione, 1972 3. Giovanni Anselmo, Invisibile, 1971 4. Annette Messager, Mes Trophées, 19861988 5. Letizia Cariello, Attesa, 2001 37 Alcuni artisti, come avrete notato, dipingono direttamente sulla pelle o vi proiettano scritte e immagini; altri, invece, scrivono e disegnano sulle parti del corpo solo in un secondo tempo, dopo averne scattato una fotografia, che, un po' come nelle opere di Arnulf Rainer, viene ritoccata con inchiostro e colori. Shirin Neshat, per un determinato periodo, segue questa via creativa. Come nel nostro laboratorio Con-tatto senza vista, essa impiega il corpo, in particolare quello femminile, per comunicare messaggi, emozioni e pensieri attraverso la grafia. Il suo è un lavoro di interazione fra immagini e poesia. Nell'opera Women of Allah, l’artista indossa il tipico velo musulmano, il chador, che mostra solamente poche parti del corpo scoperte, come le mani e il viso. Successivamente, nel suo studio, realizza numerosi ritratti, studiando il set sulla base di alcune poesie che le ispirano la scelta delle luci, dei costumi e degli oggetti da mettere in scena. Infine, sviluppa le fotografie ottenute e, con penna e inchiostro di china, traccia a mano, su alcune delle parti del corpo visibili, le parole contenute nella poesia che era stata scelta per organizzare l’ambiente e creare le atmosfere. L'effetto delle immagini risulta molto poetico, grazie alla scelta del bianco e nero e all’elegante calligrafia persiana Farsi. Ogni scatto eseguito da Shirin è sempre legato a un’emozione o a un messaggio, ma anche a ideologie più complesse di 38 tipo culturale, sociale e religioso. Ad esempio, l’artista ricorda la rivoluzione avvenuta nel suo paese e cerca di riflettere sul problema della convivenza fra diverse culture, come quella occidentale e mediorientale. Forse vi starete chiedendo: «Perché Neshat usa proprio il corpo per esprimere tutti questi pensieri?». Secondo alcuni studiosi islamici esistono due tipi di corpo: il corpo fisico, che possiamo toccare e che rappresenta il nostro abito, il nostro “astuccio”; il corpo spirituale, che ospita l'anima e la protegge. Shirin Neshat crede in questa teoria e, dato che nella società iraniana da cui lei proviene, il corpo fisico viene nascosto da un velo, sceglie di “mostrare”, con la sua arte, l'anima del corpo: qualcosa che vive in noi, ma che agli occhi è invisibile e non si può toccare. Così, l’artista sceglie la pelle come superficie di scrittura, perché ritiene che essa sia il rivestimento della nostra anima e della nostra identità, l'abito primario che ci contraddistingue gli uni dagli altri. È tutto chiaro? Che ne dite di approfondire l'argomento con un divertente laboratorio? 39 Il corpo racconta Nelle usanze del popolo a cui appartiene la nostra artista e al quale probabilmente è legato anche qualcuno di voi, la pratica di indossare il chador porta le donne a nascondere molte parti del loro corpo. Le mani diventano impacciate; parlare, talvolta, risulta difficile, poiché capita che il velo copra anche il viso; persino i movimenti delle gambe non sono semplici quando si indossano abiti pesanti e lunghi fino alle caviglie. Nel mondo occidentale, invece, accade il processo contrario. Le parti del corpo che in Iran sono nascoste, qui vengono, spesso, mostrate (come l’ombelico e la scollatura). Ma c’è di più: quando ci troviamo a casa davanti alla TV con il telecomando, oppure, utilizziamo il computer, le parti del corpo che amiamo tanto mettere in mostra vengono quasi dimenticate. Rimaniamo fermi di fronte agli schermi senza dare importanza alle mani, agli occhi o ai piedi, come se fossero solo un prolungamento di noi stessi, un optional che ci aiuta ad interagire con il mondo, senza che noi vi diamo peso. In questo laboratorio, vi propongo proprio di mettere in risalto le parti del corpo che, per l’uso costante che ne facciamo, vengono dimenticate. Poi, come nell’opera di Shirin Neshat, ognuno di voi potrà cercare di trovare un legame con la propria provenienza e la propria cultura. Materiali ‐ ‐ ‐ ‐ ‐ 41 Forbici Colla stick Riviste e giornali Un foglio A4 (bianco o colorato) Uno o più tubetti di gel colorato per decorazioni ‐ Macchina fotocopiatrice A. Pensando a quanto si è detto nell’introduzione al laboratorio, scegli una parte del tuo corpo, o al massimo due (mani, piedi, occhi, orecchie etc.), che ti piacerebbe evidenziare o che pensi ti contraddistingua per una sua particolarità. B. Fotocopia la parte del corpo scelta posandola sul vetro della macchina; oppure, se si tratta di una zona che non puoi fotocopiare dal vivo, come gli occhi, fotocopiane una fotografia. Se da solo non sai come fare, chiedi aiuto ad un adulto. Potrai anche realizzare una fotocopia ingrandita e decidere il formato della tua piccola opera d’arte. Ti consiglio di non superare il foglio A3. Infine, ritaglia il prodotto ottenuto e mettilo da parte. C. Prendi una o più riviste e cerca alcune fotografie della tua città natale, della città o del paese in cui vivi attualmente e delle tradizioni legate a questi luoghi, considerandone aspetti molteplici, da quello culinario (che riguarda il cibo) a quello culturale o religioso. Per la quantità di immagini, regolati in modo da non creare confusione sul foglio. Ritaglia monumenti, paesaggi, piatti tipici, immagini di feste popolari e così via. Successivamente, incolla queste fotografie su un foglio A3 o A4. Se vuoi essere più 42 creativo, cerca di dare profondità al collage, scegliendo immagini di grandezze differenti e studiandone gli accostamenti. D. Ora che hai ottenuto uno sfondo colorato che raccoglie i dati della tua identità sociale, potrai incollarvi sopra la fotocopia della tua parte del corpo. Se vuoi ottenere una sorta di ritratto a più dimensioni, cerca del cartoncino abbastanza spesso, come quello degli scatoloni, oppure, sovrapponi più strati di cartoncino leggero; incollaci sopra la tua parte del corpo e chiedi a qualcuno di aiutarti a ritagliare (perché probabilmente sarà un po’ difficoltoso), poi attaccala sullo sfondo. E. A questo punto, con un tubetto di gel decorativo (come quelli per i biglietti di auguri), realizza sulla parte del corpo fotocopiata delle scritte in rilievo. Potrai scegliere una poesia che ti piace, come ha fatto Shirin Neshat, dei proverbi che senti spesso dalle persone più grandi (“rosso di sera, bel tempo si spera”, ad esempio), oppure, tante parole e aggettivi che raccontano come vivi e cosa ti piace fare nella tua città. 43 ‐ ‐ ‐ ‐ Ciao ragazzi, eccomi tornato! È stata brava Agnese a spiegarvi il concetto di identità sociale? E l’artista che le ho chiesto di presentarvi, come vi è sembrata? Io sono rimasto molto affascinato dalle sue opere quando le ho viste alla mostra Skindeep. Il corpo come luogo del segno. Sintetizziamo insieme i punti forti dell’attività di Shirin e verifichiamo ciò che abbiamo appreso dal suo lavoro: Il mondo in cui viviamo è formato da un insieme di culture diverse, che si intrecciano, si scontrano e si influenzano fra loro. Esistono tanti aspetti che differenziano le società del mondo; uno di questi è il ruolo della donna. Ci sono culture che prediligono un corpo coperto e culture che lo lasciano libero di mostrarsi. La nostra identità sociale si sviluppa e si modifica a seconda del contesto sociale e culturale in cui viviamo. Esso, infatti, con le sue caratteristiche, condiziona le nostre idee e il nostro modo di vivere. 44 Amici, il tempo insieme è volato e io sono arrivato a casa. Vorrei raccontarvi ancora tantissime esperienze vissute nei musei e farvi conoscere altri artisti, però è il momento di tornare con i piedi per terra! Spero che il nostro piccolo viaggio vi sia piaciuto, e che ci incontreremo di nuovo per scoprire i mille aspetti nascosti dell’arte, che, come avrete ben compreso, non è solo fatta di quadri e sculture, ma anche di opere molto speciali, che ci insegnano a guardare la realtà da tutti i possibili punti di vista. Un saluto a tutti voi e... Arrivederci al prossimo volo!! Giacomo e Agnese 45 Surrealismo: Il Surrealismo è un movimento culturale nato negli anni Venti a Parigi, che si è diffuso presto in tutto il mondo. Esso non ha coinvolto solo l’arte, ma anche la letteratura e il cinema. Il suo fondatore, il poeta André Breton, decise che era il momento di dare importanza al sogno, che nella sua epoca non veniva molto considerato. Nacque, così, una modalità espressiva che permetteva di associare liberamente pensieri, immagini e parole, senza preoccuparsi della razionalità. Espressionismo astratto americano: Nato in seguito alla seconda guerra mondiale, l’Espressionismo astratto fu un movimento artistico tipicamente americano che influenzò il resto del mondo, portando New York ad essere la città artistica per eccellenza. La sua caratteristica principale è la creazione di immagini astratte, riprese da alcuni movimenti artistici europei, attraverso un’intensa azione espressiva. Gli espressionisti astratti propongono stili differenti, ma si può dire che la maggioranza di essi prediliga ampie tele e superfici piatte su cui lavorare. Litografia: La litografia è l’arte di riprodurre su carta testi o disegni incisi, precedentemente, sulla pietra. Serigrafia: La serigrafia è una tecnica di stampa di immagini su qualsiasi superficie, ottenuta grazie all’uso di un tessuto su cui porre l’inchiostro. Body art: La Body Art è una corrente artistica nata in Europa e negli Stati Uniti negli anni Sessanta. Come mai era accaduto in precedenza, gli artisti producono opere che sfruttano la combinazione umana fra corpo e mente, fra il potere di quest’ultima e l’impronta fisica lasciata dall’uomo. La Body Art fonde linguaggi espressivi, quali la danza, il teatro, la fotografia, il video e il film. Arte Povera: Arte Povera è un movimento artistico sorto in Italia negli anni '60. Gli artisti ad esso legati rifiutano le tecniche artistiche tradizionali, per ricorrere all’uso di materiali poveri come: gli scarti industriali, la terra, il legno, la plastica riciclata e così via. Il movimento mostra relazioni con altri fenomeni artistici; ad esempio la Land art. Globalizzazione: La globalizzazione è un complesso fenomeno di crescita dei rapporti internazionali in ambito sociale, economico, tecnologico e politico. Il termine si utilizza anche in ambito culturale ed è riferito al fatto che, ai nostri giorni, ci relazioniamo frequentemente con altre culture, sia per motivi di piacere, come il turismo, che di necessità, come nel caso dell’emigrazione. 46