GOVERNARE LA COMPLESSITÀ NELLA DIMENSIONE

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GOVERNARE LA COMPLESSITÀ NELLA DIMENSIONE
GOVERNARE LA COMPLESSITÀ NELLA DIMENSIONE URBANA E TERRITORIALE.
PIANIFICAZIONE STRATEGICA E MULTILEVEL GOVERNANCE
Appunti per la tavola rotonda ReCS
Forum PA – 13 maggio 2008 – ore 11 - 13,30
Raffaella Florio, Coordinatrice ReCS
La definizione di politiche di area vasta (e la costruzione delle città metropolitane laddove
questa è la soluzione di governo auspicabile) sono da più di un decennio in Italia temi al
centro del dibattito locale e nazionale sul territorio.
È ormai diffusa la consapevole zza che le politiche delle città non sono più confinate a
scala urbana ma si estendono a scala di agglomerazione di area vasta, di città
metropolitana e talora di città regione, di quelle nuove formazioni territoriali in ambiti
allargati che richiedono una rappresentazione e un coordinamento delle strategie e degli
interventi in una nuova configurazione dei rapporti tra i livelli di governo a partire dal
mutamento di scala che vede città, regioni, stati nazionali e Unione Europea impegnati a
definire nuove regole del gioco.
D’altra parte è questa la dimensione (e molte realtà europee lo insegnano) attraverso la
quale le città sono in grado di mobilitare le risorse economiche per la realizzazione dei
progetti urbani: dalle risorse europee a quelle nazionali e regionali, dalle levi fiscali al
project financing, dall’uso delle rendite fondiarie urbane alle partnership pubblico-privato.
A livello nazionale, il dibattito in tema di città metropolitana si è riaperto con forza ed ha
condotto all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di un disegno di legge,
presentato dai ministri competenti Amato/Lanzillotta, per l’attuazione degli articoli 114, 117
e 118 della Costituzione e per la disciplina del procedimento di istituzione delle città
metropolitane. Le città metropolitane si delineerebbero come “nuovi soggetti di governo
metropolitano acquisendo tutte le funzioni della preesistente Provincia”. Il testo inviato al
Parlamento, peraltro, contiene anche una soluzione alternativa all’ultimo comma dell’art. 3
che recita: “nelle aree metropolitane di cui al comma 1, in alternativa alla istituzione della
città metropolitana secondo il procedimento previsto dal presente articolo, sono individuate
specifiche modalità di esercizio associato delle funzioni comunali senza nuovi o maggiori
oneri; ulteriori modalità di esercizio congiunto di funzioni possono essere definite dalle
istituzioni locali e dalla regione interessate, tenuto conto delle diverse specificità
territoriali”.
A livello locale intanto si presentano una serie di condizioni che se sinergicamente
raccordate possono offrire una nuova opportunità per dare risposta al problema del
governo di area vasta.
Innanzitutto in molte realtà territoriali si registra un consenso di fondo delle istituzioni
(locali e regionali), ma anche del mondo economico e sociale, sugli obiettivi, i compiti e le
dimensioni dell’area vasta. A Firenze, ad esempio, dove il dibattito sulla città metropolitana
è in agenda dalla fine degli anni Novanta ed è proseguito per tutto il decennio successivo,
recentemente, sia il Piano strategico (2003), sia i programmi elettorali del comune
capoluogo e degli altri 10 comuni della cintura hanno fatto esplicito riferimento alla
costituzione della città metropolitana come passo cruciale per lo sviluppo dell’area
fiorentina, perché funzionale ad alcune scelte decisive degli enti dell’area in tema ad
esempio di trasporti, di mobilità e di delocalizzazione delle funzioni.
Vi è poi l’esistenza di una serie di strumenti di programmazione che fanno propria la
concezione del governo urbano volto non solo a regolare le azioni dei soggetti privati ma
anche a stimolare lo sviluppo e indicare visioni e mete collettive condivise e che, se
coordinati tra loro in maniera intelligente e sinergica, possono costituire l’impianto del
governo di area vasta. Si tratta in alcuni casi di strumenti tradizionali ma ammodernati
(come i piani urbanistici e i piani di coordinamento territoriale provinciale e regionale) e in
altri casi di strumenti non vincolistici, spesso ancora in via di sperimentazione, ma luoghi
significativi di integrazione delle politiche e di costruzione del consenso (il piano strategico,
l’agenda 21, patti per lo sviluppo locale, ecc) o documenti settoriali nuovi o che per la
prima volta si muovono in una dimensione di area vasta (i piani integrati della salute, i
piani integrati della mobilità, ecc.).
Al tempo stesso vi è una crescente chiarezza sulla “filiera della programmazione”,
ovvero una maggiore consapevolezza su “chi fa che cosa”, dovuto anche al fatto che si
sono moltiplicati i luoghi del confronto e della discussione in cui vengono esplicitati ruoli e
competenze rispetto alla programmazione territoriale, che si traduce nel tentativo di fatto di
non creare momenti di sovrapposizione ma di favorire il coordinamento.
Infine si assiste sempre più a un fenomeno diffuso nelle nostre realtà urbane: il
proliferarsi di piani strategici. Con una storia almeno ventennale in Europa (Lione 1988,
Barcellona 1990) e decennale in Italia (Torino 2000), la pianificazione strategica è oggi
una pratica largamente adottata dalle città (sono una quarantina quelle con i piani
strategici o che li stanno avviando), di tutte le dimensioni (città grandi, medie, piccole e
anche associazioni di comuni prima fra tutte il Copparese) e su tutto il territorio nazionale
(da Trento a Catania).
Ciò denuncia chiaramente la necessità e l’urgenza di dotarsi di strumenti nuovi a
supporto dell’azione di governo e a completamento degli strumenti tradizionali E il vuoto
principale che tutti i piani strategici tentano di colmare è il raccordo del territorio, a livello di
politiche e di attori ma anche di istituzioni e di programmi. La pianificazione strategica si
configura infatti quale modello di governance metropolitana nella misura in cui fa interagire
interlocutori di livello locale e sovralocale (pubblici e privati, rappresentanti delle categorie
e della società civile) e costituisce un momento di condivisione delle strategie e di
selezione delle priorità in una prospettiva di medio-lungo periodo dello sviluppo in una
dimensione almeno di area vasta.
Non è un caso che in molte città europee proprio nell’ambito di tali percorsi si è riacceso
o ha ritrovato impulso il dibattito sulle città metropolitane. Lione, Lille, Barcellona,
Stoccarda, per citare i casi più significativi, per mezzo della pianificazione strategica si
sono interrogate sul quadro istituzionale più efficace per affrontare la complessità
metropolitana e per promuove la creazione di un livello di governo sovracomunale
formali zzato e riconosciuto (Grand Lyon, Lille Metropole, Regione Metropolitana di
Barcellona, Conferenza Regionale di Stoccarda).
Tornando alle nostre città, oggi i piani strategici, soprattutto quelli di seconda
generazione (Firenze, La Spezia, Trento, Torino e Venezia) ma anche alcuni appena
partiti (Bari), stanno ponendo al centro della loro missione il problema del raccordo
metropolitano, interrogandosi in primo luogo su come costruire, gestire e mantenere
meccanismi di cooperazione orizzontale (l’inter-comunalità), di integrazione pubblicoprivato e della cosiddetta multilevel governance (integrazione con le istituzioni sovralocali
provincia e regione). E si stanno fortemente concentrando sulla strumentazione strategica
oltre che sulla progettazione strategica, e sulla programmazione integrata oltre che sulla
integrazione dei progetti. In altri termini, l’attenzione si sta spostando sull’individuazione
degli strumenti e delle procedure più idonee a rappresentare la dimensione di area vasta
e, in questa dimensione, facilitare gli iter decisionali, migliorare i meccanismi di selezione
delle priorità e accelerare la realizzazione degli interventi, mettere a confronto i diversi
momenti della programmazione, facilitare l’accesso alle risorse economiche e ottimizzare
l’utilizzo delle risorse non solo economiche.
Nel suo ruolo di aggregare interessi (mettendo in rete politiche, attori e progetti) il piano
rappresenta oggi lo strumento forse più adatto a costruire e gestire reti a geometria
variabile che possano favorire la programmazione territoriale integrata e rafforzare la
governance di area vasta.
Tutto ciò rappresenta un vantaggio per il Governo nazionale (in tutte le sue articolazioni:
affari regionali e autonomie locali, sviluppo economico, infrastrutture, ecc.) nel definire la
programmazione economica e territoriale e le politiche urbane (a partire dal Quadro
Strategico Nazionale), in quanto offre un’opportunità di avvicinamento reale alle domande
e esigenze che pervengono dalla realtà locale.
La tavola rotonda si propone un confronto tra i rappresentanti dei Comuni (Anci), delle
Province (Upi), delle Regioni (Coordinamento delle Regioni) e del Governo nazionale,
nonché di altre reti, associazioni, enti interessati, perché si sviluppi sempre più la
pianificazione d’area vasta che ricerchi una programmazione integrata tra tutte le
istituzioni interessate e nuove forme di multilevel governance. Il confronto intende fare un
passo in avanti nella riflessione su questo problema, che è un tassello decisivo
dell’impegno per nuove politiche urbane e affinché queste siano davvero una priorità
nazionale nell’azione per lo sviluppo del sistema-paese.