La realta dell`orco - interno_interno

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La realta dell`orco - interno_interno
I Draghi
© 2012 Lindau s.r.l.
corso Re Umberto 37 - 10128 Torino
Prima edizione: settembre 2012
ISBN 978-88-6708-004-5
Silvana De Mari
LA REALTÀ
DELL’ORCO
Nel tempo dell’inganno universale dire
la verità è un atto rivoluzionario.
George Orwell
a Ilan Halimi,
a Shahbaz Bhatti,
a Mahmoud Mohamed Taha
Questo libro è dedicato alle vittime annientate nella loro innocenza: a Ilan Halimi, torturato a morte dagli orchi nella periferia
di Parigi del Terzo Millennio, per l’imperdonabile e da sempre
non perdonata colpa di essere ebreo, e a sua madre e a suo padre
che per 23 giorni hanno dovuto sentire le sue urla per telefono.
Per favore digitate il suo nome su Google e leggete tutto quello
che hanno fatto al suo corpo. I suoi assassini, la Banda dei Barbari come si sono orgogliosamente chiamati, sono tutti islamici e cittadini francesi da tre generazioni. Questo libro è dedicato a Ilan
Halimi e a tutti coloro che lo ricordano, a tutti coloro che lo hanno pianto, a tutti coloro che tengono una candela accesa nelle loro case o nei loro blog perché la sua memoria non sia persa.
Questo libro è dedicato a chi, oggi, nell’indifferenza dei media
troppo distratti, sta affrontando il martirio, a Shahbaz Bhatti, il
ministro pakistano per le Minoranze religiose ucciso il 2 marzo
del 2011 perché cristiano: «Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi
hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri».
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Questo libro è dedicato a Mahmoud Mohamed Taha, detto anche il Ghandi sudanese. Impiccato sulla pubblica piazza di Khartum mentre benediceva la folla, era un uomo che amava la vita,
amava l’umanità e amava la pace. Mohamed Taha ha affermato
che il Corano si divide in due parti: le sure della Mecca, che affermano la pace, il rispetto per i non musulmani, l’uguale dignità
delle donne rispetto agli uomini, e quelle di Medina, che incitano
alla guerra, alla ferocia, all’odio e alla discriminazione. Le seconde furono necessarie per affermare l’islam nella sua epoca, ma ora
l’islam deve abbandonarle e seguire le prime, così da tracciare
una seconda via, coniugandosi con il divenire della storia e affermando un jihad di pace. Le affermazioni di Taha sono contrarie al
pensiero islamico prevalente da nove secoli, che considera eterno
a parte ante e a parte post il testo sacro, venuto direttamente da
Allah, e quindi non assoggettabile a nessuna interpretazione. È
questa affermazione che impedendo la filologia ha causato la
chiusura dell’islam alla filosofia. Inoltre in tutte le interpretazioni
correnti del Corano dove ci sia una contraddizione il successivo
prevale sul precedente e le sure di Medina, di spaventosa ferocia,
sono successive a quelle della Mecca. Mohamed Taha riprende la
corrente del pensiero islamico dell’intelligenza e della tolleranza – quella di Averroè e Avicenna –, un pensiero che si interrompe per un millennio, ma che ora potrebbe risorgere.
Questo libro è dedicato agli eroi, a chi si batte, ai combattenti
della libertà e del pensiero, che hanno scelto la loro fede, anche a
costo della vita, e a tutti coloro che si oppongono alla barbarie
perché alla fine vinceranno; e allora, come ha scritto Edith Teresa
Stein, nata a Wroclaw e morta ad Auschwitz, tutti i morti giaceranno come vincitori.
LA REALTÀ
DELL’ORCO
Gli orchi esistono.
Gli orchi sono coloro che uccidono intenzionalmente i
bambini e mostrano fierezza per l’assassinio.
I popoli degli orchi sono i popoli dove si balla per le strade alla notizia che due grattacieli stanno bruciando, che le
persone stanno morendo scegliendo se bruciare vive o buttarsi, e i padri degli assassini costruiscono altari perché la
criminale memoria dei loro figli sia onorata.
I popoli degli orchi sono i popoli dove si balla per le strade alle notizie che dei bambini sono stati uccisi, e le madri
raccontano orgogliose che i propri figli hanno messo i bambini sui treni, li hanno messi nelle camere a gas, hanno fatto saltare la scuola dove erano in centinaia per festeggiare
l’inizio dell’anno scolastico, li hanno sgozzati nei loro letti
e non si sono fermati davanti a una bambina di tre mesi.
I popoli degli orchi sono i popoli che insegnano ai propri figli come il massimo dei destini possibili sia sterminare anche a costo della propria vita, perché gli orchi odiano
la vita, la disprezzano, anche la propria. I popoli degli orchi
hanno per i popoli liberi l’odio che i nati morti hanno per i
vivi e i nati servi hanno per i liberi.
Gli orchi esistono e devono essere fermati.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Devono essere battuti.
Devono essere fermati e battuti perché difendere i propri
figli dagli orchi è un dovere e gli orchi si fermano solo militarmente. Quando un popolo gioisce dell’uccisione intenzionale di un bambino non ci sono margini di dialogo, e chi
afferma che quei margini ci siano sta solo favorendo gli orchi. Quando un popolo gioisce dell’uccisione intenzionale
di un bambino non si fanno più ponti, perché non è l’epoca
dei ponti, perché sarebbero ponti fatti di cadaveri su cui
eserciti di orchi marcerebbero per fare altri cadaveri; si devono tirare su mura, come le mura dei castelli che hanno
protetto gli inermi negli assedi.
Perché solo fermandoli, e solo battendoli, gli orchi potranno essere salvati.
Gli orchi esistono e devono essere salvati, perché anche
loro sono fratelli. Gli orchi si salvano fermandoli e dicendo
loro la verità. La verità è che sono orchi, perché chi uccide
un bambino intenzionalmente e ne gioisce non è più un uomo, e la verità è che gli orchi possono e devono diventare
uomini.
Questo la nostra anima lo sa. Non sempre lo sa la nostra
parte cognitiva, quello che Einstein chiamava il servo, ma
lo sa la nostra anima emotiva, l’intuito, il dono come diceva Einstein.
Questo è il motivo per cui amiamo il fantasy.
Introduzione
Per favore non saltatela
Le capacità di ferocia dell’essere umano sono illimitate.
Il nostro cervello ha, rispetto agli animali, un enorme sviluppo della corteccia cerebrale: questo ci dà la possibilità di
scegliere, il libero arbitrio, a scapito dell’istinto. Tutti gli animali che vivono in branco hanno limitazioni istintive della
violenza verso i propri simili, noi non le abbiamo. Le capacità di sofferenza dell’essere umano sono illimitate. Nessuna
creatura vivente ha la capacità che abbiamo noi di provare
dolore. Nessuna può immaginare la propria morte, o quella
dei suoi figli, così da anticiparne e moltiplicarne il dolore.
Sono esistite civiltà che non hanno avuto la ruota, ma
nessuna civiltà può sopravvivere senza storie, perché le storie sono l’unica strada che abbiamo per stemperare la ferocia, per tollerare l’orrore, per trovare la strada che ci permette di affrontare il dolore, di non esserne travolti.
La narrazione, ascoltare il cantastorie, leggere un romanzo, vedere un film, modifica i nostri neurotrasmettitori, e diventa il più potente mezzo di condivisione e quindi
di comunicazione che possa esistere.
Ha detto Albert Einstein: se volete dei figli intelligenti
raccontate loro le fiabe e se volete dei figli molto intelligenti raccontate loro molte fiabe.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
La neurobiologia ha confermato il piacere che traiamo
dall’ascoltare storie che non solo non sono mai esistite, ma
neanche avrebbero potuto: è mediato dalle endorfine, il
più potente dei neurotrasmettitori nell’annullare il dolore
e creare il piacere. In presenza di un alto tasso di endorfine il sistema immunitario diventa più forte, il dolore scompare, la mente diventa più acuta. Il cervello del bambino
fabbrica endorfine mentre ascolta la voce che gli racconta
una fiaba: le endorfine facilitano il sonno, diminuiscono la
percezione del dolore, aumentano la potenza cognitiva e
immunitaria; la narrazione e la musica, altro potentissimo
mobilizzatore di neurotrasmettitori, sono quindi le due
prime terapie, i due capisaldi della medicina sciamanica, i
due farmaci sempre presenti, a costo zero, privi di effetti
collaterali.
La stessa regola vale per l’intero popolo: dove ci sono
molte narrazioni compaiono il pensiero filosofico e scientifico. Sono come il passo destro e il passo sinistro: una civiltà
ha bisogno di entrambi. Dove non c’è il moto della narrazione, l’onda della narrazione, la scienza si insterilisce, anzi non nasce nemmeno. Il mito e la scienza sono le due maniere di conoscere la realtà, il mito mediante la metafora,
per via sintetica e analogica, la scienza mediante la descrizione della realtà, per via analitica e logica. Dall’integrazione di entrambe nasce la forza di una civiltà capace di vivere ed evolvere.
La storia politica e militare è contenuta nel poema epico,
la persecuzione del bambino è contenuta nella fiaba.
Nascosta nella narrazione fantastica c’è l’atroce sofferenza dell’uomo, ma anche il suo coraggio, la sua potenza,
la sua impotenza, la sua crudeltà, la sua compassione.
Quando parliamo di poema epico e di fiaba, di fantascien-
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za e fantasy, di eroi, semidei e supereroi, elfi, fate, streghe,
bacchette magiche e gnomi, zombie, vampiri e cybersterminatori, in realtà parliamo del dolore e della forza degli
uomini.
La fiaba, il mito, l’irreale sono da sempre le scatole colorate che contengono i mostri: quando qualcosa è troppo
atroce per poterlo affrontare, allora lo si nasconde nel luogo
magico del fantastico, dove, protetto dall’ambientazione irreale e dal lieto fine, finalmente diventa sostenibile.
Contrariamente a quello che riteneva Rousseau con la
sua disastrosa teoria del buon selvaggio, il cervello umano
è naturalmente feroce. L’odio è un piacere che si autoalimenta, come tutti i piaceri. Causare dolore a un altro, torturarlo o vederlo torturare, ci dà un senso di potenza. Basta
guardare i cartoni, i Looney Tunes, i vecchi cortometraggi
della Disney: si ride di Gatto Silvestro, di Wile Coyote, di
Paperino o Pippo che cadono da altezze vertiginose, prendono colpi sulla testa, sulla faccia o sul sedere, cadono sui
chiodi, nei nidi di calabrone, esplodono, vengono calpestati da schiacciasassi. Nel delizioso film di animazione La carica dei 101, i due malfattori passano un mucchio di guai.
Nella trasposizione in film con veri attori, molti ridono davanti alla scena di un uomo che diventa una statua di ghiaccio o che prende la corrente elettrica. Allo stesso modo nel
Colosseo e sulle piazze dove si alzavano i roghi ci si godeva il dolore altrui.
Ci sono trasmissioni «comiche» fabbricate con video di
persone che si fanno male.
I quattro ragazzi che cospargono di benzina il barbone e
gli danno fuoco per sentirsi forti e potenti davanti alla sua
impotenza e al suo dolore, stanno applicando uno schema
che era la norma nel Colosseo e in innumerevoli culture. Il
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LA REALTÀ DELL’ORCO
sacrificio umano è ossessivamente presente nell’umanità: la
colpa di ogni frustrazione e quindi il senso della propria
impotenza vengono addossate a una vittima, il nemico o un
appartenente al gruppo, e tutto il gruppo, grazie alla soppressione della vittima, supera la frustrazione e riacquista il
senso della propria efficacia.
Questo comportamento esiste anche negli animali, indicato con il verbo inglese to mob, da cui il più noto mobbing.
Quando un branco di lupi o coyote è con le spalle al muro,
ha perso il territorio, è in una situazione che definiremmo
di frustrazione e impotenza, massacra uno dei propri componenti, qualcuno che per un qualche motivo è un marginale. In questa maniera il branco recupera un po’ di proteine e il senso della propria potenza.
In epoca preistorica e nelle epoche storiche più rozze la
ferocia, almeno in teoria, era funzionale, aumentava la sopravvivenza e la discendenza. Gengis Khan è vissuto più a
lungo e ha avuto più discendenti delle sue innumerevoli
vittime. Però è vissuto nell’odio; trionfante, certo, ma felice
mai. Con l’aggregazione in gruppi sempre più grandi e
complessi, la ferocia è diventata disfunzionale e siamo arrivati a sistemi basati su linee di solidarietà, ma la tentazione
è rimasta.
Il piacere nella distruzione di indifesi è la base del genocidio, del terrorismo contro civili, del serial killer e delle dittature particolarmente feroci con i propri stessi sudditi, da
quelle comuniste alle più pittoresche tirannie africane.
Perché noi siamo uomini ed essere uomini è terribile e
straordinario.
In tutto questo la compassione e l’etica dove stanno?
Dal punto di vista neurobiologico la compassione sta
dentro i neuroni specchio. I neuroni specchio sono la gran-
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de scoperta dell’ultimo decennio, sono per la neurobiologia
quello che il DNA è stato per la biologia ha detto il neurologo indiano Vilayanur S. Ramachandran. I neuroni specchio ci spingono a imitare chi ci sta di fronte ed è grazie a
loro che i bambini imparano in un tempo minimo una lingua, come ci si muove, come ci si comporta, ma sono anche
quelli che ci permettono di capire il senso del comportamento degli altri: chi sta sorridendo è sereno e chi sta piangendo è disperato. Grazie ai neuroni specchio le emozioni
si contagiano. Chi è sereno, chi sorride molto, chi porta nel
mondo la sua cortesia spande luce attorno a sé. Chi è aggressivo, scortese, lamentoso sparge buio, il buio spesso descritto in Il Signore degli Anelli, quello che non è semplice assenza di luce, ma qualcosa che ha il potere di distruggerla.
I neuroni specchio sono maggiormente presenti nel cervello femminile: noi dobbiamo diventare madri. Se non fossimo empatiche lasceremmo morire i nostri neonati di fame, coperti dai loro escrementi. Noi ci commuoviamo davanti a un bambino che piange, davanti ai film dove qualcuno muore e davanti a un bel po’ di pubblicità.
I maschi sono meno empatici; se lo fossero troppo non
potrebbero svolgere i due ruoli che già nelle scimmie antropomorfe sono maschili: il cacciatore e il guerriero.
Questa regola conosce miriadi di eccezioni, ma nelle sue
grandi linee è rispettata in ogni civiltà umana. Se si tortura
un bambino, il numero di neuroni specchio diminuisce.
Questo è il passaggio neurobiologico che spiega perché
spesso il dolore diventa violenza. C’è una precisa motivazione evoluzionistica: se il bambino subisce brutalità, vuol
dire che vive in un ambiente aggressivo e violento; se diventa a sua volta feroce aumenta le possibilità di sopravvivere. Le donne sono la compassione di un popolo. Dove le
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bambine sono sistematicamente torturate, come è successo
in Cina con i piedini storpiati e come succede con l’infibulazione, l’intero popolo perde la sua possibilità di compassione. I neuroni specchio, se conservati nell’età adulta, permettono oltre che di capire l’altro, di imitare e acquisire nuovi
comportamenti. Chi ne è privo perde anche la capacità di
adattarsi a nuove situazioni, ripete sempre lo stesso schema
comportamentale, e la civiltà diventa una civiltà circolare.
Generazione dopo generazione tutti fanno le stesse cose.
L’empatia è mediata dai neuroni specchio, certo, ma può
essere addestrata mediante le narrazioni.
Le terre dove i bambini sono sistematicamente brutalizzati e dove ci sono poche narrazioni ospitano popoli che
hanno scarse capacità empatiche e scarse capacità di evolvere e cambiare. I popoli che non massacrano di botte i propri figli, non li torturano e che hanno un alto livello di narrazioni sono più compassionevoli e possiedono un’altissima capacità di produrre idee nuove.
Le neuroscienze però non sono la risposta a tutte le domande e, soprattutto, noi siamo le nostre scelte, non la nostra genetica. Quello che ereditiamo è una tendenza, non
un destino. Chi è stato massacrato di botte può diventare
un picchiatore, oppure qualcuno che userà tutta la sua vita
per accogliere e aiutare i perseguitati. Chi ha subito l’infibulazione la imporrà sadicamente a figlie e nipoti oppure
userà la sua vita per combatterla. Chi nasce in società violente e sadiche dovrà fare più strada, ma avrà sempre l’umana capacità di non conformarsi. Dovrà fare più strada
però, e molta in salita, quindi l’affermazione che tutte le civiltà e tutte le culture hanno lo stesso valore è falsa, è l’inganno universale, l’ammasso di sillabe prive di ogni logica
che da qualche decennio ripetono le facoltà di sociologia e
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antropologia, accusando di nefandezza assoluta e cosmica
empietà chiunque contesti questa idiozia.
Che cosa è questo libro?
Non è un libro sulla letteratura.
Non è un saggio sul fantastico.
Non è esattamente un libro di storia e nemmeno un libro
di psicologia.
È un libro che raccoglie alcuni miei pensieri, i pensieri di
una persona che appartiene a una cultura e a una società
che ha commesso il crimine assoluto, la Shoah.
Tra i quattro e i nove anni ho abitato a Trieste. Il cane e
io accompagnavamo mio padre nelle sue lunghissime passeggiate, che spaziavano dalle scogliere al Carso, passando
dalle strade della città e dai moli del porto. Fu allora che
mio padre cominciò a raccontarmi complicate storie di spiritelli e gnomi, ambientate agli albori del mondo nelle foreste infinite che lo ricoprivano. E io cominciai a chiedermi,
visto che le creature magiche erano dapprima esistite, per
poi non esistere più, come fossero scomparse, quanto era
stato terribile scomparire, se qualcuna delle creature si era
accorta di essere l’ultima. Cosa avrei provato io a sapere
che, dopo di me, nessuno come me sarebbe mai più esistito? Mano a mano che crescevo, alle buffe storie dei folletti
se ne sovrapposero altre, atroci e terribili, che nascevano
dai luoghi stessi che ci circondavano. Mio padre cominciò a
parlarmi delle trincee della prima guerra mondiale, che
avevano attraversato quegli stessi prati su cui correvamo,
seguiti dal nostro cane, lieto e felice per tutta quell’aria fresca e quella luce. Mi parlò delle Foibe, poco distanti da noi,
molto simili alle grotte che andavamo a visitare, e che un
decennio prima erano state riempite di corpi gettati lì dentro vivi. Mi portò a vedere i muri della Risiera di San Saba,
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unico campo di sterminio sul suolo italiano. La Risiera non
aveva contenuto riso ma persone, che poi erano state mandate nel posto dove è scritto che il lavoro rende liberi; e di
tutte le cose che mi ha raccontato, questa memoria è la più
assurda e la più indicibile.
Da quando mio padre ha cercato di spiegarmi che cosa
era successo, cosa un’Europa che avrebbe dovuto appartenere alla civiltà cristiana aveva commesso, non è passato un
solo giorno senza che io non ci abbia pensato. Non una sola mattina di inverno ho messo il giaccone pesante senza
pensare a chi è stato costretto a restare nudo o coperto di
stracci nel gelo. Non una sola volta ho fatto il gesto elementare di versare acqua pulita nella ciotola del mio cane
senza pensare che non cani, ma uomini, donne e bambini
agonizzavano senz’acqua in vagoni piombati senza che
nessuno intervenisse.
Da mio padre ho ereditato la passione per la storia. Poi è
nata in me la passione per la psicologia e le neuroscienze.
C’è una regola fissa: tutti coloro che si interessano seriamente a qualsiasi cosa che cominci per «psi», psicologia,
psicanalisi, psicoterapia, psichiatria e aggiungiamo anche
neuroscienze, sono persone che stanno cercando risposte a
domande molto urgenti su se stessi e sul proprio essere, e
che poi cominciano a utilizzare le risposte in maniera più
oggettiva per comprendere il mondo.
La conoscenza della storia e la conoscenza della psicologia: per sapere cosa è successo, per capire perché è successo. Perché la Shoah, perché l’omicidio-suicidio costantemente presente nella storia europea che esplode nell’ultimo
secolo?
Questo libro parla del nostro presente, e quindi del nostro futuro: noi abitanti del Terzo Millennio siamo sempre
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in bilico sulla corda, da un lato il baratro, dall’altro la definitiva salvazione. Abbiamo un bel po’ di supereroi, sempre
più cupi e ammaccati, e parecchie distopie: il contrario dell’utopia cui abbiamo rinunciato definitivamente. Una volta accomunata la fantascienza al fantasy, il fantastico e
l’horror regnano incontrastati, riempiendo da soli più di
metà degli scaffali delle librerie e degli schermi cinematografici. Siamo immersi in una cultura di morte: il XX secolo è stato il secolo del genocidio, prima questa parola non
esisteva. Libri, film, serie televisive: tutto pullula di cultura di morte; se non sono ciberterminatori, sono vampiri, o
extraterrestri predatori o virus. Persino i film per bambini – la serie di I pirati dei Caraibi del capitano Jack Sparrow – sono infarciti di mostri, fantasmi, creature fatte di
dolore e putridume. Dalla loro ossessiva presenza possiamo capire quello che succede nella mente degli uomini, e
nella loro storia, dall’Illuminismo in poi. Se non sono Orchi sono Estranei, se non sono licantropi sono fantasmi, se
non è Alien è Terminator, o Predator. Voldemort e i suoi
Mangiamorte rubano la scena a Sauron e ai suoi Nazgûl, a
Saruman con i suoi sterminati eserciti di orchi. Dalle tombe si sono alzati, oltre che gli aristocratici vampiri, ognuno
dotato di storia e di nome, eserciti di zombie, la loro versione sottoproletaria e anonima, che film dopo film arrivano con il loro passo claudicante e gli occhi vuoti a mangiare l’anima o più prosaicamente il cervello e le frattaglie dei
vivi, che resteranno poi sparse in uno sgraziato disordine.
Il piccolo ET che voleva telefonare a casa ha lasciato il posto a extraterrestri cattivissimi in film terrificanti (Alien, La
Cosa), involontariamente comici (La guerra dei mondi), o genialmente comici (Men in Black):
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K, impassibile: «Ha detto qualcosa prima di buttarsi?»
J: «Che il mondo sta per finire.»
K, sempre senza cambiare espressione: «Ha detto quando?»
Siamo immersi in una ciclopica danza macabra.
È l’angoscia per il nostro presente, il terrore per il nostro
futuro che abbiamo nascosto nella Terra di Mezzo, tra le aule di Hogwarts, dall’altra parte della Barriera di Ghiaccio,
oltre i confini delle terre note. Mentre nemici terrificanti assediano, e all’interno i difensori sono divisi e infiltrati di
collaborazionisti e traditori: questo il riassunto estremo della maggioranza delle nostre narrazioni. Dentro le zanne
delle ciclopiche e cattivissime scolopendre di La guerra dei
mondi, nelle epidemie causate da virus letali da noi stessi
fabbricati abbiamo messo il non raccontabile, l’indicibile.
Tutta la nostra narrazione fantastica è immersa in una
cultura di morte, perché siamo il secolo del genocidio, certo, e poi perché non siamo certi di avere un futuro.
Sappiamo che il male assoluto esiste e siamo sull’orlo
della fine del mondo.
La regola dell’evoluzione, la regola della vita è che le società, le civiltà, come gli individui, le famiglie, i gruppi cerchino di sopravvivere. Non è possibile che una civiltà sopravviva se la natalità è inferiore a 2,3 figli per madre: la
nostra si aggira attorno all’1,5. Non è pensabile che una civiltà sopravviva se ha una natalità bassa e permette l’ingresso a minoranze con strutture ideologiche e religiose
contrastanti e non sovrapponibili, quindi minoranze non
integrabili, che per secoli sono state il nemico storico e che
nel giro di una generazione o al massimo due diventeranno
maggioranza.
Claude Lévi-Strauss, fondatore della moderna antropo-
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logia, colui che ha creato la base per l’amore tra civiltà diverse e per civiltà diverse, è morto con l’angoscia profonda
che la civiltà europea si sia condannata a morte. Come anche lui ci ha ricordato, nel giro di 50 anni al massimo l’Europa sarà musulmana, cioè in balia del più irrisolvibile sistema teocratico mai esistito, nella negazione di tutti i principi su cui è basata la civiltà europea.
Nel momento in cui scrivo, sono sempre più frequenti in
Inghilterra i casi di bambine nate sul suolo inglese, con la
cittadinanza inglese, ma di origine pakistana e musulmane,
che vengono date in sposa a otto anni a uomini quasi sempre anziani (ma per una bambina di otto anni anche un
trentenne è un anziano). Queste bimbe vanno a scuola con
la loro divisa così simile a quella di Harry Potter, nascondendo tra le gambe il dolore di una deflorazione oscena e
criminale, nascondendo l’orrore dei loro piccoli corpi violati. La legge inglese riconosce la shari’a, in una folle negazione di sé e del diritto europeo. Il diritto al matrimonio con i
minori non è ancora ufficialmente riconosciuto, ma nessuno interviene per non scatenare un vespaio, per evitare di
avere di nuovo le metropolitane in fiamme, perché tanto il
demente della facoltà di antropologia che si indignerà per
la pretesa occidentale di criticare le leggi altrui salta sempre
fuori. Se quelle bambine fossero bionde e si chiamassero
Mary o Catherine sarebbero subito accorsi eserciti di assistenti sociali, psicologi e soprattutto poliziotti e giudici. Ma
si chiamano Fatima o Jasmine. Grazie all’ottusa idiozia del
comunitarismo, della società frantumata in comunità diverse e opposte, ognuna rinchiusa nelle sue leggi, nella sua
aggressività, e nel suo ringhioso vittimismo, quelle bambine possono essere stuprate nel silenzio di tutti. Grazie alla
follia del rispetto delle civiltà altrui, civiltà gravemente di-
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sfunzionali già nei loro paesi di origine, sono avvallati il disprezzo più totale per le donne, la loro schiavizzazione, l’omofobia più totale, l’antisemitismo più mortale. Il nostro
compito è rispettare l’individuo. Le civiltà e le religioni che
non rispettano l’individuo non meritano né rispetto né
comprensione, altrimenti si diventa complici.
Nel momento in cui scrivo tre bambini ebrei e un padre
ebreo sono stati uccisi per la colpa di essere ebrei davanti a
una scuola a Tolosa, in Francia, e in questa Europa impazzita si alzano voci per giustificare l’assassinio.
In questo libro, quindi, troverete le riflessioni di una
persona che appartiene a una civiltà che dà l’impressione
di star giocherellando con il suicidio. È un’impressione: si
salverà, ma prima deve ritrovare intelligenza e coraggio. E
la compassione, la prima compassione, la più alta, che è la
verità.
Ho trovato la risposta leggendo romanzi fantastici e fiabe. Ho ripreso in mano i vecchi libri della mia infanzia,
proprio gli stessi, li avevo conservati, per leggerli a mio figlio, insieme a quelli nuovi, quelli che nella mia infanzia
non c’erano. Ho portato mio figlio al cinema e ho visto vecchi film con lui. Tutte le risposte erano lì. Questi pensieri,
tutti, mi sono venuti in mente mentre leggevo Il Signore degli Anelli, Pinocchio, Peter Pan, mentre le zanne di Alien
riempivano lo schermo e il terrore di tutto il cinema diventava tangibile, mentre i passi cupi di Terminator inseguivano Sarah Connor, mentre nella mia auto ascoltavo e
riascoltavo la splendida voce dell’attore inglese Stephen
Fry leggere Harry Potter.
Tra tutte le maniere che abbiamo per capire la storia, esaminare i fatti della politica, l’architettura, l’arte, la letteratura, oppure la letteratura fantastica, quest’ultima sarà, sem-
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pre, quella che più ci darà accesso alla verità, perché il linguaggio metaforico nasce dall’emisfero destro, che non è
capace di menzogna e che, lui sì, ha la potenza arcaica di resistere all’indottrinamento.
Il linguaggio metaforico cela all’interno delle sue complesse e scintillanti volute il nocciolo della verità non raccontabile, e la nasconde perché, protetta dall’irrealtà della
narrazione, quella realtà possa finalmente essere affermata.
La letteratura fantastica è una forma di comunicazione.
La comunicazione aumenta la nostra sopravvivenza, perché aumenta la nostra conoscenza del mondo.
Abbiamo due tipi di comunicazione: una diretta, mediata dall’emisfero di sinistra, che funziona per via logica e
analitica e processa un solo pensiero alla volta, e una metaforica, mediata dall’emisfero di destra, che funziona per
via analogica e sintetica e ha la capacità di processare molteplici dati contemporaneamente. I due emisferi sono
scherzosamente chiamati l’ingegnere e il poeta: in una civiltà devono essere presenti entrambi.
Nelle epoche precedenti l’alfabetizzazione di massa, la
narrazione fantastica, portata dal cantastorie sotto forma di
poema epico, ma anche di fiaba, era l’unica forma di comunicazione che superasse i confini del villaggio, della tribù,
della polis. Il cantastorie narrava di Troia oppure di Ulisse o
di re Artù e la conoscenza diventava accessibile e possibile,
l’emozione condivisa creava l’affiliazione al gruppo-nazione di individui che non si conoscevano, ma che avevano lo
stesso poema epico. La narrazione conteneva diverse conoscenze: quelle della storia – battaglie, regni, guerre di liberazione o di unificazione –, della geografia – il viaggio di
Ulisse o di altri eroi –, e anche nozioni pratiche – come era
fatto uno scudo, come era fatta una nave o la casa di un re,
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come si riceve un ospite –, che a contadini dispersi tra le
proprie capre erano ignote.
Ma soprattutto con il poema epico e con la fiaba, anche
questa appannaggio del cantastorie, vengono contagiate
emozioni. L’emozione della vittoria che aumenta il coraggio di chi ascolta, questa è la funzione del poema epico:
aumentare il coraggio, e poi l’emozione del dolore, della
morte, della perdita, così che la narrazione diventa una
possibilità di conoscere il lutto, di contenerlo, così che poi
sia forse meno penoso affrontare i propri, meno difficile
elaborarli. L’emozione dell’innamoramento, quella del riso: fiumi di colore che vengono a riempire la quotidianità
aumentando anche il bagaglio esperienziale: la nostra
esperienza e quindi la nostra capacità di risolvere problemi si arricchisce di tutto quello che è accaduto nella narrazione.
Dall’analisi della letteratura fantastica si evince la storia
di un popolo. Nascoste nell’oro e nell’argento, nella magia
e nelle profezie, ci sono le lacrime e il sangue, tutte le lacrime e tutto il sangue.
Kafka ha detto che quando la realtà è troppo atroce per
essere guardata negli occhi, occorre usare il velo della narrazione fantastica.
In questa maniera la narrazione fantastica aumenta la
nostra conoscenza della realtà e quindi la nostra sopravvivenza. Questo è il motivo per cui proviamo piacere nell’incontrarla, un piacere che spingeva a dividere con il
cantastorie le magrissime scorte, che spinge noi verso le librerie, i teatri, i cinema. Nell’Italia ottocentesca, poverissima e fondamentalmente analfabeta, il veicolo della conoscenza e dell’emozione, il poema epico, la conoscenza
condivisa, che ha permesso anche una prima unificazione
INTRODUZIONE
27
di miriadi di dialetti in una lingua comune, è stata l’opera
lirica.
Perché la narrativa fantastica, i best seller, i film che tutti hanno visto contengono l’immaginario collettivo di un
popolo e di una società, sono loro la vera maniera con cui
comunica il popolo. Si può ancora usare questa parola o è
troppo imbarazzante? Noi, il popolo, la gente, ci siamo detti quello che succede usando l’emisfero non razionale, e
dentro la narrazione fantastica, dentro i best seller, i mega
seller, nelle zanne di Alien abbiamo messo la verità.
La verità è che apparteniamo a una civiltà straordinaria,
unica, preziosa, incredibile.
La verità è che abbiamo commesso il più atroce degli
omicidi.
La verità è che siamo sull’orlo del suicidio: questa sarà l’epoca straordinaria dove o perdiamo il mondo o lo salviamo.
Siamo la civiltà dell’omicidio-suicidio: non è un caso che
la nostra sia la prima epoca dove questo bizzarro crimine,
rarissimo in tutto il resto della storia, compare normalmente, nella vita quotidiana, e sempre più frequente.
Volete già sapere come andrà a finire?
Come in qualsiasi libro fantasy.
Il mondo sarà salvato.
1
L’Illuminismo: figli poco amati,
di secondo letto e bastardi, della Dea Ragione
Tutto quello che sull’Illuminismo non avete mai letto.
Un po’ lungo come capitolo, ma sono veramente tante le
cose su cui spesso tutti sorvolano.
Da sempre, alle elementari, e poi alle medie e poi ancora
alle superiori e per quelli che sono andati all’università e ci
hanno studiato storia anche da maggiorenni, l’Illuminismo
è visto come la luce, l’apogeo: una umanità affranta e sconfitta dai preti e dalla loro religione che finalmente approda
alla luce. All’illuminazione. All’Illuminismo, appunto.
Da Wikipedia:
«Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che
egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo» (Immanuel Kant da Risposta alla domanda: che cos’è
l’Illuminismo?, 1784).
30
LA REALTÀ DELL’ORCO
L’Illuminismo fu un movimento culturale e filosofico sviluppatosi approssimativamente nel secolo XVIII in Europa.
Il termine Illuminismo è passato a significare genericamente
ogni forma di pensiero che voglia «illuminare» la mente degli
uomini, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione, servendosi della critica della ragione e dell’apporto della scienza.
Realizzato facendo copia e incolla dalla mitica enciclopedia libera. Non vorrei cominciare con lo snobismo di
quelli che disprezzano Wikipedia. Sono un tuttologo pressappochista. Ho un enorme e permanente debito di gratitudine con questo sito che gratuitamente e in fretta mi fornisce risposte su tutto lo scibile umano. Su Wikipedia c’è.
Le parole scritte in azzurro e sottolineate sono quelle su
cui, cliccando, si può cambiare pagina e accedere a un ulteriore brano di cultura: è veramente un sistema geniale.
Possiamo affermare che Wikipedia è il paradigma del
pensiero condiviso, di quella che oramai esiste ed è l’intelligenza collettiva, e quindi inevitabilmente non può non
essere la patria del conformismo, la terra di elezione del
pensiero unico, la nazione dell’assoluto perbenismo degli
intelletti ben educati. In questo libro troverete quello che
su Wikipedia non c’è, una irrinunciabile integrazione e
qualche volta una ancora più irrinunciabile sovversione
del pensiero unico, del perbenismo intellettuale, delle tre o
quattro idiozie con le quali nella totalità dei libri scolastici
attuali vengono spiegate l’inferno in terra e la distruzione
dell’uomo, che sono il genocidio e l’atto di terrorismo verso i civili.
La storiografia che regna incontrastata è quella marxista
e post-marxista, che beatifica l’Illuminismo in cui riconosce
un progenitore e di cui condivide il nemico giurato, il cri-
L’ILLUMINISMO
31
stianesimo. L’Illuminismo e il comunismo sono i due fenomeni di cui vengono raccontati solo gli aspetti meravigliosi, mentre sono pudicamente taciuti tutti gli altri.
I fenomeni positivi esistevano, certo, in entrambi i casi,
ma Illuminismo e comunismo sono stati le strutture ideologiche che hanno poi permesso a un caporale austriaco di diventare il padrone del male assoluto. Sui libri di storia, con
qualche rarissima e valorosa eccezione, l’Illuminismo e il
comunismo nuotano nella simpatia. L’accenno allo sterminato numero di vittime di entrambi è lieve, sobrio, appena
abbozzato. L’impressione è che secondo gli storiografi questi morti non siano stati veri morti, gente che è stata nel
ventre di una madre con un nome e un futuro, ma ombre su
un muro, figurine, ologrammi. Sono gli illuministi che nei
loro salotti cominciano a parlare dello sterminio di interi
popoli come mezzo per migliorare la civiltà; Marx ed Engels rilanciano. Tutte persone che non torcerebbero un capello a nessuno, ma le idee di sterminio cominciano a essere teorizzate, cominciano a circolare. Chi inorridisce viene
tacciato di essere un povero bigotto baciapile.
Negli anni ’70 è avvenuto qualcosa di analogo. Alla facoltà di Sociologia della Sorbona di Parigi tutti i professori
cominciano a sproloquiare idiozie, in un ambiente per molti versi sovrapponibile ai brillanti salotti di due secoli prima. La borghesia deve essere fisicamente sterminata, la religione vietata, il denaro abolito. Tutte cose dette tanto per
dire, per épater le bourgeois, sciocchezze dette per stupire i
borghesi. Ognuno di questi professori dalle minuscole
menti e dalle anime ancora più impalpabili inneggia all’assassinio di qualcuno tanto per essere trasgressivo, senza
che nessuno si renda conto che se tutti i docenti della stessa facoltà farneticano allo stesso modo non è più una tra-
32
LA REALTÀ DELL’ORCO
sgressione, ma l’inganno universale di George Orwell, e
tutti insieme stanno fornendo le linee guida per condannare a morte un popolo. Tutte elucubrazioni di poveri babbei,
che alla fine della lezione prendevano la loro auto comprata grazie a una banca e protetta da un’assicurazione e se ne
tornavano alle loro linde casette, dove poi a Natale facevano l’albero e il pranzo con la tovaglia buona, salvo poi lamentarsene come usanza da piccoli borghesi, mentre loro
chissà cosa pensavano di essere. Tra i loro studenti vi era tale Pol Pot, arrivato dalla Cambogia: egli, a casa sua, metterà
poi in pratica le brillanti idee imparate nel salotto buono
dell’Europa, e sterminerà in maniera atroce tre milioni di
creature umane.
L’Illuminismo ha inaugurato la fase «razionale» e
«scientifica» del razzismo aprendo la strada allo schiavismo – che esisteva già da prima, certo, ma di cui l’Illuminismo ha teorizzato le linee guida –, e all’antisemitismo razziale, che sostituisce e supera l’antigiudaismo cristiano,
schema persecutorio ripugnante e atroce, nel quale però i
bambini non potevano essere toccati.
Manca, in tutta la complessa e trionfante voce sull’Illuminismo riportata da Wikipedia, la parola razzismo, come
manca antisemitismo; non si accenna a quanto Voltaire e
Kant considerassero africani ed ebrei esseri inferiori. Non
c’e nemmeno nella maggioranza dei testi scolastici e per
moltissime persone è un concetto assolutamente ignoto.
Questo crea un salto logico: il genocidio del XX secolo è
incomprensibile, giustificato da un vago e generico «obbedire agli ordini».
La base dell’Illuminismo è l’odio per il cristianesimo e
quindi per la società ebraico-cristiana da cui lo stesso Illuminismo è nato. Gli stessi due principi sono presenti nel
L’ILLUMINISMO
33
marxismo, che dell’Illuminismo si considera il figlio diretto
e prediletto. Dato che la storiografia ufficiale è in grandissima parte marxista e post-marxista, falsifica i dati a favore di
Illuminismo e comunismo, minimizza o cancella i loro crimini, ridicolizza le loro vittime, esalta i loro successi. L’odio
contro il cristianesimo è santificato, milioni di cristiani uccisi nei lager, nei gulag e nei laogai – i campi di lavoro e rieducazione cinesi – dal comunismo diventano ombre come i
morti della Vandea, il crimine peggiore tra i molti commessi dai figli della ragione.
L’assassinio di innocenti sui nostri libri di storia scompare o, peggio ancora, viene giustificato come un anelito alla giustizia. La Shoah, il crimine assoluto, viene circoscritto
e minimizzato a crimine del nazismo, «razionalizzato» a
estrema forma di sfruttamento capitalistico dell’uomo sull’uomo: e invece è stato un crimine commesso dall’Europa
intera e i semi sono nell’Illuminismo.
Nell’ora dell’inganno universale dire la verità è un atto
rivoluzionario. L’inganno universale è affermare che l’Illuminismo sia stato tolleranza e amore per l’uomo: è stato
odio. L’inganno universale è sostenere che il comunismo sia
stato altro che sopraffazione dell’uomo sull’uomo.
Il razzismo omicida di Hitler, il genocidio, la tragedia
degli armeni, quella degli ucraini: tutto è nato lì, in quegli
splendenti salotti dove Voltaire dissertava il suo odio e
Rousseau inventava la tesi del buon selvaggio, che suona
bene, ma che è una colossale sciocchezza e giustifica l’annientamento di società intere, così da tornare finalmente all’innocenza originaria.
Il razzismo comincia con la teoria poligenica propria
dell’Illuminismo, che degenererà poi nel darwinismo sociale.
34
LA REALTÀ DELL’ORCO
La descrizione che Giulio Cesare fa dei tedeschi, bruti, irresponsabili, infantili, idioti e probabilmente non del tutto
umani, avrebbe lasciato perplessi sia Hitler che la signora
Merkel, ed è un ottimo esempio di razzismo di buona qualità. Il cristianesimo però sospende il giudizio, in quanto tutti siamo figli di Dio. Una volta vietata la teoria, resta un razzismo incompleto, uno schiavismo sempre combattuto e
contrastato. Vengono uccisi gli uomini, molti, spesso anche le
donne. L’ordine di uccidere i bambini non viene mai dato.
Con l’Illuminismo il razzismo, quello vero, quello cattivo, nasce ufficialmente. Non siano più tutti figli di Dio. L’Illuminismo ha voluto dare due picconate secche a Santa Madre Chiesa, alle gerarchie protestanti e ortodosse, che, tutto
sommato, due picconate secche se le erano francamente
meritate; ma, attenzione, ha voluto dare anche due picconate secche al cristianesimo, anzi, alla religione biblicoevangelica.
Il cristianesimo aveva annullato il razzismo. In teoria,
certo, solo in teoria, ma senza basi teoriche nulla può mai
diventare totale, abissale, universale.
Lo dice san Paolo: dopo Cristo non c’è più distinzione
tra uomo, donna, padrone e schiavo: «Non c’è Giudeo né
Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28).
Il teoria, certo, solo in teoria, ma almeno in teoria i semi
vengono messi. Una volta detto che gli ultimi saranno i primi, almeno della rupe da cui si buttavano i bambini malformati ci eravamo liberati. Una volta sospeso il cristianesimo
la rupe ricompare: si chiama eugenetica.
Un’altra delle conseguenze della perdita di religiosità
cominciata con l’Illuminismo è la perdita della dignità della bruttezza.
L’ILLUMINISMO
35
La dignità della bruttezza è un valore cristiano. Esiste
solo nel cristianesimo, nell’ebraismo e nel buddhismo. Nel
mondo greco e romano la bellezza è il primo segno dell’amore degli dèi. I brutti, gli storpi, i nani sono maledetti,
quindi anche cattivi. Nel visionario film 300, Leonida, a capo dei suoi 300 culturisti contro un esercito di Drag Queen,
ce la farebbe pure se il gobbo maledetto, l’imperfetto, il
brutto, non venisse a fargli lo sgambetto. Le statue greche e
romane rappresentano gente bella e in buona salute. Nelle
nostre chiese, appeso alla croce, c’è un corpo sfigurato dal
dolore.
Gesù Cristo muore con il volto tumefatto, la pelle spaccata dalla disidratazione. Non c’è bellezza fisica nella sua
divinità. Quando viene indicato, quando viene descritto nessuno dice mai «è quello bello». Un uomo con un corpo
qualsiasi, che aveva qualcosa di straordinario nella forza
dello sguardo e nella voce. Nel mondo greco-romano, come
nel mondo post-illuminista, prevale l’infantile teoria che
brutto e cattivo siano sinonimi. Nel mondo post-illuminista
e con il delirio scientifico, il fatto che brutto e cattivo sono
sinonimi si chiama fisiognomica. A Torino abbiamo Lombroso che impazza. Avete le orecchie a sventola? Siete un ladro costituzionale. Se non avete ancora rubato è un caso,
ma vi mettiamo in riformatorio lo stesso. Prima dell’Illuminismo la religione pervadeva tutto, quindi i pazzi e i sadici,
che sempre sono presenti, quando volevano divertirsi un
po’ dovevano farlo in nome della religione: nasce l’Inquisizione. Nel mondo post-illuminista i pazzi e i sadici si muovono nell’ambito della cosiddetta scienza e dell’anticlericalismo permanente: nascono le pseudoscienze, e la fisiognomica è una di queste. La fisiognomica è contraria al concetto cristiano di libero arbitrio, quindi chi negava la fisiogno-
36
LA REALTÀ DELL’ORCO
mica era accusato di essere un baciapile nemico delle scienze. Che la fisiognomica fosse un ammasso di idiozie, indimostrata e indimostrabile, era secondario.
La fisiognomica ha fatto morti e feriti. I morti sono stati
atroci e i feriti sono stati feriti gravi.
Ci sono persone che si sono fatte anni di riformatorio o
decenni di manicomio solo perché avevano la testa della
forma sbagliata. In Germania un povero disgraziato, una
specie di Forrest Gump, dichiarato autore di tutti i crimini
irrisolti perché aveva il cranio del delinquente, fu rinchiuso
nell’Istituto di Anatomia Criminale, dove fecero su di lui
diversi esperimenti, un calco della faccia, e da cui «scomparve», il che vuol dire che non sappiamo quando e come
fu ucciso.
La fisiognomica è uno dei pilastri della teoria nazista. I
medici tirarono fuori i compassi, si misero a misurare i crani dei ragazzini e buttarono fuori dalle scuole quelli che si
chiamavano Einstein, Frank e Levi.
Il disprezzo per i brutti è la base dell’eugenetica, letteralmente bella genetica: vale a dire eliminiamo quelli con i cromosomi ritenuti scadenti in quel preciso momento storico.
La bruttezza, come la debolezza, aveva una valenza immorale nell’antichità, che perde nel cristianesimo per recuperarla trionfalmente nel nazismo. Nell’Iliade e nell’Odissea i
cattivi sono brutti e i buoni sono belli. Sospeso il cristianesimo si ritorna alla idealizzazione dell’estetica: la bruttezza
perde la sua connotazione etica, per riacquistarla nella fisiognomica, una delle pseudoscienze nate dall’Illuminismo: il
libero arbitrio è una favola per i preti e le vecchiette, le azioni di un uomo sono dovute alla forma del suo cranio. Si nasce ladri e si nasce assassini. Bambini di 12 anni guardano
terrorizzati l’obbiettivo dell’apparecchio fotografico di
L’ILLUMINISMO
37
Lombroso che non lascia loro nessuno scampo: labbra sottili e orecchie attaccate basse. Sono ladri costituzionali. Quella foto costerà anni di riformatorio e poi il manicomio criminale. I documentari nazisti mostrano la bruttezza come
immoralità, come colpa etica, strutturale e imperdonabile.
Il cristianesimo abolisce lo schiavismo sul suolo europeo. Gli sconfitti militarmente nelle epoche antiche sono gli
schiavi: i barbari sono gli schiavi durante l’Impero romano,
i latini lo diventano dopo il suo crollo. Lo schiavo nel cristianesimo diviene servo della gleba: è legato alla terra, ma
non può essere abusato sessualmente. Non è padrone del
suo tempo, ma è padrone del suo corpo e del suo pensiero.
Poi un altro passo. Il servo della gleba sarà affrancato e diventa il povero, che ha diritti ben diversi dal ricco, ma la
strada ormai è presa e prima o poi, nel giro di pochi secoli
(non è ironico), si arriva inevitabilmente alla parità dei diritti. Il gesto di san Martino che incontrando un mendicante divide con lui il suo mantello color porpora è, per quei
tempi, straordinario. Non è solo un gesto di generosità. Ai
poveri, siamo nel IV secolo, erano vietati i colori. I poveri di
quel periodo sono assimilabili ai fuori casta indiani. Nel dividere con un povero il mantello color porpora da nobile,
Martino viola la legge dell’epoca per riconoscerne l’umanità identica alla propria.
Con le grandi scoperte geografiche si incontrano popolazioni diverse, tecnologicamente arretrate, salvo rare eccezioni prive di scrittura, quindi ancora ferme alla preistoria,
in alcuni casi ancora all’età della pietra, come nel Nord
America e in buona parte dell’Africa, e poi, successivamente, in Polinesia e in Australia.
E rinasce la tentazione dello schiavismo, ma sotto il cristianesimo occuperà pochi secoli, sarà sempre messo in di-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
scussione e verrà abolito per azione della stessa civiltà che
lo ha generato.
Una volta picconato il cristianesimo, il razzismo compare come scelta ovvia: figlio primogenito della Dea Ragione.
Trovandosi in mezzo a popolazioni con una tecnologia
assai rozza e arretrata, molti europei hanno pensato che costoro avessero una struttura ereditaria più scadente, di qualità inferiore. Insisto: ci sono caduti in parecchi, da Voltaire
a Marx, passando per Engels e Jack London. Si salva solo
Melville, con i suoi straordinari «selvaggi antropofaghi»
descritti in Moby Dick: Melville ha veramente fatto il baleniere, con quei «selvaggi» ha diviso le cuccette per tre anni,
con loro ha lavorato gomito a gomito. Lui sapeva che erano
persone. E poi Melville sapeva che loro come lui erano figli
dello stesso Dio, fratelli.
Nel cristianesimo tutti siamo fratelli e figli dello stesso
Dio. Tutti sono figli di Dio. Tutti sono, se non proprio fratelli, per lo meno cugini. Il racconto di Adamo ed Eva ci
rende tutti parenti e se lo consideriamo come una metafora
è una rappresentazione impeccabile di quello che ora la paleontologia ha ricostruito: un unico antenato comune. Un
antenato comune vissuto nella Rift Valley, in Etiopia, dove
l’umanità è nata per poi spostarsi nell’Egitto e in Mesopotamia, e da lì nel resto del pianeta, un passo alla volta e tutti con lo stesso patrimonio genetico, perché l’evoluzione
umana è talmente recente che ci sono più geni in comune
tra un europeo e un aborigeno australiano, i due tipi più distanti, che tra due lupi dello stesso branco.
La teoria poligenica, invece, affermò che quello che sosteneva la Bibbia erano sciocche superstizioni: gli uomini si
erano evoluti da razze diverse. Voltaire e un africano non
potevano avere un antenato comune. La teoria poligenica
L’ILLUMINISMO
39
evolverà poi in quello che è stato chiamato darwinismo sociale, la teoria delle razze, superiori e inferiori, la pseudoscienza che deformando e invertendo la vera teoria di
Darwin, scienziato straordinario e religioso, creerà la «base
scientifica» per il razzismo omicida del XX secolo. La teoria
di Darwin consisteva nell’esatto opposto, e dimostrava come chiunque esista e viva abbia superato l’evoluzione, e
quindi sia prezioso e intoccabile.
Il darwinismo sociale, base «scientifica» del razzismo,
non è una scienza, ma una pseudoscienza, cioè è una costruzione mentale di cui non esiste dimostrazione.
«I negri sono esseri inferiori, e se non possono essere
schiavi meglio siano uccisi»: lo ha scritto Voltaire. Egli è un
apostolo della più assoluta intolleranza. Écrasez l'infâme,
schiacciate l’infame, è il suo grido di battaglia; l’ultima frase da lui pronunciata sul letto di morte è: «Odio l’umanità»;
di Gesù Cristo scrive: «Odio quell’uomo». Odiare qualcuno
che è morto con un supplizio atroce, senza avere mai fatto
niente di male, salvo rifiutare di sottomettersi, è già una
prova di una mancanza di etica strutturale. La famosa frase «non approvo quello che dici, ma sono disposto a morire perché tu possa continuare a dirlo», Voltaire non l’ha mai
detta, né scritta, né avrebbe potuto: il suo urlo è schiacciate
l’infame, e gli infami sono tutti coloro che non la pensano
come lui. Gli è attribuita perché di Voltaire si è costruito un
santino, una versione apocrifa e idealizzata: spesso le versioni attuali del Dizionario filosofico sono amputate delle
parti più razziste e antisemite per non fargli fare brutta figura. Pur di schiacciare gli infami, lo stesso Voltaire raccomanda la menzogna quando utile per screditare gli avversari. Sui nostri libri di storia «scientifici e oggettivi» le colpe dell’Illuminismo scompaiono, quelle del cristianesimo o,
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LA REALTÀ DELL’ORCO
meglio, delle sue chiese, giganteggiano esasperate fino al
parossismo. Voltaire è un campione dell’odio, e coloro che
odia più di tutti sono gli ebrei. Li odia per la loro fede millenaria, e, come Hitler, per essere la «causa» del cristianesimo. Léon Poliakov, nella Storia dell’antisemitismo, ci parla
del suo odio folle per gli ebrei, che è totale, genetico, senza
speranza, condiviso anche da Immanuel Kant, da Hegel, da
Montesquieu, e di come i semi della catastrofe finale siano
tutti lì.
«È giusto che una specie così perversa (gli ebrei) divori se stessa e che la terra venga purificata da questa razza», Voltaire.
Chiedete e vi sarà dato: tempo meno di due secoli arriverà un caporale austriaco a mettere in atto il progetto. E il
mondo si riempirà di orchi, fin oltre l’orizzonte, più atroci
e terribili di come Tolkien li ha descritti. Nemmeno le zanne di Alien e lo sguardo vuoto di Terminator riusciranno a
imitarne l’orrore.
L’Illuminismo è un parricidio
L’Illuminismo rinnega la storia precedente a se stesso,
tutto quello che lo ha preceduto, come barbarie assoluta e
ingiustificata stupidità. Alla base di questo tipo di pensiero,
del tutto irrazionale, c’è il piacere che il nostro cervello prova nel sentirsi superiore a qualcuno. È un piacere normalmente presente nel sistema competitivo, e il sistema competitivo lo abbiamo tutti nel sistema limbico perché, se gestito correttamente, aumenta la nostra capacità di sopravvivenza. Il sistema competitivo è quello che ci spinge a competere per il posto di capobranco, così da vivere meglio e
garantire la sopravvivenza ai nostri discendenti, certo, ma
L’ILLUMINISMO
41
anche al branco stesso: se tutti competono per il posto di capobranco, vincerà il migliore e il branco aumenterà le sue
possibilità di sopravvivere.
Se mal gestito il sistema competitivo diventa mortale,
come qualsiasi parte della nostra psiche quando siamo privi della fede in noi stessi: battere gli altri, schiacciarli, annientarli diventa l’unica possibilità per sentirsi degni di esistere.
Il sentirsi superiori agli altri è un piacere maledetto e,
dove non esistano equilibrio e consapevolezza, irresistibile.
Gli illuministi non capiscono che sono figli delle epoche
precedenti. Se un’epoca raggiunge risultati più grandi degli
antenati, lo deve a loro.
Il primo gradino per la creazione di un mondo ancora
migliore è la gratitudine per quello che ci hanno lasciato,
cui dobbiamo quello che siamo, inclusa la nostra capacità di
sognare, pensare e realizzare un mondo migliore.
La tolleranza e l’amore per l’umanità, la cui mancanza
era rimproverata, giustamente, a molte gerarchie religiose,
sono però valori del cristianesimo. L’Illuminismo, come il
’68, rimprovera alle gerarchie cristiane la non applicazione
di valori che fuori del cristianesimo non esistono, valori che
conosciamo perché Chiese imperfette hanno avuto lo
straordinario merito di tramandare. E, sia pure solo in parte, di applicare. La Chiesa cristiana ha violato spesso nella
pratica i valori cristiani, ma almeno li ha salvati in teoria e
li ha trasmessi attraverso i secoli. Senza le gerarchie, le chiese, i libri, quei valori li avremmo persi. Il valore assoluto del
cristianesimo, prima ancora della compassione, è la libertà.
Nel cristianesimo l’uomo deve rispondere della propria etica solo a Dio, vivendo quindi in un mondo dove la distinzione tra il potere temporale e quello religioso è assoluta. Il
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LA REALTÀ DELL’ORCO
potere politico delle gerarchie religiose è la più totale violazione del cristianesimo.
La prima tragica violazione degli uomini che hanno usato il cristianesimo per costruire un potere temporale è stata
la violazione della libertà. Agli ebrei è stata negata la libertà
di essere ebrei, ai cristiani che affermano l’umanità di Cristo – io apparterrei a questo gruppo – è stata negata la libertà di essere cristiani in maniera diversa, come ai catari e
poi agli altri eretici. E quindi la terribile libertà di essere vivi è stata violata.
Ma anche se i testi canonici sono stati resi odiosamente
dogmatici, il messaggio di libertà che contenevano è rimasto e ha attraversato i secoli.
La carità negata in una parte della storia del cristianesimo è però stata presente in altre: senza il cristianesimo non
esisterebbero ospedali, orfanotrofi, assistenza per i poveri.
Le chiese erano aperte, sempre, tutte, e la sera i banchi venivano spostati e a terra si metteva paglia pulita perché
ogni diseredato potesse dormire in un luogo gradevole e riscaldato.
Senza il cristianesimo non esisterebbe la spinta all’umanesimo che nasce dal sentirsi figli di Dio.
Il conto finale è in positivo.
Il conto finale è enormemente positivo.
Addestrati dalla storiografia marxista all’autoflagellazione, pochi si rendono conto che dove il cristianesimo non
c’è stato, la ferocia non ha conosciuto limiti.
Abbattuto il cristianesimo, quei valori sono scomparsi in
maniera ancora più assoluta che sotto le peggiori gerarchie
cristiane. Noi rimproveriamo la pedofilia dei preti: è un crimine di singole persone, non del cristianesimo, che anzi,
per primo, nelle stesse parole di Cristo («Chi scandalizzerà
L’ILLUMINISMO
43
uno solo di questi piccoli…»), emette contro la pedofilia la
prima e più definitiva condanna della storia. Nel rimproverarla, dimentichiamo che la pedofilia è considerata un crimine solo nel cristianesimo e nell’ebraismo. Non lo è nell’induismo, dove bambine di otto anni sono consegnate
dalle famiglie povere ai templi perché diventino prostitute
sacre, e il tanto decantato Kamasutra altro non è che un manuale per anoressiche contorsioniste, per schiave sotto peso, dove la sensualità è nulla. In Cina, bambini normali o
appositamente castrati erano venduti come schiavi. Non lo
è nell’islam, né verso le bambine – la terza moglie di Maometto aveva otto anni e quindi tutt’ora il matrimonio con
bambine è ritenuto lecito e ogni anno diminuisce il numero
dei paesi dove è illegale –, né verso i bambini, che sono presenti nel paradiso islamico: fanciulli bellissimi e vestiti di
verde, e con i quali è ritenuto lecito l’atto sessuale, anche
per l’impossibilità di accedere al corpo delle donne 1. La pedofilia era normale tra greci e romani. Si rimprovera all’imperatore Diocleziano di usare schiavi fanciulli per il suo
piacere, non perché qualcuno si preoccupi dei fanciulli, ma
perché un vero uomo avrebbe dovuto trastullarsi con le loro madri.
L’Illuminismo afferma che il Medioevo è pura barbarie.
Non deve essere stato un periodo facile, ma è il periodo cui
dobbiamo il romanico, il gotico, Dante, per nominare solo
alcune cose, il periodo dove popolazioni terribili e incompatibili si sono scontrate e fuse, e durante il quale l’antichità
non è stata persa perché gli scritti sono stati copiati dagli
amanuensi nei conventi, e alla fine l’Europa è nata lì. È la
nostra culla.
L’Illuminismo, memore dell’invito di Voltaire alla menzogna, non esita a inventare calunnie sulle epoche passate.
44
LA REALTÀ DELL’ORCO
Anche calunnie sulle cose più piccole. La cintura di castità,
che secondo gli enciclopedisti controllava e mortificava la
sessualità femminile in epoca medievale, non è mai esistita:
non esiste nessun trattato medievale che ne parli. Il Boccaccio non la nomina: se fosse esistita l’avrebbe senz’altro citata. Tutte le cinture di castità che siamo abituati a vedere nei
nostri musei sono falsi fatti in epoca post-illuminista, e attribuiti poi al Medioevo cristiano, che era invece un’epoca
dove si scrivevano il Decamerone e I racconti di Canterbury.
L’Illuminismo è un parricidio anche in senso familiare.
L’Illuminismo ha significato la libertà dal proprio destino familiare, è questo il suo grandissimo e innegabile dono.
Prima si ereditava il lavoro paterno, i figli dei falegnami
diventavano falegnami, quelli dei contadini anche, e quelli
del re facevano il re o almeno il principe. Prima dell’Illuminismo i bambini, in stragrande maggioranza, imparavano il
mestiere dal proprio padre, che fosse piallare, arare, potare
o dipingere. Il padre era quindi una figura forte, carismatica, depositaria del sapere e fisicamente presente. È il re delle fiabe.
Nel mondo moderno i figli vanno a scuola: è il maestro
il depositario del sapere mentre il padre va a lavorare in un
luogo ignoto al bambino per ricomparire la sera, in qualità
di quasi estraneo. In epoca contemporanea i maestri non
esistono quasi più, sostituiti dalle maestre, con una pericolosa perdita di figure maschili. Peggio ancora quando il padre non torna nemmeno più, ma incontra il figlio un
weekend su due e la sera del martedì e giovedì. Dove non
ci sia una madre abbastanza saggia da spiegare e ripetere
che «papà è andato a lavorare perché mantenerci è la sua
maniera di amarci», il padre scivola via dalla vita del figlio
esattamente come è scivolato via dalla letteratura per ra-
L’ILLUMINISMO
45
gazzi dal ’68 in poi, dove è presente solo per essere sbeffeggiato e colpevolizzato.
Mio padre stava lavorando invece di venire a vedermi
alla partita di baseball / saggio di danza / gara di sci/ competizione tra rapper / esibizione coi tamburelli, piagnucola
il giovane virgulto, senza capire che il padre che lavora per
lui sta facendo il suo compito di uomo. Guadagnare del denaro. Il denaro è il corrispettivo attuale di quello che è stato il territorio, un territorio dove la madre e il bambino possano vivere sicuri.
I padri finalmente ricompaiono nel fantasy: re, condottieri, maghi, capitani dei mercenari, presidi, professori di
pozioni sono tutte figure paterne.
Maggiore libertà, inclusa quella di fallire: nasce l’uomo del risentimento
Il crollo della mortalità infantile rende numerosi i figli
dei contadini, troppi per i campi paterni. Molti raggiungeranno le città e diventeranno altro.
L’uomo diventa padrone del proprio destino, quindi diventa padrone del proprio successo, ma anche del proprio
fallimento. La libertà presuppone la responsabilità: può essere un dono duro e faticoso. Capire la modernità è difficile. Riescono bene coloro che hanno alle proprie spalle un alto tasso di alfabetizzazione, e un carattere poco incline alla
paranoia. Per tutti gli altri la teoria del complotto è sempre
a disposizione. Anche se la situazione oggettiva è migliorata infinitamente rispetto alle epoche precedenti – niente più
grandi carestie, niente più grandi epidemie –, l’uomo contemporaneo si sente sempre più in balia di forze oscure.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Banche, assicurazioni, potere economico e finanziario costruiscono un’unica congiura. Chi in questo mondo difficile riesce, viene visto come il proprietario della realtà e quindi il colpevole di tutti i mali, ma non come responsabile di
tutto quello che invece funziona, per esempio la minore
mortalità infantile.
L’Illuminismo è stato anche la Dichiarazione dei diritti
dell’Uomo, che è uno dei valori non negoziabili, che è stata
scritta da persone che erano laiche, certo, ma che contiene i
valori del cristianesimo: l’uguale dignità di ognuno, la libertà, strumento irrinunciabile per trovare la verità, per
enunciarla, il diritto di cercare e trovare la strada per la sopravvivenza, per il benessere e quindi anche per la gioia.
Nei totalitarismi la gioia è impossibile, il benessere difficile
e spesso anche la sopravvivenza è in forse.
Vale la pena di soffermarci sulla Dichiarazione, che è stata il passaggio, lo scatto, la svolta grazie alla quale quei valori di uguale dignità e uguali diritti già enunciati da san Paolo finalmente entrano nei codici civili e penali. E ora un’Europa impazzita ha rinnegato la Dichiarazione. Il 2 agosto
1990, l’Onu ha equiparato la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo alla «Libertà dell’Uomo islamico di seguire la umma»,
vale a dire alla shari’a. La shari’a, cioè la legge islamica, basata tra l’altro sulla disuguaglianza giuridica tra uomo e donna, è in questo momento già applicata in Gran Bretagna, dove il diritto di famiglia delle famiglie islamiche è applicato da
speciali corti islamiche secondo i dettami della shari’a. In questo momento il paese che presiede la Commissione Onu per
i diritti delle donne è l’Iran, la nazione, cioè, dove una bambina può essere sposata a otto anni e lapidata a dodici.
Uno dei numerosi e magnifici effetti benefici dell’Illuminismo – fenomeno ricco e complesso, sia chiaro – è stato il
L’ILLUMINISMO
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primo abbozzo di emancipazione delle donne. E, soprattutto, l’emancipazione degli ebrei. Certo, molti illuministi li
odiavano, ma crollato il potere ecclesiastico, i governi postilluministi, uno dopo l’altro, in Italia per primo Carlo Alberto, hanno emancipato gli ebrei, e tolto le leggi che impedivano il libero accesso alle professioni liberali e al commercio. Ma, paradossalmente, mancando una cultura di
amore per l’ebraismo, sia nella cristianità che nella laicità,
l’emancipazione si è rivelata un mezzo per aumentare l’odio. Grazie all’abolizione delle leggi discriminatorie, gli
ebrei dell’Europa occidentale hanno acquistato la libertà di
progredire. Grazie alla formidabile potenza filologica data
dall’ebraismo, dalla conoscenza dell’ebraico, dallo studio
della Torah e del Talmud, cioè del Pentateuco e della sua
analisi critica, moltissimi ebrei ottennero risultati straordinari in tutti i campi della cultura, della scienza e della tecnologia, incluso il settore economico-finanziario. Sia in
campo laico 2 che in campo religioso, questo scatena l’odio.
La Chiesa, sempre più priva di potere, per la prima volta
dopo secoli subisce attacchi fisici, fino al martirio. Grazie
allo Stato italiano, qualche decennio dopo perderà anche il
territorio. Purtroppo gli uomini di Chiesa non capiscono
che questa è una fortuna, l’occasione per rifondare il cristianesimo. Cadono nella trappola abituale: rinnegare il cristianesimo, con la ferocia e l’odio, trovare un capro espiatorio: accusare gli ebrei di ogni male.
Per capirlo dobbiamo ricordare le parole di san Giovanni di Antiochia, fondatore dell’antisemitismo totale e tuttora, purtroppo, santo e Padre della Chiesa. Le parole di quest’uomo sono tremende. Gli ebrei sono malvagi, sono il demonio, hanno crocefisso Cristo e non riconoscendolo come
messia lo crocefiggono ogni giorno. Compito del cristiano è
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LA REALTÀ DELL’ORCO
punirli e umiliarli. Gli ebrei devono vivere in condizioni di
umiliazione e privi della loro terra fino a quando non riconosceranno Cristo. Se questa regola verrà violata, tutto l’ordine del mondo ne sarà sovvertito. Ancora più terribili le
parole di Lutero.
Figlio della modernità, e della libertà dalle pastoie feudali, è l’uomo del risentimento. La modernità è difficile. Chi
non la capisce, decide di esserne vittima. Un capro espiatorio è sempre presente. Dove eravamo tutti servi della gleba
e qualcuno sosteneva che questa era la volontà di Dio, almeno c’era coerenza. Il re era il re perché Dio lo aveva voluto: sia fatta la sua volontà. Ora Dio è fuori dai giochi. Eravamo entrambi ciabattini: ora io sono sempre ciabattino e il
mio vicino ha una fabbrica di scarpe con trenta operai. Come posso sopportarlo?
Nasce l’intolleranza laica
L’Illuminismo, con tutte le sue chiese e sinagoghe date
alle fiamme, viene presentato come un gioiello di tolleranza. L’Illuminismo disprezza l’intolleranza clericale ed ecclesiastica e la denuncia, onore al merito, ma si autoassolve della propria, e la tolleranza non è questa. L’Illuminismo odia il fanatismo religioso, ma non il proprio: crea così altri fanatismi, non meno atroci, anzi ben più atroci, perché privi delle basi etiche che il cristianesimo si portava
dietro.
Il cristianesimo ha sempre odiato l’ebraismo. Questo
odio è il suo vizio gravissimo, il cancro con cui rinnega se
stesso, quello che può distruggerlo, ma per quanto questo
odio fosse enorme il cristianesimo non ha mai sterminato il
L’ILLUMINISMO
49
popolo ebraico. Lo ha trucidato, lo ha umiliato, lo ha sottoposto a sofferenze indicibili. L’ordine di sterminio totale da
attuare ovunque, includendo anche i bambini, però, non è
mai stato dato. Non sarebbe stato possibile: la legge di Mosè e di Cristo, per quanto rinnegata dalla follia omicida antisemita, a un certo punto si faceva sentire e gli stermini restavano sempre parziali. Nell’antisemitismo laico la Legge
non c’è più: lo sterminio può arrivare fino alla fine, fino all’ultimo neonato.
Quindi il riassunto del pensiero della voce «Illuminismo» di Wikipedia, che utilizzo come compendio di quello
che la maggioranza di noi ha trovato nei libri, è che l’Illuminismo è tutto bello, sono sconfitte l’ignoranza, la superstizione e l’intolleranza (quella dei cristiani; quella di Voltaire che sbraita «schiacciate l’infame» non è intolleranza).
Sconfitta la chiusura mentale: in una parola sconfitto il
buio, la dea regione illumina il mondo.
L’Illuminismo ha voluto dire intelligenza, scienza,
emancipazione delle donne, degli ebrei, libertà dalle pastoie feudali, certo, ma l’odio verso il proprio passato e verso la spiritualità ebraico-cristiana lo hanno accecato. L’Illuminismo ha preso a calci lo stesso cristianesimo, e una volta saltato il cristianesimo le donne e i bambini, i deboli e i
malformati e gli sconfitti militarmente di lande dove il sole
è più forte e la pelle più scura non hanno più salvezza. Paradossalmente, sconfitto il cristianesimo gli ebrei non
avranno più salvezza.
L’Illuminismo contiene lo splendore, ma anche l’orrore.
Impariamo a vedere entrambi.
Dopo aver dato un’occhiata alle teste ghigliottinate, che
messe una sull’altra avrebbero fatto una gran bella piramide, e dopo aver dato un’occhiata ai massacri della Vandea,
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LA REALTÀ DELL’ORCO
credo che sia il caso di esprimere anche un’opinione perplessa sulla Dea Ragione. Se non sapete che cos’è la Vandea, magari avete fatto le scuole all’epoca del sei politico o
con un professore che le aveva fatte lui all’epoca del sei politico; in ogni caso c’è Wikipedia, che è senz’altro pensiero
unico ma è veloce ed è meglio di niente, e io mi risparmio
le note che sono una cosa che odio. Mi limito a trascrivere
il rapporto che inviò al Comitato di Salute Pubblica, oggi
sarebbe il Ministero degli Interni, il generale François-Joseph Westermann a guerra finita:
Cittadini repubblicani, non c’è più nessuna Vandea! È morta
sotto la nostra sciabola libera, con le sue donne e i suoi bambini. L’abbiamo appena sepolta nelle paludi e nei boschi di Savenay. Secondo gli ordini che mi avete dato, ho schiacciato i
bambini sotto gli zoccoli dei cavalli e massacrato le donne, così che, almeno quelle, non partoriranno più briganti. Non ho
un solo prigioniero da rimproverarmi. Li ho sterminati tutti
[…] le strade sono seminate di cadaveri.
Non è stato solo rose e fiori l’arrivo della Dea Ragione.
La libertà di non essere d’accordo con lei, la Dea Ragione se
l’è persa per strada insieme alla fratellanza, ma l’uguaglianza è stata messa in salvo: nulla è più uguale dei cadaveri in decomposizione nelle fosse comuni.
Rose e fiori nemmeno le epoche precedenti, ma in quelle almeno aveva potuto esserci consolazione: la consolazione che alla fine gli ultimi saranno i primi e ogni dolore sarà
sanato.
Abbattuto l’oscurantismo medievale la scienza avanza.
Avanza, certo, ma fuori e contro l’etica cristiana avanza anche la follia delle pseudoscienze.
L’ILLUMINISMO
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Di seguito qualche passaggio perché tutti si rendano
contro che il nazismo ha solo raccolto quello che altri, da
fonti alte e autorevoli, avevano seminato.
Note di razzismo pseudoscientifico, bestiale colpa della laicità
Nel razzismo nazista si fondano l’antisemitismo cristiano e il darwinismo sociale, vale a dire il razzismo «scientifico» della seconda metà dell’800. L’uomo diventa superiore a Dio. Dio nella sua squallida stupidità ha creato il dolore, la malattia, le ingiustizie sociali. L’uomo quindi è il nuovo mondo, l’uomo nuovo, la nuova umanità.
Un vecchio proverbio afferma che le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Le intenzioni che hanno
creato l’inferno in terra, perché Auschwitz, Mauthausen,
Buchenwald sono stati luoghi dove l’inferno è venuto in
terra, un inferno infinitamente più atroce di quello descritto da Dante, dove non c’erano bambini e c’era una colpa da
espiare. Il razzismo europeo, tra il 1860 e il 1945, nasce carico di intenzioni meravigliose: purgare la vita dall’ingiustizia e dal dolore. Capire ed eliminare le cause delle ingiustizie sociali e della malattia: cosa sono pochi milioni di
morti rispetto alla grandezza di questo sogno? In realtà la
ragione ce l’hanno i filosofi pragmatici statunitensi, sdegnosamente guardati dall’alto in basso degli idealisti europei. L’idea che il fine giustifica i mezzi, pochi milioni di
morti in cambio del perpetuo paradiso in terra, è una follia. Il fine è il mezzo. Il mezzo è il fine. L’idea degli idealisti europei è che il fine sia un’isola meravigliosa, e che valga la pena, per raggiungerla, sprofondare nel fango nel
sangue. Non esiste nessuna isola, dicono i pragmatici sta-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
tunitensi. L’uomo che sprofonda nel sangue diventa una
belva e il mondo nuovo, l’isola, altro non sarà che un inferno di belve.
Il darwinismo, in realtà, afferma che chiunque esista, per
il solo fatto di esistere e di aver superato l’evoluzione, è
unico e prezioso. Il darwinismo afferma che l’evoluzione
nasce dall’imperfezione, dalla diversità. Noi tutti siamo figli di una malformazione, una malformazione collettiva
probabilmente dovuta a una qualche infezione virale che
colpì un intero branco di scimmie. Tutte le femmine incinte
partorirono cuccioli focomelici, nati senza coda. La coda
nelle scimmie è un vero e proprio arto. Chi ne è sprovvisto
è maledettamente svantaggiato, rischia di non farcela nella
battaglia per l’evoluzione. E mentre le loro mamme le guardavano e riguardavano disperate sognando con tutto il
cuore che fossero uguali a tutte le altre, queste scimmie senza coda ebbero due possibilità: morire oppure evolvere, dire io sono perché penso, diventare uomini.
Nel 1859 Darwin pubblicò L’origine delle specie. Subito il
suo connazionale Lyell cercò di dimostrare che la selezione
è un processo biologico operante anche nella vita sociale
umana. Darwin fu profondamente addolorato da queste
idiozie. Queste giustificazioni «scientifiche» fecero diventare accettabile, perché «naturale», l’idea che le «razze inferiori» fossero destinate a scomparire, e che le razze superiori potessero aiutare la natura nel suo lavoro. Il darwinismo è stato capito al contrario. Darwin era un uomo religioso. Il darwinismo sociale è un fenomeno ateo: Dio non
esiste, la compassione è un affare di donnette. La sovrappopolazione rende la lotta per la sopravvivenza spietata. Il
numero di esseri umani va tenuto basso grazie alla guerra,
sola igiene del mondo, e allo sterminio. Gli ultimi non sono
L’ILLUMINISMO
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più destinati a essere i primi, perché non trasformarli direttamente in concime?
Nel 1924 Hitler scrive nel Mein Kampf: «Occorre collocare la razza al centro della vita».
Arriva dove altri hanno già tracciato i solchi. Tutti erano
convinti di queste idiozie. Queste idiozie costate la vita a 6
milioni di innocenti, uccisi con sofferenze indicibili, erano
latrate da tutte le università, ovunque.
È evidente che quando arrivano lui, un allevatore di polli, Himmler, e i due disoccupati, Goebbels e Göring, sfondano una porta già aperta. Non è vero che la Germania e
l’Europa hanno distrutto gli ebrei perché Hitler lo ha ordinato. La Germania ha seguito Hitler accettando il comando
di un branco di falliti, perché sono quelli passati all’azione
mettendo in pratica lo sterminio che tutti propugnavano.
Scrive Georges Bensoussan in Genocidio. Una passione europea:
Nella seconda metà dell’800 si diffonde l’idea di una innata
brutalità del mondo e della società, si perde il rispetto per la
vita individuale. L’appartenenza a una stessa specie o razza
cancella l’individuo e la sua psiche, la sua libertà, la sua responsabilità personale. Il «bene sociale» diventa una questione di sanità biologica da raggiungere attraverso la selezione.
Qualcuno capiva il potenziale di orrore di questo tipo di
darwinismo sociale.
Jakov Novikov, in La critique du darwinisme social (1910),
scriveva: «Il darwinismo sociale può essere definito la dottrina che considera l’omicidio collettivo come una spinta al
progresso del genere umano».
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Grazie alla scienza, quella vera, la mortalità infantile si
abbassa e le derrate aumentano. Il numero di esseri umani
sul pianeta sale a un miliardo e mezzo. La teoria che la terra sia ormai sovrappopolata, la mancanza di fede nel fatto
che quando le risorse si esauriscono nuove risorse nascono,
causa l’idea della guerra come unica igiene del mondo, necessaria a sfoltire e a far sì che i popoli forti prevalgano sui
deboli. Visto che le risorse sono limitate, i popoli debbono
combattersi per sopravvivere, e sterminare gli altri diventa
una necessità etica.
Mentre il cervello razionale sprofonda nell’irrazionale,
nella follia, nella cultura di morte, è il cervello emotivo
quello che ha la visione più lucida, l’intuizione corretta. La
cultura di morte imperante si esprime nei due non morti,
Dracula e il Mostro di Frankenstein. Sono due creature fatte di morte, il risultato di un’umanità disperata che ha perso l’anima e cerca un surrogato dell’immortalità.
In opposizione all’ateismo e alla crudeltà del darwinismo sociale, Tolkien e Lewis creano Il Signore degli Anelli e
Le cronache di Narnia. La grande letteratura fantasy è nata
per ricordare i valori di fratellanza negati dalla follia del
darwinismo sociale e della teoria delle razze inferiori.
La grande letteratura fantasy è ricca di fratellanza tra
razze diverse: la Compagnia dell’Anello mischia gobbi maghi, uomini elfi e nani, e questi ultimi due passano dall’odio a un’amicizia prima riluttante, poi piena. Nelle Cronache di Narnia si alleano creature diverse. Rigidamente monoetnico è l’esercito dell’imperatore di Guerre stellari, saga
apparentemente fantascientifica, in realtà in tutto e per tutto fantasy, mentre coloro che lo combattono in nome dell’individuo e quindi della democrazia sono creature diversissime e la loro diversità diventa un’ulteriore forma di ri-
L’ILLUMINISMO
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sorsa. Harry Potter (Harry Potter e i doni della morte) scava da
solo, con la pala e non con la magia, la fossa dell’elfo domestico, creatura ritenuta inferiore nel mondo magico, e
piange su di lui, in una scena ben più drammatica di quella del funerale del preside (Harry Potter e il principe mezzosangue).
E il secondo grande valore che ritorna nel fantasy è il valore della responsabilità personale, quello dell’individuo,
della persona. La dittatura, il totalitarismo è la vittoria del
NOI sull’IO, nel noi annega la coscienza, la responsabilità
personale. «Noi», questo unico pronome, era il motto di
propaganda scritto sul manifesto che invitava ad arruolarsi
nelle SS. «Noi possiamo farlo» era il motto della Wermacht,
l’esercito tedesco, durante la seconda guerra mondiale. Il
totalitarismo islamico è la vittoria della umma, la collettività, cioè la vittoria dell’ummanità sull’umanità, per citare
la battuta dell’ultimo giornale umoristico ancora esistente
in Marocco.
Il fantasy, narrazione di lealtà, coraggio e cavalleria è la
vittoria dell’individuo dotato di coscienza.
L’ebraismo, il cristianesimo, la Dichiarazione dei diritti
dell’Uomo, la democrazia sono basati sull’io – io rispondo
delle mie azioni, io rispondo dei miei crimini, io mi assumo
la responsabilità –, come sull’io, quindi sull’eroe e sulle sue
scelte, è basato il fantasy.
Quindi è tutto qui: la letteratura fantasy recupera il Medioevo, perché come il laico di origine cristiana Benedetto
Croce e il laico di origine ebraica Claude Lévi-Strauss capisce che senza il Medioevo noi non potremmo esistere.
La maggioranza dei lettori fantasy, la maggioranza dei
fan di Il Signore degli Anelli non ha letto Croce né LéviStrauss, ma il loro inconscio collettivo sa che siamo nati nel
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Medioevo e che la nostra sola possibilità di sopravvivenza
consiste nel recupero delle nostre radici, che sono in questa
epoca rinnegata. Un popolo senza radici, un popolo che
rinnega le proprie radici non ha futuro e si candida a diventare un popolo di schiavi e un popolo di morti.
Dopo essere diventato un popolo di assassini.
La civiltà occidentale è nata dalla fusione di quattro
principi: la spiritualità biblico-evangelica (l’aria), la filosofia greca (l’acqua), il diritto e il pragmatismo romani (la terra), la violenza e la passione dei barbari (il fuoco).
Se rinnega le proprie radici, non diventa migliore: muore.
Negando il cristianesimo, anzi la spiritualità biblicoevangelica come pilone portante della civiltà europea, l’Illuminismo nega quella civiltà, mettendo quindi le fondamenta per le catastrofi successive, le due terrificanti religioni atee, il comunismo e il nazismo.
Con l’Illuminismo nasce il concetto ideologico di sterminio di massa come necessità etica, gli ebrei per il nazismo, la classe borghese per il comunismo sovietico, cinese
e cambogiano, gli omosessuali per tutti: uccisi nei lager,
uccisi nei gulag, massacrati a migliaia nei campi di lavoro
e sterminio organizzati personalmente da Ernesto Che
Guevara, disastroso individuo di cui molti portano l’effige
sulla maglietta per motivi che mi sono ignoti. Sono figli
dell’Illuminismo l’incapacità di fermare il genocidio, l’incapacità di osteggiare lo stupro etnico: perché dove non c’è
l’eternità, l’etica sparisce, ha ragione Dostoevskij. Nascono
dall’Illuminismo il disprezzo per la propria storia che accompagna tutti gli ultimi due secoli e un pezzo di storia
europea, l’odio di sé, e quindi l’incapacità attuale a fronteggiare la teocrazia islamica, l’incapacità a creare amore
per la vita e fede nella vita sufficienti perché ci sia il desi-
L’ILLUMINISMO
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derio di mettere al mondo il numero minimo di figli per
evitare che la propria civiltà si estingua. Nasce dall’Illuminismo l’odio isterico per il cristianesimo. E per i cristiani.
Calcolando i cristiani massacrati per la loro fede in Unione
Sovietica, in Cina e nelle terre dell’islam, il numero che si
ottiene è apocalittico, infinitamente più alto di quello dei
martiri in epoca romana. I morti cristiani non suscitano
compassione. Il fatto che il cristianesimo sia sempre sul
banco degli imputati, fa sì che negli ultimi cento anni non
solo il sangue ebraico ma anche quello cristiano sia stato
versato come un bene senza valore.
L’Illuminismo è stato un parricidio.
E non parlo di cristianesimo, ma di spiritualità biblicoevangelica, perché il cristianesimo nasce nell’ebraismo, ed
è in tutto e per tutto una religione ebraica, motivo per cui
chi odia il cristianesimo, da Voltaire a Hitler, odia anche l’ebraismo e viceversa.
La nascita di Cristo ha diviso la storia del mondo in due
parti: avanti Cristo e dopo Cristo.
Prima di questa data non c’era l’idea teorica, sicuramente non al di fuori del popolo di Israele, che il bambino, la
donna, lo sconfitto, l’inerme avessero una qualche dignità.
Il cervello umano è naturalmente feroce e inoltre, con
l’acquisizione del pensiero razionale, sono stati persi molti
istinti tra cui i blocchi agli eccessi di ferocia, presenti in molti animali. Il cristianesimo è una religione completamente
estranea all’Europa. Noi europei di origine non ebraica, noi
di pura razza ariana come diranno poi gli appartenenti al
partito nazista, ma non solo loro, avevamo altre religioni.
Noi del Sud avevamo il sommo Giove, con famiglia legale e concubine, cugini di primo secondo terzo grado, figli legittimi e non, e quelli del sommo Giove erano la par-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
te migliore della comitiva, cui si sono aggiunti e sovrapposti un’altra schiera di gentiluomini, quelli del Nord, il cui
dio più famoso era tale Odino e per gli altri guardate su
Wikipedia.
L’uomo crea Dio a sua immagine e somiglianza, ci ricorda Feuerbach. Le divinità create dai popoli europei erano
rozze, brutali e fondamentalmente prive di etica, come i popoli che le avevano create. Crono mangiava i suoi figli, Giunone cerca di assassinare le amanti dello sposo e i loro figli
neonati. Per noi è difficile da comprendere, ma l’etica non
faceva parte della religione. Nessuna divinità ha un comportamento etico, perché dovrebbe? Su Odino e sulla sua
ferocia sorvolo: per i popoli nordici e barbari lo sterminio
era un dovere religioso.
Nemmeno noi ci credevamo veramente ai nostri ridicoli
dèi. Persino noi sapevamo che erano sciocchezze. Il senato
romano decideva chi erano gli dèi.
Come ci hanno brutalmente detto Hitler e Nietzsche, il
cristianesimo è una religione semita, cioè ebraica, venuta a
levare la forza, cioè la crudeltà e la violenza, alle popolazioni europee. Se entriamo in una chiesa, vedremo la Madonna con Gesù in braccio: sono una donna ebrea e un
bambino ebreo. Ci sarà ovunque una croce: è lo strumento
di tortura con cui un profeta ebreo è stato ucciso dai romani. In ogni chiesa ci sono dei libri: sia la Bibbia che i Vangeli sono stati scritti da ebrei, anche se dei Vangeli purtroppo
abbiamo solo copie tardive e discordanti di traduzioni in
greco. Il cristianesimo è una religione ebraica, che ha esteso
a tutto il mondo i concetti di uguaglianza, responsabilità
personale, libero arbitrio che fino a quel momento erano
appartenuti solo al popolo ebraico, che lui sì, aveva la Legge. Non posso sapere esattamente cosa Gesù Cristo abbia
L’ILLUMINISMO
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veramente detto, abbiamo solo testimonianze di altri, quello che è certo, al di là di ogni ragionevole dubbio, e che Gesù era in tutto e per tutto un ebreo, che il cristianesimo non
avrebbe mai potuto formarsi in una cultura diversa. La cultura ebraica è la cultura che aveva la Legge, la Legge di Mosè. Ma in quella cultura la Legge apparteneva solo al popolo ebraico. Se quella Legge aveva un senso, allora doveva
appartenere a tutta l’umanità.
Il cristianesimo è il movimento straordinario grazie al
quale la Legge è diventata universale. E con la Legge sono
diventati universali i concetti di libertà dalla schiavitù, di
uguale dignità. Gli ultimi saranno i primi. Nessuno è più
talmente brutto, povero, sconfitto, privo di intelligenza e
cultura e fascino, da non poter sentirsi degno davanti a Dio,
tutti ne siamo lo specchio.
Da quella Legge, uguale per tutti, nascono il concetto di
uguale dignità, quello di responsabilità personale e quello
del libero arbitrio.
Da quella storia, Dio che interviene per liberare un popolo dalla schiavitù, nasce il concetto di libertà.
Nel cristianesimo si ammanta dell’ultimo giro d’oro,
l’ultimo concetto pieno di luce: gli ultimi saranno i primi.
Nel momento in cui rinnega la spiritualità biblico-evangelica la cultura europea si condanna a morte. E non parlo
di religione, ma di spiritualità: indipendentemente dal fatto che siamo credenti o liberi pensatori, come Benedetto
Croce o Claude Lévi-Strauss, non possiamo non dirci cristiani.
È impressionante, sconvolgente, commovente la ricchezza letteraria, emotiva, spirituale della Bibbia, del Talmud,
della Cabala, del Discorso della Montagna, della Divina
commedia, di Jacopone da Todi, della messa di Requiem di
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Mozart: tutto questo sostituito dal pupazzone di cartapesta
della Dea Ragione, e poi dal pupazzone di cartapesta di Lenin e Stalin.
Leggiamo statistiche che ci dicono come probabilmente,
grazie al crollo della natalità europea, all’immigrazione e
alla maggiore natalità islamica, nel 2050 l’Europa sarà musulmana.
Non è impossibile, in effetti è possibile, per non dire che
è probabile e secondo alcuni certo, disastrosamente certo
secondo Bernard Lewis e Oriana Fallaci, o meravigliosamente certo secondo Tariq Ramadan, l’Iman di Parigi, l’Iman di Amsterdam, il Gran Mufti di Londra e così via, che
entro un secolo la civiltà europea sarà scomparsa per essere inghiottita da una popolazione in maggioranza musulmana. Siamo sull’orlo della fine del mondo. Potremmo non
avere un futuro.
Mentre si parla normalmente di una nostra possibile
estinzione, forse è il caso che cerchiamo di capire da dove è
cominciato il disastro.
Neurobiologia dell’ateismo e della laicità
L’Illuminismo riduce la vita umana alla ragione, ma attenzione, solo una piccola parte del nostro cervello segue linee razionali. La parte più grande, più potente e più antica
è non razionale, il che non vuol dire che è stupida, ma che
segue linee diverse per garantire la sopravvivenza e raggiungere la gioia. I nostri due emisferi cerebrali sono apparentemente simmetrici, ma fisiologicamente diversi. L’emisfero destro e quello sinistro sono stati chiamati il poeta e
l’ingegnere: in neurobiologia l’esistenza di queste due par-
L’ILLUMINISMO
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ti diverse e complementari si riassume nel dire che abbiamo due cervelli, uno razionale e uno non razionale. Il cervello razionale segue linee logiche, è analitico e processa un
solo pensiero alla volta, il cervello non razionale procede
per via analogica, è sintetico e processa centinaia di pensieri alla volta.
Come diceva Einstein il pensiero intuitivo è il dono e il
pensiero razionale è il servo e noi continuiamo a dimenticare il dono per privilegiare il servo. Aver insterilito la vita
alla sola ragione è follia: è come qualcuno che saltelli su un
piede solo invece che usarli entrambi, un passo con il destro
e uno con il sinistro. Il cosiddetto iperrazionalismo, non riconoscendo le emozioni, rinnegandole, non riesce a gestirle. I peggiori istinti, le più folli pulsioni vengono spacciate
per scelte razionali, incluso lo sterminio di un popolo o di
un’intera classe sociale.
Il nostro cervello si muove mediante sistemi motivazionali, innati, genetici. Quando la creatura umana nasce ha
una sola competenza: un pianto disperato con cui attirerà
su di sé l’attenzione di una madre dotata di compassione e
mammelle in grado di nutrirla e scaldarla, un pianto che attirerà su di lei anche i predatori. È necessario, quindi, per la
sopravvivenza anche un padre con la forza di scoraggiare
le aggressioni. Madre natura ci spinge ai comportamenti
che ci garantiscono la sopravvivenza mediante i due principi universali del piacere e del dolore: ogni azione di ogni
essere vivente è spinta a evitare un dolore, o a spostarsi da
un dolore maggiore a un dolore minore, e ad avvicinarsi al
piacere, o a spostarsi verso un piacere maggiore. Madre natura, quindi, mediante i neurotrasmettitori lega al piacere la
nostra sopravvivenza e quella della specie. È un piacere
connesso alla produzione di endorfine avere e accudire un
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LA REALTÀ DELL’ORCO
figlio, è un dolore legato alla mancanza di endorfine non
averlo. Senza genitori posso morire, quindi la regola è attaccati a madre e padre. L’attaccamento è un piacere mediato dalle endorfine, il più potente dei neurotrasmettitori,
in grado di annientare il dolore e potenziare il sistema immunitario fino alla guarigione di malattie inguaribili: sono
le endorfine le responsabili sia dell’effetto placebo che del
miracolo. Produco endorfine quando un essere più forte di
me si china su di me: una madre amata, un padre forte e
amato che rispetto profondamente. Provo lo stesso piacere
tutte le volte che credo (che so?) che Dio mi sta guardando.
Quando preghiamo produciamo endorfine. Perché pregare
è un piacere. Per questo mia madre diceva il rosario: la formula, una bellissima preghiera che la faceva sentire amata
da Dio e dalla Madonna, veniva ripetuta così da quietare il
cervello razionale e fare in maniera che l’emisfero non razionale si equilibrasse; in termini elettroencefalografici si
raggiunge un ritmo teta, come nella meditazione buddhista. La religione non è l’oppio dei popoli, non è morfina, ma
è l’endorfina dei popoli e senza endorfine noi siamo scorticati e dolenti. Una civiltà è un arazzo enorme, come enorme e complesso è un ecosistema: abolire tradizioni millenarie senza porsi il problema di capire perché siano nate, in
quanto «non razionali» (vero) e quindi «sciocche» (non razionale non vuol dire sciocco, ma che segue linee analogiche; la razionalità è solo uno dei modi per conoscere e gestire la realtà, non l’unico e non sempre il migliore), ha conseguenze enormi e imprevedibili. Una società deve cambiare, evolvere, ma senza traumi. L’Illuminismo avrebbe dovuto portare un pensiero nuovo e maggiormente scientifico, ma dopo essersi ammantato di gratitudine per le epoche
precedenti che lo avevano reso possibile. Lo stesso per il
L’ILLUMINISMO
63
’68: l’odio del sessantottino per gli appartenenti alla generazione precedente è un odio folle, tribale, etnico. Guardiamo le loro facce deformate dall’odio. È l’odio di chi si ritiene superiore a chi è considerato inferiore.
Tutto questo odio nasce da una teoria distorta della
realtà distorta. Essere vivi è atroce e terribile. Il fatto di avere una società, l’acqua, un’etica, un’agricoltura è già una
ricchezza incredibile. Nessuno ci deve nulla. Ogni cosa che
abbiamo è un dono delle epoche precedenti, del loro coraggio, della loro fede. Se invece coltiviamo l’idea che la vita
debba essere di base ricchezza e abbondanza e giustizia e
felicità, tutte le volte che non siano ricchi, felici, giulivi e circondati da letizia e giustizia riteniamo che ci sia stato qualcuno che ha rubato quanto ci spettava. La teoria del buon
selvaggio di Rousseau, apparentemente benevola, in realtà
è la madre del concetto stesso di sterminio di massa. Eliminiamo fisicamente una generazione, e l’umanità incorrotta,
il buon selvaggio, risorgerà dalle ceneri a ricreare l’Eden. La
natura è ingiusta. La natura e l’evoluzione negano i nostri
concetti di giustizia. La giustizia è un concetto religioso che
appartiene alla spiritualità biblico-evangelica, e in maniera
diversa anche a quella buddhista, che in natura non esiste.
La giustizia è un ideale che va contro la naturale ingiustizia
e la ciclopica spinta all’egoismo del cervello più arcaico, ed
è un ideale che va coltivato generazione dopo generazione,
ognuno facendo il meglio che può.
Nessuno ci ha garantito il mondo perfetto e nessuno ce
l’ha sottratto, ma un mondo migliore può sempre esistere,
purché noi ci adoperiamo a costruirlo, e il primo gradino è
la gratitudine per chi ci ha preceduto.
La seconda cosa che può causare la nostra morte è l’isolamento dal gruppo: l’affiliazione al gruppo è mediato dal-
64
LA REALTÀ DELL’ORCO
la serotonina. Quindi perché non ci venga la tentazione di
farci rifiutare dal gruppo, madre natura ha messo il piacere
del mito condiviso nel sistema della serotonina: se festeggio
Natale insieme agli altri, se partecipo alla processione, alla
rappresentazione sacra, se guardo la mia bandiera, se guardo la nazionale vincere, se insieme a tutto il cinema guardo
la cavalcata di sire Aragorn nel Signore degli Anelli, e così
via. Nei primi casi: messa di Natale, processione, rito religioso producono serotonina ed endorfina insieme, Dio mi
ama e appartengo al popolo dei santi. È evidente che se non
ho tutto questo dovrò ricorrere ad antidepressivi e droghe.
Una volta saltato tutto ciò, dato che la serotonina bassa è
dolore – si chiama depressione in effetti – cercherò i segni
di affiliazione al gruppo tornando ad affiliazioni violente e
tribali: l’odio generazionale e l’odio calcistico sono regressioni tribali. Segni di affiliazione tribali, sintomi di carenza
di identità per cui la trovo dove posso, sono i piercing, i tatuaggi, ma anche la chirurgia estetica, che è sempre una negazione dell’identità, e che diventa spesso una dipendenza,
con un mostruoso numero di interventi cercati e pagati, fino alla follia suicida di diventare senza età, senza sesso e
senza connotazioni etniche come Michael Jackson. Social
network e reality forniscono un’illusione di gruppo. L’ossessione della moda tampona la piaga sempre aperta della
mancanza di identità familiare e religiosa. Anche Maria Antonietta badava alla moda, ma il vestito era «suo», non
identificato dal nome di chi lo aveva fabbricato. La griffe è
un’ulteriore ricerca di identità. Aver abbattuto i riti, non
averli, è un dolore da scorticati, da ustionati, alla perenne
ricerca di una medicazione: partito, squadra, razza superiore, classe sociale, maglietta di Dolce e Gabbana o altri, tatuaggio e piercing.
L’ILLUMINISMO
65
Nel rito, quando per esempio ringraziamo per il cibo,
per la vita, per l’acqua con cui ci laviamo la faccia, produciamo endorfine, perché sentiamo lo sguardo di Dio su di
noi; quando condividiamo una preghiera con altri, soprattutto se questa preghiera è un canto, produciamo endorfine
e serotonina. Una civiltà non può sopravvivere senza riti.
Restiamo affascinati dal misticismo di altre civiltà – quella
induista, quella buddhista, quella indiana o hawaiana – dopo che abbiamo distrutto e ridicolizzato il nostro.
Ma quando la religione non ce l’ho perché l’ho buttata
via, ai padri che hanno costruito uno Stato borghese ho
sputato in faccia perché secondo la mia indimostrata e indimostrabile teoria io sono in grado di fare meglio, non mi
restano che le religioni atee, i mostri del XX secolo.
Avevamo il posto di figlio di Dio e lo abbiamo dato via
per essere un bambino in più all’orfanotrofio. Il bambino
dell’orfanotrofio, dove è finito per aver ucciso i propri padri, passa la giornata a sognare di essere adottato. E si lascia
adottare dal mostro.
Tutti noi, nessuno escluso, abbiamo imparato il disprezzo del cristianesimo su generazioni di libri di storiografia
marxista e postmarxista, che negano i meriti, ingigantiscono i demeriti e accomunano le colpe dell’ideologia cristiana
a quelle della struttura ecclesiale, della gerarchia e dei singoli che sempre esistono e sempre esisteranno. E che non
potevano che essere enormi perché quelli che sono diventati cristiani, convertendosi alla religione di uno sconfitto, il
che è antropologicamente impensabile, erano romani e barbari, popoli violenti e brutali.
Il cristianesimo ha permesso di dare ai popoli, quelli europei prima e quelli extraeuropei dopo, la Legge, il Decalogo di Mosè, senza cui non esisterebbe l’etica come noi la co-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
nosciamo e lo stesso concetto di responsabilità personale rischierebbe di perdersi.
Nel cristianesimo, alla Legge si è aggiunta la compassione. E l’amore. Per Dio, per se stessi e per gli altri, come è
spiegato nel Discorso della Montagna.
Gli ultimi saranno i primi.
Non è più necessario essere forti, come nelle religioni
pagane, e belli e aristocratici, i vincitori o i discendenti dei
vincitori.
Non è più nemmeno necessaria l’intelligenza, la cultura,
avere studiato, avere capito.
Non i re e non i saggi, ma coloro che hanno un cuore di
fanciullo, sono quelli che capiranno e troveranno la libertà
di obbedire.
Altro concetto cardine. La libertà può essere di trasgredire, ma anche di obbedire. E sono due concetti opposti:
l’obbedienza – passiva, malvissuta, subita –, e la libertà di
obbedire – obbedisco perché lo voglio fare, provo gioia a
farlo. Aiuto il povero, partecipo alla cerimonia non perché
altrimenti ho paura dell’inferno, ma perché ne sono felice.
Per la prima volta è stato detto: pace in terra agli uomini di buona volontà.
Pensate a quanto si sarebbero sbellicati Gengis Khan e
Attila davanti a questa affermazione!
Non c’è inquisitore, non c’è nefandezza di papa rinascimentale che può scalfire tutto questo.
E ovunque il cristianesimo sia stato rinnegato, nella Vandea, alle isole Solovki, cellula madre dei gulag, e soprattutto ad Auschwitz, la ferocia dell’uomo è riemersa con tutta
la sua potenza di odio e distruzione.
Siamo geneticamente predisposti a stare meglio se crediamo in Dio.
L’ILLUMINISMO
67
La religiosità è basata sull’attaccamento, quindi sulle endorfine.
Prima dell’Illuminismo tutti andavano in chiesa. Tutto il
villaggio, tutta la fattoria, tutto il quartiere mangiava di magro durante la Quaresima e ne festeggiavano la fine. Il tempo era scandito dal suono delle campane. La religiosità era
nell’aria insieme all’odore della menta selvatica: impossibile non respirarla. Chiunque si ammalasse riceveva l’Estrema Unzione, che era un sacramento pubblico: mentre si avviava al letto del malato, il sacerdote con i paramenti viola
si tirava dietro tutti i parenti, gli amici, i conoscenti incontrati per via, che si riunivano per pregare insieme. Pregare
per gli altri era una cortesia normale, come più tardi offrire
una tazza di caffè.
La malattia e la morte colpivano quotidianamente: vaiolo, peste, colera, lebbra, scabbia, polmonite, meningite, setticemia e reumatismo cardiaco mietevano vittime senza interruzione, e poi c’erano le guerre, i pirati barbareschi, i lanzichenecchi e un altro profluvio di gentiluomini che in questo momento sarebbe troppo lungo ricordare.
Dio, la morte e la certezza dell’immortalità dell’anima
facevano parte della quotidianità.
La laicità dell’Europa è nata con l’Illuminismo. La religiosità negata dal razionalismo post-illuminista, come tutte le cose negate dalla mente razionale, finisce nascosta
nella letteratura fantastica. «Il mio libro parla di Dio e della morte», spiega Tolkien a chi gli chiede di cosa parli quel
buffo scritto che si dipana tra storie di elfi, orchi e nani. E
uomini.
Marx teorizzò che le religioni sono l’oppio dei popoli. Le
religioni sono le endorfine dei popoli, qualcosa senza le
quali viviamo malissimo, non viviamo. Senza endorfine
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LA REALTÀ DELL’ORCO
siamo dolenti, siamo degli scorticati. L’oppio dei popoli sono, oltre alle teocrazie, le religioni atee, il comunismo e il
nazismo con cui abbiamo riempito il buco terribile della
mancanza di Dio. Le ideologie maledette sono state l’oppio,
la cocaina, il crack.
L’oppio dei popoli, qualcosa che ottenebra la mente vietando il pensiero, sono le teocrazie.
L’oppio dei popoli è qualsiasi ideologia che neghi il libero arbitrio.
Abbagliati dai terrificanti giochi di potere che sono all’interno di qualsiasi attività umana, religioni comprese, abbiamo dimenticato l’essenziale. Le religioni, quelle vere, sono piacere. Come l’acqua per gli assetati, il fuoco per chi è
disperso in una tormenta di neve.
La regola è che chi raggiunge i vertici di un potere è o il
più carismatico o il più aggressivo. Alla testa delle religioni, quindi, per definizione, spesso le gerarchie sono scalate
dai più violenti, i più corrotti, i più aggressivi, ma le gerarchie non sono la religione. Le religioni sono state confuse
con le loro gerarchie e questo è un errore assoluto. Le religioni sono fiumi, di cui fanno parte l’architettura, la filosofia, la letteratura, la matematica, la musica, la scienza, la
tecnologia, messe in ordine alfabetico per evitare di scegliere una priorità. Tanto più una religione ama l’uomo, tanto
maggiore è lo sviluppo di arte e scienza dei suoi appartenenti. Di una religione fanno parte anche i suoi eretici.
Il fatto che gli eretici siano stati perseguitati significa che
l’eresia si è formata, cioè che quella religione aveva una
possibilità di pensiero. Nelle religioni dove il pensiero è
vietato, l’eresia non si forma nemmeno.
Dove c’è pensiero filologico c’è pensiero filosofico, dove
c’è pensiero filosofico c’è pensiero scientifico, dove c’è pen-
L’ILLUMINISMO
69
siero scientifico c’è pensiero tecnologico, finanziario ed economico.
Dove non c’è pensiero filologico, dove non è consentita
la critica e l’analisi dei testi, nulla di tutto questo è permesso, il pensiero agonizza e si insterilisce.
L’Illuminismo ha significato andare oltre le Colonne
d’Ercole. Più liberi, certo, ma anche più sradicati. Fuori dalla prigione di un pensiero dogmatico vuol dire fuori dalla
protezione di un pensiero dogmatico.
La religiosità è un muro, è un tetto, è una piazza piena di
gente. Un lago tiepido e pieno di pesci colorati. La religiosità è contagiosa. Dove la religiosità è poca non c’è contagio. Anche la fede di coloro che sono religiosi si stinge un
po’, si ammanta di dubbi.
Se la sofferenza picchia, se sono in ginocchio nel dolore,
non importa: il mio Dio lo sa, è con me, ha scritto tutto, la
sofferenza che mi è stata inflitta, le ingiustizie che non mi
sono state risparmiate, come un puntiglioso ragioniere,
perché tutto mi sia ripagato, perché nulla venga dimenticato.
Nella laicità il dolore non ha senso, è un’ingiustizia intollerabile. Se siamo ammassi casuali di atomi, chi mi consolerà della mia morte? E di quella del mio bambino?
La religiosità è contagiosa. La religiosità è anche un’emozione, anzi due emozioni: la certezza di avere su di me
l’amore di Dio, attaccamento, sistema motivazionale basato
sulle endorfine, e l’appartenenza al popolo dei credenti, affiliazione al gruppo, sistema motivazionale basato sulla serotonina.
Lo ripeto perché deve essere chiaro, perché è un concetto che è sfuggito: la religione è un piacere, un piacere irrinunciabile, come l’acqua per gli assetati.
70
LA REALTÀ DELL’ORCO
È stato calcolato che nei popoli fortemente religiosi e con
forti segni di affiliazione al gruppo, amish ed ebrei ashkenaziti timorati di Dio, quelli che noi chiamiamo ortodossi,
il tasso di depressione è un sesto rispetto agli appartenenti
a società più laiche (si veda Martin E. P. Seligman, La costruzione della felicità).
Le religioni sono nate per dare un senso al dolore e per
creare un’etica.
Può esistere un’etica dove non esista una religione?
Una volta sconfitto il cristianesimo, l’Illuminismo deve
darsi la risposta, che giunge con due pensatori contemporanei.
Uno è Kant: un’etica laica è possibile, basata sull’autocontrollo e la disciplina. E sulla cultura. Forse se hai 54 anni e sei colto ed educato, oltre che disciplinato, non è impossibile, ma l’etica laica sui grandi numeri non funziona.
Prima o poi il maleducato che brucia vivo il barbone per vedere cosa si prova salta fuori.
L’altro, contemporaneo, è il marchese De Sade: se l’eterno non esiste, cosa me ne frega dell’etica? Si poteva dire in
termini più salottieri, ma così è chiaro, ed è, peraltro, la
stessa conclusione cui arriva Dostoevskij in I fratelli Karamazov. E visto che siamo poi arrivati ai bordelli dei lager,
chiamati Casa di bambola, dove ogni sadismo era permesso, l’impressione è che l’abbia azzeccata De Sade.
La casa delle bambole è il titolo dell’atroce libro dello scrittore nato con il nome di Yehiel De-Nur, che ha firmato le
sue opere come Ka-Tzetnik 135633, il suo numero ad Aushwitz. Etica e religione sono sempre collegate?
Noi siamo stati abituati dal pensiero illuminista al concetto di morale naturale. Gli illuministi hanno ritenuto che
L’ILLUMINISMO
71
le regole fondamentali – non uccidere, non rubare, non imporre dolore inutilmente – facessero parte del normale bagaglio della mente umana. Gli illuministi non avevano percezione storica. Non hanno capito che queste regole sono
nate con la Legge di Mosè. Erano «naturali» per loro perché
erano nati in una civiltà che poggiava sulla Legge di Mosè,
salvo poi prenderla a calci in continuazione nella pratica,
ma almeno in teoria quella Legge c’era. Al di fuori di questa Legge le regole etiche non esistono, non fanno parte del
normale bagaglio della mente umana, che anzi ha straordinarie capacità di ferocia. La preistoria è stata normalmente
basata sul cannibalismo, cibarsi delle carni del nemico per
motivi rituali, e sull’antropofagia, cibarsi delle carni di
qualcuno per sbarcare il lunario. Il paleolitico è stato una
guerra permanente dove il nemico, se sconfitto, diventava
spezzatino. La differenza tra cannibalismo e antropofagia,
così cara ai nostri antropologi, è teorica. Un essere umano
consiste in 60 chili di carne, era comunque un vantaggio alimentare anche se consumata all’interno di un rito. Le scoperte geografiche, quando si sono formati gli imperi coloniali, hanno messo bruscamente in contatto la civiltà europea con civiltà ferme all’età della pietra (gli indiani d’America, molte civiltà africane ecc.). La fortissima ideologia anticoloniale del ’68, se pur piena di meriti, ha anche avuto il
demerito spaventoso di soffocare la verità. Si è arrivati alla
beatificazione delle civiltà precolombiane e africane e alla
divinazione del concetto di buon selvaggio, l’innocenza assoluta, di cui noi siamo privi, e tutti gli altri ricchissimi 3. Le
civiltà precolombiane del Sud America, tutte, si tenevano
buoni i loro rognosi dèi con la norma del sacrificio umano:
nemico sconfitto, bambini neonati, le fanciulle più belle,
quelli che avevano perso in una strana forma di calcio do-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
ve si doveva far passare la palla attraverso una piccolissima
porta a forma di foro.
Gli irochesi, indiani del Canada, mangiavano i nemici, se
li mangiavano vivi, non è una maniera di dire, in compenso
però li cucinavano. Da vivi. Il condannato veniva cucinato
da vivo e a mano a mano che uno strato era cotto lo si tagliava e lo si mangiava. Il condannato guardava la gente che
spolpava le ossa lunghe delle sue gambe. Tra gli indiani
d’America lo stupro etnico – rubo le donne della tribù nemica così ho più figli – era uno dei normali pilastri della società. La preistoria è un periodo di ferocia assoluta. Sempre
nella preistoria nasce lo schiavismo: lo sconfitto militare non
è più una derrata alimentare, ma diventa un produttore di
derrate alimentari, così da averne abbastanza per sopravvivere. Lo schiavo lavora fino all’esaurimento per i padroni e
questi e la sua discendenza possono sopravvivere.
Nelle religioni classiche l’etica non esiste. Crono mangia
i suoi stessi bambini, Giunone uccide o tenta di uccidere le
amanti del marito e i loro figli neonati. A Roma è considerato normale godere di spettacoli dove innocenti vengono
messi a morte. I gladiatori erano la parte migliore: c’erano
roghi, torture, persone sbranate da bestie feroci.
Finalmente con la religione biblico-evangelica, almeno
in teoria, viene riconosciuta la dignità di tutti gli uomini e
lo schiavismo può essere abolito. Tu non lavorerai il sabato
imponeva il riposo anche agli schiavi e agli animali da lavoro. Lo schiavo esisteva perché in una società nomade non
esistono prigioni, e diventare schiavo era la pena per chi
aveva commesso un danno non passibile di morte o dovesse un risarcimento. Anche alle donne, lo sottolineo, era vietato lavorare il sabato: dove non sia vietato espressamente
per un giorno, il lavoro domestico non si arresta mai.
L’ILLUMINISMO
73
Nell’ebraismo la bellissima cerimonia dello Shabbat è
un’azione sacra dove padre e madre sono i due sacerdoti.
La madre ha preparato il pane e acceso le candele, il padre
pronuncia la preghiera sacra. Il concetto di uguaglianza degli uomini nasce con la Legge di Mosè. È con i Dieci Comandamenti che finalmente, come dice Lewis, autore di Le
cronache di Narnia, «nessuno è più talmente miserabile da
non poter avere una morte degna».
I Dieci Comandamenti sono stati scritti da un popolo che
usciva da quattrocento anni di schiavitù in Egitto, luogo
dove solo chi aveva i mezzi per pagarsi l’imbalsamatura
poteva accedere al Regno dei Morti.
Siamo nell’età del bronzo. In tutte le civiltà si distingue
tra faraone, o re o imperatore, che ha tutti i diritti, e lo schiavo che non ne ha nessuno. Nella Legge di Mosè tutti devono rispondere. I concetti di uguaglianza e di responsabilità
nascono con quella Legge e al di fuori di quella Legge non
esistono.
Nasce il concetto di libertà: Dio libera il suo popolo dalla schiavitù.
Negli ultimi due comandamenti nasce il concetto dell’assunzione di responsabilità anche del pensiero. Non desiderare le cose degli altri, stai concentrato su quello che hai
avuto perché se non ti distrai scoprirai che in ogni destino
ci sono le vie che possono portare alla luce.
Non desiderare la donna d’altri, colei che non ti ha scelto, e questo comandamento riguarda solo i maschi perché
la sessualità maschile, basata sul testosterone, può essere
meravigliosa, ma anche atroce, dove non sia guidata dall’etica.
Gli ultimi due comandamenti hanno anche un altro significato, un’altra funzione: evitare la distruzione, dal mo-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
mento che tutte le guerre di sterminio cominciano con
«prenderemo le donne e la roba».
Nei Dieci Comandamenti la legge è uguale per tutti e
quelli che sono straordinari sono gli ultimi due: anche solo pensare di mettere le mani sulla roba e sulle donne degli altri popoli è un crimine davanti a Dio che costerà l’eternità.
Dove la Legge di Mosè è sospesa, dimenticata, anzi «superata», per usare un termine più agile, il rischio della crudeltà assoluta ritorna.
Ha spiegato Konrad Lorenz, in Gli otto peccati capitali della nostra civiltà, che una civiltà è come un ecosistema. Quando si sopprime qualcosa in un ecosistema, qualcosa che
sembrava inutile o irrazionale o dannoso, si possono ottenere catastrofi assolutamente inaspettate. Una civiltà si è
formata nell’arco di secoli e tutti i tasselli hanno un senso.
Con questo non voglio dire che le società devono restare
immobili e sempre identiche a se stesse, ma che l’operazione fatta con l’Illuminismo prima e con il ’68 poi – ovvero di
denigrare e rinnegare la religiosità, il mito, il rito, senza
nemmeno chiedersi per quale necessità siano nati, quali
erano tutti i loro significati e vantaggi, senza nemmeno avere un dubbio che un significato e un vantaggio da qualche
parte ci fossero – è stata un suicidio.
Un esempio a caso: abbiamo perso, rinnegata come
sciocchezza, come sudditanza becera all’autorità, la ripetizione delle preghiere a memoria. Queste preghiere venivano ripetute in parte in italiano, ed era un italiano alto, in
parte addirittura in latino, anche da persone di strati sociali bassi. I vantaggi erano:
a) Allenamento della memoria.
L’ILLUMINISMO
75
b) Uso di un linguaggio alto: se cinquant’anni fa, nei quartieri meno abbienti di Napoli, mi capitava di chiedere
un’informazione, mi rispondevano in un italiano corretto.
Un italiano che aveva dei napoletanismi, che a loro volta
sono degli spagnolismi, l’uso dell’ausiliare avere dove in
italiano si usa l’essere, la preposizione «a» prima del complemento oggetto in alcune costruzioni, ma era comunque
un italiano ben comprensibile. Il fatto di usare almeno un
quarto d’ora al giorno l’italiano alto delle preghiere impediva l’imbarbarimento completo del linguaggio, esattamente come fare almeno quindici minuti al giorno di passeggiata impedisce l’atrofia dei muscoli. Quando si imparano due lingue diverse in età precoce l’apprendimento è
facilitato. Il fatto di sentire dei fonemi anche in latino aumenta le capacità cognitive delle aree cerebrali destinate al
linguaggio.
c) La ripetizione di una preghiera ha effetti enormi sull’equilibrio mentale. Avendo perso l’uso delle preghiere occidentali molte persone devono ricorrere alla ripetizione di
mantra indiani, giapponesi, tibetani o hawaiani. L’efficacia
dei mantra è stata studiata mediante l’elettroencefalogramma. Nello stato normale le onde cerebrali hanno un ritmo
di tredici cicli al secondo e sono chiamate onde beta. Quando la mente raggiunge uno stato di calma vigile, invece, le
onde cerebrali rallentano con ritmo di otto cicli al secondo
e vengono chiamate onde alfa. Durante la ripetizione le onde alfa rallentano il ritmo fino a quattro cicli al secondo trasformandosi nelle onde theta. Con la ripetizione continua,
concentrata, le onde rallentano ulteriormente generando le
onde delta che hanno un ritmo di un ciclo al secondo.
Il mantra è molto più efficace se pronunciato in una lingua che ci appartiene. Dire il rosario era piacevole, tutto
76
LA REALTÀ DELL’ORCO
qui, un piacere basato sull’equilibrio delle onde cerebrali e
sulla produzione di endorfine. Il rosario è una serie di preghiere dove si alternano le parole padre e madre, spesso recitate in coro, da diverse persone che pregavano in gruppo.
Endorfine e serotonina insieme. Una volta che non le ho
più, devo sostituirle con eroina ed ecstasy. Senza preghiere,
senza rito condiviso, senza nulla di tutto questo ci restano
solo ansiolitici e antidepressivi, venduti su internet sotto
costo e somministrati a persone sempre più giovani. È una
filosofia tristissima e disperata. Quando tutte le mattine
passava il carretto dei monatti a raccattare i defunti, i filosofi erano meno disperati di quelli attuali, dispersi in centri
commerciali pieni di roba da mangiare e di esseri umani
che vivono, comprano, vendono, si incontrano e che nel loro delirante snobismo osano definire non luoghi. L’arte
contemporanea è un’arte tristissima e disperata, e brutta
come mai lo è stata: quasi sempre si spaccia per arte un
qualche grafismo che esprima l’idea politica dell’autore.
E siamo pieni di narrazioni tremende fatte di morte e di
morti.
Non c’è mai stata nessun’altra epoca dove si è parlato
così tanto di suicidio.
Non c’è mai stata nessun’altra epoca che abbia avuto
paura che la vita possa essere distrutta e finire.
La parola apocalisse, che in realtà vuol dire rivelazione,
non catastrofe, accompagna e scandisce il nostro quotidiano, ma soprattutto le nostre narrazioni fantastiche: benvenuti all’inferno.
A tirarci su il morale, in questo Terzo Millennio, resta solo la cavalcata di Il Signore degli Anelli.
I politicamente e islamicamente corretti hanno criticato
molto il film di Peter Jackson: ci sono gli odiati valori occi-
L’ILLUMINISMO
77
dentali e in più Le due torri ricorda nel titolo le torri gemelle distrutte dalla follia islamica.
Se qualcuno ancora ha dei dubbi che il fantasy ci risanerà, perché ormai solo lui contiene il messaggio cristiano
della salvezza del mondo, quest’ultima informazione dovrebbe bastare a fugarli.
Il cacciatore di aquiloni è il bellissimo romanzo che parla di questa tragedia.
Vedi Il socialismo degli imbecilli. In questo erudito e documentatissimo libro, edito da Bollati Boringhieri, Michele Battini ripercorre e, anzi, ricostruisce tutta la tradizione antigiudaica fino all’antisemitismo moderno,
soffermandosi in particolare sul periodo successivo all’Illuminismo. La
tesi dello storico, peraltro inoppugnabile, è che debba essere retrodatata
la genesi dell’antisemitismo politico e sociale moderno: le sue prime
espressioni si avvertono già all’inizio del XIX secolo e devono essere lette nel contesto della rivolta contro l’Illuminismo politico e i diritti di cittadinanza, come propone anche la Arendt.
3
Vedi Il singhiozzo dell’uomo bianco e La tirannia della penitenza di Pascal
Bruckner, editi da Guanda.
1
2
2
Antiche fiabe contemporanee
Le grandi fiabe classiche sono ancora vive. Non sappiamo quando e dove e da chi siano state inventate, sono state messe per iscritto nelle due meravigliose raccolte di Perrault e dei fratelli Grimm. A queste straordinarie storie si
sono affiancate, negli ultimi due secoli, nuove fiabe: i racconti fantastici, i fumetti, i film, le serie televisive. Si è trattato di sovrapposizioni, non di sostituzioni. Le fiabe classiche, le più belle, le più importanti, le grandi, sono sempre
in mezzo a noi, periodicamente ispirano un nuovo libro, diventano un nuovo film: ognuna di esse ha generato un infinito filone, che non accenna a esaurirsi, ma anzi si arricchisce in continuazione di nuovi adattamenti. Tutti i bambini che ricevono libri, nel mondo occidentale, hanno ricevuto in dono durante la loro infanzia almeno un libro con
le grandi fiabe, e lo hanno amato, quindi queste fiabe hanno un significato anche per noi. Inventate non si sa quando
e non si sa da chi, fanno parte dell’immaginario collettivo
dell’uomo postmoderno, intendendo per immaginario collettivo qualcosa che tutti abbiamo nella memoria e che per
tutti ha un significato. Tutti conoscono Cenerentola. Cenerentola è dentro di noi. Cenerentola siamo noi. Quanti sono
i film che la contengono? Cenerentola è diventata un carto-
80
LA REALTÀ DELL’ORCO
ne animato, una ballerina indossatrice, un boxeur, tutto
sommato anche un maghetto alla scuola di magia: Harry
Potter funziona grazie allo stesso schema di Cenerentola, il
disprezzato che diventa l’eroe.
Tutti conoscono Biancaneve. Il primo lungometraggio
della Walt Disney è la sua storia, ed è stato il film preferito
di Turing, geniale matematico, colui che ha decifrato i codici segreti nazisti: senza di lui la guerra sarebbe durata almeno un anno in più. Turing è anche l’inventore della prima macchina pensante, la bisnonna dei nostri computer.
Condannato per omosessualità, all’epoca era un reato in
Gran Bretagna, Turing dovette scegliere tra la galera e la castrazione chimica. Scelse la seconda, e dopo un anno si suicidò e nella sua morte si ispirò alla sua fiaba preferita: morì
addentando una mela in cui aveva iniettato del cianuro.
La fiaba è diventata il dvd della Walt Disney, ma il suo
scopo non cambia: è la narrazione che permette al bambino
di scivolare nel sonno cullato da una storia, senza che i mostri che vivono nel buio possano disturbarlo. I mostri sono
la paura di non essere amato, il rancore per non essere amato, la gelosia perché altri sono o ci sembrano amati più di
noi. I mostri sono inconfessabili. Le emozioni negative non
sono permesse ai bambini, soprattutto a quelli che più
avrebbero ragione di averne: quindi è opportuno nasconderle dentro una fiaba, provarle per interposta persona,
identificandosi con il personaggio principale, così da imparare a gestirle 1.
Le fiabe sono nate e funzionano ancora perché contengono il dolore del bambino non amato, e lo raccontano nascondendolo nella onnipresente figura dell’orfano, personaggio chiave di tutta la narrativa per l’infanzia. Tutti sono
orfani: Cenerentola è orfana, Biancaneve è orfana, Spider-
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man è orfano, Harry Potter è orfano come orfano è Frodo
che è un Hobbit e quindi nasconde nella bassa statura l’essenza del bambino, mentre il brutto anatroccolo e Pinocchio
sono figli di genitori non identificabili, quelli che lasciano il
fagotto da qualche parte e levano il disturbo: sono i diversi, gli adottati. Nella figura dell’orfano c’è ovviamente la
paura di diventarlo: la prima paura di tutti i bambini è perdere papà e mamma, ma vi è anche nascosta l’eterna paura
di non essere abbastanza amati. La matrigna da un lato era
la rappresentazione di una realtà storica precisa, di un pericolo reale in altre epoche costantemente in agguato: quello di restare orfani di una madre uccisa dal parto, in balia di
una matrigna che avrebbe diviso in maniera disuguale tra i
figli di primo e secondo letto il poco cibo, le molte botte e le
infinite ore di lavoro massacrante. Dall’altro lato la matrigna è, soprattutto, il fantasma universalmente fruibile di
una mamma che ama poco o meno di quanto vorremmo.
Dopo essere quasi scomparse nel secolo scorso, le matrigne
si sono moltiplicate in un’epoca di famiglie allargate: sono
la seconda, o terza o quarta compagna del padre.
Il divorzio per i figli è un’esperienza molto più devastante di quanto venga descritto nelle sit-com. Padre e madre si sbranano, il sogno che sia tutta una burla si infrange
ogni mattina sulla realtà, c’è una tizia che dorme nel letto di
papà e che pretende di essere una madre e simmetricamente c’è uno sconosciuto nel letto di mamma che ha pretese
anche lui.
Dentro fratellastri e sorellastre c’è il timore costantemente presente, anche nei figli di famiglie realmente amorevoli, che i fratelli (sorelle) siano più amati di noi. In molti casi questo è vero. Non è vero che i genitori amano i loro figli alla stessa maniera. Dovrebbe essere così, certo, ma
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LA REALTÀ DELL’ORCO
nella realtà non sempre succede. In due angoscianti racconti, Rosso Malpelo, novella di Verga, e Pel di Carota, romanzo dolorosamente autobiografico di Jules Renard, abbiamo la storia di due figli discriminati per il solo fatto di
avere i capelli rossi. Cenerentola è il personaggio che ha
vendicato le infanzie non amate dei fratelli discriminati,
mentre Pollicino è l’eroe dei fratelli minori, il cui destino è
di essere i tonti della compagnia mentre nelle fiabe sono
sempre i più furbi.
Dentro la strega e l’orco ci sono madre e padre quando
sono irati e urlanti: con i lineamenti stravolti, infinitamente
più grandi del bambino su cui incombono, onnipotenti, terrificanti.
Le fiabe raccontano la persecuzione del bambino, la persecuzione fisica, dall’assassinio all’incesto, passando dal
bambino venduto al bambino discriminato, massacrato di
lavoro, mangiato, e la persecuzione dell’anima, ossia il dolore del bambino non amato.
A che serve l’amore di papà e mamma? A non essere uccisi, non essere venduti, abusati, mangiati, trascurati, affamati, certo, ma un bambino accudito e non amato è un
bambino profondamente infelice.
L’amore di mamma e papà è la luce che dà colore al nostro io, esattamente come alla luce del sole si forma la clorofilla e le foglie diventano verdi e forti. Nei primi anni abbiamo nel cervello un enorme numero di neuroni specchio.
Grazie a loro, per imitazione, noi impariamo dai nostri genitori di tutto, in un tempo brevissimo. In due anni impariamo una lingua, impariamo come ci si muove in una civiltà, impariamo come ci si veste. Interiorizziamo, anche,
diventa una parte di noi, fa parte del nostro io, diventa uno
dei pilastri della nostra personalità come papà e mamma ci
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guardano: e se nel farlo si illuminano, per noi sarà facile
avere un io forte e dire: «Io sono perché penso. Io sono io,
io sono».
E le persone che dicono: «io sono», non schiacciano nessuno.
E non permettono agli altri di schiacciarle, ma vivono in
armonia con se stessi e il mondo.
Se i nostri padri e le nostre madri non amavano se stessi
non riescono ad amore noi, a essere fieri di noi: al massimo
saranno fieri dei nostri successi. In questo caso avremo un
io un po’ rattrappito. Per uscirne abbiamo due strade: nella
prima diventiamo dei resilienti, e c’è una sola strada per diventarlo, ovvero imparare e vedere la bellezza ovunque sia.
Nella seconda diventiamo degli ipercompetitivi, altrimenti
detto diventiamo come la Regina di Biancaneve, qualcuno
che per esistere deve essere il più bello di qualche cosa.
Chi ha un io rattrappito, non sa chi è, continua a guardare in faccia gli altri nella speranza che costoro gli rimandino col loro sguardo l’informazione sulla sua identità e sul
suo valore.
Se la forza e la potenza per diventare dei resilienti non ce
l’abbiamo, e se ho un io molto rattrappito, e credo di essere
la più bella del reame, per dieci minuti ho l’illusione di avere un io forte. Diventare resilienti è molto più facile quando
sentiamo lo sguardo di Dio su di noi.
Le fiabe, narrazione fantastica senza alcuna pretesa di
verosimiglianza, sono, in assoluto, in quanto opera nata dal
basso, lo specchio più fedele della vita.
Non ci sono solo colori, emozioni, sensazioni nelle fiabe,
ma anche intuizioni inconsce e metaforiche nonché geniali
sulla psiche umana.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Bisogna arrivare alla fine del XVIII secolo perché la miseria entri stabilmente nella storia della letteratura. Nelle
fiabe è da sempre uno dei protagonisti, insieme alla fame,
alla paura, all’infanticidio, all’idea che i bimbi possano essere scacciati, allontanati, venduti, scambiati, abbandonati
in un bosco buio dove un orco orrendo li mangerà per cena, a meno che una fila di sassolini che brillano sotto la luna li riporti a una casa dove nessuno li vuole.
Quanto sono moderne le grandi fiabe?
Nella fiaba osano comparire l’abuso sessuale, la pedofilia e l’incesto (Pelle d’asino), che esistono oggi come in passato, o forse di più. Non riusciamo a stabilire se l’incesto e
la pedofilia siano in reale aumento, o semplicemente vengono allo scoperto, mentre in passato non erano denunciati. Forse c’è un aumento reale, dovuto alla liberalizzazione
dei costumi, per cui tutto sembra permesso, e alla facilità di
trovare materiale pornografico, cartaceo o via internet. La
pornografia serve per eccitarsi, quello è il suo scopo, e un
uomo eccitato diminuisce la forza dei suoi freni inibitori. La
fiaba di Pelle d’asino, un re che vuole sposare sua figlia, può
essere molto utile per parlare di abuso, per offrire una possibilità alla bambina di parlarne.
La psicosi criminale e l’uxoricidio sono nascosti in Barbablù. La fiaba contiene il ricordo di Gilles de Rais, figura
storica, maresciallo di Francia condannato a morte nel 1440
per l’assassinio di 140 bambini. Oggi psicosi criminale e
omicidio, grazie anche ai fenomeni imitativi, sono ogni anno più frequenti. L’assassinio intenzionale del bambino è la
pietra miliare del genocidio.
Raperonzolo: nella fiaba originale una bambina viene
venduta mentre è ancora nel ventre materno in cambio di
cibo. L’estrema miseria spingeva le donne a vendere i loro
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figli, già nati o ancora in grembo: nell’incantevole fiaba il
tutto è stato ingentilito nella voglia di una regina incinta.
Una voglia irresistibile, creata ad arte da una strega nella
mente di una madre in attesa, ma il risultato finale non
cambia: una bimba venduta in cambio di cibo. E oggi, nel
postmoderno, il traffico esiste ancora ed è su scala planetaria. L’affitto dell’utero è una pratica oscena e ripugnante, la
più desolata degradazione della maternità che abbiamo visto fino a ora. Tutti gli studi sui complessi rapporti psicologici e biochimici tra madre e feto sono stati ignorati. Il figlio
ordinato per posta, voluto a ogni costo, contro le leggi dell’etica e della biologia ha qualcosa di agghiacciante. Le madri «portatrici» devono obbligatoriamente partorire con il
cesareo. È un’idiozia, un intervento chirurgico quando è
inutile è un crimine e aumenta il rischio per il bambino di
sviluppare malattie allergiche, ma permette di conoscere
una data precisa e il piccolo avrà il faccino più riposato nella prima foto con quelli che non sono e mai saranno i suoi
genitori.
Hänsel e Gretel e Pollicino ci raccontano la realtà del cannibalismo. Nelle grandi carestie prima di morire di fame si
mangiano i cadaveri, e i bambini muoiono per primi o sono più facili da acchiappare. Poteva succedere che il corpo
di un bambino diventasse cibo, come rischia di capitare ad
Hänsel, Gretel, Pollicino e i suoi fratelli. La Guerra dei
Trent’anni ridusse la Germania a un tale livello di barbarie
e carestia che la sopravvivenza fu spesso possibile solo grazie al cannibalismo: il fantasma di questa immane tragedia
è rimasto intrappolato nelle fiabe. I tedeschi sono sopravvissuti mangiando cadaveri durante la Guerra dei Trent’anni e gli ucraini hanno cercato di farlo durante la carestia imposta da Stalin. E oggi? Oggi il corpo dei bambini viene
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LA REALTÀ DELL’ORCO
mangiato dalle associazioni criminali che li trasformano in
organi da trapiantare. In Cina, cellule cerebrali di feti di cinque mesi sono trapiantate a pazienti occidentali affetti da
sclerosi laterale, perché ritardi la progressione della malattia. Mia madre è morta di sclerosi laterale, so cosa vuol dire, ma trovo lo stesso agghiacciante l’idea di questi feti fecondati al solo scopo di un aborto al quinto mese, quando
la madre è già in grado di percepirne i movimenti e loro sono in grado di riconoscerne la voce. Cannibalismo del corpo del bambino, suo sfruttamento totale, è il mito osceno
del bambino terrorista suicida.
In entrambe le narrazioni la violenza comincia nella casa del padre: questi, invece di usare la propria vita, il proprio corpo, il proprio sangue per sfamare i figli, invece di
morire pur di portare a casa una moneta e una patata, li lascia in un pericolo mortale.
In Pollicino c’è un terzo punto fondamentale: l’orco uccide le sue stesse figlie; chi stermina i bambini, finirà per
sopprimere i propri.
Un bambino ucciso dalla propria madre è presente in
Biancaneve. Dove ci sia uno schema competitivo e il genitore competa con il figlio, quest’ultimo rischia di venire annientato. Madri bellissime che guardano con poco amore il
corpo della figlia, padri brillanti che umiliano il figlio in
pubblico sono tutte manifestazioni dello stesso schema.
Cenerentola è nata in Cina, più o meno attorno all’anno
Mille. Contiene la tragedia dei piedi storpiati: la caratteristica più importante di Cenerentola è la minuscola taglia
dei piedi.
Nota per il postmoderno. Il dolore uccide la dignità, distrugge i neurotrasmettitori, annienta la felicità. Chiunque
si procuri dolore da solo si odia, o per lo meno non si ama
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molto. Una persona che ama se stessa non compra scarpe
scomode, non si sottopone alla dolorosissima chirurgia
estetica, ci pensa due volte e anche tre prima di fare tatuaggi che superino i cinque/dieci centimetri, mettere il piercing sulla lingua (prima o poi vi distruggerà lo smalto dei
denti), o sul labbro/ombelico/capezzolo/naso. In caso di
trauma il piercing è devastante, e aumenta il rischio di sviluppare infezioni. Tanto, non basta mai. Prima o poi la rockstar di turno lancerà le scarnificazioni rituali e le amputazioni estetiche.
Negli ultimi duecento anni l’alfabetizzazione e gli istituti di assistenza agli orfani si sono diffusi. La natalità è diminuita. Le fiabe sono cambiate.
La tradizione orale si è estinta e il nome fiabe è stato
esteso ai racconti fantastici scritti, da Andersen a Roald
Dahl. L’alfabetizzazione ha inoltre reso possibile il romanzo fantastico (Le Avventure di Pinocchio, la saga di Harry Potter, la trilogia di Pulman e, anche se non è un romanzo per
ragazzi, Il Signore degli Anelli), che non è classificabile come
fiaba, visto che la lunghezza esclude la possibilità di una
narrazione completa nello spazio di una o poche sere.
Contrariamente alle storie dei fratelli Grimm, la narrativa per ragazzi degli ultimi due secoli non è nata tra la gente, ma tra la gente si è diffusa e ha avuto successo: ci può
dare quasi altrettante informazioni sulla società che l’ha generata dalla vera e propria fiaba orale.
La paura è cambiata. Gli eroi sono sempre orfani o figli di
genitori assenti, defunti (Harry Potter), dispersi (il brutto
anatroccolo), latitanti o non identificabili (Pinocchio). Alla
non protezione genitoriale non corrisponde più lo spettro
della fame, del lavoro forzato, della morte. La paura non so-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
no più l’orco e la strega cannibali. In un mondo di figli unici la sopravvivenza dei bambini è diventata preziosa. In un
mondo non più stravolto dalla guerra e dalla fame i genitori sono diventati infinitamente più attenti e premurosi 2. La
paura diviene più sottile: il fallimento, il rifiuto, il non essere abbastanza bravo da essere accettato. Dall’amore incondizionato dei nostri genitori non dipende solo la nostra sopravvivenza, ma la nostra sicurezza, la fiducia in noi stessi.
In un mondo che inizia a viaggiare, emigrare, spostarsi,
e a diventare polietnico si aggiunge la paura del diverso di
essere rifiutato. Negli intervalli tra uno scontro e l’altro con
Lord Voldemort, quando non rischia di essere ammazzato,
il costante timore di Harry Potter è quello di fare la figura
del pollo. Il brutto anatroccolo e Pinocchio l’hanno già fatta
e ci stanno malissimo: tutti sognano di essere normali, di
essere voluti, apprezzati, amati.
Perché è con l’Illuminismo che compare il dolore del diverso. Prima questo dolore non c’era. Andersen lo rappresenta genialmente nelle sue fiabe.
Maggiore è la laicità e la libertà di una società, minore è
il senso di appartenenza e di identità. Ogni medaglia ha il
suo rovescio. L’identità è data da una serie di fattori: famiglia, religione, nazione, che sono ereditari, lavoro, posizione familiare, cultura, i beni posseduti, casa, denaro, automobile, che sono il nostro territorio. Essere adulti vuol dire
essersi costruiti la propria identità, il proprio territorio. Nel
periodo adolescenziale le mie uniche forme di identità sono quelle ereditarie. Dove sono scarse, mi trovo disperso in
un mondo dove non so chi sono e l’omologazione al gruppo è la mia unica risorsa.
Se non c’è fede in Dio resta solo noia (Pascal), un vuoto
cosmico riempito solo da qualche orgasmo (Woody Allen).
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È un dolore che non molla mai, il male di vivere descritto
da Montale.
Nelle fiabe di Andersen compare il dolore sempre presente nell’adolescenza della nostra epoca: la paura di essere diverso, di non essere amato, di non essere accettato dal
gruppo.
Il brutto anatroccolo e la sirenetta sono dei diversi e vorrebbero disperatamente essere uguali. L’omosessualità di
Andersen lo rende particolarmente bravo a descrivere il dolore del diverso; rileggiamo la fiaba della sirenetta sostituendo alla parola sirena la parola creatura: una creatura
che non è né pesce né donna, né una cosa né l’altra, ama un
uomo, non può parlare e diventa spuma, né acqua né aria.
Se essere un diverso è un dolore, ne consegue che si venderà l’anima al diavolo per non diventarlo.
Nella geniale fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore, è spiegata la base dei totalitarismi, la negazione della verità per
consenso alla menzogna universale. È spiegata in maniera
lieve, ma ineccepibile. La neurobiologia ha accreditato e dimostrato la realtà racchiusa in questa narrazione. Il cervello umano addirittura cancella le realtà contrarie alle teorie
che ha interiorizzato. Se ci fa perdere la «coerenza interna»,
cancelliamo la realtà.
Noi siamo abituati a pensare alle fiabe come a qualcosa
di infantile e carino, con i colori pastello dello zucchero filato e il faccino di Hello Kitty come logo. È sufficiente leggere le versioni originali dei fratelli Grimm perché ci si renda conto di quanto il linguaggio sia alto, ma anche di tutto
il dolore e di tutta la ferocia che sempre è presente in mezzo all’oro e all’argento insieme ai corvi che beccano gli occhi dei morti. Le fiabe sono una forma di conoscenza, un
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LA REALTÀ DELL’ORCO
luogo dove la saggezza collettiva dei popoli ha riposto le
intuizioni sul funzionamento della psiche umana. Sono tre
le fiabe che, insieme, ci spiegano il genocidio.
I vestiti nuovi dell’imperatore spiega l’universalità del consenso: il consenso a un totalitarismo, ma anche a mode deliranti, dolorose o pericolose.
Biancaneve e i sette nani spiega l’assassinio di una madre
che uccide la figlia in quanto più bella di lei. Lo stesso schema lo abbiamo quando una nazione, cioè una madre patria,
uccide una propria minoranza. Gli appartenenti a questa
minoranza hanno una superiorità spirituale o culturale evidente. Sempre. Questo schema è rappresentato in L’ultimo
elfo, ed è uno schema che conosce un’unica eccezione: lo
sterminio degli ucraini. Quando compio omicidi di massa
per un motivo logico, come nel caso degli indiani d’America, per coltivare io la terra su cui loro cacciano, non ucciderò tutti. Uccidere è faticoso e antieconomico. I bambini li
convertirò oppure li trasformerò in schiavi. Non appena ottengo una resa mi fermo. Gli indiani d’America rappresentano il penultimo episodio, essendo l’ultimo l’Australia,
dello scontro tra popoli agricoltori e popoli cacciatori, che
sono popoli fermi alla preistoria, sempre. Gli agricoltori
vincono perché su una terra dove vivono 1000 cacciatori vivono 10.000 allevatori e 100.000 coltivatori, quindi i più numerosi hanno la meglio e si esce dalla preistoria. È un processo brutale e violento che è accaduto ovunque. La storia
è violenta. Anche madre natura non somiglia a Hello Kitty.
Un processo brutale e violento non è un genocidio.
Il genocidio vuol dire sterminare un popolo cominciando dai bambini perché lo si teme, cioè gli si riconosce una
superiorità. Sono più intelligenti. Sanno più cose. Ci metteranno nel sacco.
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91
È qui rappresentato lo Stato criminale. Qual è il movente? Quello che è il fondamentale movente delle azioni: salvare la coerenza interna. Per un essere umano perdere la
coerenza interna vuol dire non sapere chi è e cosa è: un dolore equivalente a un’ustione di secondo grado.
Specchio specchio delle mie brame.
In questa geniale fiaba noi abbiamo lo schema del perdente radicale, la cui struttura è spiegata dal poeta Hans
Magnus Enzensberger. Il perdente radicale è colui che deve
ricostruire la sua coerenza interna vincendo, perché in
realtà ha dentro di sé un io scorticato. E pur di vincere distrugge se stesso e distrugge il mondo. Pur di distruggere
Biancaneve, la regina fa il supremo sacrificio: la sua vita e
la sua bellezza. Adolf Hitler è un perdente radicale. Il terrorista suicida è un perdente radicale. La Germania reduce
dalla sconfitta della prima guerra mondiale diventa il perdente radicale: ha bisogno di distruggere gli ebrei e per farlo è disposta a distruggere se stessa. L’islam separato da un
gap tecnologico e scientifico che crede incolmabile con il
mondo occidentale, ha come unica via d’uscita per recuperare la coerenza interna la guerra. I genocidi, tutti, sono
azioni di un inferiore verso un superiore. Gli armeni erano
il dieci per cento della popolazione turca. Ma erano il cinquanta per cento dei medici e il cinquanta per cento degli
ingegneri. E sono stati uccisi durante la prima guerra mondiale. Con i soldati che morivano d’infezione negli ospedali hanno ucciso i medici. È stato calcolato che se Hitler non
avesse distrutto gli ebrei, se non avesse sottratto uomini,
soldati, filo spinato, se non avesse eliminato medici e ingegneri, i russi li avrebbe fermati, non a Stalingrado, nemmeno al confine russo, ma al confine tedesco li avrebbe fermati. A Berlino non sarebbero arrivati. I tutsi erano l’aristocra-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
zia guerriera e l’aristocrazia intellettuale del Rwanda. In
Cambogia sono stati uccisi in maniera capillare, eliminando
anche i bambini, gli appartenenti alla classe borghese, cioè
chi sapeva leggere e scrivere; ed era sufficiente possedere
un paio di occhiali per essere condannati a morte. Dopo di
che sono rimasti senza medici, senza insegnanti, senza infermieri.
E l’Ucraina? Specchio specchio delle mie brame: Stalin
doveva recuperare la sua coerenza interna dimostrando di
essere più deciso di Lenin nello sterminare innocenti per
affermare il socialismo. Lenin aveva fatto impiccare 40.000
innocenti a Sebastopoli, per sottomettere l’Ucraina. Era un
sistema di sterminio economico, basato sul minimo sforzo. 40.000 morti furono sufficienti. Impiccate 40.000 persone e si calmano tutti. Ma Stalin deve dimostrare di essere
più deciso. Mi scuso per la volgarità, chiedo perdono ma
non ho altre parole per spiegare cosa veramente è successo, non sono volgarità gratuite, è una spiegazione antropologica etologica espressa in termini grezzi. Sei milioni
di ucraini sono morti perché Stalin doveva dimostrare che
lo aveva più grosso di Lenin e faceva pipì più lontano. Per
gli stessi motivi, cioè, che animano quel tipo di competizione tra i ragazzini. Holodomor, in ucraino, deriva dall’espressione moryty holodom, «infliggere la morte attraverso la fame», ed è il nome con cui si indica questo genocidio dimenticato
Gli ucraini sono stati condannati a morire di fame per
applicare le teorie di Marx ed Engels sulla necessità di sterminare i popoli arretrati, certo, ma non è che gli altri abitanti dell’Unione Sovietica fossero più avanti. In realtà gli
ucraini furono puniti per la loro religiosità, non volevano
abbandonare le loro chiese.
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E l’ordine è arrivato: tutte le derrate alimentari sono state
sottratte dalle case e dato che l’Unione Sovietica era una nazione troppo disorganizzata per spostare quelle derrate da
altre parti, sono state messe a marcire nei silos, protette da
soldati armati. Ai bambini fu insegnato a diventare il bambino eroe, colui che denuncia il padre che ha nascosto in cantina il sacco di grano o di fagioli. Uomini sono stati bastonati a morte per aver cercato di nascondere un sacchetto con
dentro del cibo per i loro figli. Madri scheletriche con in
braccio i loro bimbi dal ventre reso enorme dall’ascite sono
state buttate ancora vive nelle fosse comuni. Per evitare che
facessero disordine nelle strade gli agonizzanti sono stati
gettati in vagoni ferroviari, stipati fino all’inverosimile. C’erano scritte ovunque che vietavano di cibarsi di cadaveri.
Durante le carestie si mangiano i cadaveri e i bambini
muoiono per primi. I bambini sono stati mangiati. Alcuni
giornalisti coraggiosi riuscirono a dare l’allarme, in Ucraina
si mangiano i bambini, ma la propaganda comunista li
smentì. Che i comunisti mangino i bambini divenne la maniera per dileggiare gli anticomunisti. Così stupidi da pensare che i comunisti mangino i bambini. Antifascista, antinazista hanno una valenza alta, indicano persone perbene. Anticomunista continua ad avere una valenza bassa, qualcuno
di ignobile e sordido. Ma i bambini sono veramente stati
mangiati e non solo in Ucraina. La miseria causata dalla follia sovietica causò un gran numero di casi di cannibalismo.
Anche nei gulag ce ne furono. Stalin ordinò degli «esperimenti sociali». Ragazzi criminali, cioè poveri ladruncoli, furono abbandonati nei boschi «per osservare come si forma
una società primitiva». Finì in ferocia e cannibalismo. Durante l’Holodomor, molti furono i crimini contro i bambini:
la morte per fame, il cannibalismo, l’orfanotrofio sovietico.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Moltissimi morirono di stenti, i più fortunati in braccio
alla loro madre, gli altri in terrificanti ospizi.
Molti furono mangiati, come Hänsel e Gretel, come Pollicino.
Compare una barbarie squisitamente comunista, descritta da Orwell in 1984, la penultima violenza contro l’infanzia essendo l’ultima il sogno del bambino terrorista suicida. Compare la figura del «fanciullo eroe», vale a dire il
ragazzino con il cervello talmente infarcito di follia e propaganda che denuncia i suoi stessi genitori, per guadagnarsi un posto nell’orfanotrofio di Stalin. Negli orfanotrofi sovietici, ne ho delineato una rappresentazione metaforica in L’ultimo elfo, i bambini i cui genitori erano stati uccisi
dal regime erano costretti a dire che quei genitori erano stati criminali nemici del popolo: bambini di dodici anni sono
stati fucilati per essersi rifiutati. E tra i bambini orfani a volte c’era il fanciullo eroe, il povero idiota che, con la testa
piena di propaganda, aveva consegnato lui al boia papà e
mamma. Veniva additato al pubblico plauso e aveva le razioni un po’ più grandi, ma anche lui crepava di freddo, fame e tubercolosi come tutti, e prima o poi, mentre se ne stava di notte nella branda condivisa con un altro o con altri
due, sentendo i pianti e i gemiti che riempivano le camerate, prima o poi la verità terribile del crimine commesso cominciava a formarsi nella sua coscienza.
Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del
reame?
L’altra fiaba che spiega le linee del genocidio è Pollicino.
L’orco vuole uccidere i bimbi e finisce per uccidere le sue
stesse figlie. Chi vuol uccidere i figli degli altri, prima o poi
uccide i propri, perché ha perso il senso della vita. Li uccide facendoli morire sotto i bombardamenti, mandandoli
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contro i carri armati, stringendo attorno alla loro vita la cintura di esplosivo. I bambini di 11 anni della Hitler-Jugend
sono stati inviati a fermare i carri armati sovietici perché
Hitler vivesse un’ora di più nel suo bunker. Ma anche l’undicenne nazista è eticamente al di sopra del mito islamico
del bambino terrorista suicida. Una madre oscena ferisce
con un pugnale la fronte del suo bimbo appena lattante.
Un’altra stringe la cintura da terrorista attorno alla vita di
un bimbetto di cinque anni. Persino l’etica minima dell’alligatore, che protegge la sua prole, è stata annientata.
Vedi E. Fromm Il linguaggio dimenticato, Bompiani, Milano 1998, e A.
Miller, La persecuzione del bambino, Bollati Boringhieri, Torino 2007.
2
J. Bowlby, Attaccamento e perdita, Bollati Boringhieri, Torino 2000.
1
3
Industrializzazione. Urbanizzazione.
Perdita della luce. Perdita della bellezza
Compaiono i mostri: Frankenstein e il conte Dracula.
Nelle vie di Londra avviene lo strano caso del dottor Jekyll
e del signor Hyde.
L’Illuminismo è stato una perdita di identità per quattro
motivi:
1) La diminuzione della religiosità, che ci offre un’identità
in quanto amati da Dio (sistema motivazionale dell’attaccamento-accudimento, basato sulle endorfine; coloro che credono in un Dio benevolo hanno maggiori probabilità di essere buoni genitori di coloro che credono in un Dio feroce)
e in quanto appartenenti al popolo dei credenti (sistema
dell’affiliazione al gruppo, basato sulla serotonina).
2) Industrializzazione e urbanizzazione, che accentuano in
maniera esponenziale il fenomeno del disconoscimento già
cominciato all’uscita dalla preistoria. In principio c’era il
branco. Il branco è costituito da un numero di individui
che ognuno conosce. Tutti sono conosciuti dai componenti
del branco. All’interno del branco sono ragionevolmente al
sicuro, è improbabile che sarò attaccato, mentre è probabile che sarò attaccato se mi sbaglio e vado a cacciarmi in un
branco che non è il mio, i cui componenti mi chiariranno a
98
LA REALTÀ DELL’ORCO
colpi di zampe, zanne, becco, corna o quello che è, che sto
invadendo il loro territorio. Ognuno di noi, quindi, ha i segnali di allerta e pericolo bassi quando è circondato da persone note, mentre l’allerta si alza impercettibilmente se siamo circondati da persone che non conosciamo. Nella preistoria il branco viene sostituito dalla tribù nomade e successivamente dal villaggio, numericamente sovrapponibili
al branco. All’inizio l’umanità è in maggioranza costituita
da nomadi. La tribù è piccola, perché difficilmente ci possono essere condizioni tali da sfamare più di una ventina o
trentina di persone contemporaneamente. Il nostro cervello si è evoluto durante la preistoria. È programmato per
muoversi in un mondo dove tutti mi conoscono e io conosco tutti.
Compaiono le migrazioni per motivi lavorativi. L’immigrazione è un fenomeno positivo, certo: invece di restare a
morire di fame sul posto come nelle carestie medievali, i lavoratori si spostano dove c’è ricchezza e lavoro. Ma è anche
un fenomeno pieno di dolore e lacerazione. Le persone vivono in luoghi diversi da quelli in cui sono nati: spesso luoghi diversi per lingua e tradizioni. Io mangio pane e aglio e
dico «all’anima di chi t’è muorto» – cose normali a casa
mia, Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta –, e mi
guardano come se fossi un extraterrestre. Veramente mi
guardano come se fossi uno scarafaggio.
La scolarizzazione, altra cosa meravigliosa, certo, ma anche dolorosa. Ogni anno qualche giovanissimo si suicida
per sottrarsi alle persecuzioni dei compagni di classe. Spesso, decenni dopo la fine della scuola, sono ancora aperte le
ferite inflitte in quegli anni. Un bambino entra in una classe dove decine di altri bambini lo guardano: all’epoca del libro Cuore le classi potevano essere di 60 o 70 alunni. Una si-
INDUSTRIALIZZAZIONE. URBANIZZAZIONE…
99
tuazione impensabile nella preistoria. In più, in un mondo
analfabeta ogni bambino conoscerà solo le cose che sanno i
genitori, con i quali si sente unito. In un mondo scolarizzato avrà una conoscenza diversa, spesso anche superiore a
quella dei genitori magari analfabeti. Come un piccolo di
cigno affidato a delle anatre. Ma questo accentuerà il senso
di estraniamento.
Non intendo convincere nessuno che la vita rurale nel
mondo medievale e post-medievale fosse un bucolico idillio. C’erano una fame e una miseria di cui non abbiamo più
idea. Non c’erano anticrittogamici né fertilizzanti, tutto era
perfettamente «biologico» come diremmo oggi, il che tradotto in termini più prosaici voleva dire che le derrate alimentari erano orridamente striminzite se paragonate alle
attuali, anche nelle annate migliori, e che, anche nelle annate migliori, circa la metà era distrutta dai parassiti. Poi
c’erano le annate peggiori. Per sopravvivere si mangiavano
anche gli alimenti contaminati dalla muffa, produttore di
nitriti e nitrati (cancro dello stomaco), da parassiti come l’aspergillus flavus (cancro dell’esofago), per non parlare della
mitica segale cornuta, con relativo ergotismo, intossicazione di ergotamina, alcaloide contenuto nei chicchi della segale quando attaccata da un parassita che ne causa una
deformazione (delle piccola corna sui chicchi, da cui il nome). Il risultato era una particolare forma di epilessia passata alla storia come ballo di San Vito. Il ballo di San Vito fu
ritenuto essere una conseguenza del morso della tarantola,
ragno presente sul suolo europeo che dava sintomi simili, e
curato con un tipo particolare di musica, Antidotum Tarantulae, o più poveramente tarantella, maggiore esempio in
Italia di musica sciamanica. Oltre alla fame, alla miseria e al
freddo c’era la presenza di una serie di minuscoli amici, nel
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LA REALTÀ DELL’ORCO
loro insieme ben più numerosi di quelli che i fanciulli e le
fanciulle più popolari raccattano su Facebook. Un contadino normale ospitava centinaia di creature tra pidocchi, pulci, acari della scabbia, filarie, piattole, ossiuri e tenie. I vermi causavano malassorbimento, la scabbia insonnia e un fastidio continuo. Se le cose andavano male, si passava dalla
scabbia semplice a quella detta crostosa, e i minuscoli amici potevano diventare migliaia. D’estate si aggiungevano le
zanzare con il doppio risultato: anemia e malaria. E stiamo
parlando di contadini sani: queste non erano malattie. Questo era la norma.
Però quel contadino aveva l’alba. E i tramonti. Aveva il
sole.
La razza umana si è evoluta al sole: senza il sole diretto
sulla pelle, per molte ore al giorno, soprattutto di inverno,
non si ha la formazione di vitamina D e di serotonina. Con
il sole si rilasciano ormoni, così che il nostro corpo si armonizzi con il giorno e la notte, secondo un ritmo che in biologia è detto circadiano.
L’inurbamento ha significato lasciare il sole. Nei quartieri operai, dove il fumo spesso delle fabbriche causava una
situazione di ombra permanente, che andava ad aggravare
quella dovuta alle strade strette e alla mancanza di spazi,
comparivano malattie ignote, le malattie da mancanza di
sole: rachitismo e depressione; i bambini sono tristi e le loro ossa si incurvano trasformandoli in storpi. La malattia
mentale non è sempre uguale a se stessa. Se il paziente è circondato da un ambiente sereno, può diventare «compensata», o addirittura latente, cioè in un equilibrio accettabile.
Se l’ambiente che circonda il paziente è fatto di agitazione,
conflitto, aggressività, odio, la follia esplode. Emergono le
psicosi. La malattia mentale comincia a comparire in un
INDUSTRIALIZZAZIONE. URBANIZZAZIONE…
101
sempre maggior numero di narrazioni, e alligna come una
nebbiolina di fondo in tutti i paesaggi cacofonicamente policromatici di Alice nel Paese delle Meraviglie. Certo la follia
esisteva anche prima, ma era più gestibile. In un mondo rurale chi soffriva di problemi gravi nelle relazioni, autismo o
schizofrenia, aveva pronto il lavoro di pastore. Disperso in
mezzo alle valli con le capre, aveva la possibilità di cavarsela. Inoltre nella famiglia patriarcale c’era sempre una
donna che restava in casa a badare ai bambini più piccoli,
al vecchio nonno e alla cugina un po’ strana. Dove la famiglia patriarcale si dissolve ci liberiamo di genitori, suoceri e
cognate, e la libertà aumenta, certo, ma occorre ricorrere
agli appositi istituti per i bimbi piccoli, i vecchi e quelli più
o meno strani. Nel mondo contemporaneo occorre fornire
delle performance. Il continuo confronto con l’orologio, indispensabile in una realtà basata sull’incastro degli uni verso gli altri, rende più facile la frustrazione che a sua volta
causa lo scompenso e il crollo.
Discorso analogo per la minorazione mentale: in passato frequentissima. La moderna medicina ha cancellato intere categorie di malati mentali; le due cause in passato più
frequenti, il cretinismo ipotiroideo congenito e la deficienza da postumi di meningite, non esistono praticamente più.
La persona con minorazione veniva messa a fare lavori facili, sgranare i fagioli, nutrire i polli, e se la cavava. In un
mondo industriale non ce la fa.
Il buio, la mancanza di luce, la mancanza di bellezza sono presenti in tutta la narrativa fantastica. Buio, caverne,
miniere, luoghi chiusi, antri. Toni cupi ha l’urban fantasy.
La pioggia cade incessante, scura e oscura, nel mondo di
Blade Runner. Dal clima a una serie di virus, accidentali o
frutto della ricerca umana, tutto congiura. La perdita della
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LA REALTÀ DELL’ORCO
bellezza si riassume nell’immagine della terra ridotta a
un’infinita discarica. È un tema ossessivo e ricorrente di un
infinito filone catastrofico e post-apocalittico dove
WALL•E il robottino, il resiliente, simbolo dell’eroe quotidiano che salva il mondo non arrendendosi mai, cerca di rimettere ordine costruendo muraglie di spazzatura, sotto un
sole accecante, tra tempeste di sabbia devastanti.
Per i luoghi sporchi, per la bellezza persa, è magistrale la
descrizione del ritorno degli eroi vincitori nella contea ormai degradata nella parte finale di Il Signore degli Anelli, ancora più orribile di Mordor, come dice Sam, perché qui la
parte infangata è dentro la tua anima. Noi tolkeniani convinti mai perdoneremo a Peter Jackson di aver tagliato nel
film il ritorno nella contea.
Con l’urbanizzazione aumenta la disgregazione dei nuclei familiari. L’uomo del risentimento è sempre più annegato nel risentimento e anche nell’alcol che, grazie ai miglioramenti dell’agricoltura, è sempre meno caro e più diffuso. In effetti, l’alcolismo si espande a dismisura e nasce la
dizione cirrosi alcolica per indicare la distruzione del fegato che ne consegue. Nelle epoche passate solo i benestanti
potevano avere abbastanza alcol da causarsi una cirrosi di
qualità, ed essendo il loro numero molto esiguo, la correlazione tra alcolismo e degenerazione epatica non era stata
colta.
L’uomo ha perso Dio, e non tollera più la morte. Non la
tollera Victor Frankenstein, che alla perdita della madre comincia a sognare il discutibile sogno di far tornare in vita i
defunti. Nello straordinario racconto di Mary Shelley, è un
mondo di mera materia che genera mostri inenarrabili. Victor Frankenstein mette insieme una creatura francamente
bruttina, assemblando a caso pezzi di cadaveri e senza
INDUSTRIALIZZAZIONE. URBANIZZAZIONE…
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prendersi il disturbo di fare una sutura decente. Avesse affrontato il sottocute e cucito con filo più sottile punti più
piccoli e vicini, magari la creatura veniva meglio e ci si evitava una marea di grane e un bel po’ di morti ammazzati.
Oltre a qualche nozione di chirurga plastica, quello che
manca a Frankenstein è un’etica di buona qualità, che è
quella dove non tutto è opinabile e un paio di regole rigide
è meglio che ci siano. Sono molti i temi presenti: il rifiuto
che genera odio – il mostro di Frankestein è un ennesimo
uomo del risentimento, il non amato che uccide gli amati,
Caino che assassina Abele perché suo padre non lo ama, l’odio del figlio per il padre che lo disconosce –, la scienza
senz’anima fuori controllo, e la disumanità del criminale
privo di compassione.
Nella seconda metà dell’800 arriva l’altro archetipo, il
conte Dracula di Transilvania. Un non morto. Il crocefisso
che serve a fermare i vampiri, cioè la cultura di morte, costituisce una bizzarra, senz’altro involontaria, ma efficace
metafora del cristianesimo come antidoto alle culture di
morte. Compare nel libro il manicomio, altra istituzione
sempre più presente. E una particolarità gastronomica, o,
meglio, antigastronomica: la perplessità britannica davanti
all’aglio. Solo a un inglese poteva venire in mente di fermare il malefico e invincibile conte con l’ingrediente preferito della cucina mediterranea.
Il conte Dracula ha ascendenze con Vlad III di Valacchia,
detto l’Impalatore, terrificante figura storica, e ha una progenie infinita. Nella realtà storica il mito del vampiro fu la
giustificazione popolare di una malattia per secoli incomprensibile: la tubercolosi. Persone forti e sane cominciavano
a diventare sempre più pallide e deboli, a volte sviluppando strane lesioni sul collo: in realtà era la cosiddetta scrofo-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
la, la presenza cioè di linfonodi infetti, tumefatti, a volte
aperti verso l’esterno. Qualcuno si era forse alzato dalla
tomba per succhiare il sangue.
Un vampiro crea un altro vampiro: un contagio. Come
tra psicotici, come nelle ideologie folli e malate, nelle culture di morte, un terrorista crea un altro terrorista. Come restare vivi, eticamente vivi, in un mondo di vampiri?
Nelle vie di Londra anche il dottor Jekyll e il signor Hyde hanno smarrito il libero arbitrio, e sono rimasti vittime
della materia. È la chimica che stabilisce se un uomo sarà
una persona perbene o un criminale.
Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde contiene
anche una riflessione sul doppio e sull’ombra. Nel racconto ci sono le prime avvisaglie del disturbo di personalità
multiplo, il fatto che nella stessa persona possano convivere personalità diverse, non sempre comunicanti tra di loro.
Jekyll non ha mai accettato la sua parte oscura, probabilmente fa parte dei gentiluomini che non hanno mai dato un
pugno, non sa controllare la sua aggressività e questa quindi, quando riesce a emergere, non ha più limiti. Il dottor
Jekyll ricorda la propria vita da oscuro e usa tutta la sua capacità razionale per proteggersi anche in versione Hyde. Le
due figure non sono così lontane.
C’è però dell’altro. L’etere e il cloroformio fanno la loro
comparsa per consentire la chirurgia senza dolore, e per ricordare che il pensiero può essere abolito e cambiato dalla
chimica.
L’alcol e il vino sono di produzione sempre più economica. Un uomo perbene quando ha bevuto può diventare
irriconoscibile. Può diventare una belva.
Sono arrivati in Europa gli echi di civiltà lontane, i loro
profumi, i tessuti, le storie, le spezie, anche le droghe. Sem-
INDUSTRIALIZZAZIONE. URBANIZZAZIONE…
105
pre più facili da trovare, sempre più numerose, sempre più
inglobate nella farmacopea, certo, ma anche nel vizio, termine desueto fino all’imbarazzante, ma che rende l’idea di
una mente che si butta via. Che per pura idiozia, pura imbecillità, puro conformismo, puro ridicolo e isterico delirio
di trasgressione e quindi di innocenza, butta via l’ultimo e
il più straordinario dei doni, la scelta, il libero arbitrio. Nella mia testa ci sono solo io.
Nessuna sostanza che alteri il mio io deve entrare dentro
di me. Mai.
Ho visto innumerevoli volte comparire Mister Hyde. Bastano uno spinello e un paio di birre perché si possa avere
uno scompenso psicotico. Pensieri oscuri cominciano a
comparire, la paranoia si infiltra come una lunga fila di processionarie. L’odio si esaspera. Compare l’incoscienza, il
mitico chissenefrega. Lo spinello, la cannabis è sempre più
celebrato come pratica normale, passaggio obbligato, che
poi però non passa e resta lì, fino alle età canoniche. Nei
film degli ultimi anni il consumatore è sempre più un personaggio positivo, colui che si oppone a un personaggio
bieco, stolto, bigotto. Lo spinello non ha mai ucciso nessuno? Alle centinaia e centinaia di individui che ogni anno
vengono uccisi sulla strada da conducenti che si erano allegramente «fatti», non ha fatto poi così bene. Il consumo cronico può rendere la psicosi grave, in alcuni casi irreversibile. Non tutti, certo, ma alcuni diventano belve, fanno cose
che mai avrebbero pensato di fare. Una ragazzina con l’aiuto del fidanzatino compie un massacro atroce: uccide la madre e il fratellino minore.
La cocaina è un’altra strada per la follia: un uomo mite
trova il coraggio di torturare a morte. Figli amorevoli massacrano a calci le madri che cercavano di negare loro i soldi
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LA REALTÀ DELL’ORCO
per la dose. Ma il peggio è il quotidiano, l’enorme esercito
dei consumatori cronici e abituali, che ti espongono la loro
inevitabile mediocrità, la loro ovvia imbecillità convinti che
sia la norma. I padri offrono lo spinello ai figli, non capendo che a causa della selezione delle piante uno spinello attuale ha un contenuto di alcaloide decine di volte superiore a quello del ’68, non capendo che un gesto autoaggressivo come il consumo di una sostanza psicotropa deve almeno avere la valenza di una trasgressione. Quando non ce
l’ha, al figlio è stato sottratto anche il diritto di differenziarsi dal padre violandone le regole. Senza regole violerà le
leggi stesse della vita, andandosi ad ammazzare di overdose a un rave party a diciotto anni.
La droga funziona perché somiglia a una molecola che
noi abbiamo già nel nostro organismo. La morfina somiglia
alle endorfine, la cocaina alle catecolamine, la cannabis all’endocannabinoide, l’ecstasy incide sul sistema della serotonina, di cui aumenta il tasso.
L’organismo ha un meccanismo di controllo con cui
evita di produrre sostanze in eccesso e inutili e resta ingannato.
Se si assume morfina la produzione di endorfina crolla,
e in caso di mancata assunzione si avrà la dolorosissima crisi di astinenza. Se si assume cocaina crolla la produzione di
catecolamine, con una stagnante depressione alla fine dell’assunzione ed effetti simili per ogni droga. Se funziona è
perché somiglia a un qualcosa e assumendola noi abbattiamo la produzione di quel qualche cosa senza il quale siamo
depressi e dolenti. Assumere droga è come prendere soldi a
usura. Con un beneficio di valore dieci per oggi mi costruisco un malessere di valore venti domani, dopodomani e il
giorno dopo.
INDUSTRIALIZZAZIONE. URBANIZZAZIONE…
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Stevenson subisce anche l’influsso della fisiognomica.
Mister Hyde, come i malvagi dei film muti, è tragicamente
brutto, ripugnante, nella top ten del ripugnante, specchio
specchio delle mie brame chi è il più scorfano del reame,
sgomita con l’imperatore di Guerre stellari e il mostro di
Frankenstein. L’ingenua teoria che la mostruosità dell’anima sia immediatamente riconoscibile ha regnato incontrastata in tutti i film muti, ma è definitivamente smentita da
tutte le immagini di Hitler che bacia bimbi biondi sulla testolina e sull’ignobile documentario di Stalin vestito di
bianco che si dà al giardinaggio zappettando rose sempre
bianche in un meraviglioso giardino.
Il documentario, mentre milioni di uomini morivano nei
gulag, vinse anche un premio al Festival di Venezia, a riprova, non solo dell’abituale servilismo dell’intellettuale
nostrano per i mostri, ma anche della sua cronica incapacità
a riconoscerli.
I senza etica sono a forma di scimmia? Non sempre. A
volte sono dannatamente affascinanti.
Negli anni attuali finalmente la dicotomia bello/buono,
brutto/odioso viene infranta, toccando l’apogeo nella saga
di Shrek. Il mostro ritrova il suo significato etimologico:
qualcosa che vale la pena di essere mostrato, qualcosa di
fuori dall’ordinario.
Se le nostre ossa, i nostri lineamenti dipendono dalla nostra storia genetica, le nostre espressioni dipendono da noi.
Il volto umano è sempre sfigurato dalla collera e dall’odio.
Le facce delle folle naziste, sovietiche, cinesi, cubane e
ora islamiche sfigurate dall’odio è qualcosa di terrificante.
Certo non tutti sono assassini, non tutti sono assassini tutti
i giorni, ma quelle facce dove l’umanità si è fusa con il demoniaco ci ricordano come solo i più forti, i più saldi, quel-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
li con un’etica forte, quelli con la Legge non diventano mai
assassini. Gli altri possono essere una persona «normale»
per parte della loro vita e poi diventare Mr. Hyde. Il fenomeno è stato descritto da Manzoni e da Orwell. Rendiamo
grazie a entrambi per questa informazione.
4
Il romanzo fantastico: la morte del figlio
L’Illuminismo ha significato andare oltre le Colonne
d’Ercole. Più liberi, certo, ma anche più sradicati. Fuori dalla prigione di un pensiero dogmatico vuol dire fuori dalla
protezione di un pensiero dogmatico.
La religiosità è un muro, è un tetto, è una piazza piena di
gente. Un lago tiepido e pieno di pesci colorati.
Se la sofferenza picchia, se sono in ginocchio dal dolore,
non importa: il mio Dio lo sa, è con me, ha scritto tutto come un ragioniere puntiglioso.
Nella laicità il dolore non ha senso, è un’ingiustizia intollerabile.
Come è possibile senza religione affrontare la morte di
un figlio?
Nulla prepara alla morte di un figlio, ma in un mondo di
credenti, diventa sopportabile. Persino la morte di un figlio
diventa sopportabile se devo comporne il corpo in una
chiesa dove qualcuno mi leggerà la preghiera dei morti di
sant’Agostino:
Se mi ami non piangere!
Se tu conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo,
se tu potessi vedere e sentire quello che io vedo e sento
110
LA REALTÀ DELL’ORCO
in questi orizzonti senza fine,
e in questa luce che tutto investe e penetra,
tu non piangeresti se mi ami. 1
Se non sono credente, la morte di mio figlio sarà intollerabile. Mio figlio sarà stato solo un ammasso casuale di atomi.
Il dolore della morte del figlio, essendo intollerabile, lo
ritroviamo nel luogo dove collochiamo le cose intollerabili:
la narrativa fantastica.
Sono quattro le grandi storie che parlano della morte di
un figlio.
Pinocchio è figlio adottivo di un falegname che non è veramente suo padre (già sentita), finisce nel ventre di un pesce molto grande (già sentita anche questa), viene condotto
sulla via della perdizione da un tizio che si chiama Lucignolo (l’altro si chiamava Lucifero) e muore per poter resuscitare.
Come il bambino muore per diventare angelo, cioè per
aumentare la sua spiritualità, così il burattino muore per diventare bambino, cioè per aumentare la sua spiritualità. Ci
stanno raccontando la morte del figlio.
Alice cade in uno spaventoso mondo verticale e si perde. Cade nella tana del Bianconiglio, cade e cade e arriva
dove arrivano i tunnel verticali: sottoterra. Le metafore di
morte in Alice nel paese delle meraviglie sono moltissime. Le
regole del mondo dei vivi, la gravità, la stabilità delle dimensioni non valgono perché è un Ade pagano con tre mani di vernice sopra.
Peter Pan è perso da una mamma distratta e diviene il
bambino che non cresce. Tutti i bambini cresceranno tranne
uno, Peter.
IL ROMANZO FANTASTICO: LA MORTE DEL FIGLIO
111
Peter è stato perso da sua madre, e il perdere un figlio ha
un solo significato: che il figlio è morto. E dato che la religiosità è sempre più flebile e ridicolizzata, non sono più gli
angeli le creature alate che vanno a prendere i bambini perduti, ma degli scacazzini 2 di fatine isteriche.
There were odd stories about him;
As that children died
He went part of the way with them,
So that they should not be frightened. 3
Peter Pan è l’angelo della morte. Lui e i bambini perduti sono morti. Sono morti in ospedale.
Forse non avete mai visto la pianta della mente di un uomo.
I medici talvolta disegnano piante di altre parti del corpo,
anche del vostro, e la vostra pianta personale può risultare
interessante, per voi. Provate a dire loro di tracciare la pianta della mente di un bambino, che non solo è confusa, ma è
in continuo movimento. Difficilmente ci riescono. Vi sono
linee a zig-zag come quelle che segnano la vostra temperatura su una tabella clinica e con ogni verosimiglianza rappresentano le vie di un’isola. Infatti l’Isola che non c’è è, più
o meno, un’isola con meravigliose macchie di colore, qua e
là, e banchi di corallo, e vascelli pirata al largo, e selvagge
tane solitarie, e gnomi che per lo più esercitano il mestiere
di sarto.
Ci sono nel libro frequenti allusioni a un mondo di malattia e di ospedalizzazione. I tre bambini ospiti sono in pigiama o camicia da notte per tutta la narrazione: loro torneranno a casa. Peter e i bambini perduti no: loro in quelle
112
LA REALTÀ DELL’ORCO
corsie sono morti. Nel Medioevo i bambini crepavano come
mosche, ma a casa e in braccio a mamma.
Ora con l’industrializzazione i bambini vanno in ospedale, e i sentieri dell’Isola che non c’è somigliano ai grafici
della temperatura. E non sempre i bambini tornano. Non
c’era il telefono. La mamma andava la domenica a trovare
il suo bambino e le consegnavano le scarpine e il vestitino
perché lui era morto il giovedì. Solo. Impotente e solo.
Peter ha sogni atroci, incubi sconvolgenti, da cui solo
Wendy lo consola come consolano le madri: ninnandolo.
Quando Peter non è presente, tutto l’ingranaggio si ferma,
anche indiani e pirati smettono di guerreggiare: l’Isola che
non c’è è il sogno di un bambino malato. Il romanzo gronda sangue. È un sogno, certo, un gioco, però è il sogno
cruento di un bambino malato che trasferisce il sangue che
imbratta le siringhe che usano per lui sulle spade dei bimbi perduti. Quando i pirati aggrediscono gli indiani è una
carneficina. Un gioco, certo, ma le parole sangue e morto
vengono ripetute ossessivamente. Peter è un bimbo piccolo. Non ha ancora cominciato a perdere i denti. Ha i denti
da latte e li ha tutti. Una fila di perle. Più di una volta questa fila di perle viene nominata e l’idea di questi denti caduchi che non cadranno mai accentua l’impressione di
qualcosa di profondamente tragico.
Il mondo di Alice, così come l’Isola che non c’è, sono
condensati di sogni, giochi e fantasticherie infantili: quello
di Peter più strutturato e logico, quello di Alice più ermetico e onirico.
Sotto un’allegria di facciata si cela l’orrore dei regni dei
morti di epoca precristiana. Sono rappresentazioni multicolori dell’Ade. In realtà, la tragedia di fondo di questi mondi senza futuro è che in cambio di una manciata di giocat-
IL ROMANZO FANTASTICO: LA MORTE DEL FIGLIO
113
toli, di indiani amichevoli e pirati pasticcioni destinati alla
sconfitta permanente, è stato tolto il crescere. I bimbi perduti raccolti da Peter Pan nell’Isola che non c’è si riuniscono attorno a Wendy perché racconti una storia, in uno slancio di nostalgia atroce per la madre che «li ha persi». Ho
perso mio figlio: il mio bambino è morto. Tutti i bambini
crescono, ma non il mio. Come Peter Pan, il mio bambino è
confinato in un limbo che somiglia a un ciclopico parco giochi, altrettanto insulso e triste.
Ossessivo, nelle due narrazioni, è il ticchettio. Il cipollone del Bianconiglio, sempre in ritardo, e la sveglia nello stomaco del coccodrillo scandiscono un tempo senza futuro.
Il ticchettio dell’orologio è una delle grandi scoperte
dell’umanità. Non è solo lo strumento indispensabile alla
totalità della tecnologia recente, ma è stato lo strumento
necessario per misurare e pagare il tempo del lavoratore.
In luoghi non abituati all’orologio, come le vecchie comunità agricole, il tempo del lavoro non viene calcolato come
valore.
Il ticchettio dell’orologio è quello che ci permette di
prendere il treno. È quello che permette l’esistenza del
treno.
Se però il tempo di mio figlio è contato, se questo tempo
non è destinato ad avere un domani, se qualcuno mi ha detto: ancora un mese, signora, forse tre, allora il ticchettio dell’orologio diventa altro.
Dipende da quanto risponde alla terapia con la digitale.
Dipende da quanto gli farà bene il sanatorio.
Ancora un mese, forse due, forse cinque, dipende da
quanto risponderà alla chemioterapia.
Allora il ticchettio dell’orologio diventa un’ossessione.
Un incubo.
114
LA REALTÀ DELL’ORCO
C’è una strana forma di mancanza d’amore nell’impedire la nascita. Una straordinaria forma di aridità. È già descritta in Peter Pan.
Prima dell’epoca contemporanea i bambini erano, dal
punto di vista economico, una ricchezza, un vantaggio. Potevano essere mangiati: nelle tribù primitive, per non morire tutti di fame nei periodi di carestia, si sacrificava il bambino più piccolo. Potevano essere venduti: fino al secolo
scorso, sino al secondo dopoguerra i bambini erano «affittati» nelle fattorie dove facevano i servi e dormivano nelle
stalle mangiando gli avanzi. Il bambino lavorava e, in età
adulta, avrebbe mantenuto i genitori. Molti genitori erano
persone orribili, e mettevano al mondo i figli perché non
c’era altra scelta, visto che madre natura ha messo sessualità e riproduzione attaccate l’una all’altra. Il bambino era
sfruttato, maltrattato, però era vivo. Il dono della vita, di
malavoglia, con un prezzo e un peso, alla fine però, veniva
fatto.
Con il divieto allo sfruttamento del bambino e con le assicurazioni sociali che garantiscono la pensione mettere al
mondo un figlio è un peso. Gli anticoncezionali e l’aborto
permettono di scegliere. L’uomo moderno non sempre ha
voglia di accollarsi questo peso. Da quando, con gli anticoncezionali, sessualità e riproduzione sono state separate,
la paternità si è dispersa in una marea di dubbi, di rimandi.
Abbiamo una natalità di 1,3 figli per madre. Al di sotto del
2,1 un popolo non ha futuro, è destinato a estinguersi.
Il padre di Wendy, a ogni bambino, spiega alla moglie,
facendo tutti i calcoli, come quel bambino non se lo possano permettere, come sarebbe meglio non averlo.
Il dialogo ha un effetto comico, questa almeno era l’intenzione dell’epoca, ma rileggiamolo adesso, che l’aborto è
IL ROMANZO FANTASTICO: LA MORTE DEL FIGLIO
115
permesso e normale, la contraccezione obbligatoria e ci
stiamo estinguendo per mancanza di bambini: vengono i
brividi lungo la schiena. Ho ascoltato nella mia vita il pianto di donne che avevano «liberamente» scelto l’aborto perché il marito e il compagno avevano spiegato che no, vedi,
non ce lo possiamo permettere: mi sembrava di rileggere
Peter Pan. E lei si lascia convincere, certo, e poi resta lì, dopo anni è ancora lì che dice: «Oggi avrebbe sei anni, andrebbe a scuola».
Di Peter Pan è straordinario il colore, la leggerezza del
volo. L’ultimo grande significato del libro è la capacità della nostra mente di creare una realtà e viverci.
All’interno della nostra testa c’è solo il nostro pensiero.
La mente umana può volare, anche dal fondo delle prigioni o dei lazzaretti.
È il messaggio che ci ha dato dal campo di concentramento Viktor Frankl, quello che ci ha dato Milton Erickson
dalla sedia a rotelle. Noi siamo gli unici padroni del nostro
pensiero e quindi della nostra gioia. La capacità di portare
la mente in luoghi incantati è l’estrema libertà, quella inviolabile.
In Il Piccolo Principe ci perdiamo anche le metafore. Il Piccolo Principe non cade nella tana del Bianconiglio, non parte per l’Isola che non c’è.
Il Piccolo Principe, semplicemente, muore.
Il Piccolo Principe muore perché non sopportiamo la
morte del figlio e da qualche parte dovevamo metterla.
Il Piccolo Principe muore perché la morte del bambino,
tabù nel cristianesimo, è stata sdoganata.
Il libro è stato pubblicato nel ’43, Auschwitz esisteva ed
era operativo a pieno regime.
116
LA REALTÀ DELL’ORCO
La voce dell’Illuminismo è quella del medico di Camus
(La peste), che si rifiuta di credere a un Dio che permette una
malattia che uccide i bambini con sofferenze atroci. Mi rifiuto di credere a un Dio che tortura un bambino. Sostanzialmente smettiamo di credere in Dio perché ci sentiamo
«eticamente superiori». Fossimo stati noi a fare il mondo,
avremmo fatto meglio.
Qui c’è un altro problema, ed è un problema che non
può non spezzarci il cuore tutte le volte che ci pensiamo.
Perché, se esiste un Dio e se è misericordioso, esiste il dolore? Perché quando succedono cose terribili, Dio non interviene? Non è possibile porsi il problema del dolore del
mondo senza porsi quello della giustizia, che è il problema
in assoluto, il primo a cui pensiamo quando cominciamo a
pensare. Questo è il motivo per cui ci sono in giro tanti libri
su Babbo Natale: è un bel sogno che ristabilisce un’idea di
rassicurante giustizia – se sei stato buono ti porta il cioccolato –, e i libri di Roald Dahl, se sei stato cattivo nel sacco
c’è solo il mitico Storia dell’evoluzione dell’epistemologia mitteleuropea tardo medioevale in dodici volumi. Se uno ha strappato le ali alle mosche i volumi sono tredici, mentre spiaccicarle al muro con un colpo solo non costituisce reato perché rientra nel campo della legittima difesa. Chissà quanti
volumi di epistemologia aveva Hitler: probabilmente gli
era venuto in mente di conquistare il mondo perché non sapeva più dove metterli. A proposito di Hitler, perché un Dio
compassionevole ha permesso Auschwitz? Perché non è
sceso a liberare tutte le povere donne che non avevano mai
fatto male a nessuno, trascinate sui roghi? Cominciamo alle elementari: tutto quello che ci fanno leggere sono le storie su Babbo Natale, ma ci sono sempre i telegiornali e i libri di storia. Le elementari sono la fine dell’innocenza. La
IL ROMANZO FANTASTICO: LA MORTE DEL FIGLIO
117
domanda arriva lì, tra la terza e la quarta. Qualcuno la posticipa fino alla quinta, ma prima o poi arriva.
Il Piccolo Principe ci dà il messaggio definitivo. Se esiste
il dolore è perché esiste la gioia. Se soffriamo per aver perso qualcuno, è perché abbiamo avuto la gioia di averlo
amato.
Quando è morta mia madre, di sclerosi laterale amiotrofica, abbiamo
trovato questi versi scritti sulla sua agenda in continuazione, fino a
quando ha potuto scrivere.
2
Napoletanismo: vuol dire creature piccole e di scarsa importanza.
3
«Si raccontavano di lui molte strane storie, si diceva che quando i bimbi morivano, lui li accompagnava nel primo tratto di strada, perché non
avessero paura», James Matthew Barrie, Peter Pan, cap. 1 («Presentazione di Peter»).
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Oscar Wilde, la perdita dell’anima.
Verrà ritrovata nella sofferenza
Altro grandissimo raccontatore di fiabe del XIX secolo è
Oscar Wilde. Brillante, geniale, intelligente, elegante, molto
critico con l’ipocrisia, insofferente alla stupidità, e anche
parecchio snob, se dobbiamo dirla tutta.
«Alta sulla città, in cima a una colonna, stava la statua
del Principe Felice. Era tutta ricoperta di sottile foglia d’oro
zecchino, e per occhi aveva due lucenti zaffiri, e un grosso
rubino ardeva rosso sull’elsa della sua spada.»
Oscar Wilde è un gigante della letteratura fantastica. In
Il fantasma di Canterville, oltre a una buona dose di ironica
simpatia e a un ammirato sarcasmo per il pragmatismo e
il coraggio dei confratelli statunitensi, Oscar Wilde esprime un concetto geniale: è la nostra paura che alimenta i
mostri, il coraggio leva loro forza e quindi, alla fine, permette che la loro malvagità sia risolta così che anche i mostri trovino la strada della salvezza. Il fantasma di Canterville è una narrazione dove sotto una veste brillante, ironica, divertente, scanzonata e lieve appare la realtà incontrovertibile che il coraggio e la compassione salveranno il
mondo, ma a patto che entrambe siano presenti, una di
fianco all’altra. Ognuna delle due virtù senza l’altra non
ha valore.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Il ritratto di Dorian Gray anticipa labbroni, botulino, quell’infernale e dolorosissima pratica che è il lifting, che però è
una passeggiata nel parco paragonato alla liposuzione, perché almeno il lifting non causa decesso, la liposuzione invece sì. Dorian Gray butta via la sua anima per l’eterna giovinezza. Contrariamente a Faust, che almeno all’inizio ha
motivazioni nobili, Dorian Gray è proprio l’insulso narciso,
il vuoto esteta che ha nello specchio l’alfa e l’omega della
sua esistenza. L’uomo postmoderno ha ceduto la sua anima
in cambio di una bellezza eterna al silicone, le sopracciglia
depilate e la depilazione al laser.
In una fiaba poco nota, Il pescatore e la sua anima, Oscar
Wilde riprende due temi di Andersen, quello della Sirenetta e quello dell’Uomo senza ombra. Il pescatore rinuncia alla sua anima in cambio dell’amore della Sirenetta, siamo un
gradino al di sopra di Faust, tre gradini al di sopra di Dorian Gray, però il discorso non cambia: l’uomo moderno è
pronto a dare via l’anima al primo acquirente con un’inquietante facilità.
E alla fine cosa succede? La fiaba del pescatore finisce malissimo, la vita di Wilde in maniera atroce e meravigliosa.
Dopo un ignobile processo che «punì» la sua omosessualità, senza che tuttavia fosse processato il suo aristocratico amante, Oscar Wilde fu imprigionato.
«Dov’è il dolore, là il suolo è sacro.»
Nell’ultima parte della sua vita Oscar Wilde ha scritto
uno dei libri più belli sul significato del dolore, il De profundis. In esso egli racconta la straordinaria e terribile potenza della sofferenza. L’anima è stata ritrovata.
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Kafka e Orwell: le distopie adulte
Nel 1915, nelle stesse vie della città di Praga dove sono
echeggiati i passi del Golem, Kafka scrive La metamorfosi.
Gregor Samsa, dopo una notte di sogni inquieti, si sveglia
al mattino trasformato in scarafaggio. Poi c’è Il processo: un
uomo è condannato a morte, senza sapere il perché. Infine
Nella colonia penale: sul corpo del condannato l’imputazione
viene scritta con una macchina infernale in un supplizio
che dura dodici ore, la cui descrizione prende allo stomaco,
dà la nausea. Così almeno capirà e saprà perché lo stanno
uccidendo.
Non è successo questo? Un intero popolo trasformato in
scarafaggio, ucciso con il gas che si usa contro le infestazioni da insetti, condannato a morte per una colpa ignota.
Kafka fu stroncato dalla tubercolosi, ma le sue tre sorelle sono morte in un lager. Il nostro cervello inconscio, decifrando il linguaggio verbale e non verbale, notando quello che
non sappiamo di avere notato, memorizzando quello che
non sappiamo di sapere, giunge ad avere un quadro molto
più esatto della realtà. Il cervello inconscio di Kafka sapeva
che l’antisemitismo stava montando a livelli omicidi come
non mai. Non la parte cosciente, lui non aveva veramente
«capito», altrimenti avrebbe dato l’allarme, avrebbe allon-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
tanato le sorelle. Il suo non fu un «sapere», fu un confuso
«sentire», un intuire ombre nella nebbia, come in un sogno.
Se le metafore di Kafka sono inconsce, quelle di Orwell
sono plateali. Anche lui malato di tubercolosi scrive nel
1948 il libro 1984, dove esprime l’orrore per lo stalinismo e
il terrore che la dittatura sovietica o suoi cloni conquistino
il mondo, annullando ogni decenza umana.
Un dittatore senza vera presenza fisica, avente come
simbolo un grande occhio, per molti versi quindi simile a
Sauron, l’oscuro signore di Il Signore degli Anelli, distrugge
la libertà e l’umanità dei suoi sciagurati sudditi. L’oscuro signore di Orwell regna incontrastato su un mondo di miseria assoluta, di menzogna, di impedimento del pensiero, di
arbitrio e tortura, dove ognuno può essere guardato in
qualsiasi momento grazie a un sistema di ripresa, oggi diremmo videocamera, inserito in televisori che devono sempre essere tenuti accesi, mentre latrano la loro martellante
propaganda. La percezione di Orwell è corretta, l’unica corretta di tutte le distopie. Dove non c’è pensiero, dove non
c’è filologia, l’economia è ridotta alla misera assoluta. La
Corea del Nord, come l’Unione Sovietica, Cuba e la DDR
prima di lei, è un luogo di fame e povertà. La Corea del
Nord sta facendo il possibile per somigliare a 1984: è un
luogo dove è obbligatorio tenere sempre la radio accesa. Sono troppo pezzenti per la televisione con videocamera incorporata. La Corea del Nord inoltre continua la campagna
per il fanciullo eroe, che è colui che denuncia i propri genitori, anche questo descritto in 1984. L’economia fiorente di
altre distopie, da Fahrenheit 451 di Ray Bradbury a Il Mondo
Nuovo di Huxley a innumerevoli altre, è un inverosimile errore. Il dittatore descritto si chiama Il Grande Fratello, nome che ora usa per una trasmissione che potremmo defini-
KAFKA E ORWELL: LE DISTOPIE ADULTE
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re molto civettuola, così non ci sforziamo di trovare altri aggettivi. Quindi la spaventosa ma non irrealistica distopia di
1984 dà il nome a un gruppo di giulivi fanciulli in una casa
sotto gli occhi di tutti, in una situazione paradossale, che inverte privato e pubblico. «Il Grande Fratello» realizza il sogno di molti di essere famosi, sogno inevitabile dove ci sia
un’identità debole. Che almeno tutti mi conoscano, così si
realizza di nuovo la situazione preistorica: nel villaggio
preistorico, nella tribù tutti mi conoscono. Non essere conosciuti, non essere riconosciuti è una situazione anomala
per il cervello umano. La preistoria è un periodo infinitamente più lungo della storia, che è un battito d’ali al confronto. Il nostro cervello si è evoluto durante la preistoria,
periodo durante il quale ci si relazionava solo con persone
conosciute da sempre. Non essere conosciuti e riconosciuti
è per noi una situazione che ha qualcosa di inquietante.
Dobbiamo confrontarci con un mondo postmoderno disponendo di un cervello preistorico.
Il sogno di molti è essere conosciuti da tutti, ma per essere conosciuti da tutti occorre essere molto bravi in qualcosa: vincere le Olimpiadi, scrivere un best seller, raggiungere il red carpet o almeno andarci vicino.
Fare qualcosa di insolito e metterlo su You Tube: possiamo aggiungere You Tube al novero delle narrazioni.
Avere commesso un crimine particolarmente creativo e
soprattutto di risoluzione non troppo scontata, per cui non
solo si finisce in prima pagina ma ci si resta per un certo periodo, e si conquistano i talk show. Consigliata una situazione che permetta colpi di scena.
Andare al «Grande Fratello» è la migliore scorciatoia per
la notorietà.
124
LA REALTÀ DELL’ORCO
Già che lo abbiamo nominato, possiamo chiederci perché così tante persone guardino i reality.
I reality, come i social network, sono epifenomeni. Cioè
sono sintomi.
Mi spiego: il fenomeno è che l’auto non ha benzina, l’epifenomeno è che si accende la spia della riserva, la conseguenza che la macchina si ferma. Se ignoro che va messa
benzina nell’auto, concluderò che tutte le volte che l’auto si
ferma è perché si è accesa la spia rossa. Confondiamo gli
epifenomeni con i fenomeni.
Il fenomeno è la mancanza di segni di affiliazione al
gruppo, anzi la mancanza di affiliazione al gruppo. Dispersi nel relativismo, senza miti condivisi, senza riti, senza un
accidenti di niente, restano solo piercing, tatuaggi, reality e
social network a creare in una persona giovane che non abbia ancora una vita strutturata, l’illusione di un gruppo di
appartenenza e di condivisione.
In 1984, oltre alla corretta rappresentazione del potere
dittatoriale che perde entità fisica, troviamo la descrizione
del bispensiero (già accennata con leggerezza da Andersen
in I vestiti nuovi dell’imperatore).
«Nel tuo diario scrivesti che libertà è la libertà di dire che due
più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente.»
«Sì.»
«E se il Partito dice che due più due fa cinque, allora quanto fa?»
[…]
«Sei lento a imparare, Winston» disse O’Brien, con dolcezza.
«Ma come posso fare a meno…» borbottò Winston «come posso fare a meno di vedere quel che ho dinanzi agli occhi? Due
e due fanno quattro».
KAFKA E ORWELL: LE DISTOPIE ADULTE
125
«Qualche volta, Winston. Qualche volta fanno cinque. Qualche volta fanno tre. Qualche volta fanno quattro e cinque e tre
nello stesso tempo. Devi sforzarti di più. Non è facile recuperare il senno.»
[…]
«Se io credo di volare, Winston, e tu credi che io voli, io volo
davvero.»
«Il singolo è solo una cellula. La verità non è nella mente del
singolo, ma in quella del Partito, che è collettiva e immortale.»
Eccolo qui, il nuovo Dio, il Partito, l’anima collettiva e
immortale.
Come spiega Edith Stein, morta ad Auschwitz, convertita al cattolicesimo e suora carmelitana con il nome di Suor
Teresa della Croce, la tragedia dei totalitarismi non è solo la
perdita della libertà, ma la perdita dell’anima.
La perdita dell’individuo.
Perdendo la religione ebraico-cristiana, abbiamo perso il
suo dono più grande: l’anima, il senso dell’individuo unico
e irripetibile. E in grado, solo contro tutti, di dire la verità.
La verità vi renderà liberi.
Combatti fino alla morte per la verità e Dio combatterà
per te.
Annientata l’etica biblico-evangelica sono rimasti a battersi per la verità Gandalf e Harry Potter, che avvertono del
pericolo incombente, che tutti negano.
L’imperatore è nudo, ma potrebbe ancora salvarsi, se recuperasse l’orgoglio della propria storia e della propria etica.
Altrimenti dal bispensiero, passando arditamente per il
pensiero debole, siamo arrivati direttamente al non pensiero. Nelle facoltà di antropologia, cattedratici pagati con il
denaro dei contribuenti spiegano come sia un errore giudi-
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LA REALTÀ DELL’ORCO
care l’infibulazione, essendo sbagliato criticare una pratica
di altri popoli. Sessant’anni fa dalle stesse cattedre, sempre
con i soldi dei contribuenti, spiegavano come fosse necessario allontanare dalle scuole quelli che si chiamavano Levi, Frank e Einstein.
George Orwell stava parlando del comunismo.
Tutte le volte che si nomina la folle e bestiale criminalità
del comunismo arriva l’accusa per non aver prima nominato i crimini del nazifascismo, visto che a qualcuno, che magari è stato in coma negli ultimi 60 anni, potevano essere
sfuggiti. Il nazifascismo ha perso una guerra mondiale
(onore agli Stati Uniti d’America, senza i quali eravamo
persi, per dirla in termini salottieri), i suoi crimini sono ben
chiari. Sono quelli del comunismo che continuano a passare sotto silenzio. Non importa, per potersi permettere di criticare il comunismo è necessario dichiarare nella stessa pagina i crimini del fascismo, perché altrimenti si rischia di fare il gioco dei fascisti: comunismo e nazifascismo, infatti,
erano nemici, nemici mortali, lo sanno anche i bambini,
realtà inoppugnabile. Il nazismo e il comunismo non furono nemici mortali: furono alleati nella distruzione delle democrazie. Sarebbero stati nemici mortali dopo, una volta
annientate le democrazie, si sarebbero schiacciati a vicenda.
Questo almeno era il piano di Stalin, che non aveva previsto l’attacco a sorpresa di Hitler e l’ingresso in guerra degli
Stati Uniti.
Io sono stata nell’Etiopia di Menghistu, uno dei luoghi del
comunismo reale. So di cosa stava parlando Orwell. E so che
le vittime del comunismo sono considerate ologrammi, fantasmi, non sono considerati morti veri. È anche grazie a questi morti, non solo a quelli del nazismo, che siamo una cultura di morte, immersi nel fantasy, nell’horror e in un’infini-
KAFKA E ORWELL: LE DISTOPIE ADULTE
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ta serie di film sui serial killer. Il risultato di tutto questo è
che per l’ennesima volta viene venduta la grande menzogna:
il nazismo e il comunismo erano nemici. Chi attacca l’uno, in
qualche modo favorisce l’altro, perché erano nemici.
Questa, il nazismo e il comunismo come realtà antitetiche, è la menzogna universale di cui parla Orwell, una
menzogna di cui ora dobbiamo liberarci, perché ora siamo
sotto attacco dell’islam ed è un attacco mortale, e il nazismo
e il comunismo sono e sono stati i suoi maledetti alleati. O
capiamo adesso cosa è stato veramente il nostro passato, o
rischiamo di perdere il nostro futuro.
Chi ha il comunismo o il nazismo nel suo DNA, ha nel
suo DNA una cultura di morte, perché il nazismo era questo e il comunismo pure, e quindi istintivamente simpatizza con il terrorismo islamico in generale e quello palestinese in particolare 1. Nelle sedi del FUAN, formate di gruppuscoli fascisti, insieme al busto di Mussolini è sempre presente la bandiera di Palestina Libera; idem, con il busto di
Mussolini sostituito dalla faccia di Che Guevara, nei centri
sociali e in tutti i luoghi della sinistra radicale. Poi ci saranno state un mucchio di persone male informate che erano
persone perbene e credevano di essere comuniste, certo, ma
il comunismo era una cultura di morte, che presupponeva
per il raggiungimento della felicità in terra lo sterminio di
una classe sociale, la borghesia, e la conquista militare del
mondo. Partito nazista era l’abbreviazione di Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, in opposizione al socialismo internazionale sovietico. Era, come il socialismo internazionale, la negazione dell’individuo, su cui si basa lo
Stato liberale, in favore della beatificazione di una massa
che ha valore mistico, il Volk, il popolo tedesco hitleriano o
il Partito comunista sovietico.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Era una cultura di morte che presupponeva, per raggiungere la felicità in terra, lo sterminio degli ebrei in un caso e dei borghesi nell’altro, e la conquista militare del mondo. Prima o poi, avendo entrambe le dittature il programma di conquistare il mondo ed essendo il mondo uno solo,
comunismo e nazismo erano destinati a scontrarsi, ma dopo essere stati alleati nella distruzione delle democrazie, il
loro primo nemico. La fortuna del mondo è stata che la psicosi di Hitler lo ha spinto ad attaccare Stalin con venti anni
di anticipo, prima di aver sconfitto le democrazie occidentali: in più dava per scontato che gli Stati Uniti, grassi e ricchi, non avrebbero avuto il coraggio di mandare i loro figli
a morire nel fango dell’Europa.
La sempre più massiccia diffusione della letteratura fantasy e di quella horror nell’ultimo mezzo secolo nasce dal
confronto con i due tremendi totalitarismi nel XX secolo e
con la tremenda teocrazia che non a caso è stata ed è alleata di entrambi. Nel bellissimo saggio Novecento. Il secolo del
male, lo storico Besançon descrive nazismo e comunismo
come gemelli eterozigoti.
Nemmeno: erano e sono padre e figlio, il comunismo è
stato il padre del nazismo, lo ha tenuto a battesimo, lo ha
sostanzialmente generato. Il comunismo per primo parla
dello sterminio di un intero popolo e lo attua, il comunismo per primo attua i campi di concentramento, ipotizza
lo sfruttamento totale del corpo del nemico, anche come
cavia per esperimenti scientifici. Un padre degenere, con
un figlio centomila volte più degenere, e al grido di «meglio i nazisti dei socialdemocratici», il comunismo aveva
reso ingovernabili le incerte democrazie, flagellate dai postumi della guerra mondiale e dalla tragica crisi economica, e favorito e protetto il mostro, l’uovo del serpente. Se
KAFKA E ORWELL: LE DISTOPIE ADULTE
129
Orwell in Omaggio alla Catalogna ci parla dei comunisti spagnoli, che come faranno i comunisti friulani a Porzûs aprono il fuoco sui compagni di trincea, Koestler in Buio a Mezzogiorno ci ricorda come, sistematicamente, nell’Europa invasa dai nazisti, la tecnica dei comunisti per levarsi dai
piedi gli antinazisti che erano anche anticomunisti fosse
molto semplice: li denunciavano alla Gestapo. Li consegnavano al male assoluto.
Il comunismo, come il nazismo e come il terrorismo islamico, ma in realtà la parola corretta è semplicemente islam,
se lo consideriamo come è strutturato adesso, sono culture
di morte. L’islam diventa cultura di vita nella visione del
jihad di pace di Mahmoud Mohamed Taha, in questo momento considerata eretica. La loro molla è l’invidia, l’invidia assoluta che i morti hanno per i vivi. La trovate nei film
sugli zombie, la trovate nel grido di «Viva la muerte» dei falangisti spagnoli, la trovate nelle parole dei terroristi di Madrid: voi amate la vita e noi la morte, per questo vinceremo.
La trovate nella follia psicotica del terrorismo palestinese.
L’alleanza tra i tre è inevitabile dato l’odio comune per le
democrazie, per il grande satana e il piccolo satana responsabili di tutta l’infelicità del mondo (Stati Uniti e Israele),
l’odio e il disprezzo per la religione cristiana ed ebraica.
Nazismo, comunismo e islam sono alleati naturali perché
hanno intenti diversi, ma hanno gli stessi nemici. Hanno
amori diversi, ma gli stessi odii e l’odio è più forte dell’amore nelle menti ferme alla barbarie. E tutti e tre questi
atroci totalitarismi hanno il mito folle del bambino soldato.
E se, per caso, sentite dentro di voi forte, irrefrenabile, la
voglia di guardare l’insulso reality, la trasmissione che ha
preso il nome dal terribile libro 1984, niente di grave: vuol
dire solo che avete dentro un vuoto. Non cedete, in nome di
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Orwell, in nome di tutti quelli che sono morti mentre voi
siete vivi. Stringete i denti, spegnete il televisore, uscite,
camminate nelle strade, nei boschi, entrate in una libreria,
fate qualcosa che non avevate mai fatto prima, provate un
passo di danza, cucinate i biscotti. Riempite il vuoto. Perché
voi non vivete né nel Reich di Hitler, né nella DDR, né nella Russia di Stalin. E il fatto che non ci vivete è costato lacrime e sangue.
Avete il dovere di essere liberi. E non può esserci libertà
senza intelligenza, che viene da intelligere, capire. La libertà non consiste nel fare quello che si ha voglia di fare,
ma nell’assumersi la libertà di quello che si sta facendo.
Se avete un vuoto, rileggete qualcosa che vi ha dato luce, riascoltate la vostra musica: la musica e la narrazione sono la moltiplicazione dei pani e dei pesci, una maniera di
moltiplicare l’energia spirituale: che ce ne sia sempre di più,
in abbondanza, per tutti.
Oppure rimettete sul lettore il dvd e riguardatevi Il Signore degli Anelli.
Un bell’esempio in questo senso è un gentiluomo che si chiama Carlos.
Comunista, nazista e islamico. Noi italiani gli dobbiamo l’attentato alla
stazione di Bologna. Sua moglie è l’avvocato che difese Klaus Barbie, il
boia di Lione, e anche la Banda dei Barbari, gli assassini del giovane cui
è dedicato questo libro. Vedi anche Alexandre Del Valle, Verdi, Rossi, Neri. La convergenza degli estremismi antioccidentali: islamismo, comunismo,
neonazismo, Lindau, Torino 2009.
1
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Un anello per trovarli, un anello per domarli.
Un anello per ghermirli e nel buio incatenarli
Tolkien for president. E un applauso anche a Peter Jackson.
Diceva Kafka: la realtà non può essere guardata in faccia, abbiamo bisogno di un velo che la copra. Quel velo non
può essere che il genere fantastico. Diceva Italo Calvino: la
fantasia è come la marmellata, uno non se la può mangiare
a cucchiai, perché dopo il terzo cucchiaio il dolce è eccessivo. La marmellata va messa sul pane, cioè va messa su un
sapore diverso: la fantasia va messa su qualcosa di reale.
Le realtà oggettive su cui è messa la fantasia del genere
fantasy sono la paura che il mondo noto possa finire, ucciso dal totalitarismo di turno, in Il Signore degli Anelli rappresentato dall’oscuro signore Sauron, e dal suo potere genocida, gli orchi. In Saruman vi è una figura ossessivamente presente nella storia: l’intellettuale che guarda in faccia il
mostro e ne resta affascinato. Saruman lastrica con le sue
buone intenzioni gli inferni altrui, e sviluppa una mancanza di compassione per le vittime dei totalitarismi che è pari solo al disprezzo che nutre per la propria parte, cui non
perdona nulla, mai.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Suruman ridicolizza e intralcia chi cerca di opporsi al
mostro.
In Il Signore degli Anelli ci sono altri personaggi archetipici, Gandalf il saggio e Aragorn il re: i padri, i comandanti. E infine c’è il popolo, quelli qualsiasi, gli Hobbit, i mezzo cresciuti, legati alla terra. Frodo e Sam non mollano e
non si arrendono. Sono loro che vinceranno alla fine. Ricompaiono dal poema epico le guerriere: Camilla, Clorinda
e Bradamante hanno finalmente una discendenza.
Il fantasy è l’unico genere che parli di morte e di provvidenza, per questo lo amiamo così tanto. La provvidenza
l’abbiamo persa nelle fosse comuni, l’abbiamo persa sul
piazzale di Auschwitz, durante gli appelli, che duravano
ore. Quelli che non riuscivano più a reggersi in piedi venivano picchiati a morte. Abbiamo un bisogno disperato di
provvidenza, di fede assoluta che tutto andrà bene, che Dio
esiste e si preoccupa per noi e abbiamo nascosto tutto questo nelle profezie del fantasy.
In Il Signore degli Anelli compare una paura che non è
mai comparsa prima: la paura della fine del mondo e quella del genocidio.
Secondo molti autori, tra cui lo stesso Carducci, anche
prima dell’anno Mille c’era stata la stessa paura. Era una
paura diversa: la paura che Dio si infuriasse a morte per
quanto l’umanità era disastrosa e la sterminasse. La profezia si basava su di un Dio onnipotente e buono che crea
un’umanità difettosa e cattiva, e poi la distrugge per l’irritazione. Per quanto terrificante, la paura della fine del mondo era comunque consolata dalla presenza di Dio, che
avrebbe alla fine perdonato e assunto in cielo i migliori. Almeno i bambini e gli innocenti si sarebbero salvati. L’umanità non era abbandonata a se stessa.
UN ANELLO PER TROVARLI, UN ANELLO PER DOMARLI…
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Qui la paura è un’altra, è la paura che la follia del mondo superi il punto di non ritorno, che il mondo come noi lo
conosciamo finisca, che non ci sia un domani. Nessun innocente sarà salvato.
Gli eroi dei fratelli Grimm avevano paura di morire, anche in maniera atroce, a spezzatino per l’orco, ma non che
il mondo finisse.
In Il Signore degli Anelli c’è la seconda guerra mondiale,
e la terza guerra mondiale, una guerra nucleare, cui difficilmente potremo sopravvivere.
Il mondo può finire anche per sovrappopolazione, per
inquinamento, per modificazioni climatiche irreversibili: il
catastrofismo imperversa, siamo le generazioni che si portano dentro questo incubo.
Sauron, o l’oscuro signore di turno, rappresenta il potere totalitario e genocida.
Il XX secolo è stato il secolo dei grandi totalitarismi e dei
genocidi.
Per comprendere il consenso al totalitarismo abbiamo
Andersen, con I vestiti nuovi dell’imperatore. Per quanto una
verità possa essere sotto gli occhi di tutti, tutti la negheranno. Solo i più forti riescono a non conformarsi.
D’altra parte per definizione le democrazie sono squallide, meschine, polverose, e un po’ corrotte, possono andare
bene solo per chi ha l’idea adulta che bisogna accontentarsi dell’ingiustizia minore. Per chi ha l’idea infantile della
Giustizia più Giusta del reame, scintillante come una lama,
sono le dittature che brillano di luce e giustizia. Certo, adesso abbiamo qualche milione di morti che forse sono qualche decina di milioni di morti, ma poi, dopo questo, vedrete. Come i piedi di Cenerentola. Dal dolore di oggi lo splendore di domani.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
La ferocia di un capo o di un movimento politico causa
ammirazione.
È un fenomeno complesso che l’etologia ci rende comprensibile. Le regole morali sono corticali, recenti. L’amore
per la ferocia, il fascino che esercita su di noi, è arcaico. Se
c’è un capo feroce è più facile sopravvivere essendone un
seguace che essendone un nemico. Tanto più alto è il numero di milioni di morti, tanto più alto è il consenso.
Gli orchi sono gli esecutori della volontà distruttrice.
Nel 1941 chiunque vivesse in Europa era convinto che i nazisti stavano vincendo la guerra, e che il mondo alla fine sarebbe stato spartito tra la dittatura di Hitler e quella di Stalin.
L’oscuro signore che distrugge il mondo.
Nei genocidi è necessaria la percezione di una qualche
superiorità dell’aggredito. Gli ebrei sono sempre stati odiati per la superiorità culturale. Il non aver perso l’alfabetizzazione nemmeno durante l’immane catastrofe del crollo
dell’Impero romano, cui si aggiunse la capacità delle professioni liberali e del mercato, le uniche loro concesse, hanno aumentato l’odio.
Anche il genocidio armeno, quello del Rwanda e quello
della Cambogia contengono l’odio assoluto degli analfabeti per gli alfabetizzati, quello degli ultimi della classe per i
primi.
I genocidi, tutti, sono sempre azioni di un inferiore verso un superiore. Il superiore ha la magia. O il suo sostituto:
la scienza. La tecnica. Il pensiero filosofico.
La danza macabra, probabilmente il nome viene da danza dei maccabei, è lo scheletro che uccide la vita, è l’archetipo del potere genocida.
Compare quando la morte si abbatte sull’Europa, la tremenda epidemia di peste del XIV secolo, cui si accompagnò
UN ANELLO PER TROVARLI, UN ANELLO PER DOMARLI…
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lo sterminio degli ebrei accusati di averla causata. Scompare dopo il XIV secolo per ricomparire nel XX. Gli orchi del
fantasy, il genere horror con gli zombie, vari tipi di fantasmi
e il non morto per eccellenza, il conte Dracula, che trascinano i viventi verso la distruzione, ne sono la versione moderna. Anche la fantascienza contiene la danza macabra, la
nasconde nel pericolo nucleare, la variazione del clima, la
pandemia, l’eventuale arrivo di extraterrestri cattivissimi a
forma di scolopendra, macchinari che si ribellano, l’iceberg
del Titanic su cui da un secolo tutti viaggiamo, mentre la signora Sarah Connor 1 cerca di mettere al mondo il futuro
messia, e il tenente Ripley 2 tenta di non mettere al mondo
il maledetto alieno: libri e film si alternano nel ricordarci la
paura che il mondo noto finisca in una catastrofe totale.
C’è un picco verticale di adrenalina che ci coglie quando
compare il bestione del film Alien. Per quanto possiamo essere disincantati, quando le fauci del mostro escono dal
buio c’è un momento di assoluto terrore, che è assolutamente identico a quello che ci prende nell’ultima parte di
Hotel Rwanda, quando uno dei machete degli inseguitori
striscia sull’asfalto. Cercare di discutere o di trattare con le
milizie hutu sarebbe altrettanto folle che cercare di discutere con il bestione di Alien, con i Nazgûl, con gli orchi.
Il potere genocida ossessivamente presente nel fantasy,
sotto forma di mostri non umani, è cieco e sordo. È un potere puro e incorruttibile, un potere con cui non si tratta e
non si contratta. Qualsiasi richiesta di pietà è ridicola.
Per il potere genocida la morte del nemico è lo scopo e si
fermerà solo quando lo scopo sarà stato raggiunto, quando
tutti saranno stati uccisi, a cominciare dai bambini, che sono il futuro, e senza i quali il genocidio non può che essere
parziale e fallimentare.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
In tutta la storia dello sterminio nazista degli ebrei, il
consenso domina la scena. Gente normale. Gente qualsiasi.
Tra i vari libri che narrano l’orrore L’ultimo dei giusti è quello che forse sottolinea più di tutti la ferocia del consenso, ricordando un particolare oscenamente atroce. Ci fu un grandissimo numero di suicidi tra gli scolari e studenti ebrei,
prima dell’espulsione dalle scuole, per sottrarsi alla ferocia
dei compagni già nazisti, che li massacravano di botte sotto lo sguardo distratto o divertito degli insegnanti.
L’indispensabile tecnologia, senza la quale il genocidio
non sarebbe possibile, è comunicativa. La radio, la maledetta radio che aveva portato la voce di Goebbels è quel che
rende possibile il genocidio in Rwanda. Il terrorismo islamico non potrebbe esistere senza internet: non solo le tecniche e gli ordini, ma l’odio viaggia e si moltiplica.
La base del genocidio è il complesso di inferiorità dello
sterminatore rispetto allo sterminato. Il genocidio è un atto
di un inferiore verso un superiore, non il contrario. Se giudichiamo un popolo inferiore, lo sfruttiamo e lo schiavizziamo. Quando si ammazzano tutti, anche i bambini, la frase pronunciata è «noi vi sgozzeremo tutti, sgozzeremo anche i feti nelle madri»; questo perché si teme che gli altri,
geneticamente più in gamba, risorgeranno e ci avranno in
pugno.
Nell’Ultimo elfo ho rappresentato l’odio del genocidio
contro gli elfi perché gli elfi hanno la magia.
Noi siamo tutti a rischio di genocidio. Tutti siamo sotto
possibile attacco del terrorismo islamico, che è un potere
genocida.
L’atto di terrorismo contro civili è un minuscolo campo
di sterminio portatile. Un atto genocida.
UN ANELLO PER TROVARLI, UN ANELLO PER DOMARLI…
137
Ognuno di noi potrà trovarsi con le gambe o il cervello
spappolati, e l’intellettuale di turno, parola di origine sempre più oscura, ci spiegherà che la colpa non è di chi ha
messo la bomba, ma del papa e della sua filologia. Di chi ha
disegnato le vignette, di chi le ha pubblicate. Di una maglietta.
Siamo sotto attacco perché i due assi portanti della nostra civiltà, la responsabilità personale e la libertà di parola,
sono attaccati a calpestati, mentre Saruman, l’intellettuale,
l’idiota, ci spiega che dobbiamo diventare più buoni.
In Il Signore degli Anelli, la figura di Saruman ripete la
follia degli intellettuali dell’ultimo secolo, sempre schierati
con il mostro: prima hanno amato il nazifascismo, poi il comunismo e ora le teocrazie islamiche. Saruman, il saggio,
dalla lingua mielata, l’intellettuale, ci spiega come la paura
della religione degli altri sia un crimine contro l’umanità,
che solo dalla tolleranza e dalla capacità di dialogare nascerà la possibilità di un’umanità che potrà vivere senza armi. Chi cerca di dire che l’aggressività fa parte della natura
stessa dell’umanità, erede biologica dell’alligatore e della
scimmia e che un popolo disarmato è destinato a diventare
un popolo di schiavi e di morti, sente il gracchiare della
propria voce stridula e tace per la vergogna. Chi ricorda che
il dialogo con i mostri che inneggiano al genocidio è complicità e non saggezza, viene investito da uno sguardo addolorato.
«La tolleranza senza limiti porta necessariamente alla
sparizione della tolleranza. Se estendiamo la tolleranza illimitata anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo
preparati a difendere la società tollerante dall’attacco dell’intollerante, i tolleranti saranno eliminati e la tolleranza
con loro», diceva Karl Popper.
138
LA REALTÀ DELL’ORCO
Saruman ci spiega che ancora più grande della compassione per gli ammazzati, gli sgozzati, i bruciati vivi, i decapitati e gli esplosi è la comprensione per i carnefici, perché loro, i carnefici, sono i veri oppressi e la loro ferocia nasce dalla loro oppressione. È Saruman, l’intellettuale, in un perverso gioco di criminalizzazione della vittima paragonabile solo alle migliori tradizioni naziste, a far sì che tanto più atroci
sono i crimini del terrorismo islamico, tanto maggiore è la
sua beatificazione e l’odio e il disprezzo per i suoi nemici.
Tema ossessivamente presente in Il Signore degli Anelli e
in ogni buon libro fantasy è l’assedio. L’assedio di Costantinopoli, l’assedio di Vienna. Il nostro assedio.
Saruman sospira davanti alla nostra barbarie. E con lui
sospirano tutti coloro che sono dalla parte della tolleranza
multiculturale, schierati con i terroristi contro i veri nemici
dell’umanità, quegli Stati Uniti d’America che hanno mandato 300.000 dei loro uomini a morire, a impastare il loro
sangue con la polvere delle strade italiane e trasformarla in
fango così che noi potessimo vivere da uomini liberi.
Saruman è il premio Nobel Dario Fo, già combattente
per la Repubblica di Salò, uno che ha fisicamente collaborato perché i bambini ebrei fossero messi sui treni e che è
così lucido nelle sue critiche ai difetti della democrazia. Saruman è il premio Nobel Günter Grass, già combattente
delle SS.
Saruman è dalla parte della tolleranza multiculturale e
allora, permettetemi, come Bertolt Brecht, visto che l’unico
posto rimasto libero è quello dalla parte del torto, mi ci siedo io. Anzi, ci sediamo in due: io e il fantasy.
Saruman ha strillato molto contro la versione cinematografica di Il Signore degli Anelli e i milioni di scioccherelli
UN ANELLO PER TROVARLI, UN ANELLO PER DOMARLI…
139
che sono andati a vederlo. E ha avuto ragione. Il fantasy è
il nostro poema epico, quello che ora che siamo nel pericolo e dobbiamo rischiare la vita per dire quello che veramente pensiamo, ci darà il coraggio di combattere. E fermare i mostri. E salvarli. È possibile. Le armi per farlo sono
la verità e il coraggio e la verità e il coraggio oggi sono abbattuti dal politically correct, il più ignobile impasto di manipolazione, intimidazione, razzismo e ipocrisia.
I due libri più venduti, gli assoluti vincitori della lista
dei best seller sono Il Signore degli Anelli e Harry Potter. Il Signore degli Anelli ha venduto 100 milioni di copie. Ognuno
dei libri della Rowling ha venduto 50 milioni di copie, per
un totale di 350 milioni.
Quando una storia continua a diffondersi in maniera così potente è perché dentro c’è qualcosa che in quel momento è universale, c’è una narrazione che la gente, il popolo,
sente come fondamentale per la propria sopravvivenza.
Ambedue narrano la stessa storia. L’Oscuro Signore è in
grado di spezzare la sua anima maledetta e la mette al sicuro dove non può essere riconosciuta, così da diventare
immortale.
È quello che è successo.
Il terrorismo islamico ha una data di nascita precisa, il 22
novembre 1941, quando a Berlino Adolf Hitler ha pronunciato la frase: «Il nazismo ha due anime, tedesca e islamica». In quel giorno fu stretto un patto d’acciaio tra Hitler e
il Gran Muftì di Gerusalemme, lo zio di Arafat e la più alta
autorità dell’islam sunnita. In cambio dello sterminio degli
ebrei, il Gran Muftì di Gerusalemme offrì l’alleanza di tutto l’islam: Egitto, Siria, Iran, Iraq e ovviamente Palestina. Il
nazismo e l’islam hanno gli stessi valori e gli stessi nemici,
fu detto in tale occasione.
140
LA REALTÀ DELL’ORCO
Il nazismo è più forte che mai. Ha il denaro del petrolio,
è armato fino ai denti e ha le sue due armi ignobili tra le
mani: il vittimismo e la ferocia.
A proposito, la frase che pronuncia il capo orco nell’Ultimo orco, «noi vi sgozzeremo tutti e sgozzeremo anche i feti nelle madri», è stata pronunciata dal premio Nobel per la
Pace Arafat nel 1985 ad Algeri.
Le fotografie delle milizie palestinesi di Hamas e di Hezbollah che fanno il saluto nazista sono sistematicamente
censurate dai nostri giornali. Saruman non vuole che le vediamo.
Il terrorismo islamico sta distruggendo interi popoli, ma
non ce ne siamo neanche accorti: tutte le volte che cominciamo a girarci per capire cosa stia succedendo ci prendono
per il collo e ci rimettono il naso sulla foto del piccolo Balilla palestinese con il suo sasso in mano, ci impongono di
guardare senza distrarci e noi non ci distraiamo.
Le minoranze cristiane dell’Indonesia sono state fisicamente soppresse: 200.000 (duecentomila) morti a Timor Est.
Qualcuno li ricorda? C’era stato anche un premio Nobel nel
1996; fu allora che la gente scoprì l’esistenza di questa tragedia per poi dimenticarla subito. Difficile commuoversi o
agire per qualcosa che sui giornali non c’è. Duecentomila
morti e nessuno li ricorda? Sono stati uccisi con il ferro, il
fuoco e il dolore. Sono stati isolati, umiliati, accusati di tutti i mali e poi sterminati, con le maniere solite con cui si
sterminano i popoli: le violenze sulle donne, le violenze
sulle bambine, i bambini con il cranio fracassato sui gradini di quella che era stata la loro cucina. E a questi morti si
stanno aggiungendo secondo i dati di Massimo Introvigne
i circa 100.000 morti l’anno uccisi solo perché cristiani. La
chiesa di Santa Maria del Massacro di Baghdad, i morti
UN ANELLO PER TROVARLI, UN ANELLO PER DOMARLI…
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copti, la Nigeria: ovunque i cristiani sono uccisi in quanto
tali, nell’indifferenza generale. O peggio nella giustificazione delle stesse gerarchie religiose che si precipitano a spiegarci che l’islam è violento perché Israele e gli Stati Uniti lo
rendono infelice.
Ma andiamo, non ci distraiamo: che cosa sono le sofferenze dei copti uccisi nelle loro chiese, dei nigeriani cristiani bruciati vivi, delle ragazzine cristiane rapite e stuprate in
confronto a quelle dell’eroico popolo palestinese con il suo
sasso in mano?
Neanche agli induisti del Bangladesh è andata molto bene: erano la popolazione precedente, giusto? Erano gli altri,
gli invasori, i colonizzatori. E di nuovo, come gli armeni
dell’Anatolia, i cristiani dell’Indonesia, gli induisti erano la
classe più acculturata, gli imprenditori, i negozianti i professionisti e, peggio del peggio, gli insegnanti. Mezzo milione di morti più dieci milioni di profughi. Non ci siamo
neanche girati.
Settecento morti nel 2000 a Sulwaesi; la Pasqua trasformata in una notte dei cristalli. Le chiese e le botteghe dei
cristiani distrutte, la gente trascinata per le strade da quelli
che fino al giorno prima erano i loro vicini di casa. E poi uccisa. Linciata. Per strada. Ricorda qualcosa? Nell’anno 2000:
un anno prima dell’11 settembre. Sempre nell’anno 2000 le
chiese cristiane bruciate a Giacarta sono state un migliaio.
Non ci sono più violenze in Afghanistan contro le minoranze buddhiste perché le minoranze buddhiste sono terminate. Sterminate. Gli ultimi due buddhisti erano di pietra, ciclopici, magnifici: ha provveduto lo stesso Bin Laden
a farli esplodere, ad annientarli.
Le minoranze cristiane del Sudan meridionale, due milioni di creature, sono state fisicamente distrutte. Le hanno
142
LA REALTÀ DELL’ORCO
ammazzate. Le hanno ammazzate dopo aver violentato le
donne e spaccato i crani ai bambini sui sassi, per non parlare dei morti islamici: centomila donne distrutte in Algeria, la laicità di Iran, Egitto, Siria ridotta al silenzio.
Ma qualcosa abbiamo capito.
Per questo ci siamo messi in coda davanti al cinema e
siamo andati a vedere Il Signore degli Anelli.
1944, UNO DEI TRENI
Non avere paura di niente, bambino mio.
Non avere paura.
Ci aspettano prati infiniti, sotto cieli sterminati.
I prati si riempiranno di fiori al nostro arrivo,
i cieli si riempiranno di stelle.
Tieni i tuoi piccoli occhi chiusi,
e non vedrai più il treno;
non lo sentirai nemmeno.
La tua bocca è secca, perché abbiamo il deserto da attraversare.
Il rumore che hai nelle orecchie è quello del vento nelle dune.
La manna cadrà dal cielo, e noi non avremo mai più fame.
Noi impareremo a volare.
La terra del latte e del miele è dall’altra parte del sole.
Per arrivarci bisogna morire.
La morte ha i colori dell’alba, il rumore delle onde, e l’odore
del sale.
Gli uomini e le donne un giorno dissero a Dio,
il cui santo Nome non si può nominare,
ma sui treni tutto è permesso, anche questo:
«Signore ci hai abbandonato.
Anche la Speranza se n’è andata».
E l’Altissimo rispose:
UN ANELLO PER TROVARLI, UN ANELLO PER DOMARLI…
143
«Non era lei l’ultima compagna che vi avevo lasciato,
ma sono le storie,
la forza di raccontare.
Anche nel fondo dei ghetti
dove vi hanno chiuso,
nei lazzaretti, sui treni,
dietro i fili spinati,
potete ancora chiudere gli occhi
e aprire le ali».
E allora ascolta bambino mio, non smettere mai di ascoltare.
E non avere paura di niente, bambino mio.
Non avere paura.
Al di là del sole
la terra del latte e del miele non aspetta che noi.
I cieli si riempiranno di stelle,
tra cui impareremo a volare.
La morte è un bel gioco;
è lei l’ultima compagna,
quando la speranza è finita,
quando le labbra spaccate dall’arsura,
le lingue tagliate
non riescono più a raccontare.
Quando l’orrore ha tagliato le ali.
È lei l’ultimo dono.
Sia lode all’Altissimo per la sua pietà.
Terminator, film di fantascienza di J. Cameron, capostipite di una saga
particolarmente cupa e visionaria.
2
Alien, film di fantascienza di R. Scott, capostipite di una saga ancora più
cupa e visionaria di Terminator.
1
8
Lo stupro come arma di guerra
Il primo componente del genocidio è lo sterminio intenzionale di civili e principalmente di bambini, così da eliminare le generazioni future, il secondo è lo stupro etnico.
Lo stupro etnico è stato un’arma di guerra ufficiale nella
seconda guerra mondiale, non solo in Europa. L’armata
giapponese si è coperta di disonore, prima a Nanchino, poi
in tutta la Cina. Lo stupro etnico è stato protagonista in Bosnia e in Rwanda.
Quando per il favore divino la fortezza fu espugnata, il nemico perdette ogni forza e fu incapace di reagire. Il popolo fedele non incontrò più ostacoli e pose mano al saccheggio in piena sicurezza. Si potrebbe dire che la vista della possibilità di
poter fare bottino di ragazzi e belle donne devastasse i loro
cuori e i loro animi. Trassero fuori da tutti i palazzi, che uguagliavano il palazzo di Salomone e si avvicinavano alla sfera
del cielo, trassero nelle strade strappandole dai letti d’oro, dalle tende tempestate di pietre preziose, le beltà greche, franche,
russe, ungheresi, cinesi, khotanesi, cioè in breve le belle dai
morbidi capelli, uguali alle chiome degli idoli, appartenenti
alle razze più diverse, e i giovinetti che suscitavano turbamento, incontri paradisiaci.
146
LA REALTÀ DELL’ORCO
Questa è la descrizione della presa di Costantinopoli da
parte di Maometto II. Il brano è tratto da Storia del signore
della conquista di Tarsun Beg Kemal, vale a dire che è il racconto ufficiale, quello su cui i bambini turchi studiano la
storia.
Sicuramente anche i Crociati hanno commesso atti del
genere, però hanno dovuto farlo di nascosto: era vietato, almeno in teoria. E punito. C’era la castrazione e il taglio del
naso per un crociato che si facesse pescare con le mani su
una donna araba. Lo hanno fatto, ma poi non lo hanno
scritto e sicuramente dove è vietato viene fatto parecchio di
meno.
Non commettere atti impuri è non commettere atti impuri. Mai. Non commettere atti impuri blocca anche lo stupro etnico. Tu non desidererai la roba d’altri. Tu non desidererai la donna d’altri. Gli altri sono i forestieri, gli stranieri. Vuol dire che anche fantasticarci sopra, fantasticare
sul depredare altri popoli e violentare le loro donne, è un
peccato mortale, perché spinge alle guerre di rapina.
Sospesa la legge di Mosè, lo stupro ricompare e riempie
il secolo XX. Lo stupro etnico lascia macerie e dolore che sopravvivono per generazioni. Il figlio maschio dello stupro
etnico spesso non riesce a vivere la propria sessualità perché
così facendo diventerebbe simile al carnefice della madre.
Esistono 4 livelli di stupro etnico.
1) Quello uno a una, dove l’uomo, un unico uomo, assume
la responsabilità della donna e dei suoi figli, come i greci
con le troiane, come succedeva per gli indiani del Nord
America. La donna diventa una schiava, ma sopravvive.
L’uomo aumenta la sua discendenza e ha qualcuno che tiene pulita la casa. È un atto brutale, ma non psicotico.
LO STUPRO COME ARMA DI GUERRA
147
2) Stupro molti a una, e la donna sopravvive e finito lo stupro è libera.
3) Stupro molti a una e la donna non sopravvive in quanto
viene uccisa dopo lo stupro o viene deportata in un luogo –
bordello, caserma – dove resterà fino alla sua morte. Ad
esempio, durante la seconda guerra mondiale, diverse migliaia di donne manciù e cinesi morirono nei bordelli per i
soldati giapponesi, e numerose fanciulle polacche cristiane
furono prelevate con la forza per servire nei bordelli della
Wermacht, salvo finire ad Auschwitz se contraevano la sifilide.
4) donne stuprate a morte (massacro o stupro di Nanchino,
1937). A causa del gran numero di violenze si ha uno sfondamento dei fornici laterali e la morte avviene per peritonite e shock settico.
Siamo sempre più fuori dalla fisiologia, più vicini alla
follia. La norma tra i mammiferi è che un maschio impedisca ad altri maschi di avvicinarsi alla femmina. Lo stupro di
gruppo è contrario all’istinto.
Lo stupro è la penetrazione del corpo della donna, contro
la sua volontà, con il pene del maschio. Quindi è necessario
avere un’erezione. L’erezione avviene mediante un meccanismo di vasodilatazione. Molti vasodilatatori possono avere un buon effetto sull’erezione, ad esempio il Viagra. I vasocostrittori annullano e rendono impossibile l’erezione. La
paura è mediata da vasocostrittori (adrenalina) e di conseguenza rende impossibile l’erezione. È un meccanismo di
difesa. Se un predatore minaccia, il maschio non deve distrarsi nella sessualità. Un uomo che si cali le brache davanti ai commilitoni deve dimostrare la sua capacità di non provare né paura, né ansia, né compassione. La compassione
vuol dire sono in ansia per te, ho paura per te, e disincenti-
148
LA REALTÀ DELL’ORCO
va l’erezione. Anche la paura di non farcela; questa diventa
una trappola per gli uomini, chi ha paura di non avere l’erezione la annulla con la paura, cioè con i vasocostrittori.
Immaginate di dovervi calare le brache davanti ai vostri
commilitoni, di fronte a voi avete la ragazza sfigurata dal
dolore e poi i parenti di lei, il villaggio cui lei appartiene:
tutti con gli occhi sul vostro pene. Non è così divertente.
Chi non riesce a tenere l’erezione diventa l’ultimo della
classe. Inoltre lo stupro di gruppo crea l’affiliazione al
gruppo nella squadra genocidaria. Il genocidio è faticoso, è
un lavoro orrendo. Tutti hanno la tentazione di mollare, ma
chi molla passa ultimo della fila nello stupro, arriva sulla
donna quando è già stravolta dal dolore, quando già la vagina è piena di sperma. La vagina piena di sperma è anche
un pericolo di infezioni veneree.
Lo stupro di gruppo è anche la maniera di verificare che
tutti siano psicotici. Può essere fatto solo da uno psicotico:
un uomo normale non ha nessuna voglia di andare a mettere il suo pene nello sperma di altri dentro una donna sfigurata dal dolore. Il cervello rettiliano è quello che ci fa provare orrore davanti agli sfigurati: questo meccanismo istintivo, che è la dannazione degli ustionati, ci proteggeva dalle malattie contagiose. Il cervello limbico spinge un uomo
ad allontanare gli altri uomini dalla donna. Lo stupro di
gruppo è contro natura. La stupro uno a uno è brutale, ma
ha il senso di aumentare la propria discendenza, e dà piacere, un piacere goduto nell’unica maniera possibile, in appartata solitudine. Se ho l’erezione, bene, se non ce l’ho
posso sempre chiedere alla mia vittima di cucinare e qualcosa guadagno.
Le psicosi sono contagiose. Non è una figura retorica, è
un’informazione tecnica. La contagiosità delle psicosi è di-
LO STUPRO COME ARMA DI GUERRA
149
ventata meno importante da quando esistono i neurolettici,
ma è un fenomeno forte e reale. Ed è un’ennesima prova
che la coscienza è un fenomeno interpersonale, oltre che essere un meccanismo che aumenta la mia sopravvivenza. Se
io sono l’unico sano di mente e gli altri sono fuori di testa,
mi uccideranno. Da qui anche il fenomeno descritto dal
Manzoni della irresponsabilità della folla. Tutto questo si
trova nei film sugli zombie e sui virus che rendono le persone simili a essi.
Quindi il vicino di casa, che fino a tre giorni fa aiutava a
zappettare l’orto nel villaggio bosniaco o ruandese o congolese, diventa una delle belve. L’aspetto è sempre lo stesso, ma lui ora è un nemico assoluto, folle, spietato, senza
anima e senza coscienza.
Il nostro cervello emotivo lo ha capito e ha riempito i cinema di film sugli zombie.
Lo stupro etnico mi ossessiona.
Il mio personaggio più amato, Rankstrail (L’ultimo orco),
è nato da uno stupro etnico, da parte degli orchi sulle donne degli uomini. Il personaggio di Rankstrail è il dolore della mancanza di identità. Conosce il dolore della madre ed è
a quell’orrore che lui deve la sua esistenza. Lui è nato dall’orrore. Tutte le volte che sua madre sogna che quell’orribile episodio non sia mai successo, sogna che suo figlio non
esista. Rankstrail, come moltissimi figli maschi nati dallo
stupro, ha devastanti difficoltà ad accettare e vivere la sua
identità virile. Se osasse amare una donna diventerebbe simile agli aguzzini della madre. Non vuole una donna vicino. Spezza tutte le sue spade, e la spada è un simbolo virile, non un simbolo fallico, ma un simbolo virile, l’oggetto
con cui un uomo difende la sua donna e i suoi figli. Rosa Alba, che ha capito e che lo assolve dal suo essere orco, lo as-
150
LA REALTÀ DELL’ORCO
solve in quanto donna, in quanto madre, consegnandogli
un’antica spada che aveva protetto donne e bambini secoli
prima: gli restituisce il suo ruolo virile.
La prima idea di Rankstrail mi è venuta leggendo Le cavalier de la terre promise dello scrittore francese Joseph Joffo,
che racconta del bimbo di una fanciulla ebrea stuprata da
un cosacco.
Negli anni ’90, mentre notizie tremende arrivavano dal
Rwanda e dalla Bosnia, il personaggio ha continuato a crescere, restando però ancora confuso. Ma la domanda fondamentale era lì.
Cosa si prova a essere figlio di un orco? E come se ne
esce?
Ricordandosi di essere figlio della vita, cioè figlio di Dio.
La storia di Rankstrail, come quella di un altro personaggio (Io mi chiamo Yorsh), parla della più antica e più totale delle violenze sulle donne. E di come quella violenza
possa essere trasformata nel più grande dei gesti di compassione: la nascita di un bambino che la madre accetta di
amare.
Non è una statistica azzardata: nella genealogia di ciascuno di noi, tra romani, ostrogoti, visigoti, unni e lanzichenecchi, c’è almeno un antenato nato dopo una violenza.
Dietro a ognuno di noi, quindi, c’è questo istante di compassione in cui la vita nata non è stata spezzata. Senza quell’istante nessuno di noi esisterebbe. Nessuno.
Ma il fantastico è anche il luogo dove le donne hanno
trovato il coraggio delle armi. Apre le danze Il Signore degli
Anelli. Si comincia con Éowyn, fanciulla bionda, esile come
una lama di luce, che osa opporsi a un Nazgûl e lo abbatte,
perché un Nazgûl non può essere ucciso da un uomo, ma
lei è una donna.
LO STUPRO COME ARMA DI GUERRA
151
«Non metterti fra il Nazgûl e la sua preda! Rischieresti non di
venire ucciso a tua volta, ma di essere portato via dal Nazgûl
e condotto alle case del lamento, al di là di ogni tenebra, ove
la tua carne verrà divorata e la tua mente raggrinzita verrà
esposta nuda all’Occhio Senza Palpebre». Una spada risuonò
mentre veniva sguainata. «Fa’ ciò che vuoi; ma io te lo impedirò, se potrò». «Impedirmelo? Sei pazzo! Nessun uomo vivente può impedirmi nulla!». Allora Merry udì fra tutti i rumori il più strano: gli sembra che Dernhelm ridesse, e la sua
limpida voce era come una vibrazione d’acciaio. «Ma io non
sono un uomo vivente! Stai guardando una donna. Éowyn io
sono, figlia di Éomund. Tu ti ergi fra me e il mio signore dello
stesso mio sangue. Vattene, se non sei immortale! Viva o morente ti trafiggerà, se lo tocchi». L’essere alato rispose strillando, ma lo Schiavo dell’Anello rimase silenzioso, come colto da
un improvviso dubbio.
La descrizione che viene fatta delle case del dolore è
dannatamente simile all’inferno in terra, il lager. Il Cavaliere nero si rivolge a Éowyn usando il thou, cioè il tu, mentre
a Gandalf si rivolge con you, con il voi. Merry, hobbit, piccolo, figura metaforica del bambino, per la donna, per la
madre scoprirà tutto il suo valore.
Queste righe sono per me le più commoventi del libro.
Non c’è solo il coraggio fisico delle donne che hanno
preso le armi in mano nell’ultimo secolo, grazie anche ai
progressi della tecnica che ha creato armi che non necessitano di forza fisica eccessiva.
In questa spettacolare scena c’è la donna, la madre che è
cultura di vita e si oppone alla cultura di morte. Quando si
vuole distruggere un popolo occorre ferirlo nelle sue donne, perché sono le donne che, catastrofe dopo catastrofe,
152
LA REALTÀ DELL’ORCO
guerra dopo guerra, hanno continuato a mettere al mondo
i loro bambini, facendo sì che l’umanità non si estinguesse.
Molte guerriere del fantasy di bassa lega sono assolutamente fasulle, con caratteristiche psicologiche maschili: un
maschio dotato di mammelle e privo di pene, ficcato dentro
un’armatura o una tuta spaziale.
Altre sono splendidamente femminili, cioè sono madri.
Sarah Connor (Terminator) e il tenente Ripley (Alien) sono
guerriere androgine, certo, ma con caratteristiche di madri.
Chi vince la guerra in Harry Potter sono le madri. Harry è
vivo perché sua madre è morta per la sua sopravvivenza.
L’oscuro signore non ha capacità empatiche e perde per lo
stesso motivo per cui perdono tutti i dittatori: non sono in
grado di prevedere le reazioni degli altri. Hitler era veramente stupito che il mondo, di fronte all’ipotesi dell’asservimento, preferisse combattere. Voldemort, l’Oscuro signore di
Harry Potter, non prevede che la madre si rifiuti di sopravvivere al suo bambino. La sua idea è che lei, pur di salvarsi la
vita, gli permetterà di uccidere il figlio e poi di consegnarla a
Piton e di subire il suo amore, che a quel punto sarebbe uno
stupro. La madre di Harry si mette in mezzo, sulla linea di tiro, e il suo sacrificio, il suo amore, salveranno Harry e distruggeranno la cultura di morte. Harry arriverà alla vittoria
grazia a un’altra madre, la madre di Draco Malfoy. Di nuovo
Voldemort dimentica, come ogni dittatore, che la gente odia
chi la prende a calci. Non gli viene in mente che la madre di
Malfoy ami il suo unico figlio più di quanto ami lui e che, visto che sa benissimo che prima o poi lui li sacrificherà tutti,
si schieri nel partito avverso. Stalin morì nel suo letto, rantolando per ore senza che nessuno dei suoi collaboratori, ma il
termine corretto è servi, chiamasse un medico, nel terrore
che lui guarisse e sopravvivesse, costringendo loro a vivere
LO STUPRO COME ARMA DI GUERRA
153
ancora nel terrore, nell’incertezza, nell’attesa dello scatto di
collera che li avrebbe finiti. La madre di Malfoy si batte per
il figlio, non rivela a Voldemort che Harry è sopravvissuto.
Solo se Voldemort verrà abbattuto suo figlio potrà vivere in
pace. Ci sono nel libro due altre madri simmetriche: le madri
adottive di Harry, la zia, rinchiusa in un rancore fatto di rivalsa e invidia da cui riesce a uscire solo nel finale, e la dolcissima e casalinga signora Wisley, che però, al momento della battaglia finale, davanti alla morte dei suoi figli, non esita
a combattere e a uccidere come una tigre.
Un’ultima madre: quella di Voldemort. Una madre sconfitta dalla morte. I bambini non capiscono che padre e madre non sono onnipotenti. Vivono la morte come un abbandono.
L’abbandono subito da Tom Riddle non è peggiore di
quello subito da Harry. Le due madri sono morte, la prima
uccisa dalla vita, la seconda dalla morte. Entrambi i bambini vivono infanzie miserabili: orfanotrofio l’uno, genitori
adottivi astiosi e ingiusti l’altro. Ma l’uno diventa cultura di
morte, l’altro cultura di vita.
Non è la nostra storia, ma sono le nostre scelte a fare la
differenza.
Rwanda / Bosnia / Terra di Mezzo / Confine delle Terre Note
Io vorrei essere ricco, giovane, bello.
Vorrei essere un re per regalarti il mio regno.
Vorrei essere un ladro, così potresti riavere una bicicletta.
Vorrei essere Dio per poter mettere l’Universo ai tuoi piedi.
Vorrei essere Lucifero: io svuoterei i miei regni e li distruggerei,
così da essere certo che non abbiano a ospitarti mai.
Libererei le anime dei dannati e le lascerei libere di volare oltre le stelle
154
LA REALTÀ DELL’ORCO
dove il buio è infinito,
con l’unica obbligazione
di portarti gratitudine e cantare le tue lodi.
Io non sono niente e nessuno:
tutto quello che ho da offrirti sono io stesso,
un uomo senza niente che vaga in lande desolate
cercando un posto dove stare.
Non cacciarmi. Senza di te la vita è un deserto inutile,
un ammasso di ieri idioti e atroci.
La scuola dove ci siamo seduti insieme è crollata sotto le bombe.
Il cinema dove siamo andati a tenerci per mano nel buio
lo hanno usato per farci morire gli uomini e violentare le donne.
Vorrei poter ricostruire la scuola.
Vorrei cancellare il presente.
Vorrei reinventare il passato.
Tutto quello che posso fare è vegliare il tuo sonno pieno di incubi.
Posso raccontare fiabe perché tu scordi i tuoi ricordi.
Insieme, la notte sarà meno fredda, la luce si alzerà prima.
Soli, il mondo ci schiaccerà
e anche se nessuno si disturberà a ucciderci,
la nostra stessa tristezza soffocherà il nostro respiro
prima che il giorno ritorni.
Non possiamo nulla contro i torturatori,
gli assassini, gli stupratori
se non questo:
rendere vana la loro opera su di noi
essendo felici nonostante loro.
Diventa la mia sposa.
Io ti amerò sopra ogni cosa.
Il tuo viso sarà di nuovo intatto,
LO STUPRO COME ARMA DI GUERRA
il tuo corpo inviolato,
perché così sei nei miei occhi e così sarai anche nei tuoi.
Gli uomini che hanno distrutto la tua gente
e penetrato il tuo ventre
saranno solo il sogno confuso di una notte di vento.
Il bastardo che ti hanno seminato
sarà il nostro primogenito
e l’amore che gli daremo
affonderà per sempre
la distruzione e l’odio
nella melma delle cose inutili.
155
9
La perdita dei padri.
La loro collettiva fuga, sparizione, dipartita, assassinio
Il ’68 è stato una cultura etnocidaria, che ha tolto al popolo occidentale qualsiasi fierezza di se stesso e della sua
storia, così da prepararlo all’asservimento. Chi si vergogna
di se stesso si lascia morire e si lascia asservire. Dietro la
fantasia al potere c’era in realtà l’Unione Sovietica, dove la
gente moriva di fame perché fiumi di denaro arrivassero
agli uomini politici e agli intellettuali disposti a fare il loro
meglio per distruggere le odiate democrazie e diventare anche loro un pezzo della dittatura del proletariato. L’Unione
Sovietica nel frattempo è crollata, e l’Arabia Saudita è subentrata a raccattare e stipendiare i suoi disoccupati servi,
trovandosi di fronte un continente in ginocchio sui ceci per
le sue supposte colpe, che non si ritiene più in diritto di
avere diritti.
La gente ha amato Il Signore degli Anelli e il fantasy perché sa che sono la sua salvezza. L’Illuminismo, il marxismo,
il ’68 sono tutte ideologie etnocidarie basate sul disprezzo e
la criminalizzazione del Medioevo. È dal Medioevo che siamo nati.
Il crollo dell’Impero romano è stato un evento di una
violenza inaudita e noi nasciamo da lì. Tutti noi abbiamo
158
LA REALTÀ DELL’ORCO
nei cromosomi un po’ di romani e un po’ di barbari. Il risultato fu una società di una violenza spaventosa, ma vitale. La Chiesa salvò la scrittura, il concetto di Dio e il valore
del dolore.
Sempre con il cristianesimo come collante, sempre feroci e armati fino ai denti, abbiamo cominciato ad andare
avanti, siamo arrivati alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e alla vaccinazione antivaiolosa.
Noi siamo noi, siamo un ammasso di razze selezionate
dalla ferocia e dal caso, siamo la nostra violenza, siamo la
nostra compassione, siamo la nostra miseria e la nostra
grandezza. Noi siamo noi.
Questa è la nostra storia e la propria storia non si rinnega mai. Siamo stati un intruglio violento e feroce, ma vitale. Come diceva Benedetto Croce, la nostra civiltà è nata nel
Medioevo e sempre Benedetto Croce ci dice che la violenza
dei barbari è stata una fortuna. Grazie a quella violenza siamo stati abbastanza forti da resistere all’islam. Tutto il mondo noto ha ceduto, dal Nord Africa, all’Impero romano
d’Oriente, Siria, Costantinopoli, Mesopotamia, tutte culle
del cristianesimo, Pakistan e Afghanistan, culle del buddhismo, fino all’Indonesia e al Bangladesh, culle dell’induismo, ma noi abbiamo tenuto. Fossimo stati più decenti ed
educati ci avrebbero massacrato.
In un momento in cui tutto quello che abbiamo fatto, che
abbiamo detto e che abbiamo pensato, e soprattutto quello
che siamo è deriso, disprezzato e criminalizzato, possiamo,
grazie al fantasy, recuperare la nostra storia.
Un’altra catastrofe del ’68 è una pedagogia delirante,
isterica e antistorica che vede nella famiglia una minuscola
cellula del capitalismo: il padre è il latifondista, la madre e
soprattutto i figli sono il proletariato. Viene allevata una ge-
LA PERDITA DEI PADRI
159
nerazione di orfani virtuali di padre, una generazione di ridicoli e mediocri irresponsabili, infelici e dolenti, dai diritti
illimitati, completamente incapaci di tollerare le frustrazioni. Senza tolleranza alla frustrazione non è possibile crescere, in realtà non è possibile esistere.
I combattenti della giustizia assoluta sono quelli che sono sempre contro, sono individui strutturalmente incapaci
di assumersi responsabilità, adolescenti perpetui, rosi da
un odio isterico contro coloro che bene o male le responsabilità se le assumono, si incanalano nella dolorosa arte del
compromesso, del meno peggio, dell’essere adulti.
Il fantasy nasce da una paura che nel XX secolo diventa
reale: la paura della fine del mondo. La fine di tutto il mondo – guerra nucleare, inquinamento, pandemia –, o la fine
del proprio mondo, quando si fa parte di un popolo sottoposto a etnocidio o genocidio.
Etnocidio vuol dire distruzione di una civiltà, non sterminio fisico di un popolo. I convertiti e i bambini sono salvati. Tutta la civiltà di quel popolo viene derisa, a cominciare dalla lingua. Non esiste popolo che non abbia commesso dei crimini: la normale ferocia insita nel cervello
umano fa sì che tutte le civiltà siano sopravvissute commettendo quelli che alla luce della morale attuale sono crimini. L’etnocidio consiste nel concentrare ossessivamente
l’attenzione sui crimini, nell’inventarne ove non ce ne siano, nel giudicare con standard attuali situazioni storicamente diverse.
Il nazismo, il piacere di sentirsi geneticamente superiore, è genocidario.
Il comunismo, il piacere di sentirsi moralmente superiori, non può non essere etnocidario, con onestamente pochi
160
LA REALTÀ DELL’ORCO
genocidi, e piuttosto con lo sterminio genetico (dove vengono uccisi anche i bambini) di classi sociali ritenute socialmente pericolose; quindi, per usare un termine caro a Lenin, infette. I contadini ucraini ed etiopi sono stati sterminati con la fame, così da collettivizzare le loro terre, è stata
sterminata la classe borghese cinese e quella cambogiana,
che fortunatamente si sono riformate immediatamente,
perché si tratta di nazioni di antica alfabetizzazione. La
classe borghese è stata distrutta mediante l’espulsione della parte di origine europea e l’assassinio della parte di origine locale di molti paesi africani. In questi paesi, ad alfabetizzazione recente, una volta distrutta la classe borghese
non è riuscita a riformarsi: sono questi i paesi per cui il periodo postcoloniale è una continua e irrisolvibile catastrofe.
Non tutti gli etnocidi evolvono in genocidio, ma tutti i
genocidi cominciano con un etnocidio.
Il futuro sono i rami, i frutti, il passato sono le radici. Per
vivere abbiamo bisogno di entrambi. Le civiltà fortemente
patriarcali, quelle dove le donne sono spazzatura, non evolvono mai. Le società dove i padri sono ridicolizzati, il passato deriso, sono civiltà che hanno preso a colpi di ascia le
proprie radici, e il destino di un albero sradicato è cadere.
Anche se il comunismo è fondamentalmente etnocidario, la cellula madre del genocidio è Ekaterinburg, lo sterminio della famiglia dello zar. Lo zar era un tiranno che non
si era mai sognato di torcere un capello alle famiglie degli
oppositori politici. Lo sterminio della famiglia dello zar è lo
spartiacque: il bambino non è più innocente.
Ci sono state molte idee nuove nel ’68. Ce ne sono state altrettante l’anno prima, due anni prima e così via. Non
c’è bisogno di sputare in faccia a nessuno perché le idee
LA PERDITA DEI PADRI
161
avanzino. Anzi: la violenza rallenta le idee, causa controviolenza. In reazione al terrorismo rosso è scattato quello
nero: siamo sprofondati nella guerra civile che eravamo
riusciti a evitare dopo la seconda guerra mondiale. I terrorismi rosso e nero hanno insanguinato le strade. Il sangue di alcune delle vittime delle Brigate Rosse era di amici di famiglia. In cosa il loro assassinio avrebbe migliorato
il mondo devo ancora capirlo adesso. Il ’68 è stato lo svilimento delle virtù sociali, onestà e senso del dovere, in
cambio di solidarietà e generosità. Non diamo il dovuto
per dare quello che non è dovuto. Il ’68 è stato un etnocidio. Tutto quello che era stato fatto, secoli di storia sono
stati demonizzati e ridicolizzati. Sono state inventate, e sono state inventate a tavolino, colpe linguistiche. Negro è
una parola pronunciata da Badoglio per macellare l’Etiopia e dalla mia insegnante di lettere per piangere Martin
Luther King, perché è una parola neutra, esattamente come Hitler e Primo Levi pronunciavano la parola ebreo.
Che «negro» abbia valenza dispregiativa è stato inventato
negli anni ’60 a tavolino.
Che parole lecite abbiano valenza dispregiativa è un addestramento al conformismo e fa parte della demonizzazione della storia. Il ’68 fu molto meno spontaneo e fantasioso di quanto si pensi e il peso che ebbe in tutta l’impresa
il fiume di quattrini che arrivava dall’Unione Sovietica fu
notevole. Le stesse bandiere rosse che accompagnavano l’esercito sovietico che sfilava sulla Piazza Rossa, in Occidente sventolavano su un pacifismo assoluto, che pretendeva il
disarmo unilaterale. La teoria era che gli esseri umani sono
tanto buoni e che il capitalismo li ha corrotti. La realtà è che
il cervello umano è normalmente feroce e un popolo disarmato non può sopravvivere.
162
LA REALTÀ DELL’ORCO
Il disastro di molti paesi africani è dovuto alla follia omicida dei loro dittatori, ma tutti si ostinano a considerare come unica causa il mondo occidentale. Nel 2004 è stato dato
il premio Nobel per la Pace a una signora keniota la quale
afferma che l’Aids è stato creato dai bianchi per danneggiare i neri e fare quattrini con le cure. Il razzismo omicida
contro i bianchi è talmente normale che normali sono le
mattanze di bianchi a ogni rivolta africana. E il lato ameno
è che nessuno si sogna di accusare di razzismo le nazioni
che massacrano gli occidentali. Al massimo si usa la bizzarra dizione «razzismo al contrario», come se il razzismo
fosse solo quello dei più scoloriti contro quelli più dotati di
melanina. La pulizia etnica è un crimine insostenibile se lo
compie un paese europeo contro i cittadini africani, ma è
normale che un paese africano espella tutti i bianchi. Il colonialismo? È finito cinquant’anni fa. Il linciaggio dei bianchi non è frutto del colonialismo, ma dell’isterica propaganda contro di essi, colpevoli di tutti i mali. La teoria che
il virus sia stato fabbricato ad arte circola normalmente in
Africa e anche in Europa, nei siti no global. È un’idiozia dal
punto di vista biologico, ma che importa? È sgradevole sentirsi inferiori, sapere che da qualche parte ci sono biologi e
biochimici talmente bravi che hanno capito come è fatto il
virus dell’Aids e che lo stanno imbrigliando. È molto più
bello inventarsi che gli altri sono i cattivi, che il virus lo
hanno inventato, così ti senti superiore a dei geni. Gli ebrei
sono stati accusati di aver diffuso la peste nel XIV secolo, gli
occidentali, anzi i bianchi, sono accusati di avere diffuso il
virus dell’Aids.
I poveri del mondo crepano di miseria grazie ai loro governanti, principalmente grazie a essi, perché la multinazionale carogna esisterà sempre: è il governo di un paese
LA PERDITA DEI PADRI
163
che non deve svenderlo. In tutti i casi non si muore più di
vaiolo e peste, perché le epidemie sono state annientate, e
non si muore più per le carestie inenarrabili, perché le derrate sono state moltiplicate, ma nessun merito, mai, viene
riconosciuto all’Occidente. Nell’ottica profondamente razzista del terzomondismo pauperista, «l’uomo bianco» è l’unico adulto in grado di intendere e di volere, responsabile
del pianeta. Nessuno può avere la responsabilità di situazioni di cui non ha il controllo. Nel momento in cui le nazioni si sono rese indipendenti si sono assunte la responsabilità del proprio futuro. E dei propri fallimenti.
La nostra non è una civiltà perfetta, e a una civiltà perfetta non somiglia nemmeno, ma è la civiltà che nel bene e
nel male ha prodotto la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo,
e se permettiamo a tutti di sputare addosso al nostro passato, quella dichiarazione la perderemo.
La gente, il popolo, se questa parola può ancora essere
usata, ha intuito confusamente che i libri di storia, che accennano appena alla ferocia di Lenin, di Stalin, di Mao e dei
dittatori africani e mediorientali, sono falsi e che qualcosa
di tremendo sta succedendo; di conseguenza si è innamorata di Il Signore degli Anelli e di un tipo di letteratura, la letteratura fantasy appunto, indubbiamente localizzata in un
tempo medioevale, l’epoca in cui la nostra civiltà è nata. La
gente non ha letto Benedetto Croce, ma ha confusamente
intuito che nel Medioevo ci sono le radici ed è lì che bisogna tornare.
Nel Medioevo, e quindi nel fantasy, finalmente, si usa un
linguaggio storico. E ci liberiamo del politicamente corretto.
In Gli ultimi incantesimi, Joss e la ragazzina con i capelli
rossi sono chiamati «gli zingarelli».
164
LA REALTÀ DELL’ORCO
Il caporale Lisentrail è stato storpiato dagli orchi ed è
storpio. L’ambiente medievale permette queste parole senza che nessuno si senta cattivo, e permette di liberarsi dal
terrificante «disabile». È Lisentrail, lo storpio. Il che gli impedisce di camminare, ma non di essere felice, con sua moglie, i suoi bambini e i suoi polli. Rankstrail gli aveva affidato il compito di essere il custode della Cerchia Esterna. In
assenza di Rankstrail, Lisentrail diventerà il custode dell’anima di Varil. E chi se non lui potrebbe? Perché a lui basta
sorridere perché tutti riprendano coraggio. A lui basta mostrare la sua gioia di vivere perché i lamentosi la piantino
con i loro lamenti e i litigiosi si accordino.
Piantatela di essere disabili.
Siate storpi. È una parola biblica, evangelica, piena di
dolore, ma anche di forza.
Assumetevi il compito della vostra felicità e imparate a
fare miracoli.
Ognuno di noi ha potenzialità infinite.
Una potenzialità infinita è qualcosa di grande come il
mare.
E ora immaginate un mare liscio e uno dove l’infinito è
interrotto da isole. Lì il mare non c’è. Quelle isole sono
quello che avete di danneggiato: articolazioni, vertebre, occhi, quello che è.
Il mare resta sempre infinito. E le isole rendono più
straordinario il paesaggio.
Un bimbo nato deforme è Dumbo, l’elefantino, il protagonista di uno dei più bei film di Walt Disney. Dumbo è il
bambino malformato. Arriva nelle sale nel 1941, mentre
l’eugenetica impazza nella Germania di Hitler, con la benedizione di metà del mondo scientifico tedesco e italiano, e
LA PERDITA DEI PADRI
165
le persone vengono condannate a morte per la loro imperfezione.
E mentre nomino Dumbo, vorrei nominare l’hollywoodismo, cioè l’ideologia di Hollywood. Hollywoodiano
spesso è un termine dispregiativo, sinonimo di sciocco,
edulcorato, banale. In realtà nella follia delle ideologie del
XX secolo, che peraltro erano tutte rivisitazioni fanatiche di
concetti già espressi prima, i valori espressi da Hollywood,
in buona parte creata da persone legate alla cultura ebraica
in fuga dalla miseria o dall’intolleranza europea, sono l’unica ideologia nuova e originale.
I temi sono: il dolore del diverso, l’antirazzismo, l’importanza di quello che gli altri pensano di noi, la potenza
della fede in se stessi; l’uomo diventa quello che crede di
essere.
Le orecchie di Dumbo sono talmente grandi da essere
deformi. Hitler lo ucciderebbe. Lombroso lo rinchiuderebbe in riformatorio o in un manicomio criminale.
Dumbo non può camminare. Inciampa nelle orecchie. È
uno zoppo e ricalca quindi l’eterno archetipo dello zoppo,
che è colui che zoppica perché cammina con un piede nel
mondo dei vivi e uno nel mondo dei morti, perché ha già
camminato sotto le ali della sofferenza. Solo chi zoppica
può diventare il guaritore, lo sciamano, perché solo dal dolore passa la via della consapevolezza.
In realtà, le orecchie di Dumbo sono le sue ali.
Buon volo a tutti.
10
La distopia per ragazzi
Un nuovo genere, o forse sarebbe più corretto dire una
nuova sfumatura, per un genere da sempre esistito. Sto parlando della distopia, dell’antiutopia, della fantapolitica sociale, i figli e nipoti di 1984, sempre più presente nella cosiddetta letteratura per ragazzi, che in realtà, non sarà mai
ripetuto abbastanza, è una letteratura anche per ragazzi,
perché qualcosa che è buono per un dodicenne lo è anche
per un sessantenne, mentre non è valido il contrario. Possiamo prendere come esempi: Bambini nel bosco di Beatrice
Masini e La dichiarazione di Gemma Malley. Sono tutte narrazioni che sottolineano il rischio, per le nuove generazioni
di ragazzi, di essere sterminate dagli anziani. C’è una strana forma di mancanza d’amore nell’impedire la nascita.
Una notevole forma di aridità. È già descritta in Peter Pan.
Nel 1968 c’è stata una straordinaria scoperta: la pillola anticoncezionale. Finalmente sessualità e riproduzione potevano essere separate. È stata la quarta volta, dopo vaccinazione, sulfamidici e antibiotici, in cui la classe medica ha avuto in mano qualcosa per contrastare il dolore del mondo. Fino a quel momento la natalità era stata controllata, in epoca pre-illuminista, direttamente da madre natura con due
sistemi estremamente funzionali quanto atroci: una deva-
168
LA REALTÀ DELL’ORCO
stante mortalità infantile e un’altrettanto devastante mortalità materna di parto. In epoca post-illuminista, diminuita
fortemente la mortalità infantile, sono rimasti, mezzi incontrastati, l’aborto clandestino, oppure l’infanticidio sistematico. In ogni contrada agricola è esistito, fino a mezzo secolo fa, il luogo maledetto, il campo particolare, il fosso che
tutti conoscevano e di cui nessuno parlava, dove minuscoli scheletri testimoniavano la dannata difficoltà di fare l’essere umano. Chiunque sia stato in Cina, soprattutto nei decenni precedenti gli ultimi anni del boom, spesso ha notato
l’agghiacciante presenza nei fossi, dentro la scarsa spazzatura, di piccoli corpi, minuscoli scheletri della razza umana.
Separare la sessualità dalla riproduzione ha permesso la libertà sessuale, e in molti casi si è trattato di vera libertà.
Persone che facevano quello che veramente desideravano.
In altri, invece, si è trattato dell’imposizione di una sessualità di tipo maschile al sesso femminile. La sessualità maschile e la sessualità femminile sono diverse. I maschi hanno il testosterone che è dinamite, noi abbiamo gli estroprogestinici: robetta. Parliamoci chiaro: noi pensiamo al sesso
tre volte al giorno quando abbiamo vent’anni due volte al
giorno quando abbiamo trent’anni e dai quaranta in poi
una volta su due abbiamo mal di testa. I maschi pensano al
sesso tre volte all’ora. La diversa sessualità maschile e femminile è spiegabile con le ingiuste, cattive e poco disneyane
leggi dell’evoluzione. La base dell’evoluzione è che ogni essere vivente cerchi di lasciare sul pianeta il maggior numero di discendenti; se tutti cercano di fare la stessa cosa i più
bravi riusciranno a farla meglio, quindi quelli che rimarranno saranno i cromosomi più funzionali e l’evoluzione
procede. Se un maschio riesce a fecondare un gran numero
di femmine, qualcuno dei suoi figli alla fine camperà e i suoi
LA DISTOPIA PER RAGAZZI
169
cromosomi si diffonderanno; al contrario, le femmine hanno
maggiori probabilità di sopravvivenza, hanno maggiori probabilità di mettere al mondo una prole che diventi adulta se
riescono a mettere le mani su un maschio che accetti per tutta la vita di dannarsi l’anima per mantenere loro e i bimbi.
Un individuo di sesso maschile può vivere un comportamento promiscuo, una sessualità intercambiabile e superficiale come una vittoria; per una femmina, al contrario, la
promiscuità è un comportamento autoaggressivo. Inoltre, è
stato dato un significato folle al termine libertà sessuale dimenticando che libertà non vuol dire fare qualsiasi cosa ci
venga in mente, libertà è la capacità di assumersi la responsabilità di quel che si sta facendo. In tutta la storia dell’umanità, dato che dalla sessualità potevano nascere dei figli, essa
era riservata all’età adulta. E la sessualità deve essere riservata all’età adulta, non è una cosa né per ragazzi né per ragazzini, perché può essere una distruzione di sé e dell’altro.
E anche perché può essere meravigliosa, ma solo una personalità adulta ne può capire la meraviglia. In mano a ragazzi
e ragazzini nella migliore delle ipotesi sarà sperperata, nel
più probabile farà del male.
Il passaggio dall’adolescenza all’età adulta era segnato
da uno specifico rito di passaggio e solo dopo quel rito si
accedeva alla sessualità.
Ora i riti di passaggio sono stati aboliti. Il risultato è
un’adolescenza squallidamente infinita. Prima degli ultimi
cinquant’anni, anche nella letteratura, una persona di venti
o ventidue anni veniva definita un uomo o una donna, non
un ragazzo. Oggi non ci sono più riti di passaggio, cioè la
sessualità può essere fruita già nell’adolescenza, periodo in
cui una persona non è adulta, non guadagna, non si assume responsabilità. Detto in parole molto povere, se posso
170
LA REALTÀ DELL’ORCO
godere della sessualità già nell’adolescenza chi me lo fa fare di diventare adulto?
Sono un ragazzo di trentanove anni è una frase paradigmatica squisitamente postmoderna.
La società postmoderna ha ucciso i maschi, ha ucciso la
virilità, che compare violentemente nel fantasy, in quanto
esclusa dalla vita vera come robaccia da bruti.
L’aggressività è legata al testosterone. Qualunque istruttore di arti marziali potrà testimoniare la differente «grinta»: le femmine non picchiano, hanno paura di fare male.
Dio o madre natura o l’evoluzione ha creato una differenza
strutturale.
L’aggressività dell’uomo – contro altri uomini, contro le
donne, contro i bambini – può essere atroce e indescrivibile, ma l’aggressività non va amputata.
L’aggressività e la violenza fanno parte del nostro lato
oscuro. Noi abbiamo la tentazione di abolire il nostro lato
oscuro, ma non è possibile e se fosse possibile sarebbe un
disastro.
Il racconto che più di ogni altro contiene questo infernale sogno è Il visconte dimezzato di Italo Calvino.
Si tratta di smontare l’uomo, esaminarne i componenti e
buttare via quelli che non piacciono, così l’uomo sarà «migliore». C’è stato il sogno di rifare l’uomo senza sessualità,
la sessualità era il demonio, e qui ci hanno giocherellato in
parecchi; il sogno di fare l’uomo privo di egoismo con una
fedeltà alla nazione superiore a quella che ha per se stesso
e per la sua famiglia. Qui si sono esibiti Marx, Lenin e consociati. Poi la debolezza è diventata il demonio e abbiamo
fatto l’uomo senza debolezza, senza malattia: Hitler e soci
si sono scatenati. Ora nel delirio del post-’68 il demonio è
diventato l’aggressività.
LA DISTOPIA PER RAGAZZI
171
Vale per l’aggressività la stessa regola che vale per la sessualità, per la debolezza, per l’egoismo, per il grasso, per il
numero di paia di scarpe, per il colesterolo: l’eccesso uccide, ma la mancanza non è compatibile con la sopravvivenza.
Un Dio idiota ha fatto l’uomo sbagliato e il superuomo
di turno – Lenin, Hitler, il cretino post-sessantottino – lo
corregge.
Il deliro è che senza il nostro lato oscuro saremmo perfetti. Senza il nostro lato oscuro saremmo incompleti, il che
vuol dire non vitali.
Senza le virtù virili dell’aggressività, dell’intolleranza,
dell’arroganza e del coraggio un gruppo smette di essere
vitale.
L’uomo contemporaneo ha smesso di essere aggressivo
con le donne, non commenta più il deretano quando passano per strada, e non le prende più a ceffoni. Encomiabile.
Ma c’è una forma di violenza contro le donne più grave delle botte, una forma di violenza contro i figli più deleteria
del batterli, dello sfruttarli o del venderli. Un uomo che si
sottragga al diventare sposo e padre sta commettendo una
violenza letteralmente omicida. Non far nascere è una maniera per uccidere.
Lui si dichiara un ragazzo di trentanove anni, lei ne ha
trentasei e finalmente, nonostante il divieto di lui, è incinta.
Ma lui «non è sicuro di essere pronto». Questi non uomini
inutilmente maschi hanno «scoperto il loro lato femminile»
e «finalmente osano discutere dei loro sentimenti». Il che
tradotto in parole povere e comprensibili vuol dire che parlano come le sedicenni nelle soap opera.
«Non sono sicuro di essere pronto e non so se sono veramente innamorato o no.»
172
LA REALTÀ DELL’ORCO
Un uomo non deve chiedersi se è innamorato di una
donna incinta di lui, deve sposarla e mantenerne il figlio. Se
dopo dieci anni saranno ancora insieme avrà la risposta: era
innamorato. Altrimenti no, ma almeno il bambino esisterà
e respirerà.
L’esistenza degli anticoncezionali e l’infernale facilità
dell’orrenda e tragica pratica dell’aborto fanno sì che lui si
ritenga libero di disinteressarsi della scelta, mettere al mondo un figlio, che essendo un’opzione è interpretata come
una costrizione. C’è l’aborto, se lei non vuole abortire è una
scelta sua e ne porti il peso.
Un vero uomo dovrebbe vivere il ventre sacro di quella
donna come il suo territorio.
Il mio corpo è mio, hanno starnazzato le isteriche galline
del movimento di liberazione femminile, senza capire che
millenni di regole sulla sessualità servivano proprio a evitare la tentazione dell’uomo a non spaccarsi la schiena per
proteggere e sfamare la sua donna e i suoi bambini.
Mi interrompo per spiegare un passaggio fondamentale.
Il femminismo ha avuto due parti, il movimento di emancipazione femminile e il movimento di liberazione. Spesso
confusi l’uno con l’altro questi due movimenti sono assolutamente antitetici. Il movimento di emancipazione era un
onesto movimento che voleva diritti civili, pari opportunità
e il diritto di gestire la propria sessualità. Era un movimento che chiedeva che prima di tutto si fosse una persona, e
poi un uomo o una donna. Era basato sull’amore, l’amore
per se stesse, per gli uomini, per la vita, per il mondo. Il movimento di liberazione è stato un movimento basato sull’odio, sull’odio isterico per i maschi, per la vita, per la maternità, la civiltà ebraico-cristiana, il mondo occidentale e so-
LA DISTOPIA PER RAGAZZI
173
prattutto per se stesse. Con un pensiero analogico, basato
cioè non sulla logica ma sull’analogia, sull’assonanza, sulla
somiglianza, l’Occidente è equiparato alla forza e quindi al
maschio prevaricatore e ha torto sempre e a prescindere, e
tutto quello che non è Occidente – Africa, Asia, indiani d’America, eschimesi, indios – è debole e quindi equiparato alla femmina sfruttata e in quanto debole automaticamente al
di sopra delle critiche. Una comprensione distorta delle tesi antropologiche di Lévi-Strauss porta alla paralisi del giudizio davanti a qualsiasi crimine commesso contro le donne o contro chiunque altro nelle civiltà extraeuropee.
Il movimento di liberazione femminile porta all’estremo
il concetto sessantottino di moralizzazione della debolezza.
Chi è forte ha automaticamente torto. I perdenti e gli sconfitti sono automaticamente buoni. Qualunque dittatore africano, gli entusiasti delle mutilazioni genitali femminili, i lapidatori delle adultere e i propugnatori del matrimonio di
bambine di otto anni, nell’ottica del movimento di liberazione femminile, sono la parte debole del mondo e quindi
«femminili» e non criticabili. L’odio del movimento di liberazione femminile per l’ebraismo e il cristianesimo è assoluto. Tutte le altre religioni non al di sopra di qualsiasi giudizio e chi se ne permette uno viene tacciato non solo di
razzismo, ma di fallocrazia.
Le appartenenti al movimento di liberazione femminile
hanno portato i loro deretani inguainati in mutande di cotone rigidamente senza pizzetto a scodinzolare davanti a
Khomeyni, in quanto leader che si opponeva alla fallocrazia borghese occidentale. Chiunque sia andato in piazza a
bruciare il reggiseno era una persona con una gravissima
dismorfofobia e alterazione dell’io corporeo, quasi sempre
anche con disturbi alimentari; individui che, cito testual-
174
LA REALTÀ DELL’ORCO
mente, hanno ritrovato il senso del loro esistere dialogando
con la loro vagina. Dopo mezzo secolo di dialogo ora difendono a spada tratta il diritto della donna islamica a portare il burka e a essere lapidata. Nessuna contraddizione: la
base di tutto questo è l’odio di sé.
Distratti a fare idiozie invece che a essere un uomo e una
donna, cioè un padre e una madre, abbiamo permesso il
crollo della natalità, una crisi demografica ben più grave di
quella della peste del ’300. Grazie all’immigrazione e alla
maggiore natalità islamica rischiamo la libanizzazione, cioè
di diventare una minoranza in una maggioranza islamica
nel giro di mezzo secolo.
Inoltre la mancanza di aggressività maschile porta alla
mancanza di difesa del territorio: il territorio fisico, il suolo
dell’Europa, e quello ideologico, la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo, che, per universale ammissione dall’ONU e
della Comunità europea, non può essere considerata superiore alla shari’a.
Le periferie in fiamme, gli atti di terrorismo di Londra e
Madrid, l’assassinio di Theo van Gogh, l’atroce attentato di
Tolosa, tutti episodi di cui sono protagonisti musulmani in
Europa da due o tre generazioni, dimostrano come questi
maschi eunuchi privi dell’istinto della difesa del territorio
abbiano permesso l’ingresso di una minoranza non integrabile, storicamente nemica, che grazie alla maggiore natalità sarà maggioranza entro breve.
Davanti alle periferie in fiamme, ai quartieri dove i
«bianchi» non entrano se non a loro rischio e pericolo, il
momento è venuto di discutere su questa Europa ubriaca di
idiozie che sostiene che una nazione accuratamente divisa
in ringhiose minoranze, ognuna rinchiusa in un vittimismo
pari solo all’aggressività, possa portare da qualsiasi parte
LA DISTOPIA PER RAGAZZI
175
che non sia una guerra civile permanente e assoluta. La crisi economica avanza: non siamo in grado di garantire nessun lavoro a nessuno, nessuna vita decente a nessuno.
Chi dice una menzogna bellissima, è uno che mente. Chi
dice una verità terribile, come Gandalf, sta dicendo la verità.
Il multiculturalismo può portare alla distruzione dove
sia mal gestito: dove non esistano valori forti comuni già in
origine e dove i numeri delle minoranze siano troppo alti,
non può essere ben gestito. Le incompatibilità di civiltà diverse, se sono strutturali, non si superano con la buona volontà. Sarebbe bello se fosse possibile, ma non lo è. Possiamo andare per strada e organizzare feste a base di banchetti etnici e questo è bellissimo, ma deve succedere solo tra
persone che già si sono accordate sul valore assoluto della
libertà delle donne a scegliersi la vita e il compagno, sui diritti degli omosessuali, sul divieto della poligamia, sul dovere di tutti di partecipare allo Stato: dovere di sopportare
che la polizia commetta un omicidio e di aspettare il verdetto dell’inchiesta che ne segue, dover sopportare che vi
siano periodi di recessione economica. Se questo accordo
non c’è, allora la festa di quartiere è un paravento per nascondere la guerra civile che alla prima occasione esplode
perché i valori comuni non ci sono.
Lo Stato nazionale rischia di morire ucciso da un ritorno
al tribalismo.
In un’Europa in crisi economica, per i nuovi venuti ci sono risorse sempre più limitate: questo ingigantisce l’odio.
Chi ha alle spalle una cultura di tipo medievale difficilmente riuscirà a raggiungere una buona posizione economica in una generazione sola, possibilità invece più facile
per gli immigrati indiani e dell’Estremo Oriente. Non per-
176
LA REALTÀ DELL’ORCO
ché il primo sia discriminato su base razziale, ma perché occorre del tempo. E fatica. E pazienza. E fede nel sistema.
L’odio è una scorciatoia più facile e ovvia. L’Europa in balia della crisi economica non è più in grado di accogliere
nessuno.
L’Europa è già multietnica, molto più multietnica di
qualsiasi altro continente. Era già multietnica: si era formata dall’unione di romani, ostrogoti, visigoti, greci, mongoli,
che si sono fusi con infinita fatica nel Medioevo grazie a secoli di lacrime, terrore e sangue, e grazie alla comune fede
cristiana.
La minoranza ebrea, sempre presente e sempre fondamentale, è stata un elemento chiave per la costruzione dell’Europa, della cultura europea, della letteratura europea,
della filosofia, della scienza e dell’arte. Gli ebrei sono stati
soggetto della costruzione dell’Europa e complemento oggetto delle persecuzioni presenti in ogni secolo.
Dove non ci sia il collante di una fede religiosa condivisa, o di un’appartenenza agli stessi valori, non basteranno
millenni di lacrime e sangue. Perché sprofondarci in un nuovo Medioevo senza via di uscita dovrebbe renderci migliori? Una volta che noi saremo crollati, non avremo più una
terra e i dissidenti delle dittature islamiche avranno perso la
loro unica speranza. Non possiamo crollare. Nessuna terra
può sopravvivere a un’immigrazione massiccia di persone
che non ne condividono i valori, ma che li odiano.
Questi maschi amputati dell’aggressività hanno fatto alle loro donne il più atroce dei doni, la più terrificante delle
violenze. Hanno rubato loro il futuro.
Gli uomini sono più aggressivi. Questa realtà dal ’68 in
poi è negata. Per la terza volta nel giro di cento anni, l’uomo corregge Dio, o madre natura, o l’evoluzione, che ha
LA DISTOPIA PER RAGAZZI
177
sbagliato, creando questo uomo eunuco, sfigato e perdente,
che dimostra il suo valore nelle pubblicità solo nell’uso dei
detersivi.
E torniamo alle fanciulle, la libertà è difficile e soprattutto presuppone la capacità di rifiutare. Molte ragazze non ce
l’hanno. A molte ragazze non è stato insegnato che possono
dire no.
Dire no è una capacità complessa che presuppone:
a) fede in se stessi,
b) fede nel fatto che gli altri continueranno ad amarci anche
se abbiamo detto no,
c) fede nel fatto che se per caso qualcuno smetterà di amarci perché abbiamo detto no quel qualcuno era un tale cialtrone che levarselo di torno è stato un affare.
Molte ragazze non sanno di poter rifiutare, si tratta di
ragazze con forti tratti autoaggressivi, spesso riconoscibili
per l’eccessivo numero di piercing o per il colore eccessivamente bizzarro dei capelli, caratteristiche quasi sempre
correlate a un flirt più o meno manifesto con disturbi alimentari. La cosiddetta libertà sessuale, per queste ragazze,
vuol dire semplicemente lasciarsi imporre una sessualità
promiscua e anaffettiva di tipo maschile. Perché la libido
delle femmine è inferiore a quella dei maschi? Perché hanno poco testosterone. È ovvio che la libido delle femmine
aumenta in quelle che hanno più testosterone: il testosterone alto in una donna dà una forte muscolatura, una notevole libido e una accentuata peluria, molto accentuata,
beh, sì, insomma: i baffi. Da qui il mitico donna baffuta
sempre piaciuta: finalmente ci si divertiva un po’. Donna
baffuta sempre piaciuta ha anche il suo corrispondente letterario: Madame Bovary è descritta con un’importante peluria sul labbro superiore e lo stesso vale in Guerra e pace
178
LA REALTÀ DELL’ORCO
per la moglie del principe Andrej. La bella Rosina, moglie
morganatica di Vittorio Emanuele II, ci guarda dalle foto
con la sua indubbia peluria sul labbro superiore, mentre le
Madonne di Raffaello hanno un atteggiamento endocrinologico tipicamente iperestrogenico: pelle liscia, muscolatura poco accentuata, grasso corporeo ben rappresentato.
Istinto materno molto forte. Le donne hanno dannatamente forte l’istinto materno, chi ha gli estroprogestinici gioca
con le bambole e vuole mettere al mondo dei figli. Le donne hanno una sessualità meno esplosiva di quella dei maschi proprio perché è fondamentale che restino fredde davanti alla sessualità maschile e «concedano» il proprio corpo solo nei casi in cui la gravidanza può essere un’ipotesi
accettabile, dove cioè l’uomo abbia dato manifestazioni
d’amore talmente importanti o talmente ufficiali che si può
assumere per certo che si darà da fare, si dannerà l’anima,
distruggerà la propria salute perché il frutto del concepimento possa sopravvivere e diventare persona. La libertà
sessuale, apparentemente, è stata un dono incredibile per
le donne, la libertà sessuale è un dono incredibile quando
significa appunto libertà: di scegliere, di dire di no, di dire
di sì; dove questo manchi invece è diventata una trappola.
Sono sempre più numerose le donne che permettono che il
proprio istinto materno sia azzittito o dimenticato, che permettono che la propria sessualità sia profanata in una sistematica promiscuità e anaffettività, sono sempre più numerose le donne che sperperano la loro sessualità e la loro
vita. È sempre più rimandato il momento della maternità.
La maternità è stata talmente profanata che può essere accettata solo quando sia perfetta: momento giusto, feto perfetto. Anche la vita secondo questi minuscoli sacerdoti della cultura di morte può essere accettata solo se perfetta,
LA DISTOPIA PER RAGAZZI
179
perché questi minuscoli sacerdoti della perfezione in realtà
la vita non la amano.
Smettete di leggere, accendete il computer, andate su
You Tube e guardate questo video:
http://www.youtube.com/watch?v=salAwpT6Kls
È nato senza braccia e senza gambe, ma ha intelligenza,
senso dell’umorismo e cuore.
Oggi, proprio oggi, mentre sto battendo sui tasti due
«genetisti» hanno dichiarato che deve essere lecito sopprimere anche i neonati, non solo i feti, dove costituiscano un
problema: si chiama aborto postnatale.
Faccio parte degli individui, e siamo un esercito, la cui
presenza sul pianeta è stata accolta da un «ma porca miseria eppure avevamo fatto attenzione». I nostri genitori non
ci avrebbero voluto o forse sarebbe più corretto dire che
non sapevano di volerci, perché poi quando ci siamo stati ci
hanno appassionatamente amato, ci hanno protetto, sono
stati felici della nostra presenza. Ora la maternità consapevole ci permette di far nascere un bambino solo al momento giusto. Il momento perfetto. Ma quando è il momento
giusto?
Il professor Veronesi raccomanda una maternità responsabile: solo bimbi perfetti, nati nel momento perfetto. Tutti
noi, infinito esercito dei bambini accidentali e imperfetti, figli di una maternità accidentale e irresponsabile, nel suo
mondo perfetto non potremmo più nascere. Eppure permane l’impressione che noi, figli della potenza della vita, non
siamo un prodotto di scarto rispetto alla perfezione raccomandata dal professor Veronesi.
11
Harry Potter.
L’immaginario collettivo è stato di nuovo arricchito
A scanso di equivoci: faccio parte di quelli che aspettavano l’uscita del nuovo libro di Harry Potter contando i
giorni. Devo ad Harry Potter e al bellissimo audiolibro letto da Stephen Fry il fatto che, finalmente, dopo un inizio
scolastico desolante e alcuni tentativi fallimentari, ho cominciato a cavarmela con l’inglese.
Amo Harry Potter: i suoi libri, ovviamente; a volte non
sono nemmeno riuscita ad arrivare alla fine di quei noiosissimi ammassi di effetti speciali che sono i film.
Delle madri ho già parlato e anche il discorso sulle madri fa parte della fortissima presenza cristiana in Harry
Potter.
La religione è presente: ci siamo dentro. Per sei libri la
religione non viene mai nominata, è un tabù. La domenica
nessuno va a messa. Nessuno domanda a un altro: scusa,
ma tu sei cattolico, anglicano, protestante, buddhista, induista o che cosa? Quando il preside muore e quando muore l’elfo domestico Dobby vengono entrambi seppelliti senza alcun simbolo religioso. A Hogwarts, nella scuola dei
maghi, ci sono due settimane di vacanza a Natale, che è la
festa dell’albero di Natale, e una settimana di vacanza a Pasqua, parola che nella civiltà europea vuol dire resurrezio-
182
LA REALTÀ DELL’ORCO
ne, ma non viene mai specificato chi sia risorto: probabilmente l’albero di Natale. Nel settimo libro, improvvisamente, cominciano a comparire i simboli religiosi. La vigilia di Natale si sentono carole di Natale: sono canti che parlano della natività. Compare la parola chiesa: nel villaggio
natale di Harry Potter, mentre si odono le carole, Harry ed
Ermione si trovano davanti a una chiesa. Allora se una chiesa esiste la religione esiste: Harry è cattolico, anglicano,
protestante o cosa? Viene nominato l’inferno: «Passerò dalla tua parte quando l’inferno gelerà» dice Neville, il riferimento quindi è a una tradizione che parla di un inferno di
fiamme. La fine del settimo libro di Harry Potter riecheggia
la fine del Vangelo di san Giovanni. Chi non teme la morte
vivrà in eterno. Harry, che non ha paura della morte, che
trova il coraggio di sacrificare la sua vita, guadagna non solo la salvezza fisica di coloro che ama, ma l’eternità.
In Il Signore degli Anelli, in Le cronache di Narnia e in Harry
Potter si parla di Dio e della Morte. In tutti e tre viene ripetutamente sottolineato, è il pilastro della narrazione, il potere salvifico del sacrificio. Il sacrificio di se stessi, il sacrificio fatto per amore. Silente ripete che il potere più grande
che esista è l’amore. Al di fuori del cristianesimo, anzi al di
fuori della religione ebraico-cristiana, questo concetto è impensabile. Persino Pullman nella saga di Queste oscure materie, credendo di essere uno scrittore anticristiano, non riesce
a ovviare a quei valori che al di fuori della spiritualità biblico-evangelica non esistono. E parla del sacrificio, questa
volta di un amore, non della vita, fatto per salvare il mondo. Per quanto riguarda l’esoterismo, altro non è che un’esasperazione letteraria della nostra capacità di creare la
realtà attraverso la nostra volontà e il nostro pensiero:
un’assunzione di responsabilità.
HARRY POTTER
183
Le maggioranza delle metafore sono forse involontarie,
così sembra suggerire la Rowling in un’intervista. Sicuramente Lewis conosceva bene le sue metafore, e forse il suo
difetto è di essere troppo scoperto, troppo didascalico 1.
Quelle di Tolkien sono sicuramente volontarie, ma meno
scoperte 2.
Nella trama del libro sono presenti due citazioni dal
Nuovo Testamento. Sulla tomba dei genitori di Harry è
scritto: «L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte».
L’autrice attira la nostra attenzione su questa frase, mettendola al centro di uno scambio tra Harry, che non ne capisce
il senso e chiede se per caso non è una frase da Mangiamorte, ed Ermione che lo rassicura. La frase è contenuta nella
Prima lettera di san Paolo ai Corinzi (1Cor 15,20-27). La seconda citazione dal Vangelo è: «Dov’è il tuo tesoro, là sarà
anche il tuo cuore», incisa sulla tomba di Kendra Silente.
Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulate
invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché,
dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. (Mt 6,19-21)
È il Discorso della Montagna, che, da solo, contiene tutto il cristianesimo.
Harry Potter parla dell’etica della verità, che, sola, ci renderà liberi.
Harry Potter parla dell’etica della fratellanza: maghi,
non maghi, elfi e altre creature che tutte hanno diritto alla
dignità e al rispetto, contro i deliri razziali.
Per motivi che ignoro è stato tagliato nel film il dialogo
finale tra Harry e Voldemort, dove compare un altro pun-
184
LA REALTÀ DELL’ORCO
to fondamentale: il pentimento. Se riuscisse a provare rimorso Voldemort potrebbe ancora salvare la sua anima
mutilata.
Nel libro vi è la certezza dell’immortalità dell’anima e
Harry vede quello che diventerà Voldemort se non si pente: un neonato che piange disperato abbandonato su un pavimento.
L’altro cardine assoluto della religione ebraico-cristiana
contenuta in Harry Potter è il concetto di responsabilità personale.
La responsabilità è personale. È l’uomo che fa la differenza. L’uomo che sceglie di fare o di non fare. La responsabilità della Shoah è di ogni singolo soldato, non di Hitler
o Himmler che erano due psicotici, perché altrimenti tutte
le volte che qualcuno con un cortocircuito cerebrale raggiunge il potere il risultato sarà di milioni di morti. La colpa dei disastri africani non è né delle multinazionali né dei
produttori di armi, perché ci sarà sempre una multinazionale non etica e un produttore di armi, ma di chi commette
le azioni. La colpa della morte di Desdemona è di Otello,
non di Iago. La colpa è al 100% di Otello. Se a Jago vogliamo dare una colpa 40, quella di Otello resta 100, non diventa 60, perché se io sono una persona perbene ed etica
non divento un assassino mai, nemmeno se sulla mia strada qualcuno mi sibila calunnie su una persona amata, mi
mette in mano armi, mi dà ordini terribili. Se non avesse incontrato Iago sulla sua strada, Otello avrebbe ucciso Desdemona l’anno dopo, per un paio di fotografie ritoccate su
una rivista di gossip.
La colpa del terrorismo è del terrorista, non di chi lo ha
reso infelice. Nel sottrargli la colpa gli sottraiamo l’umanità, il libero arbitrio.
HARRY POTTER
185
La colpa è dell’individuo, non della società. Se l’individuo è stato preso a calci, possiamo fare il 5% di sconto, non
di più.
Nei terribili libri Più forte dell’odio di Tim Guénard e Un
bambino chiamato «Cosa» di Dave Pelzer ci vengono raccontati abusi tremendi, descritti in prima persona dalle vittime.
Coloro che li hanno subiti non sono diventati massacratori
di bambini. Certo, il maltrattamento faceva parte della loro
vita, è evidente che non potessero occuparsi di altro, quindi sono diventati conduttori di case di accoglienza per bambini maltrattati. Un grandissimo chirurgo, un uomo che ha
passato la vita a guarire gli ustionati, ebreo ungherese di
origine, aveva visto sua madre bruciata viva con un lanciafiamme. Ha usato la sua vita per guarire le ustioni.
Harry Potter si assume tutta la responsabilità. Dopo
quello che ha subito, lui sì, avrebbe il diritto di diventare un
malvagio. Harry ha addirittura dentro di sé un frammento
dell’anima di Voldemort e nemmeno questo blocca la sua
assunzione di responsabilità e la sua capacità di scelta etica.
Inoltre in Harry Potter, come in Il Signore degli Anelli, c’è
un popolo sotto attacco mortale che ignora questo attacco,
e che anzi punisce come bugiardi coloro che cercano di avvertire, punisce come guerrafondai coloro, Gandalf, Harry
Potter, che hanno capito e si battono per fronteggiare il
mostro.
Anche se la saga è cominciata prima dell’11 settembre, a
mano a mano che prosegue la visione politica diviene evidente. I difensori devono battersi su due fronti, la cultura
di morte che li fronteggia e alle spalle lo sterminato esercito di vili che pensa, come un bimbo piccolo che si copre gli
occhi con le mani, che, se non la guarda, la realtà spaventosa sparirà.
186
LA REALTÀ DELL’ORCO
La magia in Harry Potter ha tre funzioni.
1) Creare una trama complessa basata su una situazione
ipotetica che viene mantenuta in maniera coerente. È un
espediente narrativo tipico del fantasy che tiene alta la tensione. L’ipotesi è «come sarebbe il mondo se esistesse veramente la magia», esattamente come nella saga di Twilight
l’ipotesi è «come sarebbe il mondo se esistessero i vampiri»
e nella fantascienza l’ipotesi è «come sarebbe il mondo se ci
fosse una tecnologia in grado di permettere la tale o talaltra
cosa» 3.
In questa narrazione si forma anche un gioco con il lettore, che conosce gli incantesimi, ha accompagnato i tre studenti nelle aule dove li hanno appresi, e talvolta indovina
quale incantesimo verrà usato.
2) Creare un effetto comico: alcuni incantesimi sono buffi o
possono avere valenze esilaranti, quando si fanno errori. Il
fatto che (Harry Potter e la camera dei segreti) la liberazione di
un elfo domestico sia basata su un oggetto improbabile come un calzino sudicio o che l’accesso ai luoghi oscuri e arcani si faccia attraverso il gabinetto delle ragazze, spezza la
tensione grazie all’ironia. Il fatto che nel mondo dei maghi
bacchette magiche, manici di scopa e calderoni da pozione
siano oggetto di pubblicità è inevitabilmente comico, come
effetto comico hanno l’infinita e farraginosa burocrazia del
mondo magico, la stampa e la politica.
3) Avere una valenza metaforica: l’incantesimo del Patronus, che mette in fuga i Dissennatori, ricorda come dentro
di noi e nella nostra capacità di gioia ci sia forza per fronteggiare la disperazione, contiene le istruzioni per la resilienza. Inoltre l’incantesimo è una metafora della capacità
dell’uomo di creare la propria realtà attraverso la parola e il
pensiero. Sono citazioni della psicologia costruttivista, e
HARRY POTTER
187
quindi del cristianesimo e del buddhismo. L’incantesimo
diventa metafora della logopedia di Victor Frankl. Se siamo
stati creati a immagine e somiglianza di Dio e Dio è un creatore anche noi siamo dei creatori. In Harry Potter e nel fantasy vi è la magia dell’uomo.
Fortissima in Harry l’amicizia, l’amicizia descritta benissimo, con le sue invidie, con i litigi, le riappacificazioni.
I tre rischiano la vita insieme e poi si aggrediscono in
continuazione per gelosia, per insicurezza.
Straordinariamente umani.
Gli incantesimi e le bacchette magiche, peraltro così presenti in Harry Potter, non sono poi così risolutivi. L’intelligenza, il coraggio, il senso del dovere, la responsabilità, l’amicizia, la verità e l’amore per la vita e per il mondo sono
ingredienti ben più importanti.
Paolo Gulisano, C.S. Lewis. Tra fantasy e Vangelo, Àncora, Milano 2005.
Paolo Gulisano, Tolkien, il mito e la grazia, Àncora, Milano 2007.
3
Marina Lenti, L’incantesimo Harry Potter, Delos books, Milano 2007; Marina Lenti (a cura di), Potterologia. Dieci as-saggi dell’universo di J.K. Rowling, Camelozampa, Monselice 2011.
1
2
12
La magia dell’uomo. La resilienza. WALL•E
Un’altra verità delle fiabe, e quindi del fantasy: il bambino resiliente.
La parola resilienza viene dalla meccanica: indica la peculiarità di materiali contemporaneamente duttili e resistenti, quelli che non mollano mai.
La parola resiliente per la prima volta applicata alla psicologia è opera dello psicologo francese Boris Cyrulnik. È
uno con cui la vita non ha scherzato, Boris Cyrulnik. I suoi
genitori erano già stati uccisi quando lui capì che non doveva salire sul treno per Auschwitz. Si è nascosto nel gabinetto delle SS, in alto, contro il soffitto. Per tutta la giornata le
SS sono entrate per orinare e defecare e non hanno mai alzato la testa. Boris Cyrulnik è sopravvissuto e ha deciso che
non avrebbe patito alcun trauma. Sarebbe rimasto vivo e felice di vivere. La resilienza è la capacità del bambino, e quindi dell’essere umano, di resistere e sopravvivere continuando a conservare la fede nella vita e la capacità di provarne
gioia. La scoperta, o meglio la riscoperta della resilienza è
stata problematica, perché è necessario un grosso sforzo per
sottrarsi al dogma psicanalitico. La psicanalisi freudiana è
una delle numerose religioni atee che hanno afflitto gli ultimi due secoli di vita dell’umanità occidentale. I dogmi di
190
LA REALTÀ DELL’ORCO
Freud, indimostrati e indimostrabili, hanno creato il dogma
del trauma e della sua irrisolvibilità. E questo ovviamente
crea traumi irrisolvibili. L’idea del trauma irrisolvibile è un
trauma. In una realtà dove l’osservatore e l’osservato fanno
parte della stessa verità e dove l’osservatore influenza sempre l’osservato modificandolo, la psicanalisi freudiana ha
inventato eserciti di malati e li ha resi inguaribili. Ha inventato etichette, le ha appiccicate rinchiudendo le persone in
gabbie di cui solo lo psicanalista ha la chiave.
La norma della creatura vivente è l’equilibrio. Il fine
sempre presente è l’autoguarigione. Quante delle scorticature che vi siete fatti sulle ginocchia da bambini stanno continuando a sanguinare? Veramente pensate che madre natura (Dio, l’Universo) siano così babbei da non aver previsto la normale autoguaribilità dei traumi psichici? Ma come
può guarire qualcuno cui è stato detto che non guarirà? Ci
siamo stesi sul lettino e abbiamo perso la capacità di fare
miracoli. L’uomo primitivo passava le giornate cercando di
scampare alla tigre dai denti a sciabola, a scampare agli uomini della tribù nemica che volevano farlo a spezzatino,
non essendo riusciti a catturare la tigre dai denti a sciabola,
e a scampare alla morte per inedia se la tigre dai denti a
sciabola la acchiappava qualcun altro. Viveva in distese di
neve con temperature polari. Se qualcuno avesse inventato
allora la dizione «sindrome post-traumatica da stress» ci saremmo estinti.
Nel fantasy si recupera l’idea del coraggio. Anche Harry
Potter non finisce mai dallo psicologo, ormai in dotazione a
tutti gli edifici scolastici, eppure di traumi ne ha parecchi.
Il robottino WALL•E è il bambino resiliente. WALL•E si
muove in un mondo di morte. Noi siamo tutti immersi in
LA MAGIA DELL’UOMO
191
una cultura di morte. WALL•E è l’ennesimo film sulla fine
del mondo. Le religioni atee, una più dogmatica, più indimostrata e indimostrabile dell’altra, l’entropia, la psicoanalisi freudiana, il protocollo di Kyoto, ci informano ossessivamente sulla mancanza di ogni speranza e sulla fine del
mondo. Perché opporsi al nazismo, al comunismo o al terrorismo islamico (cioè all’islam), tanto il mondo finirà in
tutti i casi. Tutto è morte. Chi se ne frega.
Il robottino ha la testa di un bambino. Come un bambino raccoglie i giocattoli, ha la scatola dei tesori, ama le lucine di Natale. WALL•E si muove in un mondo senza vita,
all’interno del quale, di vivo, ci sono solo lui e lo scarafaggio, e in questo terribile mondo ci sono anche le carcasse
degli altri robottini uccisi dalle tempeste di sabbia, da cui
WALL•E si è salvato grazie al fatto che ha trovato rifugio in
un vecchio camion, che ha trasformato in tana. Quando a
WALL•E si rompe uno dei cingoli, lo sostituisce con uno
ancora buono preso dalla carcassa di un robot simile a lui,
dopo aver controllato che la misura sia uguale. Queste carcasse disseminano il pianeta discarica in cui lui si muove
nel suo titanico lavoro di porre ordine dentro il caos. Se
WALL•E è «vivo», cioè dotato di coscienza, allora erano vivi anche gli altri robottini suoi simili e quindi suoi fratelli.
Quando gli si rompono i cingoli, WALL•E li sostituisce con
i cingoli presi al cadavere di un fratello. WALL•E è il bambino sul campo di battaglia, il bambino nel campo di concentramento, che sopravvive rubando le scarpe ai morti.
Ancora più terribile la scena in cui WALL•E, prima di addormentarsi, si culla da solo spingendosi con la manina, e
questo lo classifica definitivamente come bimbo piccolo,
dal punto di vista psicologico, un bimbo piccolo che ancora necessita di accudimento. Negli orfanotrofi, nei campi di
192
LA REALTÀ DELL’ORCO
concentramento, ovunque, i bambini abbandonati si cullano da soli dondolandosi avanti e indietro. WALL•E sopravvive con i mezzi con cui sopravvivono i resilienti, il
film può essere usato come un manuale della resilienza: tenere l’attenzione concentrata sulle cose che vanno bene, trovare la bellezza ovunque: WALL•E raccoglie giocattoli, trova la bellezza in vecchi oggetti sudici e abbandonati, dà loro un valore sistemandoli in collezioni, trova piacere nel
guardarli e nel giocarci. Come Victor Frankl, come Dostoevskij sa che la bellezza è l’antidoto dell’orrore, perché la
bellezza ci ricorda che Dio esiste e ci ama. Cerca l’affetto di
un animaletto domestico: le persone sole che hanno un micio o un cagnolino vicino a sé se la sfangano molto meglio
di quelle che riempiono il silenzio solo con il televisore. Il
terzo sistema di sopravvivenza emotiva di WALL•E sfrutta le narrazioni e la musica. Nella resilienza sono fondamentali le narrazioni e quella forma suprema di narrazione
che è la musica. Il robottino ha la videocassetta di Hello Dolly! 1. WALL•E ha tre tasti, record, stop e play, come i vecchi
registratori a cassette, e registra la colonna sonora di Hello
Dolly! così da poterla ascoltare sempre e poter vivere con
essa. La musica è la più antica terapia del mondo, precede
addirittura la parola.
Molte terribili religioni atee hanno gravato sulla fine
dell’800, causando la catastrofe del ’900, la bestiale perdita
di spiritualità che ci ha portato la fisiognomica, l’eugenetica, il genocidio.
Tutte hanno avuto parvenza di scienza. Una di queste,
insisto, è la psicanalisi freudiana. La psicanalisi crea l’idea
del trauma psichico, e che questo trauma sia irrisolvibile.
Quante volte vi siete sbucciati le ginocchia da bambini? Le
LA MAGIA DELL’UOMO
193
ginocchia stanno ancora sanguinando? No. Il vostro corpo
tende alla guarigione. La vostra norma è l’autoguarigione.
Questo vale per il nostro corpo, ma anche per il nostro spirito. Non c’è ferita che non possiamo superare. Il nostro
presente ci appartiene. La nostra realtà è quello che c’è nella nostra testa. Noi possiamo sempre decidere che nulla ci
può abbattere.
Questa non è una prigione, ma un luogo di prezioso eremitaggio dove finalmente la mia anima è diventata uno con
Dio, ha lasciato scritto un monaco tibetano due giorni prima di morire di stenti in una prigione cinese.
Noi possiamo resistere e sopravvivere a qualsiasi cosa.
L’importante è sapere che è possibile. Anche su questo le
fiabe hanno detto la verità.
Biancaneve non ha la «sindrome post-traumatica da
stress» dopo essere stata nel regno dei morti perché la matrigna, che in realtà è mamma, ha cercato di ucciderla. Lei e
il principe vivranno felici e contenti.
Per quanto sia grave e tragico quello che abbiamo sofferto o che hanno sofferto coloro che amiamo, sappiamo
che il destino da realizzare è vivere nella gioia. Non neghiamo il dolore, non minimizziamolo, ma armiamoci della certezza che abbiamo la forza di guarirlo, completamente, e di vivere felici e contenti.
L’ultima riga delle fiabe contiene il nostro possibile destino. Spetta a noi e solo a noi il realizzarlo o vivere nell’angoscia e nel dolore.
1
Film di Gene Kelly (1969) con Barbra Streisand e Walter Matthau.
Conclusione
La cosa più bella che possiamo sperimentare è il
mistero. È la fonte di tutta l’arte e della scienza. La persona cui quest’emozione è estranea,
che non riesce più a fare una pausa per stupirsi e farsi rapire dalla meraviglia, è come un
morto: ha gli occhi chiusi.
Albert Einstein
Perché scrivo fantasy? Perché è l’unico contenitore che
mi concede di parlare di Dio e della morte.
Quelle che seguono sono considerazioni mie. Sono disposta a risponderne.
Sono disposta a risponderne davanti a Dio, perché quello che credo, quello che ho messo nei miei libri, è la certezza che Dio si inginocchia davanti alla libertà umana, e la libertà non è il diritto di fare quello che si vuole, questo è un
delirio, altrimenti Auschwitz sarebbe un luogo di libertà assoluta visto che le SS potevano fare qualsiasi cosa dei prigionieri, incluso dissezionare da vivi e da svegli i bambini
gemelli, strappare loro i capelli per «esaminarne» i bulbi,
fare senza anestesia prelievi dalle ovaie e dai testicoli, dissanguarli incidendo la femorale.
196
LA REALTÀ DELL’ORCO
La libertà consiste nell’assumersi la piena libertà di quello che si sta facendo, di quello che si sta dicendo. Dove non
c’è responsabilità non c’è libertà. E la libertà può essere libertà di trasgredire, ma anche libertà di obbedire, libertà
piena, di cui mi assumo la responsabilità.
Obbedisco alla legge di non uccidere, non rubare, non
dire falsa testimonianza, ed è libertà.
La libertà è assumersi la responsabilità, piena, totale, e
risponderne.
Dio si inginocchia davanti alla libertà umana esattamente come si inginocchia davanti al dolore umano e chiunque
abbia sofferto potrà sostenerne lo sguardo.
Ho scritto dei libri per poter parlare di Dio.
Sono nata in una famiglia cattolica, madre praticante e
padre libero pensatore, e ho smesso di esserlo perché non
era decente essere credenti dopo la Shoah. La Chiesa cattolica, e anche quella protestante, e anche quella ortodossa, è
nata antisemita. San Giovanni Crisostomo iniziò secoli di
antisemitismo sfociato con la Shoah. Con l’unica eccezione
degli appartenenti alla XIII Divisione, tutte le SS erano cristiane. Nella prima fase dello sterminio, gli ebrei, che almeno fino al giorno dell’esecuzione avevano potuto vivere a
casa loro, erano condotti in un luogo dove scavavano grandi fosse comuni, poi erano costretti a spogliarsi e quindi
erano uccisi. Perché non si ribellavano? Perché non hanno
almeno provato? Perché le squadre che hanno fatto questo
avevano il lanciafiamme. Il lanciafiamme è un oggetto del
tutto inutile su un campo di battaglia, ha una gittata di un
metro, ma è indispensabile in un genocidio. Con gli armeni
e i tutsi, genocidi più pezzenti e tecnologicamente arretrati,
il lanciafiamme è stato sostituito dalla più economica ma
sempre efficace lattina di cherosene.
CONCLUSIONE
197
Ad Auschwitz non è morto l’ebraismo. È morto il cristianesimo.
Quindi ora ci sono solo due strade: o il cristianesimo
scompare o risorge, risorge nell’amore per la vita, per i fratelli maggiori, per il coraggio. Un amore vero, totale. Bisogna morire per poter risorgere.
Perché scrivo fantasy? Perché appartengo al Terzo Millennio e alla civiltà europea e quindi avevo bisogno di un
contenitore dove poter parlare della storia. La storia della
mia epoca.
Oggi, finalmente, indipendentemente dal fatto che siamo credenti o liberi pensatori o atei perché è irrilevante, noi
non possiamo non dirci discendenti del pensiero cristiano,
anzi ebraico-cristiano.
Se non lo facciamo, se non ritroviamo la fierezza della
nostra storia e delle nostre radici spirituali, il nostro pensiero non potrà davvero rinnovarsi e sarà sconfitto.
In primis dal duro confronto con l’islam, la cui shari’a nega in principio la possibilità dell’attuarsi della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo.
Probabilmente il confronto con l’islam sarà il difficilissimo dono che ci permetterà l’ultimo giro della spirale, la risoluzione dell’antisemitismo.
Perché solo questo confronto con l’islam ci può spingere
al recupero della spiritualità, delle nostre radici, del misticismo, dell’estasi.
Della gioia.
La fierezza per la nostra storia, e il nostro pensiero, perché noi siamo le nostre radici.
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LA REALTÀ DELL’ORCO
Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anticristiana è l’essere riusciti a creare
nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a
instillargli l’imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro
storia. A furia di insistere, dalla Riforma sino a oggi, ce l’hanno
fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzato nell’autocritica masochista,
per neutralizzare la critica di ciò che ha preso il vostro posto.
Da tutti vi siete lasciati presentare il conto, spesso truccato, senza quasi discutere. Non c’è problema o errore o sofferenza nella storia che non vi siano stati addebitati. E voi, così spesso
ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci, magari
per dar loro man forte. Invece io (agnostico, ma storico che cerca di essere oggettivo) vi dico che dovete reagire, in nome della verità. Spesso, infatti, non è vero. E se qualcosa di vero c’è, è
anche vero che, in un bilancio di venti secoli di cristianesimo,
le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre. Ma poi: perché
non chiedere a vostra volta il conto a chi lo presenta a voi? Sono forse stati migliori i risultati di ciò che è venuto dopo? Da
quali pulpiti ascoltate, contriti, certe prediche? Leo Moulin
Nel 1985 Lévi-Strauss rilasciò un’intervista in cui era nitidissima ormai la sua visione apologetica dell’Occidente:
Ho cominciato a riflettere in un’epoca in cui la nostra cultura
aggrediva altre culture, e a quel tempo mi sono eretto a loro
difensore e testimone. Oggi ho l’impressione che il movimento si sia invertito e che la nostra cultura sia finita sulla difensiva di fronte a minacce esterne, fra le quali figura probabilmente l’esplosione islamica. E di colpo mi sono ritrovato a essere un difensore etnologico e fermamente deciso della mia
stessa cultura.
CONCLUSIONE
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Sottoscrivo.
Ricordiamo tutto questo.
E allora salveremo tutti, sia i nostri figli che i figli di coloro che credono di essere i nostri nemici.
Le culture di morte vincono le battaglie, ma perdono le
guerre.
Come diceva Steinbeck: gli eserciti dove l’individuo non
conta, alla fine vengono sconfitti.
Le culture dove l’individuo non conta alla fine sono destinate a soccombere.
I figli di coloro che credono di essere i nostri nemici prima o poi sentiranno enorme e irrefrenabile la voglia di essere persone, uniche e irripetibili.
Il sangue dei copti, i cristiani dell’Egitto, come quello dei
cristiani di Baghdad, della Nigeria, del Kenya, dell’India,
scorre come fosse un liquido senza valore.
«La tragedia dei totalitarismi, ancora di più della perdita della libertà è la perdita dell’anima» ha scritto Edith Teresa Stein, suor Teresa della Croce, nata ebrea, docente di filosofia, convertita al cattolicesimo, suora carmelitana, morta ad Auschwitz.
Il laico Steinbeck avrebbe usato la parola individualità
al posto di anima, ma il concetto è lo stesso. L’uomo persona delle culture di vita contro l’uomo formica, intercambiabile e obbediente, un uomo che può essere schiacciato senza problemi e senza rimorsi, delle culture di
morte.
Che i nemici della vita, della libertà, che i nemici della felicità come sono stati chiamati, non si facciano illusioni.
Gli orchi esistono e devono essere fermati. E gli orchi si
fermano solo militarmente. E senza follie di odio, perché gli
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LA REALTÀ DELL’ORCO
orchi devono essere fermati per essere salvati, perché sono
fratelli.
Ritroviamo la fierezza della nostra storia, ritroviamo l’amore per il mondo e per la vita, ritroviamo la fede, ricordiamo il coraggio. Per la prima volta, perché in realtà non è
ancora veramente cominciato, capiamo lo straordinario
messaggio che la religione di Mosè e quella di Cristo ci hanno consegnato.
E allora, lo ripeto, salveremo tutti, sia i nostri figli che i
figli di coloro che credono di essere i nostri nemici.
Perché scrivo fantasy? Perché solamente nel fantasy potevo mettere quello che penso di Dio.
Tutti parlano di un Dio potente, un Dio che può tutto. Nessuno può tutto. Il concetto stesso di onnipotenza è un’aberrazione. Se Dio è buono non può fare il male, quindi non è onnipotente. Se fa il male, non può amarci, quindi non è onnipotente. Tutti pensano a Dio come un maschio. E se fosse una madre? Impotente come tutte le madri?… Il corpo di una donna
porta i segni di tutto, dalla deflorazione al numero di figli che
ha messo al mondo. Dio ha creato la materia, ma ci ha rimesso se stesso, ha diminuito spaventosamente la sua forza… Se
Dio ha messo la sua forza nella creazione e ne è rimasto privo,
come una madre sfasciata da un numero apocalittico di parti,
Dio non può più intervenire, e quando le cose vanno male, la
sua parte maschile agonizza e quella femminile è invece con i
suoi figli, li accompagna nella via del dolore. Quando le cose
vanno bene, per esempio quando un bambino ride, quando
un marito e una moglie si amano e godono entrambi nell’amore, allora Dio si riprende e riesce anche a dare una mano.
Da L’ultima profezia del mondo degli Uomini
CONCLUSIONE
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Noi siamo lo specchio di Dio.
O forse non siamo lo specchio di Dio, ne siamo i figli,
ognuno di noi è un suo frammento. Ognuno di noi con potenzialità infinita, quello che si chiama magia.