II processo di comunicazione nei mass media

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II processo di comunicazione nei mass media
II processo di comunicazione nei mass media
13.1. La società mediata
I più diffusi manuali sul tema trattano della «comunicazione» intendendo quasi esclusivamente
quella veicolata dai mass media. Essi partono da un assunto reale: nelle società contemporanee, la
gran parte delle informazioni proviene di fatto da questi mezzi. Sono essi a dare quelle notizie che,
da un lato, costruiscono la visione del mondo e, dall'altro, forniscono tutto quanto può servire al
soggetto, concretamente e quotidianamente, per vivere nel suo gruppo sociale: dalle informazioni
spicciole (che tempo farà, cosa proiettano i diversi cinematografi, quali scioperi eventuali), alle
notizie più importanti (cosa accade in politica e in economia, i grandi eventi dai paesi stranieri), ai
fatti e agli avvenimenti culturali e così via.
Sono i contenuti mediali che fanno dell'uomo moderno un «grande informato»: egli riceve
quotidianamente tante informazioni quante i suoi nonni ne avevano, forse, nel corso di tutta la loro
vita. Essi, per sapere come comportarsi nella propria comunità (lo stesso «diritto-dovere» che
hanno, oggi, i loro nipoti), dovevano parlare con coloro che incontravano nel villaggio o sul luogo
di lavoro, ascoltare i più autorevoli membri della comunità come gli anziani, i sacerdoti ecc. Non è
detto che questo assicurasse loro saggezza e indipendenza di giudizio. Tutt'altro. Una diffusa
ignoranza (nel nostro paese l'analfabetismo è stato una piaga diffusa fino a 60-70 anni or sono) e
l'accettazione di un controllo sociale rigido (tipico di una società divisa in classi sociali ben definite)
costringevano, di fatto, l'attore sociale ad accettare il proprio destino personale e ad avere una
limitata conoscenza del mondo sulla scorta di po-
che e orientate informazioni. Del resto, il soggetto era confinato in un ristretto intorno sociale: il suo
paese e il suo lavoro. Difficilmente egli ne usciva: al più ciò gli poteva capitare in occasione del
servizio militare o del viaggio di nozze nella città più vicina.
Le generazioni successive, continuamente abituate a studiare, viaggiare e cambiare lavoro con
grande frequenza, necessitano di una gran massa di notizie. Spesso tale flusso è anche superiore al
loro reale fabbisogno e alle loro capacità-abilità di ricezione. Non a caso si parla di alluvione
comunicazionale per intendere che la quantità di comunicazione (ciò che veicola ogni giorno
l'insieme dei media), teoricamente a disposizione di un consumatore medio, è ben al di là delle sue
concrete possibilità di ricezione. Egli non può seguire tutte le televisioni e le radio, leggere tutti i
giornali ecc. Al più ne fruirà per una piccola parte e magari in modo superficiale, anche quando il
suo consumo è molto massiccio, fino a toccare le 3-4 ore ogni giorno.
Si può quindi dire che il consumo reale, per quanto alto, è di gran lunga inferiore all'offerta (teorica)
multimediale. La quantità di informazioni, tuttavia, resta egualmente cospicua, tanto da «perderci la
testa», come sostengono gli apocalittici contemporanei per affermare un concetto non totalmente
errato, e cioè che questa grande quantità impedisce di dare ordine e significatività (cosa è
importante e cosa non lo è) e di tentare un minimo di approfondimento (fermarsi per capire e
valutare) su quanto si riceve.
Un'accusa che ha un risvolto molto attuale, allorché si afferma che ciò su cui insistono
prevalentemente i grandi media sono i contenuti spettacolari. Tutto deve essere consumato
facilmente, deve piacere per essere acquistato (le televisioni devono vendere pubblicità e i giornali
lottare per non perdere in diffusione), deve divertire o commuovere immediatamente per avere
successo. Tutto è spettacolo, anche l'informazione, data in pillole e per bocca di conduttori belli e
simpatici. Spettacolo diventano così anche argomenti molto seri come la politica (si parla di
teledemocrazia), la religione, la scienza (sempre più divulgazione scientifica) ecc.
Come si vede, c'è molta materia per far cadere nel facile errore di pensare che oggi ogni forma di
conoscenza sia quella veicolata dai grandi media. Ma non è così. Quest'errore di prospettiva porta di
conseguenza all'errore più diffuso e più grave: ritenere che quello dei media sia un pubblico di
massa, indifferenziato, senza al-
cuna capacità critica o reattiva. Vedremo in questo e in altri capitoli quanto tutto ciò sia privo di
ogni fondamento scientifico.
13.2. Il processo di comunicazione mediale
Oggetto di questo capitolo è il processo di comunicazione tramite i mass media, processo ben più
complicato di quello relativo alla comunicazione interpersonale (Ql dice qualcosa a Q2 che...).
In questo caso Ql - l'emittente - è costituito dalle grandi stazioni televisive e testate giornalistiche,
mentre Q2 - il ricevente - è l'insieme dei pubblici di riferimento. Gli effetti possono essere di
devastante rilevanza e i codici sempre più complessi (non solo la parola detta o scritta, ma le
immagini, la musica ecc.) e così via. Ma è soprattutto a proposito dei mezzi che, in questi anni, sono
avvenute importanti trasformazioni. Per brevità basti ricordare come tra non molto i nuovi media
(quel «mix» che unirà televisione, computer, satelliti, cellulari ecc.) permetteranno di «rispondere»
(e non più solo ricevere passivamente) personalizzando le richieste di merci, di servizi, di
programmi (di divertimento, culturali e così di seguito.) ecc.
Per impostare l'analisi del processo di comunicazione mediale, riprendiamo una formula molto
famosa di Lasswell (1948), che si traduce in cinque items:
WHO
WHAT
WHOM
WHERE
WHAT EFFECTS
II modello, detto delle 5W, indica «chi» (who) dice «qualcosa» (what) a «qualcuno» (whom) usando
un canale comunicativo (where), ottenendo certi effetti (what effects).
Il modello di Lasswell ha il pregio della semplicità (eccessiva se utilizzato elementarmente), ma
soprattutto di evidenziare come il processo di comunicazione mediale debba essere analizzato
tenendo presente tutti gli elementi proposti dalla formula, senza ignorarne o sottovalutarne nessuno.
Che senso avrebbe infatti studiare i messaggi televisivi senza tenere conto dei modi della
produzione (che «costituiscono» il prodotto inquadrandolo in un genere), dei codici espressivi (le
immagini, il montaggio ecc.), del pubblico a cui
sono riferiti (il suo gusto, il tipo e le modalità di consumo), del successo ottenuto ecc.? E questo è
solo uno degli esempi possibili.
Una tale necessità, per una corretta e approfondita analisi, non è in contraddizione col fatto che
molti lavori di ricerca si limitano ad approfondire un singolo aspetto (per esempio l'audience di una
certa trasmissione e/o di una fascia del palinsesto televisivo). Ciò dipende da esigenze di
economicità e/o di specializzazione dei ricercatori, ma certamente questi studi settoriali non
riescono, da soli, a dare un quadro completo del consumo televisivo, dei suoi contenuti e dei suoi
effetti.
I cinque items della formula di Lasswell possono così essere anche considerati come altrettanti
campi di lavoro empirico che qui di seguito elenchiamo brevemente, dando solo alcuni esempi tra i
molti possibili.
WHO: le ricerche sulle fonti d'emittenza, per esempio le singole televisioni o le diverse testate
giornalistiche, oppure lo studio degli operatori professionali, la loro preparazione, le associazioni
sindacali di categoria o le loro politiche. O ancora le leggi che regolano diritti e doveri di chi opera
nel settore ecc.
WHAT: le analisi sul contenuto dei diversi media, e sui codici utilizzati per esprimerli. Per esempio
le analisi delle notizie (quali e distinte per settori-argomento, fonti d'emissione, materiale «video»
utilizzato ecc.) trasmesse dai telegiornali, il confronto tra generi-contenuti trasmessi (e con quale
frequenza) dall'emittenza pubblica e privata, il confronto tra le notizie date dai telegiornali e quelle
pubblicate dai quotidiani.
WHOM: le analisi sui diversi pubblici dei vari media per un determinato periodo di tempo o per una
particolare testata giornalistica, radiofonica ecc. Si consideri, per esempio, l'indagine nazionale
(Auditel) che «calcola» il pubblico televisivo per le diverse reti televisive per ogni minuto della
giornata, o altre indagini che misurano il pubblico delle emittenti radiofoniche (Audiradio) o dei
lettori dei quotidiani o delle principali testate periodiche (Audi-press). Altri lavori possono
analizzare i modi di ricezione individuale o di gruppo di un certo programma o dell'adesione
privilegiata a una certa testata ecc.
WHERE: le indagini sul controllo economico e politico delle grandi emittenti, l'organizzazione del
lavoro al loro interno, la quantità e fonti delle entrate che ne permettono l'esistenza, gli sviluppi
delle tecnologie che utilizzano e che dovranno utilizzare in futuro, la loro «immagine» e le politiche
di relazione con i loro pubblici di riferimento, i problemi della correttezza dell'informazione, della
concorrenza leale ecc.
WHAT EFFECTS: le indagini che studiano gli «effetti» dei media o, più semplicemente, come un
prodotto mediale ha modificato conoscenze e atteggiamenti di un certo pubblico. Nel primo caso si
parla, in genere, degli effetti «a lungo termine»: per esempio come la televisione e i principali
media costruiscono nel tempo una particolare rappresentazione sociale (la giustizia, la violenza
ecc.). Nel secondo caso è prassi comune sottoporre a un campione ristretto di potenziali spettatori
uno spot televisivo per conoscere, in anticipo, se e come è stato compreso e il suo gradimento.
La formula di Lasswell, nella sua semplicità, non può certo esaurire la complessità del processo di
comunicazione multimediale. È necessario, così, approfondire le considerazioni che essa
suggerisce.
Iniziarne con il «tradurre» gli items di questa formula in termini più operativi considerandoli, come
in realtà sono, diversi ma collegati momenti del processo di comunicazione mediale. Ridefiniamoli
così:
WHO
EMITTENTE
WHAT
MESSAGGIO
WHERE
MEZZO
PRODOTTO
WHOM
PUBBLICO
WHAT EFFECTS
EFFETTI
(O EFFICACIA)
Per chiarezza consideriamo il processo di comunicazione da un punto di vista più concreto. I cinque
piani già analizzati si possono così riconsiderare:
emittente
chi lavora in una struttura produttiva di una qualsiasi emittente e in questo modo contribuisce alla
messa a punto di un
messaggio/prodotto
come risultato di un particolare processo ideativo-produttivo che si concretizza in una precisa
struttura narrativa fondata su alcuni contenuti, una trama, dei protagonisti principali e secondari,
una particolare coloritura emotiva ecc. Il prodotto è messo a punto nelle sue varie fasi
(dall'ideazione, alla produzione, alla distribuzione-promozione) in relazione a un particolare
mezzo
caratterizzato da specifici codici linguistici che ne fanno la tipicità. Oltre a ciò vanno considerate le
modalità di genere, di durata e collocazione. Ovviamente ogni mezzo si rivolge a un
pubblico
reale o potenziale, che si vuole conservare o aumentare. Esso deve essere conosciuto nella sua
composizione mediante ricerche che lo definiscano sulla base di variabili socio-demografiche o
culturali (età, sesso, istruzione, stili di vita, gusti e/o motivazioni-predisposizioni al consumo,
gradimento ecc.) e analizzino il processo di ricezione (comprensione dei contenuti, competenza dei
codici utilizzati ecc.) e il «significato-valore» attribuito a quel prodotto da chi ne fruisce. Ciò
introduce a considerare gli
effetti
(o efficacia), a breve o lungo termine, di un particolare prodotto o dell'intero sistema mediale,
intendendo con i primi (a breve) il risultato ottenuto immediatamente o come gradimento-successo
o come reale e avvenuta trasmissione di informazioni-conoscenze effettivamente «arrivate» al
potenziale destinatario, e con i secondi (a lungo), la creazione di atteggiamenti, modelli culturali e
valori, che l'insistere di certi messaggi/prodotti può formare e/o rendere stabili in determinati
pubblici.
Chi legge può adesso ripercorrere il processo fin qui descritto, con riferimento (a lungo termine) a
un esempio possibile: un film, una trasmissione televisiva, piuttosto che un quotidiano. Di questo
andranno analizzate le diverse fasi ideativo-produttive attraverso le quali esso viene offerto a un
certo pubblico.
Come esempio possiamo rifarci a un prodotto di fiction televisiva o cinematografica. La nascita è la
sua «ideazione», che può
prendere lo spunto da un romanzo, da un fatto preso dalla realtà, dalla individuazione-costruzione di
un «plot» del tutto frutto di immaginazione, ma che si ritiene potrebbe aver successo ecc.
Comunque esso nasca, il passaggio successivo è la sua «messa a punto», affidando il progetto a una
équipe di «produttori» (con grossi investimenti o in economia) strutturandolo per un certo pubblico
(solo donne; di grandi dimensioni; con velleità artistiche; per una certa emittente ecc.). Infine, per
ottenere certe risorse (di audience, di entrate pubblicitarie, di immagine per la «rete»), si dovranno
utilizzare un certo tipo di interpreti (ad alto o basso costo, molto o poco conosciuti ecc.).
Tutto ciò comporta numerosi vincoli che devono essere tenuti presenti nel momento in cui si passa
alla fase della sceneggiatura, cioè della «scrittura» del prodotto. È il passaggio dall'idea a un progetto che diviene reale, allorché si entra nella fase che vede impegnati un regista, degli attori, dei
tecnici e in seguito, musicisti, montatori ecc. E questo l'inizio della fase dell’ encoding, cioè del suo
tradursi in un testo, in questo caso per immagini.
Ovviamente il prodotto costruito concretamente nelle varie fasi finisce per avere certe
caratteristiche che «guidano» la fruizione dello spettatore. Questa viene attratta da particolari
passaggi (per esempio certe immagini) che catturano l'attenzione dello spettatore e lo coinvolgono
nelle loro interpretazioni. Chiamiamo questi passaggi marcatori, per indicare la loro natura di tratti
forti in cui appare evidente (o più evidente) l'intenzione dei «creatori», la bravura degli interpreti
ecc. Possono essere scene in cui si narrano i nuclei centrali di una trama (l'inseguimento di un
«cattivo» che cerca di farla franca), punti in cui si usano effetti speciali o vi è una forte
sottolineatura musicale ecc. Sono i momenti che, in genere, restano anche più nel ricordo, quelli che
saranno più probabilmente oggetto di appassionate discussioni.
Al suo apparire «in video», un prodotto è una macchina costruita appositamente per ottenere certi
risultati. Può fallirli o ottenerli con grande efficacia e successo, ma è comunque un mix costruito
con obiettivi precisi: una certa storia raccontata in un certo modo. Chi la vede la interpreterà con la
propria sensibilità, la propria cultura, il proprio gusto consolidato, ma non potrà prescindere dal
fatto che quel testo è costituito in modo da suggerire certi significati ed emozioni.
Questo approccio ci permette di condividere l'ipotesi di alcuni studiosi per cui i cues (i suggerimenti
«impliciti») del testo guidano o orientano il processo interpretativo della gran parte dei lettori o
riceventi. Una certa scena, per esempio, evidenzierà il carattere di un personaggio, le sue intenzioni,
il suo modo di comportarsi. I particolari proposti dalla regia, l'abilità degli interpreti, la sottolineatura musicale ecc., saranno costruiti per comunicare qualcosa di molto preciso allo spettatore che
potrà capirlo più o meno, farsi o meno coinvolgere, ma non potrà comunque non tenerne conto se
vuole arrivare al significato di ciò che sta vedendo.
Possiamo definire, complessivamente, le varie fasi del processo analizzato come encoding, e cioè
«messa in codice» di un testo, tutto quanto va dalle «intenzioni» del comunicatore al prodotto così
come viene concretamente presentato al pubblico.
Questa è, tuttavia, solo la prima fase del processo di comunicazione mediale, a cui segue una
seconda, quella relativa al modo in cui i riceventi lo vedono e interpretano.
Anche nella comunicazione mediale, così come in quella interpersonale, si deve tener conto della
risposta dei riceventi, della loro interpretazione. È quella che possiamo definire come decoding, e
cioè «decodifica» di un testo.
Possiamo allora rappresentare le due fasi del processo di comunicazione mediale nel seguente modo
ENCODING
EMITTENTE
MESSAGGIO/PRODOTTO
MEZZO
PUBBLICO
DECODING
Nel decoding, il flusso comunicativo deve essere analizzato come risposta del
pubblico
Questo deve essere distinto prioritariamente tra lettore individuale e collettivo (audience), ma si
tratta sempre di un ricevente reale,che deve essere individuato, conosciuto e considerato nel momento della concreta situazione di consumo e nel suo definito contesto di funzione.
Sulla base del modello degli «usi e gratificazioni» si devono conoscere e valutare le motivazioni
che spingono «un» pubblico a una specifica situazione di consumo. Comportamento di consumo
che va valutato anche in base a_coinvolgimento, interessi, gusto pregresso, capacità e abilità
interpretative, che nascono dalle competenze e precedenti esperienze.
Particolari motivazioni e specificità del ricevente sono alla base della scelta di un certo
mezzo
di cui esso valuta positivamente i contenuti e i codici espressivi, le funzioni prevalenti, la credibilità
e l'immagine fino ad allora costruitasi nel tempo. Un mezzo si traduce, nel momento della decodifica, nei suoi contenuti e codici espressivi utilizzati per «mettere a punto» un particolare
messaggio/prodotto
I diversi contenuti di un mezzo (prodotto, per genere o tipologia, o messaggio) sono quelli che
rispondono concretamente alle aspettative-motivazioni di un certo pubblico rispetto a certe funzioni
(divertire, informare ecc.).
La decodifica si riferisce a ciò che nel prodotto si «racconta», ai modi narrativi, a certe sue
particolarità (presenza di attori o «firme» note, presenza di musica o immagini fotografiche di
grande bellezza), valutate sulla base di pregresse esperienze similari che ne determinano
comprensione e gradimento.
Non sempre il prodotto è riferito, nella sua decodifica, anche all’
emittente
da considerare sia come la struttura di una particolare impresa produttrice, sia come controllo da
parte della proprietà o del potere politico di riferimento. A volte lo si fa, come nel caso di una particolare testata giornalistica, del complesso e/o autore di un testo musicale ecc. In questo caso i
riceventi valutano la credibilità, legittimità e «simpatia-omogeneità» con le proprie posizioni
culturali, politiche o estetiche di chi ha prodotto e messo in circolazione quel prodotto o testo.
Anche a proposito del processo di decodifica, gli esempi concreti ne possono meglio mostrare la
specificità e complessità.
Riconsideriamo l'esempio fatto della fiction televisiva: cosa spinge un particolare spettatore (di una
certa età, sesso, istruzione ecc.), in un certo momento della giornata, ad accendere il televisore per
vedere una puntata di un «serial»? Quali sono le sue motivazioni? Semplicemente divertirsi,
immedesimarsi nelle vicende di personaggi che gli sembrano particolarmente «vicini» o simpatici,
passare del tempo libero da altre occupazioni, poterne parlare con le amiche ecc.? Da cosa, in
particolare, sarà attirata la sua attenzione? Dalla trama, dai personaggi, dalla bellezza dei
protagonisti? Dall'avere «informazioni» che gli vengono dalle puntate precedenti, da un particolare
sottolineato dalla regia, da come ritiene debba comportarsi un personaggio come quello, dall'aver
visto molte altre storie simili ecc.? E come interpreterà una certa sequenza specifica su cui, in quel
momento, è indirizzata la sua attenzione?
Nella fase del decoding rientrano in gioco i «marcatori». Si è detto che questi attirano in modo
particolare l'attenzione del ricevente e ne indirizzano la lettura e l'interpretazione. Diventa, allora,
interessante scoprire se questi «momenti» sono individuati e come sono interpretati ecc. Una lettura
guidata dal testo è quella in cui questi contatti tra testo e lettore avvengono puntualmente secondo la
volontà dei «creativi». Una lettura aberrante è quella, invece, che non ne tiene conto o non ne
interpreta esattamente i contenuti.
Nelle varie fasi del processo di decodifica il ricevente usa, come si è detto, le sue competenze e
motivazioni, quella che possiamo definire la sua specificità. Il lettore interviene sul testo con la sua
sensibilità: lo interpreta come vuole e ne è capace.
Ciò sembrerebbe contraddittorio con quanto detto alla fine dell'analisi del processo di encoding: là
si era detto che è il testo a guidare la lettura, adesso si dice che è la specificità del ricevente a intervenire su questo processo.
C'è, allora, da chiedersi: è il «testo» (la sua struttura e costruzione) o è il «lettore» (il suo essere
soggetto sociale e prodotto delle sue pregresse esperienze di consumo) a determinare il processo
interpretativo? La risposta è che il processo interpretativo non è altro che il prodotto dell'incontro
tra un testo e i suoi lettori. Si potrebbe dire del loro incontrarsi, piacersi, parlarsi e comprendersi.
Tale incontro si realizza nel fondersi tra le «aperture» del testo (in termini di significato possibile) e
le motivazioni a «lasciarsi cat-
turare» del pubblico. Se l'incontro riesce, da luogo a un processo interpretativo ricco, e con molti
possibili effetti.
In estrema sintesi, ricordiamo che l'incontro testo-lettore è una «contrattazione» tra le caratteristiche
del testo e le attese-risposte del lettore applicate a ciò che vede, legge ecc. Una contrattazione che
da luogo a una tipologia di fruizioni possibili disposte lungo un «continuum» che va dalla ricezione
distratta (il consumo) al coinvolgimento (il grande interesse) e la scoperta di significati importanti.
Come i lettori più attenti avranno notato, nei diagrammi a flusso relativi all’ encoding e al decoding
non è stato compreso il termine «effetti». Questi sono, infatti, il risultato del doppio flusso (emissione-ricezione) in cui si concretizza il processo di comunicazione mediale.
Lo schema può essere, quindi, così riproposto:
ENCODING
}
EMITTENTE
MESSAGGIO/PRODOTTO
MEZZO
PUBBLICO
DECODING
EFFETTI
Al momento limitiamoci a dire che consideriamo «effetti» ciò che resta nel pubblico (individuale o
collettivo) dopo che esso ha interpretato un certo prodotto (o testo) che qualcuno ha messo a punto.
In altri termini, gli effetti sono il risultato concreto dell'incontro o negoziazione tra testo e lettori.
13.3. Il processo interpretativo
II processo interpretativo è il risultato dell'incontro testo-lettore e avviene, concretamente, nel
momento della decodifica di una particolare porzione di testo da parte di uno specifico lettore.
Partendo dal «continuum» in precedenza proposto e non considerando la «ricezione distratta» (che
possiamo assimilare alla non fruizione o a una fruizione che non lascia neppure la più piccola
traccia a livello cognitivo-emotivo nel lettore), possiamo ritenere
che l'incontro testo-lettore avvenga prevalentemente nelle due opposte situazioni del «consumo» e
della «ricerca-costruzione di significato o senso».
Nel primo caso, esso è fruizione passivalo scarsamente motivata e prevalentemente «guidata» dal
testo e dai suoi «suggerimenti» espliciti (i «textual constraints») e non facilmente oggetto di letture
approfondite o alternative. In questo caso il lavoro di decodifica resta, di norma, al livello
denotativo (ciò che afferma esplicitamente il testo) e della comprensione, cioè il lettore si limita a
comprendere ciò che il testo vuoi significare immediatamente e semplicemente.
Nel secondo caso, il lettore ha una fruizione attiva, usa il testo come stimolo per un lavoro di
interpretazione a livello connotativo (ciò che suggerisce il testo come significato possibile o più
generale), sulla base di un continuo processo associativo (di inferenza) che lega alcuni elementi di
quel testo a schemi cognitivo-emotivi già in suo possesso. In questo caso, la comprensione è solo la
prima fase della fruizione, che prosegue sulla base di un processo interpretativo che aggiunge a ciò
che dice il testo ciò che vi «legge» il lettore, sulla base delle sue conoscenze pregresse come attore
sociale (e, quindi, attingendo alle sue dirette esperienze dal processo di socializzazione in poi) e
come fruitore abile ed esperto (per aver visto/letto analoghi prodotti mediali).
Nel processo di interpretazione, partendo dagli stimoli forniti dal testo, il lettore attinge al proprio
personale archivio di conoscenze (il suo capitale culturale) e dal suo soggettivo deposito dell’
«immaginario mediale», per trarre tutti quegli schemi cognitivi che gli suggeriscono una lettura più
ricca e partecipata.
Nel processo di interpretazione vi è quindi un valore aggiunto rispetto a ciò che viene
semplicemente compreso: il «plus» si realizza sia per il processo che ha permesso di trarre un
significato dal testo non immediatamente evidente, sia per l'aver effettuato una lettura personale e
soggettiva, spesso fortemente sottolineata in senso emotivo.
Costruire significato («making sense») è l'esplicazione dell'essere «attivo» da parte del lettore, che
aggiunge e mette nel testo qualcosa di più o di particolare rispetto alla realizzazione dei suoi autori.
Il lettore - come dice Eco - diventa, così, «co-autore». Ciò spiega perché un testo possa essere letto
e interpretato in infiniti modi: si potrebbe dire tanti quanti sono i suoi lettori.
L'interpretazione è lavoro attivo che nasce dal processo di decodifica, allorché il lettore: a)
seleziona e sceglie alcuni tratti particolari del testo per attivare determinati schemi cognitivoaffettivi; b) anticipa gli sviluppi possibili della trama e di ciò che potrebbero fare i protagonisti; c)
da un senso (con coloriture emotive e valoriali) a ciò che sta vedendo, leggendo ecc.; d) immagina
possibili sviluppi del testo; e) «mette via» (con particolare intenzione e intensità) alcune sequenze o
elementi.
Nel fare tutto ciò, il «co-autore» costruisce una lettura soggettiva, in qualche misura divergente da
quella proposta dal testo e dai suoi autori, e/o dalla gran parte di lettori che accettano la proposta
suggerita perché scarsamente coinvolti nel lavoro di interpretazione.
Allorché il lettore, coinvolto, si impegna a fondo nel lavoro di interpretazione, si realizza un'altra
importante fase del processo di comunicazione (che ci riporta al piano degli effetti o dell'efficacia
dei mezzi) che è quella dell’ interiorizzazione dei messaggi mediali. Ciò che si vede, legge ecc., va
a depositarsi nella memoria a lungo termine, nell'archivio delle conoscenze del soggetto e, diviene,
quindi, tratto costituente della sua personalità o identità.
Ogni nuovo elemento che viene interiorizzato diventa un tratto (più o meno significativo) della
soggettività individuale e come tale va a combinarsi con quanto l'individuo conosce già ed è alla base degli schemi interpretativi che utilizzerà successivamente in ogni processo interpretativo.
Tutto ciò avviene, estremizzando per facilità di esposizione, secondo due modalità diverse.
Nella prima ogni nuova acquisizione conoscitiva (ed emotiva) va a fondersi con quelle che sono le
interpretazioni consolidate del soggetto rispetto al reale, al mondo da lui conosciuto, funzionando
così da conferma e, al più, suggerendo qualche nuova sfumatura di significato. Una conferma che
garantisce della validità di queste interpretazioni che sono, per larga misura, ancorate al senso
comune, alle conoscenze condivise da chi fa parte dello stesso gruppo sociale a cui il soggetto
appartiene e che egli stesso condivide. Conoscenze che costituiscono la «lettura del mondo» (come
insieme di rappresentazioni condivise) a cui il soggetto farà riferimento in ogni evenienza per
interpretarlo e sapere come comportarsi di conseguenza.
Queste letture o rappresentazioni si impongono, in genere, per l'insistenza con cui i media trattano
questi temi o situazioni. È quanto sostiene la Cultivation Theory, quando afferma che l'insistere dei
media su determinati contenuti (con un certo modo di proporli) finisce per farli ritenere rilevanti nel
determinare i modelli culturali di riferimento in una certa società in un determinate momento
storico.
In questa prospettiva, possiamo ricordare come la scuola marxiana abbia affermato che la lettura del
mondo più condivisa è sempre quella imposta dal potere polìtico-economico dominante per la
propria riproduzione e per il mantenimento di quei valori (prevalentemente economici) che sono a
fondamento di un sistema, dove la sovrastruttura (le idee e i modelli culturali, sempre più trasmessi
e imposti dai media) deve essere funzionale alla struttura (le istituzioni dello Stato), come risultato
della presa di potere di un determinato gruppo sociale. ln questa prospettiva, le letture prevalenti o
dominanti sarebbero quelle funzionali al sistema e l'interiorizzazione delle conoscenze (fornite dalla
comunicazione multimediale) coinciderebbe con l'accettazione degli interessi e valori imposti dal
potere. Un forte consumo mediale produrrebbe, così, una forte alienazione delle coscienze
individuali, che verrebbero indotte a pensare (e a comportarsi) secondo il volere di chi detiene le leve del controllo del sistema economico-politico e non sulla base delle proprie motivazioni e
interessi.
Questa lettura è estremizzata e non condivisibile in un sistema democratico dove vi è una pluralità
di espressione (che si traduce in un'offerta ampia e variegata di prodotti di diversa ispirazione e
tendenza) da parte delle più diverse posizioni politiche. Ciò garantisce una certa qual possibilità di
scelta al soggetto, che può decidere secondo le proprie posizioni, pratiche e preferenze.
È, però, lettura condivisibile allorché afferma che determinate conoscenze, rappresentazioni e,
conscguentemente, letture del mondo, sono prevalenti rispetto ad altre e non solo perché più corrette
o legittime. C'è da chiedersi, allora, cosa fa sì che alcune siano prevalenti o dominanti rispetto ad
altre pure possibili? È questo un discorso lungo, ma riteniamo che come motivo prevalente, oggi, vi
sia la «ricerca di successo» da parte delle diverse emittenti, da intendersi come ricerca di un largo
pubblico (da accontentare nei suoi gusti più facili) e, conscguentemente, acquisizione di risorse
economiche, sia
attraverso la vendita dei propri prodotti sia come offerta di spazi pubblicitari. Per questo tende a
imporsi ciò che risulta più funzionale allo scopo, con alcune conseguenze «perverse», come il
prevalere di prodotti di consumo rispetto a quelli di maggior impegno, l'imporsi di mode e
personaggi di grande successo ma di modesto spessore e significato. Tutto ciò predispone a una
visione del mondo «prevalente», dove il successo sembra essere il valore di fondo e il divertimento
la funzione principale dei media.
Vi è, tuttavia, un secondo modo di considerare gli effetti dell'impatto mediale sull'interiorizzazione
delle nuove conoscenze. Esso, anziché appoggiarsi e fondersi a interpretazioni del mondo consolidate, tenderebbe a metterle in crisi, a suggerire letture devianti o divergenti rispetto a quelle,
fino ad allora, condivise dal soggetto-lettore. Le nuove conoscenze suggeriscono modi alternativi di
considerare certi aspetti del sociale. certi modelli di comportamento. In questo modo mutano gli
atteggiamenti consolidati, suggeriscono modi diversi di pensare, spingono ad altre letture ecc.
La lettura deviante o divergente si realizza, con più facilità, allorché il lettore - per inferenza - tende
ad associare certi tratti del testo con risorse conoscitive extratestuali che gli suggeriscono altri
significati o una profonda rivisitazione delle interpretazioni più comuni o consolidate, quella che la
gran parte degli utenti utilizza per «leggere» quel testo. Avviene allora una trasformazione degli
schemi cognitivi utilizzati, fin lì, dal lettore e la messa in crisi delle certezze (il senso comune) su
cui il soggetto aveva fondato, fino a quel momento, la propria visione del mondo e, implicitamente,
la propria identità.
La contrapposizione tra «interpretazioni consolidate» e «devianti» è stata suggerita per facilità di
esposizione-comprensione; nella realtà ogni nuovo processo interpretativo è un mix tra letture
«orientate dal testo» e interpretazioni «autonome» e soggettive. Dipende dalla situazione e dal
contesto, se tende a prevalere l'uno o l'altro tipo di lettura.
Per chiarire ulteriormente queste due diverse (ma spesso intrecciate) modalità di lettura-fruizione,
suggeriamo il seguente schema che ne estremizza le caratteristiche. Ovviamente questo va considerato come una proposta teorica e non un modo concreto per descrivere i diversi e concreti
processi di decodifìca-lettura di un particolare testo.
Comprensione
Interpretazione
-Testo semplice, con codici e contenuti
evidenti tali da permettere uniformi decodifiche da parte della quasi totalità dei
lettori
-Testo completo con codici e contenuti
ad alta polisemia che possono indurre
decodifiche alternative da parte di
lettori diversi
-Utilizzo di schemi cognitivi semplici
e naturalmente conosciuti dal lettore
(senso comune)
-Necessità di utilizzare schemi cognitivi
complessi e aperti (piani, narrazioni,
frames ecc..)
-Prevalere
-Prevalere del livello connotativo
del livello denotativo nella
lettura
-Lettore comune
-Lettore competente
-Scarsi scostamenti nei processi di encoding
e decoding (ciò che si vuol dire è facilmente
compreso dal lettore)
-Possibili e forti scostamenti nei processi
di encoding edecoding (il lettore può leggere
altro e di più rispetto alle intenzioni
dell’autore)
-Prevalgono i textual constraints
-Prevalgono gli extratextual constraints
(le conoscenze già acquisite)
13.4. Ancora sul processo di decodifica
Abbiamo visto che nella fase di ricezione o decoding avviene un processo di riduzione e
trasformazione del testo. Non tutto quello che vi è contenuto passa nella comprensione e memoria
del lettore e ha la stessa efficacia.
Il processo dovrebbe, a questo punto, essere evidente: vediamo di riprenderlo per punti.
-Il soggetto sceglie ciò che legge e vede; non solo quale testo (un programma, un articolo, una
sequenza di film), ma anche «dentro al testo». Non tutto arriva nello stesso modo alla sua attenzione
e diventa oggetto di reale decodifica. Per esempio, in un articolo, alcuni passi sono come cancellati
già dopo pochi istanti dalla lettura (come se non fossero stati letti), mentre altri e/o alcuni particolari
attraggono l'attenzione del lettore e ne guidano la decodifica attivando gli schemi cognitivi più
funzionali. Molto, quindi, si perde del testo e alcuni elementi hanno un «peso specifico» maggiore
di altri.
- La decodifica soggettiva come si è visto una trasformazione del significato originario (quello
suggerito dagli autori) in altri piu o meno diversi, più vicini al gusto, alla sensibilità e alle
competenze di quel determinato lettore-fruitore.
Facciamo un esempro: il titolo di un articolo propone «Una giovane madre si prostituisce». Questa
semplice frase mette in gioco due concetti o schemi cognitivi («madre» e «prostituzione») e ogni
lettore possiede per certo una propria sensibilità particolare nel metterli a confronto. A seconda del
risultato (prevale la tenerezza per una madre in difficoltà o lo scandalo per una condotta riprovevole), il lettore creerà una sua interpretazione del fatto. Nel primo caso - la tenerezza - si chiederà
quali drammatiche circostanze abbiano spinto quella madre ad una vita di sofferenze. Nel secondo
caso - lo scandalo - sarà indotto a ritenere che motivazioni banali (consumi elevati) e atteggiamenticomportamenti riprovevoli (poca voglia di lavorare) sono alla base di una condotta morale stigmatizzabile.
Se un conduttore del telegiornale afferma: «Probabile crisi di governo, i partiti continuano il loro
confronto», cosa vi leggeranno i diversi lettori? Molte cose possibili: la speranza che sia possibile
scongiurare una inutile e dannosa crisi, la critica verso i partiti che mettono in primo piano le loro
posizioni rispetto all'interesse del paese e dei cittadini, il distacco da una tematica (la politica) che
sembra perseguire logiche e obiettivi non immediatamente evidenti e, comunque, autoreferenziali.
A seconda che scatti una «linea» di decodifica, il lettore considererà i successivi particolari della
notizia e ne trarrà una sua particolare interpretazione, che potrà confermare o meno ciò che lui già
pensa della politica italiana nel momento attuale.
13.5. Un modello teorico del processo di decodifica
In conclusione di questo capitolo, riteniamo utile considerare un modello classico del processo di
comunicazione da noi modificato e rivisitato. Ciò per due ordini di considerazioni:
a) riprendere e presentare in modo diverso quanto detto nelle pagine precedenti, anche allo scopo di
offrire una diversa prospettiva di analisi;
b) proporre un modello che, anche se in versioni parzialmente differenti, è uno dei più comuni e
citati nella letteratura massmediologica.
Si tenga presente che, nello schema, nei riquadri sono presentati gli elementi più comuni che di
solito vengono considerati da modelli del genere: a questi abbiamo aggiunto ciò che si è proposto
nelle pagine precedenti, in particolare per quanto riguarda le fasi dell’ecoding e del decoding.
Come si può vedere, lo schema così proposto tende a enfatizzare il processo di comunicazione come
flusso unidirezionale che va dall'emittente ai riceventi, trascurando la risposta di questi ultimi.
Questo, in realtà, è un grave limite metodologico. Il processo di comunicazione deve sempre
considerare sia ciò che viene «trasmesso», sia il «come» della concreta ricezione. Anche nel caso
della comunicazione di massa, infatti, le risposte del pubblico sono di grande importanza. Non solo
perché determinano il successo di un programma o di un'emittente, ma anche perché di queste si
deve opportunamente tener conto nel momento della produzione (enco-
Informazione
(fatti, personaggi ecc…)
CODICI
➚
FONTE
➚
➨
EMITTENTE
➨ ENCONDING
➨
➘
-proprietà e controllo
processi produttivi e
-operatori e professionalità
-relativi ai diversi media
scelta dei codici mezzi
mezzi per la messa a punto del
➘
MESSAGGIO ➨
CONTENUTI
(informazioni, narrazioni)
Immaginario mediale
(fatti, personaggi di fantasia, fiction)
ding) in cui si scelgono, come abbiamo visto, le modalità espressive che si ritiene possano essere
fruite in modo gratificante dai riceventi. È forse per questo che la gran parte della produzione
mediale tende verso programmi di più facile consumo a scapito di altri di maggior valore ma di più
difficile lettura.
Queste considerazioni non devono comunque far ritenere che l'incontro tra i prodotti mediali e il
loro pubblico debba essere considerato semplicemente in termini di «indici» di consumo e gradimento. Questo tipo di approccio può essere valido per un singolo prodotto, ma nell'insieme (tutto
quanto i media producono, o quanto un utente - individuale o collettivo - riesce a fruire nel tempo)
si deve considerare sotto la logica degli «effetti», di quanto, cioè, i media riescono a ottenere nella
creazione e nel mutamento di atteggiamenti, valori, modelli di comportamento. O, ancor più in generale, si deve tener conto di come i media diano una rappresentazione o visione del mondo che
tende a diventare quella di immediato riferimento per la gran parte delle persone, oggi, in ogni parte
del mondo.
comprensione
conferma
➚
MEZZO ➨ RICEVENTI
➨
DECODING
➘ delle conoscenze
➨
➘
interpretazione
EFFETTI
➨
LETTURE DEL MONDO
➘
modifica
➚