Dr.ssa Maria Raffaella Rossin
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Dr.ssa Maria Raffaella Rossin
CONVEGNO ALCOLOGIA 22 Novembre 2013 "ALCOLOGIA MODERNA. ATTUALI TREND DI CONSUMO E PERCORSI TERAPEUTICO-RIABILITATIVI“ Attuali percorsi e prospettive future nei trattamenti integrati Intervento a cura di: M. Raffaella Rossin – Responsabile SS NOA Perini – Coordinamento Tecnico Scientifico NOA Aziendali – ASL di Milano Servizi per la cura dei bevitori a rischio - degli alcoldipendenti e dei loro familiari in Lombardia dati 2012 (circa 35.000 soggetti stimati con PPAC) Servizi territoriali: - 56 (tra NOA ed équipe dedicate) - 5 Servizi Multidisciplinari Integrati - 19 CT con moduli alcol - 9 CT “dedicate” Cittadini in carico ai servizi pubblici e privati: 13.400 Soggetti CT: 119 + 103 = 222 dati 2012 – Regione Lombardia – tavolo di lavoro Osservatori Tossico-Alcoldipendenze Gruppi di auto mutuo aiuto per alcoldipendenti e loro familiari in Lombardia - 290 Club Alcolisti in Trattamento - 100 Alcolisti Anonimi – 70 Al Anon Nel 2009, in Italia, circa l’8,6 % degli utenti dei servizi alcologici pubblici ha fatto uso anche di sostanze stupefacenti. Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sugli Interventi realizzati ai sensi della Legge 30.3.2001 N. 125 “LEGGE QUADRO IN MATERIA DI ALCOL E PROBLEMI ALCOLCORRELATI” - Novembre 2011 Circa 3000 sono i pazienti con doppia diagnosi in carico ai Dipartimenti di Salute Mentale Italiani Studio del dipartimento di Neuroscienze dell’Università Milano – Bicocca - 2010 Parlando di alcolismo non dobbiamo dimenticare - che lo stigma sociale che connota il bere eccessivo e la dipendenza alcolica (strettamente connesso con il significato del mito) definisce i problemi alcolcorrelati come di “minor valore” rispetto ad altre patologie - che il bere in eccesso e la dipendenza alcolica sono ritenuti “vizi” e chi ne è coinvolto non ha la dignità di “malato” anche quando intervengono Patologie Alcol Correlate (PAC) - che questa connotazione sociale caratterizza, quindi, anche le famiglie dei pazienti che, proprio per questo, hanno bisogno di essere coinvolte nella terapia alcologica - che questa caratteristica del bere in eccesso e della dipendenza porta spesso a pensare che le persone che bevono debbano essere tutelate nascondendo il problema, minimizzandolo, non aiutando il paziente e la famiglia a rivolgersi ai servizi per intraprendere la cura adeguata Troppo spesso ci si dimentica che l’assunzione di sostanze alcoliche accompagna l’assunzione di droghe illegali, la dipendenza da gioco, i disturbi alimentari, la dipendenza da fumo e che viene completamente negata o sottovalutata dai MMG, nei reparti ospedalieri, nei servizi territoriali che si occupano della famiglia, dei minori, delle patologie dell’adulto ritenute “più dignitose”. Che evidenze ci sono a supporto di quanto detto a livello nazionale e regionale: - mancanza di strategie preventive efficaci che portino ad individuare precocemente i bevitori a rischio - mancanza di precise domande nelle schede anamnestiche dei reparti ospedalieri e dei servizi territoriali che facciano emergere l’abuso alcolico - mancanza di protocolli clinici nei vari ambiti di intervento - mancanza di protocolli di verifica dei trattamenti - mancanza di raccolta e controllo periodico dei dati (ad es. dei rientri a ruota girevole) con costante comunicazione ai servizi per consentire rapide modifiche nei percorsi di trattamento I programmi di trattamento alcologico proposti all’utenza in regime ospedaliero e nei SerT – SerD territoriali si possono raggruppare in tre tipologie: - sanitaria con l’ausilio dei gruppi di mutuo-aiuto - mista - multiprofessionale integrata. Sanitaria con l’ausilio dei gruppi di mutuo-aiuto: Metodo di lavoro - valutazione sanitaria del bevitore dannoso o alcoldipendente - cura delle eventuali PAC con eventuale ricovero ospedaliero - somministrazione di farmaci anticraving spesso assegnati al paziente senza l’aiuto del familiare - alla dimissione invio del paziente ai gruppi di auto-mutuoaiuto (in ospedale soprattutto invio ad AA perché hanno spazi di ascolto all’interno delle strutture sanitarie) - colloqui con i familiari solo per le indicazioni sanitarie - eventuali controlli sanitari 2/3 volte anno - solo i reparti di alcologia utilizzano la valutazione psicologica e gli incontri di gruppo multifamiliari. Criticità - intervento parziale perché incentrato sugli aspetti sanitari - la motivazione del paziente alla cura non è parte integrante del lavoro clinico - i problemi personali del paziente e il dolore interno che l’ha portato a bere e che lo porterà a bere ancora se non viene curato non è preso in considerazione - i familiari che rappresentano sempre nodi critici nella scelta del paziente di smettere di bere non vengono coinvolti nella motivazione alla cura - l’invio ai gruppi di mutuo-aiuto senza un accompagnamento tende a fallire. Tipologia Mista Metodo di lavoro - Personale sanitario e psico-sociale non come gruppo di lavoro costituito - accoglienza del paziente bevitore dannoso o alcoldipendente e del familiare (se viene spontaneamente) da parte di un operatore sociale - raccolta della storia alcolica del paziente e della richiesta di aiuto; non sempre raccolta della storia del familiare e della sua richiesta di aiuto - valutazione sanitaria del bevitore eccessivo o alcoldipendente e cura delle eventuali PAC - ricovero ospedaliero per disintossicazione con scarsa valutazione sul significato del ricovero in quella specifica situazione clinica - interventi dell’Ass. Sociale, dell’Educatore, dell’Infermiere e dello Psicologo a discrezione del medico o degli operatori che accolgono il paziente e si fanno un’idea parziale dei suoi bisogni -riunione periodica del gruppo di lavoro in cui si parla delle emergenze -somministrazione di farmaci anticraving spesso assegnati al paziente senza l’aiuto del familiare - invio del paziente ai gruppi di auto-mutuo-aiuto territoriali (AA e CAT) -invio del paziente in Comunità Terapeutica -lavoro sociale per i pazienti inviati dal TM o dalle Istituzioni Carcerarie -possibile presenza di gruppi gestiti da operatori per rispondere a vari bisogni dell’utenza (motivazione; mantenimento dell’astinenza, monitoraggio). Criticità - assenza di un protocollo di lavoro ben definito in cui siano precisate le tappe operative e gli interventi delle varie figure professionali - particolare attenzione agli aspetti sanitari e non alla situazione psico-socio-riabilitativa del paziente - interventi clinici prevalentemente individuali e non di squadra - obiettivi da raggiungere non costruiti sui bisogni del paziente ma cercando di trovare una soluzione veloce affinché il bevitore smetta di assumere alcol; per accontentare i familiari stanchi di avere in casa l’alcolista; per trovare una soluzione rapida ad un caso”di emergenza” che “potrebbe creare problemi”. Multiprofessionale Integrata Metodo di lavoro -Équipe multiprofessionale costituita da assistente sociale, educatore professionale, infermiere, medico, psicologo -protocollo di presa in carico e trattamento, distribuito su un tempo definito secondo specifiche fasi di lavoro descritte in una specifica procedura da aggiornare annualmente -riunioni di équipe settimanali in cui parlare dei pazienti appena presi in carico e dei pazienti in trattamento per una rivalutazione delle fasi operative - attenzione alla comunicazione tra operatori che deve essere chiara e rivolta alla risoluzione dei problemi; -un lavoro clinico integrato e non individuale sganciato dalle altre figure dell’équipe -precise tappe di lavoro da rispettare da parte di ogni figura professionale -presa in carico sanitaria, psicologica e socio- educativa per mettere a fuoco tutti gli aspetti della storia personale e familiare del paziente che hanno contribuito all’avvio del bere in eccesso, della dipendenza alcolica e della situazione attuale del bevitore nelle varie aree di salute vitale - interventi di gruppo gestiti da tutte le figure professionali con specifiche finalità coerenti con le fasi operative del protocollo di lavoro - coinvolgimento, nel percorso di trattamento, dei familiari che vivono con il paziente o, comunque, significativi per il paziente - un costante monitoraggio in équipe delle difficoltà che si presentano nei programmi di trattamento - un costante monitoraggio in équipe dei risultati raggiunti - forte alleanza terapeutica su tutte le decisioni da prendere nella gestione del paziente e della sua famiglia -utilizzo di strumenti aggiornati per fare una diagnosi e una proposta di programma trattamentale da verificare nel tempo - modifica dei programmi proposti se nelle verifiche periodiche non si raggiungono gli obiettivi terapeutici evitando, quindi, di continuare percorsi non efficaci - interventi periodici con i servizi della rete territoriale per informare sul lavoro svolto nel servizio di alcologia e trovare protocolli comuni che rendano possibile gestire casi clinici con doppia diagnosi; casi sociali complessi; pazienti già in trattamento da altri servizi (CF; CT; Servizi Sociali) - un lavoro integrato con i gruppi di auto-aiuto territoriali anche attraverso incontri periodici. Criticità -Fatica, da parte di ogni operatore, a mantenere un comportamento coerente con i colleghi; una comunicazione chiara ed efficace con i colleghi e con i pazienti -fatica per mantenere un lavoro di squadra che consenta di definire gli obiettivi e di raggiungerli -fatica a gestire situazioni cliniche complesse mettendo al primo posto il paziente e la sua storia ma non dimenticando i limiti del servizio offerto -fatica a mantenere una chiara deontologia professionale quando viene chiesto di rinunciare alla qualità dell’intervento. Per realizzare il lavoro integrato in un’èquipe, gli operatori devono attuare un profondo cambiamento culturale che li porti ad abbandonare le visioni monoprofessionali in favore di una visione multiprofessionale. Solo in questo modo gli apporti delle diverse professioni saranno organicamente connessi e daranno vita, a livello operativo, ad una progettualità che dipende da chiari protocolli clinici in cui è definito chi fa che cosa. E’ ormai consolidato che il lavoro integrato sul paziente con PPAC, pur prevedendo l’impiego di più figure professionali contemporaneamente: - porta migliori risultati sui trattamenti; - porta un maggior numero di pazienti a concludere il percorso; riduce i costi del servizio perché abbassa notevolmente il rientro di pazienti che hanno interrotto il programma; - evita l’instaurarsi di stati di cronicità che caratterizzano i soli trattamenti di mantenimento farmacologico; - consente all’équipe di ottenere risultati gratificanti a breve e medio termine. Nonostante ciò i dati ci dicono che a livello nazionale quasi il 30% dei pazienti sono sottoposti a trattamenti medico-farmacologici in regime ambulatoriale e solo per il 14% si è scelto un trattamento socio-riabilitativo Questo che cosa significa: - che ai pazienti non viene dato il programma terapeutico adatto - che un maggior numero di pazienti non ottiene risultati che durano nel tempo - che i pazienti ricadono nell’abuso alcolico e richiedono un intervento ritornando ai servizi - che le ricadute alcoliche demotivano i pazienti e i loro i familiari rendendo più difficile il riavvio di un nuovo percorso di trattamento Spesso le équipe non sono nelle condizioni di lavorare in modo integrato perché viene chiesto loro di rispondere sull’emergenza. Lavorare con protocolli di qualità sul paziente che beve troppo, che beve in modo rischioso, che è alcoldipendente e che ha altre patologie secondarie e sulla famiglia significa: - avere protocolli di lavoro definiti (scritti) - definire chiaramente gli ambiti di intervento perché è meglio “fare poco e bene che tutto e male“ - costruire un percorso breve multiprofessionale integrato che offra: A) un’accurata valutazione della domanda del bevitore e dei familiari B) una c) diagnosi di primo e secondo livello un percorso sanitario che lavori anche sulla motivazione del paziente D) un percorso psico-socio-riabilitativo che metta in evidenza i reali problemi che il paziente porta anche attraverso incontri di gruppo informativi sul bere a rischio e sulla dipendenza alcolica E) F) un percorso psico-socio-riabilitativo che metta in evidenza le reali capacità del bevitore e della famiglia ad affrontare i problemi nelle aree di salute vitale anche attraverso l’utilizzo delle tecniche di empowerment (aiutare il paziente ad agire) e fronteggiamento (utilizzo delle strategie per migliorare la qualità della vita) la definizione di un programma di trattamento che tenga conto dei risultati della valutazione e proponga interventi mirati. Tutto questo in 6-8 mesi Accoglienza Valutazione Motivazione con percorso di gruppo Colloqui e visite mediche Colloqui con psicoterapeuta, assistente sociale, educatore professionale Gruppi Informativi Alcologici (14 incontri in 5 settimane) Definizione Programma Terapeutico Questo tipo di percorso breve può essere proposto: - a bevitori dannosi - ad alcoldipendenti - ai familiari - ad alcolisti con polidipendenza da sostanze illegali - ad alcolisti con dipendenza da gioco - a pazienti psichiatrici con dipendenza alcolica con l’esclusione dei GIA Dobbiamo evitare che la riduzione delle risorse ci impedisca di offrire un servizio di qualità che faccia comprendere al bevitore e alla sua famiglia che cosa lo aiuterebbe a smettere di bere e a vivere meglio affrontando alcuni nodi critici della sua vita. I servizi di alcologia o le équipe alcologiche devono abituarsi ad utilizzare al meglio le risorse territoriali anche per la realizzazione di una parte del programma di trattamento (vedi gruppi di auto aiuto, rete territoriale dei servizi, volontariato, etc.) I bevitori e i loro familiari devono essere accompagnati a capire che una parte delle risorse economiche che “buttavano” nell’alcol devono essere impiegate per la propria salute. BIBLIOGRAFIA - R. K. Hester, Alcohol, Other Drugs and Counseling, 1996; - G.Profita,G.Ruvolo, Variazioni sul setting. Il lavoro clinico e sociale con individui,gruppi e organizzazioni, 1997; - G. Canguilhem, Il normale e il patologico, Einaudi, 1998 - F. Folgheraiter, L’utente che non c’è, 1999; - G.A. Dei Tos, A. Del Favero, Etica, qualità e umanizzazione in sanità, 2006; - A. Bateman, P. Fonagy, Il trattamento basato sulla mentalizzazione, Cortina, 2006 - F. La Cecla, Il malinteso, La Terza,2009 - J. Campbell, Il potere del mito, Neri Pozza, 2012