5. La leucemia mieloide cronica

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5. La leucemia mieloide cronica
LA LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA
Opuscolo informativo – Anno 2014
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Leucemia Mieloide Cronica (LMC)
La Leucemia Mieloide Cronica (LMC) è una malattia neoplastica che colpisce
le cellule staminali emopoietica, da cui derivano i globuli bianchi (leucociti), le
piastrine ed i globuli rossi. Alla base della malattia è una alterazione genetica,
la traslocazione t(9;22), che porta alla formazione del cromosoma
Philadelphia (Ph) e, a livello molecolare, del riarrangiamento BCR/ABL,
patognomonico della malattia.
La LMC rappresenta circa il 15% di tutti i casi di leucemia, con un’incidenza
stimata di ciorca 1-2 casi su 100.000 persone/anno. Allo scopo di ottimizzare
sia la gestione clinica del paziente che il costo economico della stessa, è
importante che le procedure diagnostiche ed il monitoraggio del paziente in
terapia siano condotte in accordo con le Linee Guida/Raccomandazioni
nazionali ed internazionali.
La storia naturale della LMC si articola in tre fasi successive:
1) fase cronica, caratterizzata da aumento dei leucociti neutrofili nel
sangue periferico associato a volte ad anemia e/o piastrinosi e spesso
a splenomegalia;
2) fase accelerata di transizione;
3) crisi blastica,caratterizzata dalla perdita della capacità differenziativa
delle cellule leucemiche per cui il quadro ematologico risulta simile a
quello di una leucemia acuta.
La malattia viene generalmente diagnosticata in fase cronica, spesso in
occasione di esami di routine in pazienti asintomatici. Molto raramente
all’esordio il paziente si presenta in fase accelerata o blastica.
Il cromosoma Philadelphia (Ph) è il marcatore genetico della LMC. Deriva
dalla traslocazione reciproca tra un cromosoma 9 ed un cromosoma 22.
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Questa traslocazione, la t(9;22)(q34;q11), determina a livello molecolare la
formazione di un gene di fusione BCR/ABL. Il gene BCR/ABL codifica per
una oncoproteina, che è all'origine del meccanismo di trasformazione
leucemica in quanto mantiene una attività enzimatica tirosino-chinasi
costitutivamente attiva. Da ciò deriva l’incremento della l'attività proliferativa
della cellule emopoietiche, l’alterazione dei meccanismi di adesione,
l’abnorme risposta ai fattori regolanti la proliferazione cellulare e la ridotta
apoptosi (morte cellulare programmata).
Dato che l'attività tirosino-chinasi della proteina BCR-ABL è un momento
essenziale nella patogenesi della LMC, sono state progettate una serie di
molecole in grado di inibire specificamente l'attività chinasica di ABL, cioè gli
inibitori delle tirosino-chinasi inibitori (TKI): Imatinib, Nilotinib, Dasatinib,
Bosutinib e Ponatinib. Il primo ad essere impiegato nella pratica clinica è
stato Imatinib che ha cambiato in modo radicale la storia naturale della
malattia consentendo una sopravvivenza dell’80% a 10 anni. Circa il 30% dei
pazienti trattati con Imatinib sviluppa resistenza al farmaco o non lo tollera.
Sono state perciò ricercate molecole alternative ed attualmente disponiamo
di TKI di seconda generazione: Nilotinib e Dasatinib. Questi due farmaci sono
stati impiegati dapprima nei pazienti resistenti/intolleranti ad Imatinib, poi
sono stati impiegati anche in prima linea. Più recentemente Bosutinib è stato
reso disponibile in Italia per linea di terapia successiva alla prima, mentre
Ponatinib è stato approvato in linea di terapia successiva alla prima e anche
in prima linea solo in pazienti che recano una particolare mutazione di ABL,
la T515I.
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La diagnosi
La diagnosi si basa sulla dimostrazione del cromosoma Philadelphia (Ph)
all’analisi citogenetica convenzionale su sangue midollare o all’analisi
citogenetica FISH sul sangue periferico e/o midollare oppure sulla
dimostrazione del trascritto RNA derivante da riarrangiamento BCR-ABL in
metodica molecolare (RT-PCR) su sangue periferico e/o midollare. Vengono
definite sulla base del quadro clinico ed ematologico la fase di malattia
(cronica, accelerata, blastica) e la categoria di rischio (solo per la fase
cronica).
Criteri di terapia
Paziente in fase cronica. Il trattamento si basi sull’impiego dei TKI. Sono
disponibili tre differenti TKI per la terapia di prima linea della LMC in fase
cronica (Imatinib, Nilotinib, Dasatinib). I pazienti che ottengono (e
mantengono) una risposta ottimale con i TKI hanno un’attesa di vita
sovrapponibile a quella della popolazione normale. Attualmente inoltre gli
obiettivi del trattamento si stanno modificando, in base alle nuove acquisizioni
scientifiche, spostandosi sempre più verso la possibilità di sospensione del
trattamento (attualmente in studi clinici controllati).
Criteri di risposta e monitoraggio
Il monitoraggio della risposta alla terapia è una componente fondamentale
del trattamento. La risposta al trattamento con TKI viene attualmente valutata
a tempi ben precisi e con metodiche definite ed accettate a livello
internazionale
(European
LeukemiaNet,
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2013).
Per
il
monitoraggio
molecolare quantitativo del trascritto di fusione BCR/ABL è necessario che la
risposta venga indicata secondo International Scale (IS); ciò richiede che il
laboratorio di biologia molecolare sia standardizzato. A tempi ben precisi si
definisce la risposta che puo essere ottimale, o fallimento o “warning”.
Secondo ELN per risposta ottimale si continua il trattamento in atto; per
fallimento è necessario cambiare l’approccio terapeutico; per “warning” si
dovrà
monitorare
più
frequentemente
il
paziente
valutando
nel
tempo l’opportunità di cambiare la terapia.
La terapia allo stato attuale delle conoscenze deve essere condotta
indefinitamente. Fattore importante è infatti l’aderenza alla terapia, che è
orale e che il paziente conduce a domicilio, in quanto una scarsa aderenza
compromette la risposta alla terapia. Infatti attualmente si ritiene che nella
pratica clinica la terapia con TKI debba essere mantenuta per sempre, e la
sospensione possa essere valutata
solo all’interno di studi clinici
controllati. Questi studi stanno valutando la sospensione definitiva in pazienti
che siano in risposta molecolare molto profonda e stabile da almeno due
anni. Circa il 50% dei pazienti precedentemente trattati con Imatinib
ripresenta positivizzazione molecolare entro sei mesi dalla sospensione della
terapia e deve riprendere il farmaco, gli altri rimangono negativi ai test
molecolari o oscillano tra negatività e positività a livelli molto bassi e quindi
non devono riprendere la terapia. Se necessario riprendere il trattamento la
risposta è generalmente buona. Non vi sono ancora dati definitivi circa la
sospensione definitiva in pazienti trattati con Nilotinib o Dasatinib in prima
linea.
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Criteri di terapia di seconda linea
Se il paziente affetto da LMC in fase cronica è intollerante al farmaco o
resistente si passa ad altro TKI. La scelta del farmaco alternativo dipende
dalla presenza di mutazioni di ABL (in quanto ciascun TKI ha un proprio
spettro di mutazioni resistenti) e dalla presenza di comorbidità (in quanto lo
spettro di tossicità dei TKI è diverso per ciascun farmaco). Anche per la
terapia di seconda linea sono fornite indicazioni circa i tempi e la qualità della
risposta secondo ELN 2013.
Valutazione di indicazione trapiantologia
La procedura trapiantologica, l’unica in grado di eradicare la malattia, è
gravata da complicazioni severe, da una mortalità che dipende da vari fattori
(età del paziente e comorbidità) ed è praticabile solo in una percentuale
modesta di pazienti che dispongono di un donatore idoneo (famigliare o da
registo internazionale di donatori di midollo).
L’indicazione al trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è data
dal
medico
specialista
che
ha
in
cura
il
paziente
secondo
le
Raccomandazioni di ELN 2013: 1) pazienti in fase blastica o accelerata,
quando la malattia sia stabilizzata da precedente terapia con TKI o
chemioterapia; 2) pazienti con mutazione di ABL T315I resistente a tutti i TKI
disponibili tranne Ponatinib; 3) pazienti resistenti a due TKI; 4) nei pazienti
che hanno iniziato la terapia con un TKI di seconda generazione e siano
fallimento terapeutico.
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