Il travolgente successo di Marcelino Botin, progettista
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Il travolgente successo di Marcelino Botin, progettista
www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Marcelino e l’Invincibile Armada Il travolgente successo di Marcelino Botin, progettista spagnolo avvolto da un alone di mistero: pochi lo conoscono e sui campi di regata non si vede quasi mai. SoloVela lo ha incontrato per analizzare con lui gli ultimi progetti dello studio B&C. di Pietro Fiammenghi ggi, al mondo, esistono pochi yacht designer capaci di divincolarsi tra le spire del regolamento IMS (International Measurement System). Tra questa ristretta cerchia di “luminari”, accanto ad autentiche icone dello yachting internazionale quali Bruce Farr, Rolf Vrolijk, Niels Jeppesen e German Frers, spetta di diritto un ruolo di primo piano al piccolo - relativamente nuovo e sconosciuto ai più - studio di architettura navale “B&C”. Dietro questo anonimo acronimo, si celano le iniziali dei cognomi di due vulcanici e giovani soci, Marcelino Botin e Shaun Carkeek che, dalla metà degli anni ‘90, hanno dato vita al più dinamico atelier di progettazione navale europeo. Dalla ventosa costa atlantica spagnola e precisamente dalla remota Santander, luogo di nascita di Botin, sono puntualmente approdate sui campi di regata internazionali le linee di carena più innovative e rivoluzionarie degli ultimi anni. Stravolgendo radicalmente prima la scuola di pensiero, poi le proporzioni e le sezioni maestre dei progetti, sino ad allora imperanti. Insomma Botin e Carkeek hanno avuto l’intuizione e il coraggio, di reinterpretare audacemente l’intera concezione relativa alla distribuzione dei volumi. Rivisitando profondamente anche la visione dinamica del famigerato coefficiente prismatico, da sempre correlato alle sezioni salienti di ogni carena. O Luglio 2003 29 www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela L’INIZIO Tutto ebbe inizio nel ‘95. Ai due giovani apprendisti progettisti, laureatisi l’anno precedente in Architectural Design presso il Southampton Institute, fu commissionato il disegno di un piccolo 33 piedi (un 10 metri), destinato a partecipare al circuito spagnolo IMS. Nacque Zuritel, un interessante progetto che tratteggiava già, nelle sezioni maestre, quelli che sarebbero stati i temi caratterizzanti dell’interpretazione della formula di stazza IMS da parte del neonato studio “B&C”. Zuritel vinse, ma soprattutto, cosa ben più importante, convinse. Due anni più tardi, sebbene sostanzialmente ancora priva di esperienza, alla giovane accoppiata ispano-sudafricana venne affidato il primo vero progetto importante: un 46 piedi. Doveva essere un veloce Cruiser-Racer, ottimizzato per le regate del circuito internazionale IMS. Nacque una barca rivoluzionaria: la carena più squadrata, veloce e interessante dell’intero panorama internazionale. Teorizzata nel ‘97, purtroppo, non toccò l’acqua sino al ‘99 anno in cui finalmente espresse tutto il valore che linee tanto innovative erano riuscite a racchiudere. Zurich, questo il nome che lo sponsor le diede, sbaragliò immediatamente il campo. Vinse praticamente tutte le regate a cui partecipò. Ottenne anche la meritata consacrazione internazionale, nell’agosto del ‘99, aggiudicandosi la classifica “overall” di una tra le regate d’altura più importanti al mondo: la “Coppa del Re” di Palma di Maiorca. Su questo rivoluzionario progetto, giunto sul finire del 2000 in Italia col nome di OPS Competition e vincitore delle regate di Capri di quell’anno, aleggia però l’amarezza di aver delapidato due intere stagioni di successi, quelle del ‘97 e del ‘98, per essere stato maldestramente “dimenticato” sull’invaso. Scherzi del destino: la carena più innovativa del momento lasciata per anni sul piazzale di un cantiere. Probabilmente era scritto che lo studio “B&C” dovesse assurgere agli onori della cronaca solo con l’avvento del nuovo millennio. E così è stato. Sopra, un’austera posa di Marcelino Botin. Laureatosi all’università di Southampton nel ‘94 assieme al suo “complice” il sudafricano Shaun Carkeek (a lato) trentunenne appassionato praticante del surf da onda IL SUCCESSO Nel novembre del 2000, le regole IMS furono modificate e all’arrembante studio spagnolo venne commissionato il terzo progetto: un nuovo scafo di 40 piedi che interpretasse al meglio le nuove “regulations”. Puntualmente nacque la terza carena rivoluzionaria: quella del Sinergia 40. Alla prima di questa serie di barche (che fu prodotta in dodici esemplari) fu affibbiato il nome più cacofonico che la nautica da diporto ricordi: Telepizza-Pepsi. Ciò non le impedì nel 2001 di aggiudicarsi trionfalmente sia il mondiale di classe nelle ventose 30 Luglio 2003 Il “B&C” 52 Caixia Galicia. Gli fu ingiustamente sottratto il Campionato Europeo 2002 dalla giuria internazionale presente a Punta Ala. Luglio 2003 31 www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Zuritel di bolina con vento teso. In questo primo progetto dello studio “B&C” (1995) sono già ben tratteggiati i caratteri che porteranno alla ribalta il piccolo atelier di progettazione navale di Santander acque di Valencia, che la successiva Coppa del Re. Due successi inequivocabili che proiettarono il piccolo studio iberico alla ribalta del mondo della vela internazionale, creando - soprattutto attorno alla figura di Botin - un autentico mito. Alimentato principalmente dalla scarsità di notizie personali, nonché dal suo meticoloso metodo di lavoro. Del Sinergia 40, successivamente prodotto in piccola serie dalla Sinergia Composites, ne vennero varate due evoluzioni che continuarono - soprattutto nell’ultima versione con bulbo modificato e triangolo di prua ridotto - a dominare la classe IMS 600. La divisione cioè riservata agli yacht di 12 metri, quella per l’appunto con rating (GPH) attorno a 600. Questo riuscito disegno ha vinto infatti anche il mondiale di classe a Bayona del 2002 e, a oggi, rimane un’imbarcazione estremamente competitiva, specie con vento fresco. La vittoria assoluta del Sinergia 40 “Team Revolution” nelle regate di Alassio del 2003, unitamente al terzo posto al recente mondiale di Capri, altro non sono che la riprova della longevità di un pro32 Luglio 2003 getto innovativo ed equilibrato, in considerazione della sua data di nascita. Nel 2001, alla luce dei successi raggiunti, nello “B&C” il telefono divenne incandescente e le commesse si fecero più interessanti e numerose. Furono ordinati altri due importanti disegni. Un 46 piedi, evoluzione di Zurich, e il 52 piedi Caixia Galicia. L’idea di partenza di quest’ultimo progetto, fu quella di tentare di imporre le linee ad “U”, tanto care allo studio spagnolo, anche tra i grossi “GPH 500”. Il tentativo, neanche a dirlo, riuscì perfettamente al primo colpo. Caixia Galicia sfiorò il successo pieno al campionato Europeo di Punta Ala del 2002, dove giunse seconda unicamente a causa di una “svista” della giuria; poco dopo, però, salì prontamente sul gradino più alto del podio alla Coppa del Re di Palma di Maiorca. Un successo strepitoso, soprattutto se si considera che questa regata è diventata, dopo l’estinzione dell’Admiral’s Cup, il più importante appuntamento velico riservato agli scafi protagonisti dell’altura internazionale. Il resto è storia dei nostri giorni. Il Sinergia 40 (sopra): il 12 metri mattatore delle passate stagioni. Il 46 piedi Zurich (sotto). Da notare la ridotta dimensione della vela di prua quasi priva di sovrapposizione con la randa Luglio 2003 33 www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela 56 PIEDI DI NOVITÀ X-Sport, l’ultimo racer disegnato dalla “B&C” per il Cantiere del Pardo, è ormeggiato quasi in testa al molo di sopraflutto del marina di Punta Ala. La barca è rossa, bellissima e inquietante. La poppa aperta e le murate alte e ripide, altro non fanno che accentuare la sensazione di aggressività e potenza che trasmette. La coperta è semplice e sgombra, quasi essenziale. L’equipaggio deve riuscire a condurre questo Grand Soleil 56’ con soli nove winch, di cui due piccolissimi, riservati unicamente al trasto della randa. Anche l’idraulica è completamente bandita, si lavora tutto a mano: paterazzo, base randa, vang e cunningam. Niente male per una barca che ha una randa simile a quella di un maxi. Con vento teso deve essere molto impegnativo portarla al limite. Il piano velico, in bolina, assomiglia a quello di una Star: il concetto di “randa padrona” è stato portato all’estremizzazione, infatti la “E” (la lunghezza della base della randa) supera abbondantemente gli otto metri mentre le vele di prua sono ridotte a piccoli fiocchi. Così vuole l’interpretazione attuale dell’IMS e questo sloop ne è una lettura attenta, forse la migliore. Tutto è concepito in funzione del GPH; ciò che giova alla “formula” viene applicato e basta. L’albero, aerodinamico e generoso, è un capolavoro d’ingegneria meccanica. Realizzato dal grande Scott Ferguson interamente in carbonio - mai verniciato (la vernice pesa) - ha solo due ordini di crocette acquartierate e ricurve verso prua. Questa originale soluzione è stata adottata per godere di tutti i benefici che la stazza dona ai piani velici semplici e cioè senza sovrapposizione (non esistono genoa), unitamente alla volontà di ottenere un fiocco più grande possibile; inoltre, un ulteriore guadagno sulla stazza è stato ottenuto grazie all’assenza di sartie volanti: insomma un albero alto più di 26 metri con soli due ordini di crocette e senza volanti. Complimenti! Anche sottocoperta questa barca è uno spettacolo. Green Marine, il cantiere inglese che l’ha costruito (lo stesso di Luna Rossa), ha fatto un lavoro impeccabile. Tutto - la scaletta, i tambucci, le murate, il carteggio, i paglioli e persino il bagno - è realizzato esclusivamente in carbonio non verniciato. E’ praticamente un enorme monolito di nera fibra, con al suo interno i pochi oggetti che l’IMS impone. X-Sport: dopo averla visitata e analizzata, dopo averci navigato in regata, capisco il perché costi quasi tre miliardi di vecchie lire! Poi, alzo un pagliolo e vedo del piombo. “Ce ne sono sei tonnellate in sentina” - mi dicono - “è la stazza che le pretende. Peccato!! Senza tutto questo peso sarebbe ancora più esaltante da portare”. (P. F.) 34 Luglio 2003 Il rivoluzionario albero di X-Sport, dal peso complessivo di soli 480 kg e le sue originali crocette a “boomerang” X-Sport di bolina. Largo solo 4.15 metri, profondo 3.8 e lungo 17.4, questo’ultimo progetto è il più grande mai realizzato per la classe IMS 500. Questo racer ha più piombo in sentina (6000 kg) che nel bulbo (4800 Kg) DISEGNANDO GRAND SOLEIL Nello scorso luglio, allo studio “B&C” si è rivolto anche il nostro “Cantiere del Pardo”. L’intento malcelato dell’intera operazione orchestrata dal patron Giuliani in terra iberica, era quello di “contenere” sia i precedenti disegni dello stesso Botin prodotti dalla Sinergia Composites che i nuovi temibili yacht del cantiere Rodman. Botin & Carkeek hanno quindi compiuto una nuova magia e hanno estratto, stavolta per il cantiere forlivese, due nuovi conigli dal loro cilindro. Due scafi volutamente al limite dimensionale massi- mo delle loro rispettive classi: un “piccolo” 42 piedi e un “grosso” 56. Due carene estreme, squadrate e mediamente raddrizzanti che hanno puntualmente colto nel segno. Il 42 piedi Italtel, primo di una piccola serie di cinque scafi identici, non appena varato ha immediatamente fatto faville. In un solo mese si è aggiudicato sia il Trofeo Accademia Navale che il campionato mondiale di Capri, stabilendo nuovi e inequivocabili limiti prestazionali per l’intera classe IMS 600. Il 56 piedi, varato poco più tardi e prodotto dal cantiere inglese Green Marine in due esemplari identici in soli cin- que mesi (X-Sport e Caixia Galicia), si è classificato terzo al mondiale di Capri per mera mancanza di tempo nella messa a punto, risultando però nettamente il più competitivo nelle regate inshore. Sette progetti, sette yacht vincenti. Il tutto in poco tempo. Un risultato sorprendente, che sta avendo importanti riflessi anche negli equilibri commerciali, ridisegnando l’intera geografia dello yachting agonistico continentale e mettendo in ombra progettisti affermati, sino a qualche anno fa, grandi interpreti della formula di stazza IMS come, per esempio, Niels Jeppesen. Luglio 2003 35 www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Sotto i paglioli si notano le tonnellate (sei) di piombo che “allagano” la sentina (a sinistra) Il Grand Soleil 42 “Italtel” in poppa. Questo disegno dello stodio “B&C” ideato per dominare la classe IMS 600 ricalca nelle proporzioni i recenti progetti di Coppa America. Impressiona il ridotto baglio massimo in rapporto alla lunghezza. Sotto, il 52 piedi Caixia Galicia, protagonista della stagione 2002 Nella foto sopra si nota il rapporto (4/1) tra lunghezza e larghezza, tipico delle ultime realizzazioni di Botin. Il winch primario del pozzetto di X-Sport (sotto): serve nello stesso momento la scotta del fiocco, il braccio e la scotta dello spinnaker. Gli interni del Grand Soleil 56 X-Sport (sotto). Realizzati interamenti in carbonio, sulla sinistra si nota in primo piano il serbatoio della nafta che funge anche da tavolo di carteggio. IL SEGRETO DEL SUCCESSO Gli yacht disegnati dallo studio “B&C” sono sempre stati identificati da linee tese, originali e notevolmente caratterizzanti. Una carena di Botin la si riconosce immediatamente, a prima vista. Le sue murate incredibilmente dritte, il bordo libero alto, associato a un baglio massimo mai eccessivo, sono i tratti salienti che sottendono un pensiero geniale: ottenere una stabilità dinamica notevole non solo grazie al banale raddrizzamento fornito dal bulbo, ma soprattutto sfruttando la forma stessa dell’opera viva. Per ottenere questo momento raddrizzante suppletivo, che nessuna formula di stazza rie36 Luglio 2003 sce a individuare e quindi a penalizzare, Botin e Carkeek hanno ideato delle carene dotate di sezioni spiccatamente ad “U”. Linee simmetriche, capaci di far navigare una barca a vela a differenti angoli di sbandamento senza uscire mai dalle linee d’acqua ottimali. Più lo yacht sbanda, più si appoggia sulla fiancata che però, astutamente, è stata resa piatta esattamente come il fondo della carena ora emerso. La barca, di fatto, naviga immergendo un angolo della “U” e appoggiandosi indifferentemente sul fondo della carena o sulla murata di sottovento unicamente in funzione dell’intensità del vento stesso. Linee di carena dinamicamente così stabili, consentono di ridurre il baglio massimo senza necessitare dei grossi momenti raddrizzanti forniti dai “siluri” posti nella parte inferiore dei bulbi. Anzi, la chiglia stessa, se fosse interamente in piombo, risulterebbe già eccessivamente raddrizzante: buona parte del piombo che avrebbe dovuto costituirla, trova saggiamente posto in sentina sotto i paglioli. Scafi pesanti, grazie alle tonnellate di piombo in sentina, ma dotati di un “RM” (Momento Raddrizzante) piuttosto contenuto a barca ferma. Poi, quando si naviga, tutto cambia. La carena stessa produce il considerevole momento raddrizzante che il bulbo non è più in grado di fornire consentendo prestazioni notevoli a fronte Luglio 2003 37 www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela ITALTEL dallo studio “B&C” per il Cantiere del Pardo, raccoglie e sintetizza - estremizzandole - tutte le precedenti esperienze elaborate da Botin. Questo progetto è stato espressamente concepito per privilegiare l’andatura di bolina, concettualizzando l’importanza fondamentale di navigare Vasco Vascotto stà letteralmente in aria libera subito dopo il via, senza mai sudominando il bire il controllo da parte degli avversari, so“gruppo B” grazie prattutto in regate con flotte nutrite come ad un progetto quelle, per l’appunto, degli IMS 600. Ottimiznettamente zato per le arie medio-leggere questo disegno superiore: Italtel vanta, grazie alla sua capacità di navigare anche ad angoli di sbandamento elevati, discrete doti velocistiche anche con vento teso. L’alchimia di questa poliedricità risiede nella notevole lunghezza al galleggiamento che la carena mantiene anche a barca molto sbandata, caratteristica che - unitamente alla ridotta superficie bagnata - garantisce prestazioni sorprendenti in tutte le condizioni di vento e mare. Il baglio massimo è contenuto e la sentina “allagata” di piombo. Una barca pesante, relativamente poco raddrizzante (basti pensare che la parte finale del bulbo è di plastica) ma incredibilmente stabile a qualsiasi angolo di sbandamento e quindi efficiente in tutte le condizioni. Una grande interprete dell’attuale formula di stazza IMS. “Bella e sincera, bisogna sentirla navigare sullo spigolo” l’ermetico commento di Vasco Vascotto sul suo “Italtel”. Ovvero: la barca che tutti i timonieri vorrebbero possedere. L’interpretazione più interessante (e per gli avversari sconcertante) della formula IMS sulla lunghezza classica dei 12 metri, è attualmente il Grand Soleil 42 “Italtel”. Questo disegno, ultimato nell’autunno 2002 Durante la regata d’altura del recente Mondiale di Capri “Italtel” ha urtato uno scoglio perdendo la parte terminale del bulbo. Essendo realizzata in materiale plastico è stata prontamente sostituita. di un GPH ( Rating) estremamente vantaggioso. Fatta la legge, trovato l’inganno. Le carene dello studio “B&C” giocano astutamente col coefficiente prismatico, risultando staticamente lente ma dinamicamente formidabili. Al mondo solo Bruce Farr e Ralf Vrolijk sanno ideare qualcosa di simile, ma loro hanno potuto godere degli enormi database dei consorzi di Coppa America (rispettivamente Oracle Racing e Alinghi) mentre i nostri due eroi hanno dovuto fare tutto da soli. Complimenti ragazzi. 38 Luglio 2003