Progetto - Istituto per il Credito Sportivo

Transcript

Progetto - Istituto per il Credito Sportivo
FAIR PLAY
arte, video e sport oltre limiti e confini
MAXXI, museo d’arte del XXI secolo, Roma
20 ottobre-10 novembre 2014
a cura di Cristiana Perrella e Paola Ugolini
ingresso gratuito
Il progetto
Promossa dal Dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con il MAXXI, museo d’arte del
XXI secolo, e l’Istituto per il Credito Sportivo in occasione del semestre di Presidenza
italiana dell'Unione Europea, la mostra FAIR PLAY raccoglie le opere realizzate da 20 tra
i più interessanti e noti artisti internazionali dell’ ultime generazione che raccontano
lo sport nelle sue diverse accezioni.
La mostra, che sarà inaugurata in occasione del Consiglio Informale dei Ministri dello
Sport dell’UE, in calendario il 20 e 21 ottobre a Roma, vuole essere un occasione di
riflessione su un argomento che si dimostra sempre più rilevante per i suoi aspetti
antropologici, sociali, educativi, economici, culturali, tanto da essere tra i temi in
agenda del semestre italiano di Presidenza europea Oggi, infatti, nel nostro mondo
globalizzato, lo sport, oltre che attività determinante per il benessere fisico, è uno dei
mezzi più efficaci per sollecitare incontri, scambi, passioni, entusiasmi ma anche tensioni.
Può essere strumento educativo, di dialogo interculturale, di integrazione sociale e
abbattimento di ogni discriminazione, potente fattore di innovazione e sviluppo
economico, così come contesto in cui si sviluppano illegalità e violenza. E’ dunque
un tema indubbiamente articolato e stimolante che la mostra FAIR PLAY affronta
attraverso il linguaggio dell’arte, in sintonia con i contenuti e gli obiettivi del Programma
Sport della Presidenza del Consiglio, che vede i giovani e gli studenti al centro della sua
azione di promozione di stili di vita più sani, di sensibilizzazione ai valori etici,
solidaristici e sociali dello sport, di valorizzazione della relazione sinergica tra sport,
ricerca e impresa, ai fini di della crescita economica e della creazione di nuovi posti di
lavoro.
Background
Il rapporto fra sport e arte, sia pure con modalità diverse e legami più o meno stretti in
funzione dei differenti momenti storici, ricorre in tutto l'arco di sviluppo della cultura
occidentale. Nell’arte classica greca e romana per gli artisti era importante riuscire a
rappresentare il corpo umano nel modo più realistico possibile, motivo per cui si
cimentarono con i ritratti degli atleti vincitori delle Olimpiadi che venivano esposti nei
templi.
Questo rapporto di fascinazione degli artisti per il corpo umano è continuato
ininterrottamente nel corso dei secoli fino alle avanguardie storiche del ‘900 che trovarono
in alcuni sport come la corsa, la danza, il motociclismo e l’equitazione un terreno fecondo
per rappresentare velocità e movimento. Oggi il concetto di sport è diventato
particolarmente complesso e così dunque la sua raffigurazione attraverso l’arte. L’attività
fisica è veicolo di nuovi concetti di corpo, nuove idee di bellezza, ma è anche occasione
per l’uomo per confrontarsi con i suoi limiti. In Europa come nel mondo, lo sport è
diventato fenomeno sociale, momento di aggregazione, nel quale uomini e donne
imparano la tolleranza e il rispetto verso l’altro. Allo stesso tempo, provoca anche scontri
in cui i nobili ideali della competizione ereditati dal passato sono spesso dimenticati.
Troppo spesso gli eventi sportivi sono danneggiati da episodi di violenza, discriminazione,
doping e partite truccate.
Infine, lo sport è considerato anche come un bene di consumo, attorno al quale ruota un
colossale mercato più attento ai profitti che agli ideali. L’arte trova quindi nelle discipline
sportive un fecondo campo di suggestioni per una riflessione sui vari aspetti della società
moderna.
Perché il video?
Lo sport, pur avendo una storia antichissima, è divenuto un fenomeno di massa soltanto
con l’evolversi della società post-industriale, quando si è stabilità un’alleanza globale tra
questo e la televisione. La presenza dei media ha trasformato e trasforma il mondo dello
sport, dilatandone l’interesse ben oltre i confini di coloro che lo praticano o che ne sono
appassionati e ampliandone i significati simbolici. Allo stesso tempo, inevitabilmente, lo
trasforma in sport-spettacolo, innescando processi economici e sociali, sia positivi che
negativi, di portata globale.
La scelta di concentrare la ricerca di FAIR PLAY sul linguaggio video tiene conto di questo
rapporto ormai inscindibile tra televisione e sport, che vede nell’immagine mediale la forma
più “naturale”, o comunque consueta, di rappresentazione dell’attività atletica.
Nell’utilizzarla spesso gli artisti ne scardinano le regole, cercano al suo interno possibilità
di narrazioni diverse, critiche o poetiche, giocano coni generi televisivi e li sovvertono.
Gli artisti e le opere
FAIR PLAY offre una ricca carrellata tra le opere di alcuni tra i più interessanti e noti artisti
contemporanei internazionali dell’ultima generazione, attraverso una video installazione
nello spazio del Corner D e un allestimento di singole opere proiettate o su monitor che
occupa l’intera sala D del MAXXI.
Corner D
Douglas Gordon e Philippe Parreno, Zidane, un ritratto del XXI secolo, 2006
Nel Corner D, lo spazio al pian terreno del MAXXI, che si apre direttamente sulla grande
piazza antistante il museo, è allestita un opera realizzata in collaborazione tra due dei più
importanti artisti contemporanei internazionali: lo scozzese Douglas Gordon e il francese
Philippe Parreno, entrambi grandi appassionati di calcio.
A Madrid, il 23 aprile 2005, durante la partita Real Madrid contro Villareal, i due artisti
decidono di filmare, per gli interi 90 minuti, un sologiocatore: Zinedine Zidane. Ben 17
macchine da presa a bordo campo, dotate di zoom potentissimi sono tutte tutte
concentrate sul volto e sul corpo del calciatore. Ci sono ogni tanto delle inquadrature
allargate, soltanto per dare un'idea del campo, ma per il resto l'obiettivo resta lì, su
quell'uomo solo e serio che corre assai poco, ma sembra tenere sotto controllo lo spazio,
sembra essere lì per sorvegliare che il gioco proceda come lui sa, per assentire al piccolo
destino del risultato. È la decostruzione dell’immagine del campione, del racconto
televisivo di quanto accade nei novanta minuti della partita. Ma è anche qualcosa di più:
osservando Zidane minuto dopo minuto si comincia a pensare che proprio guardato così il
calcio, non nel commento dei telecronisti, non nei moralisti sportivi che “la disciplina forma
i giovani”, ma nel trotto leggero di questo grande campione, nel suo sguardo così serio da
diventare cupo, guardato così il calcio abbia da insegnare qualcosa. Che tutti possiamo se
non imparare, almeno riflettere su come facciamo il nostro lavoro, guardando Zidane fare il
suo. E per i patiti del personaggio c'è altro: in quegli occhi quasi bui, nel borbottio di
mezze frasi ai compagni, nei richiami incomprensibili agli avversari, nella concentrazione
solipsistica si comincia a capire meglio la famosa testata.
Un lavoro sul mito e sull’icona nella società dello spettacolo che fa riflettere, svuota di
senso quello che abbiamo sempre ritenuto importante in una partita (i gol, le punizioni, il
gioco di squadra in generale) per concentrarsi, grazie alla tecnologia, sull’aspetto più
umano, meno epico, forse più contraddittorio.
L’unica fuoriuscita dal campo di gioco è a
metà film, quando un veloce montaggio ci mostra cosa è accaduto quello stesso giorno in
altre parti del mondo, poi si torna dentro il “rettangolo verde” che vede l’amara uscita di
Zidane a fine partita, espulso dall’arbitro.
L’opera, realizzata in diverse forme, come film, proiettato al festival di Cannes nel 2006,
come video a due canali o come grande installazione con proiezioni multiple, è qui
presentata su 17 monitor televisivi, sparsi sul pavimento e collegati da un groviglio di cavi.
Zidane apre la rappresentazione mediatica dell’evento sportivo a una diversa forma di
riflessione, quasi una meditazione che, libera dal dover dar conto di quanto si svolge sul
campo, lascia la fantasia correre e da spazio a dettagli sui quali solitamente non s’indugia:
espressioni del volto, guizzo dei muscoli, capacità di cogliere la bellezza fine a se stessa.
L’opera è una perfetta introduzione alla mostra nel suo studio del rapporto tra sport
e mezzo televisivo attraverso lo sguardo dell’arte, che è capace di infiltrarsi nelle
immagini mediatiche per modificarne il funzionamento e inventarvi delle pratiche
alternative - altre esperienze del tempo, dello spazio, altri altri modelli narrativi e delle
relazioni tra gli uomini e i loro feticci.
Sala D
• Grandi proiezioni
Paolo Canevari (Roma, 1963) Bouncing Skull, 2007. Sullo sfondo di una Belgrado che
ancora conserva i segni dei bombardamenti e le ferite della guerra, un ragazzino si
appropria di un teschio e ne fa un pallone, lasciandolo rimbalzare più volte sui piedi
davanti alla telecamera. Il video descrive in maniera essenziale e diretta due mondi
lontani, che tragicamente si incontrano: da una parte l’infanzia, il gioco, la spensieratezza;
dall’altra la crudeltà della vita reale. Palleggiare con la prima cosa trovata vuol dire
appellarsi alla richiesta di normalità, inventarsi un gioco dal nulla, far propria la speranza
anche nella situazione più nera.
Grazia Toderi (Padova, 1963) Super Tuesday, 2001. L’artista si focalizza sulla
suggestione dei grandi impianti sportivi, ripresi nei suoi video come misteriose e scintillanti
astronavi, dove voci di folla si caricano di risonanze extraterrestri mentre le luci si
sublimano in notturni stellati.
Stephen Dean (Parigi, 1968), Volta, 2002-3, nel video si assiste al rito di massa della
tifoseria di una squadra di calcio che in alcune società occidentali laicizzate ha sostituito la
pratica religiosa. Durante le partite i tifosi compiono gesti propiziatori, vivono una
dimensione corale, in un crescendo di eccitazione e coinvolgimento agonistico.
Ali Kazma, (Istanbul, 1971), Resistance / Bodybuilding, 2013
Ali Kazma racconta i momenti salienti di una competizione di bodybuilding, dando ampio
spazio alla fase di preparazione e concentrazione che precede o accompagna la sfida
vera e propria. Dall’eccessiva muscolatura ai movimenti compiuti dai bodybuilders, tutto
appare costruito in modo quasi surreale: sulle note di brani celebri, i partecipanti alla gara
assumono le posizioni in grado di evidenziare la propria massa muscolare, oggetto della
competizione. Lo sforzo fisico si riverbera sulla tensione dei muscoli, mentre si accende il
contrasto tra l’evidente affaticamento e la volontà di apparire gradevoli, quasi sorridenti,
nonostante la deformazione fisica in atto.
Guido Van Der Werve (Papendrecht, Olanda, 1977), Nummer dertien, effugio C: you're
always only half a day away, 2011.
Nel video You’re always only half a day away van der Werve si cimenta in una corsa di 12
ore, senza sosta, intorno alla sua casa in Finlandia sfidando con ironia se stesso e
l’attenzione dello spettatore.
Marzia Migliora (Alessandria, 1972), Forever Overhead, 2010
Un corpo si tuffa e nello staccare il peso da terra diviene altro.
All’origine di quest’opera c’è l'affresco della lastra di copertura della Tomba del Tuffatore di
Paestum dove un giovane uomo è sospeso tra la colonna-trampolino da cui si è appena
lanciato e lo specchio d'acqua sotto di lui.
A quel corpo che vola, disegnando nell’aria un tragitto che accenna, nella lieve curva tra
braccia e gambe, a un movimento circolare e perpetuo, si accompagna idealmente il
racconto di David Foster Wallace - che dà il titolo al video- in cui, nella vertiginosa altezza
di un trampolino, si consuma il rito iniziatico di un adolescente verso l’età adulta.
Salla Tikka (Helsinki, 1973), Power, 1999, Due persone stanno tirando di boxr, una
giovane donna a torso nudo e un uomo muscoloso. L’immagine in bianco e nero e lo
spazio senza tempo, rendono l’atmosfera onirica nonostante l’azione sia violenta e il
suono trasmetta un’idea realistica di sofferenza. Two persons are boxing, a young woman
without a shirt and a big man. Il video è una dichiarazione contro le relazioni di potere
nella nostra società ma può essere anche visto come una battaglia simbolica per la
sopravvivenza.
• Monitor Hantarex
Florian Slotawa, (Rosenheim, Germania, 1972), Museum Sprints 2000-1, i musei non
sono più luoghi per la contemplazione dell’arte ma terreni di gara dove l’artista prova a
superare il suo record personale visitando tutte le stanze in meno di due minuti.
Roman Signer (Appenzel, 1938), Kayak, 2000, come in molti lavori dell’artista, anche
questo video è animato da un’atmosfera assurda e surreale. Un kayak procede a tutta
velocità, trainato su una stradina di campagna, contravvenendo a qualsiasi logica, in
competizione con una mandria di mucche. L’artista spinge lo spettatore ad abbandonare
la razionalità e a guardare la realtà con uno sguardo nuovo.
Robin Rhode (Cape Town 1976), Street Gym, 2004. Il video documenta una performance
dell’artista sudafricano: dipinta una sbarra da ginnastica con il gesso bianco su un comune
marciapiede, Rhode si fa riprendere dall’alto mentre interagisce con essa compiendo degli
esercizi immaginari. L’azione sportiva, per quanto fittizia e illusoria, è riportata al contesto
urbano, che l’artista invita a guardare come luogo di potenzialità creativa.La fantasia
supplisce alla mancanza di mezzi e di strutture.
Uri Tzaig (Qiryat Gat, Israel, 1965), Infinity, 1998
Il video mostra uno strano gioco con la palla tra “squadre” composte non da sportivi ma da
danzatori. I partecipanti si tirano la palla vestendo tutti la stessa divisa, il che rende
impossibile capire chi appartenga ad una squadra e chi all’altra. Per aumentare la
confusione,il campo da gioco è definito da una corda che lo circonda ma che cambia
continuamente posizione, mentre la telecamera cerca di seguire il gioco passando da una
prospettiva all’altra.
• Schermi al plasma
Christian Jankowski (Göttingen, 1968), Heavy Weight History, 2013, consiste in un film
di 25 minuti realizzato in Polonia coinvolgendo campioni nazionali di sollevamento pesi
che cercano di sollevare vari monumenti in bronzo della città di Varsavia, in un chiaro
riferimento al “peso” reale e non solo metaforico della storia.
Hilla Ben Ari (Yagur, Israele, 1972), Horizontal Standing, 2008, muovendosi appena, una
giovane donna rimane in equilibrio su una trave. Nonostante il suo handicap è una
ginnasta, altrimenti non sarebbe stata in grado di compiere l’esercizio. Il silenzio sottolinea
la sua concentrazione. Linee verticali e orizzontali strutturano l’immagine. La donna si
inserisce in questa griglia ma l’atto di stare in equilibrio le costa un grandissimo sforzo
fisico. Horizontal Standing riflette un incontro di opposti: da un lato mutilazione, vergogna
e sofferenza, dall’altro grazia, disciplina ed eleganza.
Mark Bradford (Los Angeles, 1961) Practice, 2003.
L’artista, la cui fisicità si accorda con quella di un giocatore professionista, gioca a basket
con una crinolina che gli impedisce i movimenti e mette in dubbio la sua identità sessuale.
Prova a far canestro, cade ma si rialza sempre. Una metafora degli impedimenti culturali,
di genere e raziali.
Nilbar Guresh (Istanbul, 1977), Unknown Sports, 2009. Una ragazza si esercita alle
parallele mentre una donna la ostacola, cercando di abbellirla e truccarla. Un’altra compie
evoluzioni sul cavallo, vestita in modo inappropriato, come una casalinga, con la testa
coperta da un foulard. Una ragazza sta in equilibrio su una trave indossando abiti per lo
sport, ma il suo grande seno, coperto da un reggiseno le sta sulla schiena. La palestra è
adornata con tappeti, tendine e stoffe colorate. Il video mostra come in molte culture lo
sport non sia ancora considerato un’attività appropriata per le donne che invece devono
occuparsi solo di essere gradevoli e di badare alle faccende domestiche.
Annika Larsson (Stoccolma 1972) Blind, 2011. Girato nell’oscurità delle ore notturne, il
video racconta lo svolgersi di una partita di calcio tra due squadre. Solo quando la
telecamera si sofferma sui volti dei giocatori si intuisce che si tratta di persone non
vedenti: tutti indossano una mascherina (come impone il regolamento, affinché anche chi
vede solo delle ombre non risulti agevolato) e una protezione sulla testa, che ricorda
un’armatura. Se non fosse per questi dettagli, dai movimenti in campo non si percepirebbe
la presenza dell’handicap, data l’agilità con cui le squadre si affrontano.
L’ALLESTIMENTO
I video di FAIR PLAY sono presentati tutti insieme, visibili in un unico colpo d’occhio, in
uno spazio oscurato e non diviso di circa 450 mq. Alcuni video sono presentati su schermi
sospesi di grande formato, altri in schermi al plasma (42’’), altri ancora in monitor
hantarex. L’idea curatoriale è predisporre un allestimento "aperto" di grande impatto visivo
che, pur rispettando l'individualità di ogni opera esposta, allo stesso tempo compone un
mosaico collettivo di immagini. I visitatori possono poi muoversi nello spazio, indossando
cuffie audio wifi, e concentrarsi sui singoli lavori, ognuno con durata e caratteristiche
diversi (le cuffie saranno distribuite al pubblico all’ingresso della mostra).
IL MAXXI
Il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo è la prima istituzione nazionale italiana
dedicata alla creatività contemporanea.
Pensato come un grande campus per la cultura, il MAXXI è gestito da una Fondazione
costituita nel luglio 2009 dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e presieduta da
Giovanna Melandri. Da dicembre 2013 Hou Hanru è il Direttore Artistico del museo, di cui
fanno parte il MAXXI Architettura, diretto da Margherita Guccione e il MAXXI Arte, diretto
da Anna Mattirolo.
La programmazione delle attività – mostre, workshop, convegni, laboratori, spettacoli,
proiezioni, progetti formativi – rispecchia la vocazione del MAXXI a essere non solo luogo
di conservazione ed esposizione del patrimonio ma anche, e soprattutto, un laboratorio di
sperimentazione e innovazione culturale, di studio, ricerca e produzione di contenuti
estetici del nostro tempo.
Sede del MAXXI è la grande opera architettonica, dalle forme innovative e spettacolari,
progettata da Zaha Hadid nel quartiere Flaminio di Roma.
LE CURATRICI
Curatrice e critica d’arte, Cristiana Perrella ha diretto dal 1998 al 2008 il Contemporary
Arts Programme della British School at Rome, dove ha realizzato mostre di artisti come
Sam Taylor Wood, Cerith Wyn Evans, Francesco Vezzoli, Richard Billingham, Martin
Creed, Mark Wallinger, Yinka Shonibare, Mike Nelson, Ian Kiaer, Jonathan Monk,
Douglas Gordon, presentando numerosi progetti legati alla video-arte tra cui “SweetieFemale Identity in British Video” e “VideoVibe- Art, Music and Video in the UK”. Come
curatrice indipendente ha collaborato con istituzioni Italiane e internazionali, tra cui il
MAXXI, per cui ha curato, in occasione dell’apertura del museo nel maggio 2010 la
personale di Kutlug Ataman Mesopotamian Dramaturgies e nel 2012 il festival di
performance VIVA performance lab (insieme a Tania Bruguera). Dal 2009 cura per la
Fondazione Marino Golinelli negli spazi della Triennale di Milano una serie annuale di
mostre dedicate al rapporto tra arte e scienza. E’ parte del board dell’IKSV per il
Padiglione turco alla Biennale di Venezia. E' docente di Fenomenologia dell'arte
contemporanea, dal 2003 al 2009 all'Università di Chieti, dal 2013 allo IED di Roma
Critico d’arte e curatrice, Paola Ugolini cura dalla fine degli anni ’80 mostre di artisti
contemporanei in spazi espositivi pubblici e privati in Italia e all’estero. Nel 1990 è
assistente curatore della mostra “Ibi Fluxus Ibi Motus” curata da Achille Bonito Oliva e
Gino di Maggio nell’ambito della XXXIX Biennale di Venezia e nello stesso anno per
l’Associazione Culturale Fonti del Clitunno cura, collabora con il prof Giovanni Carandente,
alla personale di Markus Lupertz nell’ambito del XXXIII Festival dei due Mondi di Spoleto.
Nel 1993 cura con Laura Cherubini l’esposizione “Macchine per la Pace” all’ex padiglione
jugoslavo nell’ambito della XXXX Biennale di Venezia. Dal 1992 al 1994 ha lavorato con
l’artista Aldo Mondino per l’organizzazione delle sue mostre. Dal 1996 al 1999 ha lavorato
come autore delle 71 puntate della trasmissione ART’E’ in onda RAI 3, oltre ad aver
realizzato nello stesso periodo numerosi servizi di argomento storico-artistico andati in
onda fino al 2000 su RADIO RAI TRE. Dal 2007 è curatrice dell’Associazione Culturale
CortoArteCircuito che produce cortometraggi sull’arte contemporanea. Nel 2010 ha
realizzato i profili di: Maurizio Mochetti, Luigi Ontani, Sandro Chia e Giuseppe Gallo, nel
2011 di goldiechiari, Pietro Ruffo, Alfredo Pirri, Nunzio e nel 2012 di Alessandro
Piangiamore, Alessandro Sarra, Alberto di Fabio e Marco Tirelli. CortoArteCircuito cura
anche, dal 2011, le riprese di “backstage” esposizioni del museo Maxxi. Recentemente ha
curato la personale di Goldsmied e Chiari alla Fondazione Pescheria, Pesaro (2008), la
personale di Gabriele Giugni al Madre di Napoli e al Museo in Trastevere, Roma (2010-11)
e la personale di Chittrovanu Muzumdar al Macro di Roma (2014). Tiene alla Temple
University corsi di Arte moderna dal 2014.