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la Repubblica la Repubblica MARTEDÌ 2 MARZO 2010 MARTEDÌ 2 MARZO 2010 @ ■ 38 Il Glossario Da battistrada a tubeless la tecnica senza segreti Battistrada Parte superficiale del pneumatico a contatto con il fondo stradale che assicura la trazione, resiste all’usura e protegge la carcassa sottostante. Il suo disegno è l’elemento distintivo più appariscente del pneumatico e ne influenza la rumorosità e la capacità smaltimento dell’acqua. Carcassa Intelaiatura interna molto resistente del pneumatico percorsa da sottilissimi fili di acciaio vulcanizzati nel caucciù e formata da più tele sovrapposte ed incrociate le une rispetto alle altre (struttura diagonale) oppure disposte in senso radiale. Cintura Strati multipli di cavetti d’acciaio disposti in modo angolato che rinforzano la gomma, stabilizzano la zona di contatto ed impediscono a corpi estranei di penetrare nella carcassa. Radiale Struttura della carcassa nella quale i fili della trama dell’unica tela presente sono disposti perpendicolarmente al senso di rotazione del pneumatico. La maggiore rigidità così ottenuta riduce la deformazione della struttura rispetto a quella coperture tradizionali e garantisce quindi una maggiore impronta al suolo. Ricostruito Pneumatico usato e reso riutilizzabile applicando sulla sua carcassa un battistrada nuovo. Rim-guard Speciale bordo di protezione, realizzato strato di gomma dura e posto sul fianco del pneumatico per proteggere la flangia della ruota da urti e sfregamenti contro ostacoli (ad esempio il bordo di un marciapiede durante le manovre di parcheggio). Disegno Aspetto del battistrada formato dall’alternanza di superfici piene che vanno contatto con il fondo stradale e spazi vuoti creati dalle scolpiture. Fascia Elemento interno del pneumatico formato da uno o più strati di fibre per garantirne stabilità e resistenza. Fianco Componente laterale esterna del pneumatico che collega il battistrada al tallone. Protegge la sua struttura contrastando gli effetti prodotti dalla flessione e dall’azione degli agenti atmosferici. Invernale Pneumatico progettato per garantire maggiore aderenza in presenza di temperature ambientali inferiori a +7°C. M+S (Mud and Snow) Sigla che indica la presenza di un battistrada di tipo invernale, cioè progettato espressamente per la marca su fondi particolari. Marcatura Combinazione alfanumerica impressa sul fianco dello pneumatico contenente tutte le caratteristiche dello stesso. Mescola Miscela di gomme naturali e sintetiche con determinati prodotti chimici utilizzata per la fabbricazione. Tubeless Pneumatico privo di camera d’aria interna. La tenuta dell’aria è assicurata da un sottile rivestimento in gomma impermeabile che ricopre tutta la parte interna della copertura e del tallone. (p. f.) © RIPRODUZIONE RISERVATA M questione PAOLO FERRINI onde e nere. Solitamente sporche. Le gomme non hanno certo l’immagine e l’appeal di una raffinata supercar. Eppure, come le competizioni sportive insegnano, rivestono un’importanza fondamentale ai fini del comportamento di qualsiasi autoveicolo. Per non parlare della sicurezza. Perché, alla fine dei conti, la loro impronta sull’asfalto è l’unico punto di contatto che anche il più sofisticato autoveicolo del mondo ha con il fondo stradale. Dalle loro condizioni dipende gran parte del comportamento dell’auto e del comfort degli occupanti. Nondimeno, in genere, gli automobilisti dedicano scarsa attenzione ai pneumatici: controllano raramente lo stato dei fianchi e si preoccupano dello spessore del battistrada solo quando è troppo tardi. Si tratta chiaramente di un atteggiamento poco re- T molti anni addietro (pensiamo, ad esempio, al Lifeguard del 1934) e hanno cominciato a proporre sul mercato pneumatici in grado di marciare anche con pressioni interne di gonfiaggio pari a zero. Parliamo dei “run-flat” ovvero di pneumatici in grado di garantire all’utente la mobilità necessaria per raggiungere in sicurezza un gommista dove riparare o alla sostituire il pneumatico forato. Detta così sembra l’uovo di Colombo. E invece no: l’atteso e tutto sommato logico “boom” degli pneumatici run-flat non c’è ancora stato, né si riesce a prevede- sponsabile, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche da quello economico. Perché rappresentano un investimento importante (un treno di gomme di una berlina di classe media come una Golf costa all’incirca 450 euro) e come tale merita la giusta attenzione. Oggi si stima che in Italia si vendano ogni anno circa 30 milioni di pneumatici di secondo equipaggiamento, per un giro d’affari di 5 miliardi di euro. Un mercato che, oltre a fabbricanti ed importatori, dà lavoro a qualcosa come 6.500 gommisti. Che presto avranno a che fare anche con l’ultima tendenza, quella dei pneumatici puliti. Come, ad esempio, quelli costruiti con la tecnologia Super Nanopower brevettata dalla Yokohama: in pratica si aggiunge estratto di agrumi alla mescola, il che permette di ridurre dell’80% sul peso della gomma l’utilizzo di petrolio e derivati. La mobilità eco-friendly applicata ai pneumatici. © RIPRODUZIONE RISERVATA I Ricostruiti arrivato il momento di mettere da parte i luoghi comuni legati ai pneumatici ricostruiti, ancora oggi a torto considerati dall’opinione pubblica un prodotto economico, ma di scarsa qualità. Anche in questo campo infatti la tecnologia ha fatto passi da gigante e, se è pur vero che il ricostruito resta un’alternativa economica al pneumatico nuovo, in fatto di qualità, sicurezza ed affidabilità non gli è affatto inferiore. Tanto per cominciare, ad esempio, dal 2006 i ricostruiti devono essere certificati ECE ONU 108 ed ECE ONU 109 (a seconda che siano destinati ad autovetture oppure a veicoli commerciali). Ciò vuol dire che devono superare le stesse prove di resistenza, affidabilità e durata previste per gli pneumatici nuovi. Fondamentale è a tale proposito il processo di ricostruzione che può essere effettuato a caldo presso grandi impianti oppure a freddo presso gommisti specializzati, utilizzando macchinari e strumenti appositi. In entrambi i casi l’aspetto fondamentale è la selezione delle carcasse da rico- È Ecologia e risparmio la seconda vita dei vecchi pneumatici struire, poiché è a questo punto che entrano in gioco l’esperienza, le attrezzature e la serietà del ricostruttore. Solo le carcasse sane possono essere avviate alla ricostruzione: raspare il batti- Ancora oggi resistono molti luoghi comuni su questo particolare tipo di coperture strada consumato ed applicarne uno nuovo su una carcassa logora sarebbe infatti come rifare il tetto ad una casa nella quale fondamenta, piloni e travi portanti presentano danni irreparabili. Forse non entrerà più ac- qua dal tetto, ma prima o poi la casa è destinata a crollare. Le considerazioni economiche non sono però le uniche a far sì che i ricostruiti siano oggi di grande attualità. Ogni anno nell'Unione Europea, la sostituzione degli pneumatici degli autoveicoli genera mediamente 225 milioni di gomme da smaltire, alle quali si aggiungono i milioni di pneumatici montati sui veicoli avviati alla rottamazione. Il problema del loro impatto sull'ambiente è molto serio: occorrono circa cento anni perché un pneumatico a fine vita immesso nell’ambiente si deteriori completamente. La ricostruzione rallenta quindi il problema dello smaltimento di un materiale potenzialmente inquinante ridando Ruota di scorta addio ecco i mille modi per non rimanere a terra L’evoluzione di questa tecnologia ha portato a una vasta gamma di proposte gomma Tallone Estremità molto rigida del pneumatico destinata ad inserirsi nel cerchio e realizzata in modo da assicurare l’assoluta impermeabilità. Formato da robusti fili d’acciaio immersi nel caucciù a forma di anelli, si adatta alla base del cerchio ed evita che la gomma giri a vuoto. Tela Elemento realizzato con cordicelle di fibre (nylon, rayon, ecc) che costituisce la carcassa dello pneumatico. La tela radiale (90°) consente la trasmissione di tutte le forze di carico, di frenatura e di sterzatura tra la ruota ed il terreno e resistono a scarichi di scoppio del pneumatico alla temperatura d’esercizio. escole sempre più sofisticate e complessi disegni di battistrada hanno migliorato negli ultimi anni le prestazioni generali dei pneumatici. Anche quelli più costosi e specialistici conservano però ancora oggi un vecchio tallone d’Achille: la possibile foratura. Un piccolo chiodo od un pezzetto di rete metallica sparso sull’asfalto possono essere sufficienti per “azzoppare” indifferentemente la più raffinata granturismo come la più modesta utilitaria. Per questo motivo da una decina di anni a questa parte i maggiori costruttori del settore hanno ripreso in mano progetti avviati La Struttura Serie di elementi disposti ad arco continuo, opportunamente collegati, atti a formare un involucro in grado di resistere alla pressione interna dell’aria necessaria per sopportare il carico previsto e in grado di trasmettere tutte le forze e le coppie agenti sul pneumatico stesso. ■ 39 I Runflat Pochi le controllano, nessuno conosce le differenze fra un modello e l’altro. Eppure dal contatto con la strada dipende tutta la sicurezza di ogni automobile Run-flat Pneumatico utilizzabile (per un breve periodo ed a velocità limitata) anche con pressione interna di gonfiaggio pari a zero. PER SAPERNE DI PIÙ www.pirelli.it www.goodyear.com vita alla struttura portante del pneumatico che ne rappresenta grosso modo l’80%. L’Airp (Associazione Italiana Pneumatici Ricostruiti) calcola che il risparmio ecologico in termini di peso delle coperture sottratte alla discarica sia di circa 46.000 tonnellate. In Italia, i ricostruiti non sono molto diffusi: 37% contro il 48% della Scandinavia ed il 50% degli Stati Uniti, nel settore autocarro che è il più attivo e sensibile in tal senso. Figuriamoci per le autovetture! E pensare che proprio noi italiani siamo all’avanguardia in questo settore ed esportiamo tecnologia e macchinari in tutto il mondo. Marangoni, per esempio, ha creato un piccolo impero in questo settore. Alla ricostruzione pura e semplice dei pneumatici ha affiancato negli ultimi sessant’anni tecnologie innovative come la ricostruzione a freddo tramite bande di battistrada prestampate e la produzione di macchinari specifici per la ricostruzioni che sono venduti in tutto il mondo. (p.f.) © RIPRODUZIONE RISERVATA re quando arriverà. Per molte ragioni. Tanto per cominciare, non c’è un solo tipo di run-flat. I ricercatori battono due strade principali: una essenzialmente “meccanica”, che prevede l’inserimento di parti speciali tra il pneumatico e il cerchio oppure un particolare accoppiamento ruota/pneumatico, ed una “autoportante”, che interviene invece sulle mescole e sulla costruzione del pneumatico vero e proprio. Tutto ciò ha portato finora alla presentazione di proposte molto diverse tra loro che, pure nella loro singola validità, hanno forse disorientato il pubblico e soprattutto le case automobilistiche che, adottandoli in primo equipaggiamento su modelli di grande diffusione, potrebbero consentire l’avvio dei necessari livelli di produzione e di un interessante mercato del ricambio. A frenare una maggiore diffu- sione dei run-flat ha contribuito anche una notevole confusione nella comunicazione. Alcuni costruttori raccomandano di non superare determinate velocità e percorrenza con la gomma a terra, altri forniscono dati differenti. Alcuni dicono che i run-flat forati vanno eliminati e sostituiti, altri sostengono che sono facilmente riparabili e completamente riutilizzabili. Un piccolo caos, insomma, in cui non è davvero facile orientarsi. Noi però una certezza l’abbiamo. Se non altro perché ne siamo stati testimoni. Il 30 Aprile 2003 una Mini, equipaggiata con quattro Goodyear Eagle NCT-5 con tecnologia run-flat EMT, ha percorso 553 chilometri sul circuito Stradale di Monza (praticamente la distanza da Milano a Roma) con i pneumatici anteriori forati e riparati cinque volte sul posto. Per il resto non possiamo che prendere per buone le affermazioni dei vari costruttori che certamente avranno fatto le loro prove in pista ed in laboratorio. Alla luce di tutte queste considerazioni, oggi è davvero difficile dire quale o quali delle molte tecnologie fin qui proposte sia la più valida. Una cosa è però chiara. Dobbiamo abbandonare l’idea che il run-flat sia solo una soluzione per non sporcarsi le mani e non sudare in caso di foratura, ma che al contrario è un importante dispositivo di sicurezza di stradale (quanto, ad esempio, lo ESP) e soprattutto di incolumità personale. (p.f.) © RIPRODUZIONE RISERVATA