La condizione femminile Relazione su un

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La condizione femminile Relazione su un
Relazione su un percorso pluridisciplinare:
Storia, Diritto, Cinema.
La condizione femminile
La nostra Costituzione afferma che tutti i cittadini sono uguali davanti
alla legge, senza nessuna distinzione di sesso, razza, religione, etc..
Si tratta di un’affermazione che oggi ci appare scontata; eppure
rappresenta il risultato di un lungo e faticoso percorso evolutivo, che
nacque centinaia e centinaia di anni fa.
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Nella preistoria, mentre l'uomo si dedicava alla caccia, le donne si
occupavano della raccolta di bacche, radici e frutti. Infatti la caccia era
considerata un’attività pericolosa e impegnativa, per questo non
adatta alla donna, la quale pertanto doveva preoccuparsi soprattutto
di badare ai figli. Questo è dimostrato anche dai graffiti trovati nelle
grotte preistoriche, dove nei disegni femminili vengono evidenziati in
particolare gli organi legati alla riproduzione, come il seno, a scapito
delle altre parti del corpo. La donna era comunque sottomessa
all’uomo, e questa supremazia maschile era determinata dal fatto che
la sopravvivenza della collettività dipendeva in gran parte dalla
capacità di uccidere gli animali, da cui venivano ricavati sia il cibo sia
il vestiario.
La condizione della donna nell’età antica non migliora di molto. Nella
civiltà greca, per esempio, la donna non aveva quasi nessun diritto:
non poteva votare né essere votata per ricoprire un incarico pubblico,
e non poteva uscire di casa ma vi doveva rimanere per badare ai figli.
Nemmeno in occasione di avvenimenti importanti, come le famose
Olimpiadi, alle donne era permesso di partecipare ai giochi o
semplicemente di essere spettatrice. Secondo un'antica tradizione si
diceva addirittura che, se mai una donna avesse praticato una
qualche attività sportiva, grandi sventure sarebbero arrivate in seguito
a tutto il genere femminile.
In Grecia le donne potevano avere anche dei ruoli diversi da quello di
moglie, ma comunque sempre sottomesse all’uomo: concubina, cioè
amante stabile del marito, oppure compagna, cioè per relazioni
occasionali. Non mancavano ovviamente le prostitute.
Addirittura un famoso filosofo greco, Aristotele, disse che la donna era
inferiore all'uomo perché aveva il cervello più piccolo.
Nei versi delle opere di Omero, però, la donna non è così ingenua
come invece voleva far credere Aristotele. Nell’Odissea, per esempio,
Penelope per guadagnare tempo ed evitare di sposare uno dei Proci,
che avevano invaso la sua isola, aveva promesso che avrebbe scelto
uno di loro come marito solo quando avesse finito di tessere la tela;
però, intelligentemente, di notte disfaceva quello che aveva fatto di
giorno. In questo modo trascorsero molti anni senza che nessuno dei
suoi pretendenti se ne fosse mai accorto.
Nella civiltà romana invece la donna veniva considerata quasi come
l’uomo. La donna non era costretta a rimanere sempre in casa ma per
esempio poteva accompagnare il marito ad una festa. Qui però non
poteva mangiare sdraiata come lui, ma seduta. Il diritto romano
poneva comunque alcune limitazioni ai poteri della donna rispetto a
quelli dell’uomo: lei per esempio non poteva prendere decisioni sui
figli, che spettavano solo al marito; la donna non poteva comprare o
vendere beni senza il permesso del padre (se ancora non sposata) o
del marito (se sposata); ovviamente poi alle donne non era permesso
di svolgere cariche pubbliche.
Con la diffusione del Cristianesimo, si diffonde il messaggio di
uguaglianza tra uomo e donna, professato da Gesù. Nel Vangelo si
possono leggere molti passi in cui Gesù racconta parabole in cui
protagonista è una donna, oppure passi in cui vengono compiuti
miracoli su una donna. Tra questi, molto significativo è l’episodio di
Maria Maddalena. Questa donna era accusata di adulterio e la folla si
chiedeva se dovesse essere lapidata come diceva la legge. Gesù,
che era presente disse loro: ”questa donna avrà anche sbagliato e
sarà una peccatrice; ma chi tra di voi è senza peccato, scagli la prima
pietra”. Dopo quella frase, tutta la folla si allontanò immediatamente.
Questo episodio insegna che non solo la donna era peccatrice, ma
poteva esserlo anche l’uomo: però l’amante di Maria Maddalena non
venne punito.
Nel Medioevo, la condizione della donna peggiora. Nella cultura delle
popolazioni barbariche, soprattutto quelle germaniche come i
Longobardi, la donna è un oggetto nelle mani del padre, finché lui non
decida di venderla ad un uomo, cioè il marito.
Anche la Chiesa Cristiana ha molte colpe verso le donne:
l’Inquisizione, cioè il tribunale della Chiesa che condannava gli eretici
e i peccatori, mandò al rogo molte donne perché ritenute
rappresentanti del diavolo sulla terra (le cosiddette streghe), capaci di
sedurre l'uomo e spingerlo al peccato.
Nel basso Medioevo, cioè dopo l’anno 1000, si afferma un nuovo
movimento poetico, che verrà chiamato dolce stil novo, in cui si
sostiene un nuovo concetto di amore, e quindi un nuovo concetto di
donna, vista ora non più come demonio e rappresentante del diavolo,
ma al contrario come donna angelo: la donna aveva la virtù di
migliorare l'animo dell'uomo e di fare da tramite fra lui e Dio.
Nella Rivoluzione francese, scoppiata nel 1789, per la prima volta le
donne vengono assunte al posto degli uomini, che si trovavano al
fronte, per lavorare nelle fabbriche; però lo stipendio era inferiore. Le
donne comunque non potevano partecipare alla guerra; tuttavia esse
non si arresero a questa esclusione e chiesero di entrare nell’esercito.
Il governo ovviamente rifiutò che una donna potesse combattere al
fronte; ciononostante molte riuscirono a partire per il fronte. Nella
Rivoluzione francese quindi, per la prima volta, le donne si ribellano
contro la loro condizione di inferiorità e prendono il posto degli uomini
nel lavoro e addirittura nella guerra.
L’emancipazione delle donne è comunque solo agli inizi. Da questo
momento in poi sempre più diritti verranno riconosciuti alle donne, fino
a giungere alla completa uguaglianza con l’uomo. Anche durante la
prima e la seconda guerra mondiale le donne vengono impiegate nei
lavori in fabbrica, anche per la produzione di armi, al posto degli
uomini che si trovano in battaglia. Ma si va oltre: alle donne sono
riconosciuti gli stessi diritti dell’uomo, sia in ambito economico, che
sociale e politico. Le donne possono quindi votare, essere votate e
svolgere incarichi pubblici.
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Per esempio la Costituzione italiana, approvata nel 1948, dice che
tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza nessuna
distinzione di sesso, razza, religione, etc.. (art. 3). Perciò ogni volta
che la Costituzione riconosce un diritto, lo riconosce al cittadino,
senza specificare se uomo o donna. Quindi anche la donna, come
cittadino, ha diritto: al lavoro in condizioni di parità con l’uomo (art.
37); alla libertà di ogni tipo (art. 13); a professare la propria religione
(art. 19); a esprimere liberamente il proprio pensiero (art. 21); ad
ottenere un’istruzione (art. 34); a ottenere giustizia (art.24); a votare
ed essere votato (art. 48); ad avviare un’attività economica (art. 41).
Le donne però hanno anche gli stessi doveri degli uomini: per
esempio l’art. 52 della Costituzione dice che tutti i cittadini hanno il
dovere di difendere il proprio Paese; oggi per esempio in Italia anche
le donne possono entrare nell'esercito e nella polizia.
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Non bisogna pensare, però, che le conquiste di uguaglianza e libertà
delle donne siano state fatte in tutto il mondo. Infatti nei Paesi islamici
la donna si trova ancora oggi in una condizione di forte inferiorità. In
questi Paesi non esiste differenza tra la legge e la religione: la
religione è la legge, e il Corano dice chiaramente che la donna è
inferiore all’uomo. Così la donna è sottoposta all’autorità del padre o
del marito, e se disobbedisce loro possono picchiarla e addirittura
ripudiarla (cioè cacciarla di casa); le donne non godono della libertà di
spostamento, della libertà di parola; non possono frequentare scuole
superiori né tanto meno fare carriera o ricoprire cariche di
responsabilità in campo civile o religioso; non possono prendere
decisioni sui figli; devono sposare un solo uomo mentre il marito può
sposare più donne; sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso
anche il viso (burkha).
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Al di là dei diritti loro garantiti dalla legge, le donne occidentali sono
veramente uguali agli uomini? Fanno veramente tutto ciò che
normalmente fanno gli uomini?
Per esempio non ci sono molte donne italiane che sono in politica;
secondo me ciò dipende dal timore di non meritare la fiducia da parte
dei cittadini, che potrebbero ritenerle non all’altezza. Eppure quasi la
metà degli italiani sono donne, quindi i voti non dovrebbero mancare.
Ci sono però anche casi positivi: per esempio nel 1994 Irene Pivetti è
stata eletta come Presidente della Camera dei Deputati, e
recentemente Emma Marcegaglia è stata eletta Presidente di
Confindustria, cioè dell’associazione degli imprenditori dell’industria; si
tratta di avvenimenti importanti perché mai prima d’ora una donna
aveva ricoperto ruoli del genere, da sempre affidati a uomini.
I dati dell’Istat ci dicono che in Italia ci sono più donne laureate che
uomini, che le donne single hanno la stessa probabilità degli uomini di
raggiungere le stesse posizioni dirigenziali, e che nella pubblica
amministrazione la maggior parte dei posti sono ricoperti da donne.
Però come abbiamo detto solo le donne single possono competere
con gli uomini; ma poiché creare una famiglia ed avere dei figli è un
desiderio tipicamente femminile, sono soprattutto le donne ad essere
disposte a rinunciare al lavoro e alla carriera per la famiglia. Anche
oggi comunque le donne preferiscono in genere un lavoro meno
faticoso e pericoloso degli uomini; però come abbiamo già detto, è in
atto una inversione di tendenza grazie all’apertura dell’esercito e delle
forze armate anche alle donne.
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La garanzia di parità tra i sessi, garantita dalla Costituzione in tutti gli
ambiti sociali (sul lavoro, nella famiglia, etc..), non può comunque
rimuovere quello stato di naturale inferiorità fisica della donna verso
l’uomo. La donna, ancora oggi, è vittima di violenze, di tutti i tipi, da
parte degli uomini.
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Il luogo in cui la donna dovrebbe essere più protetta, cioè nella
famiglia, è invece quello in cui più spesso si verificano episodi di
violenza. Si stima che tra il 20% e il 50% delle donne abbiano subito
una violenza domestica. La violenza domestica si può manifestare in
diversi modi: con violenze fisiche, come percosse e lesioni; con
violenze psicologiche, come minacce, maltrattamenti e umiliazioni;
con violenze sessuali, come la costrizione ad avere rapporti sessuali
contro la volontà della donna; o infine con vessazioni economiche,
come il controllo della spesa della donna e il rifiuto di concederle soldi.
Ma quali sono le cause delle violenze domestiche? Esse sono
diverse. Una possibile causa è la sensazione di superiorità dell’uomo
che lavora sulla donna che invece non percepisce lo stipendio: l’uomo
così si sente il pilastro della famiglia e quindi in diritto di dare ordini
alla moglie, la quale dovrà obbedire o essere vittima di violenze o
umiliazioni. L’esperienza però ci insegna che anche la donna
lavoratrice può subire violenze dal marito disoccupato, soprattutto se
alcolizzato o usa stupefacenti, poiché questa situazione minaccia la
sua supremazia sulla donna.
La violenza sulle donne provoca effetti negativi anche sui figli. I
bambini e le bambine, nascendo in una famiglia violenta, capiscono
un giorno, che il bambino potrà essere violento con la moglie, e la
bambina potrà essere picchiata dal marito, come se fosse una cosa
normale.
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Il problema delle violenze domestiche è anche raccontato dal
cinema. In Once were warriors, ad esempio, si racconta la storia di
una famiglia neo-zelandese in cui il disagio familiare e l’alcolismo
sono all’origine di violenze, fisiche e sessuali, sulle donne. In
particolare, la moglie subisce continuamente violenze ed umiliazioni
da parte del marito alcolizzato, mentre la figlia subirà una violenza
sessuale dallo zio paterno, senza che in entrambi i casi i fatti vengano
denunciati. Solo avvenimente drammatici, come il suicidio per
vergogna della ragazza, può dare coraggio alla madre per ribellarsi
alla violenza maschile e ricominciare una nuova vita.
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Le violenze sulle donne si verificano ovviamente anche fuori
dell’ambiente domestico, e si tratta soprattutto di violenze di tipo
sessuale. Molto spesso, soprattutto negli ultimi anni, si apprende dalla
televisione e dai giornali di donne e ragazze vittime di stupri avvenuti
in strada. Si tratta in genere di donne molto giovani, che passeggiano
da sole in luoghi e orari poco frequentati, come in stazioni ferroviarie,
fermate degli autobus o parchi, al mattino presto o di notte, per recarsi
a scuola o al lavoro. Autori delle violenze sono nella maggior parte dei
casi stranieri, magari senza il permesso di soggiorno, e che
trovandosi in condizioni di forte disagio, sfogano i loro istinti sessuali
sulle sfortunate passanti. Altri tipici scenari delle violenze sessuali
sono i locali notturni frequentati dai giovani, come le discoteche, in cui
le ragazze che hanno assunto alcolici o sostanze stupefacenti, e che
sono perciò indifese, vengono abusate senza che possano
rendersene conto, se non in un secondo momento.
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Forse però il fenomeno di violenza sessuale sulle donne più
evidente è quello della prostituzione. Fino alla legge n. 75 del 1958, in
Italia esistevano le cosiddette “case di tolleranza”, cioè luoghi, aperti
al pubblico, in cui si esercitava liberamente la prostituzione. Tentando
di eliminare questo fenomeno, questa legge abolì le case di tolleranza
e introdusse il reato di sfruttamento della prostituzione: in questo
modo nessuno poteva più usare le prostitute per guadagnare denaro.
Tuttavia questa legge ha comportato effetti forse peggiori di quelli di
prima. Soprattutto oggi, infatti, è molto diffusa la prostituzione in
strada, spesso di ragazze straniere e minorenni, dietro la quale si
nasconde uno sfruttamento molto violento da parte di uomini senza
scrupoli; essi infatti, con l’illusione di un lavoro onesto, convincono
ragazze straniere e provenienti da paesi poveri (Romania,
Ungheria…) a venire in Italia. Giunte qui però, esse si trovano davanti
ad una realtà drammatica: sono costrette con la forza a prostituirsi in
strada, in condizioni disumane, senza possibilità di scampo. Ecco
perché recentemente molti parlamentari hanno proposto di riaprire le
case di tolleranza, in modo da poter controllare la prostituzione e le
condizioni di salute delle ragazze, ma soprattutto per poterle sottrarre
alle violenze dei loro sfruttatori.
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Come si può difendere una donna contro le violenze? La legge
protegge molto efficacemente le donne. Infatti molte forme di violenza
sono punite come reato, cioè con il carcere. Per esempio si può
essere condannati per: violazione degli obblighi di assistenza
economica verso il coniuge (art. 570 c.p.), cioè quando per esempio il
marito rifiuta di dare soldi alla moglie; maltrattamenti in famiglia (art.
572 c.p.); percosse (art. 581 c.p.); lesioni (art. 582 c.p.); riduzione in
schiavitù (art. 600 c.p.), cioè quando il marito tratta la moglie come
una schiava; violenza sessuale (art. 609 bis c.p.); minacce (art 612
c.p.); costrizione e sfruttamento della prostituzione (art. 533 e 534
c.p.).
Però il problema è che le donne raramente denunciano il colpevole
della violenza, e questo perché hanno paura di essere picchiate.
Infatti anche se il colpevole viene arrestato dalla polizia, esso solo per
poco tempo potrà essere trattenuto; anche se poi dovesse essere
condannato e incarcerato, durante il tempo del processo si troverà
libero, e quindi potrà vendicarsi sulla donna. Se anche poi il colpevole
dovesse rimanere in carcere durante tutto il processo, potrà
ovviamente vendicarsi una volta scontata la pena.
Secondo me la protezione offerta dallo Stato non è efficace, e la
conseguenza è quella per cui le denunce per violenze sono molto
poche. Ovviamente non mancano casi di donne che ce l’hanno fatta,
anche se si trovavano in condizioni molto difficili come ad esempio le
donne costrette con la violenza a prostituirsi. Secondo me poi, un altro
motivo per cui le donne non denunciano è la vergogna di raccontare
agli altri ciò che le è capitato, soprattutto nei piccoli paesi dove le
notizie si diffondono rapidamente. Proprio recentemente abbiamo
visto al TG il racconto di una ragazza violentata, che aveva vergogna
di mostrare il viso e quindi era girata di spalle.
Se devo esprimere il mio pensiero sul tema delle donne, dico che la
donna si è sicuramente molto emancipata; però rimane sempre non
risolto il problema della violenza da parte degli uomini. Occorre quindi
che le donne non vadano sole per strada e di fare molta attenzione,
anche quando si trovano in locali e discoteche; un’altra cosa che le
donne dovrebbero sempre fare è denunciare la violenza alla polizia,
perché se si diffonde l’idea della certezza della pena, gli uomini
sarebbero meno violenti con le donne.
VALERIA BIANCHI
2° B – ragioneria, via isonzo
1
Da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Condizione_femminile
Dalla Costituzione della Repubblica Italiana, 1948
3
Da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Condizione_della_donna_nell%27Islam
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Da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Condizione_femminile
5
Da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Violenza_di_genere
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Da “La violenza domestica contro le donne e le bambine”, Unicef
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Dal film visto a scuola
8
Da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Violenza_sessuale
9
Da Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Prostituzione
10
Dal Codice penale, 1930
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