Ferie illimitate, libertà smisurata?

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Ferie illimitate, libertà smisurata?
Ferie illimitate, libertà smisurata?
Sul mercato del lavoro dei liberali Stati Uniti, le ferie illimitate sono un
In breve
dato di fatto. Poche imprese americane (si parla dell’1-3%)
consentono ai loro collaboratori di prendere tanti giorni di ferie quanti
ne desiderano, altre addirittura di lavorare quando e dove vogliono:
unica condizione è solitamente quella di non restare indietro con il
lavoro e di non danneggiare né clienti né collaboratori. In alcune è
ancora necessaria l’autorizzazione, cosa che, di fatto, potrebbe
equivalere a una restrizione, sebbene il datore di lavoro non abbia il
diritto di sindacare sul numero di giornate richieste, poiché non è
stabilito un limite minimo. Ma anche nelle aziende in cui le giornate di
vacanza possono essere prese liberamente e illimitatamente, i risultati
di un tale modello sono diversi.
Autori
Christian Riegler
In generale, l’introduzione delle ferie illimitate, non porta, come si
potrebbe assumere, a uffici vuoti. Al contrario: la produttività
Greta Sparer
tendenzialmente aumenta. È difficile stabilire, invece, la durata media
delle assenze poiché, con l’introduzione di questo modello, l’azienda
spesso non dispone di documentazione in tal senso. Questo è uno dei
vantaggi del sistema: infatti, viene meno una notevole mole di lavoro
amministrativo sottoforma di metodi di conteggio aggiuntivi e, in parte,
di processi per le autorizzazioni. In busta paga non fa, dunque, alcuna
differenza se il collaboratore, nel corso del mese, è stato alle Canarie
Bibliografia/fonte
o in ufficio.
Un vantaggio per il personale dovrebbe essere una riconquistata
libertà nel determinare l’organizzazione del tempo libero e dell’orario
di lavoro. L’idea sembra fantastica: libero come un lavoratore
autonomo, ma sicuro come un dipendente. Tuttavia, se è davvero
così meraviglioso, perché alcune di queste azienda americane si
trovano costrette a obbligare le proprie maestranze a fruire delle ferie,
poiché apparentemente preferiscono rinunciarvi più di quanto non
facessero prima?
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Alcune aziende di marketing ritengono indispensabile che i loro collaboratori, di quando in
quando, ricarichino le batterie e attingano nuove ispirazioni, sebbene molti di loro
preferirebbero lavorare senza sosta. Forse, già solo avere la possibilità di prendersi del
tempo libero a piacere è una motivazione sufficiente per tenere incollati i propri impiegati alle
scrivanie. Oppure tale motivazione ha a che fare con qualcosa di negativo: quando l’azienda
non ti ricorda di consumare le ferie, affinché alla fine dell’anno non sia costretta a pagarle,
chi per primo si concede qualche giorno di riposo corre il rischio di essere sorpassato dai
colleghi più “stacanovisti”. O ancora, può essere che le ferie illimitate siano vittima di un
continuo posticipo: “Oggi ho da fare, mi riposerò domani”. Lo psicologo Mihaly
Csikszentmihalyi ha individuato un’altra ragione per la pigrizia da vacanza: il suo studio ha
rilevato che le persone al lavoro molto spesso entrano in un flusso, concentrandosi così
tanto da dimenticare lo scorrere del tempo. Tale flusso consiste nell’immergersi
completamente in ciò che si sta facendo: intrinsecamente si è motivati dalla propria attività.
L’uomo idealizza il tempo libero come il momento in cui può fare veramente ciò che vuole;
tuttavia, stando a Csikszentmihalyi, ciò corrisponde molto spesso ai momenti di lavoro,
ovvero a quelli legati a qualche soddisfazione. La gestione autonoma delle ferie potrebbe
togliere alle giornate libere la romantica idea di essere qualcosa di anelato e prezioso. Avere
così tanto tempo libero davanti a sé porta, idealmente, a una valorizzazione del lavoro.
Le ferie illimitate in concomitanza con la libera suddivisione del tempo restituiscono al
singolo il controllo di una parte della sua vita, qualora sia in grado di gestirlo. Di
conseguenza, potrebbe essere cancellato il confine tra tempo libero e lavoro e non sarebbe
più possibile staccare completamente la spina, se l’attività lavorativa è sempre in primo
piano. Per alcuni, potrebbe anche significare non dover tracciare tale confine, poiché non
vedono minacciato il loro tempo libero dal lavoro, godendosi quest’ultimo così da percepirlo
come rilassante. Quanto questo possa condurre a uno stato di “workalcolismo”, è un altro
discorso.
Nonostante esitazioni, argomentazioni e discussioni, ciò che emerge è il concetto seguente:
(se non regolamentate da clausole nascoste), le ferie illimitate sono un piccolissimo controllo
ceduto dal datore di lavoro al suo personale, un grande gesto di fiducia nei suoi confronti e
un punto focale, se gestito correttamente, che porta a migliori prestazioni, che sposta il
valore del lavoro da un’attività faticosa a una orientata al successo. Tali affermazioni e
risultati dipendono certamente da molti fattori, la cui applicazione in questa forma non è
possibile in tutte le aziende.
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Le esperienze americane hanno però aperto nuove prospettive, dimostrandone l’eventuale
andamento.
Che un sistema di questo tipo, per legge, non sia attuabile in Italia, è un altro paio di
maniche.
Fonte: brand eins 08/2012, “Urlaub nach Gusto”
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