Amici 20_10

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Amici 20_10
Sogno parigino
Antefatto: ottobre 2006
Quando si diventa malati di voli “low cost”, difficilmente si resiste alla tentazione di prenotare quando, in una sera
nebbiosa e fredda d’autunno, sullo schermo del tuo Piccì appare la proposta di voli a 5 euro…
“Cara! Ho dei posti quasi gratis per Parigi: che faccio?”
“Hai già prenotato per Natale? Comincio a preparare le valigie! ”.
Gli eventi: 22-28 dicembre 2006
Alle 23,30 andiamo a letto. L’agitazione è tanta, anche le valigie: sono state preparate con molta cura da moglie e
figli e ognuna è stata pesata, in conformità agli standard internazionali, per evitare sorprese.
L’esperienza londinese di nostra figlia, che aveva dovuto pagare 27 dollari di sovrapprezzo per bagaglio carico di
libri da tesi di laurea, c’è entrata nel cervello e nel portafoglio.
Non riesco a dormire… la sveglia è carica, il caricabatteria del cellulare è stato preso, il calzascarpe di plastica
antiterroristi pure e così il rasoio elettrico e l’asciugacapelli (in fin dei conti una quindicina di capelli mi sono
rimasti…).
“Cara, ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa per la valigia….”.
“Ma… se la tua valigia l’ho fatta io!”
“Appunto!”.
Dormo tranquillamente un’ora, poi mi alzo, faccio la doccia e mi preparo. L’auto è al coperto, ma preferisco
riscaldarla…. Con l’aiuto del neo-dottore (mio figlio) tento di sistemare informaticamente (cioè in maniera logica) le
valigie nel vano portabagagli. L’arrivo di mia moglie è risolutivo. Tira tutti i bagagli fuori e senza logica sistema tutto.
Persino l’armadio portatile di mio cognato riesce ad entrare ed ogni spiraglio viene riempito con borse, borsette e
utility varie.
Sentendo mormorii e rumori, un vicino apre la finestra e grida:
“Vi sembra questo l’orario per fare i traslochi?”
Alle tre, la vecchia Ford Station Wagon tenta di muoversi, ma forse cinque persone, dieci valigie e mille cianfrusaglie
sono troppo pesanti.
Mormoro: “Cari, ma non eravate a dieta?”
La ruota dal mio lato si abbassa di dodici centimetri. Mia moglie:
“E tu non sei il deperito della famiglia?”.
Non rispondo. Con la mente sono già a Paris!
Alle quattro siamo all’aeroporto di Orio. Pensavamo di trovare il deserto e invece il traffico è quello di Porta Venezia
a Milano nell’ora di punta. Migliaia di persone in fila ai check in, bambini che corrono tra i carrelli come al Luna Park,
venditori napoletani di cappuccini e brioches che fanno affari d’oro. Giapponesi fotografano vetrine, giornali, cestini
per rifiuti, mozziconi di sigarette…
L’aereo è bello, poltrone di pelle nera. Posti liberi. L’assalto ai posti migliori somiglia a quello fatto da Totò e
compagni alla vista del piatto di spaghetti in “Miseria e Nobiltà”. Mi siedo su una borsa che si sgonfia rumoreggiando.
Tutti mi guardano infastiditi. Una signora, molto somigliante alla cameriera di colore di Rossella O’Hara in “Via col
Vento”, mi cade sulle gambe. Emetto un gemito e mi arriva un pugno dal marito:
“Come si permette di violentare mia moglie?”.
Non ho il tempo per rispondere. Mi arriva uno schiaffo.
“Non perdi mai occasione per metterti in mostra!” dice mia moglie, tenendosi con una mano alla cappelliera mentre
l’altra mano, poggiata sulla testa di un signore calvo e sudato per la paura, scivola e lei viene spinta verso la porta
d’emergenza, dove si ferma in piedi, sulle punte.
I giapponesi la immortalano come una Carla Fracci.
“Sembra proprio la ballerina della Scala...,” dico ad alta voce.
“Si invitano i passeggeri ad allacciare le cinture di sicurezza. Il signore con la barba bianca, che ha appena parlato è
invitato a mettersi anche la museruola”.
Il viaggio è tranquillo. Tutti dormono profondamente. Lo zio ragioniere cerca di recuperare, come se fosse congruo
rimborso IRPEF, il sonno perduto sulla Fipilì, che non è la sua colf, ma una superstrada: la FI-PI-LI
“I passeggeri sono invitati a spegnere qualsiasi aggeggio che provochi segnali o suoni pericolosi per l’aereo!”.
Ma le onde sonore, erano dovute al russare dei passeggeri, costretti a partire a quell’ora: a prezzo basso ma ad
alto costo di fatiche!
L’arrivo è perfetto sulla pista di Beauvais. Preferisco non scrivere “aeroporto di Beauvais” perché in realtà
l’aeroporto, secondo il significato normale, non c’è. Un capannone di tela plastificata. Un container. Un bar e WC.
Tutto funzionante perfettamente. Un pullman ci porta a Parigi in meno di un’ora. Basso costo, alta puntualità!
Abbonamento in mano (avevo comprato tutto a Milano), iniziamo il nostro giro dei Metrò. Sali e scendi, di qui e di là,
su e giù…le montagne russe sono niente in confronto.
La sensazione, nelle quattordici linee sotterranee, è di frenetica mobilità e sembrano tartarughe le masse obliteratrici
e nervose delle tre linee del Metrò Milanese.
Scendo e vedo mio cognato con le valigie passarmi sulla testa a bordo di una scala mobile, mentre i miei figli
svoltano su tapis roulant in direzioni opposte trascinando i trolley. Mia moglie con una serpentina roteante a spirale
inquadrata direttamente a cubo, con una valigia, lo zaino e il beauty case s’incastra nelle barre d’uscita alla fermata
di Chateau Rouge.
Trasciniamo le valigie sulle salite di Montmartre, fino alla vetta del Sacro Coeur. Sudati, con asma da ultranovantenni
all’arrivo della Maratona di New York. Dopo consulto, finito a botte, dei neo-dottori, ci accorgiamo che dobbiamo
ridiscendere per arrivare all’Hotel. Lo zio, fresco by passato, si mette a correre per la gioia di aver finito la salita e fa
rotolare le valigie fino alla fermata di Chateau Rouge, a 50 metri dall’Hotel. I due dottori s’accusano reciprocamente
di incompetenza da consultazione-guida.
In verità, la mappa stampata da internet non indica la stradina che dal Metrò porta all’Hotel e abbiamo percorso 2
Km in più….
“E’ tutta salute guadagnata!” dico ad occhi bassi.
Mio cognato mi fulmina con gli occhi di King Kong nell’omonimo film e preferisce scrivere “The End” sul vetro
appannato dell’ascensore che ci porta in camera, verso il meritato riposo…
Dedicata all’eterno riposo dei grandi di Francia, la nostra visita pomeridiana al Cimitero di Montmartre. Le tombe di
Focault, Degas, Fourier, Dumas, Stendhall…sono state oggetto della nostra meditazione scientifica, di ricordo di
formule e di pagine importanti studiate, specie quelle sulle avventure dei Tre Moschettieri!. Meraviglia e un po’ di
fastidio davanti alla tomba di Dalida, la cantante: il suo sepolcro è una specie di palcoscenico e forse si vuol far
capire che la vita è solo una raccolta di canzonette.
Poco lontano riposa Louise Weber “Creatrice del Cancan” per ricordare, credo, quel poco di piacevole della vita….
La visita alla Basilica del Sacre Coeur ed il giro per le stradine di Montmartre ci risollevano lo spirito. Place de Tertre
e i suoi pittori, i ristorantini, i negozi di souvenir… Luci e colori di una sera di stelle.
“Visto che ti senti così poeta, mi dedichi una serenata?” dice la mia signora.
Mi distraggo davanti ad un banchetto di frutti di mare, dove le ostriche sono regine.
“Mi vuoi offrire ostriche e champagne, caro?” insiste lei.
Guardo tele ad olio e cartoncini d’acquarelli e mi perdo nei delicati colori…
“Se cerchi la Gioconda, è inutile. Ci sono io, caro!”.
Guardo dei souvenir, una serie infinita di Tour Eiffel di tutte le misure a colori ed in bianco e nero…
“Caro! Compriamo i ricordini per mia sorella, le mie colleghe, le mie amiche, le vicine di casa...?”.
“Sentimi bene! Là c’è la luna, lì da mangiare, qui i colori e le statuine! Facciamo la spesa e andiamocene a dormire!”.
“Mi tratti come al Supermercato!”
“Peggio! Qui non c’è neppure il 3 x 2, cara!”.
Andiamo a dormire, distrutti dalla fatica tipica dei turisti low-cost che in pochi giorni vogliono vedere di tutto di più.
Sogno di essere a casa davanti alla TV, con la RAI che mi martella col suo slogan mentre MEDIASET mi martella
con Emilio Fede, allora scappo sulla punta della Tour Eiffel e un dito mi indica la direzione del Paese della Felicità, lo
Stivale. Il dito è quello di Monsieur Berlusconì, Ambasciatore di Silvio Re d’Italia e prossimo del Regno dei Cieli. Mi
risveglio dall’incubo tutto sudato e ansimante.
“Smettila di sognare le ballerine del Crazy Horse, caro!”
Mattinata dedicata all’arrampicata della Tour Eiffel, con ascensore superveloce, due fermate intermedie.
Il panorama è stupendo sotto l’azzurro cielo. Entusiasmante per tutti noi, che facevamo a gara nel far foto utilizzando
tutti gli strumenti disponibili: macchine digitali, telefonini… Decido di utilizzare la memoria di mia moglie per ricordare
i bellissimi posti, ma al momento della richiesta mi appare sulla sua fronte la scritta: “Memoria in tilt….già da
parecchi anni!”.
Per liberarci da diecimila giapponesi che, per fotografare ogni traliccio e bullone della Torre, ci hanno rinchiusi in una
sorta di gabbia umana, uniamo il mio cappotto a quello di mia moglie e formiamo una mongolfiera enorme con la
quale riusciamo ad atterrare nella fontana del Trocadero. Uscendo dalle profondità marine, trovo i due dottori che si
fotografano in posa da Sirena e Nettuno, lo zio che si ossigena dopo l’apnea di un’ora e, abbracciata alla coscia
della possente statua di un nudo guerriero, la mia signora al riparo dal sole, sotto i marmorei pendenti…
“Caro! Pensi che lui sia un esemplare del Bossiano “Duro della Padania”?”
La mia figliola si è fatta fotografare tremiladuecento volte dal fratello che, sull’erba di fronte all’Ecole Militaire,
disegna lo schema logico di un sistema informatico che possa scattare foto con la velocità della luce ad una sorella,
maniaca della foto-ricordo a tutti i costi. Mentre litigano sulla prossima foto, prelevo dal portafogli una vecchia foto:
“Dottoressa, le faccio notare che tra qualche anno guarderà con meno piacere le sue foto. Ad esempio questa è la
mia ex fidanzata, molto diversa dalla donna che ho sposato: eppure la persona è la stessa!”.
Una spinta mi fa finire tra le braccia di St. Louis des Invalides, Napoleone si rigira nella tomba e il cielo cambia
paurosamente: l’ombra della mia dolce signora mi avvolge tra tuoni e fulmini.
Mi risveglio nella Cattedrale di Notre Dame: la testa appoggiata al petto di una suora, il corpo cascante sulle sue
ginocchia. Una Madeleine piangente prega per la mia resurrezione. Un bagliore mi acceca, ma non sono i muliebri
fulmini, bensì i flash delle digitali di dodicimila giapponesi. Una guida cerca di calmarli:
“Vi plego signoli, smettetela! Vi lipeto che non avete di flonte la Pietà di Michelangelo! Lui essele Pietà di Francesco,
il maltile “milanapoletano”, messo in cloce da maestle e dottolini!”.
I giapponesi scappano, buttando le macchine fotografiche nei cesti di raccolta delle offerte.
Pare che tutti i poveri di Parigi potranno fotografare, grazie al sottoscritto, le volte dei ponti sulla Senna o corridoi
della metropolitana, loro abituali residenze.
La visita al Louvre è intensa ed interessante. Il mio programma prevede un po’ più di mezza giornata, ma ci siamo
talmente appassionati che decidiamo di vedere il più possibile. La dottoressa divora statue greche e si estasia
davanti ad Amore e Psiche, scattando sedicimila foto, con solenne arrabbiatura dei giapponesi che per la loro
intrinseca gentilezza non osano interrompere il momento magico, aspettando il loro turno.
Il dottore rimane ore a studiare il Codice di Hammurabi, forse sperando di trovare la soluzione ad un baco del
software che sta creando.
Il ragioniere cerca, nella parte egizia, di interpretare i geroglifici per capire come i Faraoni si facevano pagare le
tasse e se Tremonti fosse la mummia di un esattore dell’epoca.
“Cara, ma perché invece di girare le sale, sei seduta ai piedi della Sfinge?”.
“Stupido! E’ il posto migliore per risolvere quella maledetta pagina della Settimana Enigmistica!”.
Dopo ore di gira e rigira, m’incanto alla vista della Gioconda: quel sorrisetto furbo e sottile mi fa pensare. L’arte di
Leonardo è lì, in quel sorriso ironico di Monna Lisa e più la fisso, più mi addentro nel quadro, più si crea un’immagine
che si sovrappone perfettamente a quel viso e, finalmente, mi appare la soluzione del Codice da Vinci, il Custode
del Santo Segreto: quel sorrisetto, quel viso, si trasformano pari pari in quelli dello Chevalier du Bisciòn. È proprio
Lui, con i capelli lunghi dopo l’ennesimo trapianto, senza rughe dopo l’ultimo lifting. Alle sue spalle il Lambro e la
Brianza, con il Regno d’ Arcore in sfumatura nebbiosa. E, ormai catturato da quello sguardo più che televisivo, sento
persino una voce che dice:
“Votatemi, votatemi ancora. Voilà mon programme:
- nel segno della libertè: meno tasse per voi, ancor meno pour moi!
- nel segno dell’egalitè: amnistia per voi, amnistia anche pour moi!
- nel segno della fraternitè: beccatevi Grande Fratello 6 che me boeucc l’argent da la pubblicitè!
La dottoressa ricerca da tre ore una sala. Sfoglia la guida dalla prima all’ultima pagina, ci fa andare a sinistra, poi a
destra, poi all’ala A del palazzo, poi alla C e giù per la Z. Nei sotterranei si accorge che dobbiamo tornare ala A ma
al terzo piano…. Vediamo scattare dei flash. I giapponesi, incuriositi da quest’ansimante ricerca, ci seguono!
“Ma che cerchi?”
“La Nike”.
Mi arrabbio come una belva, ricordandole che la sera prima siamo stati agli immensi Magazzini Lafayette, ci siamo
persi tra piani d’abbigliamento e oggettistica, inebriati di profumi e accecati da migliaia di lampadine, soffrendo un
caldo da safari, tanto che mi ero rifugiato sul terrazzo con la scusa di vedere il tramonto sulla Senna, ma per evitare
di tirar fuori la carta di credito…
“E adesso, al Louvre, dobbiamo comprare scarpe da ginnastica?”.
Vengo assalito dal dottore, Harry Potter delle Groane, dal ragioniere, antico solutore di cruciverba, e, infine, dalla
maestra che in un momento di lucidità, arrivato proprio nel momento peggiore, mi urla:
“Ignorante! Stiamo cercando questa che ora hai davanti: la Nike di Samotrace, una delle più antiche e preziose
statue della storia!”
“Papy! È bellissima…”
“Scusatemi. Vi ho perdonato sulla Venere di Milo che è senza braccia, ma questa senza testa, sicuramente non mi
affascina! Già qualche anno fa, mi feci abbindolare da una donna senza testa!”.
Mi arriva l’ennesimo ceffone che mi fa rotolare per lo scalone reale e mi ritrovo tra le braccia dell’Hermafrodito.
Mentre sedicimila giapponesi scattano foto, la guida spiega:
“Tlattasi di pelsona metà donna e metà uomo….”
“Metà uomo è quello di marmo! L’altro è mio marito, ormai…”.
I giapponesi, delusi, buttano le loro digitali dalla finestra. Pare che nel cortile del Louvre, da quel momento, siano
aumentati molto i venditori ambulanti napoletani di macchine fotografiche.
La visita del giorno successivo al Museo d’Orsay c’entusiasma. Con le gambe pesanti, i piedi piagati e le occhiaie
da sonno perduto, ci risvegliamo di fronte ai quadri dei grandi pittori impressionisti! Van Gogh, Gaugin, Monet,
Cezanne, Manet, Renoir, Signac…. Gli occhi si rallegrano, il cuore batte forte di fronte a visi stupendi, paesaggi
caldi e infiniti, nature morte tanto vive….
Di fronte al famoso “L’Origine del mondo” di Coubert, mi sento un germoglio al sole di primavera, la metà maschile
dell’Hermafrodito e anche di più!.
Mi arriva un doppio ceffone dalla mia consorte e con triplo salto mortale cado ai piedi dell’ennesimo autoritratto di
Van Gogh che mi cade sulla tesa e si rompe.
Migliaia di giapponesi, avendo scattato foto a ripetizione, si accorgono che al posto del viso del Van c’è il mio che
attraversa la tela in maniera prorompente e buttano le loro digital photo-cameras sulla Piramide che diventa, sotto il
loro peso, un triangolo perfetto “spiaccicato” sul pavimento imperiale.
Il “cubo di Kubrik”, gioco venduto dagli ambulanti napoletani, viene immediatamente sostituito dal “triangolo di
Coubert” e gli affari son d’oro!
Non dimenticheremo facilmente le discussioni a mezzogiorno e sera, per scegliere cosa e dove mangiare.
Spesso i due dottori si sono azzuffati, rotolando per la scalinata di Montmartre o lungo Boulevard des Italiens, per
decidere tra nouvelle cuisine e spaghettì a la carbonarà oppure tra entrecote medium e trippà a la romain!
Il ragioniere, senza far bene i conti, ha quasi sempre preferito ristoranti ad “haute tenor” perché di fronte
all’elegance de Paris non ci si può fermare in un qualsiasi bistrot….La vigilia di Natale ci vuole eleganti a brindare, a
lume di candela…e quella sera abbiam fatto tutti i buoni…. Noel a Paris: un sogno!.
Una volta, io e signora ci troviamo d’accordo: leggiamo la pubblicità di un menù e proponiamo agli altri quanto
segue:
“Cosa pensate di andare in questo locale per mangiare
- gamberoni
- soupe de poisson
- cozze fritte
- soutè di cozze….?”.
Non riusciamo a completare l’elenco e già siamo tutti a tavola, tovagliolone attorno al collo e forchetta pronta. Le
edizioni notturne dei giornali parigini rportano in prima pagina una grande foto col titolone: “Italiens au table du
Cozzicàr”: i due dottori con prezzemolino appicicato al mento, il ragioniere con un gamberone tra i denti, io e signora
a litigare per appropriarsi di un mitile rimasto solo sul fondo del padellone….
Il mitile ignoto.
Notizie provenienti da Bergamo annunciano aeroporto chiuso per neve, autostrada chiusa per neve….
Il capannone dell’aeroporto di Beauvais a stento ci protegge dal freddo parigino, scoppiato negli ultimi giorni, dopo
un Natale sereno. Il ritorno col low cost è migliore delle previsioni. Distrutti dalla stanchezza dormiamo sognando e
risognando le bellezze della città.
Sul viso dei dottorini leggo il benessere del bagno di cultura, su quello del ragioniere il ricordo piacevole dei bagni di
sudore per i saliscendi metropolitani, su quello della mia signora la sua gustosa storia con l’impepata di cozze e io….
Io mi sveglio all’improvviso: nel mio programma ho dimenticato di inserire una visita al Moulin Rouge! Vorrei gridare
“Torno indietro!”…
Mia moglie, parlando nel sonno, dice:
“Dormi, caro: ninna nanna, ninna oh, questo vecchio a chi lo do?”… Mi arrendo alla dura realtà!
L’aereo atterra puntuale, l’autostrada è stata liberata dalla neve. Al casello, i flash di trentamila giapponesi ci
illuminano a giorno e dagli altoparlanti si sente:
“Inselile plima il biglietto e poi la tessela…..Allivedelci. Guidate con pludenza!”
Mia moglie grida: “Frena! Tra poco ci butterammo le photo-cameras che venderemo alla Fiera di Senigallia!”.
Ma i giapponesi salgono sui pulman e vanno via.
Un cartello luminoso riporta:
Conclusione:
A casa, alle due di notte, mi addormento pesantemente. Il sogno, però, è sempre lo stesso:
28 DICEMBRE 2005.
- 5°
OGNI ANNO MILIONI DI GIAPPONESI VISITANO PALIGI.
SOLO VOI CINQUE NE AVETE DISTLUTTI 65.000
LE VOTLE FOTO SALANNO CONSELVATE DALL’INTELPOL.