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BARTOLO CATTAFI
PARTENZA DA GREENWICH
EDIZIONI DELLA MERIDIANA
MILANO 1955
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IL TRENO PER PARIGI
Il treno per Parigi
fatto d’acciaio di luce d’antracite
lanciato tra le biade,
la Francia all’alba era
una quercia ornata di colombe.
Nave allegra e severa, entrai
nel velluto dei re, in un cielo
di cupo azzurro e d’altissime vele
vidi scoccare l’astro
della tua rugiada.
(1952)
LIFFEY RIVER
La Birra Guinness ha molte porte scure
sui docks e qualche lume
sparso in un lento
regno di chiatte e di vagoni,
di ruggine vagante lungo il fiume,
dove il cigno e il gabbiano sono amici
col petto bianco puntato contro il fango.
Più avanti, a lato della foce,
un prato di trifoglio nella pioggia:
in mezzo vi s’ammucchiano le nostre
giacche, le anime coi loro
segreti scoloriti, le belle
bottiglie tracannate
da una gola tenera, feroce.
E Cristo passa,
astro avvolto di nebbia o nido
per le stanche farfalle che partono da noi,
dolce luce d’olio.
(Dublino, 1952)
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LETTERA DAL NORD
Nella patria lontana lo Scirocco
rovina dai paesi
rocciosi dell’interno,
africa, asia, posti di colonia
di cupi pigmenti per il cuore;
sorpassa carovane
rimaste accovacciate nei millenni
povere d’acqua
ricche di sangue già polvere, già nube,
ossa messe in croce nella sabbia.
Scirocco gonfia il pigro
tetto della tua tenda
disegnato con sogni e spighe
con uccelli dorati saliti dalla mente.
Si continua ad accogliere il compagno
gabbiano dopo l’ultima
spuma di tempesta,
si mutano abitudini, modelli
di navi, alberature,
passo la striscia delle nevi.
Qui ho memorie, ho miniere in cui discendere
seguendo il salto mortale del merluzzo
cercando i biondi capelli di mio padre
perito altrove
impazzito come renna alla ricerca
di muschio e neve sui marmi
romani, sui sassi della Mecca.
E dovrei dirti i Nomi
gl’Idoli, l’intera
Tribù nomade in cielo,
la nera barca d’anime vichinghe
ancorata a un fuoco
di fossili, d’alghe,
di folti abeti,
d’astri vinti, sepolti.
(Oslo, 1952)
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PARTENZA DA GREENWICH
Si parte sempre da Greenwich
dallo zero segnato in ogni carta e in questo
grigio sereno colore d’Inghilterra.
Armi e bagagli, belle
speranze a prua,
sprezzando le tavole dei numeri
i calcoli che scattano scorrevoli
come toppe addolcite
da un olio armonioso, in un’esatta
prigione.
Troppe prede s’aggirano tra i fuochi
delle Isole, e navi al largo,
piene, panciute, buone
per essere abbordate dalla ciurma
sciamata ai Tropici
votata alla cattura
di sogni difficili, feroci.
Ed alghe, spume,
il fondo azzurro in cui
pesca il gabbiano azzurro del ricordo
posati accanto al grigio
disteso colore
degli occhi, del cuore, della mente,
guano australe ai semi
superstiti del mondo.
(1953)
UNA STANZA IN RUE DE SEINE
A Luciano Erba
A Deri Cappellin
La città; l’autunno
avanza sugli alberi, sui tetti,
muove lenta guerra
ai minuscoli uccelli,
abbasso un treno
percorre il panorama di sotterra.
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Togli gli occhi, amico, dalla vita
che gli uccelli predicono nel cielo,
avvisi agli angoli aspettano le piogge
o l’improvviso, l’osceno
tratto di matita.
C’è freddo, è bene
bruciare arbusti
eleganti, rose antiquate, foglie persistenti
che raccolsi a Versailles
un tempo, un giorno
di giochi gentili e seriche
vesti nelle selve.
Il sole
tramontato in Europa,
fuochi, saluti, cenni
di silenzio sulle porte,
e poi un passaggio di squali e di gabbiani
come un forte stormire tra i perduti
vascelli, nelle acque
celesti.
Voglio un brindisi all’isola dipinta
volgermi altrove, c’è
un’estiva immagine stampata
sulle nostre bottiglie.
(Travestiti da indigeni sognare
nel fondo della stiva
la sete, il sesso, il mare,
le mosche posate sulla frutta
nella parte del mondo che eccita le idee.)
Rhum Rocroy
dell’Isola Riunione,
origine e purezza garantite,
partenza da una stanza, con un piede
in pericolo, già fuori
della brulla finestra.
Il pack il regno delle nubi può
rompersi nel cielo,
attento, amico, il piede
tasta un’esile crepa,
l’anima ancora folle ammira
i fuochi colorati, le musiche, i monili,
le feste della terra
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e forse chiama un caldo
oscuro transito di renne
che ci schianti col nostro
livido fascio di licheni in braccio.
Travolti nell’inizio del disgelo,
affidati all’abisso, nel gelido tragitto,
e nord e sud due punti
senza luce in una stanza aperta
alla frusta del vento, ma solida,
ma appesa da gran tempo
sulla sua giusta strada.
Com’è duro, difficile arrivare
all’altra faccia del cuore,
leggerne il bigio, agevole disegno
mentre i fantasmi lasciano una traccia
di rischioso colore,
mentre l’insetto stordito guada il mare
il regno proibito
l’avventuroso fondo del bicchiere.
(Parigi, 1954)