19008 Il TTP nella bufera

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19008 Il TTP nella bufera
ATTUALITÀ
● LE «RIVELAZIONI» DI GREENPEACE SPAVENTANO L’OPINIONE PUBBLICA
Il Ttip nella bufera,
ma non è l’unico fronte
commerciale aperto
Gli accordi commerciali
in discussione
sono molti: oltre
alla trattativa Usa-UE
sono aperte anche
quelle con i Paesi
sudamericani
del Mercosur
e con il Giappone
di Angelo Di Mambro
«N
essuna disposizione
del presente accordo
impedirà alle Parti di
adottare le misure necessarie per raggiungere obiettivi politici legittimi, come la tutela della salute pubblica, la sicurezza, l’ambiente
o la morale pubblica, la protezione sociale o dei consumatori, o la promozione e la protezione della diversità
culturale che ogni lato ritenga opportuno». Questa frase, tradotta dal cronista e inserita tra parentesi quadre
e con la dicitura UE nell’incipit, è l’inizio del capitolo dedicato all’agricoltura dei cosiddetti Ttip-leaks. I documenti, secondo l’organizzazione
ambientalista Greenpeace che li
ha pubblicati con grande battage mediatico, dimostrano oltre
ogni ragionevole dubbio le insidie del negoziato commerciale
tra UE e Usa (il Ttip appunto) e
la necessità di far saltare il tavolo delle trattative.
Come si coniuga questa convinzione con il tenore della frase
riportata? Non si coniuga.
I «leaks» (espressione inglese
che indica la fuga di notizie) dicono tutto e il suo contrario e
servono a poco per capire dove
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va il Ttip. Certo, per la prima volta si
legge nero su bianco il punto di vista
americano, ma l’ostilità stelle e strisce
su dop e igp, le posizioni «irreconciliabili» delle parti sui cosmetici o il tentativo americano di allentare l’opposizione europea sugli ogm sono novità?
Novità tali da bloccare il negoziato?
Il punto non è il contenuto, ma l’evento che le carte hanno creato, che
interpreta bene il clima politico. Un’aria di scetticismo verso il libero scambio palpabile sia nell’Europa con la
nostalgia dei muri, sia negli Stati Uniti che si accorgono di un’egemonia
globale sempre più sbiadita.
Le capacità mediatiche
di Greenpeace
La campagna Ttip-leaks – anticipata di un giorno dalla distribuzione di
materiale a quotidiani del calibro del
Guardian, Le Monde e Suddeutsche Zeitung – conferma le straordinarie capacità di marketing di Greenpeace. Ha
visto inondare il Parlamento tedesco
(il Paese dove i cittadini sono più ostili
al Ttip) con un gioco di luci spettacolare. È stata lanciata dopo la fine del
tredicesimo round di negoziati, una
settimana dopo la visita del presidente
Usa Barack Obama in Germania e alla
L’Informatore Agrario • 19/2016
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vigilia dell’apertura della campagna
elettorale del numero uno dell’Eliseo,
François Hollande.
Il presidente francese meno popolare
della storia, a caccia di un’improbabile
riconferma, ha sentenziato: «In questo stadio del confronto la Francia dice no». Ci mancherebbe che qualcuno
possa dire sì o no, nella grande indeterminatezza delle carte rese pubbliche da Greenpeace, molte delle quali
risalenti all’autunno 2015.
Cosa dicono i documenti
I documenti sono «testi consolidati».
Funzionano così: le parti presentano testi con le loro posizioni sui diversi capitoli del trattato, si mettono insieme in
un unico documento in cui si chiarisce
la paternità delle rispettive posizioni,
che sono messe tra parentesi quadre e
giustapposte. Il testo consolidato avanza verso la sua versione finale con un
meticoloso lavoro di eliminazione delle
parentesi quadre, che non è mero esercizio tipografico, ma faticoso processo
per fare emergere i veri contenuti, e può
durare un tempo indefinito.
I Ttip-leaks sono un tripudio di parentesi quadre. Quelle con «UE» nell’incipit aiutano a ricapitolare la posizione
europea. Ricapitolare, perché già nota
grazie all’operazione trasparenza della Commissione UE, che ha
reso pubblico tutto ciò che attiene alla sua posizione negoziale, incluso il mandato degli Stati membri. I paragrafi con «Usa»
nell’incipit rappresentano invece il punto di vista americano.
Su quante e quali parentesi
quadre la Commissione o la controparte americana siano pronte a cedere non è qualcosa che
i documenti pubblicati possono
certificare. Solo uno dei testi filtrati, datato marzo 2016, è utile perché offre una panoramica
ATTUALITÀ
delle grandi differenze che segnano il
negoziato. Definirlo «segreto» è però
eccessivo, visto che è una delle relazioni periodiche che la Commissione
invia ai Governi dei Ventotto per tenerli aggiornati sullo stato dei colloqui.
Quattro sono gli elementi principali,
attinenti alla produzione e al consumo
agroalimentare, che rappresenterebbero verità sconvolgenti tali da bloccare i colloqui secondo Greenpeace e
la stampa internazionale.
● Gli Usa non vogliono inserire il vino nel Ttip e rifiutano la richiesta europea di eliminare le denominazioni
«semi-generiche» che permettono ai
produttori Usa di usare nomi come
Champagne o Marsala. Per capire come gli Usa considerino il sistema di tutela dei prodotti a indicazione geografica dell’UE basta leggere l’intervista
de L’Informatore Agrario a Jaime Castaneda dell’Usdec (n. 31/2015 a pag. 13),
che rappresenta gli esportatori di latte
e formaggi stelle e strisce. I documenti confermano sostanzialmente quella
posizione, di chiusura, anche sui vini.
● Gli Usa vogliono più apertura verso
gli ogm. Questi americani non devono
essere poi così temibili se dopo decenni di lobbying sul tema, le coltivazioni
di piante gm – ampiamente diffuse in
tutto il mondo – sono vietate in diciannove Paesi dell’UE.
● Nei leaks non si menziona mai il
principio di precauzione. «I testi non
sono completi e l’argomento è affrontato in un altro capitolo» ha spiegato il
capo negoziatore UE Ignacio Bercero,
ribadendo la posizione europea: «È ovvio che non negozieremo sul principio
di precauzione».
Sulle divergenze di ordine fi losofico sul tema dell’analisi e gestione del
rischio tra le due sponde dell’oceano
– incluse alcune idee di ordine pratico per andare oltre senza intaccare le
rispettive convinzioni – potrebbe valer la pena scorrere il resoconto, pubblicato sempre su L’Informatore Agrario,
dell’ultima visita del segretario di Stato americano all’agricoltura Tom Vilsack a Bruxelles (n. 45/2015 a pag. 11).
● Gli Usa vogliono convincere l’UE a
concedere di più sul fronte agricolo in
cambio di maggiore accesso delle automobili al mercato Usa. Argomento
che ha scandalizzato i media tedeschi,
quella dello «scambio» tra settori per
l’accesso al mercato è prassi piuttosto
normale nei trattati commerciali. Infatti l’UE sta facendo la stessa cosa con
il trattato commerciale con il Giappo-
POLEMICHE E RASSICURAZIONI
La pubblicazione dei documenti di
Greenpeace ha dato il via a una serie
di reazioni molto critiche nei confronti del Ttip: oltre alla manifestazione
di protesta che si è svolta a Roma il
7 maggio, c’è da segnalare la conferenza stampa svoltasi al Senato e organizzata dalla senatrice Elena Fattori (M5S) tutta incentrata sul «rischio
ogm» per l’agroalimentare italiano.
Sulla questione si è espresso anche il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, secondo il
quale «l’Italia non rinuncerà mai ai
suoi standard di sicurezza alimentare per fare un accordo commer-
ne: prova a spingere Tokyo ad «aprire»
di più il suo mercato per l’agroalimentare europeo in cambio di più accesso
alle auto nipponiche.
Il Giappone aspetta
Mentre ferveva il dibattito sui testi
del Ttip, il primo ministro del Giappone Shinzo Abe faceva una visita ufficiale e Bruxelles e incontrava sia il
presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker sia il numero
uno del Consiglio Donald Tusk. Doveva essere l’occasione dell’annuncio del
raggiungimento di un accordo di libero scambio tra UE e Giappone. Invece,
nulla di fatto.
Secondo alcune fonti, il negoziato si
è bloccato ancora a metà aprile perché
Tokyo non vuole aprire ulteriormente il suo mercato agricolo. Shinzo Abe
guarda con preoccupazione alla ratifica del Tpp, il partenariato firmato con
gli Usa e altre dieci economie del Pacifico, in cui le concessioni agricole ai
gaijin (i non giapponesi) sono già percepite in patria come qualcosa di troppo generoso.
In poche settimane il premier è atteso da un test elettorale per una delle Camere del Parlamento, mentre apprende che, chiunque sia il prossimo
presidente Usa, il Tpp non avrà vita
facile: Hillary Clinton, strenua sostenitrice del partenariato da segretario
di Stato, ora si oppone alla sua ratifica.
Donald Trump non vuole trattati di libero scambio perché «indeboliscono»
gli Usa e dice che risolverà le questioni commerciali aperte con il Giappone
«in un giorno o due».
ciale. Non potrà mai essere questo
il terreno del confronto fra Europa
e Stati Uniti».
«Continuiamo a pensare che un
accordo commerciale possa essere
un’opportunità per entrambi e certamente per le nostre produzioni agroalimentari oltreoceano − sottolinea
Martina − ma è giusto essere chiari:
proprio sui temi agricoli le posizioni
tra Usa ed Europa rimangono molto
distanti e nessun compromesso potrà mai prendere in considerazione
proposte al ribasso sulla sicurezza
alimentare italiana ed europea» ha
concluso il ministro.
•
Il Mercosur accelera
Senza avanzamenti sostanziali su
due mercati importanti, l’UE vuole
stringere i tempi con i Paesi del Mercosur. In questi giorni avrà luogo uno
scambio di offerte tra la delegazione
della Commissione Europea e i rappresentanti di Argentina, Brasile, Uruguay
e Paraguay (il Venezuela fa parte del
Mercosur ma non partecipa ai negoziati) cui i produttori europei di carni
e cereali guardano con terrore.
L’UE ha interessi offensivi nei formaggi e nei vini. Per il resto, fa paura la vulnerabilità di molte filiere europee di
fronte alle potenze agricole del Sudamerica. Secondo le cifre trapelate nelle scorse settimane, i Paesi del Mercosur potrebbero avere, in un periodo di
transizione di 10 anni, l’accesso libero
al mercato europeo del succo d’arancia.
In un periodo di sei anni l’UE sarebbe
inoltre pronta ad aprire alle importazioni di 40.000 tonnellate di riso a dazio
ridotto (15 euro/tonnellata), 78.000 tonnellate di carne di manzo e di pollame
con dazio al 7,5%, 700.000 tonnellate di
mais e 200.000 di grano con costi extra
di 6 euro/tonnellata, 13.000 tonnellate
di latte in polvere con dazio da 251 euro/t, 4.000 tonnellate di burro (284 euro/t) e 20.000 di formaggi (226 euro/t),
600.000 ettolitri di etanolo, con tasse
da 3,4 a 6,4 euro/ettolitro.
Secondo recenti indiscrezioni della
stampa specializzata in Irlanda, dove
il contrasto al trattato con il Mercosur
è questione di Stato, la quota di accesso per la carne di manzo sarà esclusa
dall’offerta. Per ora.
Angelo Di Mambro
19/2016 • L’Informatore Agrario
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