Conservazione di habitat e specie di interesse comunitario nelle

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Conservazione di habitat e specie di interesse comunitario nelle
LIFE02NAT/IT/8526
Conservazione
di habitat e specie
di interesse
comunitario nelle
Valli di Argenta
LIFE02NAT/IT/8526
Ripristino di equilibri ecologici per la conservazione
di habitat e specie di interesse comunitario
nel pSIC ”Valli di Argenta”
Partner coinvolti:
Regione Emilia-Romagna
Parco Delta del Po Emilia-Romagna
Consorzio della Bonifica Renana
Agenzia Regionale Protezione Ambiente Emilia-Romagna
Comune di Argenta
Ideazione e realizzazione: Lucia Felletti, Alessandra Gariup
Testi: Graziano Caramori, Raffaella Gennari - Istituto Delta Ecologia Applicata
Stampa: Giari advertising
Parco Delta del Po Emilia-Romagna
44022 Comacchio (Ferrara) - Via Cavour, 11
Tel. 0533 314003 - Fax 0533 318007
www.parcodeltapo.it
[email protected]
Presentazione
Sin dalla metà degli anni novanta la Regione Emilia-Romagna ha
iniziato a lavorare alla costruzione di “Rete Natura 2000” attraverso
l’individuazione dei siti di interesse comunitario, SIC e ZPS, finalizzati
a garantire la conservazione degli habitat e delle specie animali e vegetali
tutelate dalle normative europee “Habitat” e “Uccelli”.
Del resto tra i principali assi di governo della nostra Regione vi è
proprio il mantenimento dell’equilibrio tra sviluppo economico, qualità
sociale ed ambientale del territorio. Ed è evidente come un fattore
indispensabile per il mantenimento di tale equilibrio sia la salvaguardia
del patrimonio di biodiversità, la sua trasformazione in un grande
valore naturale e culturale.
L’impegno speso nella conservazione del patrimonio naturale e nella
sostenibilità degli interventi sul territorio, ha reso la Regione EmiliaRomagna protagonista di numerosi progetti all’interno del Programma
Comunitario Life Natura. Esso costituisce il principale strumento
utilizzato dalla Unione Europea per contribuire concretamente alla
protezione della natura e favorire lo sviluppo ed il consolidamento della
“Rete Natura 2000”. Le sue finalità ci sono apparse particolarmente
adatte a tradurre in pratica quell’integrazione tra politiche ambientali,
agricole e più in generale tra le politiche orientate allo sviluppo sostenibile,
che la nostra Regione ha assunto come obiettivo del proprio programma
di governo.
È quindi con piacere che presentiamo i risultati del progetto Life
Natura per il “Ripristino di equilibri ecologici e per la conservazione
di habitat e specie di interesse comunitario nel SIC Valli di Argenta”,
promosso dalla Regione Emilia-Romagna e di recente giunto a compimento.
Il comprensorio delle Valli di Argenta è storicamente riconosciuto
di estremo interesse naturalistico. Si tratta di un’area strategica in
quanto zona umida interna al Parco del Delta del Po, posta lungo le
rotte di migrazione dell’avifauna che lì può trovare un’isola di sosta e
rifugio all’interno di territori fortemente antropizzati. Pur gravata da
funzioni preminenti di tipo idraulico, o forse proprio in virtù di questo,
la zona presenta un elevato valore di biodiversità vegetazionale e
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faunistica. Mi preme sottolineare che questo progetto ha visto la
partecipazione attiva non solo delle istituzioni locali interessate, come
il Parco del Delta del Po ed il Comune di Argenta, ma anche di Enti,
come la Bonifica Renana, proprietaria dell’area, storicamente interessati
più alla regimazione delle acque che alle finalità conservatrici.
Una collaborazione che ha dato vita ad un vero e proprio laboratorio
di sperimentazione gestionale e che ha soprattutto permesso di ottenere
un valore aggiunto nella condivisione e progettazione comune di un
"piano di gestione integrato" dell’area, che vede ogni soggetto impegnato
ad operare con gli altri per la conservazione di questo prezioso patrimonio
naturale.
È nella capacità di creare strumenti gestionali integrati per l’assetto
più complessivo del territorio, che si giocherà la capacità della Regione,
degli Enti e delle comunità locali di dare un futuro sostenibile alle
attività sia di conservazione che di sviluppo sociale ed economico.
Per questo grande impegno volto al raggiungimento di obiettivi
condivisi, per l’entusiasmo e la professionalità, vorrei ringraziare il
Parco del Delta del Po, il Comune di Argenta e la Bonifica Renana,
partners del Progetto insieme al Servizio Parchi e Risorse Forestali
della Regione, nella certezza che tali esperienze potranno ripetersi e
dare ancora risultati importanti.
Lino Zanichelli
Assessore all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile
Regione Emilia-Romagna
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Le Valli di Campotto
La storia morfologica dell’argentano ha una antica tradizione
di acqua, infatti l’instabilità idraulica del territorio è dovuta al
fatto che qui confluiscono quattro importanti torrenti appenninici
e diversi canali di bonifica. Dal XII secolo, il Po di Primaro, ormai
pensile ed ingombro di sedimenti, non riusciva più a ricevere le
acque dei diversi torrenti appenninici che
qui affluivano (Reno,
Idice, Quaderna, Sillaro) e cominciarono a
formarsi le Valli di
Argenta e Marmorta,
estese paludi d’acqua
dolce tra Argenta e
Molinella. Per regolare
l’instabilità idraulica di
questa zona ricca di
fiumi e per sottrarre
terreno coltivabile alle
paludi, il 30 agosto
1813, con decreto napoleonico, fu istituita
la “Cassa di Colmata dell’Idice e del Quaderna” con lo scopo di
innalzare il piano medio di campagna nelle zone paludose di
Argenta e Marmorta grazie al naturale deposito dei sedimenti
dei fiumi Idice e Quaderna appositamente immessi nelle aree
depresse e lasciati liberi di spagliare. Ai primi del ‘900 si decise
di continuare con l’opera di bonifica meccanica (più rapida ed
efficace rispetto a quella per colmata) e il 13 giugno del 1925,
presso l’Idrovora Saiarino, il Re Vittorio Emanuele III inaugurò
il completamento degli impianti idrovori.
A residuo delle valli bonificate con il metodo della colmata,
rimangono le Valli di Campotto. Queste si trovano oggi a 6-9
metri sul livello del mare ed hanno una superficie complessiva
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di circa 850 ha suddivise in tre comparti:
Cassa Campotto (400 ha), Valle Santa (250
ha), Cassa Bassarone (200 ha) riallagata nel
1983.
Tra le Casse Campotto e Valle Santa si
trova un lembo di bosco igrofilo di circa
150 ettari, residuo di foresta planiziale
igrofila, tipologia boschiva molto estesa
nella bassa padana prima degli interventi
di bonifica perpetuati dal XV secolo in poi.
Particolarmente interessante da un punto
di vista naturalistico il prato umido di 30.37 ha allagato nel 1995
con i contributi del Regolamento 2078/92/CEE, la vegetazione
è ancora in fase di sviluppo, ma presenta emergenze faunistiche
di grande rilevanza.
La funzionalità idraulica
La gestione idraulica dell’area è piuttosto complessa e tre sono
i torrenti appenninici che giungono al Reno: il Quaderna entra
nell’Idice presso S. Antonio e quest’ultimo entra assieme al Sillaro
nel Reno presso San Biagio. Oltre a questi quattro torrenti sono
presenti quattro canali di bonifica.
I canali di bonifica denominati Della Botte e Garda si immettono
rispettivamente in Reno ed Idice. Questi canali per il loro livello
elevato rispetto ai fiumi che ne ricevono le acque, vengono detti
di “acque alte” e possono generalmente defluire per gravità (1)
attraverso chiaviche. I canali di “acque basse” Lorgana e Menata,
essendo ad un livello inferiore rispetto a Reno e Idice, devono
essere immessi in questi previo sollevamento meccanico delle
acque da parte di impianti idrovori. Le acque del Lorgana vengono
sollevate per opera dell’Idrovora Saiarino, ed entrano in Reno
presso la Chiavica Lorgana; le acque del canale Menata vengono
sollevate dalle pompe dell’Idrovora Valle Santa, per entrare in
Idice alla Chiavica Bastia.
(1) L’innalzamento del letto dell’Idice ha però determinato un deflusso sempre più problematico
del canale Garda, tanto da richiedere la trasformazione della Chiavica Due Luci in un impianto
idrovoro di sollevamento. Le acque del Garda ora defluiscono per gravità solo quando quelle
dell’Idice sono molto basse; in caso contrario l’ingresso delle acque del Garda è consentito
dall’entrata in funzione dell’Idrovora Due Luci.
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Per la tutela idraulica di questo complesso territorio, dalle Valli di Campotto
sono state ricavate diverse casse di
espansione, ovvero aree arginate (che nel
complesso offrono un invaso di circa
30.000.000 di mc d’acqua) utilizzate in caso
di piene persistenti per raccogliere temporaneamente le acque di fiumi o canali
sgravandoli di parte del carico idrico e
prevenendo quindi esondazioni in territori
importanti dal punto di vista urbano e
produttivo. La Cassa Campotto-Bassarone (ha 560) riceve le
acque dei canali Lorgana e Della Botte, mentre Valle Santa (ha
260) riceve le acque dei canali Garda e Menata. All’occorrenza,
anche la zona boschiva del Traversante (ha 150), generalmente
emersa, può essere inondata dalle acque. Terminato l’allarme, le
acque raccolte nelle casse vengono scaricate tramite pompe
idrovore nei fiumi e nei canali e, tramite il Reno, giungono al
mare.
Durante le piene il livello delle acque all’interno delle casse,
mediamente di 1-1,5 metri, può superare i 4 metri. Durante il
periodo estivo, le casse possono essere utilizzate come serbatoi
d’acqua per usi agricoli e domestici.
In condizioni eccezionali di piena, anche la cassa di colmata
può essere utilizzata, su decisione del Servizio Tecnico di Bacino
del Reno, come cassa di espansione. Quando avviene,
l’allagamento dei campi della cassa di colmata determina certamente disagi perché le
coltivazioni presenti
vengono perse, ma la
servitù idraulica di
quest’area, preminente
su ogni altro tipo di
destinazione, costituisce da un lato un limite
alla tutela naturalistica
e allo sfruttamento
agricolo, dall’altro un
mezzo per la tutela del
territorio.
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Vincoli presenti
- Vincolo idraulico come Cassa di Espansione ai sensi del R.D. 3267/’23.
- Vincolo paesistico ai sensi della L. 1497/1939 e vincolo Ambientale ai sensi
della L. 431/85, sottoposto attualmente a vincolo dal D.L. 490/1999.
- Oasi Faunistica denominata Valli di Argenta e Marmorta ai sensi della Del
C.P. 269/9330 del 18/07/1977.
- Zona Ramsar denominata “Valle Santa” (261 ha) istituita con DM 09/05/1977,
pubblicato sulla GU n. 216 del 09/08/1977.
- Zona Ramsar denominata “Valle Campotto e Bassarone” (1303 ha) ai sensi
DM 21/10/1978).
- Le Valli sono inserite all’interno del perimetro del Parco del Delta del Po ai
sensi della L.R. 27/1988 e nell’ambito della perimetrazione di cui al Piano
Territoriale di Stazione, Del C.C. 132/17096 del 28/08/1991 (Zona B). La
Zona Ramsar “Valle Campotto e Bassarone” (1363 ha) istituita con DM
21/10/1978, pubblicato sulla GU n. 360 del 28/12/1978 è inclusa in zona B
e C del PtP all’interno delle quali è vietata la caccia.
- SIC (IT4060001) denominato “Valle Santa, Valle Campotto” ai sensi della
DIR 92/43/CEE (1922 ha), che a sua volta include una ZPS (IT4060014)
denominata “Valle Santa e Valle Campotto” (1713 ha) ai sensi della DIR
79/409 CEE.
Habitat, flora e fauna
Campotto, per la presenza di habitat e specie di interesse
comunitario, è uno dei nodi della rete di aree protette europee
denominata Rete Natura 2000. Protezione che si è estrinsecata
con l’istituzione di Sito di Importanza Comunitaria, il quale
include una Zona di Protezione Speciale. Il 35% della superficie
del sito è caratterizzata da habitat di interesse comunitario:
1. Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (AlnoPadion, Alnion-incanae, Salicion albae), habitat prioritario la
cui presenza è stata rilevata durante il progetto.
2. Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da
cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) con stupenda
fioritura di orchidee (habitat prioritario).
3. Laghi eutrofici naturali con vegetazione di Magnopotamion o
Hydrocharition.
4. Fiumi con argini melmosi con vegetazione del Chenopodion
rubri e Bidention p.p.
5. Boschi misti di quercia, olmo e frassino di grandi fiumi.
6. Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba.
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Le acque aperte sono dominate da una vegetazione a pregio
naturalistico elevato di idrofite radicanti (piante acquatiche con
radici al fondo e foglie e fiori galleggianti) come la ninfea bianca,
il nannufaro e il poligono anfibio. Nella colonna d’acqua si
trovano specie totalmente sommerse (Myriophyllum verticilatum,
Ceratophyllum demersum). Ai bordi degli specchi acquei, dove
la profondità diminuisce, si trovano i canneti oggi completamente
dominati da canna di palude, ma un tempo alternati a mosaico
con la tifa. Dove il canneto risulta più naturale si trovano la
mestolaccia, la sagittaria e il giglio d’acqua. Le rive sono sede di
boschetti ripariali dominati da salice bianco consociato a pioppo
bianco, pioppo gatterino e olmo campestre. Lo strato arbustivo
è costituito da sanguinello, frangola, spesso festonate dalle liane
come Clematis vitalba e Humulus lupulus.
La vegetazione del Bosco Traversante è importante da un
punto di vista conservazionistico perché presenta una comunità
vegetale molto diffusa in Val Padana prima delle grandi opere
di bonifica tra XIX e XX secolo e oggi molto rara. Lo strato arboreo
è dominato da olmo campestre, frassino ossifillo e pioppo bianco.
Lo strato arbustivo è costituito dalle suddette specie, insieme a
sanguinello, prugnolo, spincervino, rovo, ontano e vitalba.
A Campotto non sono presenti specie vegetali di interesse
comunitario, ma è certamente presente una flora di alto interesse
conservazionistico tra cui si segnalano Senecio paludosus, Nymphoides peltata, Salvinia natans.
Numerosi gli invertebrati presenti tra cui ricordiamo 4 specie
di interesse comunitario: il coleottero Graphoderus bilineatus, il
cervo volante, la farfalla Lycaena dispar e lo scarabeo solitario
Osmoderma eremita (specie prioritaria). Degna di nota anche la
presenza delle due farfalle Apatura ilia e Zerynthia polyxena.
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Come accade nella maggior parte delle acque interne della
bassa Pianura Padana, l’ittiofauna è caratterizzata da specie
alloctone come il siluro e il carassio. Tra l’erpetofauna si segnalano
la raganella nelle boscaglie igrofile e due specie di interesse
comunitario: tritone crestato e testuggine palustre. Particolarmente
diffuse sono alcune specie in corso di rarefazione a livello regionale
quali biacco, natrice tassellata, ramarro occidentale.
Per l’avifauna acquatica Campotto è una delle aree più importanti d’Italia perché geograficamente localizzato su diverse
importanti rotte migratorie. I canneti sono frequentati da Acrocefalini ed ospitano regolarmente dormitori autunnali di rondine
(oltre 20.000 esemplari).
Sono segnalate complessivamente 145 specie di uccelli (di cui
84 nidificanti) che frequentano a vario titolo Campotto. Molte di
queste sono di interesse conservazionistico: 60 specie sono di
interesse comunitario (di cui 24 nidificanti); le popolazioni
nidificanti di sgarza ciuffetto, tarabuso, moretta tabaccata, mignattino piombato sono di interesse nazionale; di interesse
regionale è invece la presenza di Ardeidi, Rapaci, Limicoli e
Anatidi migratori e svernanti.
Tra le specie nidificanti non interessanti dal punto di vista
conservazionistico vi è il cormorano, che a Campotto ha una
delle più importanti popolazioni dell’Italia continentale. Significative sono anche le popolazioni di pittima reale, canapiglia,
marzaiola, mestolone, moriglione.
La grande presenza di uccelli ha fatto si che l’INFS situasse
qui una importante Stazione di Inanellamento Ornitologico per
lo studio delle migrazioni.
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Le Valli di Argenta
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La Rete Natura 2000
Natura 2000 è una rete di aree destinate alla conservazione
della biodiversità sul territorio dell’Unione Europea, istituita
dall’art. 3 della direttiva 92/43/CEE per “la conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna
selvatiche” (denominata direttiva Habitat). Le aree della rete
Natura 2000 garantiscono la presenza, il mantenimento e/o il
ripristino di habitat e specie (del continente europeo) particolarmente minacciati di frammentazione e di estinzione. Questo
permette agli Stati membri di applicare il concetto innovativo di
tutela della biodiversità al di la dei confini politici dei diversi
stati, riconoscendo l’interdipendenza di elementi biotici, abiotici
e antropici nel garantire l’equilibrio naturale in tutte le sue
componenti.
Attualmente le aree Natura 2000 sono di due tipi: SIC (Siti di Importanza
Comunitaria ai sensi della direttiva “habitat”) e ZPS (Zone di Protezione
Speciale ai sensi della precedente direttiva 79/409/CEE, denominata “direttiva
Uccelli”, per la conservazione di aree destinate alla tutela degli habitat delle
specie di avifauna minacciate). L’individuazione dei siti da proporre è stata
realizzata in Italia dalle singole Regioni e Province autonome in un processo
coordinato a livello centrale. Essa ha rappresentato l’occasione per strutturare
una rete di referenti scientifici di supporto alle Amministrazioni regionali, in
collaborazione con le associazioni scientifiche italiane di eccellenza (l’Unione
Zoologica Italiana, la Società Botanica Italiana, la Società Italiana di Ecologia).
I due tipi di aree, SIC e ZPS, possono essere distinti o sovrapposti a seconda
dei casi. L’art. 6 della direttiva “Habitat” prevede che ogni piano o progetto
che possa avere incidenze significative su un Sito di Interesse Comunitario
debba essere sottoposto da una opportuna valutazione d’incidenza che tenga
conto delle specifiche caratteristiche e degli obiettivi di conservazione del sito
stesso. La valutazione d’incidenza, se correttamente realizzata ed interpretata,
è uno strumento finalizzato alla sicurezza procedurale e sostanziale che consente
di raggiungere un rapporto equilibrato tra conservazione soddisfacente degli
habitat e delle specie ed uso del territorio: essa, incoraggiando a gestire in
maniera sostenibile i siti Natura 2000, rappresenta un elemento chiave di
attuazione del principio dell’integrazione dei fattori ambientali nella pianificazione e nell’esecuzione delle azioni previste per numerosi settori economici e
sociali.
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Per habitat naturali si intendono le zone terrestri o acquatiche
che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche,
abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali.
Per habitat naturali di interesse comunitario si intendono gli
habitat del territorio europeo che sono in regressione, rischiano
di scomparire o costituiscono esempi delle tipiche regioni biogeografiche europee (alpina, atlantica, boreale, continentale, macaronesica, mediterranea e pannonica e steppica).
Per specie di interesse comunitario si intendono quelle specie
del territorio europeo in pericolo, vulnerabili, rare, o endemiche.
Per habitat e specie
prioritari si intendono
quegli habitat naturali
e quelle specie di interesse comunitario per
la cui conservazione la
Comunità Europea ha
una responsabilità
particolare a causa
dell'importanza della
parte della loro area di
distribuzione naturale
compresa nel territorio
europeo.
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Le aree Natura 2000 in Europa
Il SIC “Valle Santa, Valle Campotto” in verde è all’interno della più vasta Zps “Valli e ripristini
ambientali di Argenta, Medicina e Molinella”
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Il progetto Life Natura
Il progetto ha l’obiettivo di ristabilire l’equilibrio ecologico
dell’area attraverso tre linee di intervento principali: il miglioramento della qualità dell’acqua, la riduzione delle specie alloctone
di flora e fauna, l’incremento di quelle autoctone ed una migliore
gestione delle attività antropiche. Per migliorare la qualità delle
acque è stato modificato il sistema di ricircolo idraulico, dragando
i sedimenti dei canali sublagunari di Valle Santa e riattivando la
chiavica Garda Alto. Gli interventi a salvaguardia della flora
autoctona sono stati garantiti dalla costituzione di un vivaio
destinato all’incremento delle specie vegetali. Il contenimento
della fauna alloctona è stato realizzato con specifiche campagne
di cattura prolungate negli anni sia per il siluro sia per la nutria.
Le aree protette però non possono essere considerate come
elementi a sé stanti, necessitano quindi di essere gestite anche
in relazione con le aree attigue e con le attività umane che si
svolgono al loro interno. Questa visione segue le linee della
nuova Politica Agricola Comunitaria, che prevedono una maggiore coerenza tra sviluppo rurale e tutela dell’ambiente. A tale
proposito è stato elaborato, e sottoscritto, un accordo agroambientale locale tra il Parco del Delta del Po, il comune di
Argenta e 24 Aziende Agricole. L’accordo ha come obiettivo
l’arricchimento del paesaggio agrario, la tutela della fauna
selvatica e l’uso dell’area per la didattica ambientale, con previsione di futuri allargamenti ad altre aziende.
Al raggiungimento di questi obiettivi hanno concorso tutti gli
enti gestori dell’area: la Regione Emilia-Romagna, il Parco Regionale del Delta del Po, il Consorzio della Bonifica Renana, il
Servizio Tecnico di Bacino del Reno e l’Autorità di Bacino del
Reno che hanno sottoscritto specifici protocolli all’interno del
progetto LIFE Natura.
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Gli attori del Progetto
Comunità Europea DG Ambiente
La direzione generale dell'Ambiente è una delle 36 direzioni generali (DG) e servizi
specializzati che compongono la Commissione europea. La sua funzione principale è
quella di Proteggere, preservare e migliorare l'ambiente per la generazione attuale e
quelle future e promuovere lo sviluppo sostenibile .
Regione Emilia-Romagna
Servizio parchi e risorse forestali della Regione Emilia-Romagna, proponente del
progetto
Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna
Consorzio pubblico costituito per la gestione del Parco, partner di progetto
Consorzio della Bonifica Renana
Ente pubblico che opera per assicurare lo scolo delle acque, la difesa del suolo, la tutela
delle risorse idriche e naturali, l'irrigazione e la valorizzazione del territorio, partner
di progetto.
Agenzia Regionale Prevenzione Ambiente - ARPA
Ente preposto al monitoraggio delle diverse componenti ambientali, partner di progetto.
Comune di Argenta
Ente pubblico di governo locale, partner di progetto.
Azioni intraprese
Il sito di Campotto negli ultimi anni ha subito un progressivo
degrado della qualità ambientale. Sono però stati identificati i
fattori che mettevano in pericolo gli habitat, la fauna e la flora
del sito. Questi si possono sintetizzare nella riduzione della
circolazione idraulica, nell’invasione di specie animali e vegetali
alloctone, nella presenza di attività di gestione non compatibili
con un area protetta e nel disturbo provocato dalla fruizione
turistica in aree non attrezzate.
A fronte della presenza di minacce concrete il progetto ha
individuato come obiettivo principale il riequilibrio ecologico
dell’intera area, che si può attuare solo attraverso azioni chiave
con specifici obiettivi. Questi sono principalmente la riduzione
delle popolazioni delle specie vegetali e animali invasive, il
ripristino di una buona circolazione delle acque ed il recupero
di habitat e specie di interesse comunitario sopra elencate.
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Le specie vegetali invasive sono in particolare il falso indaco
(Amorpha fruticosa), l’acero americano (Acer negundo) e la Robinia
(Robinia pseudoacacia). Si tratta di un arbusto e due alberi che
colonizzano rapidamente radure e campi aperti fino a diventare
veri e propri infestanti.
Il falso indaco (Amorpha fruticosa), una
specie alloctona infestante.
Per quanto riguarda la
fauna invece costituisce una
minaccia particolare
l’incremento della popolazione di nutria (Myocastor
coypus). Questo grosso roditore è un erbivoro con abitudini acquatiche. Le consistenti popolazioni di questa specie hanno ridotto l’estensione della vegetazione acquatica tipica, come le ninfee, il tifeto, il canneto. La
nutria provoca danni anche alle specie arboree, tra cui salici e
pioppi, rodendone la corteccia, infine nei suoi movimenti attraverso la vegetazione può provocare l’abbandono dei nidi del
Tarabuso (Botaurus stellaris), della Moretta tabaccata (Aythya
nyroca) e del Mignattino piombato (Chlydonias hybridus) tutte
specie protette che tipicamente nidificano in mezzo alla vegetazione acquatica.
Non meno gravi, anche se meno visibili, sono i danni provocati
da pesci alloctoni, come il siluro, che ha invaso da tempo tutto
il Nord Italia, il persico sole, il lucioperca ed il persico trota. I
danni provocati da queste specie alloctone si possono riassumere
nella competizione alimentare sulle specie nostrane, quali anguilla,
la tinca ed il luccio, e nella predazione delle uova sia di pesci sia
di anfibi. Tra la fauna acquatica un'altra specie alloctona particolarmente invasiva è il gambero rosso della Louisiana, questa
specie sfrutta le risorse disponibili per le altre specie, si nutre
infatti di piccoli invertebrati acquatici ma anche di uova di pesci
ed anfibi e dei loro girini.
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Infine la redazione del Piano di Gestione
fornisce le indicazioni per la corretta gestione
di queste attività al fine di salvaguardare
flora e fauna protette. Il Piano di Gestione
permette di salvaguardare l'efficienza e la
funzionalità ecologica di habitat e specie alle
quali il sito è dedicato, contribuendo così, a
scala locale, a realizzare le finalità generali
della Direttiva Habitat.
Gambero rosso della Louisiana,
specie alloctona infestante.
Miglioramento della funzionalità idraulica
Sebbene la finalità primaria dell’area sia quella della tutela
idraulica del territorio, le emergenze naturalistiche che si sono
evolute sono di grande interesse e sono pertanto oggetto di tutela
e gestione. All’inizio degli anni 2000 i canali sub-lagunari di Valle
Santa erano quasi totalmente interriti; la scarsa circolazione e i
ripetuti fenomeni di anossia avevano fortemente compromesso
la qualità delle acque e gli aspetti biotici dell’ambiente acquatico
con conseguenti morie di pesci.
Le azioni previste nel progetto sono state tre:
1. Dragaggio dei canali sub-lagunari di Valle Santa. I canali sub
lagunari sono così detti perché posti al di sotto della
superficie dell’acqua. Nonostante la loro invisibilità
permettono una più veloce
circolazione idraulica e una
conseguente migliore ossigenazione del bacino. In
gennaio-aprile 2004 si è
proceduto al dragaggio dei
canali sub-lagunari di Valle
Sovralzo dell’arginatura in sinistra Canale
Emissario e deposito del materiale di dragaggio
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Santa per una lunghezza di 5.460 m, con un benefico effetto
sulla qualità delle acque e conseguentemente sulla qualità
degli habitat presenti.
2. I materiali provenienti dal dragaggio dei canali sono stati
depositati
lungo
l’arginatura esistente in
sinistra canale Emissario.
3. Per l’ottimizzazione dei
livelli idrici di Valle Santa
sono state rifatte le paratoie di difesa e sono stati
risezionati i cunicoli di
collegamento tra il collettore Garda Alto e la vasca
di Mandata. Tali cunicoli
consentono l’immissione
delle acque in cassa Valle
Santa durante il periodo
estivo favorendo il ricambio d’acqua e
Lavori di scavo propedeutici alla realizzazione
degli interventi
d’ossigeno nella cassa.
Tutela delle specie autoctone
Sebbene a Campotto non vi siano specie vegetali di interesse
comunitario va ricordato che vi sono diverse associazioni e
diverse specie di notevole interesse conservazionistico sia locale
che nazionale. Per tutelare queste specie dalla progressiva invasione di specie alloctone infestanti si è proceduto ai seguenti
interventi.
1. Per aumentare la densità di specie autoctone è stato realizzato
un vivaio di pioppo bianco, pioppo gatterino e pioppo nero,
salice bianco e salice cinereo, sanguinello, sambuco nero,
ligustro e rosa canina. Il vivaio, costituito presso una ditta
esterna specializzata, è stato realizzato grazie alla raccolta di
semi, talee ed astoni, da genotipi sicuramente autoctoni presenti
a Campotto. Una volta raggiunto lo stadio opportuno le piante
sono state immesse in ambiente naturale.
2. Nel Bosco del Traversante sono stati parzialmente eliminati
alcuni esemplari di olmo campestre morti in piedi al fine di
rilasciare sul terreno una certa quantità di necromassa (legno
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e corteccia) utile per Insetti Cerambicidi e per Chirotteri
(pipistrelli). Inoltre sono state realizzate pozze temporanee
finalizzate alla riproduzione di Odonati (libellule). Sono stati
effettuati interventi di capitozzatura di vecchi esemplari isolati
di salice bianco lungo gli argini delle casse d’espansione per
favorire la popolazione locale dell’insetto Eremita odoroso. Al
fine di ridurre la presenza di specie vegetali alloctone, sono
stati abbattuti esemplari di Acer negundo e Robinia pseudoacacia.
3. In Valle Santa sono stati realizzati 8 chiari di m2 5.000, poco
profondi (cm 30-50) e circondati da fasce di vegetazione elofitica
emergente e ricche di vegetazione idrolitica. All’interno dei
chiari sono stati realizzati 4 isolotti di m2 50. Tali interventi
sono finalizzati a creare habitat adatti al ripopolamento di
specie tipiche oggi scomparse come Marsilea quadrifolia e la
Castagna d’acqua; a favorire la sosta di uccelli come tarabuso,
tarabusino, moretta, airone rosso, rallidi e la nidificazione di
cavaliere d’Italia, avocetta, sterna zampenere e sterna comune.
4. Per aumentare la presenza di uccelli di interesse comunitario
legate ai boschi igrofili planiziali sono stati realizzati circa 2
ha di boschetti intervallati da zone umide.
Vivaio per la produzione di specie
vegetali autoctone.
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Interventi nel Bosco del Traversante al fine di lasciare
sul terreno necromassa per insetti e chirotteri.
Monitoraggio
Il progetto ha previsto una estesa campagna di monitoraggio,
per due motivi, da un lato poter verificare i risultati delle azioni,
dall’altro per poter approfondire le conoscenze sulla fauna e
flora locali, che spesso sono incomplete e frammentarie. Il monitoraggio ha riguardato i comparti più importanti per questo
ecosistema, come la qualità delle acque, la vegetazione, gli insetti,
i pesci, gli anfibi, gli uccelli ed i mammiferi come i pipistrelli e
la nutria. Uno studio di questo tipo ha permesso anche di mettere
in relazione tra loro le varie componenti, in particolar modo della
catena alimentare. Ad esempio, in termini generali, gli insetti
rappresentano una fonte di cibo fondamentale per le varie specie
di pipistrelli, ma anche numerosi uccelli e le larve degli insetti
sono fondamentali per molte specie di pesci ed anfibi. Similmente
gli anfibi, ed i pesci di piccole dimensioni, spesso sono preda di
degli aironi.
Acqua
In un ecosistema come quello di Campotto l’acqua rappresenta
un elemento fondamentale, per cui in Valle Santa, la cassa di
espansione ritenuta in condizioni generali peggiori, è stato
condotto un monitoraggio iniziato nel 2003 fino al 2005.
Nei primi due anni le analisi hanno subito evidenziato una
situazione di degrado, infatti sono stati rilevati valori di ammoniaca oltre la soglia che segnala il rischio di tossicità. Oltre alle
analisi sull’acqua sono state condotte analisi sulle alghe unicellulari che vivono nella colonna d’acqua, denominate tecnicamente
fitoplancton. Il tipo di fitoplancton presente è un buon indicatore
di qualità e nel 2003/004 ha evidenziato fioriture di cianoficee.
Queste alghe unicellulari, note anche come alghe azzurre, indicano
una scarsa qualità dell’acqua, infatti queste fioriture estive erano
dovute ad una specie che può essere anche tossica, seppure non
siano mai stati registrati episodi di tossicità sui pesci o su altra
fauna acquatica. Al contrario erano poco presenti le diatomee,
alghe unicellulari indicatrici di buona qualità delle acque. Il
proseguimento delle indagini, nel 2005, ha invece rivelato una
situazione in miglioramento, sono infatti scomparse le fioriture
estive delle alghe azzurre. Un secondo indicatore di qualità delle
acque è il macrobenthos, cioè le specie di invertebrati che vivono
sui fondali, anche questo nel 2005 ha indicato un miglioramento.
23
Seppure esista ancora una situazione di alterazione le indagini
fanno presupporre un situazione di recupero. Tutto ciò è imputabile al miglioramento della circolazione dell’acqua, come
specificato nel capitolo precedente.
Vegetazione
La vegetazione dell’intero sito di Campotto presenta numerosi
elementi di pregio. Il progetto ha però evidenziato la rilevanza
dei prati umidi in particolare nel Prato Levante, in cui è presente
una elevata biodiversità. Tra gli elementi pregiati di questa elevata
biodiversità spiccano le comunità a Carici, le analisi hanno
dimostrato che queste operano una intensa attività di fitodepurazione delle acque. Ciò significa che passando attraverso la
comunità a Carici le acque vengono depurate dei nutrienti, in
particolare nitrati. Questa attività ha portato allo sviluppo nello
stagno di particolari alghe verdi del genere Chara. Queste alghe
sono rare, ma l’elemento più prezioso consiste nel fatto che si
sviluppano solo negli ecosistemi acquatici con pochi nutrienti,
pertanto questo prato è uno dei pochi ecosistemi di questo tipo
nella pianura padana, caratterizzata al contrario da problemi di
eutrofizzazione delle acque. Si sottolinea quindi che
l’insediamento dei cariceti è fondamentale per creare poi un
ambiente adatto al successivo insediamento della comunità a
Chara.
Insetti
Gli insetti sono il gruppo faunistico più numeroso, il monitoraggio condotto ha evidenziato la presenza di tre specie protette
dalla Direttiva habitat, nello specifico due farfalle, la licena delle
paludi (Lycaena dispar) e la polissena (Zerynthia polyxena) e il
coleottero eremita odoroso (Osmoderma eremita).
Licena della paludi, Polissena ed Eremita odoroso.
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Lo status generale denota una situazione non ottimale infatti
sia la Licena delle paludi sia l’Osmoderma eremita sono presenti
con pochi esemplari. Quest’ultimo è considerato addirittura in
pericolo di estinzione locale, si tratta di un insetto che vive sul
legno marcescente, è cioè saproxilico, pertanto bisognerebbe
lasciare in loco una parte dei tronchi morti. È importante ricordare
che questi insetti non arrecano danno alle piante sane, vivono
solo sul legno morto e contribuiscono alla sua decomposizione
creando microambienti utili ad altre specie.
Oltre alle specie protette sono stati studiati anche i Sirfidi,
questa famiglia di insetti fa parte dei Ditteri, ma è estremamente
importante in agricoltura in quanto contiene specie predatrici
degli afidi. Sono inoltre noti per imitare api e vespe con la tipica
colorazione a bande gialle e scure, si tratta di una forma di
mimetismo in quanto a differenza di api e vespe non possiedono
nessun tipo di pungiglione. Recentemente i Sirfidi sono stati
utilizzati come indicatori ambientali, dagli studi a Campotto,
tramite questa famiglia di insetti, risulta che il Bosco del Traversante è in un buono stato di conservazione, ma non è in grado
di sostenere tutte le specie che potrebbe. Al contrario Vallesanta
è risultato un ambiente umido unico in pianura Padana, con
un’elevata presenza di specie con esigenze ambientali molto
ristrette.
Ittiofauna
Lo studio dei pesci è stato condotto nel bacino di Vallesanta
ed ha rivelato una situazione di particolare alterazione di tutta
la comunità ittica. Infatti tra tutte le specie presenti prevalgono
quelle alloctone, prima fra tutte il siluro, specie che ha da tempo
invaso tutto il nord Italia, ma
anche il luccioperca ed il
persico sole.
Sono poi diventati particolarmente rari il luccio,
l’anguilla e l’alborella, e sono
completamente scomparse
specie un tempo comuni
come la tinca ed il cobite
comune.
Il luccio, una specie nostrana sempre più
rara.
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Le specie protette un tempo segnalate nel sito invece non sono
mai state ritrovate. Particolare è invece la situazione del pesce
gatto, di cui sono stati catturati anche esemplari giovanili, a
conferma che si riproduce nell’area, ma gli esemplari adulti sono
pochi. Ciò è probabilmente dovuto ad una malattia provocata
da virus comparsa sin dal 1994. Questa malattia si manifesta
durante il periodo caldo e colpisce in particolare gli esemplari
di 70-80 grammi.
Erpetofauna
Il monitoraggio degli anfibi e dei rettili ha evidenziato che
sono presenti ben 13 specie, di cui 7 di anfibi e 5 di rettili, che
complessivamente rappresentano una quota importante di tutte
le specie presenti nella pianura emiliano-romagnola. Al contrario
bisogna notare che solo 4 hanno uno status di conservazione
considerato soddisfacente, mentre per le rimanenti è considerato
insoddisfacente o mediocre. In sintesi l’importanza di Campotto
è notevole, ma esistono i margini per migliorarne lo status di
conservazione, ad esempio arricchendo gli ambienti che li ospitano. Oltre allo status di protezione bisogna sottolineare che la
presenza degli anfibi è importante in quanto rappresentano le
prede degli aironi e del raro tarabuso.
Avifauna
L’avifauna presente a Campotto è ricchissima, la sola avifauna
acquatica conta infatti ben 57 specie di cui 53 godono di un
qualche status di protezione. Tra queste vanno segnalati il Tarabuso e la Moretta tabaccata, che sono specie protette ma consi-
Il tarabuso che nidifica solo nei canneti radi e la moretta tabaccata, un piccolo anatide ormai raro.
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derate prioritarie e a cui il monitoraggio ha dedicato una specifica
attenzione.
Il Tarabuso è un uccello di medie dimensioni in grado di
mimetizzarsi tra il canneto grazie alla sua colorazione e puntando
il becco verso l’alto. Questa specie nidifica qui anche se con poche
coppie, desta speranza il fatto che sia stato osservato nei pressi
delle aree di canneto sfalciato. Il canneto rado è il suo ambiente
preferito, a questo scopo alcune porzioni del canneto sono state
diradate tramite sfalcio, operazione che non danneggia la canna
in quanto questa ricresce poi nella stagione successiva vegetando
dai rizomi e rinvigorendosi. Lo sfalcio è stato eseguito proprio
allo scopo di favorire il Tarabuso ed anche la Moretta tabaccata.
Questa piccola anitra è minacciata di estinzione a livello
Europeo, in Val Campotto è risultata nidificante dal 2003 ed è
pertanto un elemento di indiscussa rilevanza conservazionistica.
A questo scopo risulterebbe particolarmente utile proseguire con
il programma di periodico sfalcio e asportazione della canna di
risulta.
Chirotteri
I pipistrelli appartengono al gruppo scientificamente denominato Chirotteri, questi mammiferi rappresentano una componente
importante della fauna, al punto che tutte le specie sono protette
sia dalla Direttiva habitat sia dalla convenzione di Berna. A
Campotto lo studio ha rilevato la presenza di ben 13 specie.
Tuttavia le più abbondanti sono le specie adattate a vivere in
ambienti modificati dall’uomo Tra quelle presenti , quindi una
buona diversità, sebbene per le specie che sono legate ad ambienti
modificati dall’uomo, mentre meno numerose sono le popolazioni
delle specie che necessitano di ambienti più naturali, come ad
esempio i Vespertilio di Daubenton, che cattura insetti presenti
sulla superficie dell’acqua.
Fruizione
Il locale Museo delle Valli di Argenta, all’interno del Casino
di Campotto, è visitabile ed aperto al pubblico. E’ un centro di
Documentazione Storico Naturalistica che presenta un saggio
sull’evoluzione del territorio, sulla fauna e la flora dell’area. Da
questo centro visita partono visite guidate per Valle Santa e per
il Bosco del traversante.
Valle Santa è visitabile lungo un percorso circolare di circa 8
km con capanni di osservazione. Il bosco del traversante è
27
visitabile solamente se accompagnati dagli operatori del Museo
delle Valli.
Durante il progetto sono state realizzate visite guidate gratuite
rivolte soprattutto alle scolaresche e alla cittadinanza. Le visite
sono state condotte da personale esperto, preventivamente
formato sulle attività del progetto LIFE. Obiettivo delle visite è
stato diffondere la conoscenza degli interventi del progetto, ed
in particolare come abbiano contribuito a migliorare gli habitat
e l’ambiente naturale.
Alcune opere di schermatura, presso Valle Santa e il Bosco del
Traversante, realizzate con lo stesso finanziamento LIFE hanno
ridotto al minimo l’impatto sulla fauna. Al tempo stesso la
fruizione dell’area è migliorata, grazie alla realizzazione di una
torretta di avvistamento. Le opere di schermatura sono state
realizzate attraverso l’impianto di due siepi, la prima sull’argine
di Vallesanta prospiciente al prato umido, la seconda presso il
prato umido posto ad ovest del Bosco del Traversante. In entrambi
i casi sono state impiantate tra percorsi pedonali e ciclabili e i
prati umidi. Le fasce vegetali sono costituite da specie autoctone,
che garantiscono la ricreazione di un paesaggio naturale e il
maggiore successo di attecchimento dell’impianto. Fra le specie
autoctone sono state scelte quelle a sviluppo dimensionale
differenziato e con capacità fruttifera, per consentire anche la
creazione di una zona utile all’alimentazione. Le siepi oggi visibili
sono costituite da una fascia arborea di frassino meridionale
(Fraxinus oxycarpa), pioppo bianco (Populus alba), farnia (Quercus
robur), acero campestre (Acer campestre) e carpino bianco (Carpinus
betulus). Per la fascia arbustiva sono stati utilizzati il prugnolo
(Prunus spinosa), il ligustro (Ligustrum volgare), il spincervino
(Rhamnus catharticus), il corniolo (Corpus mas) e la rosa canina
(Rosa canina).
La costruzione di una torretta osservatorio, localizzata tra il
Traversante alto ed il Traversante basso in prossimità dell’argine
perimetrale di cassa Campotto, permette ai visitatori
l’osservazione dell’avifauna nei vicini prati umidi, senza avvicinarsi troppo evitando di creare un forte disturbo.
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Il nuovo Museo delle Valli di Argenta
Il progetto LIFE natura di Campotto, nel Parco del Delta del
Po è uno strumento non solo delle opportunità economiche e
della tutela, ma un’inesauribile fonte per ispirare il rifacimento
del Museo delle Valli di Argenta, con strumenti interpretativi e
formativi rivolti ad una cittadinanza consapevole dell’ambiente
e del suo futuro, ma soprattutto motivata ad incidere sulle scelte
che governano il territorio, lo scolpiscono e lo fanno crescere di
opportunità.
Nel dopo “Life” gli esperti, gli operatori economici, gli attori
pubblici e privati hanno il compito, di condividerne i risvolti
applicativi e strategici, per l’economia delle opportunità e della
sostenibilità.
Questo partendo proprio dal Museo delle Valli di Argenta,
come sede di espressione di tali volontà.
Il restyling del Museo delle Valli
Il Museo delle Valli di Argenta nacque in primo luogo come
Centro di documentazione del Parco nel 1991, assumendo
definitivamente la caratteristica di Museo nel 1992 con il “Premio
museo dell’anno”, conferitogli dal Consiglio d’Europa. Un riconoscimento dovuto al fatto che il vero museo è quello vivente,
fuori negli habitat di Campotto e perché dotato da sistemi
comunicativi e didattici, per il tempo sicuramente innovativi;
pensiamo agli acquaterrari, al plastico della bonifica meccanica,
e alla raffigurazione dei livelli di acque nei bacini e casse di
espansione, ultimi recessi delle acque dolci, mantenuti oggi in
equilibrio “naturale” – artificialmente.
Le risultanze Life non verranno utilizzate in modo integrale;
saranno utilizzati gli elementi distintivi che qualificano la lettura
dell’ambiente rispetto gli studi del passato e consentano, accanto
ai sistemi di comunicazione museografica, sia l’approccio emotivo
ed evocativo, che quello cognitivo orientato all’approfondimento
e all’interesse scientifico, enucleando così simulazioni e mediazioni linguistiche per diversi “Pubblici”: la famiglia col bambino,
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le scolaresche, l’associazionismo ambientale, il ricercatore, l’adulto
con richiesta di formazione ed, infine, l’escursionista domenicale,
magari interessato frettolosamente a passare dal museo, per poi
percorrere in bicicletta alcuni tratti di paesaggio.
Così nella sezione naturalistica, la Sala suoni costituisce il
punto nodale della esperienza emozionale, trasformandola in
Sala multisensoriale. L’ambientazione simula l’arco della giornata,
attraversata da un impercettibile passaggio delle stagioni per
colori, sfumature e odori; avvolgendo il visitatore di percezioni
visive, atmosfere, fragranze, sciabordii , voci e suoni di creature
che si muovono dall’alba alla notte.
Tutta la sezione naturalistica poi, oltre la sala multisensoriale,
aderendo allo spirito del Life, vede, accanto al progettista,
aggiungersi, nella sua realizzazione, espressioni singole od
organizzate della comunità locale.
Le testimonianze orali di chi in valle vi ha lavorato in passato
e di chi vi lavora oggi per ragioni idrauliche; collaborano
fotoamatori e birdwatchers, anche essi sensibili e discreti
“abitanti” della Valle, intenti a riprendere animali, atteggiamenti
e loro comportamenti; artisti, giovani musicisti e specialisti
locali, legati alla scuola di musica e all’università insediatasi da
tempo ad Argenta; ed infine bimbi che con i loro insegnanti
offrono interpretazione alle molte novità del Life: gli insetti,
l’ittiofauna, l’avifauna che nidifica nel canneto, declinando verso
l’infinito immaginario suscitato dalle rotte migratorie; oppure
come giocare con le acque, come fare a far sì che esse siano
sempre “buone” e “pulite”.
La rigorosità del Life deve inoltre affiorare ed essere rappresentata con metodi e sistemi precisi di comunicazione. La planimetria di ingresso, dedicata a Campotto e alle zone umide, la
definizione dei percorsi laterali dedicati ai specifici habitat, hanno
il compito di rappresentare le evoluzioni vegetali e faunistiche:
del canneto, del lamineto, del prato umido e del bosco planiziale.
Proprio qui, nelle specifiche aree saranno trattati, anche con
soluzioni esperenziali, integrazioni video ed interviste ai ricercatori
Life, le novità ornitologiche e l’insieme dell’avifauna selvatica,
i mammiferi, i chirotteri, l’erpetofauna, gli insetti nelle specifiche
di odonati, lepidotteri e coleotteri, l’ittiofauna, le specie alloctone
ed infestanti.
Ed infine la filosofia del Life e l’importanza delle buone pratiche
di gestione ambientale e delle opportunità di qualificazione
del territorio, anche al di fuori delle aree protette. Una sezione
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in particolare può essere annunciata come particolarmente interessante, quella dei sistemi di cattura e monitoraggio, ovvero
della “Vispa Teresa”; retino per farfalle, trappole a caduta o ad
ombrello, ed altre ancora ecc.; utili allo studio degli insetti,
dell’ittiofauna, dei chirotteri; una sezione affascinante sia per
bambini che per ricercatori, che insieme ai laboratori (microscopia,
vasche tattili ecc..) posti al piano terra, sono il punto di snodo
per la sperimentazione sul campo, l’attività educativa e di ricerca
in Valle.
Infine le cassettiere e gli schedari, informatici e cartacei, i
contenitori di tracce e calchi, i modelli di uccelli ed insetti, nel
grande archivio della natura, posto al centro della sezione naturalistica, sono gli strumenti di approfondimento per chi avrà
tempo per una visita prolungata, ma soprattutto necessità di
studio ed informazione scientifica.
Presso la sezione storica, al piano terra, che viene dotata di
servizi informativi dell’ecomuseo e del sistema Parco del Delta,
la componete antropica, ha poi il compito di documentare
l’evoluzione del rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale,
dall’intervento manuale all’intervento meccanico ed idraulico.
Ma soprattutto i profili della vita quotidiana prima, durante
e dopo il medioevo, emergono con insistenza da uno scavo
archeologico effettuato nel centro di Argenta nel 1991, il cui
rilievo per essere considerato nell’esposizione ed in parallelo al
Life oggi, è dovuto alle inesauribili informazioni naturalistiche
e all’affascinante scenario di un ambiente molto più diffuso in
antico, esteso fino alle porte degli abitati e degli insediamenti
argentani.
Uno spaccato del quotidiano, nella lunga durata, fatto di
necessaria convivenza e familiarità con la Valle, i suoi prodotti
ed il lavoro, gradualmente allontanato e definitivamente soppiantato nel secondo dopoguerra.
Dall’estrazione all’impiego delle essenze legnose e palustri
nelle abitazioni, nelle palificate, alla produzione di intrecci e
impagliati artigianali; dalla pesca, alla macellazione dell’avifauna
a fini alimentari.
Infine l’affascinante uso di prodotti e frutti spontanei, come
il luppolo, il nocciolo, il sambuco, il piscialetto, l’ortica e tante
altre componenti botaniche che, da un lato evocano una gastronomia vallante, oscurata in attesa di affioramento e, dall’altra,
propongono un invito ad apprezzare e coniugare la tradizione
con la più recente disciplina officinale. Il contributo che segue
31
di Chiara Guarnieri, ispettrice di zona della Soprintendenza
archeologica, nell’esposizione del Museo, tratterà proprio le
tematiche organiche dello scavo, con reperti botanici e faunistici,
in relazione al Life natura di Campotto, indicando, nella lunga
durata, costanti e diversità del paesaggio naturalistico.
Nerina Baldi
Direttore del sistema ecomuseale di Argenta
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Lo scavo di via Vinarola-Aleotti
Campotto costituisce a tutt’oggi una delle più importanti aree
umide dell'Italia settentrionale; oltre al suo inestimabile valore
ambientale, l’oasi è una viva testimonianza di come doveva
presentarsi l’ambiente intorno ad Argenta nel Medioevo.
Quest’area è stata infatti da sempre caratterizza dalla presenza
di acque e zone umide, documentate dalle fonti già nel XII sec.,
la cui estensione in età medievale era ovviamente molto più
ampia.
L’occasione di verificare come nel Medioevo si presentasse
l’ambiente e come l’uomo ne sfruttasse appieno le caratteristiche
ci è stata fornita dallo scavo, realizzato nel 1993, dell'area di via
Vinarola-Aleotti nella vicina Argenta. L’intervento ha intercettato
una porzione del fossato urbano tombato con una palificata,
ramaglie e rifiuti, tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, per
permette alla città di espandersi verso occidente.
La chiusura del fossato è avvenuta in breve tempo e per
realizzare un perfetto costipamento è stata piantata una fitta rete
di pali in legno alternati a steccati; per realizzare questa prima
opera di bonifica gli argentani utilizzarono quanto avevano a
loro disposizione, raccolto in prossimità del centro abitato: la
palificata è stata infatti fabbricata soprattutto con tronchi di
salici e pioppi - oltre che a querce, frassini, olmi e in piccola
parte noci - alberi tipici dei consorzi boschivi di zone umide. Lo
steccato, piantato alternato ai pali, era fabbricato con polloni di
salice, raccolti all’inizio della primavera: per realizzarlo erano
stati utilizzati i rami più grossi, non scortecciati, che venivano
piantati verticalmente, a cui venivano intrecciati i rami più sottili.
Per le sue caratteristiche estremamente versatili, quali la durevolezza e la flessibilità, questi steccati sono utilizzati ancora oggi
per arginare i canali.
La presenza del legno all’interno del canale non si limitava ai
tronchi e agli steccati; lo scavo ha infatti permesso il recupero di
circa 150 oggetti in legno, in ottimo stato di conservazione. Si
tratta di manufatti relativi alla vita quotidiana, come stoviglie,
33
oggetti di uso personale, attrezzi, parti di mobilio e di case. Per
capire il perché di questa abbondanza bisogna pensare che nel
Medioevo il legno era ampiamente utilizzato, come ai tempi
odierni la plastica. L’analisi delle essenze impiegate nella fabbricazione di questi oggetti ha evidenziato diverse aree di approvvigionamento della materia prima: innanzitutto le formazioni
forestali che un tempo occupavano gran parte della pianura a
cui si affianca una piccola percentuale di legni che erano stati
reperiti altrove. Tra le piante della Pianura Padana troviamo
ancora specie igrofile come salici e pioppi, il cui legno è stato
utilizzato per ben il 31% degli oggetti rinvenuti: si tratta soprattutto
di stoviglie per la tavola come ciotole e piatti, ma anche zoccoli,
che evidentemente erano fabbricati in loco con la materia prima
di maggiore diffusione. Le piante da querceti come aceri, carpini,
frangola, olmo e querce caducifoglie hanno fornito il legno per
mobili, attrezzi, mentre legni duri come il bosso o la fusaria erano
utilizzati espressamente per realizzare oggetti sottoposti a costante
usura come pettini e fusi.
L’ambiente naturale è stato analizzato anche tramite lo studio
dei pollini;in questo modo si è potuto determinare il paesaggio
vegetale presente nel territorio argentano tra la fine del XIII e
l’inizio del XIV secolo. Sono stati identificati due tipi di paesaggio;
quello antropico, condizionato dall’azione dell’uomo, e quello
naturale, che trova pertinenti confronti con Campotto. Si tratta
di querceti mesoigrofili planiziali (querce caducifoglie, frassini,
olmi, aceri e carpini) e di consorzi boschivi in zone umide (salici,
pioppi, ontani). Nel fossato inoltre erano presenti anche piante
tipiche di questi ultimi ambienti quali elo/idrofite (piante galleggianti o radicate al substrato), come le ninfee.
Il costipamento del fossato fu terminato nella sua parte finale
con lo scaricamento dei rifiuti urbani: ceramiche, vetri, metalli
ma anche resti di pasto; in particolare quest’ultima categoria
riveste un interesse precipuo per la determinazione dell'ambiente,
oltre che dell’alimentazione medievale.
Dalla setacciatura del terreno di scavo sono venuti in luce i
resti di semi e frutti, essenzialmente divisibili in due categorie:
quella relativa agli indicatori antropici, come le piante coltivate
o che segnano il passaggio dell’uomo e il contingente naturale.
Quest’ultimo a sua volta vede la presenza di due categorie di
piante: le legnose spontanee e le piante da ambienti umidi. Per
il primo caso (legnose spontanee) si tratta di piante comuni nei
boschi planiziali (dulcamara, luppolo, nocciolo, prugnolo, rovo,
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salice); il secondo gruppo riveste un notevole interesse poiché
comprende le piante da ambienti umidi. In particolare sono
documentate piante acquatiche vere e proprie come la mestolaccia,
la gamberaia, il ceratofillo, la lenticchia e i ranuncoli d’acqua,
piante che anche oggi fanno parte della flora delle zone umide
ferraresi e presenti anche a Campotto, ad eccezione della gamberaia, ormai scomparsa: il rinvenimento di Argenta è di particolare importanza perché costruisce il primo di questo tipo in
regione.
Oltre ai resti vegetali all’interno del fossato sono state recuperate
numerosissime ossa che ci parlano dell’economia, dell’ambiente
e dell’alimentazione di Argenta durante il Medioevo. Oltre agli
animali allevati dall’uomo, lo scavo ha documentato la presenza
di animali selvatici. In particolare l’avifauna è rappresentata da
esemplari ancora oggi presenti nell’oasi di Campotto; innanzitutto
le anitre di superficie come il germano, la marzaiola, il fischione,
il codone, l’alzavola le cui ossa presentano tagli determinati dal
consumo. Tra gli uccelli di profondità si segnalano il tuffetto, il
cormorano e il marangone. Tra gli uccelli tipici dei canneti sono
presenti resti di tarabuso, tarabusino, sgarza ciuffetto, voltolino,
gallinella d’acqua, fologa, pittima reale, mignattino piombato.
Sono documentati anche i rapaci come l’albanella minore, la
poiana, il barbagianni, il gufo di palude. Altro uccello il cui canto
ancora si sente cantare tra i cespugli di Campotto è il rigogolo.
L’ittiofauna comprende lo storione, il luccio, il cefalo, alcuni
ciprinidi (tinca, scardola, barbo, cavedano); sono stati recuperati
anche alcuni molluschi marini e il gambero di fiume che una
volta popolava tutte le acque dolci. Dallo scavo abbiamo testimonianza di un unico mammifero frequentante le valli, la lontra;
questo Mustelide è oggetto di notevole interesse ecologico e dato
da molti in via di estinzione. Durante il Medioevo, viste le sue
abitudine acquatiche, era consumato in quanto ritenuto "pesce",
allo stesso modo della folaga.
A cura di Chiara Guarnieri
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