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FOCUS STRATEGIE MILITARI E MEZZI I MEZZI I NUOVI AEREI POTREBBERO DARE IL CAMBIO AI TORNADO
SCHIERATI AD HERAT, IN AFGHANISTAN. PROMOSSI SUL CAMPO LE REGOLE NEL DESERTO VICINO A LAS
VEGAS È STATO RICOSTRUITO UN VERO SET. CON STRADE E VILLAGGI. IL COORDINAMENTO TRA PAESI
L' addestramento Usa dei piloti italiani
I compiti La scorta a un convoglio di mezzi è uno dei
compiti di questi velivoli. Che verificano la presenza di
uomini armati e di agguati lungo il percorsoSimulazione in
Nevada. Poligono di 10 mila km quadrati Provati gli Amx.
Si impara a non rischiare la vita dei civili
BASE DI NELLIS (Nevada) - I caccia si staccano dalla pista e compiono una rapida virata a destra.
Manovra necessaria per non disturbare la quiete di un campo da golf e non finire sopra gli scintillanti
casinò di Las Vegas, distanti pochi chilometri. Poi, lasciati alle spalle i grattacieli, i velivoli puntano
verso Nordovest. Neppure venti minuti e sono come in guerra. Un tavolato desertico, fiancheggiato da
montagne color biscotto, racchiude un gigantesco poligono di quasi diecimila chilometri quadrati. Ci
sono accampamenti, postazioni e una dozzina di villaggi da nomi orientali, completi di moschee, negozi,
bancarelle di kebab e pecore. Non mancano neppure gli abitanti. Afghani veri, mescolati a comparse
locali, arruolate tra i disoccupati. È l' area di Fort Irwin dove il Pentagono ha ricreato un ambiente
operativo simile a un set. Può essere l' Iraq come l' Afghanistan. A terra sfilano carri, blindati e auto
«civili». Sopra incrocia il meglio dell' aviazione militare. F16, F15, i supersegreti F22: non a caso
chiamano Nellis la «terra dei caccia». Ed è qui che si sono addestrati fino al 4 settembre, gli aerei Amx
Acol italiani. Prima hanno partecipato all' esercitazione «Green Flag» che prevedeva il supporto alle
truppe (Cas). Quindi alla «Red Flag» che contemplava scontri con forze aeree nemiche. Nella mischia
anche jet americani e degli Emirati Arabi Uniti. Un test importante per la nostra aviazione e per i 34
piloti inviati a Nellis. Oltre 170 le sortite coronate da successo. Gli Amx, i loro piloti e il personale
tecnico - 175 persone in tutto - hanno dimostrato di poter affrontare le prossime sfide. Non è escluso che
i «Ghibli» - questo il loro nomignolo - possano dare il cambio ai Tornado schierati ad Herat,
Afghanistan. E dunque hanno intensificato la preparazione conducendo missioni adatte a quello
scenario. Come la scorta ad un convoglio di mezzi. «Il compito degli Amx, in questo caso, è di verificare
la presenza di uomini armati lungo una strada o la possibilità che qualcuno abbia preparato un agguato.
Magari con un ordigno esplosivo» spiega il colonnello Giorgio Foltran, comandante del gruppo inviato
negli Usa. In altre occasioni i «Ghibli» sono intervenuti in aiuto di truppe sotto attacco, sganciando
bombe (inerti) a guida laser e cannoncino. Azioni «vere» visto l' impiego nel poligono di ben 5 mila
soldati statunitensi. Al loro fianco c' erano anche dei militari italiani - incursori dell' Aviazione, fucilieri
dell' Aria e parà del 185° reggimento - che avevano il compito di guidare le incursioni. Conosciuti in
gergo come gli «illuminatori», usano le radio per comunicare con i piloti e puntatori laser con i quali
«illuminano» i bersagli. Il coordinamento cielo-terra, sottolinea Foltran, è indispensabile per il successo
del blitz ma anche per evitare i rischi di fuoco amico ed eventuali perdite tra i civili. La strage di Kunduz
provocata da un caccia americano è la drammatica conferma di quanto possano essere gravi le
conseguenze di un intervento sbagliato. E di come in Afghanistan civili e insorti condividano lo stesso
territorio. L' ordine impartito ai nostri piloti è chiaro: in caso di dubbio non si attacca. Una disposizione
condivisa dal comando delle truppe statunitensi in Afghanistan, ma che a volte è disattesa e non basta
ad evitare la morte di innocenti. Altro risvolto importante quanto delicato è quello dello stretto
coordinamento con forze di altri Paesi. In Afghanistan i nostri si trovano fianco a fianco con truppe
alleate e dunque è necessario parlare la stessa «lingua». Ecco perché a Nellis si è lavorato molto sul
rapporto interforze. «In una missione nel poligono di Leach Lake - racconta Foltran - un drone
americano, pilotato da un britannico, ha fatto da guida all' incursione dell' Amx». Può capitare che i
caccia italiani siano chiamati a tirare fuori dai guai un team spagnolo finito in trappola. O a creare uno
scudo a una pattuglia inglese rimasta accerchiata. Ed è quello che hanno provato a fare i piloti italiani
nel deserto. «Con Green Flag hai il realismo al 99 per cento. Usi tutte le tattiche possibili, verifichi le
probabili minacce. Dopo di questo non c' è nulla. E poi sul piano personale hai la possibilità di misurare
te stesso» dice il maggiore Roberto Magnani. Molto apprezzato, lo scambio di informazioni con chi è
appena stato al fronte. «Sono le lezioni che vengono dal campo che ti aiutano ad apportare dei cambi, a
migliorare le tecniche ed impiegare gli stessi standard»aggiunge il tenente colonnello Luca Massimi, un
altro pilota. Un confronto che non vuol dire solo adeguare i manuali. Preziosi i consigli pratici suggeriti
da chi ha vissuto lunghe esperienze. Come portarsi dietro un binocolo con stabilizzatore o una penna
laser. Piccoli trucchi del mestiere che però funzionano. Gli equipaggi hanno anche sperimentato
impegnative sortite in notturna con l' ausilio di speciali visori. «Quando voli sul deserto e c' è poca Luna
è come attraversare un gigantesco buco nero» ti raccontano. E dentro quel pozzo devi trovare il nemico
e colpirlo sperando che l' unità amica non sia troppo vicina al bersaglio. «Se a terra non c' è lo
specialista che ti guida - spiega Luca Massimi - si crea una situazione difficile, quasi di emergenza. E la
responsabilità ricade tutta sulle spalle del pilota. Certamente i visori aiutano, ma assorbono energie e
attenzione del pilota». Le esercitazioni hanno poi confermato la «maturità» dell' Amx, presente in
alcune decine di esemplari nella nostra aviazione, con il 32° Stormo di Amendola e il 51° di Istrana. La
versione Acol - monoposto - ha ricevuto un nuovo munizionamento, una strumentazione che ne
migliora le capacità di combattimento e navigazione. In grado di raggiungere i 940 chilometri orari,
dotato di cannoncino da 20 millimetri, porta sotto le ali carichi bellici vari (bombe, missili Sidewinder)
e sistemi da ricognizione tattica, il jet è un cacciabombardiere leggero concepito per dare protezione alle
unità terrestri. E l' Afghanistan, di conseguenza, sarebbe il teatro ideale. Un intervento che deve tenere
conto delle regole di ingaggio imposte dai diversi Paesi Nato. E così i «Tornado» italiani conducono
missioni di ricognizione e possono solo usare il cannoncino. Tre mesi fa, dopo molte perdite tra la
popolazione, il comandante americano, generale Stanley McChristal, ha ribadito che il ricorso alle
bombe in Afghanistan deve avvenire nel caso che si palesi una seria minaccia per le truppe: «Se stanno
per essere sopraffatte allora sganciate il carico bellico, altrimenti usate i cannoncini». In qualche
occasione gli F18 dell' Us Navy si sono limitati a un passaggio a bassa quota seguiti da raffiche. Ma a
Kunduz, per distruggere le autocisterne rubate dai talebani, i piloti non hanno usato la stessa prudenza
e risultati sono stati devastanti.
Olimpio Guido
CORRIERE DELLA SERA 6 SETTEMBRE 2009