IL PROGRAMMA DI LIQUIDAZIONE NELLE PRASSI APPLICATIVE
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IL PROGRAMMA DI LIQUIDAZIONE NELLE PRASSI APPLICATIVE
IL PROGRAMMA DI LIQUIDAZIONE NELLE PRASSI APPLICATIVE DEI TRIBUNALI di Mauro Vitiello SOMMARIO: 1. Natura e finalità del programma di liquidazione. Definizione dei rapporti tra i diversi organi della procedura – 2. Il contenuto del programma di liquidazione – 3. Le tecniche di redazione del programma di liquidazione – 4. Il termine per la predisposizione del programma di liquidazione – 5. La liquidazione anticipata, il cd. abbandono di beni ed il supplemento del piano di liquidazione - 6. Il programma di liquidazione cd. “negativo” – 7. Il procedimento di approvazione - 8. Il procedimento di approvazione del programma di liquidazione secondo le indicazioni operative ai curatori diramate dai giudici della sezione fallimentare di Milano. 1. Natura e finalità del programma di liquidazione. Definizione dei rapporti tra i diversi organi della procedura. Il comma primo dell’art. 104 ter stabilisce che il programma di liquidazione “costituisce l’atto di pianificazione e di indirizzo in ordine alle modalità e ai termini previsti per la realizzazione dell’attivo”. Strumento nuovo la cui disciplina, modificata in modo penetrante dal decreto cd. correttivo n. 169/07, finisce per condizionare significativamente tutta la fase della liquidazione dell’attivo, il programma di liquidazione rileva altresì nel contribuire a definire la natura dei rapporti tra i diversi organi della procedura fallimentare. La norma detta il principio secondo cui il programma di liquidazione integra un atto programmatico unitario, provvisto inoltre di una valenza giuridica peculiare, dal momento che esso comporta una vera e propria assunzione di responsabilità del curatore rispetto ai creditori. Il programma, proprio in quanto tale costituisce, ove risultino disattese le previsioni in esso formulate, oltre che una possibile fonte di responsabilità per danni cagionati dalla curatela, un decisivo parametro di valutazione della diligenza dell’organo gestorio nella gestione della procedura1. In coerenza con la natura sua propria di piano sistematico e strategico della liquidazione concorsuale2, il programma ha quale destinatario principale l’organo direttivo, cioè il comitato dei creditori, cui spetta un penetrante controllo sul merito delle scelte gestionali, cioè sulla convenienza, opportunità e congruità delle strategie liquidatorie e/o recuperatorie della curatela3. Dalla considerazione delle rispettive prerogative del curatore e del comitato, così come delineate dal sistema scaturito dalla complessiva riforma del diritto concorsuale, discende che, nell’ipotesi in cui dovesse sorgere un conflitto, quanto al merito delle scelte gestionali, tra comitato dei creditori e curatore, nel senso che quest’ultimo non condivida le proposte di modifica del piano formulate dal comitato, non v’è dubbio che l’organo direttivo debba prevalere sull’organo gestorio. dottrina ci si è spinti a considerarlo “un vero e proprio contratto con i creditori concorsuali, il cui inadempimento può essere per il curatore fonte di responsabilità per danni e di eventuale revoca dalla carica”. Per ulteriori approfondimenti Bartolomeo Quatraro in Il nuovo diritto fallimentare, A. Jorio e M. Fabiani (a cura di), Bologna 2007, 1662. 2 M. Mastrogiacomo, La liquidazione dell’attivo nel fallimento, Milano, 2007, pag. 59. 3 Sotto questo profilo va evidenziato che il vero limite della previsione delle nuove importanti prerogative del comitato dei creditori, divenuto organo direttivo della procedura, sta nel fatto che, essendo esso composto da singoli creditori, c’è il rischio che si faccia portatore esclusivo dell’interesse dei suoi componenti, e non dell’intero ceto creditorio. 1In Ne consegue che il curatore non abbia spazio alcuno di resistenza rispetto alle indicazioni del comitato, ove queste ultime dovessero divergere dalle scelte contenute nel programma di liquidazione, fatte salve, ovviamente, le ipotesi in cui le determinazioni del comitato dei creditori integrino violazioni di legge. In tali casi, infatti, il curatore conserva la possibilità di ricorrere allo strumento del reclamo al giudice delegato, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 36 l. fall. L’introduzione dell’istituto di cui all’art. 104 ter l. fall. risponde, nelle intenzioni del legislatore della riforma, all’esigenza di realizzare l’auspicabile razionalizzazione dell’attività liquidatoria4. Le esperienze applicative di questi primi anni consentono di confermare quanto sin da subito evidenziato dalla dottrina quanto ai requisiti essenziali del programma di liquidazione, che deve essere anzitutto completo, esaustivo ed onnicomprensivo5. Il programma deve infatti contemplare tutte le attività di realizzazione dell’attivo, consistano esse nella vendita di beni mobili ed immobili, nell’esercizio di diritti, nell’esperimento di azioni e in quant’altro ancora possa avere quale effetto la realizzazione di risorse finanziarie. Il secondo requisito che deve necessariamente caratterizzare il programma di liquidazione è la sua analiticità. Ogni attività liquidatoria, così come ogni attività recuperatoria, va puntualmente descritta quanto a modalità, tempi e prospettive di realizzazione da essa derivanti. La necessaria analiticità del programma discende direttamente dall’esigenza di assicurare un’effettiva partecipazione all’attività gestoria da parte del comitato dei creditori, che diversamente non potrebbe essere messo in condizione di svolgere efficacemente il suo ruolo di organo direttivo della procedura. Analogamente, il giudice delegato potrà svolgere la generale funzione di vigilanza sulle gestione del curatore, e soprattutto operare il controllo di coerenza degli atti esecutivi con il contenuto del programma, solo in presenza di un piano analitico e dettagliato6. Dalla funzione informativa e dalla destinazione a terzi (creditori, fallito, giudice) discende inoltre che il piano debba essere redatto con chiarezza e prudenza, con l’evidenziazione degli aspetti critici e la formulazione di previsioni di realizzo improntate a criteri realistici. Le prassi seguite dai tribunali non sembrano invece seguire un’altra indicazione proveniente dalla dottrina, che ha individuato l’esigenza che l’istituto sia provvisto di un ulteriore requisito, quello della flessibilità7. Per garantire la miglior soddisfazione possibile ai creditori, è richiesto al curatore di prospettare le ipotesi liquidatorie o recuperatorie dipendenti dal verificarsi, a determinate scadenze, di determinate condizioni, condizioni che egli stesso introdurrà nella pianificazione. Ben potrebbe, ad esempio, il curatore prospettare una vendita dell’azienda subordinandola alla sua conclusione entro il termine utile per considerare ancora esistente l’avviamento, riservandosi la residuale possibilità di vendere separatamente i singoli beni nell’ipotesi in cui detto termine dovesse spirare invano. Il requisito della flessibilità che, al contrario di quelli della completezza ed dell’analiticità, non va considerato elemento di legittimità dell’istituto, ma 4 S. Ambrosini, G. Cavalli, A. Jorio, Il Fallimento, Trattato di diritto commerciale, Padova, 2009, 624. R. Fontana, Il programma di liquidazione, in Le nuove procedure concorsuali, S. Ambrosini (a cura di), Bologna, 2008, 224. Di onnicomprensività, condivisione della programmazione, celerità e de formalizzazione parla C. Esposito, Il nuovo diritto fallimentare, A Jorio e M. Fabiani (a cura di), Bologna 2007, 1671; in senso analogo Fimmanò-Esposito, La liquidazione dell’attivo fallimentare, Milano, 2006, 3 e segg. 6 Sul tema R. Fontana, op. cit., 224 e segg. 7 R. Fontana, op. cit., pag. 227 5 2 semplicemente un criterio cui auspicabilmente il curatore deve tener conto nella costruzione del contenuto del piano previsto dall’art. 104 ter, risponde alla necessità di limitare il ricorso da parte del curatore al supplemento del programma. E’ infatti evidente che con la previsione di varianti attuative del piano, la cui realizzazione sia condizionata al verificarsi o meno di eventi, o al decorso o meno di un certo lasso di tempo, prima che determinati eventi si siano realizzati, la necessità di integrazioni del piano successive al momento della sua approvazione resti confinata ad ipotesi residuali. Come detto, proprio perchè atto di necessaria formazione plurisoggettiva, il programma di liquidazione integra un importante momento di definizione del nuovo sistema dei rapporti tra gli organi della procedura: il curatore, organo gestorio, ha il compito di redigerlo, secondo i criteri dettati dalla legge fallimentare ed in funzione delle sue scelte operative, discrezionali sì, ma obbligatoriamente orientate alla miglior tutela dell’interesse della massa dei creditori; il comitato dei creditori, organo di direzione, ha il potere di approvazione, sulla base di una valutazione di convenienza ed opportunità che deve tener conto degli interessi dell’intero ceto creditorio; il giudice delegato, cui spetta un generale controllo di legittimità, deve verificare la rispondenza alle norme di legge del contenuto e della struttura del programma, oltre che dell’iter di formazione dello stesso. La predisposizione del programma rappresenta un atto complesso ed impegnativo che può assimilarsi, utilizzando la terminologia della tecnica gestionale, al budget8. Il legislatore della riforma ha mutuato dal diritto societario il principio per cui non c’è impresa senza un progetto, prevedendo che non vi possa essere un’efficace e pronta liquidazione fallimentare senza che a monte vi sia un atto di pianificazione, tale da assicurare la funzionalità della gestione e, ove possibile, il mantenimento sul mercato del complesso aziendale, con l’auspicabile conservazione dei livelli occupazionali9. La pianificazione viene vista, oltre che come strumento di razionalizzazione dell’operato del curatore, come mezzo di garanzia della corretta informazione ai creditori, al fallito e a qualunque interessato. La funzione informativa, da cui derivano, come detto, la necessaria analiticità e completezza del contenuto del programma, consente inoltre un controllo dello stato di attuazione del programma stesso. Il controllo, spettante sia al giudice delegato, sia ai creditori, è quello finale che si realizza per il tramite del rendiconto previsto dall’art. 116 l. fall., che integra il “consuntivo” della gestione della curatela, ma deve potersi realizzare periodicamente, previo utilizzo del rapporto riepilogativo semestrale previsto dall’ultimo comma dell’art. 33 l. fall. La cd. relazione periodica è destinata al comitato dei creditori, cui va trasmessa unitamente agli estratti conto dei depositi postali o bancari relativi al periodo. Ciò non esclude che anche il giudice delegato possa chiederne la trasmissione, proprio per verificare lo stato di attuazione del programma di liquidazione, nonostante ciò non sia espressamente previsto dall’art. 33, ultimo comma l. fall., e ciò per il principio generale espresso dall’art. 25 n. 3 l. fall., che prevede il potere del giudice delegato di 8 A. Campochiaro e M. Vitiello, Il programma di liquidazione, in Le procedure concorsuali, guida operativa interdisciplinare, P. De Marchi e C. Giacomazzi (a cura di), Milano, 2008, 74 9 Il modello cui il legislatore sembra essersi ispirato è quello del programma relativo all’indirizzo dell’attività del commissario dell’impresa assoggettata ad amministrazione straordinaria, previsto dall’art. 54 d. lgs. N. 271/99, con i dovuti distinguo derivanti dal fatto che, evidentemente, nel fallimento, al contrario che nell’amministrazione straordinaria, l’obiettivo non può essere costituito dal riequilibrio economico dell’impresa. In proposito cfr. F. D’Aquino, commento all’art. 104 ter, in La legge fallimentare, decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169. Disposizioni integrative e correttive, M. Ferro (a cura di), Padova, 2008, 195. In senso analogo anche M. Mastrogiacomo, op. cit., 59 3 convocazione del curatore ogni qualvolta lo ritenga opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura. Del resto il giudice delegato, anche nel nuovo sistema, è l’organo caratterizzato da una posizione di centralità, sia pure ridotta per la vista perdita del generale potere direttivo10. Egli svolge infatti, principalmente, un diffuso controllo di legittimità, dovendo verificare la rispondenza alle norme di legge di ogni atto del procedimento-fallimento; secondariamente un controllo sulla condotta del curatore, con la precisazione che detto controllo non può esplicarsi con riguardo al singolo atto di gestione, ma soltanto sulla complessiva condotta di amministrazione della procedura, sfociando nella possibilità di chiedere al tribunale la revoca del curatore, nei casi più gravi di gestione inappropriata e nelle ipotesi di sopravvenuta mancanza del rapporto fiduciario tra giudice delegato e curatore (art. 37 l. fall.)11; in terzo luogo al giudice delegato viene riconosciuta una funzione di coordinamento degli organi della procedura, funzione che viene esplicata con la possibilità di convocare curatore e comitato dei creditori in ogni momento in cui sia ritenuto necessario (la norma cardine di cui all'art. 25, n. 3 l. fall. prevede che “il g.d convoca il curatore ed il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge ed ogni qual volta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura”); infine, come si vedrà, ma nelle sole viste ipotesi tassativamente previste dalla legge, il giudice delegato ha una funzione direttiva residuale ed aggiuntiva rispetto a quella esercitata dal comitato dei creditori. La funzione decisoria, prevista per il g.d. sui reclami presentati avverso gli atti e i dinieghi del curatore e del comitato dei creditori (art. 36 l. fall.) va ritenuta null’altro che un corollario di tale posizione di centralità, ed in particolare del potere di controllo di legittimità e della funzione di coordinamento degli organi. 2.Il contenuto del programma di liquidazione Il Legislatore ha previsto quale debba essere il contenuto del programma di liquidazione, elencando i dati informativi che lo devono caratterizzare: -l’opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell’articolo 104, ovvero l’opportunità di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell’articolo 104 bis; -la sussistenza di proposte di concordato fallimentare ed il loro contenuto; -le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito12; -le possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco; -le condizioni della vendita dei singoli cespiti. L’elencazione non è tassativa, lasciando spazio a contenuti non espressamente contemplati, ma il cui inserimento nel documento programmatico deve ritenersi opportuno e coerente con la funzione svolta dal programma. 10 In questi termini M. Giusta, commento all’art. 25, in Codice commentato del fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2008, 206; G. Lo Cascio, Commento all’art. 25, in Il nuovo diritto fallimentare, A. Jorio e M. Fabiani (a cura di), Bologna, 2006, 472, evidenzia come il giudice delegato abbia mantenuto gli strumenti di cui disponeva nella previgente disciplina per esercitare le sue prerogative: esame delle relazioni, richieste di chiarimenti e notizie, acquisizione di documenti, convocazioni, accessi in loco ecc. 11 In proposito cfr. M. Mastrogiacomo, op. cit., pag. 61. 12 Il decreto correttivo n.169/07 ha integrato la precedente previsione prevedendo l’obbligatorietà della specifica informazione in merito al possibile esito di tali azioni. La previsione di cui all’art. 104 ter lett. c) va necessariamente coordinata con la disposizione di cui all’art. 106 l. fall., secondo cui il curatore può cedere i crediti futuri anche se oggetto di contestazione e può inoltre cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizi sono già pendenti. 4 Nessuno dubita, infatti, che il programma possa avere anche un contenuto atipico, estendendo la sua funzione informativa ad elementi diversi da quelli enucleati dall’art. 104 ter. La prassi dei tribunali fallimentari ha già elaborato principi redazionali che tengono conto, principalmente, oltre che della necessità di garantire la realizzazione della miglior informazione possibile, quanto ai criteri gestionali seguiti nella realizzazione dell’attivo, anche dell’esigenza di collegare al contenuto del programma la funzione di controllo sull’operato del curatore. Poichè il controllo spetta, come detto, con le dovute differenze sulla natura dello stesso, sia al giudice delegato, sia al comitato dei creditori, sia infine al fallito, ne discende che nulla osta, in astratto, a che nel piano il curatore inserisca ogni dettaglio inerente alle sue scelte strategico-gestionali. Si allude, a mero titolo di esempio, ai nominativi dei professionisti o esperti scelti quali coadiutori e dei legali che si intenda nominare per le azioni giurisdizionali; all’istituto di credito scelto per depositare la liquidità della procedura; all’indicazione dei rapporti giuridici che siano pendenti al momento della dichiarazione di fallimento ed all’indicazione delle scelte del curatore quanto al subentro o allo scioglimento da essi. L’atipicità del contenuto incontra quindi il solo limite degli elementi che per ragioni di riservatezza non possano essere divulgati13, tenendo presente che è comunque ben possibile, e nella prassi non infrequentemente avviene, che si ricorra allo strumento della secretazione (vedi infra). Peraltro, va rilevato che il legislatore abbia manifestato una sorta di ingenuità nel prevedere la necessità che il programma individui l’opportunità di procedere all’esercizio provvisorio dell’impresa o all’affitto d’azienda, ignorando che in tali casi è inevitabile che la scelta gestionale intervenga nell’immediatezza della dichiarazione di fallimento, senza che sia possibile attendere il tempo necessario per la predisposizione del programma, se non perdendo la possibilità di conservare l’impresa. In presenza di un’azienda ancora viva, infatti, il curatore avrà necessità di ricorrere a quanto previsto dagli articoli 104 e 104 bis l.fall., che consentono di anticipare l’esercizio provvisorio e l’affitto di azienda ad un momento antecedente all’approvazione del programma. In tali ipotesi il curatore, ovviamente, dovrà dare atto nel programma di quanto già autorizzato dal giudice delegato ex art. 104 o 104 bis l. fall., arricchendo il dato di quelle informazioni che per effetto del tempo trascorso sarà possibile fornire. Nella contraria ipotesi, in cui l’opportunità di conservare l’azienda non sussista, il curatore dovrà ribadirlo nel programma di liquidazione, in ossequio alla funzione informativa insita nello strumento. Del resto, non v’è dubbio che nel piano previsto dall'art. 104 ter l’azienda assuma piena centralità, sia se ricollocabile sul mercato, nella sua interezza o limitatamente ad un suo singolo ramo, nella speranza che il cambio di gestione consenta che il capitale investito sia remunerato a condizioni di mercato, sia nel caso in cui si sia disgregata, con conseguente impossibilità di garantire la prosecuzione dell’impresa. Quanto invece alle eventuali le proposte di concordato fallimentare, così come per i presupposti delle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie14, nella maggior parte dei casi la loro esistenza si manifesta in un momento successivo alla redazione del programma di liquidazione; di qui il frequente ricorso all’istituto del supplemento del piano di liquidazione, espressamente previsto dall’art. 104 ter, quarto comma l. fall. 13 S. Bonfatti, La liquidazione dell’attivo, in Manuale di diritto fallimentare, Bonfatti-Censoni, 331 In proposito vedi F. D’Aquino, op. cit., pag. 193 e segg., che evidenzia come l’informativa debba essere completa, e comprendere anche la considerazione della fondatezza, dei costi dell’azione, del verosimile impatto che essa è destinata ad avere sull’attivo fallimentare, anche alla luce della solvibilità del destinatario della stessa. 14 5 La necessità di garantire la serietà del dato informativo e l’affidabilità della gestione da parte della curatela consigliano, in tali casi, di imporre al curatore un termine finale entro il quale depositare il supplemento, laddove esso fosse necessario per attendere la presentazione di proposte di concordato o approfondire la fondatezza di azioni giurisdizionali15. La prescrizione è del resto pienamente funzionale alla precisazione del legislatore, secondo cui nel programma devono essere indicate le modalità ed i termini previsti per la realizzazione dell’attivo. In ossequio a tale previsione il curatore dovrà indicare, al contempo, le linee guida strategiche caratterizzanti il suo progetto di liquidazione e, per quanto possibile, i dettagli della fase attuativa. Quanto in particolare alle modalità della vendita dei singoli beni, mobili o immobili che essi siano, pur non essendo il curatore tenuto al rispetto del procedimento della vendita senza o con incanto previsto dalla normativa dettata dal codice del rito civile, sarà necessaria la rigorosa osservanza di due principi-cardine dell’intero sistema della liquidazione dell’attivo: quello secondo cui la vendita deve avvenire a seguito di una procedura competitiva; quello che impone che la vendita sia preceduta da una pubblicità idonea ad assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati all’acquisto del bene16. Va da ultimo evidenziato che il contenuto del programma non deve sovrapporsi a quello della relazione prevista dall’art. 33, 1° co. l. fall., per cui è significativamente previsto un termine di deposito destinato a scadere prima di quello del programma ex art. 104 ter l. fall.17 L’antecedenza logica dei contenuti della relazione ex art. 33, focalizzati sulle cause del fallimento e sulle responsabilità degli organi sociali, impone infatti che vi sia un coordinamento logico tra quanto accertato e riferito nella relazione ex art. 33 e quanto indicato nel programma di liquidazione18. 3.Le tecniche di redazione del programma di liquidazione E' auspicabile che la stesura del programma di liquidazione venga effettuata uniformandosi ad un modello tipizzato, in ossequio a prassi già da tempo adottate da alcuni tribunali per altri documenti, quali la relazione periodica ex art. 33 ultimo comma l. fall. o il conto della gestione; ciò per facilitarne la lettura da parte dei terzi ed in particolare del giudice delegato, cui spetta un’attività di controllo che di regola riguarda un notevole numero di procedure concorsuali. E' prevedibile che lo sviluppo del processo fallimentare telematico lascerà poco spazio alle personalizzazioni, a causa dell’introduzione di regole standardizzate per l’esposizione dei dati e dei contenuti. Per rispondere all’esigenza della chiarezza del documento, può essere utile affiancare al testo, nella sua parte descrittiva, tabelle riepilogative di dati quantitativi e qualitativi. L'adozione di tale struttura, oltre a consentire un’immediata leggibilità del programma, agevola il richiamo ad ogni punto specifico del piano, richiamo possibile sia in occasione della presentazione dell’istanza di autorizzazione all’esecuzione del singolo 15 In tal senso anche la circolare del tribunale di Milano 21.10.08 “Indicazioni operative ai curatori fallimentari riguardo alle modalità di redazione e iter di formazione del programma di liquidazione nelle procedure concorsuali aperte dopo il 1° gennaio 2008”, in wwwtribunale.milano.it 16 R. Fontana, op. cit., 230 e segg. 17 Il termine di sessanta giorni, previsto per il deposito di entrambi i documenti, decorre, quanto alla relazione ex art. 33 dalla dichiarazione di fallimento, quanto al programma di liquidazione dalla redazione dell’inventario. 18 Sul punto vedi anche S. Ambrosini, G. Cavalli e A. Jorio, op cit., 639; R. Fontana, op. cit., 237 e 238. 6 atto, sia nelle ipotesi in cui si renda necessario depositare un supplemento del piano di liquidazione. La complessa articolazione del programma impone la necessità che esso sia accompagnato da un dettagliato indice. Come detto, dal requisito della flessibilità discende che il curatore debba esporre soluzioni liquidatorie alternative, ottenute dalla combinazione di termini e condizioni. Dal requisito dell’analiticità deriva la necessità, sempre in termini esemplificativi, di specificare le forme di pubblicità e le modalità di svolgimento della gara. Il percorso logico attraverso il quale il curatore giunge alla liquidazione di ciascun bene passa necessariamente per le seguenti fasi: ricognizione dell’asse fallimentare, attribuzione del valore ai singoli beni, prospettazione delle diverse possibilità di realizzo, espressione di un giudizio di convenienza, ottenuto dal confronto tra i vantaggi e gli svantaggi propri di ciascuna alternativa, infine indicazione delle modalità operative e attuative delle scelte effettuate19. Ne consegue che, prima di esplicitare le linee direttrici della sua attività liquidatoria, dovrà necessariamente essere illustrato il “quadro” dell’attivo fallimentare esistente (beni materiali ed immateriali, diritti di credito e quant’altro sia suscettibile di realizzo), sulla base dell’inventario redatto, della contabilità rinvenuta e di ogni ulteriore elemento concreto di cui la curatela sia a conoscenza in seguito alle indagini svolte. La redazione del programma deve quindi muovere dalla “fotografia” dell’attivo fallimentare. All’individuazione degli elementi di cui si compone l’attivo, alla loro elencazione e descrizione analitica, deve quindi conseguire l’attribuzione del presumibile valore. Nel caso in cui i beni integrino un complesso aziendale, la valorizzazione dovrà essere eseguita, contestualmente, sia con riguardo al complesso sia con riferimento al singolo bene, ciò in funzione delle successive valutazioni di convenienza. La presentazione dei possibili scenari caratterizzanti la realizzazione dell’attivo, quanto a modalità e tempi di realizzo, comporta la prospettazione delle soluzioni percorribili (sulla scorta delle stime di esperti, delle offerte acquisite, delle indagini di mercato effettuate, dei pareri di legali e di altri professionisti eventualmente nominati), con l’indicazione dei risultati conseguibili in termini di realizzazione economica e di tempo. Come già anticipato, pur in mancanza di una specifica disposizione in tal senso, non v’è dubbio che alcune parti del documento programmatico possano essere oggetto di secretazione, previa adozione di uno specifico provvedimento da parte del giudice delegato, da adottarsi d’ufficio o su conforme sollecitazione da parte del curatore. La prassi suggerisce che di regola possono costituire oggetto di secretazione i contenuti inerenti ai presupposti delle azioni di responsabilità, siano essi o meno correlati a fatti di rilevanza penale, e le clausole contenute in eventuali proposte di concordato fallimentare, specie ove esse integrino una forma di investimento di tipo speculativo, con conseguente necessità di non agevolare eventuali concorrenti che possano fare uso indebito delle informazioni desumibili dalla proposta di acquisizione dell’attivo fallimentare. Inutile dire che l’esigenza di segretezza urta con la necessità di garantire ai creditori ed ad altri interessati la più completa informazione possibile in merito alle prospettive della liquidazione e, quindi, del soddisfacimento del ceto creditorio; di qui la necessità di un equo contemperamento degli interessi in gioco, equo contemperamento che non può che spettare al prudente apprezzamento del giudice delegato. 4. Il termine di predisposizione del programma di liquidazione 19 In proposito vedi S. Bonfatti, op. cit., 331 7 Il termine di sessanta giorni, decorrente dalla ultimazione delle operazioni di inventariazione dei beni facenti parte dell’asse fallimentare, imposto al curatore dall’art. 104 ter, primo comma, l. fall. per la predisposizione del programma di liquidazione, attesta come l’intento del legislatore sia quello di mettere tempestivamente i creditori in condizione di conoscere quali siano le prospettive di soddisfacimento delle loro ragioni creditorie. Non solo, la previsione di un termine così contenuto risponde alla necessità di contrarre al massimo i tempi della realizzazione dell’attivo ed esprime inoltre l’auspicio del legislatore che venga abbandonata la tradizionale divaricazione temporale delle attività di accertamento del passivo e di realizzo dell’attivo, nella convinzione che soltanto un tempestivo ricollocamento dei beni, o dell’intera azienda del fallito, possa consentire la realizzazione delle finalità conservative della procedura. Peraltro, nella consapevolezza che la conservazione dell’attività d’impresa non possa perseguirsi sempre, ma anzi in una percentuale verosimilmente non rilevante dei fallimenti, la sovrapposizione temporale delle attività di accertamento del passivo e di pianificazione del realizzo dell’attivo soddisfa quantomeno l’esigenza di una progressione della procedura secondo tempi intesi a favorire il celere soddisfacimento dei creditori concorsuali. La discussione inerente alla ordinatorietà o perentorietà del termine deve ormai considerarsi sopita, prevalendo nelle prassi dei tribunali la linea intesa a consentire deroghe alla scadenza del termine. Appare quindi condivisibile l’opinione prevalente secondo cui, in mancanza di specifiche previsioni di sanzioni nei confronti del curatore per la sua inosservanza, il termine non possa che considerarsi ordinatorio20. Ad orientare l’interprete verso la tesi della natura ordinatoria del termine, oltre al principio espresso dall’art. 152, u. co. c.p.c., secondo cui la perentorietà deve discendere sempre da una sua espressa previsione, c’è altresì l’imprescindibile esigenza che il programma di liquidazione abbia quegli standard minimi di completezza, analiticità e flessibilità, intesi a limitare ad ipotesi residuali l’applicazione della norma di cui all’art. 104 ter, co. 5° l. fall., che consente la presentazione di un supplemento del piano per sopravvenute esigenze. In tale ottica, deve ritenersi preferibile una proroga del termine, finalizzata a consentire la predisposizione di un programma esaustivo, piuttosto che il rispetto formale dello stesso, previo deposito di un documento non significativo, in quanto privo di un effettivo contenuto informativo e programmatico ed infarcito di clausole di stile, accompagnato dalla riserva mentale del curatore di far ricorso all’istituto del supplemento del piano. In ogni caso, le esigenze di celerità ed efficienza che ispirano la riforma, quelle di garantire che l’efficacia della gestione da parte del curatore sia costantemente controllata dal comitato dei creditori e dal giudice delegato, inducono a ritenere che la possibilità di non rispettare la scadenza da parte del curatore sia subordinata all’espressa autorizzazione da parte del giudice delegato. Il mancato rispetto del termine, se non preceduto da conforme autorizzazione del giudice delegato, o quantomeno da una successiva ratifica, oltre a rappresentare un elemento di giudizio negativo dell’operato del curatore, potrà quindi costituire, nei casi più gravi, motivo per la richiesta della sua revoca e sostituzione21. 20 Contra, cioè nel senso della perentorietà del termine, desunta sia dalla circostanza che il termine decorre dal completamento dell’attività di ricognizione e stima del patrimonio del fallito, sia dal fatto che è scomparsa la subordinazione della liquidazione all’adozione del decreto che rende esecutivo lo stato passivo C. Esposito, op cit., 1674; 21 Non c’è dubbio che una significativa e non giustificata disattenzione del termine possa integrare causa di revoca del curatore da parte del tribunale, cui spetta il potere-dovere di controllo sulla condotta 8 Resta evidente che l’autorizzazione al differimento resti condizionata alla valutazione dell’effettiva esistenza delle ragioni poste a fondamento della richiesta di dilazione. Poiché la decorrenza del termine è dalla redazione dell’inventario, e non già dalla dichiarazione di fallimento, si tratta in realtà di un termine mobile, adattabile alla singola procedura secondo la complessità e la consistenza della medesima. Vanno peraltro scoraggiate le prassi intese a determinare lo slittamento del termine con l’espediente del ritardo nella redazione dell’inventario: come detto, è molto più rispettoso dell’esigenza di garantire una corretta dialettica tra i vari organi della procedura ritenere che il curatore possa e debba chiedere la proroga del termine ogni qual volta la complessità del fallimento, considerata unitamente alla caratteristiche di contenuto che il piano deve obbligatoriamente avere, lo imponga. Qualora la procedura non disponga di beni mobili inventariabili e pertanto non si proceda al deposito in cancelleria dell’inventario, per l’individuazione del dies a quo potrà farsi riferimento al documento che il curatore è tenuto a redigere per attestare la mancanza di beni, cioè al verbale di ricognizione informale negativo22. 5.La liquidazione anticipata, il cd. abbandono di beni ed il supplemento del programma di liquidazione L’art. 104 ter, al comma 6 prevede che “prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione dei beni previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori”. Sotto un profilo logico-sistematico, va osservato che la norma contiene un’anomala ripartizione di competenze tra gli organi della procedura, dal momento che prevede che il potere autorizzativo spetti al giudice delegato, sottraendolo al comitato dei creditori, cui in questo caso è riservata una funzione meramente consultiva, non vincolante. Verosimilmente la norma sconta la sua omessa modifica nonostante la correzione di rotta intervenuta con il decreto legislativo n. 169/07, che ha sottratto l’approvazione del programma di liquidazione al giudice delegato per conferirla al comitato, in piena coerenza con il nuovo sistema delle prerogative degli organi del fallimento. Resta il fatto che per liquidare anticipatamente rispetto al momento in cui interviene l’approvazione del programma il curatore ha la necessità di ottenere l’autorizzazione del giudice delegato, che pertanto in tale occasione interviene quale organo direttivo vero e proprio. Detto ciò, va ricordato che la cd. liquidazione anticipata si verifica con una certa frequenza, nei casi in cui siano previsti costi di custodia e di conservazione dei beni non compatibili con le effettive prospettive di realizzo, quando vi sia necessità di liberare immobili di proprietà di soggetti diversi dal fallito e di limitare quindi al minimo costi prededucibili, infine quando il decorso del tempo determini una progressiva rilevante perdita di valore dei beni, in quanto deperibili o suscettibili di perdere rapidamente appetibilità sul mercato23. dell’organo gestorio, come desumibile dal mantenimento della norma di cui all’art. 37 l. fall. in termini coincidenti rispetto a quanto previsto sotto il vigore della precedente disciplina 22Nelle prassi di alcuni tribunali, anche qualora sia necessario inventariare i beni il curatore, prima di iniziare il formale procedimento di inventariazione, procede all’immediata ricognizione informale dei beni, senza l’assistenza del cancelliere e in assenza del perito stimatore, provvedendo quindi a depositare in cancelleria una elencazione sommaria dei beni rinvenuti. 23 Di vendita anticipata, peraltro, si parlava anche sotto il vigore della passata disciplina, nell’ipotesi in cui il curatore provvedeva a liquidare dei beni prima che venisse reso esecutivo lo stato passivo. Anche in tali casi la deroga era considerata ammissibile in casi di urgenza e necessità, per sfruttare condizioni di mercato particolarmente vantaggiose o per evitare alla massa dei creditori inutili spese. Così G. Lo Cascio, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Milano 1998, 423. 9 Contrariamente a quanto previsto per l’ipotesi della liquidazione anticipata, per la quale come detto permane un potere autorizzativo residuale in capo al giudice delegato, la fattispecie del cd. abbandono di beni, prevista dal settimo comma dell’art. 104 ter l. fall., secondo cui “Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all’attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l’attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente”, viene ricondotta ad un meccanismo autorizzativo coerente con il sistema scaturito dalla riforma, che prevede che il potere direttivo sia esercitato dal comitato dei creditori. L’abbandono dei beni ricorre in tutti i casi in cui la loro acquisizione o liquidazione risulti troppo onerosa, e quindi non conveniente per i creditori, per quali è tuttavia prevista una clausola di salvaguardia, consistente nella previsione dell’obbligo, per il curatore che voglia avvalersi della possibilità di non liquidare, di darne comunicazione ad ogni creditore, perché questi sia messo in condizione di esercitare azioni esecutive o cautelari individuali sui beni rimessi nella disponibilità del debitore, in deroga al principio “cardine” di cui all’art. 51 l. fall.24 Sotto il profilo procedurale, va detto che l’opzione di abbandonare i beni può essere manifestata nel programma di liquidazione, o può essere oggetto di separata istanza di autorizzazione al comitato dei creditori. Come detto, il curatore ha la possibilità di presentare un supplemento del piano di liquidazione per “sopravvenute esigenze”, a norma dell’art. 104 ter, comma 4, nei casi in cui venga a conoscenza, successivamente alla predisposizione del programma, di elementi nuovi. S'è altresì detto che l'istituto si presta a frequente applicazione per le proposte di concordato, le azioni risarcitorie, recuperatorie, revocatorie e di responsabilità nei confronti degli organi sociali. Per “sopravvenute esigenze” devono intendersi sia il mutamento delle condizioni già previste nel programma, sia il manifestarsi di fatti del tutto nuovi o prima sconosciuti. Non v'è dubbio che, nel caso in cui la procedura fallimentare sia particolarmente complessa, il curatore potrebbe riservarsi, nel programma, di completare alcune parti, eventualmente e preferibilmente indicando il termine entro il quale presenterà l’integrazione25. Sia tuttavia chiaro che l'impegno del curatore deve essere quello di non ricorrere allo strumento del supplemento se non quando sia inevitabile, ciò al fine di rispettare il principio che colloca l’attività liquidatoria nel quadro di un razionale programma, in modo che le operazioni non siano diversificate, non coordinate, occasionali e non rientranti, quindi, in una strategia unitaria. La procedura da seguire per l’approvazione del supplemento del piano di liquidazione è identica a quella del programma di liquidazione. Vanno tuttavia segnalate prassi che in funzione semplificatoria consentono che, nelle ipotesi in cui il comitato dei creditori non sia costituito, non funzionante o inerte, il singolo atto gestorio/liquidatorio venga semplicemente sottoposto all’autorizzazione del giudice delegato, quale supplente del comitato, secondo quanto previsto dall’art. 41, 4° co. l. fall. 6.Il programma di liquidazione negativo Anche la giurisprudenza condizionava la vendita di beni in un momento antecedente rispetto al decreto di esecutività dello stato passivo a ragioni di opportunità e di convenienza da sottoporre alla valutazione del giudice delegato. Così Trib. Roma, 18 marzo 1998, in Dir. Fall., 1998, II, 408. 24 F. Fimmanò e C. Esposito, La liquidazione dell’attivo, Milano, 2006, 289 25In questo senso sembra orientata la dottrina: per ulteriori approfondimenti sull’argomento: Roberto Fontana, op. cit., 235; Bartolomeo Quatraro, commento all’art. 104 ter, in Il nuovo diritto fallimentare, A. Jorio e M. Fabiani (a cura di), Bologna 2007, 1669. 1 Il programma di liquidazione non va redatto qualora non vi sia attivo da distribuire ad alcuno dei creditori, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura. La relazione negativa sulle prospettive della liquidazione prevista dall'art. 102 l. fall, è concettualmente equiparabile ad un programma di liquidazione negativo, consentendo di evitare le operazioni di accertamento del passivo o la fine delle stesse, ove siano già iniziate. Il provvedimento di arresto dell’accertamento del passivo conseguente alla previsione di insufficiente realizzo, compete al tribunale, che può disporre di non procedere all’accertamento del passivo con decreto motivato, su istanza del curatore, istanza presentabile almeno venti giorni prima dell’udienza prevista per l’esame dello stato passivo26. L’istanza deve essere accompagnata da una specifica relazione, del curatore, sulle prospettive della liquidazione, oltre che dal parere del comitato dei creditori. Il fallito deve essere sentito. Nella relazione va specificato se sia prevedibile che non possa essere acquisito attivo da distribuire ai creditori concorsuali, una volta soddisfatti i crediti prededucibili e tenuto conto delle spese di procedura. Il presupposto del provvedimento è quindi una previsione di insufficiente realizzo, di competenza della curatela, previsione che potrà motivare l’arresto anche ad esame del passivo già iniziato e non ultimato, nel caso di rinvio della verifica dei crediti ad altra, successiva udienza. Si tratta di un istituto ispirato ad un criterio di economia processuale, con finalità deflattive27, lo stesso criterio che, nella nuova disciplina dei presupposti del fallimento, evita l’apertura della liquidazione concorsuale all’imprenditore che abbia un’esposizione debitoria complessiva inferiore a 30.000 euro. Evidentemente il provvedimento è il presupposto per la chiusura della procedura: al decreto di arresto, di competenza del tribunale - reclamabile innanzi alla Corte d’Appello entro quindici giorni dalla sua comunicazione da ogni creditore che abbia presentato domanda di ammissione allo stato passivo - seguirà quindi il decreto motivato di chiusura, restando salva la possibilità di riaprire la procedura di liquidazione concorsuale nelle ipotesi di sopravvenienza nuove attività o scoperta di attività preesistenti non conosciute in costanza di procedura. Per la riapertura, peraltro, saranno necessari gli ulteriori presupposti, rimasti immutati rispetto alla passata disciplina, previsti dall’art. 121 l.f. vigente, dell’utilità del provvedimento e dell’intervento di quest’ultimo nel termine massimo di cinque anni dalla chiusura del fallimento. Peraltro deve essere chiaro che al decreto di arresto seguirà l’immediata chiusura del fallimento soltanto nell’ipotesi di mancanza assoluta di attivo. Nei casi i cui siano acquisiti all’attivo fondi appena sufficienti per il pagamento delle spese e della prededuzione, infatti, la procedura dovrà proseguire a questo scopo e, nel caso di incapienza dell’attivo in relazione alla prededuzione, sarà necessaria l’effettuazione di un piano di riparto riferito ai creditori prededucibili, con il 26 Sulla natura ordinatoria del termine nessuno dubita, posto che l’unica preclusione temporale all’emissione del decreto del tribunale è il decreto che rende esecutivo lo stato passivo. Non a caso, la pronuncia di arresto può intervenire anche a verifica dei crediti in corso. 27 V. Zanichelli, La Nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2008, pag. 276; M. Vitiello, Lo stato passivo, in Le nuove procedure concorsuali, S. Ambrosini (a cura di), Bologna, 2008, 182. 1 riconoscimento agli stessi delle eventuali cause di prelazione che dovessero assistere i rispettivi crediti28. In concreto, rientrano nella sfera di applicazione dell’art. 102 l. fall. tutte le fattispecie, frequenti, in cui la curatela non trovi beni da liquidare, né scritture contabili che possano consentirgli di verificare i presupposti di eventuale azioni recuperatorie. In tali casi il curatore dovrà premurarsi di verificare se i soggetti cui è riconducibile l’amministrazione e/o il controllo della società fallita siano privi di beni aggredibili per l’ipotesi in cui esistessero i presupposti di un’azione di responsabilità, da proporsi eventualmente nelle forme della costituzione di parte civile nel procedimento penale di probabile instaurazione. Sotto il vigore dell’art. 1 scaturito dal decreto legislativo n. 5/06, il quale come noto aveva enormemente ridotto l’area della fallibilità, era auspicabile che l’arresto dell’accertamento del passivo fosse uno strumento cui ricorrere con cautela, tenuto anche conto del fatto che non sempre nei primi mesi successivi all’apertura della procedura concorsuale è possibile una concreta previsione di realizzo dell’attivo e di conseguente soddisfazione del ceto creditorio, e ciò anche per evitare un eccessivo e controproducente ricorso all’istituto della riapertura, nelle ipotesi di sopravvenuta e non prevista realizzazione di attivo. Il quadro è indubbiamente mutato con la riforma dell’art. 1 l. fall. operata dal recente decreto legislativo correttivo, riforma che ha riportato l’area della fallibilità ad un’estensione prossima a quella derivante dalla disciplina del ’42 ed ha quindi intensificato la necessità deflattiva cui risponde l’istituto di cui all’art. 102 l.fall. Il sistema derivato dall’intervento del decreto correttivo in vigore dal 1° gennaio 2008 è infatti tale da consentire la dichiarazione di fallimento, e quindi l’integrazione di uno degli elementi costitutivi dei reati fallimentari, in tutti i casi in cui l’imprenditore sia irreperibile o non si difenda rispetto al ricorso diretto ad ottenere l’apertura della procedura concorsuale. La soddisfazione dell’esigenza di evitare inutili costi, nell'ipotesi di fallimenti privi di attivo, va realizzata con la chiusura anticipata della procedura nei casi previsti dall'art. 102 l. fall. E’ tuttavia vero che, anche nelle procedure concorsuali caratterizzate da una prospettiva negativa, quanto alle possibilità di realizzazione di attivo, può esservi un interesse pubblico nel determinare quantità e qualità del passivo fallimentare. Spesso infatti l’entità della complessiva esposizione debitoria, l’epoca di insorgenza dei debiti, la natura degli stessi, integrano elementi estremamente significativi di condotte distrattive di chiara rilevanza penale. Si pensi, a mero titolo di esempio, alla fattispecie dell’imprenditore fallito che per anni si sia finanziato omettendo di versare imposte e contributi, limitandosi a pagare i propri fornitori, e che in prossimità della manifestazione esterna dell’insolvenza distragga l’azienda; o a quella del cd. bidone, in cui l’inadempimento dell’obbligo di pagare le forniture sia concentrato nel periodo più prossimo al fallimento, con correlata distrazione delle merci ricevute e non pagate. Spetterà quindi al giudice delegato, di volta in volta, pesare gli interessi in gioco ed optare per la soluzione dell’arresto dell’accertamento del passivo o della sua effettuazione. Rispetto a questa esigenza di utilizzazione dell’istituto in discorso pesando di volta in volta pro e contra, un problema di non poco conto è costituito dalla frequente esistenza 28 G. Minutoli, Il Nuovo procedimento di accertamento del passivo fallimentare, Diritto fallimentare, 2007, I, 75; C. Miele, commento all’art. 102, in La legge fallimentare (appendice di aggiornamento), M. Ferro (a cura di), Padova 2008, 187. 1 di crediti vantati da soggetti che, in quanto lavoratori dipendenti, siano assistiti dalla causa di prelazione di cui all’art. 2751 bis n. 1 c.c. Come noto, i crediti vantati da tali soggetti per trattamento di fine rapporto o per retribuzioni relative alle ultime tre mensilità maturate nell’anno antecedente al deposito del ricorso di fallimento, sono soddisfatti dal fondo di garanzia INPS, per l’ipotesi di incapienza del patrimonio del fallito, il che potrà comportare la necessità di procedere all’accertamento del passivo, anche nelle ipotesi di acclarata mancanza o insufficienza di attivo, per non frustrare l’interesse dei dipendenti ad accedere al fondo di garanzia. Infatti l’INPS subordina il pagamento del trattamento di fine rapporto e delle ultime tra mensilità di retribuzione all’accertamento del credito contenuto nel decreto di esecutività del giudice delegato, quantomeno nei casi in cui il lavoratore dipendente non abbia già un decreto ingiuntivo definitivo od una sentenza passata in giudicato. Sotto questo profilo è auspicabile che la prassi e la regolamentazione interna dell’INPS evolvano, così da consentire l’accesso al fondo di garanzia, da parte del lavoratore dipendente, anche soltanto sulla base di un decreto del giudice delegato di accertamento del credito del dipendente, che prescinda dall’esame dello stato passivo e dal conseguente decreto di esecutività dello stesso. Il procedimento, imperniato sul programma di liquidazione negativo, che consente l’arresto dell’accertamento del passivo, è consentito anche ove le condizioni di insufficiente realizzo emergano successivamente alla verifica dello stato passivo (art. 102, comma 2 l. fall.). L’ambito temporale di applicazione della disposizione in parola va quindi dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo scaturito dall’accoglimento delle domande di ammissione tempestive, alla scadenza del termine, previsto dall’art. 101, 1° comma l. fall., di ammissibilità di insinuazioni tardive: dodici mesi (o diciotto, per il caso di procedure di particolare complessità) dal decreto di esecutività. Per la verità, ad una prima lettura, la norma non sembra compatibile con un sistema che prevede comunque che, una volta reso esecutivo lo stato passivo, sia possibile optare per la chiusura del fallimento per inesistenza di attivo, secondo quanto previsto dall’art. 118, comma 4 l. fall. Invero, poiché, la fattispecie della chiusura prevista dall’art. 118 n. 4 si riferisce espressamente soltanto alle ipotesi in cui l’attivo sia inesistente, non consentendo quindi nemmeno il pagamento delle spese della procedura e della prededuzione, se ne deduce che la chiusura preceduta dalla relazione di previsione di insufficiente realizzo ex art. 102, 2° co. l. fall. sia riservata alle ipotesi di attivo insufficiente per il soddisfacimento dei crediti concorsuali, con la conseguenza che l’arresto dell’accertamento del passivo derivante dalla presentazione di domande tardive preluderà ad un piano di riparto finalizzato al soddisfacimento dei crediti prededucibili. 7.Il procedimento di approvazione Dopo aver predisposto il programma di liquidazione, il curatore deve ottenerne l’approvazione. Il decreto cd. correttivo ha introdotto rilevanti modifiche, quanto al ruolo del comitato dei creditori e del giudice delegato, rispetto alla precedente riforma. Ne consegue che al momento i regimi applicabili sono due. Nei fallimenti dichiarati successivamente al 16 luglio 2006 e sino al 31 dicembre 2007, il curatore deve acquisire il parere favorevole del comitato dei creditori ed ottenere l'approvazione del giudice delegato. La previsione del potere di approvazione in capo al giudice delegato finiva per realizzare un iter di formazione del programma necessariamente condiviso dai tre organi della procedura fallimentare. 1 Tenuto conto di ciò, la disciplina cd. intermedia, nella fase della liquidazione, limitava di molto la portata del fenomeno della riduzione delle prerogative del giudice delegato. A quest’ultimo restava infatti il potere/dovere di autorizzare gli atti di liquidazione anticipati rispetto all’approvazione del programma, il potere/dovere di approvare il programma ed i successivi supplementi allo stesso, e ciò necessariamente sulla base di una valutazione estesa al merito ed alla convenienza degli atti gestori29. Per le procedure fallimentari aperte successivamente al 1° gennaio 2008, è invece previsto che il programma di liquidazione venga approvato dal comitato dei creditori e quindi comunicato al giudice delegato, che autorizza l’esecuzione degli atti ad esso conformi. Nel nuovo sistema dei rapporti tra gli organi, il comitato dei creditori assume il ruolo di co-gestore, con il curatore, della procedura fallimentare ed il giudice delegato svolge la funzione di controllo sulla regolarità della procedura, oltre alla generale funzione di vigilanza sulla condotta del curatore (art. 37). La modifica scaturita dal decreto cd. correttivo ha il pregio di ricondurre il procedimento di formazione del piano di liquidazione ad un sistema coerente con le nuove prerogative degli organi. Che piaccia o no, infatti, la funzione voluta dal legislatore della riforma per il giudice delegato è quella di controllo sulla regolarità della procedura, anche se ben può essere asserito che al giudice delegato la normativa continui a riservare poteri direttivi di natura residuale, che vanno trovati nelle norme che continuano a prevedere la necessità di autorizzazione del giudice delegato rispetto a determinati atti del curatore. Si allude agli artt. 25, co. 1° n. 6), 104, co. 2° e 104 bis co. 1° l. fall., dai quali discende la necessità che il curatore debba chiedere l’autorizzazione giurisdizionale, e non quindi quella del comitato dei creditori, per agire e resistere in giudizio, per consentire l’esercizio provvisorio dell'azienda, dopo il fallimento e prima della presentazione del programma di liquidazione, infine per affittare l’azienda. Il legislatore nulla dispone quanto alle modalità di funzionamento del comitato dei creditori, nemmeno con riguardo al più importante dei suoi atti: l’approvazione del programma di liquidazione. Solitamente i componenti dell’organo collegiale si esprimono a mezzo telefax, ma appare senz'altro preferibile, specialmente nei casi più complessi, che essi si pronuncino all'esito di un'apposita riunione collegiale30. Il comitato dei creditori deve esprimere il proprio voto entro quindici giorni, decorrenti dal momento in cui la richiesta è pervenuta al presidente. In caso di inerzia provvede il giudice delegato, secondo quanto previsto dall'art. 41, 4° comma l. fall. Il comitato dei creditori può proporre al curatore di apportare modifiche al programma presentato e quest’ultimo, che ne conserva la paternità, deve recepire le indicazioni del comitato e modificare il programma conseguenzialmente. In tali ipotesi sembra auspicabile una composizione dialettica31 di eventuali situazioni di disaccordo, fermo restando che, come già evidenziato, al di fuori delle ipotesi in cui le 29 Il procedimento previsto dalla cd. disciplina intermedia deve ritenersi modellato sulle previsioni dell’amministrazione straordinaria, in cui il programma predisposto dal commissario straordinario va approvato dal Ministero dello sviluppo economico con decreto motivato, sulla base del parere del comitato di sorveglianza. Sul tema G. Bozza, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Fall., 1993, 914; A. Castagnola e R. Sacchi (a cura di ), La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Torino, 2000. 30 Non v’è dubbio che la convocazione sia onere del presidente, ma va ritenuto ammissibile che la riunione venga favorita dal curatore stesso, che in alcuni casi, per esigenze logistiche, ben può convocare i componenti del c.d.c. nel suo studio, anche al fine di poter chiarire in tutti suoi aspetti il programma sottoposto all’approvazione dell’organo collegiale-direttivo. 31 Così C. Esposito, op. cit., 1725. 1 indicazioni del comitato dei creditori integrino una violazione di legge, non v’è spazio per la resistenza del curatore a fronte delle manifestazioni di volontà del comitato. La disciplina scaturita dal decreto correttivo prevede che il curatore, per poter dare avvio alla fase esecutiva della liquidazione, una volta ottenuta l’approvazione del comitato dei creditori, debba presentare al giudice delegato la richiesta di autorizzazione dei singoli atti, evidenziandone la conformità e coerenza con il programma. L’autorizzazione da parte del giudice delegato non è un atto dovuto ed automatico, conseguente all’approvazione espressa dal comitato dei creditori. Alla ricezione dell'istanza di autorizzazione dei singoli atti liquidatori il giudice delegato, oltre a verificarne di volta in volta la coerenza con le previsioni del programma, è infatti tenuto a riscontrarne la legittimità. Al giudice delegato, quindi, compete un controllo di legittimità dell’intero programma, che deve corrispondere ai principi e alle regole della legge fallimentare. In coerenza con tale funzione di controllo, che si inserisce, peraltro, anche in diversi altri momenti della procedura fallimentare (in occasione delle singole autorizzazioni, del deposito delle relazioni periodiche “semestrali” e del rendiconto finale), la valutazione del giudice delegato inerirà al rispetto dei due principi-cardine della liquidazione dell’attivo: quello che rende obbligatoria la competitività delle procedure di vendita e quello che impone che le vendite siano precedute da forme di pubblicità idonee a garantire che la notizia della liquidazione venga conosciuta da un numero il più ampio possibile di soggetti potenzialmente interessati all’acquisto32. L'eventuale mancata indicazione, all’interno del programma, dell’atto di liquidazione sottoposto all'autorizzazione del giudice delegato comporterà la necessità che il curatore predisponga un supplemento del piano, affinchè il comitato dei creditori possa essere messo in condizione di partecipare alla scelta gestoria. Non v’è dubbio peraltro che il meccanismo, così come pensato dal legislatore, possa determinare delle situazioni di stallo, nell’ipotesi in cui il giudice delegato di trovi a vagliare la richiesta di autorizzazione al compimento di un atto previsto da un programma di liquidazione che già abbia avuto l’approvazione da parte del comitato dei creditori, ove tale atto non sia conforme a legge. Anche da tale considerazione muove l’idea che il controllo di legittimità spettante al giudice delegato venga effettuato prima che il comitato dei creditori venga investito del compito di valutare convenienza e congruità del progetto di liquidazione realizzato dal curatore (vedi infra, sub 8). Va infine evidenziato che la valutazione, da parte giudice delegato, dell'avvenuta attuazione del programma di liquidazione, si realizza in sede di rendicontazione del curatore, previo il confronto tra quanto preventivato nel piano ed i risultati effettivamente conseguiti. Il Tribunale di Milano, nel modello di rendiconto “raccomandato” ai curatori, ha previsto che il rendiconto di cassa e di gestione sia integrato da un'apposita sezione, destinata ad evidenziare gli eventuali scostamenti tra le previsioni del programma, i risultati conseguiti e le ragioni delle eventuali discordanze. 8.Il procedimento di approvazione del programma di liquidazione secondo le indicazioni operative ai curatori diramate dai giudici della sezione fallimentare di Milano. Come detto, per le procedure fallimentari aperte successivamente al 1° gennaio 2008, la disciplina scaturita dal decreto n. 169/07 prevede che il programma di liquidazione venga predisposto dal curatore, approvato dal comitato dei creditori e quindi 32 In proposito vedi Cass. 4 agosto 2000, n. 10266, in Fall., 2001, 1104; Cass. 15 settembre 2000, n. 12164, in Mass. Foro It., 2000. 1 comunicato al giudice delegato, per il quale è prevista la funzione di autorizzare l’esecuzione degli atti, previa una verifica della loro conformità al contenuto del programma precedentemente approvato. S’è altresì evidenziato che al giudice delegato la normativa continua a riservare una funzione direttiva, di natura residuale, desumibile dalle norme che continuano a prevedere la necessità di autorizzazione del giudice delegato rispetto a determinati atti del curatore. Dal tenore letterale di cui agli artt. 25, co. 1° n. 6), 104, co. 2° e 104 bis co. 1° l. fall. discende la necessità che il curatore debba chiedere l’autorizzazione giurisdizionale e non, o non soltanto, quindi, quella del comitato dei creditori, per agire e resistere in giudizio, per l’esercizio provvisorio dell'azienda e per affittare l’azienda. La proposta operativa della sezione fallimentare di Milano, tradottasi in una “circolare” recentemente diramata ai curatori fallimentari33, muove dalla considerazione dell’opportunità che il controllo di legittimità spettante al giudice delegato venga effettuato prima che il programma sia trasmesso al comitato dei creditori per l’approvazione. Tenendo conto del disposto di cui all’art. 25, comma 1, n. 3) l. fall., e quindi della possibilità che il giudice delegato convochi avanti a sè il curatore ogni qual volta lo ritenga necessario od opportuno, si può pensare di inserire il controllo di legittimità del giudice tra il momento in cui il programma viene redatto dal curatore e quello della trasmissione al comitato, così da evitare situazioni di blocco del piano, per l’eventuale presenza di profili di illegittimità che si realizzino dopo che lo stesso sia già stato approvato dal comitato cui, del resto, compete un controllo incentrato sul merito. Secondo alcuni commentatori, il giudice delegato può giungere a sindacare la legittimità anche attraverso l’esame del merito dei singoli atti da autorizzare, qualora le scelte del curatore, pur approvate del comitato, siano palesemente lesive degli interessi coinvolti. Per vero tale tesi induce non poche perplessità, essendo fondata sul concetto di legittimità sostanziale elaborato dalla giurisprudenza in materia di diritto societario, concetto che finisce per ricondurre la legittimità, oltre che al rispetto dei principi di legge che disciplinano la procedura, al rispetto del principio della buona gestione, cioè della gestione fatta nell’interesse della massa dei creditori. Il rischio concreto che il controllo di merito sulla gestione della curatela venga surrettiziamente recuperato, in spregio alle intenzioni del legislatore delle riforma, non può essere taciuto. Sembra quindi più rispettoso del nuovo sistema delle prerogative degli organi ritenere che il controllo spettante il giudice si debba svolgere limitatamente a tre distinti livelli, dai quali comunque discende un intervento dell’organo giurisdizionale, sul contenuto del programma, tutt’altro che trascurabile. Il giudice delegato, in primis, deve verificare che il piano di liquidazione sia completo ed analitico. Solo in tali casi, infatti, l’atto è idoneo a realizzare la funzione voluta dal legislatore consentendo, da un lato al comitato dei creditori di svolgere la sua funzione direttiva, approvandolo, dall’altro al giudice di poterne autorizzare l’attuazione previa semplice verifica di conformità al suo contenuto degli atti esecutivi. Ad un secondo livello, il giudice deve verificare che il piano non contenga clausole integranti violazioni di legge, quali il mancato rispetto delle regole che nelle vendite impongono la più ampia pubblicità e le procedure competitive (art. 107). In ultima analisi il controllo del giudice potrà estendersi al merito, ma limitatamente a quegli atti con riguardo ai quali altre norme prevedono la necessità dell’autorizzazione 33 Circolare Tribunale di Milano in data 21.10.08: “Indicazioni operative ai curatori fallimentari riguardo alle modalità di redazione e iter di formazione del programma di liquidazione nelle procedure fallimentari aperte dopo il 1° gennaio 2008”, in wwwtribunale.milano.it 1 del giudice delegato: azioni giurisdizionali, esercizio provvisorio, affitto d’azienda o di un ramo d’azienda. Come s’è detto, infatti, limitatamente a tali atti di gestione, il sistema prevede ancora un potere direttivo del giudice delegato (cd. potere direttivo residuale), in considerazione della loro particolare delicatezza, e delle competenze giuridiche necessarie per valutarne la convenienza e l’opportunità. La ricostruzione del procedimento di formazione del programma nei termini in parola trova conforto, altresì, nella considerazione del fatto che il giudice delegato non è soltanto organo di garanzia della regolarità e legittimità della procedura, ma altresì colui cui spetta il controllo sulla complessiva condotta di gestione del curatore. Il principio è desumibile sia dal permanente potere del giudice delegato di proporre al tribunale la revoca del curatore in caso di violazione, da parte di quest’ultimo, dei doveri inerenti alla gestione ed in caso di sopravvenuta carenza della fiducia che necessariamente deve caratterizzare i rapporti tra i due organi della procedura fallimentare (art. 37 l. fall.), sia dalla norma cardine di cui all'art. 25, n. 3 l. fall., secondo la quale “il giudice delegato convoca il curatore ... nei casi prescritti dalla legge ed ogni qual volta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura”. Dal principio generale espresso dall’art. 25 n. 3 l. fall. discende pertanto che il giudice delegato abbia facoltà di chiedere che il curatore gli trasmetta il documento programmatico in un momento antecedente alla sua trasmissione, per approvazione, al comitato dei creditori. Tanto premesso, deve ritenersi opportuno, non essendo escluso dalla disciplina, e funzionalmente all'esigenza di evitare che il comitato dei creditori si veda sottoposto per l'approvazione un programma privo dei visti requisiti minimi di completezza ed analiticità, o contenente previsioni integranti violazioni di legge, o infine, ma limitatamente agli atti per cui è previsto un potere direttivo residuale del giudice delegato, contenente atti di gestione non autorizzabili dal giudice, anticipare l'esame del programma da parte del giudice e riservare ad un momento successivo la trasmissione del documento al comitato dei creditori per la necessaria approvazione. Tale inversione dell'iter procedimentale previsto dall'art. 104 ter garantisce quindi rispetto al rischio che un programma di liquidazione già approvato dal comitato dei creditori, ma contenente profili integranti una violazione di legge, si areni, nella sua fase esecutiva, nel momento in cui si tratti di chiedere al giudice delegato l'autorizzazione prevista dall'ultimo comma dell'art. 104 ter. L’inversione risponde altresì allo scopo di garantire più agevolmente al giudice il controllo sul rispetto da parte della curatela del termine dei sessanta giorni (decorrente dalla redazione dell'inventario) o, in alternativa, l'esercizio del potere di prorogare il termine stesso. Tale controllo sarebbe infatti di difficile attuazione, ove si seguisse la lettera della norma, che riferisce il termine dei sessanta giorni alla predisposizione finalizzata alla sottoposizione all’approvazione del comitato dei creditori, attività non facilmente collocabile cronologicamente. La previsione dell'obbligo di deposito al giudice delegato consente infine di ridurre a coerenza il procedimento, sia nel caso in cui il giudice delegato si limiti ai controlli che gli spettano in presenza di un comitato dei creditori costituito e funzionante, sia nel caso in cui egli operi quale organo direttivo in sostituzione del comitato dei creditori non costituibile, non funzionante o inerte (art. 41, 4° co. l. fall.), ipotesi questa in cui al controllo di legittimità seguirà, invece del decreto di trasmissione del programma al 1 comitato dei creditori, una valutazione di convenienza ed opportunità funzionale all'approvazione del programma da parte del giudice delegato stesso34. 34 Di seguito un programma di liquidazione redatto secondo le indicazioni diramate con la circolare del tribunale di Milano: TRIBUNALE DI… sezione fallimenti giudice delegato...... *** Fallimento N. ………… *** PROGRAMMA DI LIQUIDAZIONE EX ART. 104-TER L.F. *** il sottoscritto………….., curatore del fallimento in epigrafe, premesso che in data ………..il curatore, a norma dell’art. 87 L.F., ha depositato in cancelleria l’inventario; che il giudice delegato, con decreto del …….. ha differito il termine di cui all’art. 104-ter, co. 1, L.F. di ulteriori 60 giorni; che fino ad oggi non sono pervenute, anche solo in via informale, proposte di affitto dell’impresa o di singoli rami di essa; che non risultano allo stato essere state presentate proposte di concordato fallimentare; che non si è presentata l’opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa; letti gli artt. 104-ter e 25 n. 3 l.f., sottopone all’attenzione del g.d. il seguente PROGRAMMA DI LIQUIDAZIONE INDICE I ATTIVO FALLIMENTARE II POSSIBILITÀ DI CESSIONE UNITARIA DELL’ AZIENDA, DI SINGOLI RAMI O DI BENI IN BLOCCO VENDITA DEI SINGOLI CESPITI III A) IMMOBILI B) MOBILI IV AZIONI RISARCITORIE E RECUPERATORIE V COLLABORAZIONI VI RAPPORTI GIURIDICI PENDENTI VI PREVISIONI DI SODDISFACIMENTO DEI CREDITORI I - ATTIVO FALLIMENTARE Il curatore ha individuato il seguente attivo fallimentare sulla scorta della contabilità consegnata dall'amministratore unico, opportunamente integrata con gli ulteriori elementi di valutazione successivamente acquisiti. Di seguito il dettaglio dei singoli elementi. A – IMMOBILI Descrizione Luogo Stima Totale Le stime di detti valori risultano dalle perizie redatte dal geom. ……….., depositate in data ………in cancelleria ed inserite nel fascicolo della procedura. B – MOBILI Descrizione Luogo Stima 1. Mobili e arredi per ufficio 2. Macchine e attrezzature per ufficio 3. Attrezzature e macchinari edili 4. Automezzi 5. Vario materiale edile Totale € 1 La stima di detti valori risulta dalla perizia redatta dal geom. ……….., depositata in data …………in cancelleria ed inserita nel fascicolo della procedura. Con riferimento ai beni rinvenuti nei cantieri, il curatore ha già provveduto alla vendita dei medesimi, per evitare pregiudizi alla massa dei creditori, considerata la possibilità di furto dei beni e la necessità di liberare prontamente i cantieri, giusta autorizzazione del giudice delegato ex art. 104-ter L.F. per un valore di realizzo complessivo pari ad euro……….. Il curatore ritiene opportuno rinunciare alla liquidazione dei seguenti beni inventariati, rimasti nel cantiere di ….., stimati dal perito del valore di complessive euro...., considerato lo scarso valore e gli oneri di trasporto dei beni stessi. In dettaglio beni per cui si chiede la rinunzia all’attività di liquidazione: n. prog. descrizione beni stima Totale € *** C - IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE Descrizione Valore nominale Valore presunto realizzo 1. Deposito cauzionale per locazione 2. Partecipazioni Società Alfa Totale Il deposito cauzionale a mani del proprietario dell’immobile condotto in locazione potrà essere realizzato dopo la riconsegna dell’immobile che avverrà in seguito alla vendita dei beni mobili in esso custoditi A valore di bilancio, la partecipazione nella società Alfa consentirà il realizzo della somma di euro.... D - CREDITI Descrizione Valore nominale Valore presunto realizzo Clienti Clienti con contenzioso da avviare Crediti diversi Erario conto IVA Totale Clienti: allo stato il curatore ha realizzato l’importo di euro …….. Risultano inesigibili i crediti verso …………. Clienti con contenzioso da avviare: il nominale si riferisce al credito risultante dalla contabilità per i debitori ……….. Il presunto valore di realizzo del credito vantato nei confronti della società …tiene conto della nota di addebito da questa emessa per il risarcimento dei danni chiesti per i vizi riscontrati nell’esecuzione dei lavori. Crediti diversi: trattasi degli acconti corrisposti ai fornitori e dei depositi cauzionali. Il Curatore ritiene che non vi sia possibilità di realizzo perché ………. Erario conto IVA: Il credito emerge dalla liquidazione IVA alla data di Fallimento, tenuto conto dell’acconto IVA versato nel mese di Dicembre 2006. E - LIQUIDITA’ Descrizione Valore nominale Valore di realizzo Cassa contanti * * * TABELLA RIEPILOGATIVA ATTIVO FALLIMENTARE Descrizione Importo stimato A – Immobili B – Mobili C – Immobilizzazioni finanziarie D – Crediti E – Liquidità Totale L’attivo del Fallimento, sulla base dei dati sopra esposti, è quindi stimato prudentemente in euro ……Tuttavia tale importo potrebbe essere soggetto a rettifiche in base alle considerazioni che seguono. II – POSSIBILITA’ DI CESSIONE UNITARIA DELL’AZIENDA, DI SINGOLI RAMI O DI BENI IN BLOCCO Il curatore, giusta autorizzazione del comitato dei creditori, ha effettuato inserzione pubblicitaria sui seguenti siti internet convenzionati con la sezione fallimenti del Tribunale di Milano…., nonché sul sito web del settore…al fine di vagliare l’interesse all’acquisto dell'intero complesso aziendale della fallita società, così composto: 1 Attestazione S.O.A. n. emessa in data …..per le seguenti specializzazioni e relativi importi: Attrezzature e macchinari edili, automezzi e vario materiale edile, nonché attrezzature e arredi per ufficio, per un valore complessivo stimato in circa euro ……. n. .. dipendenti: ……….. Allo stato il curatore ha ricevuto le seguenti offerte non cauzionate rispettivamente dell’importo di euro… di euro ….. Il curatore, in considerazione delle offerte pervenute, della normativa prevista dall’autorità per la vigilanza sui lavori pubblici - Determinazione n. 5/2003 della Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 Aprile 2003 dell’ampia offerta esistente oggi sul mercato delle SOA – attestazione occorrente per partecipare alle gare di appalti pubblici – procederà come segue: gara avanti al curatore tra coloro che hanno manifestato l’interesse all’acquisto del complesso aziendale e che presentino cauzione di euro .. a mezzo AC non trasferibile intestato al Fallimento - partendo dal prezzo base di euro …. ed offerte in aumento di euro …..; qualora dalla gara scaturisse un’offerta per l’intero complesso aziendale per un importo uguale o superiore ad euro …….. si procederà alla stipula del contratto preliminare, alla consultazione sindacale ed alla conclusione del contratto di cessione dell’azienda ai sensi dell’art. 2556 C.C.; qualora non si realizzino le condizioni di cui al precedente punto n. 2 – ossia offerta cauzionata uguale o superiore ad euro ….. il curatore – non apparendo soddisfacente per la massa dei creditori la vendita dell’azienda – procederà alla vendita dei beni in due blocchi, automezzi ed attrezzature e materiale edile, secondo le modalità definite al prossimo paragrafo III – B). III – VENDITA DEI SINGOLI CESPITI IMMOBILI La vendita degli immobili avverrà in conformità a quanto diposto dall’art. 107 L.F. ed in particolare secondo le seguenti modalità: vendita senza incanto avanti al giudice delegato, secondo le disposizioni del codice di procedura civile, dei seguenti n. 4 lotti al prezzo base indicato, pari alla stima del perito, con le offerte in aumento come di seguito indicate: Offerte in Descrizione immobili Prezzo base aumento 3. 4. 2. pubblicità dell'avviso di vendita da effettuarsi secondo le convenzioni della sezione fallimentare una sola volta, ed in giorni non festivi, sulle apposite pagine regionali dei quotidiani…, secondo la convezione distrettuale che indica i siti web…; notifica dell’avviso di vendita a ciascuno dei creditori ammessi al passivo con diritto di prelazione sull'immobile ed ai creditori ipotecari. MOBILI La vendita dei beni mobili avverrà in conformità a quanto disposto dall’art. 105 L.F. ed in particolare secondo le seguenti modalità: cessione in blocco a trattativa privata di due distinti lotti: a) automezzi b) attrezzature e materiale edile, compresi gli arredi, macchine per ufficio ed esclusa la struttura prefabbricata sita in ....., che sarà oggetto di trattative con la proprietaria dell’immobile; per l’esperimento della procedura competitiva verrà fatta inserzione pubblicitaria sui seguenti siti internet convenzionati con la sezione fallimenti del Tribunale di Milano…, con l’indicazione del prezzo base rispettivamente di euro ….. per gli automezzi ed euro …… per le attrezzature e materiale edile, pari alla stima fatta dal perito ed arrotondata, offerte in aumento di euro …, cauzione di euro .... a mezzo AC non trasferibile intestato al Fallimento; vendita al migliore offerente che emergerà dalla gara che si terrà avanti al curatore tra coloro che avranno manifestato interesse all’acquisto tenuto conto delle condizioni sopra indicate. IV – AZIONI RISARCITORIE E RECUPERATORIE Per il recupero dei crediti vantati nei confronti dei soggetti......, il Fallimento, assistito dall’avv. ……, procederà alle necessarie iniziative stragiudiziali e giudiziali. Il legale incaricato dal Fallimento ha in corso le verifiche e gli accertamenti necessari per meglio precisare l’ammontare dei crediti effettivamente realizzabili. Allo stato si prevede che i crediti esistenti consentiranno il realizzo della somma di circa euro.... V – COLLABORAZIONI ED ALTRE SCELTE GESTIONALI DEL CURATORE I coadiutori nominati ex art. 32, secondo comma, l.f. ed i legali nominati sono ad oggi i seguenti: 2 Come già anticipato, analogamente a quanto visto a proposito del programma di liquidazione, deve ritenersi che dalla funzione di controllo del giudice delegato sulla condotta del curatore, e dal conseguente potere di convocazione del curatore ogni qual volta l’organo giurisdizionale lo reputi opportuno, discenda la legittimità della prassi secondo cui il rapporto riepilogativo semestrale previsto dall’ultimo comma dell’art. 33 l. fall. debba essere presentato anche al giudice delegato, e non solo al comitato dei creditori. S’è detto che il deposito in cancelleria del rapporto semestrale deve altresì ritenersi funzionale a che il giudice delegato possa verificare lo stadio di attuazione di quanto indicato nel programma di liquidazione. Per questa ragione è auspicabile che il curatore, allineando (per ragioni di razionalità organizzativa) il termine di deposito del rapporto riepilogativo alle scadenze del 31 dicembre e del 30 giugno di ogni anno, alleghi al rapporto riepilogativo anche copia del programma e degli eventuali supplementi dello stesso che siano stati approvati35. rag.……., consulente del lavoro esperto nel settore edile, per compiere tutti gli adempimenti necessari per la concessione del trattamento straordinario d'integrazione salariale ai dipendenti della fallita società, nonché per svolgere gli adempimenti contabili e fiscali riguardanti il personale; geom......, per la stima dei beni mobili e immobili della fallita società; avv. …., legale della procedura per effettuare il recupero dei crediti in via stragiudiziale ed eventualmente in via giudiziale nei confronti di ….. Per il deposito della liquidità esistente e che verrà realizzata, il curatore ha acceso un conto corrente ordinario intestato alla procedura presso la Banca…. L’entità dei depositi non indice a prevedere opportuna alcuna forma di investimento della liquidità realizzata e realizzanda. VI – RAPPORTI GIURIDICI PENDENTI Il curatore alla data della dichiarazione di fallimento ha trovato pendenti n. 2 contratti di leasing, relativi ai veicoli A e B, dai quali ha ritenuto di sciogliersi, con l'autorizzazione del c.d.c., in considerazione dell'accertata mancanza di convenienza della diversa ipotesi del subentro, tenuto conto dell'importo dei canoni rimasti impagati e dei canoni a scadere, importo decisamente superiore al valore residuo dei veicoli, valore residuo che il curatore ha valutato sulla scorta di informazioni acquisite dall'amministratore unico e di una sommaria stima eseguita dell'ing...., nominato per la valutazione dei beni inventariarti. Nessun altro contratto era pendente alla data della dichiarazione di fallimento. VII – PREVISIONI DI SODDISFACIMENTO DEI CREDITORI CONCORSUALI Lo stato passivo è stato dichiarato esecutivo con decreto emesso in data...... Ammonta a complessive euro....... di cui euro......... al privilegio euro......... al chirografo sono già pervenute ulteriori tre domande tardive per crediti chirografari per complessive euro........e si prevede che pervenga la domanda dell'ente di riscossione delle imposte, domanda che dovrebbe ammontare ad euro.........al privilegio ed ad euro........ al chirografo Non sono prevedibili, allo stato, ulteriori domande. In mancanza di significativo scostamenti dallo stato passivo esecutivo e di quello derivante dal verosimile accoglimento delle insinuazioni tardive pervenute può essere formulata una previsione di soddisfacimento dell'intero ceto creditorio privilegiato, e di quello chirografario in misura non inferiore alla percentuale del 5% Il tutto ovviamente a condizione dell'integrale attuazione di quanto previsto dal presente programma, le cui variazioni saranno oggetto di tempestiva comunicazione al comitato dei creditori e al giudice delegato. *** Il sottoscritto curatore, tutto quanto sopra premesso rimanendo a disposizione del giudice delegato per ogni chiarimento eventualmente occorrente; chiede al giudice delegato di trasmettere il presente programma, per la sua approvazione, al comitato dei creditori. ------------------35 Peraltro, come già detto, il documento che consente il controllo finale, quanto all’avvenuta attuazione del programma di liquidazione, è il rendiconto della gestione, che è bene che contenga un’apposita sezione dedicata all’esplicitazione ai sui destinatari dei punti attuati e di quelli che viceversa non hanno potuto trovare realizzazione in senso conforme a quanto pianificato nel documento di cui all’art. 104 ter. 2 2