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MI OPERA
UN ROBOT
Solo nel 2014 gli interventi di chirurgia robotica eseguiti in Italia sono
stati 11.000. Ma se hai qualche timore a farti mettere le “mani” addosso
da una macchina, ecco tutto quello che devi sapere prima
Si chiama Alf-X, è italiano e, per ora, è presente
solo al Policlinico Gemelli di Roma, dove è stato
sperimentato in 146 interventi di laparoscopia
ginecologica, portati a termine con successo nel
92,5% dei casi. È solo l’ultimo arrivato tra i chirurghi robot, ormai una folta schiera nelle nostre
sale operatorie. Il più famoso e diffuso è il Da
Vinci. Ce ne sono 75 usati da circa 400 chirurghi,
tanto che, per numero di queste apparecchiature,
siamo secondi in Europa e quarti a livello mondiale. Una vera e propria rivoluzione, che offre
alcuni vantaggi, ma non è sempre la scelta migliore. Ecco 7 domande cruciali.
Come funziona?
Niente “androidi” che sostituiscono i chirurghi: a
operare è sempre l’uomo. «È il medico che,
osservando il campo operatorio da una
speciale consolle di comando con una
visione tridimensionale e ingrandita,
aziona a distanza i numerosi bracci robotici, alle cui sottilissime estremità sono mon-
tati gli strumenti chirurgici», spiega Marco Marchetti, direttore dell’Unità di valutazione delle
tecnologie dell’Ospedale Gemelli di Roma. Ogni
tipo di robot ha proprie peculiarità. Per esempio
il Da Vinci ha quattro bracci con polsi articolati,
capaci di ruotare a 360 gradi, e una visione ingrandita fino a 15 volte in 3D, mentre con Alf-X il
chirurgo ha sensibilità al tatto, quindi “sente” come se stesse operando direttamente, e muove
l’endoscopio (lo strumento che permette di vedere dentro il campo operatorio) con lo sguardo.
16%10%
in chirurgia generale
4
%
3%
in ginecologia
in otorinolaringoiatria
in chirurgia toracica
FONTE: Ab media, distributore del Da Vinci in Italia
Si usa per tutti i tipi di intervento?
No, la chirurgia robotica è un’evoluzione delle laparoscopie mininvasive, cioè di quegli interventi in cui si inseriscono gli strumenti chirurgici in incisioni di pochi millimetri. «I bracci
robotici miniaturizzati e la visione tridimensionale ingrandita, infatti, permettono di operare anche in uno spazio
molto ristretto con un’ottima visuale e una grande precisione. Inoltre, con il robot si fanno movimenti che
normalmente non sarebbero possibili alla mano umana
e senza tremori», spiega Marchetti.
Quali sono i suoi principali vantaggi?
«Permette di fare operazioni complesse con
sanguinamento, dolore postoperatorio, tempi di ricovero, ripresa e rischio di infezioni
minori di quelli della chirurgia tradizionale e
sovrapponibili, o di poco inferiori, a quelli della laparoscopia senza robot», spiega Giovanni Scambia, Direttore del Dipartimento per la tutela della salute della donna
e del bambino del Policlinico Gemelli, che ha sperimentato il nuovo robot su 146 donne sottoposte a isterectomia (l’asportazione dell’utero), tutte dimesse dopo 1-2
giorni. Merito in particolare di incisioni più piccole, che
significano anche cicatrici meno visibili. In più rispetto
alla laparoscopia tradizionale, la precisione e la visione
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2015 Intuitive Surgical, Inc.; Alf-X - Sofar
di Valeria Ghitti
Ecco il robot Da Vinci, il più
diffuso in Italia. Ha 4 bracci sui
quali sono montati i bisturi.
67%
delle operazioni robotiche in
Italia è svolta in campo
urologico (prostata, reni)
Il nuovo Alf-X si usa soprattutto
in ginecologia e “sente” come
se avesse il tatto.
si usa anche per l’operazione
fatta da Angelina Jolie
date dal robot consentono di raggiungere anche zone
altrimenti difficili da operare, e di rispettare maggiormente le strutture anatomiche sane, riducendo in molti casi
il rischio di complicanze.
Perché allora non si utilizza sempre?
«Spesso la laparoscopia tradizionale resta
competitiva, perché ha benefici sovrapponibili o di poco inferiori, e ha un costo, per il
Servizio sanitario, decisamente più basso»,
sottolinea Marchetti. Oggi si cerca di ridurre la spesa: «Il
nuovo robot, per esempio, non sfrutta strumenti usa e
getta, ma sterilizzabili e riutilizzabili», aggiunge Scambia.
2015 Intuitive Surgical, Inc.; Alf-X - Sofar
Quando il robot fa davvero la differenza?
«Nella prostatectomia, l’intervento per togliere la
prostata, che in Italia e in Europa è anche il più prati-
cato in questo modo, perché risparmiando le strutture
nervose vicine alla ghiandola riduce il rischio di complicanze come problemi di erezione e di incontinenza»,
spiega Ottavio De Cobelli, direttore dell’urologia all’IEO,
l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «Viene usato
anche nell’80% degli interventi per rimuovere piccoli tumori ai reni, sempre per risparmiare il più
possibile il tessuto sano». Poi nelle isterectomie,
soprattutto sulle donne obese, in cui è più difficile praticare la laparoscopia tradizionale.
Ci sono dei rischi?
Sì, legati al tipo di operazione ma anche all’uso specifico del robot, tanto che durante l’intervento può essere
necessario passare a quello tradizionale. Gli eventi
Da un anno all’IEO di Milano si sperimenta
l’uso del robot nella mastectomia preventiva,
su donne di 40-55 anni con una terza di seno
(per taglie superiori è più indicata la
chirurgia tradizionale). «Permette di togliere
la ghiandola mammaria attraverso una
microincisione di 3 cm nell’ascella», spiega
Alberto Luini, direttore della senologia
all’IEO. «Abbiamo fatto 4 interventi, e già tra
il primo e l’ultimo si sono dimezzati i tempi,
passando da 5-6 a 2 ore. Per ora il vantaggio
principale è l’assenza quasi totale di
cicatrice, ma anche la degenza dopo
l’operazione è ridotta: nell’ultimo caso è
durata solo due giorni. Però è ancora presto
per poter dire se questo tipo di intervento
diventerà quello da utilizzare di più».
sono legati a una insufficiente abilità del
chirurgo, che deve essere ben preparato sia a
utilizzare il robot sia a fare le laparoscopie.
Come valutare il centro e il chirurgo?
Preferisci i centri che usano il robot da diversi
anni, con regolarità e in più discipline chirurgiche.
Sul chirurgo, poi, più interventi ha fatto con il
robot, meglio è. «Nel caso della prostata,
un buon centro deve fare almeno 150200 operazioni robotiche all’anno, e un
chirurgo almeno 60-70», spiega De Cobelli. Per gli altri tipi di operazione fatti dire quante
dello stesso tipo sono state fatte con il robot,
quante senza e fai un confronto.
avversi, però, nella maggior parte dei casi
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