Il tabloid del festival Time in Jazz 2011

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Il tabloid del festival Time in Jazz 2011
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Immancabile appuntamento di metà agosto con Time in Jazz: da
martedì 9 e fino al 16 il festival ideato e diretto da Paolo Fresu
vive la sua ventiquattresima edizione. L’epicentro è naturalmente a
Berchidda: qui pulsa il cuore organizzativo (l’associazione culturale
Time in Jazz) e si concentra il grosso della programmazione, in
particolare i concerti serali nella vasta arena allestita in piazza del
Popolo. Ma, al solito, sono coinvolti anche altri centri del nord Sardegna: Olbia, Tempio Pausania, Codrongianos, Chilivani, Oschiri, Tula, Mores, Telti, Ittireddu, Pattada. Un circuito di concerti che
nel mattino e nel pomeriggio fa tappa di volta in volta fra boschi,
chiesette di campagna, spazi di particolare significato storico o
naturalistico o rappresentativi del tessuto socio-culturale locale.
Time in Jazz numero ventiquattro prosegue il percorso ideale dedicato ai quattro elementi naturali, inaugurato due edizioni fa:
dopo Acqua e Aria, il cartellone è stavolta all’insegna della Terra,
spunto tematico per una settimana come sempre carica di musica,
in compagnia di artisti come il grande Ahmad Jamal, la cantante
maliana Rokia Traoré, il virtuoso della kora Ballaké Sissoko in duo
con il violoncellista francese Vincent Segal, Les Tambours de Brazza
con la loro trascinante energia ritmica. E, ancora, i pianisti Bojan
Z, lo spagnolo Chano Dominguez e il brasiliano Joao Donato,
l’ensemble nippo-argentino Gaia Cuatro, Luciano Biondini e Javier
Girotto, il quartetto Terre di Mezzo, Pierre Favre e il suo quartetto
di percussioni alle prese con le pietre sonore dello scultore Pinuccio
Sciola. Riflettori puntati anche su Paolo Fresu, naturalmente, “en solitaire” e con l’attore Marco Baliani, mentre all’Agnata, il consueto
omaggio a Fabrizio De André quest’anno si gioca tutto in famiglia
con Cristiano De André chiamato a interpretare, come nei suoi
ultimi dischi, lo straordinario universo artistico dell’indimenticabile
padre. Completano il cast musicale la Banda “Bernardo Demuro”
di Berchidda, presenza ormai abituale del festival, l’immancabile
gruppo composto dai migliori allievi della passata edizione dei
Seminari Jazz di Nuoro, e, novità di quest’anno, quattro formazioni
selezionate attraverso un apposito concorso (Time Out) per i dopoconcerto all’ex caseificio.
Time in Jazz è un’associazione culturale senza fini di lucro, costituita nel 1997. I soci
fondatori sono i volontari che per dieci anni, dal 1988 al 1997, hanno composto lo
staff organizzativo del festival internazionale Time in Jazz di Berchidda.
La scelta di fondare un’associazione, con sede a Berchidda, è stata dettata dalla
necessita di rispondere, con una struttura meglio definita, alle crescenti esigenze di
carattere organizzativo e gestionale. Time in Jazz ha potuto godere così di un riconoscimento dell’attività culturale svolta negli anni, da parte delle istituzioni locali e nazionali. Oltre all’organizzazione ed al coordinamento del festival internazionale Time in
Jazz, l’associazione ha allargato nel tempo il proprio ventaglio di proposte e attività
culturali. Nel 1998 nasce la rassegna Altri Tempi, dedicata al cinema sardo, al teatro
e alla musica. Lo stesso anno prende il via Aprile non dormire, appuntamento dedicato
alla presentazione di opere editoriali e teatrali.
Tra i progetti editoriali dell’associazione anche la rivista quadrimestrale di arte e cultura
contemporanea “Ziqqurat”.
A queste attività si aggiunge quella di archiviazione del materiale prodotto e raccolto
nel corso degli anni: un prezioso patrimonio di documenti e testimonianze - registrazioni audio e video, rassegne stampa, fotografie, manifesti - che compongono la
memoria storica del festival e di un intero territorio. Riflesso diretto di questa attività di
archiviazione è la pubblicazione di sette Cd tratti da altrettanti concerti svoltisi durante
le passate edizioni.
è di proprietà dell’associazione anche una collezione privata permanente di arte contemporanea in Sardegna.
Oltre alla musica, come sempre, tanti altri appuntamenti e iniziative
collaterali: il P.A.V., la sezione di Time in Jazz dedicata alle arti
visive, che riapre i battenti dopo un anno di assenza forzata; la
rassegna di film e documentari selezionati dal regista Gianfranco
Cabiddu; la danza, con gli stage curati dalla coreografa Ornella
D’Agostino e la compagnia Carovana s.m.i.; le varie attività di sensibilizzazione ambientale raccolte sotto l’insegna di “Green Jazz”.
Dopo il successo della scorsa edizione, ritorna anche lo scrittore
Flavio Soriga con il suo diario quotidiano del festival. E, per restare
in ambito letterario, spazio a presentazioni di libri e a un bookshop
in linea con i temi e i contenuti del festival, temi che faranno anche
da spunto ai poeti improvvisatori Mario Masala e Bruno Agus nella
tradizionale gara di poesia in lingua sarda.
Chiuse le otto giornate berchiddesi, la musica continua con Time in
Sassari, consueta appendice del festival in programma mercoledì
17 e giovedì 18 a Sassari, ma con tappe anche a Osilo, Sorso e
Cheremule. Il gruppo Cordoba Reunion, il bandoneon di Daniele
Di Bonaventura, il pianoforte di Natalio Mangalavite e quello di
Gerardo di Giusto, saranno fra i protagonisti della quinta edizione
della minirassegna che, sotto il titolo “Tierra y Fuego: Argentina mi
amor”, accenna già al 2012 di Time in Jazz, quando il ciclo tematico del festival dedicato ai quattro elementi naturali si completerà
nel segno del Fuoco.
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Mai, almeno nella sua storia recente, il Giappone aveva vissuto un disastro sismico come quello che l’ha messo in ginocchio lo scorso marzo.
Forse una risposta al perché delle grandi catastrofi non c’è, ma una riflessione
sullo stato di salute del nostro pianeta è doverosa. Mentre scrivo, un referendum
democratico decreterà il 12-13 giugno la fine o l’inizio di una nuova stagione
nucleare e noi di Time in Jazz siamo contro il nucleare e a favore delle energie
alternative, pur consapevoli delle difficoltà legate all’individuazione di nuove fonti
energetiche.
Di fatto il percorso intrapreso dal festival nel 2009 ci impone una coerenza con
le scelte fatte. Coscienti che una manifestazione musicale come la nostra - che è
seguita da un pubblico sempre crescente – possa suggerire un approfondimento
sui temi in questione.
La storia della nostra coscienza ambientale comincia nel 1997, quando Antonello Salis tenne un concerto all’interno della chiesetta campestre di Sant’Andrea
che è rimasto nella memoria collettiva come
uno dei momenti più emozionanti della storia
di Time in Jazz.
Mai fino ad allora un pianoforte era entrato
fra quelle mura di granito e l’impressione fu
quella di una musica dirompente e allo stesso
tempo delicata che dialogava con quel luogo
intriso di religiosità e di umanità.
Ricordo poche cose di quella mattina. La
prima è il caldo bestiale e l’odore acre del
sudore: quello del numeroso pubblico che
si era assiepato all’interno della chiesetta e
quello di Antonello che sprizzava energia da
tutti i pori.
La seconda è il rumore sordo di un posacenere che si frantuma sul coperchio del pianoforte. Antonello non fece una piega e continuò
ad accarezzare e a percuotere le corde dello
strumento con le mani sanguinanti per le ferite inferte dalle schegge di vetro. Mani rosse
come il fuoco della sua musica.
La terza sono i visi del pubblico incredulo
davanti a questo spettacolo e il pianto di Antonello provocato dall’emozione palpabile in
quel luogo di culto.
Il resto è storia. Ed è anche storia recente.
Quella delle centinaia di concerti tenuti nelle
altre chiesette, nelle più prestigiose basiliche
romanico-pisane di tutto il nord Sardegna e
nei luoghi naturali immersi nel nulla, tra boschi, laghi, riviere e graniti. Sui treni e nelle
stazioni ferroviarie, sulle navi e negli aeroporti, negli ippodromi o tra le pietre dei nuraghi
e delle Domus de janas.
Dovessi andare a ritroso per rileggere la storia di questi 24 anni di festival direi che quel
concerto a Sant’Andrea è stato forse il momento topico della nostra rassegna. Perché le
ha dato dignità civile e perché l’ha realmente messa in relazione con il territorio
e con la gente rendendola internazionale dal punto di vista del suo significato
recondito.
Quando nell’ormai lontano 1988 disegnai le linee guida del festival che stava
per nascere, le idee erano poche ma chiare. Una di queste era il non volersi accontentare di un evento fine a se stesso, capace di rispondere solo a un’urgenza
estetica o spettacolare.
Sarebbe stato troppo poco e irrilevante per formulare una risposta convincente
alla giusta domanda che si ponevano allora i miei concittadini: <perché fare un
festival di jazz a Berchidda?>.
Ora una risposta la abbiamo. Risposta che può mettere d’accordo tutti: volontari e
appassionati, pubblico e artisti ma anche coloro che non amano necessariamente
la musica o il jazz e che si scoprono sensibili ai problemi di oggi anche grazie a
un festival che vuole far riflettere.
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Dopo aver peregrinato nelle due ultime edizioni intorno ai temi dell’acqua e
dell’aria, quello della terra, purtroppo, non poteva essere più attuale. Perché il
jazz è da sempre musica tellurica come il nostro pianeta. In perenne movimento
e pronta a fratturarsi ogni qualvolta si crea un nuovo scontro/incontro lessicale
e sonoro.
Stavolta sarà dunque questo elemento a suggerirci le nuove alchimie sonore e
artistiche di questa ventiquattresima edizione di Time in Jazz. E gli elementi non
saranno più i quattro che stiamo trattando, ma i molteplici che hanno a che fare
con lo stato della terra. Stato che cambia da luogo a luogo e da continente a
continente, come la musica che vi si produce e che varia il suo umore in una
frazione di secondo e secondo la fertilità dei luoghi che la ospita.
Terra e musica argillosa, vulcanica, arida, fertile, torbacea, sabbiosa, grassa,
secca, franosa, ubertosa, incolta, arata, dissodata, improduttiva… Terra e musica capaci di raccontare il difficile cammino dell’umanità di oggi, e in grado di
fotografare tuttora, nella società industriale,
informatica e metropolitana odierna, i lavoratori agricoli, i frutti, l’abbandono, il ritorno,
il grembo terreno, le case fangose di quello
che continuiamo a chiamare terzo mondo, i
colori, le terre emerse o le porzioni della stessa. Porzioni spesso minacciate dalla mano
dell’uomo.
E allora per noi la terra ha il sentore dell’Africa e del Brasile. Dell’Argentina e dell’America nera. E’ un viaggio a ritroso nel tempo e
nelle geografie, il nostro. Tesi tra l’arcaicità e
la primitività del suono e la contemporaneità
dei loop elettronici.
Terra è per noi il declinare pensieri e promesse dettate da un suono migrante che viaggia
dal Mali al Congo. Che raggiunge gli Stati
Uniti soggiornando nel Brasile della samba,
mettendo radici forti nella Tierra del Fuego
argentina e cilena.
Ma terra è anche sinonimo di percussione e
di danza. Di telluricità e di stratificazioni geologiche come quelle documentate dalle pietre sonore di Pinuccio Sciola. Di ondulazioni
gestuali e rituali come il flamenco o come la
fisicità del rito africano.
Questo è il nostro festival. Che dedichiamo
quest’anno al popolo giapponese e ai popoli
del Nord Africa, così vicini per geografia di
terra e così lontani per libertà sognata e non
ancora raggiunta.
<La terra ridà quel che si dà>, dice un saggio proverbio, e ciò sarà da monito per tutti
noi. Fortuna che ne esiste un altro che recita:
<La terra si ammala ma non muore>.
E’ in questa prospettiva che ci accingiamo
a sviluppare non solo il tema di quest’anno
ma anche il prossimo del 2012 dedicato al
fuoco.
Non a caso l’edizione numero cinque di Time in Sassari ha come titolo “Tierra
y Fuego: Argentina mi amor”. Perché quella porzione di mondo è la Tierra del
fuego e perché terra e fuoco sono da sempre in simbiosi.
Il terribile rogo di Oschiri, Berchidda e Monti di Luglio e la tragedia di Curraggia
del 1983, l’incendio nelle campagne di Tempio Pausania in cui morirono nove
persone che tentavano di spegnere le fiamme, sono troppo recenti per essere dimenticati e per non indurci ancora una volta a una riflessione profonda sull’uomo
e sulle sue responsabilità nei confronti del pianeta in cui viviamo.
Metteremo a ferro e fuoco il mondo, se necessario, in difesa del luogo che ci
ospita e in difesa di un festival che compirà venticinque anni il prossimo anno
con le incertezze di sempre!
Paolo Fresu
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Ballakè Sissoko e
Vincent Segal
Musica da camera tra due continenti
A inaugurare questa ventiquattresima edizione di Time in Jazz, martedi 9 alle 21 nella splendida
cornice della basilica romanica di Saccargia, nei pressi di Codrongianos, sarà un concerto all’insegna dell’armonia e dell’incontro tra culture: protagonista il duo formato dal musicista maliano
Ballakè Sissoko e dal violoncellista francese Vincent Segal.
Maestro della kora (l’arpa della musica tradizionale africana), improvvisatore e compositore, Ballakè Sissoko proviene da una famiglia di griot, i poeti/cantori del Mali che hanno il compito di
preservare e tramandare la tradizione orale e musicale degli antenati; nel corso della sua brillante
carriera le sue 21 corde hanno incrociato il percorso di artisti come Taj Mahal o del pianista Ludovico Einaudi, mentre il violoncellista Vincent Segal, pur provenendo da
una formazione classica, ha sempre condotto ricerche sperimentali sul proprio strumento, arrivando così ad affiancare, come accompagnatore, arrangiatore e/o produttore, artisti diversissimi tra loro, come Cesaria Evora, -M-, Blackalicious, Piers Faccini, Sting e Marianne Faithfull.
Provenienti entrambi da un background musicale plurisecolare (la tradizione griot mandinga per Sissoko, la scuola classica per Segal), i due musicisti, già compagni di
etichetta discografica (incidevano entrambi per la Label Bleu), hanno instaurato una solida amicizia da cui ha preso vita un progetto sfociato due anni fa nell’album “Chamber music”: un’opera di grande sensibilità e delicatezza, in cui è sviluppata ai massimi livelli l’arte della conversazione basata sulla comprensione reciproca, sull’attenzione
di ogni musicista nei riguardi dell’altro, sulla capacità di ascolto e comunicazione.
Qui i due artisti hanno saputo coniugare, fondere e riplasmare il rispettivo bagaglio culturale, uscendo da ogni possibile schema precostituito, ponendosi come unico obiettivo il piacere del dialogo musicale, con una complicità tale che kora e violoncello sembrano esprimersi quasi come un’unica voce. Registrato al Moffou Studio, in Mali,
“Chamber Music” è stato arricchito anche dall’apporto di Awa Sangho alla voce, Mahamadou Kamissoko allo ‘ngoni, Fassery Diabaté al balafon, e Demba Camara al
karignan, amici che Sissoko e Segal hanno saputo portare sulla loro stessa linghezza d’onda, coinvolgendoli nel naturale fluire del dialogo musicale.
All’indomani del concerto d’apertura a Saccargia, il duo sarà di scena mercoledì 10 a mezzogiorno nel cuore del bosco di Semida, sul versante del monte Limbara che
dà su Berchidda, per un nuovo incontro musicale in piena armonia anche con i suoni, i colori e i profumi della natura.
Gaia Cuatro
L’incontro inatteso tra Argentina e Giappone
A rappresentare un ideale di musica senza confini, in questa edizione del festival nel segno della
Terra, arriva Gaia Cuatro, formazione tra due continenti che unisce le sonorità ardenti dell’Argentina
con la raffinata tradizione musicale del Giappone.
Il progetto ha preso vita dall’incontro tra due nomi di spicco del jazz nipponico – la violinista Aska
Kaneko e il percussionista Tomohiro Yahiro – con il pianista argentino Gerardo Di Giusto e il suo connazionale Carlos “el tero” Buschini al contrabbasso: quattro musicisti che portano l’arte dell’improvvisazione all’eccellenza, con una libertà tonale lontana dalle convenzioni stabilite, lavorando alla
definizione di una musica totalmente inedita, ma allo stesso tempo sorprendentemente familiare.
Nata a Tokyo da una famiglia di artisti, la violinista e compositrice Aska Kaneko inizia a suonare all’età di quattro anni, ricevendo importanti riconoscimenti fin dall’adolescenza. È alla guida di numerosi ed importanti progetti musicali come l’Aska Strings Project, l’Asian Fantasy Orchestra e The Asian Bow String Orchestra, mentre, tra le
sue collaborazioni più recenti, compare quella con diversi artisti giapponesi, racchiusa nell’album “Betweenness”, e il suo quartetto di cui fa parte Tomohiro Yahiro, che
affianca Aska anche nel Gaia Cuatro.
Originario di Tokyo, il percussionista ha un background musicale eclettico, che va dal rock, alla musica latina, al jazz: tra le sue numerose collaborazioni si contano, tra
le altre, quelle con musicisti come Yosuke Yamashita, Shigeharu Mukai, Kazumi Watanabe, Lisa Ono, col gruppo rock Jagatara e con Shakushain, uno dei gruppi jazz
più importanti del Giappone. Lavora anche con numerosi musicisti stranieri come Joyce, Jorge Cumbo, Pedro Azunar, Alex Acuna.
Sul versante latinoamericano di Gaia Cuatro convergono l’energia del pianista e compositore Gerardo Di Giusto e del contrabbassista Carlos ‘el tero’ Buschini, entrambi
argentini ed eredi della tradizione musicale della loro terra, sempre presente nei loro progetti, tra cui Cordoba Reuniòn, insieme a Javier Girotto (sax) e Minino Garaÿ
(percussioni), in scena a Time in Sassari il 18 agosto (Piazza Santa Caterina, ore 21.30).
Con tre album all’attivo, “Gaia” (2004), “Udin” (2006), e “Haruka” (2009), la formazione nippo-argentina sarà protagonista di un primo concerto mercoledì 10 agosto
(alle 18) sul sagrato della chiesa di San Giovanni a Pattada; poi a Berchidda, all’ex-caseificio, la sera dell’11 agosto (ore 21 ), con Paolo Fresu ospite.
Infine, calato il sipario su Time in Jazz, Gaia Cuatro sarà ancora di scena il 17 agosto (alle 21.30), sul palco di Piazza Santa Caterina a Sassari per il consueto prolungamento del festival nella città turritana.
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Luciano Biondini e Javier Girotto
Fra tango e jazz
Jazz e tradizioni musicali argentine si incontrano e si stringono in un abbraccio
vigoroso, come in un tango impetuoso e improvviso, in questo duo di scena la
mattina di venerdì 12 (alle 11) nella Basilica di San Simplicio a Olbia.
E’ un sodalizio artistico, quello di Javier Girotto e Luciano Biondini, che conta
undici anni di attività e due album: il secondo, “Terra madre” (del 2005), presta
il titolo al loro concerto e testimonia bene la poetica del duo: musica che prende
spunto dall’Argentina e dalla musica mediterranea, terreno di ricerca per un
discorso lirico e coinvolgente che supera i confini del jazz.
Intesa ed energia sono le componenti fondamentali delle loro performance: i
due propongono una musica originale, stendendo nuovi ponti tra jazz e tango,
libera improvvisazione e scrittura, un universo musicale raffinato e malinconico
che sa parlare al cuore come alla testa. Luciano Biondini, uno dei più apprezzati fisarmonicisti sulla scena nazionale, arriverà all’appuntamento con Javier Girotto reduce dall’esibizione solitaria del 10 mattina, alle 9, al Laghetto Nunzia,
nella foresta demaniale del Monte Limbara sud, sopra Berchidda.
E lo ritroveremo ancora venerdì 12, ma nel pomeriggio (ore 18), a Mores, nella
chiesa di Santa Lucia, stavolta nei ranghi del quartetto Terre di Mezzo.
Umbro di Spoleto, classe 1971, Luciano Biondini inizia a studiare la fisarmonica all’età di dieci anni.
Dopo una formazione orientata verso studi classici con numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, si avvicina al jazz nel 1994 dopo aver conosciuto il chitarrista
Walter Ferrero. Nel suo bagaglio di esperienze, tante collaborazioni importanti con musicisti come Tony Scott, Enrico Rava, Gabriele Mirabassi, Michel Godard, Patrick
Vaillant, Rabih Abou-Khalil, sia in concerto che in studio di registrazione. Anche Javier Girotto è atteso da più di un impegno al Time in Jazz: sabato 13 un sax solo a Telti,
nella chiesa di San Bachisio (ore 18); giovedì 18, invece, a Sassari, in piazza Santa Caterina, con il quartetto tutto argentino Cordoba Reuniòn, per l’ultimo concerto
di Time in Sassari. E’ appunto a Cordoba che Javier Girotto è nato nel 1965 da una famiglia di origine pugliese. Ed è in Italia che si trasferisce, venticinquenne, dopo
quattro anni di studi al Berklee College of Music che gli spalancano le porte del mondo del jazz. Incide il suo primo cd, “Homenaje”, nel 1995 con Bob Mintzer e
Randy Brecker come special guest.
In questo stesso periodo nasce il gruppo per il quale i sax soprano e baritono di Girotto sono maggiormente conosciuti, il quartetto Aires Tango, con cui inciderà negli anni
a seguire ben dieci dischi. Ma per l’instancabile sassofonista c’è spazio per tanti altri progetti (la già citata Cordoba Reuniòn, il duo con Luciano Biondini e quello con il
bandoneonista Daniele Di Bonaventura, il Trio G.S.M. con Peppe Servillo e Natalio Mangalavite) e collaborazioni, come quelle con la prestigiosa Orchestre National
du Jazz francese e con tanti protagonisti del jazz italiano, tra cui Enrico Rava, Roberto Gatto, Gianluca Petrella e Rita Marcotulli.
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Marco Baliani e
Paolo Fresu
Parole e musica per raccontare “Kohlhaas”,
il mercante di cavalli
Uno dei protagonisti del teatro narrativo italiano, Marco Baliani, nella riproposizione di uno spettacolo tra i
più riusciti e noti del suo repertorio, “Kohlhaas”, monologo tratto da un racconto di Heinrich von Kleist. Ad
accompagnare l’attore e regista piemontese, quattro anni dopo la precedente apparizione a Time in Jazz,
sarà ancora Paolo Fresu, che ha conosciuto e inaugurato il suo rapporto artistico con Baliani nel 2006 in
occasione del progetto “Mapenzi Tamu / L’amore buono”, assieme ai ragazzi di strada di Nairobi e in
collaborazione con l’Amref. L’appuntamento è per mercoledì 10 alle 21 all’ippodromo di Chilivani, sfondo
ideale per rileggere con parole e musica “Michael Kohlhaas”, il testo dello scrittore romantico tedesco datato
1810. Si tratta infatti del racconto di una storia realmente accaduta, nella Germania del Cinquecento, di
un mercante di cavalli, appunto, vittima della corruzione dominante nella giustizia statale. La spirale di violenza generata dal sopruso subito da Kohlhaas offre a Baliani lo spunto per una riflessione sulla giustizia e
sulle conseguenze morali che può comportare la reazione dell’individuo all’ingiustizia. Baliani, attraverso la
sua mimica, la sua gestualità, riesce a coinvolgere anche lo spettatore più distratto, facendogli immaginare
i cavalli del protagonista, le sue paure, la sua sete, la sua vana attesa di giustizia e la decisione finale di
scegliere il cappio di una forca. Ma a rendere più realistico il racconto, a Chilivani, contribuirà non solo l’originale location dello spettacolo, ma anche e soprattutto le presenza di un gruppo di cavalli e cavalieri che
entreranno in scena per sottolineare con esercizi e coreografie ideate ad hoc i passi più salienti e coinvolgenti
della storia. Protagonisti in sella i cavalieri del Centro Ozierese di equitazione che opera nelle strutture annesse all’ippodromo.
Scritto nel 1990 con Remo Rostagni, “Kohlhaas” è ormai un cult della produzione teatrale narrativa italiana; lo straordinario successo di pubblico e critica ottenuto da
questo lavoro sin dalla sua comparsa ha dato un impulso decisivo alla diffusione di un genere ora assai familiare al grande pubblico, il teatro di narrazione, grazie anche
alla popolarità di altri autori-attori come Marco Paolini, Lella Costa e Ascanio Celestini.
Nato a Verbania nel 1950, Marco Baliani ha mosso i primi passi nel mondo del teatro con spettacoli per ragazzi con la compagnia “Ruotalibera”, da lui fondata nel 1975.
In seguito, per un pubblico adulto, ha scritto, diretto o interpretato numerosi spettacoli. Tra i monologhi, oltre a “Kohlhaas”, ricordiamo “Tracce” (1996, dall’omonimo saggio
di Ernst Bloch), “Corpo di stato” (1998, sull’omicidio Moro) e “Lo straniero” (2003, da Camus). Attivo anche nel cinema, ha lavorato con registi come Mario Martone (“Teatri
di guerra”, 1996), Francesca Archibugi (“Domani”, 2000), Cristina Comencini (“Il più bel giorno della mia vita”, 2001), Roberto Andò (“Viaggio segreto”, 2006), Andrea
Molaioli (“La ragazza del lago”, 2007). Nel 2004 ha pubblicato per Rizzoli il suo primo romanzo, “Nel regno di Acilia”. Dal 2002 ha avviato un progetto di volontariato
artistico con Amref, “Acting from the street”, con venti ragazzi di strada di Nairobi e due spettacoli, “Pinocchio nero”, nel 2004, e “L’amore buono”, nel 2006.
Les Tambours de
Brazza
Dalla nave alla festa finale con
Les Tambours de Brazza e i loro ritmi trascinanti
Tra i portavoce dell’Africa in questa edizione di Time in Jazz dedicata alla Terra, non potevano
mancare i congolesi Tambours de Brazza con i loro trascinanti ritmi tellurici.
Guidato dal carismatico batterista Emilie Biayenda, il gruppo all’insegna delle percussioni
approderà a Golfo Aranci il 12 agosto, dopo la consueta traversata marittima a bordo di una
nave della Corsica Sardinia Ferries in viaggio da Civitavecchia (partenza alle 14:15) al porto
sardo di Golfo Aranci (arrivo ore 19:30), per poi animare le strade di Berchidda nei giorni successivi con le parate che anticipano i concerti serali, fino ad approdare
all’elettrizzante spettacolo della festa finale sul palco in Piazza del Popolo, nella seconda parte della serata di ferragosto (h 23.00).
Batterista, percussionista e compositore eclettico (co-fondatore del gruppo di musica arabo-andalusa Ifriqiya e batterista del Phonétics Quintet di Benoit Delbecq), Emilie
Biayenda, affascinato dal patrimonio musicale dell’Africa centrale, ha esplorato le possibilità di sposare i ritmi jazz con le tradizioni musicali locali, creando laboratori
introduttivi e di formazione con i giovani provenienti da vari quartieri della città di Brazzaville, e adattando le tecniche tradizionali del tamburo “Ngoma” alla musica
moderna. E’ da questo esperimento che nel 1991 è nato il gruppo Les Tambours de Brazza, che da allora ha riscosso grande successo a livello internazionale. Costretta
all’espatrio in Benin e poi in Francia, a causa della guerra civile in Congo, la formazione ha approfittato di questo cambiamento per ampliare il repertorio, e integrare
progressivamente altri elementi musicali, come la batteria, il basso, e la chitarra.
Maghi del ritmo e del corpo, i Tambours de Brazza riprendono la gestualità e i riti ancestrali africani, ma non si tratta di artisti tradizionali: la musica moderna è molto presente nel
loro lavoro, ammiccando qua e là al rap o al reggae, offrendo uno spettacolo completo e contemporaneo, e consacrando il tamburo come uno strumento che sfida i tempi.
Nella loro musica risuonano i ritmi delle etnie del Congo e le influenze di batteristi decisamente moderni, e si ritrovano le gioie e i dolori della gente, i riti e le danze
dell’Africa, suoni e ritmi che si insinuano come pulsazioni vitali, danze che inventano nuovi linguaggi non tradizionali, costumi che illuminano la scena di mille colori.
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Pierre Favre
in cooproduzione con
Fra sculture e percussioni con Pierre Favre,
il suo quartetto e le pietre sonore di Pinuccio Sciola
La giornata di giovedì 11 comincia nel suggestivo (e inedito per Time in Jazz) scenario dell’area
archeologica di Santo Stefano, nella campagna di Oschiri, con il suo interessantissimo altare rupestre. Qui, alle 11 del mattino, alla testa del suo quartetto di percussioni, apre la sua serie di apparizioni al festival lo svizzero Pierre Favre, uno dei musicisti che hanno contribuito maggiormente
a definire l’identità del nuovo jazz europeo e a emancipare le percussioni dal loro convenzionale
ruolo ritmico, facendole diventare un veicolo di ritmo e melodia “a tutto tondo”.
Raramente si è trovato nel jazz qualcuno che suonasse le percussioni così “silenziosamente”: musicista di grandissima sensibilità e originalità, maestro di spazi vuoti e pause, Pierre Favre è un autentico
poeta delle percussioni. Il suo set di strumenti forma un universo sonoro unico e personale che si può
apprezzare al meglio nelle sue esibizioni in solo, come quella di cui sarà protagonista la mattina di
sabato 13 (alle 11) alle Fonti di Rinaggiu a Tempio Pausania.
Quasi un salto indietro nel tempo, invece, l’impegno che lo attende la sera dopo sul palco berchiddese di piazza del Popolo (ore 21:30): Pierre Favre ritrova infatti il
compagno di una memorabile avventura musicale al centro di una lontana edizione di Time in Jazz, quella del 1996: Pinuccio Sciola. Il grande scultore sardo (di San
Sperate) riporta in dote le sue pietre sonore sul palco su cui debuttarono in un contesto concertistico, affidandole proprio allo stesso esecutore di quindici anni fa, Pierre
Favre, stavolta in compagnia degli altri membri del suo quartetto di percussioni: Christian Jaeger, Markus Lauterburg e Valeria Zangger. Coprodotto con il festival I suoni
delle Dolomiti, il progetto arriva a Berchidda quattro giorni dopo la “prima” al passo di Lavazé, in Trentino, a 1.800 metri di quota.
è un rapporto davvero speciale quello che lega Pinuccio Sciola con l’universo dei suoni da quando, intorno alla metà degli anni Novanta, la sua ricerca artistica si è
dedicata con crescente consapevolezza alla produzione delle pietre sonore: monoliti di basalto scolpiti attraverso profonde incisioni e fenditure longitudinali che, percosse,
pizzicate o semplicemente accarezzate, vibrano, emettono suoni di intensità, frequenza e timbro differenti. Sono sculture, insomma, che paiono realizzare la magia di
dare vita e voce alla pietra, di sprigionare l’anima stessa della terra dalla materia inerte.
Le pietre sonore hanno appassionato da subito non solo gli ambienti dell’arte, ma anche il mondo della musica. E così, mentre fanno bella mostra di sé in esposizioni in
Italia e all’estero o in spazi come l’Auditorium Parco della Musica di Roma progettato da Renzo Piano, sono diversi i musicisti, di area “colta” e non, che le hanno sperimentate per trarne suoni, come il violista Maurizio Barbetti, i performer Pietro Pirelli, il compositore genovese Riccardo Dapelo e il sassarese Antonio Doro.
Sciola
Pinuccio Sciola, artista di fama internazionale, dopo gli anni di formazione, in Italia e all’estero, nel 1968 inizia l’attività di muralista
e progetta di trasformare San Sperate, suo paese natale, in “paese
museo”. Nel 1973 l’UNESCO si interessa ai murales di San Sperate
e invita Pinuccio Sciola a recarsi in Messico. Durante questo soggiorno
incontra il grande muralista David Alfaro Siqueiros dal quale attinge i
segreti e il fascino della cultura pre-colombiana.
Dopo aver dato vita ad una scuola-laboratorio a San Sperate nel
1978, effettua un viaggio di studio in Africa attraverso la foresta equatoriale, dall’Uganda fino allo Zaire.
Negli anni Ottanta allestisce varie personali ed espone in numerose
città italiane ed europee. Tra il 1986 e 1987 espone nei musei d’arte
moderna più importanti della Germania.
Nel 1996 nascono le Pietre sonore, esposte per la prima volta nel
1997 a Berchidda. Nel 2000 sue opere sono ad Hannover e all’Havana. Nel 2002 il Müvészet-Malom Szentendre di Budapest gli dedica
una grande mostra antologica e, agli inizi del 2003, Sciola inizia una
collaborazione con l’architetto Renzo Piano, che sceglie una imponente
pietra sonora per la Città della Musica a Roma. Nell’estate dello stesso anno, Sciola espone una nuova
serie di monumentali sculture sonore ad Assisi. Alla fine del 2003 è presente con sue opere monumentali allo
Spazio Thetis di Venezia e nel 2004 inaugura una grande mostra personale in Lussemburgo.
Sciola è presente oggi con le sue opere in numerose collezioni pubbliche e private in tutta Europa e le
sculture sonore - veri e propri strumenti musicali e fonte di ispirazione per artisti, musicisti e compositori vengono esposte in tutto il mondo.
Manifatture Sonore
Giovedì 11 agosto
Berchidda, Spazio ex-Cooperativa “La Berchiddese” - ore 23.00
Manifattura Sonora nell’ex fabbrica di formaggi
A chiudere la terza giornata di Time in Jazz, lunedì 11 (intorno alle 23), nell’area dell’ex-Caseificio (alle
23), sarà il gruppo formato dai migliori allievi del Seminario Jazz di Nuoro. Al termine di ogni edizione,
l’iniziativa didattica nuorese, varata nel 1989 da Paolo Fresu insieme alla compianta Antonietta Chironi,
assegna una borsa di studio ai corsisti più meritevoli di ciascuna classe di strumenti, invitandoli a unirsi
in un gruppo e a suonare insieme in un percorso concertistico che, fra le varie tappe, prevede appunto
la partecipazione al festival di Berchidda. Quest’anno è il turno di Manifattura Sonora, formazione che
vede alla voce Francesca Biancoli, Daniele Richiedei al violino, Nicola Cellai alla tromba, Jacopo Albini
al sassofono, Daniele Bartoli alla chitarra, Laura Sassu al pianoforte, Edoardo Meledina al contrabbasso,
Giovanni Paolo Liguori alla batteria.
Dopo Berchidda, spetterà ancora a loro il compito di aprire a Nuoro, il 24 agosto, la rassegna di concerti collaterale ai corsi del Seminario jazz. Manifattura Sonora sarà inoltre impegnata, col rinforzo di uno
“special guest”, nella registrazione di un cd, il quinto prodotto dall’Ente Musicale di Nuoro, con i gruppi
dei migliori allievi dei corsi, a suggello della loro esperienza nuorese, con l’augurio che sia il primo di una
lunga serie e viatico per una carriera ricca di successi.
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Cristiano
De André
Di padre in figlio: all’Agnata Cristiano canta Fabrizio
Il pomeriggio di giovedì 11 (ore 18) ritorna uno degli eventi tradizionalmente più attesi
del festival: il concerto con cui Time in Jazz (per la settima edizione consecutiva) rende
omaggio al ricordo di Fabrizio De André nei giardini dell’Agnata, la tenuta vicino a
Tempio Pausania che fu uno dei principali luoghi di ritiro del cantautore genovese (e
che da tempo è un rinomato albergo rurale destinato al turismo di qualità). Ma stavolta
l’appuntamento organizzato in collaborazione con la Fondazione Fabrizio De André
assume un significato davvero particolare: dopo Danilo Rea, Maria Pia De Vito e Rita
Marcotulli, Gianmaria Testa con Lella Costa e Paolo Fresu, Ornella Vanoni, Morgan e
Teresa De Sio, protagonisti nelle precedenti edizioni, questa volta spetta a Cristiano De
André il compito di rileggere il repertorio di Faber, ma con gli occhi di figlio e di artista. Un compito che lo vede sempre più impegnato da due anni a questa parte, come
dimostrano i tour e i due album discografici all’insegna di “De André canta De André” pubblicati nel 2009 e l’anno scorso, e che all’Agnata svolgerà accompagnandosi
al pianoforte, alla chitarra acustica e al buzuki insieme a Osvaldo Di Dio (chitarra acustica e classica) e Luciano Luisi (pianoforte e chitarra acustica).
Nato a Genova nel 1962, Cristiano cresce in un vivace ambiente culturale, dove teatro e musica sono componenti quotidiane. Si avvicina prestissimo allo studio della
chitarra e del violino, iniziando ad esibirsi dal vivo dai primi anni ‘80 insieme al gruppo Tempi Duri: con questa formazione Cristiano accompagnerà il padre Fabrizio in
alcuni suoi tour. Dal 1985 intraprende la carriera solistica partecipando tra le nuove proposte al Festival di Sanremo, dove vince il premio della critica. Due anni dopo
esce il suo primo album, seguito da “L’albero della cuccagna” (1990) e “Canzoni con il naso lungo” (1992). Nel 1993 torna al Festival di Sanremo, questa volta nella
categoria “campioni”, riscuotendo un grandissimo successo di pubblico e critica per il brano “Dietro la porta”. Considerato il disco della piena maturità artistica, nel
1995 esce “Sul confine”, frutto di un lungo periodo di ricerca professionale e personale, che vede la collaborazione, tra gli altri, del padre Fabrizio nel brano “Cose che
dimentico”.
Nel 2001, due anni dopo la scomparsa di Faber, Cristiano pubblica “Scaramante”, un disco intenso con cui vince il Premio Lunezia come miglior album. Torna al Festival
di Sanremo nel 2003 con il brano “Un giorno nuovo”, cui segue l’omonima raccolta di brani del suo passato artistico arrangiati ad hoc e proposti in versione live.
Negli anni a seguire si dedica alla Fondazione Fabrizio De André riappropriandosi del suo patrimonio umano ed artistico, con la svolta, nel 2009, che lo porterà al
progetto “De André canta De André”, iniziato con un tour, e sfociato poi nei due album, di cui offrirà un assaggio nel concerto all’Agnata.
In collaborazione con la Fondazione De André e la partecipazione di Enoteca Demuro
e Fratelli Naseddu.
Terre di mezzo
Viaggio tra le sonorità del Mediterraneo
Nel pomeriggio del 12 agosto (ore 18) Time in Jazz fa tappa a Mores, nella chiesa
di Santa Lucia, con il quartetto Terre di Mezzo: un nome che evoca le influenze
musicali del gruppo, ispirate ai colori etnici del Mediterraneo, ma senza mai abbandonare le radici del jazz, matrice comune a tutti i componenti del gruppo. Attiva
dal 1995, la formazione trae la sua particolare identità musicale dalla fusione tra
le eterogenee esperienze musicali dei suoi componenti, che spaziano dal jazz,
alla musica classica, alla world music. Al sassofono Emiliano Rodriguez, che ha al
suo attivo numerose esibizioni con prestigiose orchestre (Teatro alla Scala, Rai di
Torino, Opera di Roma) e collaborazioni con importanti jazzisti, tra cui Gianluigi
Trovesi, Paolo Fresu e Enrico Rava; alla fisarmonica Luciano Biondini, uno dei più apprezzati specialisti dello strumento a mantice sulla scena nazionale, con prestigiose
collaborazioni, tra cui quelle con Rabin Abou-Kahlil, Ernst Rejseger, Enrico Rava, Javier Girotto (con cui lo vedremo in duo la mattina del 12 a Olbia) e concerti nei più
importanti festival nazionali e internazionali.
La sezione ritmica vede al contrabbasso Roberto Bartoli, sul fronte del jazz dal 1975, che tra le sue numerosissime collaborazioni conta quelle con Massimo Urbani, Bob
Berg, Mike Stern, David Liebman, Steve Swallow; dietro piatti e tamburi siede invece il romano Ettore Fioravanti, classe 1958, batterista di grande esperienza, attivo sia
con progetti propri (come il gruppo Belcanto), sia come sideman: titolare nel quintetto “storico” di Paolo Fresu, conta collaborazioni durature anche con Roberto Ottaviano,
Paolo Damiani, Piero Bassini e Gian Luigi Trovesi.
Formazione dai confini volutamente elastici, Terre di Mezzo trova nei frequenti contributi proprio Trovesi, un ideale ampliamento della propria ricerca indirizzata verso la
fusione degli stili popolari con il linguaggio jazzistico.
Dal 1995 ad oggi il gruppo, oltre a due album all’attivo (“Terre di mezzo” e “Faro”) vanta la partecipazione a numerose rassegne e festival in Italia (Siena Jazz, Clusone
Jazz Festival, Crossroads, I Concerti del Quirinale – RAI 3, Along Come Jazz, Rossini Opera festival, Concerti al Conservatorio di Milano, Terni Jazz, ecc.), e ha tenuto
concerti in Europa e Africa riscuotendo ovunque calorosi consensi di critica e pubblico.
in collaborazione con
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Ahmad Jamal
Col quartetto del grande Ahmad Jamal
al via i concerti in Piazza del Popolo
I riflettori del palco “centrale” in piazza del Popolo si accenderanno per la prima volta in questa edizione di Time in
Jazz la sera di venerdì 12 (ore 21:30) per illuminare uno dei protagonisti più attesi del festival: Ahmad Jamal. Ottantun
anni appena compiuti (è nato a Pittsburgh, in Pennsylvania, il 2 luglio 1930), tra i massimi interpreti del pianoforte jazz
moderno, sarà a Berchidda alla testa di un quartetto con James Cammack al contrabbasso, Herlin Riley alla batteria
e Manolo Badrena alle percussioni.
“L’architetto”, “Il profeta”, “Ahmad il magnifico”,”Il mago del pianoforte”,”Il Maestro”,”Il mostro con due mani destre”:
sono alcuni dei soprannomi con cui gli addetti ai lavori hanno reso onore alla statura artistica del pianista e compositore americano. Noto per la sua eccezionale padronanza tecnica e per il sound inconfondibile, Ahmad Jamal è
stato un talento precoce: bambino prodigio, ha iniziato a suonare il piano a soli tre anni per intraprendere, a sette,
gli studi ufficiali. Allievo della famosa cantante e insegnante afroamericana Mary Cardwell Dawson e del pianista
James Miller, a diciassette anni, dopo il diploma alla Westinghouse High School, comincia a girare con la sua musica,
facendosi notare dalla critica per le sue esibizioni in solo.
Nel 1951 forma il suo primo trio e viene ingaggiato dalla Okeh Records. Già affiancato dal contrabbassista Israel
Crosby, nel 1956 sostituisce il chitarrista Ray Crawford con un batterista. Con Vernell Fournier dietro piatti e tamburi,
il trio registra nel ‘58 l’album But Not For Me che include anche Poinciana – destinata a diventare il suo “marchio di
fabbrica” - e che (sorprendentemente per un album jazz) resterà nella Top Ten per ben 108 settimane.
Il successo permette a Jamal di realizzare un sogno, aprire un ristorante/club, l’Alhambra, a Chicago, dove il trio può
esibirsi stabilmente, raffinando un proprio sound compatto ed esaltando le caratteristiche salienti del pianista, le sue innovazioni ritmiche, le colorate percezioni armoniche,
la ricchezza melodica e armonica della sua mano sinistra.
Diventato famoso anche per una serie di standard insoliti e di proprie composizioni, Ahmad Jamal ha colpito e influenzato, tra gli altri, anche il grande Miles Davis, che
nella sua autobiografia avrebbe elogiato le speciali qualità artistiche del pianista di Pittsburgh e riconosciuto la sua influenza. In effetti, negli album registrati dal Miles
Davis Quintet tra la metà e la fine degli anni Cinquanta, figurano molti brani registrati in precedenza da Jamal: Squeeze Me, It Could Happen To You, But Not For Me,
Surrey With -The Fringe On Top, Ahmad’s Blues, On Green Dolphin Street e Billy Boy.
Tanti i riconoscimenti e le gratificazioni raccolti anche in tempi recenti. Nel 1994, Ahmad Jamal ha ricevuto il premio dell’American Jazz Masters fellowship dal National
Endowment for the Arts (Fondo Nazionale per le Arti). Lo stesso anno è stato nominato “Duke Ellington Fellow” all’Università di Yale.
The Essence, album del 1996 con George Coleman al sax tenore, ha conquistato la critica, che lo ha definito “storico”, così come il mercato discografico, dove ha
raggiunto vendite eccezionali. In Francia, oltre a ricevere un premio “Django”, il disco ha conquistato il riconoscimento “Choc”.
Sempre in Francia, nel giugno del 2007, il governo transalpino attraverso il ministro della Cultura Renaud Donnedieu de Vabres, ha nominato Ahmad Jamal “Officier de
l’Ordre des Arts et des Lettres” (tra i predecessori artisti del calibro di William Faulkner, Ralph Waldo Emerson, Jackson Pollock, Ella Fitzgerald e Allen Ginsberg).
L’anno dopo, l’album “It’s Magic”, considerato uno dei suoi migliori lavori e salutato dalla critica come il clou della sua carriera, ha scalato la classifica Top Jazz Albums
di Billboard, la iTunes Jazz Top 10, e si è poi piazzato al secondo posto sulla Jazz Week Radio Chart in Francia. Ahmad Jamal è stato anche insignito del premio per il
miglior album internazionale da Les Victoire du Jazz, la versione francese dei Grammy.
Pubblicato nel gennaio del 2010, il suo ultimo disco, “A Quiet Time”, è stato disco dell’anno su Jazz Radio, mentre l’antologico “The Complete Ahmad Jamal Trio Argo
Sessions 1956-1962”, uscito sei mesi dopo, è stato riconosciuto come la miglior riedizione dalla French Jazz Academy.
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Chano Domínguez
Tra flamenco e jazz il “Piano Ibérico” di Chano Domínguez
Sabato 13 doppio set all’insegna del pianoforte sul palco centrale di piazza del Popolo. Apre (ore 21:30) il “cuarteto flamenco” di Chano Domínguez con Blas Córdoba “El Kejío” (voce, palmas), Daniel Navarro (taconeo, palmas) e
Israel Suárez “Piraña” (percussioni). Ma ci sarà modo di apprezzare il pianista andaluso (di Cadice) anche nel concerto solistico che lo attende l’indomani mattina (domenica 14, alle 11) al Parco eolico “Sa turrina manna” di Tula.
Classe 1960, Chano Domínguez ha iniziato a suonare la chitarra da autodidatta a otto anni, imparando dai dischi
di suo padre, grande appassionato di flamenco. A dodici entra in contatto con la tastiera dell’organo a canne della
sua parrocchia, dove cantava nel coro, e più tardi inizia a suonare il piano in diversi gruppi di musica popolare e
commerciale. Col gruppo CAI inizia a comporre e incide tre dischi, diventando uno dei maggiori esponenti del rock
andaluso. La band si scioglie nel 1981 e Chano si avvicina sempre di più al jazz.
Col suo nuovo gruppo Hiscádix vince la Mostra Internazionale per giovani interpreti nel 1986. Nel 1988 va in
tour in Germania, nel 1989 in Belgio e nel 1990 è finalista del Concorso Internazionale di piano “Martial Solal” a
Parigi: Chano Domínguez è già un musicista riconosciuto.
Nel 1992 forma un trio con cui comincia a fondere i ritmi del flamenco col jazz. Vince il Primo Premio alla Muestra
Nacional de jazz para Jóvenes Intérpretes di Ibiza e pubblica il suo primo album, seguito nel 1994 da “10 de Paco”, ispirato a composizioni di Paco de Lucía, e nel
1996 da “Hecho a mano”. Chano Domínguez è ormai un artista di riferimento sulla scena del jazz spagnolo. Nel 1997 incide l’album “Coplas de madrugá”, compone
la colonna sonora del film “Siempre hay un camino a la derecha”, si esibisce al Midem di Miami, dove tiene un concerto in duo con Michel Camilo e, alla fine dell’anno,
lancia “En directo”, registrato dal vivo, che la rivista “Cuadernos de Jazz” premierà come miglior album di jazz: un successo bissato l’anno dopo con il disco “Imán”.
Nel 2000 Chano Domínguez è l’unico spagnolo nel film “Calle 54” di Fernando Trueba, nominato ai Grammy per la colonna sonora, e si esibisce a L’Avana insieme
a Chucho Valdés e Herbie Hancock. Dopo un tour negli Stati Uniti, nel 2002 lancia il suo nuovo album “Oye como viene”, nominato ai Grammy nella categoria “Jazz
Latino”. Nel 2003 è invitato da Wynton Marsalis a esibirsi in vari concerti al Lincoln Center di New York, dove presenta la sua opera “De Cai a New Orleans” insieme
alla Lincoln Center Jazz Orchestra. Lo stesso anno va in tour con Wynton Marsalis in Spagna e pubblica l’abum “Con alma”.
Nel 2004 registra l’album “Acoplados”, va in tour in Sud America e arrangia temi popolari raccolti da García Lorca per lo spettacolo “El café de las chinitas”, del Ballet
Nacional de España. Nel 2005 esce “Acércate más”, l’anno dopo registra “New Flamenco Sound”, una combinazione unica di jazz e flamenco con NFS, una formazione di oltre dieci musicisti spagnoli, mentre esce alla fine del 2007 “Paquito D’Rivera & Chano Domínguez Quartier Latin”, registrato dal vivo al Teatro Real di Madrid.
Nel 2008, torna ad esibirsi con Wynton Marsalis al Lincoln Center, si presenta al Festival Jazz di San Francisco e prosegue con i suoi concerti per tutto il mondo.
Lo scorso novembre ha pubblicato il suo nuovo album, Piano Ibérico, dove raccoglie l’essenza dell’opera di quattro grandi compositori spagnoli del passato, Isaac Albéniz, Manuel de Falla, Enrique Granados e Frederic Mompou, per rigenerarla, bagnarla col flamenco, l’improvvisazione jazz e convertirla in qualcosa di nuovo.
Banda Musicale
di Berchidda
Terra! La “Bernardo De Muro” scopre l’America
Per la chiusura della serata di venerdì 12, dopo il concerto di Ahmad Jamal in Piazza del Popolo,
Time in Jazz gioca in casa: sarà infatti la Banda Musicale “Bernardo De Muro” di Berchidda ad
animare la mezzanotte in piazza Funtana Inzas. “Terra!” Viaggio alla riscoperta della musica Americana del Novecento”, il titolo del concerto che spazierà dallo swing
di Glenn Miller al jazz rock elettrico di Jaco Pastorius, Joe Zawinul, Miles Davis e Herbie Hancock.
Storica “palestra” in cui il giovane Paolo Fresu ha mosso i primi passi nel mondo della musica e fucina di tanti altri giovani talenti, la “Bernardo Demuro” ha una lunga e
importante storia. Nata nell’estate del 1913 per volontà del parroco Don Pietro Casu, la banda ebbe da subito il nome del famoso tenore tempiese ed esordì in pubblico
per la prima volta nel 1914 con il maestro Nuvoli di Bosa. Con la direzione del maestro Sotgiu di Santa Teresa di Gallura raggiunse la notorietà, partecipando all’inaugurazione dell’ippodromo di Ozieri-Chilivani nel 1920 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III. La crescita nel corso degli anni è avvenuta soprattutto grazie al contributo
dei maestri che hanno diretto la banda, come De Biasi, Bezzi, Cirore Casu, Antonio Pinna, Mario Busellu, Don Ruju, Angelo Campus, Sebastiano Piga, Giovanni Fais,
Salvatore Grixoni, Gian Franco Demuru, fino al direttore attuale, il talentuoso trombettista Antonio Meloni, berchiddese ed ex allievo dello stesso Paolo Fresu.
Oltre alla partecipazione a diverse edizioni del festival Time in Jazz, dove la “Bernardo De Muro” fa gli onori di casa, si contano altre importanti esibizioni, tra cui un concerto
a Castelgandolfo in occasione del Giubileo nel 2000, e le esibizioni del 2002 e 2003 a La Tour D’Aigues (paese gemellato con Berchidda) nel sud della Francia.
L’organico guidato da Antonio Meloni attualmente conta una quarantina di elementi: Manuela Mutzu, Maria Giovanna Isoni, Chiara Perinu, Elisa Pinna, Elisa Meloni e
Matilde Sini ai flauti; Stefania Modde, Marta Zaccagni, Mara Brianda, Rita Delrio, Stefania Brianda, Tore Fois, Giuseppe Casu, Francesca Chirigoni, Greta Serra, Sofia
Pudda, Raffaele Apeddu, Luigi Meloni, Marika Pinna, e Maria Luisa Campus ai clarinetti; Antonella Nieddu, Armando Sannitu, Fausto Sanna, Nanni Sanna, Michele
Achenza e Andrea Campus ai sassofoni; Ezio Desole, Tiziano Sanna, Simone Mu, Domenico Delrio, Fabrizio Fresu, Luca Sini, Agostino Casu alle trombe; Giannetto Crasta, Davide Laconi, Gabriele Brianda e Tomaso Sanna ai corni; Andrea Vargiu, Giovanni Addis e Piero Fresu ai tromboni; Graziano Desole, Luciano Demuru e Giuseppe
Casula ai flicorni; Nino Sini e Marco Pudda ai bassi tuba; Giovanni Gaias e Piero Fresu alle batterie, Andrea Demuru, Riccardo Soddu, Fabio Aini e Sergio Meloni alle
percussioni; Antonello Mura al pianoforte.
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João Donato
A Berchidda un grande della musica brasiliana
Dopo il “cuarteto flamenco” di Chano Dominguez, il pianoforte tiene banco anche nella seconda parte della
serata di sabato 13: al centro dei riflettori un veterano degli ottantotto tasti, João Donato, un grande della
musica brasiliana, sulle scene da oltre sessant’anni. In trio con Luiz Alves al basso e Robertinho Silva alla
batteria, proporrà il repertorio di “Sambolero”, il disco con cui ha ottenuto il “Grammy” di Miglior Album di
jazz latino del 2010.
Originale, eccentrica, eterodossa, essenzialmente armonica: se non c’è un termine per definire la musica di
João Donato, il suo stile ha però un suono distintivo, immediatamente riconoscibile. Classe 1934, il pianista,
autore e arrangiatore di Rio Branco (che compirà settantasette anni proprio pochi giorni dopo la sua apparizione a Berchidda) ha mosso i primi passi nella musica suonando la fisarmonica. Professionista già a quindici
anni, è proprio con lo strumento a mantice che partecipa alla sua prima registrazione ufficiale, nel 1949,
come membro della band del flautista Altamiro Carrilho. Nel 1953 inizia a guidare proprie formazioni come
pianista, registrando su 78 giri versioni strumentali di standard americani e brasiliani.
Trascorre due anni a São Paulo, dove firma, nel 1956, il suo primo L.P., “Chá dançante”. Quando rientra a
Rio, la Bossa Nova sta esplodendo. Con uno dei principali alfieri del nuovo genere, João Gilberto (con cui
farà in seguito anche un tour europeo), registra nel 1958 “Minha saudade”, il suo primo successo. Nel 1959 si trasferisce negli Stati Uniti dove vive per tre anni suonando
con musicisti come Carl Tjader, Tito Puente, Mongo Santa Maria. Nel 1962 ritorna in Brasile e registra un paio di album (“Muito à vontade” e ““A bossa muito moderna
de João Donato e seu Trio”), ma presto è di nuovo negli U.S.A. dove stavolta resterà per oltre dieci anni. Si esibisce con Astrud Gilberto, Tom Jobim, Eumir Deodato, Stan
Kenton, Nelson Riddle, Herbie Mann, Wes Montgomery e pubblica una serie di album, tra cui quello che meglio rappresenta la sua seconda stagione americana, “A
Bad Donato” (1970).
Nuovamente in Brasile nel 1972, l’anno dopo firma “Quem é quem”: il disco introduce per la prima volta delle parti vocali, cantate dallo stesso autore, inaugurando per
João Donato, fino ad allora interprete esclusivamente di musica strumentale, un nuovo filone, sviluppato anche nel successivo “Lugar comum” (1975).
Passerà tuttavia una ventina d’anni prima che torni a registrare: avviene nel 1996 con “Coisas tão simples”, cui seguirà tutta una serie di pubblicazioni (soprattutto con tre
case discografiche indipendenti), tra cui: “Café com pão” (1997), “Só danço samba” (1999), i tre volumi della collezione “Songbook” (1999), “Ê Lalá Lay-Ê” (2001),
“Managarroba” (2002), “O piano de João Donato” (2003), l’incontro strumentale con Paulo Moura (“Dois panos pra manga”, 2006) e quello con Bud Shank (“Uma
tarde com”). Nel 2004 João Donato ha ricevuto dalle mani del presidente brasiliano Lula e del ministro alla cultura Gilberto Gil, la prestigiosa Medalha da Ordem do
Mérito Cultural. Lo scrittore americano Allen Thayer, in uno suo testo di quattro anni fa per il magazine Wax Poetics, ha sentenziato: “João Donato merita a pieno titolo
un posto tra le leggende della musica brasiliana, accanto a Antonio Carlos Jobim, João Gilberto, Dorival Caymmi, Ary Barroso e tanti altri, nonostante sia una sfida
classificare il suo stile musicale”.
Flavio Soriga
Berchidda Beach - Il Time in Jazz come non l’avete mai sentito
raccontare. Un diario quotidiano pseudo-letterario - venti minuti di puro
delirio sardocampidanese di Flavio Soriga e le sue body guard.
Dal palco centrale del festival, ogni sera, un reading-racconto che parte da Nuraghe Beach (Contromano Laterza),
l’ultimo libro dello scrittore utese Flavio Soriga, per tentare di reinventare il festival Time in Jazz mentre accade. Un
quotidiano e stordente, ambizioso, strampalato tentativo di fuggire dal reale (i concerti di campagna, la campagna
gallurese, le panadine di oschiri, il vermentino ghiacciato, i punkabbestia ruomorosi, le romane in canottiera, gli innamorati di Paolo Fresu) mentre lo si racconta: un diario sognante e visionario, eccessivo e dunque bugiardo, come
sono sempre tutti i racconti, sinceri e fantasiosi sempre in eguale misura.
Flavio Soriga è nato a Uta, in provincia di Cagliari, nel 1975. Vive a Roma. Ha pubblicato Diavoli di Nuraiò (Il
Maestrale , 2000, Premio Italo Calvino), Neropioggia (Garzanti, 2002 Premio Grazia Deledda Giovani), Sardinia
Blues (Bompiani, 2008, Premio Mondello Città di Palermo), L´amore a Londra e in altri luoghi (Bompiani, 2009,
finalista Premio Pen Club, vincitore Premio Piero Chiara). È dello scorso anno Il cuore dei briganti (Bompiani), mentre
è uscito questo luglio (per la collana Contromano di Laterza), Nuraghe Beach – La Sardegna che non visiterete mai,
un ritratto disincantato dell’isola, fuori da ogni luogo comune.
Un racconto di Flavio Soriga è presente nell’antologia di scrittori italiani e statunitensi Il lato oscuro, pubblicata da
Einaudi e curata da Roberto Santachiara. Nel 2004, con Giovanni Peresson, ha realizzato lo spettacolo e il CD
Meridiani Inquieti. Organizzatore, con alcuni amici, del festival Settembre dei Poeti di Seneghe e di Sulla terra
leggeri - Piccolo festival di mezza estate dell’Argentiera (Sassari), è stato uno degli ideatori del festival letterario di
Gavoi. Nel 2007 gli è stata assegnata dall’Università di Vienna la donazione per giovani scrittori della Abraham
Woursell Foundation di New York. Lo scorso anno ha vinto la borsa di studio della Commissione Europea Halma
network. Quest’anno ha partecipato, come autore, alla realizzazione del programma di RAI3 Hotel Patria, condotto
da Mario Calabresi. I suoi libri sono tradotti in tedesco, galiziano, rumeno e croato.
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Rokia Traoré
La voce dal Mali fra tradizione e modernità
Rokia Traoré è un’artista che trae la propria linfa vitale dall’incontro fra tradizione e modernità. Originaria
del Mali, ha viaggiato e vissuto in diverse parti del mondo, dall’America all’Europa al Medio Oriente,
scoprendo ed assorbendo le differenti culture e tradizioni musicali che nella sua ricerca ha poi rielaborato
e fuso insieme alla tradizione musicale della sua terra, con risultati del tutto innovativi ed originali.
Cantante professionista dal 1996, a un anno dal suo debutto, appena ventitreenne, si è aggiudicata
il premio internazionale di Radio France come “Scoperta africana dell’anno”. Dopo l’album d’esordio,
“Mouneïssa” (1998), nel 2000 esce “Wanita”, acclamato dalla critica come un capolavoro dell’african
music. Attualmente Rokia Traorè è considerata una delle migliori artiste africane apparse sulla scena internazionale nell’ultimo decennio: nei suoi album ha continuato a svelare le sue idee musicali, accrescendo il
suo pubblico in tutto il mondo e convincendo anche la frangia più conservativa della world music. Ha sempre voluto creare un nuovo stile musicale che mantenesse una forte impronta africana, ma che allo stesso
tempo potesse dar vita a canzoni moderne e dal sentire contemporaneo, ispirate dalla musica jazz, pop
e rock. Nella sua ricerca verso un suono “più moderno, più rock e blues”, accosta all’uso degli strumenti
tradizionali, come la kora, lo n’goni e il balafon, il suono ruvido della sua chitarra Gretsch, con cui si accompagna nel canto.
“Tchamantché”, uscito nel 2008, è il suo ultimo album, un nuovo progetto in cui l’artista torna alle origini della propria musica, accompagnata da strumenti tradizionali
(kora e n’goni) e quattro coristi, ma senza abbandonare la ricerca di sonorità trasversali ai generi.
I suoi testi, mai banali e spesso legati a importanti temi sociali, come quello dell’emigrazione africana verso l’Europa, sono prevalentemente in Bambara, una lingua del Mali,
e solo due in francese, ma questo non impedisce alla sua musica di avere un respiro più ampio, che si nota nel costante avvicinamento alle suggestioni blues e rock.
A Berchidda Rokia Traorè sarà protagonista del secondo set della sera di domenica 14 (ore 23.00), accompagnata sul palco di Piazza del Popolo da una formazione
tutta africana, con Mamah Diabaté allo n’goni, Mamadyba Camara alla kora, Habib Sangaré al bolon, oltre alle voci di Naba Aminata Traoré, Bintou Soumbounou
Kadidiatou Sangaré e Fatim Kouyaté, mentre l’indomani mattina si esibirà presso la chiesetta campestre di San Michele, a pochi chilometri dal paese, in occasione del
consueto concerto di ferragosto, seguito dal tradizionale pranzo berchiddese.
Bojan Z
Il pianista serbo in solo e con tetraband
Sarà la chiesa bizantina di Santa Croce a Ittireddu a ospitare il secondo concerto per pianoforte della
giornata di domenica 14: dopo la mattinata a Tula, in compagnia dell’iberico Chano Domínguez, il pomeriggio propone un altro specialista degli ottantotto tasti, Bojan Zulfikarpasic (o più comodamente Bojan Z),
pianista serbo (ma francese di adozione) di grande tecnica e originalità stilistica, che sa mescolare nella
sua ricca tavolozza sonora il jazz con la musica colta e i colori della tradizione balcanica.
Nato a Belgrado nel 1968, ha cominciato a studiare pianoforte da bambino, proseguendo poi con il
conservatorio, e perfezionandosi con Clare Fisher negli Stati Uniti. Nel 1988 si trasferisce in Francia,
dove in breve tempo si afferma nella scena jazzistica locale, cominciando a suonare con altri musicisti nel
circuito dei club parigini, tra cui il chitarrista Noël Akchoté, Julien Lourau e Magic Malik. I primi riconoscimenti importanti non tardano ad arrivare: nel 1990 conquista il primo premio da solista al “Concours de
la Défense” con il quartetto del contrabbassista Marc Buronfosse. L’anno dopo entra a far parte dell’Azur
Quartet di Henri Texier, e poi dei gruppi guidati dal clarinettista Michel Portal: due musicisti prestigiosi che
lo proiettano sulla ribalta jazzistica transalpina e non solo. Con il suo particolare linguaggio musicale – un
vocabolario di jazz arricchito da dosi moderate di folk balcanico – Bojan Z lascia la sua impronta in tutti i gruppi in cui suona.
Oltre all’attività come sideman, il pianista serbo è attivo alla testa di propri gruppi, con i quali ha inciso importanti lavori: tra questi l’album di debutto del Bojan Z Quartet,
che nel 1993 suggella un fruttuoso sodalizio con l’etichetta Label Bleu, il suo progetto multietnico Koreni, che riunisce otto musicisti di origini differenti, fra cui il percussionista algerino Karim Ziad e il turco Kudsi Erguner, e Transpacifik, progetto in trio con i musicisti americani Scott Colley e Nasheet Waits. Nel corso della sua carriera
riceve numerosi riconoscimenti e premi internazionali, come la nomina a cavaliere dell’Ordre des Arts et des Lettres da parte del Ministero della cultura francese, il Premio
Django Reinhardt nel 2002, lo “European Jazz Prize” (Hans Koller prize) nel 2005, e il premio “Les victoires du jazz” per il miglior album del 2007 con Xenophonia, un
disco striato di energia elettrica e blues, lontano dal jazz ortodosso, ma più vicino all’essenza delle origini.
Sarà invece la sua Tetraband a elettrizzare la Piazza del Popolo di Berchidda (alle 21.30) per la prima parte della serata di ferragosto, a precedere la consueta festa
finale. La formazione, con il trombonista newyorkese Josh Roseman, la bassista Ruth Goller e il batterista Seb Rochford, ha registrato nel 2009 “Humus”, un album in cui
Bojan Zulfikarpasic e soci danno vita a una sorta di jazz-punk-funk in cui si alternano finezze melodiche e ritmi pulsanti, armonie non accademiche ed echi balcanici, con
un approccio decisamente aperto all’improvvisazione. A Berchidda il ruolo di Josh Roseman sarà ricoperto da un musicista del calibro di Gianluca Petrella, autentica stella
nel firmamento del jazz nostrano: considerato uno dei migliori trombonisti jazz del mondo, come dimostra anche il suo ragguardevole palmarès (“Django d’or” nel 2001,
“Critics Poll” della rivista “Down Beat” nel 2006, e “Paul Acket Award” nel 2007), Gianluca Petrella è stato già tra i protagonisti delle scorse edizioni di Time in Jazz, con
la sua Cosmic Band nel 2009, e lo scorso anno al fianco di Enrico Rava in duo e con il New Quintet.
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Gara poetica
Lunedì 15 agosto
Berchidda, Chiesa di Santa Caterina – ore 18.00
Gara poetica sul tema della terra con i poeti improvvisatori
Mario Masala e Bruno Agus e il coro Santa Sarbana di Silanus
a cura di Paolo Pillonca
produzione originale Time in Jazz
Immancabile appuntamento di Time in Jazz con la gara di poesia in lingua sarda, che si affida ancora una
volta alla curatela preziosa e competente di Paolo Pillonca. A sfidarsi in rime e versi estemporanei, il pomeriggio di Ferragosto alle 18, nella chiesetta campestre di Santa Caterina, poco fuori Berchidda, saranno i poeti
improvvisatori Mario Masala e Bruno Agus, nel giudizio del pubblico la migliore delle coppie oggi possibili,
accompagnati dal coro Santa Sarbana di Silanus.
Il primo è il decano degli improvvisatori in attività, con mezzo secolo di carriera da festeggiare proprio pochi
giorni prima dell’impegno a Time in Jazz, il 10 agosto (esordì nel 1951, all’età di sedici anni). Mezzo secolo
ricco di soddisfazioni e riconoscimenti, grazie al talento innato e alla serietà dell’impegno di questo improvvisatore che ha iscritto il proprio nome tra i più importanti nella
storia delle gare poetiche logudoresi, trovando nella sostanza delle argomentazioni, nella velocità dei tempi di esecuzione e nell’estrema cura della metrica le prerogative
della sua dimensione di artista. Vero e proprio enfant prodige, Mario Masala di Silanus ha esordito sui palchi delle sagre con i grandi Remundu Piras, Barore Sassu e
Ciciu Piga. Da allora la sua carriera è stata ricca di soddisfazioni: ha cantato con tutti gli altri grandi improvvisatori del suo tempo (Barore Tucone, Antoni Piredda, Peppe
Sozu, Juanne Seu, Frantziscu Mura, Gavinu Piredda, Totoni Crobu, Nanneddu Chìghine, Jommaria Pulina, Juanninu Fadda), con i decani viventi Bernardu Zizi, Antoni
Pazzola e Frantziscu Sale, oltre ai rappresentanti delle nuove leve, ad iniziare proprio da Bruno Agus, che gareggia con lui a Berchidda.
Poeta orale di punta delle nuove leve, ormai avviato verso la consacrazione piena, Bruno Agus, di Gàiro Sant’Elena, ha esordito nei primi anni Ottanta, avendo la fortuna
di incontrare anche Peppe Sozu, nell’ultimo decennio di una luminosa carriera. Agus si è imposto subito all’attenzione degli appassionati di poesia orale per le doti naturali
e la costante ricerca della crescita professionale: il suo stile si caratterizza per la freschezza della vena, la bontà delle argomentazioni e la correttezza della dimensione
metrico-musicale. Agus è anche molto rispettoso del pubblico, dote basilare per chiunque salga sul palco di una gara di poesia orale.
Formazione fra le più apprezzate del canto a tenore, Il coro Santa Sarbana di Silanus ha al suo attivo centinaia di esibizioni in Sardegna, Italia e diversi Paesi europei, e
tre prodotti discografici (Funtanafrisca, Vidas e Bonasorte) che hanno riscosso un notevole successo di pubblico e di critica, mentre è al lavoro su un quarto album, in uscita
entro la fine dell’anno. Accompagnano il solista Angelo Cossu i coristi Giovanni Cossu (mesaoghe), Giovanni Antonio Faedda (contra) e Gavino Mura (bassu).
Zappa
con il patrocinio del
Martedì 16 agosto
Berchidda al tramonto, Cantina Castello Monte Acuto – ore 18.30
Paolo Fresu chiude il festival a colpi di zappa
Spetta a Paolo Fresu (a chi altri, se no?) il compito di suggellare il ventiquattresimo Time in Jazz. Lo farà
martedì 16, al tramonto, con un happening in perfetta sintonia con il tema di questa edizione del festival.
Titolo: “Zappa”. Sottotitolo (esplicativo): “Concerto per zappe, buoi, aratri, erpici e trombe”. Location: un
terreno agricolo, la Cantina Monte Acuto, nella campagna fuori Berchidda. L’idea, come si può intuire,
è quella di fare musica con
e tra i suoni e gli strumenti del lavoro della terra. Quella stessa terra di cui si sarà parlato poco prima (ore
18:30) nel corso di una conferenza sul progetto EcoFINDERS dedicato alla ruolo della biodiversità del
suolo nel funzionamento degli ecosistemi. Quella stessa terra cui sono legate gran parte dell’economia
berchiddese e le stesse radici di Paolo Fresu.
Il Nostro arriva all’impegno del festival reduce dalla “folle” impresa che ha ideato per festeggiare i suoi
primi cinquant’anni (li ha compiuti il 10 febbraio): cinquanta concerti, uno per ogni candelina, in cinquanta giorni consecutivi, in altrettanti angoli diversi della sua Sardegna e con un gruppo o un progetto
artistico ogni sera diverso. Partito proprio da Berchidda il 12 giugno, “!50” (questo il titolo del lungo
viaggio in musica) ha attraversato in lungo e in largo l’isola, approdando in alcune fra le sue località più
significative e affascinanti, come il villaggio nuragico di Barumini, l’area archeologica di Santa Cristina
a Paulilatino, le vestigia punico-romane di Nora e del tempio di Antas a Fluminimaggiore, ma anche in angoli meno risaputi dell’isola: luoghi speciali dal punto di vista
naturalistico, storico o culturale, vecchie miniere, siti d’arte, torri costiere, tombe di giganti, chiesette campestri.
Nel rispetto della natura e in sintonia con i luoghi in cui è andato in scena, “!50” ha utilizzato tecnologie a basso consumo e ridotto impatto ambientale: luci, amplificazione e strumenti alimentati con energia solare ed eolica. Grazie alla partnership con la Fondazione SLO (Sustainable Life Opportunity), “!50” si è servito infatti del “Carro
delle Energie”, uno speciale gruppo “Ecoelettrogeno” ideato ad hoc, che tappa dopo tappa, concerto dopo concerto, ha catturato ogni giorno energia dal sole e dal
vento per restituirla la sera sotto forma di luce, suono, immagini, tra le architetture naturali delle suggestive location del tour.
Ad affiancare Paolo Fresu nel suo giro di Sardegna in cinquanta tappe, si sono avvicendati molti degli artisti, musicisti, jazzisti, ma non solo, con i quali ha condiviso i suoi
primi trenta (quasi, ormai), intensissimi anni di attività: un cast ampio e variegato, dunque, specchio della vastità e della molteplicità degli impegni artistici di Paolo Fresu,
musicista instancabile ed eclettico, capace di calarsi nei più disparati contesti, mantenendo però sempre la propria coerenza espressiva e una precisa cifra stilistica.
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Daniele di Bonaventura
Il bandoneonista accende “Tierra y Fuego: Argentina mi amor”
E’ italianissimo, ma è un virtuoso del bandoneon, lo strumento a mantice tipico del tango argentino, e questo spiega la
presenza di Daniele di Bonaventura nel cartellone di “Tierra y Fuego: Argentina mi amor”, titolo scelto per la quinta edizione
di Time in Sassari, consueta appendice di Time in Jazz in programma il 17 e il 18 agosto a Sassari, ma con tappe anche a
Osilo, Sorso e Cheremule. Sarà anzi proprio il musicista marchigiano (è nato a Fermo nel 1966) a tagliare il nastro inaugurale della due giorni con un’esibizione solistica a Osilo, in piazza Brundanu, il pomeriggio di mercoledì 17 (alle 18).
Compositore, arrangiatore, pianista oltre che bandoneonista, Daniele di Bonaventura ha coltivato sin dall’inizio della sua
attività un forte interesse per la musica improvvisata, pur avendo una formazione musicale di estrazione accademica (è
diplomato in Composizione) iniziata a soli otto anni.
Le sue esperienze spaziano dalla musica classica a quella contemporanea, dal jazz al tango, dalla musica etnica alla world
music, con incursioni nel mondo del teatro, del cinema e della danza. Nel suo ampio e prestigioso curriculum compaiono
dunque collaborazioni, sul palco e in sala di registrazione, con artisti di ambiti differenti, jazzisti (Enrico Rava, Paolo Fresu,
Oliver Lake, David Murray, Miroslav Vitous, Rita Marcotulli, David Liebman, Toots Tielemans, Omar Sosa, Flavio Boltro, Greg
Osby, Dino Saluzzi, Cèsar Stroscio, Enzo Favata, Aires Tango, David Riondino) ma non solo (Francesco Guccini, Sergio
Cammariere, Lella Costa, Ornella Vanoni, Franco Califano, Alessandro Haber, Mimmo Cuticchio).
Applaudito sui palchi dei principali festival italiani e internazionali, conta una dozzina di album come leader o coleader, e più di trenta come sideman. Tra i dischi più
recenti, “Mistico Mediterraneo”, uscito per la ECM lo scorso gennaio, e registrato con Paolo Fresu e con il gruppo vocale corso A Filetta: un affascinante progetto apprezzato in concerto anche a Time in Jazz edizione 2007.
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Natalio Mangalavite
La matrice latina della musica del pianista di Cordoba
Pianista ma anche percussionista, cantante, arrangiatore e compositore eclettico, Natalio Mangalavite è il protagonista
solitario della matinée di giovedì 18 (ore 11) alla Marina di Sorso, nella pineta del fiume Silis. Argentino di Cordoba, ma
da lungo tempo trapiantato in Italia, figlio d’arte (padre e madre pianisti ), ha studiato canto e musica alla Escuela de Niños
Cantores della sua città, piano classico al conservatorio e poi composizione e arrangiamenti jazz con Luis Vecchio alla
Escuela Canaria de Jazz.
Alla ricerca di nuovi orizzonti di vita e sonori, Natalio Mangalavite lascia l’Argentina nel 1982. Fa una prima sosta a Rio de
Janeiro, prima di decidere di andare in Europa. Vive a Madrid e a Las Palmas, studiando e lavorando con i musicisti locali
nella Compagnia Canaria di teatro. Una breve sosta anche in Senegal lo porta a studiare percussioni africane.
Le sue radici siciliane lo spingono infine a visitare l’Italia, paese che non lascerà fino ad oggi, vivendo dal 1985 a Roma.
Per più di vent’anni ha suonato e arrangiato per Ornella Vanoni, ha fatto televisione e ha lavorato nelle orchestre e in diversi
gruppi jazz e latin: Tercero Mundo insieme a Javier Girotto e El negro Hernandez, Cirimìa, i primi gruppi jazz insieme a
John Arnold, Gianni Savelli e Massimo Bottini. Tante le collaborazioni nel campo del pop e del jazz: le più note quelle con
Javier Girotto, Peppe Servillo, Fabrizio Bosso, Alfredo Paxaon, Martin Bruhn, Carlos Buschini, Michele Ascolese, Babara
Casini, Fabio Concato.
Ha inciso diversi cd a suo nome oltre a contare svariate presenze in studio di registrazione per album come “Colibrì” con Javier Girotto, “L’amico di Cordoba”e “Futbol”
con lo stesso Girotto e Peppe Servillo, “Sol” con i Latin Mood (Girotto, Bosso, Bulgarelli, Tucci e Marcozi), “Madre Tierra” con Carlos Buschini, Martin Bruhn, Barbara
Casini, “Influence” e “I mercati del alba” con il dj Pieraja, “Luis y Miguel” con Michele Ascolese.
La musica di Natalio Mangalavite è di matrice latina con varie influenze: l’Argentina in primo luogo, ma anche il Brasile, l’Uruguay, l’Italia, l’impressionismo francese, il
flamenco. Un musicista suona quello che è, la sua vita, quello che mangia, quello che beve. L’amore. Natalio Mangalavite cerca di trasmettere proprio quello. La sua
esperienza di vita in musica.
Gerardo Di Giusto
Fra tradizione argentina, jazz e classica
Sarà la suggestiva atmosfera della necropoli preistorica di Museddu, nel territorio di Cheremule, ad accogliere le note del pianoforte di Gerardo Di Giusto il pomeriggio del 18
agosto (ore 18.00), nell’ambito di Time in Sassari, la consueta appendice di Time in Jazz.
Classe 1961, Gerardo Di Giusto nasce a Cordoba, in Argentina, ma dopo aver frequentato il Conservatorio Nazionale della sua città, si è trasferito a Parigi dove ha proseguito gli
studi musicali al CIM, ottenendo il Diploma Superiore di direzione d’orchestra alla Scuola
Normale di Musica. Per alcuni anni ha lavorato come compositore, arrangiatore o pianista
per i maestri del “rubato” come Amelita Baltar o Juan José Mosalini nel tango argentino, per
maestri della musica latina come Orlando Poleo, Anga Diaz, Maraca Valles, e per musicisti
jazz come Julien Lourau e Magik Malik. Alcune delle sue opere orchestrali, “El Arcángel” e
“Música Argentina para Cuerdas”, vengono eseguite da ensemble come la Grand Harmonie de l’Armée de l’Air (Francia), l’Orchestra da Camera di Córdoba (Argentina), l’Orchestre Dionysos (Francia), la Camerata Romeu (Cuba).
La musica di Gerardo Di Giusto parte da un forte legame con la tradizione argentina,
dispiegandosi fino alle frontiere del jazz e della classica, per trascendere gli stili e tendere
a una dimensione universale. Con questo spirito è nato il suo progetto più originale e personale, Camerata Ambigua, un quintetto per archi e piano, che segna una delle tappe più
brillanti del suo percorso artistico: “La cambiada”, primo album della formazione, uscito nel
2004, ha ottenuto un grande successo di critica.
Parallelamente Di Giusto ha spinto la sua ricerca ai confini del jazz con Córdoba Reunión, il gruppo che ha fondato con altri tre musicisti originari della città argentina Javier Girotto (sax), Minino Garaÿ (percussioni) e Carlos “El Tero” Buschini (contrabbasso) -, con cui si esibirà sul palco di Piazza Santa Caterina a Sassari la sera del 18
agosto (alle 21.30) . Nel 2003 parte anche il gruppo Gaïa Cuatro, tra i protagonisti di questa edizione di Time in Jazz, dove è atteso a Pattada davanti alla chiesa di
San Giovanni il 1o agosto (ore 18.00), la sera dopo a Berchidda, insieme a Paolo Fresu, negli spazi dell’Ex-cooperativa “La Berchiddese” (ore 21.00), e il 17 agosto
in Piazza Santa Caterina a Sassari (alle 21.30).
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Cordoba
Reuniòn
Giovedì 18 agosto
Sassari, Piazza Santa Caterina - ore 21.30
L’Argentina si ritrova a Sassari
Sarà un quartetto tutto argentino a chiudere, il 18 agosto (ore 21.30) la quinta edizione di Time in Sassari, appendice del festival berchiddese, che sotto il titolo “Tierra
y Fuego: Argentina mi amor” accenna già al 2012 di Time in Jazz, quando il ciclo
tematico del festival dedicato ai quattro elementi naturali si chiuderà nel segno del fuoco. E a suggellare la serie di concerti sul palco di Piazza Santa Caterina sarà una
formazione sulla scena musicale da oltre dieci anni, che fin dal nome, Cordoba Reuniòn, dichiara il proprio legame con la terra d’origine dei suoi componenti: Javier
Girotto (sax), Gerardo Di Giusto (pianoforte), Carlos “el tero” Buschini (basso) e Minino Garay (percussioni).
Il repertorio presenta musiche originali, e tuttavia influenzate dal substrato della musica sudamericana per eccellenza: il tango, la zamba, la chacarera, la milonga e
la chaya, qui mutuate attraverso la personale rivisitazione espressiva dei quattro membri del gruppo. Nel progetto Cordoba Reuniòn si ritrovano, sulla base delle radici
comuni, musicisti dalle diverse esperienze artistiche, che spesso si sono incrociate e incontrate: quella del sassofonista Javier Girotto, che tra i suoi tanti progetti conta
anche gli Aires Tango, il duo con Luciano Biondini (con cui lo vedremo a Olbia il 10 agosto) e il quartetto “Terre di Mezzo” (in scena il 12 agosto a Mores); il percorso
del pianista e compositore Gerardo di Giusto (in piano solo nel pomeriggio del 18 a Cheremule), che insieme al contrabbassista Carlos “el tero” Buschini condivide il
progetto Gaia Cuatro, protagonista di tre diversi appuntamenti di Time in Jazz, rispettivamente a Pattada (il 10 agosto), a Berchidda (l’11 agosto, insieme a Paolo Fresu)
e a Sassari (il 17 agosto), a cui si aggiunge l’energia del percussionista Minino Garay. In Cordoba Reuniòn, jazz, folk e musica etnica si fondono in una ricerca sempre
all’insegna della libertà creativa.
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Il Jazz Club del festival quest’anno ospita, nelle quattro serate dal 12 al 15, i vincitori del
concorso Time Out, che ha visto la partecipazione di numerosi lavori da tutta Italia e che ha
selezionato i progetti più interessanti da presentare al pubblico di Time in Jazz.
Quattro scelte molto diverse tra loro, rappresentano un panorama musicale ampio ed
eterogeno, che sconfina dai limiti del jazz per aprire una visuale su mondi sonori a cui il festival,
dedica le sue notti fino all’alba nello spazio dell’ex-Cooperativa “La Berchiddese”.
STEREONOISE EXP - 12 agosto 2011 ore 1.00
Gli Stereonoise Exp nascono a Cagliari nel 2010 dall’incontro del polistrumentista Carlo Porrà,
dell’eclettico trombettista Mario Massa e del pianista di classico Stefano Rachel. Presto le idee prendono forma nell’album “Myo”, lavoro psichedelico in 10 brani ispirato all’album postumo di Miles
Davis “Doo Bop” e ad un certo Jazz elettronico nordeuropeo ma ancor di più legato ai colori e profumi
mediterranei. MYO è un carattere del titolo del Sutra del Loto che restituisce il concetto di “Apertura”,
“Rigenerazione” e “Ricerca”. E’ la Terra del Buddha. Si uniscono le ritmiche e i bassi di Carlo Porrà,
di ispirazione “dance”, con la tromba effettata di Mario Massa ed il piano melodico di Stefano Rachel. Importante anche la collaborazione col musicista elettronico, dj e vj Alessandro Pintus per i suoi
penetranti e innovativi contributi video durante le esibizioni live.
DE GRINPIPOL - 13 agosto 2011 ore 1.00
De Grinpipol nascono a Sassari nel 2004 con l’intento di dare vita a una cover band dei
norvegesi Motorpsycho. Presto subentra la voglia di comporre propri brani, le nove canzoni
di “De Grin Sound of De Grinpipol”, un demo-cd che ottiene un inaspettato successo. La
band inizia un’incessante attività live, partecipando ad alcune importanti rassegne musicali
nazionali (finale regionale di “Italia Wave” 2008, Premio della giuria “Sottosuoni” 2008,
vittoria della finale regionale “Primo Maggio tutto l’anno” 2009).
Queste esperienze conducono De Grinpipol a maturare il proprio sound verso un indiedisco targato 2manydjs e Dfa, filtrato da melodie vocali che attraversano il cantautorato
americano e armonizzazioni di chitarra in stile new wave.
SCREWDRIVE INN - 14 agosto 2011 ore 1.00
Il nome e l’idea musicale del gruppo di Bergamo sono ispirati al modello cinematografico di
David Lynch. Il progetto nasce dalla collaborazione di Gabriele Mitelli e Edoardo Chiaf, entrambi allievi del maestro Beppe Rusconi, con l’ idea di sperimentare il jazz come emozione
contrastante dell’essere contemporaneo, in una pluralità di sensazioni, in apparenza completamente slegate ma via via sempre più comunicanti, una ricomposizione del mondo interiore
senza digressioni storiche... immaginazione attiva, ciò che Lynch richiedeva allo spettatore,
riproposta tramite analogie, rime interne, rapporti di contiguità a livello sonoro. Portano a
Berchidda il loro primo lavoro, nato come colonna sonara del documentario “Aulò”, girato
dal regista Simone Brioni e riadattato per sestetto.
VOODOO SOUND CLUB - 15 agosto 2011 ore 1.00
Il Voodoo Sound Club è una band nata a Bologna nel 2007 sviluppandosi
dapprima dal jazz al funky, per poi riscoprire l’amore per la black music e riportare così dignità a tutto la musica del ‘900, che ha fatto ballare le generazioni
precedenti.
Nel 2008 inizia la collaborazione artistica con Roy Pacy, Gianluca Petrella,
Federico Poggipollini e tanti altri. Il Voodoo Sound Club è musica da ascoltare
e ballare, una miscela esplosiva di Funky, Afrofunk, Afrobeat e psichedelia, che
riporta il Funk e il Jazz all’originale matrice africana, attraverso l’ipnotica ripetitivià delle progressioni ritmiche e le torrenziali improvvisazioni del saxofono del
leader Guglielmo Pagnozzi.
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La Fondazione
Banco di Sardegna
La Fondazione Banco di Sardegna, per la sua unicità nella Regione Sardegna, ha un ruolo primario nello sviluppo economico e nella
crescita del capitale umano, sociale e culturale del territorio sardo. Nel perseguire queste finalità di utilità sociale e promozione economica, la Fondazione promuove in diversi settori la realizzazione e la gestione di infrastrutture e la produzione di servizi che consentano
il miglioramento della qualità di vita della sua comunità, la crescita endogena del territorio in tutti i suoi aspetti e l’insediamento delle
attività produttive.
Di norma agisce entro i confini regionali ma, eccezionalmente, può estendere, la sua operatività fuori di essi e anche
all’estero.
La Fondazione Banco di Sardegna persegue i suoi scopi, nell’ambito di prestabilite aree d’intervento – Arte, Attività e beni culturali;· Ricerca scientifica e tecnologica;· Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa;
· Volontariato, filantropia e beneficenza – mediante
l’assegnazione di contributi o finanziamenti a progetti e iniziative altrui, oppure mediante la promozione di progetti e iniziative proprie. La
particolare attenzione da sempre rivolta al settore artistico e culturale è evidente nella decisione di destinare ad esso il 42% del proprio
fondo erogazioni, di contribuire alla divulgazione della conoscenza del patrimonio artistico sardo attraverso una collezione dedicata
principalmente all’isola: dai grandi maestri del Novecento alla più recente ricerca contemporanea.
La Fondazione nella realizzazione dei propri obiettivi si ispira ad un sistema di valori etici di riferimento:
· La conoscenza, intesa come
motore di crescita e volano di sviluppo attraverso l’investimento in capitale umano volto alla valorizzazione delle competenze, delle abilità
e delle conoscenze presenti sul territorio;
· La relazionalità, intesa come modalità operativa di partecipazione a progetti ed iniziative in
partnership. L’indirizzo intrapreso dalla Fondazione privilegia, infatti, iniziative in collaborazione sinergica con enti territoriali al fine di
valorizzare i beni pubblici locali, ossia quei beni che sono indissolubilmente legati ad un territorio tanto da definirne l’Identità;
· La solidarietà, nella sua accezione tout-court quale principio fondante l’attività della Fondazione in tutti i settori d’intervento.
· La sussidiarietà,
intesa come “risorsa” in grado di aiutare le istituzioni sociali e civili a servire al meglio la propria comunità;
· La trasparenza, come valore
cui uniformare ogni proprio comportamento nel rispetto delle prescrizioni normative
La sede della Fondazione Banco di Sardegna si trova a Sassari, in un palazzo storico costruito intorno alla metà del 1800, ubicato nelle
immediate vicinanze di Piazza d’Italia, zona di prima espansione e centro nevralgico della città di Sassari. Il palazzo, di gusto sobrio
ed elegante, aveva in origine al proprio interno un elegante teatro di ridotte dimensioni, noto come Teatro Goldoni, inaugurato il 26
dicembre 1881. Il Teatro fu demolito dopo pochi anni per rendere lo spazio funzionale alle operazioni bancarie e commerciali, vista la
nuova destinazione a sede della Banca d’Italia.
Dalla Collezione della
Fondazione Banco di Sardegna:
opera di Aldo Contini
Alcuni volumi delle Collane editoriali
della Fondazione Banco di Sardegna
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Time in Jazz è bello perché belli sono i “teatri” in cui va in scena.
Specialmente quelli naturali. Mai come quest’anno il festival si lega al suo territorio, ai suoi boschi, alla sua campagna.
Cerchiamo di rispettarli. Evitiamo ogni comportamento che possa danneggiare la natura, le piante, gli animali,
l’acqua, l’aria. Basta un po’ d’attenzione e qualche piccolo accorgimento: non accendere fuochi, non gettare
mozziconi di sigarette, non abbandonare sul posto plastica, carta e cartacce, limita l’uso delle automobili. I
luoghi del festival sono spesso raggiungibili attraverso stradine strette che si addentrano nella campagna. Evitiamo di
parcheggiare la macchina sul ciglio della strada o di fare manovre che possano intralciare il traffico.
Affidiamoci ai consigli e alle indicazioni dello staff. Soprattutto, affidiamoci al buon senso, all’educazione e al
rispetto della natura e del prossimo.
Grazie al contributo di ognuno di noi, anche quest’anno sarà un bel Time in Jazz.
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09
Codrongianos, Basilica di Saccargia - h 21.00
Ballaké Sissoko & Vincent Segal
“Chamber Music”
Berchidda, Laghetto Nunzia - h 09.00
Luciano Biondini fisarmonica solo
Berchidda, Semida - ore 12.00
Ballaké Sissoko & Vincent Segal
10
Pattada, Chiesa di San Giovanni - h 18.00
Gaia Cuatro #1
Chilivani, Ippodromo - h 21.00
Marco Baliani & Paolo Fresu
“Kohlhaas - Della terra e del cavallo”
11
Oschiri, Chiesa e altare rupestre di S. Stefano - h 11.00
Pierre Favre quartet
“(S)colpire il percuotere”
produzione originale Time in Jazz
Tempio Pausania, L’Agnata - h 18.00
Cristiano De André
in collaborazione con la Fondazione De André
Berchidda, ex-Cooperativa “La Berchiddese”
Gaia Cuatro #2 con Paolo Fresu (h 21.00)
Manifattura sonora (h 23.00)
Gruppo borsisti Seminari Nuoro Jazz
Traversata marittima Civitavecchia > Golfo Aranci
partenza h 14.15 > arrivo h 19.30
Les Tambours de Brazza
in collaborazione con Sardinia Ferries
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Olbia, Basilica di San Simplicio - h 11.00
Luciano Biondini & Javier Girotto
“Terra Madre”
Mores, Chiesa di Santa Lucia - h 18.00
Terre di Mezzo
Berchidda, Piazza del Popolo - h 21.30
Ahmad Jamal
Berchidda, Piazza Funtana Inzas - h 24.00
Banda Musicale Bernardo De Muro di
Berchidda plays:
“Terra!” Viaggio alla riscoperta della musica americana del Novecento
produzione originale Time in Jazz
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Tempio Pausania, Fonti di Rinaggiu - h 11.00
Pierre Favre solo “Terreno”
produzione originale Time in Jazz
Telti, Chiesa di San Bachisio - h 18.00
Javier Girotto sax solo
Berchidda, Piazza del Popolo
Chano Domínguez cuarteto flamenco (h 21.30)
“Piano Ibérico”
João Donato trio (h 23.00)
14
Tula, Parco eolico “Sa turrina manna” - h 11.00
Chano Domínguez piano solo
Ittireddu, Chiesa di Santa Croce - h 18.00
Bojan Z piano solo
Berchidda, Piazza del Popolo
Pierre Favre Quartet (h 21.30)
“La Pierre Sonore” Pierre Favre Quartet suona
le sculture di Pinuccio Sciola
coprod. originale Time in Jazz & Suoni delle Dolomiti
Rokia Traoré (h 23.00)
Berchidda, Chiesa di San Michele - dalle h 11.00
“Io pretendo dignità”
incontro con Riccardo Noury
Direttore Ufficio comunicazione Amnesty International
a seguire: Rokia Traoré
15
a seguire: pranzo tipico berchiddese
Berchidda, Chiesa di Santa Caterina - h 18.00
Gara poetica sul tema della terra
con i poeti improvvisatori Mario Masala e
Bruno Agus e il coro Santa Sarbana di Silanus
a cura di Paolo Pillonca
produzione originale Time in Jazz
Berchidda, Piazza del Popolo
Bojan Z Tetraband (h 21.30)
Festa finale con Les Tambours de Brazza +
eventi speciali (h 23.00)
Berchidda, Museo del Vino - h 12.00
Presentazione della bottiglia da collezione
Time in Jazz 2011
16
Berchidda, Cantina Castello Monte Acuto - h 18.30
“Il concerto della Terra”
incontro con Pier Paolo Roggero, Centro NRD
(Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione) e Dip. di
Scienze Agronomiche dell’Università di Sassari
a seguire:
Paolo Fresu & … “Zappa”
concerto per zappe, buoi, aratri, erpici e trombe
produzione originale Time in Jazz
Altri Eventi a Berchidda
9>12 agosto luoghi e orari vari
“Corpi in rivoluzione”
progetto di cooperazione internazionale a cura di
Carovana s.m.i.
10>15 agosto Biblioteca Comunale - h 17.30>19.30
“Tutti giù per terra”
laboratorio di educazione ambientale per bambini
a cura di Sante Maurizi
in collaborazione con Ecofinders e La Botte e il Cilindro
10>15 agosto luoghi vari
“I progetti di Green Jazz”
stand, videoproiezioni, campagne di sensibilizzazione
ambientale
11>15 agosto Nuovo Cinema - dalle h 16.00
“Il respiro della terra”
rassegna di film a cura di Gianfranco Cabiddu
11>15 agosto
ex-Cooperativa “La Berchiddese” - h 15.30>17.30
“Corpi in terra”
stage di danza a cura di Ornella D’Agostino –
Carovana s.m.i.
13>14 agosto itinerante - h 19.45
Les Tambours de Brazza
12>15 agosto palco piazzetta - h 23.00>23.15
“Il cuore dei jazzisti”
cronistoria giornaliera semidelirante del festival e dei
suoi dintorni
a cura di Flavio Soriga
produzione originale Time in Jazz
12>15 agosto luoghi vari - h 12.00
“Bookcrossing” presentazione libri
12 agosto, Cabanna’s Cafè • Condaghes |
Vicolo rosso Augusto Secchi
13 agosto, Jazz Café • Ilisso | Il vino in
Sardegna AAVV
14 agosto, Friend’s bar •Aipsa | Le ragioni
del vento M. Luisa Careddu
15 agosto, Café Grand’Italia • Il Maestrale |
Mia figlia follia S. Dolores Massa
12>15 agosto
ex-Cooperativa “La Berchiddese” - h 01.00
“Time out” dopoconcerto con musica dal vivo
12 agosto – Stereonoise EXP
13 agosto – De Grinpipol
14 agosto – Screwdrive inn
15 agosto – Voodoo Sound Club
calendario2011
Abbonamenti
(solo platea con posti numerati)
platea intero � 60,00 / ridotto � 50,00
Biglietti
12>14 agosto 2011
platea intero � 23,00 / ridotto � 20,00
tribuna intero � 18,00 / ridotto � 15,00
15 agosto 2011
platea intero � 13,00 / ridotto � 11,00
tribuna intero � 11,00 / ridotto � 9,00
11 agosto 2011
spazio ex-cooperativa “La Berchiddese”
(evento fuori abbonamento)
intero � 13,00 / ridotto � 12,00
Diritti di prevendita: � 2,00 su bigl. / � 3,00 su abb.
Riduzioni: soci, studenti, adulti oltre 65 anni, bambini
sotto i 12 anni, disabili, Carta Giovani, carta Jazz it,
soci TCI
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Piazza del Popolo • 12-15 agosto
Arte tra le note
scenografie d’artista per i concerti serali di Time in Jazz
Ex-Caseificio • 11-16 agosto
dalle 12,00 alle 01,00 orario continuato
inaugurazione 11 agosto ore 22,30
Hybrid Maps
a cura di Mariolina Cosseddu
Pietruccia Bassu, Paolo Carta, Roberta Filippelli,
Caterina Lai, Fabio Lanza, Coquelicot Mafille, Cristina Meloni, Gianni Nieddu, Igino Panzino, Michèle Provost, Matteo Sanna, Gianfranco Setzu
Al di là della terra, il mare
paesaggi in bianco e nero di Donato Tore
Dalla terra al cielo
a cura di Giannella Demuro
Marina Abramovic, Maria Magdalena CamposPons, FX Harsono, Oleg Kulik, Hiroyuki Masuyama,
Andrei Molodkin, Elena Nemkova, Entang Wiharso,
Armin Linke, Robert Gligorov, Karen Yurkovich
Francesco Arena, Matteo Basilé, Francesco Carone,
Gea Casolaro, Costantino Ciervo, Andrea Contin,
Paolo Consorti, Marco Di Giovanni, Raimondo
Galeano, Dario Ghibaudo, Federico Gori, Chiara
Lecca, Francesco Ozzola, Christian Piccoli, Sergio
Ragalzi, Eleonora Rossi, Giovanna Torresin, Devis
Venturelli, Zimmerfrei
Cristian Chironi, Elisa Desortes, I Santissimi, Pinuccia
Marras, Pietro Mele, Nero Project, Stefano Serusi
Mineros
ritratti dal sottosuolo di Adriano Mauri
Strange Fruits
21 storie di ordinaria integrazione
fotografie di Pierfranco Cuccuru
Nelle vie del paese • 11-16 agosto
Lavori in corso
interventi, performance, installazioni realizzati da
alcuni degli artisti presenti in mostra
openShow... dalla terra al cielo
La disciplina della terra
arte pubblica a Time in Jazz a cura di Giannella
Demuro
Barbara Ardau e Mimmo Di Caterino, Ermenegildo Atzori, Federico Carta, Giulia Casula, Monica
Lugas, Tonino Mattu, Marco Pili, Progetto ASKOS
(Chiara Schirru e Michele Mereu), Alberto Spada
-E-, Fabio Barisani, Pietruccia Bassu, Leonardo
Boscani, Zaza Calzia, Efisio e Nicola Caredda, Simone Carta, Tonino Casula, Giancarlo
Catta, Erik Chevalier, Marcello Cinque, Alberto Colombino, Salvatore Coradduzza, Salva-
a cura di Ivo Serafino Fenu
tore Cuccu, Chiara Demelio, Paola Dessy, Rita
Diana, Nino Dore, Salvatore Esposito, Roberta
Filippelli, Angelino Fiori, Giuseppe Flore, Gavino Ganau, Lalla Lussu, Pierpaolo Luvoni, Antonio Mallus, Claudia Matta, Mariella Manconi,
Paolo Marchi, Pinuccia Marras, Italo Medda,
Silvia Mei, Meloni di Carta, Fabio Melosu,
Narcisa Monni, Gianni Nieddu, Efisio Niolu,
Nico Orunesu, Igino Panzino, Pastorello, Vincenzo Pattusi, Bruno Petretto, Paolo Pibi, Gianfranco Pintus, Jessica Piras, Mario Pischedda,
Roberto Puzzu Rosanna Rossi, Maura Saddi,
Giulia Sale Josephine Sassu, Marcello Scalas,
Pinuccio Sciola, Giovanna Secchi Stefano Serusi Gianfranco Setzu, Monica Solinas, Carlo
Spiga, Daniela Spoto, Giorgio Urgeghe
Casa Sanna • 9-16 agosto
dalle 10,00 alle 19,30
Nigeria: una terra che perde,
una terra che brucia
a cura di Amnesty International
fotografie Kadir van Lohuizen
Foresta Demaniale
Monte Limbara Sud • in permanenza
Semida
arte natura ambiente nella Foresta demaniale
Monte Limbara Sud di Berchidda
opere permanenti di:
Clara Bonfiglio, Giovanni Campus, Bruno Petretto,
Pinuccio Sciola, Monica Solinas
Dario Ghibaudo | Nextime | Francesco Simeti | Pinuccio Sciola
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dalla Terra
Marina Abramovic, Maria, Magdalena Campos-Pons
Robert Gligorov, FX Harsono, Oleg Kulik, Armin Linke
Hiroyuki Masuyama, Andrei Molodkin, Elena Nemkova
Entang Wiharso, Karen Yurkovich
AZ.namusn.arT, Cristian Chironi,
Elisa Desortes, I Santissimi
Pinuccia Marras, Tore Manca
Pietro Mele, Nero Project
Stefano Serusi
Waiting for an Idea. Così Marina Abramovic chiama il suo viaggio inerte di meditazione e astrazione, discesa fino al nucleo più
puro della terra, origine al contempo della materia e del pensiero.
Waiting for an Idea è l’opera che fa da “diapason” alla mostra
“Dalla terra al cielo” e che introduce ad un itinerario di osservazione e incontro nelle orografie geofisiche ed umane del pianeta, nei territori del mondo e nelle sue periferie, negli anfratti di
un’umanità in bilico perenne tra inerzia e movimento, tra equilibri
e disarmonie, tra cadute e ascensioni.
La tensione primordiale, come di energia pulsante ma non ancora innescata, impregna le abnormi forme primigenie di Sergio
Ragalzi, affiora anche negli ambrati fossili umani dei Santissimi
e negli sguardi spenti dei dodici scimpanzé della monumentale
serie Dead Monkeys di Oleg Kulik, dalla cui fastidiosa animalità
si è soliti prendere le distanze, abbellendola o estetizzandola,
come rivelano le ironiche provocazioni dei “quadretti” di Chiara
Lecca.
L’animalità degenerata, la conflittualità, la lotta per il potere e lo
sfruttamento delle risorse della terra sono riflessioni condivise da
molti degli artisti presenti in mostra: da Andrei Molodkin, con la
sua imponente installazione di pompe idrauliche e petrolio che
rimanda al dramma della Cecenia, al grottesco e surreale stravolgimento delle architetture metropolitane di Elena Nemkova; dal concitato dialogo
tra un israeliano ed un palestinese nel video di Costantino Ciervo, all’irruzione degli
“yankee” all’interno di uno stadio nel quadro di Raimondo Galeano, fino alle tematiche della nostra storia recente in Europa e in italia, raccontate da Francesco
Arena, nel suo lavoro sull’Idroscalo di Ostia e, in Sardegna da Pietro Mele e
dal gruppo AZ.namusn.art con le provocatorie ricerche artistico-antropologiche sul
Poligono di Quirra e sull’inquinamento chimico dell’isola, per finire con l’ironico
stravolgimento della storia liberamente interpretata da
Robert Gligorov o dai visitatori della mostra chiamati
da Elisa Desortes a comporre l’immagine dell’Italia secondo il proprio gusto.
È una terra ferita, inquinata, stravolta nelle strutture economiche e sociali quella raccontata, invece, da Cristian
Chironi e Armin Linke che usano le Alpi come metafora
per una riflessione sugli ecosistemi naturali, raccontando le trasformazioni e le perdite subite da un territorio
gravato da un’insensibile
presenza umana che ne
altera l’equilibrio in modo
irreversibile.
Un sistema al quale si oppone Francesco Carone,
raccogliendo
frammenti
di natura, ritrovamenti casuali sui quali volutamente
non interviene, rinunciando persino alla potenziale
aggressività dell’atto cre-
1. Raimondo Galeano, Nel pallone, 2004 - 2. Karen Yurkovich, Crown Jewel Previous History Series 26164 360 - 3. Costantino Ciervo, Pale Judea 2002 - 4. Francesco Arena,
Senza titolo (Ostia, via dell’Idroscalo) 2011 - 5. Dario Ghibaudo, Descriptio Orbis Terrarum, 1997 - 6. Chiara Lecca, Domestic economy, 2010 - 7. Federico Gori, Quando la
neve cadrà, io non sarò mai stato qui, 2010 - 8. Marco Di Giovanni, Prendo le origini e parto, 2009 - 9. Elisa Desortes, Senza titolo, 2011 - 10. Nero Project, Magnificat,
2011 - 11. Entang Wiharso, Desire Alive : American Dream, 2008 - 12. FX Harsono, Growing Pains (Diptych), 2009 - 13. Tore Manca, Nature 2011 - 14. Marina Abramovic, Waiting for an Idea,1996 - 15. Christian Niccoli, Escalating perception, 2005 - 16. Oleg Kulik, Dead Monkeys, 1998 - 17. Andrei Molodkin, Untitled, 2011 - 18. Robert
Gligorov, New Order, 2009 - 19. Pinuccia Marras, Paesaggio di ringhiera, 2002 - 20. Francesco Carone, S.C.B., 2010 - 21. Stefano Serusi, Serie Valdostana, 2011 - 22.
Matteo Basilè, Thisoriented #4, 2009 - 23. AZ.namusn.arT, Clear lab, 2007 - 24. Gea Casolaro, South 14, 2008 2010 - 25. I Santissimi, Natural History: 4 Ambra + 2 Ambra
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al Cielo
a cura di Giannella Demuro
Francesco Arena, Matteo Basilé,
Francesco Carone,
Gea Casolaro, Costantino Ciervo,
Paolo Consorti, Marco Di
Giovanni, Raimondo Galeano,
Dario Ghibaudo,
Federico Gori, Chiara Lecca,
Christian Niccoli, Sergio Ragalzi,
Eleonora Rossi, Zimmerfrei
ativo, o come Stefano Serusi, che mette in atto interventi
minimi, veli di colore su paesaggi e “sentimenti montani”,
in cui la figura umana è sempre assente ma attesa. Tore
Manca va ancora oltre, immaginando un’umanità che si
fa terra, suolo, radici, natura.
Al collezionismo “naturale” di Carone si contrappone quello antropizzato di Eleonora Rossi che ricerca tematiche
universali nei segni e negli accadimenti dell’ordinaria quotidianità. Una quotidianità a volte intima e personale, rivelata e condivisa con il mondo e nel mondo, come suggerisce Pinuccia Marras. Una quotidianità che si rivela spesso
frenetica, nei grandi agglomerati urbani, come l’ipnotico
incrocio di persone che salgono e scendono da scale mobili: sguardi che si incrociano, parole che si confondono,
come nelle poetiche immagini Christan Niccoli. Ma anche
sguardi distratti o assenti, che scivolano indifferenti sulle
grandi e piccole tragedie del destino, luoghi della nostra
contemporaneità raccontati da Nero Project.
Terra, ancora, come luogo, spesso problematico, di incontri tra uomini, linguaggi, culture. La dimensione dell’altro, del diverso, porta l’artista a farsi interprete di istanze
integrative come nel poetico lavoro della grande artista
cubana Maria Magdalena Campos-Pons, mentre i due
artisti indonesiani FX Harsono e Entang Wiharso, attuano
un tentativo di collegare identità globale e identità locale,
senza dimenticare quella linea identitaria che lega il passato al presente e al futuro.
Legame fortemente sentito anche da Marco di Giovanni,
abruzzese, che porta con sé, nel mondo, una vecchia valigia carica di affetti e di memoria: la terra del suo paese,
il ricordo delle sue radici.
Dalla terra al cielo, ad una realtà che sovrasta la nostra
fragile umanità e che ci accoglie in un sospeso e spesso indicibile altrove. Un altrove greve, come quello immaginato da Paolo Consorti,
che muove folle in improbabili gironi danteschi, e quello più terreno di Dario
Ghibaudo, ironico e terrifico, dove l’accumulo di corpi di un’umanità dolente,
costituisce la materia primigenia delle terre emerse del globo terrestre.
Terra, ancora, come luogo di un’umanità alla ricerca di un senso, di una
pulsione ascensionale verso l’alto, verso il cielo. Il cielo visibile, che
gioca con la leggerezza delle nuvole nei quadri di Karen Yurkovich, o
che appare tra le fronde mosse dall’aria nei disegni e nel video di Federico Gori; che confonde la luce dell’alba e del tramonto nel video di
Zimmerfrei, che insegue il trascorrere delle stagioni ricercando l’alterità
segreta del tempo e dello spazio nell’opera del giapponese Hiroyuki
Musuyama, o che si capovolge, rispetto alla terra, nelle foto di Gea
Casolaro, creando uno straniamento che costringe a ripensare la visione del mondo e di sé stessi.
Una visione del mondo che per Matteo Basilé si connota al femminile,
nella figura di una donna-dea, velata e misteriosa, che dalla terra si
eleva verso il cielo.
Giannella Demuro
Lactis, 2011 - 26. Pietro Mele, Wallpaper, 2011 - 27. Elena Nemkova, Black Dew, 2008 * - 28. Paolo Consorti, Dentro le segrete cose, 2006 - 29. Hiroyuki Masuyama,
01.01.2001 -31.12.2001 2002 - 30 Sergio Ragalzi, Genetica, 2093 - 31. Eleonora Rossi, Fw/RwThe hearth, 2010 32. Cristian Chironi, Cutter (Le Alpi - Alps), 2010 - 33.
Zimmerfrei, Melodia de Lughe, 2011 - 34. Maria Magdalena Campos-Pons, MARCAM 0 22 01 - 35. Armin Linke, Alpi, 2011
Hanno collaborato al progetto: Valerio Dehò, Antonio Manca, Collezione la Gaia, Busca; Galleria Fumagalli, Bergamo; Monitor Roma; Galleria Pack, Milano; Spazio A Pistoia;
Kunsthalle, Merano; The Gallery Apart, Roma; Grossetti Arte Contemporanea, Milano.
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La disciplina della terra
Barbara Ardau e Mimmo Di Caterino, Ermenegildo Atzori, Federico Carta, Giulia Casula, Monica Lugas,
Tonino Mattu, Marco Pili, Progetto ASKOS (Chiara Schirru e Michele Mereu), Alberto Spada
a cura di Ivo Serafino Fenu
La disciplina della Terra / sono i padri e i figli / i cani che guidano le pecore / tutti quei nomi dimenticati
/ sotto la mano sinistra del suonatore (Ivano Fossati)
Barbara Ardau e Mimmo Di Caterino, Ermenegildo Atzori, Federico Carta, Giulia Casula, Monica Lugas, Tonino Mattu, Marco Pili, Progetto ASKOS (Chiara Schirru e
Michele Mereu), Alberto Spada, si confrontano con la terra. Un confronto arduo, complesso e, talvolta, doloroso, a dispetto dell’empatica corrispondenza che dovrebbe
esistere tra lei, l’uomo e la sua ineluttabile disciplina. È, infatti, quella della terra, una disciplina antica, che si perde nella notte dei tempi, che sconfina nel mito e nell’archetipo fondativo raccontato dai testi biblici: «Allora il Signore Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra e alitò nelle sue narici un soffio vitale, e l’uomo divenne persona
vivente». Terra e manualità, terra e arte, per una “disciplina” che non passa, che si perpetua, di generazione in generazione, in «tutti quei nomi dimenticati/sotto la mano
sinistra del suonatore».
Terra, materia da plasmare e da formare, alla ricerca, talvolta vana, di quel soffio vitale che determina l’opera d’arte. Terra legata a quella prassi che conduce, inevitabilmente, alle definizioni di “Artefice”, “Artista”, “Artigiano”, sulle quali la critica d’arte ha versato fiumi di inchiostro nel tentativo di uniformare le diverse figure per
un’agognata parità in termini di qualità e dignità sociale o per distinguerle e separarle, in un’ottica che, alternativamente, privilegiava l’aspetto teorico o l’aspetto manuale
del fare stesso. Una vexata quæstio in fondo inutile se poi, unanimemente, si concorda che, alla base di tutto, sta quel facere che individua in Dio stesso un artifex, per
quanto sommo.
Tutto, dunque, è nelle mani capaci e nella creatività dell’artista-artigiano, che dalla tradizione non può trascendere ma dalla quale non può rimanere avviluppato, soprattutto quando si rapporta con una materia nobile e umile al contempo, carica di storia ma, per questo, abusata. Allora, per evitare la trappola di una manualità scontata
e di una banale prassi artigianale e, soprattutto, per non cadere nello stereotipo della “naturalità” che alla terra è inevitabilmente connesso, gli artisti hanno preferito un
approccio più concettuale, in favore di una “artificialità” che racconta di un oggi e di un futuro prossimo affatto rassicuranti. Con i piedi ben piantati in terra e con uno
sguardo rivolto altrove.
Ivo Serafino Fenu
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Alberto Spada
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Giulia Casula
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Marco Pili
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Progetto ASKOS (Chiara Schirru e Michele Mereu)
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Tonino Mattu
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Barbara Ardau e Mimmo Di Caterino
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Ermenegildo Atzori
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Monica Lugas
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Federico Carta
Terrae
La misura delle nuvole
Gli Invisibili
Cerco di inserirmi
Hic sunt leones
Balletti in terra sarda
Phoni3
Infustus ‘e sambene
Notte1 (dalla serie “Dai margini”)
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Hybrid Maps
a cura di Mariolina Cosseddu
Pietruccia Bassu, Paolo Carta, Caterina Lai, Fabio Lanza, Coquelicot Mafille, Cristina Meloni, Igino
Panzino, Michèle Provost, Matteo Sanna, Gianfranco Setzu
Abitanti solitari di un pianeta che non conosce altre forme di vita nell’universo, alla continua ricerca di una ragione che ne muove il ciclo biologico,
siamo in perpetuo conflitto con un territorio non sempre arrendevole e mai
del tutto conoscibile. Mappare lo spazio è fra le più antiche forme di
sopravvivenza. Tracciare le ascisse e le ordinate che avvicinano i confini
(sempre poi continuamente spostati) e rendono percorribile la superficie
terrestre è pratica primigenia quanto attuale e comunque leggibile come
modello simbolico. La mappa è, di fatto, un luogo dell’immaginario. Pensata per appropriarsi dell’ignoto, per misurare e ridurre l’infinitezza dello
spazio, diventa strumento di una doppia conquista, materiale e metaforica. Senza una accurata cartografia ogni luogo non è agevolmente attraversabile e senza una mappa minuziosamente descritta ogni luogo non è
del tutto pensabile. Lo scarto tra il reale e la rappresentazione grafica fa
sì che ciò che è lontano e irraggiungibile sia un punto fermo nell’intreccio
cartesiano, una meta accertabile in un sistema di rassicuranti percorsi. Ma
lo scarto persiste e la mappa svela, come ogni patto comunicativo, la
propria natura di luogo convenzionale, arbitrario, allegoria segnica e descrittiva di un altrove vagheggiato, metafora di un desiderio, di un’ubiquità
senza inibizioni. Annullate le distanze, caduti i divieti, la mappa acquista
il valore di un artifizio, di un progetto topografico destinato peraltro ad
invecchiare: un sogno o un delirio che si spegne tra i nomi e i tracciati di
un labirintico zigzagare.
I millesimi perfettamente trascritti in scala irreale, attraversati da immaginari
e geometrici meridiani e paralleli, non hanno niente a che vedere con la
sconfinata varietà del mondo che le mappe riproducono, come la lista
della spesa, in maniera innocente ed inoffensiva. Le mappe, in realtà,
depistano, illudono, attraggono e mistificano. Sono invenzioni insensate
di una visione del mondo quieta e ammansita. Sono, in definitiva, la proiezione falsificata di un tutto a portata di mano o, come direbbe Perec,
“simulacro di spazio, semplice pretesto per una nomenclatura” (Specie di
spazi, 1989). Eppure basta poco, davvero poco, perché quel raggelato
intreccio di linee e di segnalazioni prenda vita e, come in un libro di
fiabe a tre dimensioni, sprigioni il potere di incantesimo. Ancora Perec:
“ma non è neppure necessario chiudere gli occhi perché questo spazio
nato dalle parole, questo spazio solo di dizionario, questo spazio solo di
carta, si animi, si popoli, si riempia: un lungo treno merci trainato da una
locomotiva a vapore passa su un viadotto; chiatte cariche di ghiaia solcano i canali; piccoli velieri manovrano sul lago; un grande transatlantico
scortato da rimorchiatori penetra nella rada; i bambini giocano a palla
sulla spiaggia; nei viali ombreggiati dell’oasi, un arabo che porta un grande cappello…”. Agli artisti abbiamo chiesto tutto questo.
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Mariolina Cosseddu
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Gianni Nieddu
Strettoia, 2011
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Paolo Carta
Osservo dal finestrino, 2011
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Fabio Lanza
Itinerari (dalla serie “Omin’e
filu’e ferru), 2011
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Gianfranco Setzu
TERAAA, 2011
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Matteo Sanna
We’ll go dreaming, 2011
9
Cristina Meloni
LifeOnMars?, 2011
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Pietruccia Bassu
Punti Fiduciali, 2011
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Michèle Provost
11 Igino Panzino
Piccoli pensieri in un mondo
Antropizzazione, 2011
infinitamente vasto, 2011
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Coquelicot Mafille
Questa Strada, 2011
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10 Caterina Lai
Senza titolo, 2009
12 Roberta Filippelli
La pista cifrata, 2011
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Al di là della terra, il mare
paesaggi minimali nel
bianco e nero di Donato Tore
La ricerca fotografica di Donatello Tore esplora, con
arguto spirito osservatore, gli effetti che alcuni fenomeni antropici hanno prodotto lungo i margini della
naturale zona di confine tra l’acqua e la terraferma.
Sia che si tratti di piccoli moli, sia che si tratti di
muraglie in cemento o di pontili in legno, quello che
emerge dalle suggestive immagini fotografiche è
l’iconografia di un paesaggio, a tratti surreale, in
cui l’elemento antropico ha trasformato la natura del
luogo in una statica e artificiale “installazione”, a
volte in palese stato di abbandono.
Le poetiche fotografie scattate percorrendo i bordi
della terra raccontano, cioè, brani di paesaggio “minimalista”, inteso come personale “visione di luoghi”
contemporanei e non come mera rappresentazione di essi.
Lo sguardo fotografico, il punto di vista prospettico
proteso verso l’orizzonte, la qualità compositiva
dell’inquadratura e della luce costituiscono, infatti, gli
elementi di una personale metrica poetica capace di
tradurre in fotografia una visione estetica derivante
da una soggettiva interpretazione del paesaggio.
Anna Giordano
Marceddì
Strange Fruits
21 storie di ordinaria integrazione nelle immagini di Pierfranco Cuccuru
Come é bello raccontare storie. Ci si immagina in un’atmosfera distesa, tra chi si conosce o almeno senza nemici, sperando, con una certa dose di sicurezza, che quella
storia sarà la piú significativa, la piú storia di tutte, quella che, per analogia, comprenderà quelle degli altri. Tutti dovranno avere delle storie simili, ma nessuno ne avrà di
cosí esemplari, così universali. Quando si raccontano le storie, d’altronde, si racconta di sé senza scoprirsi, mettendo un velo davanti, pensandosi come cosa oscena ma
che va comunque resa comune. Raccontare le storie di persone che sono lontane vuol dire dunque due cose, trovare sé stesso in corpi diversi e trovare il punto di vicinanza
nei confini, tra me e l’altro, tra noi e loro. E’ proprio il confine il luogo di piena identità, dove nel confronto ci scopriamo aderenti, identici, della stessa materia, in quel
luogo che viene definito, come dice Massimo Cacciari, “il punto, quel suo punto, dove esso tocca l’altro da sé”.
Questo racconto di confini e di contatti l’abbiamo creato, Pierfranco Cuccuru ed io, lavorando nella prossimità, cercando la sfida forse piú complessa, raccontare gli
stranieri che abitano la Provincia di Sassari, raccontarli in storie che fossero esemplari, eterogenee, complesse. Le vicende che illustriamo sono molto diverse una dall’altra,
e si assomigliano semplicemente perchè convergono tutte nelle stesse terre, quelle della Provincia di Sassari. Tutte però, a loro modo sono, con semplicità, straordinarie.
Si racconta, nella mostra e nel libro, la vicenda di viaggi difficili, fatti malvolentieri, all’inseguimento di una pace economica, di un modo dignitoso di stare al mondo. Ci
sono artigiani contenti del loro lavoro, professionisti nomadi, chi ha viaggiato per amore e per amore, non solo del proprio compagno ma anche di questa “amara terra
mia”, ha deciso di diventare, da straniero, indigeno. Chi è diventato un borghese raffinato, chi fa bollire pentoloni d’acqua calda nelle stufe a legna dei campi nomadi,
chi insegna danza da una vita a Sassari, ricordando il rigore delle scuole cecoslovacche. A guardarle bene le ventuno storie raccontate, mischiandole tra loro, dissolvono
la loro estranietà, diventano un territorio comune, dimenticano di essere racconti stranieri per diventare cronaca locale.
In ritratti non seriali, Pierfanco Cuccuru innesca punti di contatto tra l’immagine, chi è ripreso e chi guarda, creando una zona franca dove il confronto è aperto, sincero,
e dove chi vuole, guardando gli altri, prova a raccontare anche un pò di sé, come nelle migliori storie, come nelle storie esemplari.
Sergio Scavio
Ibrahim (Senegal)
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Filomena (Capoverde)
Abdul (Iraq)
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Mineros
ritratti dal sottosuolo
di Adriano Mauri
Adriano Mauri ha aspettato questo lavoro per un
lungo periodo, probabilmente era tutto dentro la
sua testa e le sue visioni da anni.
E questo è un lavoro basato sull’attesa tramite un
procedimento temporale che si rifà alla tecnica
fotografica: Mauri aspetta sulla superficie della
terra, alla luce piena, uomini che arrivano dal
profondo buio, dal nero (mi ricorda strane analogie capovolte con il lavoro di camera oscura
quando la carta si riempie di nero e grigi) e
li isola su un fondo bianco, li stacca dal mondo: bastano loro, quei corpi che conducono a
quelle facce, che raccontano vite e fatiche, e
che dicono tutto nel modo più naturale, mai un
sensazionalismo.
Uomini dritti e sguardi dritti, foto secche e molto belle.
La vita di Adriano Mauri è la fotografia (in realtà
sarebbe più giusto dire che la fotografia è entrata nella vita dei “Mauri” da alcune generazioni
tramite un bisnonno pioniere dell’arte fotografi-
Massimo Miotto
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ca), e lui la conosce e ci lavora dentro: questo
lavoro nasce dalla grande tradizione del ritratto
novecentesco, ma soprattutto dalla vita di Adriano e dalla sua appartenenza alla sua terra e al
suo popolo.
Marco Delogu
“Minatori, Mineros” sarà contemporaneamente in mostra a
Cordoba, in Argentina, dal 5 agosto al 9 settembre .
Davide Rossi
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l respiro del
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.
. . rassegna cinematografica a cura di Gianfranco Cabiddu
Berchidda, Nuovo Cinema ore 16.00 dal 11 al 15 agosto
La Terra è filo conduttore dell’edizione 2011 del Festival Time in Jazz. Nel consueto approccio interdisciplinare al tema del Festival la sezione cinema costruisce
il terzo capitolo di un percorso quadriennale tematico sui quattro elementi (acqua,
fuoco, terra, aria) con l’intento di riflettere e stimolare una presa di coscienza responsabile verso l’uomo e il suo ambiente. La vocazione di Time in Jazz, un Festival
“eco-sostenibile” in sintonia tra artisti e pubblico, è quella di mescolare i linguaggi dell’arte e condividere un’esperienza unica immersi nella natura, nel rispetto
dell’ambiente, consapevoli di avere contribuito a creare un festival che è un seme.
Il suo compito non è quello di conservarlo gelosamente, ma di metterlo a dimora
ovunque sia possibile perché faccia maturare quel frutto prezioso che è la consapevolezza del mondo intorno a noi.
Come oramai tradizione, nel preparare la rassegna di film proposta abbiamo agito
nelle stessa direzione: cercando di costruire un percorso che toccasse a volo d’uccello le tante tematiche ambientali e umane che il tema Terra stimola, ospitando
lavori cinematografici molto diversi tra loro, per natura dei supporti, per tecniche di
racconto e per temi. Film capaci di raccontare e far riflettere sul cammino dell’umanità, lavori in grado di fotografare e mettere in relazione la meraviglia, i colori, le
storie con le difficoltà a cui è sottoposto oggi il nostro pianeta, minacciato sempre
più dalla mano dell’uomo.
Spazieremo quindi dall’Africa del documentario Italia/Congo, sul taglio delle foreste tropicali, alla Bolivia delle bio-diversità, che cerca di resistere al consumo di
specie vegetali sempre più standardizzate e modificate geneticamente dalle multinazionali. Dalla Cisgiordania e dalla striscia di Gaza, dove il fazzoletto di terra di
un campo di calcio si fa terreno di pace e metafora viva di una possibile armonia
in una terra martoriata dalla guerra, alle montagne raccontate da Mauro Corona,
con la poesia del variare, lungo le stagioni, del bosco. Dall’isola vulcanica di
Lampedusa, terra agognata da tanti migranti, a cui appare come l’avanguardia
del benessere, al grido sereno e pieno di speranza di un grande cineasta come Ermanno Olmi che firma un grande atto d’amore verso la madre terra, fino ad alzarsi
in volo con Home, la nostra terra, con i panorami di 54 paesi catturati dall’alto, per
ammirarne la bellezza e la sua delicata armonia.
Così dopo aver raccontato con il cinema nelle due ultime edizioni i temi dell’acqua
e dell’aria, nel nostro viaggio incontreremo la terra, che cambia da luogo a luogo
e da continente a continente, per incontrare uomini e storie che, in ogni angolo del
mondo, la terra la amano, la coltivano e, soprattutto, la rispettano.
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LE STAGIONI DEL BOSCO
.
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12
di Isabella De Felici e Mauro Corona, prod. RAI 3, 2010
Allegre grigliate in compagnia, gruppi di bulletti che si sostengono tra loro, belle
signorine che si preparano per andare a ballare la sera, mesti ed umili operai…….
quanti possono essere i volti di un bosco? Mauro Corona ci incanta con la poesia
delle stagioni del bosco, uno sguardo sagace e malinconico su questo variegato
microcosmo che trascende il naturale scorrere del tempo biologico.
ITALIA/CONGO
Sviluppo sostenibile e impegno sociale
di Gabriella Lasagni, RAI 3, 2010
2
1
Un documentario di impegno sociale e sviluppo economico, anche per rilancio
dell’economia legata al taglio programmato delle foreste. Un modo nuovo e “sociale” di vedere l ‘energia, l’innovazione, lo sviluppo sostenibile. Un terreno comune di
collaborazione tra Italia e Congo, in un momento delicato di passaggio di potere
da Joseph Mobutu a Laurent Kabila.
SOLTANTO IL MARE
di Dagmawi Yimer, Giulio Cederna e Fabrizio Barraco, prod. dall’Archivio Memorie Migranti di Asinitas, Alessandro Triulzi e Marco Guadagnino, in collaborazione
con Fondazione lettera27, 2011
13
Girato a Lampedusa tra il 2010 e il 2011, il film propone lo sguardo incrociato di
due realtà che a Lampedusa raramente dialogano tra loro: quella di un migrante,
Dagmawi Yimer, sbarcato da clandestino sulle coste dell’isola nel 2006, e quella
dei lampedusani. Soltanto il Mare vuole essere innanzitutto un omaggio a Lampedusa da parte di chi all’isola deve la sua stessa vita. Giorno dopo giorno l’isola
si apre e ci regala nuove storie, situazioni inaspettate, cortocircuiti. Al migrante
fresco di sbarco l’isola era apparsa come l’avanguardia del benessere, si svela ora
piena di problemi; immaginata come frontiera del progresso, la ritrova isolata dal
mondo, con lo sguardo nostalgico rivolto al passato e una patina fresca di vernice
già incrostata di salsedine.
CAMPI ASSEDIATI (2006)
di Gianfranco Mura, prod. “HABIBI PRODUCTIONS”, 2007
«Campi assediati nasce dall’incontro casuale con le associazioni interessate in
Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Ho trovato inizialmente alquanto bizzarro
il fatto che tifosi di diverse squadre si unissero in un progetto comune intorno a un
campo di calcio. Nell’immaginario pubblico di solito i tifosi se le danno! Ho cercato di raccontare in modo diverso questa terra e la sua gente così martoriata dalla
storia, con lo sport come pretesto di incontro, sociale e culturale. »
IL TESORO DELLA MADRE TERRA
Biodiversità della patata in Bolivia
di Piero D’Onofrio, prod. Ricerca e Cooperazione,
Unione Europea, 2011 (32”)
Il modello economico neo-liberale sta imponendo dovunque la produzione e il
consumo di specie vegetali sempre più standardizzate e modificate geneticamente
da multinazionali del settore agro-alimentare. La Bolivia, uno dei paesi con maggior
bio-diversità, cerca oggi di resistere a questo modello, valorizzando le specie native del suo territorio e, in particolare, le oltre 2000 varietà di patate ancora esistenti
nel paese. La consapevolezza di essere gli unici custodi di questo vero e proprio
“tesoro della terra”, consentirà agli agricoltori delle Ande boliviane di tramandare
un patrimonio non soltanto biologico, ma anche e soprattutto culturale, alle future
generazioni di tutto il mondo.
13
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TERRA MADRE
di Ermanno Olmi, prod. Cineteca di Bologna, BIM 2009 (78”)
Un maestro del cinema mondiale propone il proprio punto di vista sul grande tema
della terra, del cibo e sulle implicazioni economiche, ecologiche, sociali ad esso
correlate. Ermanno Olmi costruisce un film d’inchiesta limpidamente autoriale, che
fa i conti con il destino del pianeta.
Il regista ci racconta degli ultimi tre convegni di Terra Madre a Torino. Grazie
anche alla collaborazione con Piavoli e Zaccaro, Olmi porta sullo schermo un
atto di amore profondo che passa dall’elegia sulla vita a contatto con la Natura
alla rispettosa e quasi invidiosa riflessione sulla vita di un uomo che ha avuto il
coraggio di abbandonare la civiltà dei consumi per scegliere di vivere in un modo
radicalmente diverso.
4
1
HOME la nostra terra
15
di Yann Arthus-Bertrand con Glenn Close
prod. Luc Besson, Co-prodotto da EuropaCorp e Elzévir Films 2011 (90”)
Home intende focalizzare l’attenzione sull’attuale stato del pianeta mostrando immagini riprese dal cielo. Il film, è un’ode alla bellezza del pianeta e alla sua
delicata armonia. Attraverso i panorami di 54 paesi catturati dall’alto, Yann-ArthusBertrand ci porta a compiere un viaggio unico attorno al pianeta, per contemplarlo
e per capirlo.
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Corpi in rivoluzione
a Berchidda
Spazio Danza
a cura di
9 -12 agosto, Berchidda
Corpi in rivoluzione. Come in arte così in terra arabo-mediterranea
progetto di cooperazione internazionale
a cura di Ornella D’Agostino e Carovana S.M.I.
Nel segno della Terra Time in Jazz ripropone uno spazio dedicato alla danza contemporanea, rinnovando per il terzo anno consecutivo la collaborazione con l’associazione Carovana S.M.I., che quest’anno propone il progetto Corpi in rivoluzione. Come in arte così in terra Arabo Mediterranea. Si tratta di uno studio multidisciplinare
sui processi di trasformazione nella danza contemporanea e nelle arti performative, che si concentra in particolare sul corpo come strumento di resistenza, soprattutto alla
luce dei recenti eventi rivoluzionari del Nord Africa e del Medio Oriente, che mettono in evidenza il ruolo strategico dell’arte e dell’espressione corporea come strumento
di democratizzazione.
Corpi in rivoluzione. Come in arte così in terra arabo-mediterranea è un progetto di cooperazione internazionale, di cui Carovana è capofila, che vedrà la partecipazione
di artisti e organizzazioni provenienti da Tunisia, Egitto, Francia, Olanda, Spagna e Italia. Il progetto è stato selezionato e sostenuto dalla Fondazione Europea della
Cultura e dalla Fondazione EuroMediterranea Anna Lindh, rete Italiana, nell’ambito del programma di Operazione Comune.
Il programma sarà articolato in incontri, proiezioni, performance e installazioni, che si terranno a Berchidda nei giorni del festival, negli spazi dell’ ex–Cooperativa “La
Berchiddese”.
10 agosto
Nuovo Cinema, Berchidda, ore 16
Corpi in rivoluzione. Come
in arte così in terra arabo
mediterranea
presentazione del progetto di cooperazione internazionale, coordinato
da Carovana S.M.I.
a seguire
proiezione film:
Microphone (Egitto, 2010 -120’)
scritto e diretto da Ahmad Abdallah
12 agosto
fotografia: Tarek Hefny
cast: Khaled Abol Naga, Menna
Shalabi, Yousra El Lozy
produzione: Khaled Abol Naga.
Tutti i personaggi che praticano musica di strada interpretano se stessi.
Spazio ex-Cooperativa
“La Berchiddese“, Berchidda, ore 20
Laaroussa (12’)
concezione - coreografia - interpretazione: Selma & Sofiane Ouissi.
regia: Cecil Thuillier
montaggio suono: David Bouvard
montaggio imagine: Nicola Sburlati
Sgretolamento andante
di e con Ornella D’Agostino (regia e
danza) e Gavino Murgia (musica)
Performance e Installazioni
Tunis le 14 Janvier 2011
di e con Radhouane El Meddeb
con la partecipazione degli artisti
del laboratorio Corpi in Terra - Time
in Jazz 2011
testi: Carlo A. Borghi
realizzazione video e installazioni:
Marcello Cubeddu e Raul Anderson
produzione Carovana: S.M.I.
in collaborazione con Teatro e/o
Musica di Sassari e Time in Jazz
Corpi in terra
laboratorio di danza
improvvisazione e composizione
11 - 15 agosto, Berchidda
con Ornella D’Agostino
Il programma comprende due laboratori interdisciplinari di danza contemporanea, improvvisazione e composizione, con Ornella D’Agostino in collaborazione con
Tiziano Lamantea (trattamento dei diaframmi) e la partecipazione straordinaria della cantante Lucilla Galeazza.
Il primo laboratorio, in programmazione dal 11 al 15 Agosto, è rivolto a tutti coloro interessati ad esplorare creativamente e attraverso il linguaggio del corpo, il tema
del festival. Le domande di partecipazione, inviate presso la sede dell’associazione Time in Jazz a Berchidda, dovranno essere corredate da una lettera di motivazione
e Curriculum Vitae. E’ richiesta la frequenza all’intero corso. È ammessa la presenza di auditori, previa comunicazione all’infopoint del Festival in Piazza del Popolo.
I laboratori si terranno nello spazio dell’ex-Cooperativa “La Berchiddese” dall’11 al 15 agosto, dalle ore 15,30 alle ore 17,30.
La quota di partecipazione al laboratorio è di euro 60.
Il secondo laboratorio già in fase di svolgimento a Berchidda, si concluderà il 12 agosto. Le iscrizioni sono chiuse, ma le performance e le installazioni sul tema “Terra”
prodotte durante il corso saranno presentate al pubblico il 12 agosto alle ore 20, presso lo spazio ex-Cooperativa “La Berchiddese”.
Per Informazioni ed iscrizioni:
Associazione culturale Time in Jazz | via Pietro Casu, 29/A | tel. 079.703007 | cell. 320.3874963 | email: [email protected]
Carovana S.M.I. | tel. fax 070/6848107 | cell. 3393537727 | email:[email protected]
Info alloggi: Ufficio turistico Berchidda | cell. 340 8208482 | [email protected]
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Il progetto “Il bookshop di Time in Jazz”, giunto alla terza edizione, nasce con l’idea di stimolare
la curiosità dei visitatori del festival. Ci piace pensare che un luogo fisico, il bookshop, appunto,
possa essere uno spazio in cui, ciascuno a suo modo, trovi l’occasione e l’incentivo di approfondire, scoprire, conoscere. Per questo nel bookshop del festival sono state create più sezioni: per
cercare di soddisfare le esigenze di tutti i lettori di Time in Jazz.
paroleatema
Partecipano al progetto “Parole A Tema” le case editrici Ilisso e Il Maestrale di
Nuoro, AIPSA e Condaghes di Cagliari e le librerie Max 88 e Koinè di Sassari.
Ogni casa editrice e libreria propone romanzi, saggi, raccolte di racconti o
poesie il cui tema è terra.
musica&libri
La sezione dedicata alla musica ospita pubblicazioni di saggi,
romanzi, biografie, che hanno come tematica la musica, i musicisti e
i loro strumenti.
bookcrossing
Un’idea nata con l’edizione 2011: ogni casa editrice e libreria porta
in dote al festival una nuova proposta del proprio catalogo, la presenta durante i giorni della rassegna e la mette disposizione del pubblico. Ciascuna copia è corredata da una scheda che consente di
ricostruire il percorso di ogni libro all’interno del calendario di eventi
di Time in Jazz.
Presentazioni libri
12 agosto ore 12.00, Cabanna’s Cafè
Condaghes - Vicolo rosso – Augusto Secchi
13 agosto ore 12.00, Jazz Café
Ilisso – Il vino in Sardegna – AAVV 14 agosto ore 12.00, Friend’s bar
Aipsa – Le ragioni del vento - Maria Luisa Careddu
Condaghes
15 agosto ore 12.00, Café Grand’Italia
Il Maestrale – Mia figlia follia - Savina Dolores Massa
edicoLANDo
Si inaugurano quest’anno le media-partnership tra il festival e un gruppo di importanti riviste di musica, jazz ma non solo, magazine di arti visive e
periodici che hanno come tema l’ambiente, l’eco-sostenibilità, il riciclaggio. Una panoramica il più possibile esaustiva sull’attuale offerta editoriale.
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L’Ente Foreste della Sardegna
L’Ente Foreste della Sardegna ha come missione lo sviluppo e la valorizzazione del patrimonio forestale e faunistico del territorio
regionale, nonché la creazione e diffusione di una cultura che contempli valori naturalistici, storici e culturali propri del territorio.
In ambito forestale, l’Ente concentra la sua attività nella gestione sostenibile delle foreste, attraverso opere atte a garantirne la
fruibilità e la tutela della flora e della fauna autoctone. In tale contesto assume enorme importanza l’attività di prevenzione e lotta agli
incendi, su cui viene concentrata ogni anno gran parte delle risorse.
La foresta, diventa così una risorsa in grado di garantire il mantenimento di zone rurali vive e dinamiche, sviluppandone l’economia e
valorizzandone le specificità.
Le foreste demaniali della Sardegna rappresentano un bene collettivo di straordinaria importanza naturalistica, storica ed economica, risultato di secolari interazioni tra l’uomo e la natura. La quasi totalità delle foreste demaniali gestite dall’Ente Foreste
rientra nella rete ecologica regionale che comprende parchi naturali regionali, oasi di protezione faunistica, SIC. Il paesaggio di
montagna, e con esso i boschi, meritano una fruizione sostenibile e rispettosa, perchè solo in questo modo anche le generazioni
future potranno fruirne.
Il Demanio Forestale del Monte Limbara Sud
Semida
Parte del territorio del Comune di Berchidda rientra nel Demanio Forestale del Monte Limbara Sud, un paesaggio suggestivo, caratterizzato da graniti, cime rocciose su cui ancora volteggiano le aquile e fitti boschi
dove si nascondono il gatto selvatico e la martora. Negli anni sono stati sviluppati progetti ed iniziative rivolti
alla fruizione delle foreste e alla promozione di questo preziosissimo patrimonio.
Il Monte Limbara Sud è parte del circuito Inforesta: un sistema di educazione ambientale incentrato sullo
svolgimento di attività di informazione, divulgazione e sensibilizzazione, che assicura strutture stabili, personale
qualificato e proposte didattiche tese all’acquisizione di “esperienza sul campo”. Tra i progetti in corso rientra la
realizzazione dell’Arboreto Mediterraneo del Limbara: un giardino botanico di alberi ed arbusti con le sue
rappresentazioni evolutive ecologiche e geografiche e l’architettura moderna dell’edificio centrale, articolato
in tre volumi realizzati con setti in cemento armato, rivestiti in granito e collegati da una struttura metallica in
acciaio inox.
Storia, musica e natura convivono negli ambienti granitici del Limbara; da alcuni anni, infatti, il Limbara è
diventato il cuore di diverse manifestazioni artistiche e culturali, come i concerti di Time in Jazz, (dall’alba sul
Montalvu ai concerti nel bosco o sulle sponde dei laghetti) ed il museo di Arte e Natura “Semida”, realizzato
in collaborazione col Museo PAV di Berchidda, nel bosco, lungo un sentiero di corbezzoli secolari.
In primavera è possibile inoltre ammirare le numerose specie colorate che popolano il Giardino delle Farfalle,
un’oasi protetta realizzata dall’Ente Foreste della Sardegna per proteggere un patrimonio entomologico ricco e
vario, con molte specie di farfalle rare.
Risposta sussurrata ad una comunicazione ec­ces­si­va, ad una provocazione che rischia di essere sempre più il fine e non il mezzo della
ricerca artistica, la Land Art, o Earth Art, nasce alla fine degli anni
Settanta concependo opere che rie­scano a dare nuova dignità ad un
territorio ignorato, intervenendo direttamente sulla natura, “insinuandosi”
in essa, recuperando il senso profondo del silenzio e del contatto con
le radici, fisiche e metaforiche. È in questo contesto che, all’interno dei
grandi progetti visivi del Time in Jazz e in collaborazione con l’Ente Foreste della Sar­degna, nasce Semida museo di arte e natura, realizzato
sul Monte Limbara, dove la severa maestosità della natura si svela in
un selvaggio trionfo; Semida – sentiero nella lingua locale – procede
attraverso percorsi ben più misteriosi rispetto al puro godimento estetico
e la ricerca concettuale.
Gli artisti intervengono sul luogo con opere appositamente pensate e
realizzate cercando di entrare in risonanza con il paesaggio attraverso
una profonda riflessione sui rapporti etico-estetici. Le forme e i colori
dell’arte si uniformano ad una legislazione antica e assoluta come quella della natura che diviene, contemporaneamente, ispirazione, creatrice
e giudice dell’opera d’arte.
Chi sale dal sentiero principale viene “accolto” da un intreccio sorprendente
di rami forti come sentieri e sentieri che si ramificano per tutto il paesaggio. In
questo labirinto ne appare un altro, quello proposto da Clara Bonfiglio con il
suo lavoro: una porta in metallo con intagliato sopra la scritta “attraverso” che
dà il titolo all’opera. Una porta… attraverso… andare oltre un limite divenuto
soglia, ingresso verso una dimensione altra. Una scritta, spazio intagliato,
negato, da un foglio di metallo nero emerge il nulla che prende i mutevoli
colori della natura.
Un sottile schermo di plexiglas arancio è invece l’opera di Monica Solinas.
Una finestra, soglia che non contempla alcun tipo di attraversamento se non
quello ottico-mentale; una sorta di stop obbligato, imperativo dalla duplice
finalità: da un lato cornice che esalta la bellezza della natura e ce ne ricorda
l’insoluto mistero; dall’altro ricordo della nostra estraneità: non facciamo parte
di questo misterioso mondo e quando vi entriamo non è mai dalla porta
principale.
E, procedendo nel cammino, si è attratti dall’opera di Pinuccio Sciola,
la forza della roccia trattenuta da una catena di ferro che congiunge i
massi di granito, si snoda, attraversa la montagna. Sciola imbriglia la
natura attraverso linee sinuose e, paradossalmente, attraverso catene ne
restituisce l’indomita libertà. Opera come privilegio, come se la natura
fosse talmente generosa da prestarsi al gioco nella tacita consapevolezza che la sua forza dirompente potrebbe piegare queste e ben altre
catene.
Poco discosto l’intervento di Bruno Petretto: una gabbia metallica incornicia un enorme masso che già artisti secolari come gli agenti atmosferici hanno plasmato in forme di levigata bellezza. Il rigore delle linee
metalliche esalta la plasticità di quelle naturalistiche e la gabbia diventa
teca protettrice attraverso la quale ammirare la potenza e la sacralità
del luogo.
La recente opera di Giovanni Campus è una grossa corda tesa attraverso il paesaggio ad organizzare percettivamente e emotivamente
lo spazio, svelando significati antichi e creandone di nuovi attraverso
una tensione che non è solo propriamente fisica ma, anzi, fortemente
allegorica.
Arte dunque come misterioso percorso – Semida –, continuo divenire
che non si oppone alla natura ma ne svela le meraviglie, sentiero in cui
perdersi per poi, finalmente, trovarsi.
Sonia Borsato
Presso gli hotspot SurfInSardinia, a Berchidda in Piazza del Popolo e negli spazi esterni dell’ex- Cooperativa “La Berchiddese”, è possibile, previa registrazione, navigare in
internet e accedere a informazioni e servizi contenuti nei portali della Regione Sardegna.
Per informazioni sul servizio e supporto tecnico telefonare al numero verde 800-038321,
attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 18.
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Nel segno della Terra, terzo “capitolo” del ciclo dedicato ai
quattro
elementi naturali, si rinnova anche quest’anno l’impegno di Time in
Jazz a favore
dell’ambiente attraverso Green Jazz, il progetto di sensibilizzazione
che dà voce ai
temi del risparmio energetico, dell’uso delle energie alternative, della differenziazione dei rifiuti,
dell’abbattimento delle emissioni di CO2, mirando in particolare a ridurre l’impatto del festival sul
territorio. La storia della coscienza ambientale di Time in Jazz muove i primi passi a
partire da originali progetti
come i concerti nei boschi del Limbara e nelle chiesette campestri, che hanno stimolato una maggiore consapevolezza sui problemi dell’ambiente e della sostenibilità, portando, anche grazie al supporto di partner e
sponsor locali, alla realizzazione di iniziative volte a tutelare un patrimonio naturale e culturale di inestimabile valore.
Sul tema sensibile della riduzione delle emissioni di CO2, Time in Jazz prosegue anche in
questa edizione le iniziative per ridurre la circolazione delle auto durante i giorni del festival.
, in collaborazione con Atala, mette a disposizione
del pubblico delle biciclette per spostarsi da un concerto all’altro, sia in paese, sia nelle
vicine chiese campestri. Una valida alternativa, dunque, per tutti coloro che vorranno rinunciare alla propria automobile per raggiungere, pedalando, i luoghi della musica e dell’arte.
Musica a pedali
Motori a strappo
Alla riduzione dei gas inquinanti mira anche
, un progetto di car-sharing
rivolto al pubblico che nei giorni del festival percorre in macchina decine di chilometri per raggiungere i diversi
luoghi dei concerti. A Berchidda saranno creati dei punti di ritrovo, dove si potrà parcheggiare la propria auto,
approfittare del passaggio messo a disposizione da chi aderisce all’iniziativa e viaggiare in buona compagnia.
In collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Berchidda prosegue poi l’iniziativa
dedicata alla raccolta differenziata dei rifiuti: le
di Green
Jazz, spazi supplementari allestiti negli spazi del festival, in piazza del Popolo e all’ex-Caseificio, che ospiteranno i contenitori per la raccolta differenziata del vetro, del cartone
e della plastica. Alcuni volontari presidieranno le isole
ecologiche, contribuendo a ripulire il paese da eventuali
rifiuti abbandonati, informando e sensibilizzando pubblico e visitatori sulle varie iniziative volte alla
tutela dell’ambiente.
isole ecologiche
Sempre in partnership con il Comune ritorna quest’anno Acqua dalla rete, progetto che mira a ridurre lo spreco d’acqua ed il consumo di plastica,
mettendo a disposizione del pubblico fontanelle alimentate dalla rete idrica comunale, da cui attingere gratuitamente acqua potabile.
Green Corner
In paese saranno inoltre allestiti i
, stand dedicati ai partner
e agli sponsor dei progetti Green Jazz, per dare informazioni sulle varie campagne
di sensibilizzazione condotte durante il festival e far conoscere i diversi progetti e i soggetti
coinvolti attraverso materiali informativi, stampati, video, etc.
Porta
Quest’anno a Berchidda approda anche la campagna
promossa dall’Associazione Comuni Virtuosi per dimostrare come esista una relazione tra le nostre azioni
quotidiane, apparentemente insignificanti, e lo stato complessivo
del pianeta. Piccoli gesti possono modificare stili di vita errati, se
si diventa coscienti delle gravi conseguenze che generano. ifiuta
iduci iusa icicla, è la risposta comportamentale di Porta la Sporta
alla domanda chiave: perché usare per pochi minuti un sacchetto di plastica
la Sporta,
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Insieme per l’Ambiente
Musica, arte e sostenibilità
al festival Time in Jazz 2009-2012
o altro materiale, anche biodegradabile, che durerà ed inquinerà per cento anni? Ovvero:
é ancora accettabile l’usa e getta? Per sostenere l’iniziativa, Time in Jazz in collaborazione
con Tecnografica Turritana, regala una sportina riutilizzabile a chi acquisti nel merchandising del festival, dove anche quest’anno sono disponibili, tra le altre, le magliette in
cotone organico certificato OE.
Questa fibra coltivata secondo rigidi principi di bio-coltivazione, è prodotta con cotone
coltivato, raccolto e trasformato senza l’uso di prodotti chimici di sintesi, ma solo di
prodotti naturali.
Green Bed
Tra le novità del 2011 anche l’iniziativa
, brevi promemoria
nelle camere degli alberghi, delle case e dei campeggi di Berchidda per ricordare
come siano i comportamenti singolarmente irrilevanti a fare la differenza se considerati su larga scala. In un’ottica globale, i suggerimenti “usa solo l’acqua di
cui hai veramente bisogno”, “stacca sempre il caricabatterie dalla presa”, “fai
la raccolta differenziata” e “non portare via sabbia, pietre, fiori o piante dalle
montagne o dalle spiagge”, acquistano certamente un valore diverso.
Sui temi della sostenibilità e della tutela dell’ambiente sarà incentrata anche la
conferenza di
in programma il 15 agosto: l’intervento sarà
focalizzato in particolare sulla campagna “Io pretendo dignità” con cui Amnesty denuncia e contrasta
le violazioni dei diritti umani derivanti dall’inquinamento industriale nell’area del Delta del Niger.
Amnesty International
EcoFINDERS
In linea col tema della Terra si pone anche la partnership con
(Ecological Function and Biodiversity Indicators in European Soils), un importante progetto di ricerca
europeo coordinato dall’INRA francese, che si propone di studiare gli indicatori biologici del suolo in differenti contesti ambientali, tra cui il territorio di Berchidda. I ricercatori
di EcoFINDERS incontreranno il pubblico il 16 agosto, in occasione della conferenza
“il Concerto della Terra”, per informare sui temi e sullo stato della ricerca, mentre, in collaborazione con la compagnia teatrale La Botte e il Cilindro, sarà attivato un laboratorio
didattico per bambini sulla biodiversità del suolo, in cui artisti e ricercatori si affiancheranno
per avvicinare le tematiche scientifiche anche ai più piccoli, attraverso l’uso di linguaggi
creativi semplici e coinvolgenti.
Dalla collaborazione tra l’Associazione culturale Time in Jazz
e l’Ente Foreste della Sardegna, nasce la nuova iniziativa
, al fine di contribuire
all’annullamento dell’emissione di CO2 prodotta dalla complessa macchina scenica e organizzativa del festival. Parte
dell’anidride carbonica rilasciata nell’aria, verrà compensata dalla messa a dimora di nuove piante prodotte nei vivai
dell’Ente Foreste e messe a disposizione dell’Associazione
Time in Jazz. Le piantine di lentisco, mirto e corbezzolo, tipiche della
macchia mediterranea e molto diffuse in Sardegna, vogliono essere
un segno tangibile dell’impegno delle istituzioni, del festival e del suo pubblico a
favore dell’ambiente.
A metà strada tra progetto divulgativo e videoinstallazione si colloca invece la partnership con
, società
che opera nella gestione dei satelliti di osservazione della terra, che metterà a disposizione immagini e video della terra
vista dallo spazio per la loro proiezione nelle giornate del festival.
“One, two... Green!”
Telespazio
“Light for music”
Le iniziative Green Jazz seguono anche l’itinerario dei concerti esterni, con
, progetto realizzato quest’anno in collaborazione con Tommaso Onofri e la Fondazione SLO: nei teatri dei concerti all’aperto e nelle chiese
campestri, luoghi generalmente privi di corrente elettrica, il “gruppo elettrogeno ecologico” di Onofri dimostrerà come sia
possibile ottenere energia pulita dal sole e dal vento e restituirla sotto forma di luci e musica.
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Nigeria: una terra che perde,
una terra che brucia
Conferenza sui temi ambientali e sulla terra
di Riccardo Noury, Direttore dell’ufficio comunicazione di Amnesty International
Lunedì 15 agosto
ore 11 Berchidda, Chiesa di San Michele
Le imprese hanno un impatto enorme sui diritti delle persone. Sempre più spesso, i diritti umani vengono violati a causa di normative nazionali deboli e poco rispettate e
per l’assenza di meccanismi internazionali di accertamento delle responsabilità delle aziende che, nei paesi in via di sviluppo, provocano effetti sempre più devastanti.
Le violazioni dei diritti umani sono particolarmente frequenti nell’ambito delle attività delle industrie estrattive. Ciò non sorprende, considerato l’impatto che tali attività hanno
sulla terra e sulle risorse idriche. Quando la terra è contaminata e le acque inquinate, i tradizionali mezzi di sostentamento delle comunità sono minacciati o distrutti e le
persone vengono spinte sempre più a fondo nella povertà.
Dal 2009 - nell’ambito della sua campagna globale “Io pretendo dignità” - Amnesty International lavora per contrastare le violazioni dei diritti umani nel Delta
del Niger, in Nigeria, causate dalle attività delle aziende petrolifere, responsabili del diffuso inquinamento ambientale. Le fuoriuscite di petrolio, lo scarico di rifiuti e il
gas flaring sono fenomeni endemici. L’inquinamento ha danneggiato risorse cruciali per il sostentamento, tra cui l’agricoltura e la pesca, rendendo molte persone ancora
più povere. In vaste aree della regione l’apporto di acqua è scarso e l’accesso all’istruzione di base e all’assistenza sanitaria è completamente inadeguato. Le comunità
del Delta vedono ben poco dei proventi del petrolio della Nigeria e sono tra le più povere del paese.
L’industria del petrolio nel Delta del Niger vede coinvolti sia il governo della Nigeria che le imprese sussidiarie delle multinazionali, tra le quali Shell, Eni e Total. La mancata
protezione dei diritti umani della popolazione da parte del governo nigeriano è una violazione del diritto internazionale; allo stesso modo le aziende, che sono responsabili delle loro azioni, stanno contravvenendo agli obblighi che hanno di rispettare gli standard internazionali su diritti umani, ambiente e attività estrattive.
È urgente una bonifica di tutte le zone inquinate del Delta del Niger e le singole persone e le comunità colpite devono ottenere rimedi efficaci; Amnesty International ha,
pertanto, mobilitato i propri attivisti in tutto il mondo per chiedere al governo della Nigeria di rafforzare la regolamentazione dell’industria estrattiva così da assicurare che
le aziende rispondano dell’impatto dell’inquinamento petrolifero sui diritti umani e sull’ambiente, al fine di prevenire ulteriori abusi.
Migliaia di cartoline sono già state inviate al governo nigeriano, altre continueranno a essere firmate e raccolte fino al prossimo ottobre.
La Nigeria
di Kadir van Lohuizen
11>16 agosto
Casa Sanna dalle ore 9.00 alle 24.00
L’obiettivo della mostra fotografica Nigeria: una terra che perde, una terra che
brucia, già esposta in diverse città italiane, è
quello di promuovere il tema della responsabilità
delle imprese e sensibilizzare l’opinione pubblica
sulla situazione nigeriana.
Kadir van Lohuizen è uno dei fondatori della NOOR Agency, un collettivo di fotoreporter indipendenti,
il cui obiettivo è lavorare per avere un impatto concreto sulle visioni e opinioni del mondo attraverso la fotografia. Van Lohuizen ha realizzato servizi fotografici su calamità e conflitti del mondo ed è stato premiato
dalla Word Press Photo nel 1997 e nel 2005. Nel 2007 ha ricevuto il premio Visa D’Or per le foto relative
al conflitto in Ciad.
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Il Delta del Niger ha importanti depositi di petrolio
che generano un fatturato di miliardi e miliardi di
dollari. Malgrado ciò, la maggior parte dei 30
milioni di abitanti della zona vive in estrema povertà. Il contrasto tra l’impoverimento del Delta e
la ricchezza che il suo petrolio genera è uno dei
più forti e inquietanti esempi della “maledizione
delle risorse”.
Decenni di inquinamento e di danni ambientali
derivanti dall’industria petrolifera hanno avuto un
impatto durissimo sulla terra, sull’acqua e sull’aria,
contribuendo a violare il diritto a un adeguato
standard di vita (che comprende il diritto al cibo e
all’acqua pulita), il diritto a un ambiente salutare
e il diritto a guadagnarsi da vivere attraverso il
lavoro.
L’inquinamento da petrolio, inoltre, pregiudica fortemente il diritto umano di ottenere il più elevato
standard raggiungibile di salute.
Queste fotografie, che mostrano l’impatto dell’inquinamento provocato dal petrolio sui diritti umani
e sull’ambiente del Delta del Niger, sono state
commissionate nel 2008 da Amnesty International
e da Milieudefensie, nell’ambito del lavoro delle
due organizzazioni in difesa dei diritti umani e
dell’ambiente nel Delta del Niger.
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Il progetto EcoFinders
Biodiversità del suolo: gli EcoFINDERS esplorano i pascoli e le sugherete di Berchidda
Ricercatori di tutta Europa e cinesi studiano la biodiversità del suolo anche a Berchidda
Martedi 16 agosto
Berchidda, Cantina Castello Monte Acuto - ore 18.30
Conferenza del Prof. Pier Paolo Roggero - centro NRD (Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione)
e Dipartimento di Scienze Agronomiche dell’Università di Sassari
Terra, terreno, suolo: non ci pensi ma… il suolo è un ecosistema molto complesso che ospita una grande diversità di organismi
viventi: batteri, protozoi, archea, nematodi, funghi, insetti, micro-mammiferi, ecc. In un grammo di suolo si possono trovare
molti miliardi di batteri e funghi di oltre cento specie diverse ed un piccolo volume di suolo può contenere diverse centinaia di
specie animali (protozoi, nematodi, insetti e lombrichi). In un ecosistema, gli insetti rappresentano sino al 50% della biomassa
animale e le sole formiche possono avere una biomassa complessiva sino a quattro volte superiore a quella dei vertebrati
terrestri. La biodiversità del suolo è in stretta relazione con quella delle piante sovrastanti. La diversità genetica degli organismi
del suolo influenza direttamente le funzioni ecologiche fondamentali e rivela la fertilità e lo stato di salute del suolo.
Non ci pensi, ma… tutto passa per terra: acqua, aria, cibo, vestiti, materiali… e la biodiversità del suolo è la base per “servizi
ecologici” essenziali per la vita. Le produzioni vegetali e animali, il ciclo dell’acqua e dei nutrienti, le reti alimentari, la depurazione dell’aria e dell’acqua da inquinanti pericolosi sono controllati dagli organismi del suolo.
Nonostante tutto, ancora oggi, il suolo è per la scienza un “black box”: solo una piccolissima porzione di ciò che vive sotto
terra è nota e ben caratterizzata.
Il progetto europeo EcoFINDERS (Ecological Function and biodiversity INDicators in EuRopean Soils - www.ecofinders.eu) si
propone di studiare gli indicatori biologici del suolo negli osservatori di lungo termine dislocati dall’estremo nord (Svezia) al
Mediterraneo (Sardegna). L’osservatorio di Berchidda-Monti comprende pascoli arborati, sugherete e vigneti ed è gestito in
stretta collaborazione con gli agricoltori, dai ricercatori del Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione (www.uniss.it/nrd) e del
Dipartimento di Scienze Agronomiche e Genetica Vegetale Agraria dell’Università di Sassari, coordinati dal prof. Pier Paolo
Roggero, in team con il Dipartimento di Biologia vegetale dell’Università e il CNR-IPP di Torino. EcoFINDERS è finanziato dal
VII Programma quadro dell’Unione Europea, coinvolge 22 enti di ricerca e università europee e una cinese ed è coordinato
dal dott. Phillippe Lemanceau dell’INRA di Digione in Francia.
EcoFINDERS si propone il raggiungimento di obiettivi scientifici e tecnologici e di sviluppare strumenti per la quantificazione
e caratterizzazione della biodiversità che permetteranno di realizzare un database europeo della biodiversità del suolo. Si
quantificheranno inoltre i benefici economici e sociali associati ai “servizi ecosistemici” garantiti da usi del suolo sostenibili.
La forte sensibilità ambientale degli artisti di Time in Jazz e l’esigenza di comunicazione scientifica dei ricercatori di EcoFINDERS ha permesso di integrare scienza e arte nel festival 2011 dedicato alla “Terra”. In collaborazione con la compagnia
teatrale La Botte e il Cilindro e gli organizzatori di Time in Jazz, i ricercatori offriranno al pubblico spunti di riflessione sulla
biodiversità del suolo, in particolare in occasione dell’incontro col pubblico il 16 agosto, prima del concerto finale di Paolo
Fresu e durante il laboratorio didattico per bambini “Tutti giù per terra”.
Lo stand di EcoFINDERS si trova davanti alla biblioteca comunale di Berchidda.
Per informazioni: [email protected]
Unione Europea
Tutti giù per terra
Tutti giù per terra è un laboratorio di animazione scientifica per ragazzi dai 6 agli 11 anni
condotto da La botte e il cilindro dal 10 al 15 agosto presso la biblioteca comunale
dalle 17,30 alle 19,30.
10 agosto 17.30-19.30 TUTTI GIÙ PER TERRA!
Introduzione e istruzioni per l’uso...
11 agosto 17.00-20.00 IN CAMPO!
Gli EcoFINDERS esplorano i misteri
della biodiversità del suolo
12 agosto 17.30-19.30 IN-SETTI!
Lab di entomologia
13 agosto 17.30-19.30 PIANTA-LA!
Lab di Botanica
14 agosto 17.30-19.30 BIO-DIVERSO o BIO-CONFUSO?
Lab “Mondo invisibile”
15 agosto 17,30-19,30 TUTTI GIU’ PER TERRA!
Conclusioni e pubblicazione dei risultati dei Lab
Info e iscrizioni:
[email protected], [email protected]
tel. 3403005693 Stefano, 3288052995 Luisella
www.bottecilindro.it.
presso lo stand EcoFINDERS a Berchidda
sarà data priorità ai bambini interessati a seguire l’intero corso
Suolo, terreno, terra.
Ci pensi mai?
Se sei un bambino ci giochi,
ti impiastricci le mani, con
la terra
(“attento! non sporcarti” ti
dicono gli adulti).
Se sei un bambino te ne
accorgi
se cadi dalla bicicletta, dai
pattini.
Se sei adulto la usi quando
parli:
sono a terra
è bene tenere i piedi per
terra
ho sbattuto il sedere a
terra…
Se sei adulto sai che il
valore di un terreno non è
un modo di dire.
Altrimenti, mica ci pensi:
la terra, il suolo, il terreno
sono lì.
Li diamo per scontati.
Servono per le piante,
per le fondamenta di una
casa.
Ma la terra è come il sole, la
forza di gravità, il mare:
è lì.
Se è fertile, umida, ricca
ci fa venire il buonumore.
Altrimenti:
erosione, speculazione,
consumo, degrado, inquinamento,
urbanizzazione
impermeabilizzazione
desertificazione….
Suolo, terreno, terra, Terra.
La Terra è il nostro pianeta.
La Terra è la nostra casa.
La terra regola il clima della
Terra.
La terra filtra e contiene la
nostra acqua.
La terra è viva.
La terra respira.
La terra è la pelle della Terra.
Sante Maurizi
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Organizzazione
Associazione culturale Time in Jazz
Direttore artistico
Paolo Fresu
Demuru, Nina Demuru, Grazia Dettori, Salvatore
Dettori, Lorella Fresu, Laura Governi, Sophia
Loesh Onori, Ilaria Serra
Coordinamento generale
Luca Nieddu e Giannella Demuro
Biglietteria
Gibo Borghesani, Maria Paola Casu, Ketty
Desole, Maria Antonietta Mazza, Elisa Mu,
Agnese Pianezzi, Antonella Piga
Coordinamento Arti Visive
Giannella Demuro e Antonello Fresu
Ingresso arena concerti
Valentina Nieddu, Paola Puggioni
Coordinamento Cinema
Gianfranco Cabiddu
Squadra logistica
Danilo Apeddu, Jacopo Calvia, Davide Carta,
Michela Casu, Jacopo Deiana, Antonio
Demuru, Alessia Dettori, Antonio Fois, Andrea
Gaddari, Luca Leoni, Luca Marogna, Emiliano
Paris, Tore Piga, Paolo Sanna, Alessio Sanciu,
Francesco Sannitu, Gianni Sini, Riccardo Soddu,
Sebastiano Spagnolu, Giuseppe Spanu, Roberto
Viglino, Angelo Zucchi
Segreteria e amministrazione
Mariella Demartis
Segreteria organizzativa
Sara Corda e Sara Grenga
Management musicisti
Vittorio Albani e Stefania Conte (Pannonica)
Ufficio Stampa
Riccardo Sgualdini, Francesca Balia
Direzione tecnica
Gianni Melis
Database festival
Giovanni Campus e Oreste Meloni
Responsabile allestimenti
Sebastiano Spagnolu
Logistica
Fabrizio Crasta e Andrea Sannitu
Responsabile spazio concerti
Gian Paolo Crasta
Direzione palco
Luca Devito
Audio
Blustudio di Alberto Erre
Backstage e catering
Marianna Anfossi, Stefania Brianda, Alessia
Campus, Samuela Casu, Francesca Ledda
Servizio mensa
Elia Saba e il suo staff
Ricezione servizio mensa
Giulia Carta e Angela Murrighili
Immagine e progetto grafico
Danilo Sini, P.A.V.
Computer grafica
Giuseppe Pozzi, Dario Toni
Web Master
bizConsulting S.r.l.
Fotografie
Gigi Murru
Progettazione e stampa abbigliamento
Tecnografica Turritana
Tecnici
Antonio Casu
Gigi Casula
Gesuino Mannu
Cisco Marras
Merchandising
Coordinamento: Sara Grenga
Federica Bomboi, Manuela Demartis, Stefania
Modde, Anastasia Pianezzi, Diletta Pianezzi,
Elena Pudda, Francesca Pudda, Barbara Scanu,
Cinzia Sini, Matilde Sini, Marta Zaccagni
Luci e scenotecnica
Toni Grandi e Adriano Pisi
Merchandising concerti esterni
Giorgia Bonora e Alina Brandt
Pianoforti
Responsabile e accordatore: Luigi Corda
Bookshop
Coordinamento: Sara Grenga e Luca Nieddu
Roberta Biondi e Giulia Enna
Tecnici
Michele Montis, Carlo Ragatzu
Direzione palco concerti esterni
Rossella Calvia
Coordinamento logistico concerti
esterni
Enrica Brianda
Registrazioni
Fabrizio Dall’Oca
Staff tecnico concerti esterni
Elena Annovi, Cristian “Bimbo” Buccioli, Enrico Sau
Responsabile Jazz Club
Gabriele Crasta
Organizzazione trasporti interni
Oreste Meloni e Mariella Sini
Drivers
Edoardo Brungiu, Giovanni Busetto, Andrea
Calvia, Franceco Canu, Salvatore Caput, Tore
Casu, Dario Inzaina, Francesco Ledda, Lucio
Mu, Marcello Pianezzi, Mattia Pianezzi, Nicolò
Pianezzi, Giuseppe “Peppone” Pozzi, Roberto
Scanu
Tour assistants
Gloria Armas, Simona Lippi, Minouh Mazloumi,
Vittoria Serra, Tore Piga
Logistica accoglienza
Ada Grifoni, Fiorella Meloni, Raffaella Piga
Info point
Mariella Brianda, Antonio Camassa, Giovanna
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Settore PAV, squadra allestimenti
Cristian Buccioli, Franceschino Carta, Gabriele
Crasta, Erika Di Crescenzo, Toni Grandi, Gianni
Melis, Stefano Obili, Adriano Pisi, Laura Rodio,
Antonio Soi, Giuseppe Pozzi
Settore cinema
Sandro Bartolozzi, Silvia Capitta, Antonio
Cauterucci, Micaela Cauterucci, Michele Fenu,
Andrea Lotta
Settore danza
Ornella D’Agostino, Elena Annovi, Lucilla
Galeazzi, Sara Grenga,
Tiziano Lamantea, Gianni Melis
Agenzia viaggi
Medtravel Genova
Consulenza tecnico-architettonica
Maria Paola Cau
(Direzione Generale per lo Spettacolo dal vivo)
’Assessorato dei Beni culturali e dello Spettacolo
della Regione Autonoma della Sardegna e
l’Assessore Sergio Milia
l’Assessorato del Turismo della Regione
Autonoma della Sardegna e l’Assessore Luigi
Crisponi
la Presidenza della Regione Autonoma della
Sardegna e il presidente Ugo Cappellacci
il Comune di Berchidda e il sindaco Sebastiano
Sannitu
la Provincia di Olbia-Tempio e il presidente
Fedele Sanciu
l’Assessore provinciale al Turismo Giuseppe Baffigo
il Comune di Sassari e il sindaco Gianfranco
Ganau
la Comunità montana Monte Acuto ed il
presidente Antonio Satta
la Fondazione Banco di Sardegna, Antonello
Arru e Salvatore Rubino
il Comune di Cheremule e il sindaco Salvatore
Masia, l’Associazione Boghes de Cheremule
il Comune di Codrongianos e il sindaco Luciano
Betza
il Comune di Ittireddu e il sindaco Rosolino
Petretto
il Comune di Mores e il sindaco Antonio
Demartis
il Comune di Olbia e il sindaco Gianni
Giovannelli
il Comune di Oschiri e il sindaco Piero Sircana
il Comune di Osilo e il sindaco Giovanni Manca
il Comune di Ozieri e il sindaco Leonardo Ladu
il Comune di Pattada e il sindaco Mario Deiosso
il Comune di Sorso e il sindaco Giuseppe Morghen
il Comune di Tempio Pausania e il sindaco
Romeo Frediani
il Comune di Telti, il sindaco Gianfranco
Pinducciu, l’Associazione Ascunas e Giovanni
Careddu
il Comune di Tula e il sindaco Andrea Becca
Busca (CN), Galleria Fumagalli, Bergamo,
Antonio Manca, Valerio Dehò, Andrea Moser
Progetto Bookshop: Ilisso, AIPSA edizioni, EDT,
Condaghes, Il Maestrale, Libreria Koiné, Libreria
MAX 88
Progetto Edicolando: le riviste Jazz.it, The Jazz
Year Book, Jazziz, JAM, Rolling Stones, Sonos
e Contos, Exibart, Inside Art, Eco News,
Verdeambiente
Federico Boy
Davide Carrari, Filippo Barbieri,
Pietro dal Pra e Lorenzo Nadali
Festival Creuza de Mà Carloforte
Raffaele Casarano e Locomotive Festival
Giovanni Busetto e Ambria Jazz fesrtival
Flavio Soriga
Bojan Z (per la sigla musicale)
Antonio Meloni e Banda Musicale “Bernardo
Demuro” di Berchidda
Libero Farnè
Teresa Foddis (di Tula)
11/8 Records
Artist Management Company
Saint Louis Music Center
Saudades Tournéen
Antonello Vitale e Ted Kurland Associates
Mario Guidi, Daniele Brunacci e M.G.M.
Produzioni Musicali
Lee Paterson e Go-go Between
Associazione Culturale Ex. B.
Maria Laura Giulietti e C.o.r.e. Srl
Gianluca di Furia e Onc Produçoes
Paolo Pillonca
Antonella Ariani e Kino Music
Roberto Cifarelli
Pierluigi Adami e Gabriela Scanu
l’Ente Foreste della Sardegna, il presidente ff
Bachisio Molotzu, il direttore generale Gilberto
Murgia, il direttore del servizio territoriale di
Tempio Alessio Sussarello e il personale della
Foresta Demaniale Monte Limbara Sud, Enrica
Autoservizi Fab, Graziella Asara e Marco Asara
FIAT Pincar e Opel AutOggi
Secauto Andrea e Simone Cuccu
Pedra Maiore, Francesco Crasta e Salvatore
Isoni
Brianda del distretto n.1 Alta Gallura, Il Corpo
Forestale di Vigilanza Ambientale (CFVA), il
direttore generale Delfo Poddighe, il direttore del
servizio territoriale di Tempio Giancarlo Muntoni,
di Sassari Sebastiano Mavuli e gli agenti del
CFVA di Berchidda, Oschiri, Ozieri, Ploaghe,
Sassari, Thiesi
Jazz Hotel
RR Orafi in Sassari
Ondulor
Corvasce
Essent’ial
Tecnografica Turritana e Roberto Caravagna
Clacson e Alessandro Sini
Meridiana, Donatella Achenza, Silvio Pippobello
e Andrea Pietrobelli
la Distilleria Lucrezio R e Pasquale Rau
RAU Arte dolciaria e Raffaela Rau
Cantina Castello Monte Acuto
Ditta Francesco Pianezzi
Nuova Casearia e Salvatore Piga
Su Senabrinu
Dolci tradizioni
Pensieri Floreali
Florvivaistica ”La Fumosa” e Marcello Scanu
Il Menù di Elia
Allianz Ras
Allianz -Lloyd
Arper
Ristorante Saccargia
Serre Gabriele Soddu
i soci della cooperativa La Berchiddese
il Banco di Sardegna, il direttore generale
Alessandro Vandelli, il presidente Franco Antonio
Farina
il Banco di Sardegna di Berchidda, il direttore
Pier Gianni Rizzu, Roberta Contu, Lorenzo
Demuro, Rita Nurra, Francesco Pianezzi, Daria
Solinas
la Corsica Ferries - Sardinia Ferries: Ewan
Lonmon e Cristina Pizzuti, Raoul Zanelli Bono
la Fondazione Fabrizio De André, Dori Ghezzi e
Franco Maciocco, l’Agnata, Nuvole production
srl, Enoteca Demuro e Fratelli Naseddu.
Arborea: Francesco Casula, Luciano Negri,
Stefano Reali, Ruggero Bizzarri, Daniela
Calogiuri
Ichnusa
Clarin Italia
Chiara Bassetti, Paolo Manfredini e Suoni delle
Dolomiti
Carovana smi
Associazione i-Jazz
l’Ente Musicale di Nuoro e il presidente Angelo
Palmas
Consorzio NUBES
Consulenza del lavoro
Giancarlo Fenu e Studio Fara-Lieto
Progetto Green Jazz: Amnesty International,
Ricardo Noury, Gianmario Manca, Patrizia
Vita, Ecofinders, NRD (nucleo di ricerca
sulla desertificazione), Università di Sassari Dipartimento di Agraria, Università di Torino,
Paola Bonfante, Mariangela Girlanda e
Valeria Bianciotto, Pier Paolo Roggero e
tutti i collaboratori del progetto, la Botte e il
Cilindro, Sante Maurizi, Pierpaolo Conconi,
Stefano Chessa, Luisella Conti, Consuelo
Pittalis, Fabio Loi, IIED, Telespazio, Floriana
Vizzari, i responsabili del progetto Porta la
Sporta, Tomaso Onofri, Irene Loesch e la
fondazione SLO.
Si ringraziano
l’Unione Europea, C.A.R.A.S. e il Fondo
Europeo di Sviluppo Regionale
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Progetto PAV: Galleria Pack, Milano, Spazio
A, Pistoia, Kunsthalle, Merano, Monitor,
Roma, The Gallery Apart, Roma, Grossetti Arte
Contemporanea, Milano, Collezione La Gaia,
Consulenza progetti europei
Grazia Piras, Simona Putzu
Consulenza legale
Simona Putzu, Antonella Casedda
Consulenza amministrativa
Elabora Snc di Lucio Mu
Ascunas
Boghes de Cheremule
Geasar: Lucio Murru, Pancrazio Azzena, Maria
Assunta Fodde;
Infotourism Sardinia – Berchidda, Marco e
Mauro Pinna
l’Hotel Nuovo Limbara
l’Hotel Sos Chelvos
il campeggio Tancarè
Jolly Caffè
Cabanna’s café
il parroco di Berchidda don Guido Marrosu
il parroco di Olbia don Antonio Debidda
i Comitati delle chiese di San Michele e Santa
Caterina
Maria Pina Demuru
tutte le signore del progetto “… a pranzo da, a
tavola con”
tutti i proprietari delle case private
il sig. Giandomenico Fresu
il personale del Comune di Berchidda
il Comando Stazione dei Carabinieri di
Berchidda
il Comando Vigili Urbani
la compagnia barracellare di Berchidda
l’Associazione Volontari Ambulanza di Berchidda
e il presidente pro tempore Salvatore Chirigoni
Intervol e il presidente Irene Pischedda
il paese di Berchidda
tutti gli artisti.
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Regione Autonoma della Sardegna
Ass.to Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport
Ass.to Turismo, Artigianato e Commercio
Ente Foreste
Ass. culturale Time in Jazz | via Pietro Casu 29/a | 07022 Berchidda (OT)
tel 079 703007 | fax 079 703149 | [email protected] | www.timeinjazz.it
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