APPRENDIMENTO MOTORIO: APPROFONDIMENTI

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APPRENDIMENTO MOTORIO: APPROFONDIMENTI
Apprendimento motorio: approfondimenti metodologici
Modulo 1
SSIS Veneto
SCUOLA REGIONALE INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE
PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA
SCIENZE MOTORIE
APPRENDIMENTO MOTORIO:
APPROFONDIMENTI METODOLOGICI
Claudio Robazza
I meccanismi di elaborazione delle informazioni
nell’esecuzione del movimento. La memoria. Il
programmo motorio.
Una delle finalità fondamentali dell’educazione fisica scolastica (oggi Scienze motorie e
sportive) è quella di far acquisire agli alunni un’ampia gamma di abilità motorie.
L’apprendimento di abilità ed il controllo del movimento sono di importanza fondamentale per
una normale vita di relazione e per l’espressione delle risorse personali. È dunque importante
aiutare i giovani ad acquisire, incrementare, perfezionare e mantenere molteplici abilità e
competenze che si esprimono in attività motorie di carattere ludico, espressivo, creativo,
interattivo, preventivo e sportivo.
Un’abilità può essere definita, in generale, come la capacità di conseguire uno o più obiettivi di
prestazione in tempi ottimali, con massime possibilità di riuscita e minimi dispendi di energia
mentale e fisica. La prestazione accurata, inoltre, deve poter essere ripetuta in maniera
costante nel tempo. Le abilità sono acquisite e consolidate attraverso l’apprendimento e
l’automatizzazione
del
movimento.
Tutte
le
tecniche
sportive
sono
abilità
motorie
automatizzate.
Le abilità motorie sono utilizzate in molti modi diversi nelle attività quotidiane e nelle discipline
sportive. In alcune attività è necessario il controllo e la coordinazione di ampi gruppi muscolari,
come nella corsa e nell’utilizzo della bicicletta, mentre in altri è anche indispensabile il controllo
fine di specifici settori corporei, come nella ginnastica acrobatica e nel tiro con l’arco. Nelle
attività sportive, è sorprendente la varietà di competenze ed abilità presenti: la precisione nel
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golf, la distribuzione dello sforzo nella maratona, la presa di decisioni nei giochi sportivi, il
controllo del movimento nel karate, l’anticipazione delle azioni dell’avversario nella lotta, la
costanza dei movimenti nel nuoto sono solo alcuni esempi di richieste cognitive e motorie nello
sport.
Per rendere efficace la didattica, è importante che l’insegnante di educazione fisica conosca i
principali meccanismi mentali coinvolti nell’elaborazione dell’atto motorio, poiché da tali
conoscenze derivano utili indicazioni applicative.
Un primo aspetto riguarda i processi mentali di elaborazione delle informazioni. In Figura 1,
questi processi sono rappresentati in un modello concettuale semplificato, nel quale sono
distinte le fasi di identificazione degli stimoli, selezione della risposta, programmazione della
risposta, esecuzione, ricezione e analisi del feedback derivante dall’azione.
Figura 1. Modello semplificato di elaborazione delle informazioni.
Processi decisionali
Stimoli
Identificazione
degli stimoli
Selezione
della risposta
Programmazione Esecuzione
della risposta
Feedback
Nell’analisi dei processi di trattamento delle informazioni è spesso utilizzato il paragone con il
funzionamento di un computer. Le informazioni esterne ed interne all’organismo pervengono al
sistema nervoso centrale attraverso gli organi di senso; fra percezione/identificazione degli
stimoli e risposta comportamentale si verificano una serie di operazioni intermedie,
elaborazioni mentali che comprendono processi decisionali di selezione e programmazione della
risposta per conseguire gli obiettivi della prestazione.
L’identificazione degli stimoli permette una prima analisi delle informazioni sensoriali
attraverso gli organi di senso (analizzatori): non solo sono percepite le caratteristiche
strutturali degli stimoli (la forma ed il colore della palla), ma anche le configurazioni di
movimento (la velocità e la direzione della palla). Dopo che gli stimoli sono stati identificati,
negli stadi successivi di elaborazione seguono processi decisionali di selezione della risposta e
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di programmazione. Nella fase di selezione della risposta è scelto il programma motorio
adeguato per risolvere il compito; al momento della programmazione sono, poi, precisati i
parametri di forza e rapidità da applicare al programma selezionato, nonché i settori muscolari
da contrarre (Schmidt, 1988).
Le stimolazioni sensoriali pervengono al sistema di elaborazione delle informazioni attraverso
gli organi di senso. Informazioni esterocettive (provenienti, quindi, dall’esterno dell’organismo)
importanti per il movimento sono raccolte per mezzo della vista, dell’udito e del tatto;
informazioni propriocettive o cinestesiche (interne all’organismo) sono raccolte attraverso
apparato vestibolare e recettori situati nei muscoli, nei tendini e nelle articolazioni.
L’analizzatore visivo (recettore di distanza o telerecettore), che convoglia più dell’80% delle
informazioni esterne, svolge un ruolo estremamente importante per il controllo e la
coordinazione dei movimenti. Esso fornisce informazioni relative alla propria azione, alle
modifiche situazionali ed alle relazioni spazio-temporali fra sé e ambiente (compagni,
avversari, attrezzi). La sua importanza è evidente nei giochi di squadra (ad open skill) in cui
l’allievo deve costantemente controllare, in modo più o meno consapevole, gli spostamenti e le
azioni dell’avversario, così da effettuare previsioni per azioni e scelte tattiche appropriate. Tali
informazioni costituiscono la base di previsioni anticipatorie per avviare azioni e scelte tattiche
appropriate. L’analizzatore visivo, in sintesi, consente di ottenere informazioni relative alla
velocità e alla direzione dei movimenti propri, di altre persone e degli attrezzi. Tuttavia, anche
in discipline a closed skill la vista svolge un ruolo importante, come appare nel controllo di un
punto di mira in un lancio. Inoltre, ha un ruolo molto importante per il mantenimento e/o il
ripristino dell’equilibrio: “l’aggancio visivo” è un meccanismo di stabilizzazione, come, ad
esempio, durante le rapide rotazioni del corpo di una ballerina.
L’importanza della visione è in relazione alle caratteristiche dell’attività: non è sempre utile
affidarsi completamente ad un controllo visivo, soprattutto quando informazioni derivanti da
altri analizzatori, necessarie per la prestazione, rischiano di essere oscurate o poste in secondo
piano. Nella scherma, lasciare che il controllo visivo domini su quello cinestesico più rapido ha
come effetto un rallentamento dei tempi di risposta (Jordan, 1972). In tali circostanze sono
utili esercitazioni ad occhi chiusi sia per prevenire un’eccessiva dominanza visiva, sia per
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incrementare il controllo da parte degli altri organi sensoriali (senso cinestesico, tatto e udito in
particolare).
Dall’analizzatore acustico (altro telerecettore) derivano informazioni relative ai rumori
provocati dal movimento e che ad esso si accompagnano: il rimbalzo della pallina da tennis,
l’entrata del remo in acqua, lo sfregamento degli sci sulla neve, il contatto con la palla, ecc. Un
atleta esperto, in certi sport, è in grado di discriminare la correttezza del gesto tecnico dal
rumore che deriva dall’azione. Ma oltre che per recepire i rumori, l’udito è necessario per
ricevere i messaggi verbali e mettersi così in comunicazione con altre persone (i compagni,
l’insegnante, l’allenatore, ecc.). In alcune attività di tipo tecnico-compositorio (come ad
esempio la danza), inoltre, la struttura ritmica del movimento è strettamente connessa con
l’accompagnamento musicale che ne condiziona aspetti tecnici ed estetici.
L’analizzatore tattile ha i suoi recettori, specializzati per rilevare il senso tattile, la pressione e
la temperatura, situati sulla superficie della cute. Esso gioca un ruolo rilevante nel controllo del
movimento fine e nella gradazione degli impulsi di forza, come nel “senso della palla” nei giochi
sportivi, nei lanci e nelle riprese di attrezzi,nella sincronia di movimento nel pattinaggio in
coppia, nel controllo dell’avversario nel judo, ecc.
L’analizzatore cinestesico (propriocettore) riceve stimolazioni dalla muscolatura, dai tendini
e dalle articolazioni del corpo attraverso l’intervento di recettori specifici, quali i fusi
neuromuscolari e gli organi tendinei del Golgi; dà informazioni sulle tensioni muscolari e sulle
loro variazioni anche minime, sugli angoli articolari e, quindi, sul rapporto spaziale dei
segmenti corporei fra loro. Attraverso le informazioni cinestesiche è possibile la sintonia ed il
gioco fine di contrazioni e decontrazioni, che caratterizza il movimento fluido. L’importanza
dell’analizzatore cinestesico è evidente se si pensa al fatto che qualsiasi atto motorio di per sé
è fonte di una grande quantità di informazioni somatiche. Nel processo di apprendimento
l’analizzatore cinestesico assume un ruolo via via maggiore consentendo un sempre più
preciso, rapido ed efficace controllo automatizzato del movimento; questo è vero tanto nelle
abilità closed, come accade nella tenuta di una verticale, quanto nelle abilità open, come
quando sono registrate le sensazioni provocate dalla risposta dell’avversario dopo una spinta in
un gioco di squadra.
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L’analizzatore vestibolare (altro propriocettore, denominato anche analizzatore staticodinamico) è situato nell’orecchio interno e fornisce segnali collegati ai movimenti nello spazio,
dato che le sue strutture sono sensibili alle accelerazioni e decelerazioni del capo, ai movimenti
angolari e all’orientamento della testa in rapporto alla forza di gravità. La sua interazione con i
recettori della muscolatura del collo, in particolare, ha un ruolo nell’apprezzamento della
posizione del capo in rapporto agli altri settori corporei ed all’ambiente. Esso offre un
importante contributo ai fini dell’equilibrio; ciò è evidente considerando il ruolo pilota del capo
nel guidare i movimenti del resto del corpo, come nell’acrobatica e nei tuffi, reso possibile
dall’integrazione delle stimolazioni vestibolari con quelle cinestesiche del collo.
I diversi analizzatori, ognuno con il proprio specifico contributo nella raccolta di informazioni
interne ed esterne all’organismo, consentono di preparare l’azione ed una volta che questa è
avviata di controllarne il corso e verificarne l’esito finale. Solo l’interazione, l’integrazione e la
sintesi delle diverse afferenze sensoriali permette al soggetto di acquisire il senso del
movimento. Il peso specifico di ognuno dei cinque analizzatori sarà determinato, oltre che da
caratteristiche individuali, dalle esigenze di ogni singola attività e dal livello di apprendimento.
Stimoli propriocettivi, relativi ad accelerazione, ampiezza, direzione, forza, posizione e velocità
del movimento, sono ovviamente di maggiore importanza nelle abilità che primariamente
dipendono, per un corretto svolgimento, da informazioni sui movimenti del corpo nello spazio,
come avviene nel salto giro al trampolino. Se invece sono più importanti referenze esterne,
come in un servizio del tennis, le informazioni visive sono di rilevanza maggiore. Nelle fasi
iniziali dell’apprendimento sono in genere dominanti le informazioni visive, mentre la sensibilità
cinestesica è maggiore negli stadi più avanzati di acquisizione e perfezionamento del gesto.
L’interazione dei diversi analizzatori permette, inoltre, di affinare la percezione del tempo, non
essendovi nell’organismo nessun recettore specializzato per questo compito (Rossi, 1989). La
stima delle durate temporali è facilitata dall’esperienza e dalla conseguente formazione di
un’immagine mentale di riferimento.
I sistemi di memoria
Le afferenze sensoriali provenienti dall’esterno e dall’interno dell’organismo possono essere
ritenute ed in seguito utilizzate. I sistemi che trattengono le informazioni per periodi più o
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meno lunghi e che le rendono disponibili al recupero e ad elaborazioni costituiscono la
memoria. La memoria è un insieme di processi dinamici che comprendono la registrazione,
l’immagazzinamento
(apprendimento
e
ritenzione)
ed
il
recupero
(rievocazione)
delle
informazioni; essa permette all’organismo di tesaurizzare l’esperienza passata a tutto
vantaggio dell’evoluzione e della sopravvivenza.
A livello strutturale si distinguono tre sistemi di memoria: 1) il magazzino sensoriale, o
memoria immediata, 2) la memoria a breve termine, o memoria di lavoro, e 3) la memoria a
lungo termine. I tre sistemi di immagazzinamento rappresentano un continuum, in cui ogni
settore rappresenta una fase o uno stadio nel processo di memorizzazione.
Attraverso
attenzione
selettiva
Memoria
sensoriale
Attraverso rehearsal
o altre elaborazioni
Memoria
a breve termine
Memoria
a lungo
termine
Attraverso processi di
recupero
Output motorio
Il magazzino sensoriale riceve dall’ambiente esterno ed interno, attraverso gli organi di
senso, un ammontare massiccio di stimoli, che mantiene in maniera accurata e dettagliata con
caratteristiche simili all’informazione sensoriale stessa (per localizzazione spaziale, forma, ecc.)
per pochi decimi di secondo prima dell’arrivo di nuove informazioni. Le numerose informazioni
sono elaborate simultaneamente (in parallelo) per pochi istanti, dopo di che sono rimpiazzate
da nuove percezioni afferenti. Dalla memoria immediata le informazioni subiscono un processo
di selezione: l’attenzione consente solo ad alcune informazioni, normalmente quelle ritenute
più rilevanti o pertinenti, di continuare nei livelli di elaborazione successiva, mentre molte sono
perdute e sostituite da altre in entrata.
La memoria a breve termine, nello stadio successivo, è uno spazio di lavoro in cui sono
effettuate elaborazioni controllate delle informazioni rilevanti; ha una capacità limitata, in
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quanto può contenere solo pochi item o loro raggruppamenti (span di memoria: 7 ± 2 unità di
informazione). Le informazioni, già codificate e categorizzate dai meccanismi mentali di
riconoscimento e di interpretazione, possono permanere fino a circa un minuto se ripetute
consapevolmente. Se l’attenzione è invece rivolta altrove, le informazioni sono perdute
rapidamente. La codifica in memoria a breve termine è più astratta di quella del magazzino
sensoriale: le informazioni possono essere conservate con il codice fisico (come suono e
immagine) ma anche con quello semantico (attraverso l’interpretazione del significato) e
combinate fra loro in raggruppamenti. Proprio per ovviare ai limiti di capacità, gli item possono
essere riuniti e organizzati in unità più ampie in memoria a breve termine, in modo che ogni
raggruppamento (chunk) costituisca una singola unità di informazione. La memoria a breve
termine (working memory) è una struttura attiva, in cui processi elaborativi individuali
permettono di rispondere in accordo con le richieste del compito; queste elaborazioni
contribuiscono a rendere più resistenti e durature le tracce mnestiche in vista del loro
trasferimento in memoria a lungo termine. La memoria di lavoro è, in quest’ottica, uno spazio
interattivo per l’integrazione delle informazioni in entrata con le informazioni recuperate dal
magazzino a lungo termine. Il confronto fra stimoli in arrivo ed esperienze passate è cruciale
per la soluzione dei problemi, i processi decisionali, l’adeguato trasferimento delle informazioni
nel deposito a lungo termine e l’agevolazione dei processi di recupero.
La memoria a lungo termine contiene un’enorme quantità di esperienze ben apprese, è un
deposito relativamente permanente di informazioni con una capacità virtualmente illimitata. La
permanenza delle informazioni è particolarmente evidente in attività coinvolgenti ampi settori
muscolari e prolungate nel tempo: anche dopo periodi molto lunghi in assenza di pratica (anni
o addirittuta decenni) non si dimentica come si fa a nuotare, andare in bicicletta o sciare e si è
sempre in grado di svolgere tali attività con un livello di efficienza relativamente alto. Ciò è in
contrasto con quanto si osserva nella ritenzione di parole od abilità motorie discrete. La
differenza di ritenzione fra abilità discrete e continue può essere in parte spiegata dai tempi di
esercitazione: in compiti discreti vi sono tempi di inattività fra una ripetizione e la susseguente,
quindi minori possibilità di esercitazione rispetto ad attività continue per le quali è invece più
facile ottenere un sovrapprendimento (Magill, 2001). La diversità è particolarmente evidente
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quando le abilità continue sono paragonate con compiti procedurali costituiti da una serie di
risposte discrete, come i movimenti della danza o le combinazioni coreografiche, che devono
essere eseguite in ordine prestabilito. Le ampie componenti cognitive presenti nei compiti
procedurali sono più facilmente soggette a dimenticanza rispetto alle componenti motorie
(Adams, 1987). Un’altra ragione della resistenza al decadimento in memoria a lungo termine
delle abilità motorie deriva dalla elevata specificità dei meccanismi sensomotori e coordinativi
coinvolti nell’esecuzione di un movimento (Famose e Durand, 1988): abilità motorie diverse
raramente
possiedono
elementi
comuni
associati
con
stimoli
o
risposte
conflittuali
potenzialmente causa di interferenza; nelle abilità verbali, invece, vi sono maggiori sorgenti di
interferenza che ostacolano il recupero delle informazioni e che quindi conducono alla
dimenticanza. Le abilità motorie, inoltre, possiedono in genere una elevata significatività che le
rende resistenti all’oblio; una conferma di questo è la constatazione che abilità verbali
sovrapprese e altamente significative hanno anch’esse una notevole longevità in memoria. Le
abilità, ovviamente, saranno tanto più ritenute quanto maggiore è l’ammontare di pratica
iniziale, e ciò è valido sia per le abilità continue che per quelle discrete; se viceversa il compito
è appreso solo parzialmente sarà anche più velocemente dimenticato.
Cratty (1975) propone un confronto fra memoria verbale e memoria motoria considerandone i
fattori cognitivi. Entrambe le abilità, motorie e verbali, possono essere facili, moderatamente
difficili, difficili e molto difficili da ritenere. Le abilità facili sono costituite rispettivamente da
movimenti ciclici o ritmici (come nuotare e pedalare) e da poesie; quelle moderatamente
difficili si riferiscono a movimenti non ritmici ma che possiedono una coerenza interna (come
dribblare o passare la palla nel calcio) e alla prosa; quelle difficili concernono abilità senza
coerenza
interna
(come
percorrere
ad
occhi
bendati
un
labirinto
precedentemente
memorizzato) e liste di parole in ordine casuale; infine le abilità motorie molto difficili da
ritenere riguardano movimenti “senza senso”, non appresi in precedenza e non collegati allo
sport o alla vita, e sono paragonabili a liste di sillabe “senza senso” (una vocale fra due
consonanti). Dal confronto risultano evidenti leggi di similarità: in entrambi gli ambiti, motorio
e verbale, compiti integrati e significanti sono più facili da ritenere rispetto a sequenze
arbitrarie. Inoltre, i principi dell’apprendimento cognitivo, pur con qualche trasformazione,
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valgono anche nell’apprendimento motorio; le attività motorie, infatti, sono memorizzate tanto
più rapidamente e a lungo, quanto più sono strutturate dal punto di vista cognitivo,
coinvolgente cioè le modalità verbale e visiva (Janssen, 1983). La mediazione verbale che
accompagna le prime fasi dell’apprendimento motorio, con la ripetizione subvocale del
compito, evidenzia la rilevanza dei fattori cognitivi in relazione alla motricità.
L’organizzazione mnestica degli stimoli dipende anche dalle caratteristiche del materiale. Le
parole, ad esempio, possiedono valori diversi di significanza (capacità di evocare associazioni),
immaginificità (capacità di suscitare immagini), concretezza (capacità di associarsi con
immediatezza all’esperienza sensoriale), frequenza d’uso, somiglianza con altre parole,
complessità, familiarità, ridondanza, categorizzabilità. Se ad esempio una parola possiede un
alto valore di immaginificità, allora potrà essere più facilmente evocata rispetto ad una parola
a basso valore (alcune mnemotecniche fondano la loro efficacia proprio sulla capacità di
formare
immagini
derivate
dal
materiale
da
memorizzare).
Ma
anche
materiale
apparentemente privo di senso può acquisire soggettivamente un qualche significato, o essere
associato a stimoli noti come strategia di memorizzazione. La mente umana tende sempre ad
organizzare, interpretare e attribuire un qualche significato agli stimoli, anche quando questi si
presentano ambigui o privi di senso; un’organizzazione inadeguata o inappropriata, d’altro
canto, tende ad ostacolare il processo di memorizzazione.
Queste considerazioni sono valide anche nel caso di sequenze di movimenti, come nella danza
e nel nuoto sincronizzato, in cui strategie personali di organizzazione e di attribuzione di
significato al materiale motorio facilitano la memorizzazione. Le strategie sono in genere
efficaci quanto più sono in grado di determinare un approfondimento dell’analisi e della
conoscenza del materiale mnestico. Quanto maggiore e profonda è l’elaborazione degli stimoli,
tanto più le informazioni possono essere tra loro integrate e rese significative; stimoli analizzati
dettagliatamente, arricchiti con associazioni e immagini ed elaborati a lungo portano ad una
migliore codifica e alla formazione di tracce durature (Robazza, 1991).
Nell’esame delle similitudini fra memoria motoria e verbale si può distinguere fra memoria
motoria (motor memory) e memoria di movimento (memory for movement) (Wilberg, 1983,
1990). La memoria motoria è responsabile della correttezza esecutiva di un gesto, mentre la
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memoria di movimento, controllata cognitivamente o volitivamente, è una rappresentazione
mentale più di ricordo che di esecuzione, maggiormente accostabile, per queste sue
caratteristiche, alla memoria verbale. La memoria di movimento interviene in qualsiasi attività
motoria, ma in particolare nelle discipline in cui sono importanti il ricordo di caratteristiche
ambientali e situazionali (sci, automobilismo, sport di situazione, ecc.), e la corretta esecuzione
sequenziale di atti motori assemblati in ordine prestabilito (ginnastica, pattinaggio artistico,
danza, attività coreografiche, ecc.), soprattutto se le azioni sono prolungate nel tempo. In una
combinazione ginnica, ad esempio, la correttezza formale dei gesti tecnici sarà determinata
dalla memoria motoria, mentre l’esatta successione seriale dei movimenti sarà sostenuta dalla
memoria di movimento. Ovviamente i due tipi di memoria sono entrambi necessari e collegati
tra loro, e possono avere un peso diverso in funzione del compito motorio. In questa visione
unitaria, quando viene recuperato dalla memoria di movimento un gesto precedentemente
acquisito i processi della memoria motoria ne assicurano l’esecuzione secondo accurati
parametri spaziali e temporali.
In memoria a lungo termine la dimenticanza è causata, più che dal deterioramento e dalla
perdita della traccia mnestica, da difficoltà di recupero delle informazioni e da processi di
interferenza (Bortoli e Robazza, 1990). Quando si crede di aver dimenticato qualcosa di ben
appreso, come il nome di una persona amica od un precedente numero di telefono, in realtà
non si tratta di oblio, ma di incapacità più o meno momentanea di accesso o recupero delle
informazioni. Le informazioni, per poter essere immagazzinate in memoria a lungo termine,
vengono sottoposte a trattamenti che ne possono poi facilitare il recupero, quali la
reiterazione,
l’etichettamento
verbale,
l’integrazione
con
materiale
già
presente
e
l’organizzazione attraverso l’impiego di strategie personali. Le informazioni sono codificate, in
questo deposito permanente, secondo un sistema astratto, semantico, che riflette qualità
generali per l’organizzazione logica delle conoscenze. Le nuove informazioni si associano
sempre più, con l’esperienza, alle altre componenti già residenti, stabilendo relazioni
gradualmente più significative.
La memoria, pertanto, è molto più complessa di un semplice archivio dal quale estrarre le
informazioni o le risposte desiderate; non si tratta di un deposito inerte, quanto piuttosto di un
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insieme di processi che operano trasformazioni sugli stimoli in entrata che, invece di rimanere
come tracce isolate, si aggregano con le tracce già residenti formando un complesso più ampio
ed elaborato. Ciò che ne deriva è spesso un ricordo diverso dall’esperienza originale, non una
duplicazione dell’esperienza ma una sua rielaborazione. Le distorsioni dei ricordi, in fase di
rievocazione, sono quindi causate non solo dalla modifica delle tracce, ma anche dalle
operazioni di ricostruzione realizzate per strutturare il materiale rievocato, al fine di renderlo
plausibile ed accettabile.
Un modello di memoria a lungo termine distingue tre sistemi di memoria (procedurale,
semantica ed episodica) che servono a diversi scopi e operano in accordo con differenti principi
(Tulving, 1985). Ogni sistema possiede proprietà peculiari e differisce dagli altri nel tipo di
informazioni incluse, nelle modalità con cui le informazioni sono acquisite e rappresentate, e
nel genere di consapevolezza che caratterizza le operazioni del sistema.
La memoria procedurale permette all’organismo di ritenere le connessioni apprese fra stimoli e
risposte anche complesse, e quindi di rispondere adattivamente e con successo a varie
circostanze ambientali. Una importante caratteristica della memoria procedurale è che le
acquisizioni in questo sistema avvengono solo attraverso risposte comportamentali, proprietà
questa specifica dell’apprendimento motorio. Questo sistema, inoltre, può operare in maniera
completamente indipendente dagli altri due e le acquisizioni avvengono a livello inconsapevole.
Il sistema semantico è caratterizzato dalla rappresentazione interna del mondo esterno non
percettivamente presente; è così permesso l’immagazzinamento delle conoscenze generali che
si sono sviluppate attraverso molteplici esperienze, come ad esempio le regole ed i simboli del
linguaggio, e la costruzione mentale di modelli del mondo sulla base di cognizioni generali al di
fuori di riferimenti temporali o personali. Il suo funzionamento può essere indipendente dal
sistema episodico, ma non da quello procedurale; è inoltre associato ad un livello di
consapevolezza.
Il sistema episodico possiede la caratteristica di ritenere le esperienze e gli eventi personali
specifici (riferimenti autobiografici) con le relative associazioni temporali; esso dipende da
entrambi i sistemi procedurale e semantico ed è associato ad un livello di autoconsapevolezza.
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La selezione e la programmazione della risposta
Dopo l’identificazione delle informazioni provenienti dagli organi di senso, negli stadi successivi
di elaborazione avvengono processi decisionali di selezione del programma motorio e
programmazione della risposta. Nella tappa di selezione della risposta è scelto il programma
motorio adatto alla risoluzione del compito. Il programma motorio, contenuto in memoria a
lungo termine, può essere considerato come rappresentazione mentale di una classe di azioni
che determina il movimento od una serie di movimenti (Adams, 1987); è una sequenza
predefinita di comandi che definisce quali muscoli contrarre, in quale ordine, con quale
impegno di forza relativa e con quale struttura temporale (Schmidt, 1976). Attraverso
l’apprendimento,
il
programma
motorio
viene
perfezionato
e
consolidato
sulla
base
dell’identificazione delle differenze che il soggetto riscontra tra fine desiderato e risultato
conseguito. Il modello di azione determinato dal programma motorio è generico e come tale
può essere adattato a molteplici circostanze attraverso la specificazione di parametri esecutivi
precisi quali la forza, la durata, l’ampiezza e la direzione (cfr. Bortoli e Robazza, 1990, 1991).
Il programma generalizzato della corsa, ad esempio, può essere modificato secondo il terreno
o i cambiamenti di velocità. Nei giochi di squadra, similmente, un passaggio (programma
generalizzato) va adattato in base alla velocità ed alla posizione del compagno. Attraverso
l’esperienza, pertanto, l’allievo acquisisce non solo i programmi di azione ma anche una serie
di regole, o schemi, che gli consentono di adattare una specifica risposta a ciascuna
circostanza. Tale apprendimento avviene attraverso la memorizzazione dei parametri del
movimento (forza, durata, ampiezza, direzione, ecc.), così come delle condizioni che
precedono l’azione, dei risultati conseguiti e delle conseguenze sensoriali della risposta. Queste
informazioni consentono al soggetto di stabilire, nel corso dell’apprendimento, riferimenti di
correttezza e regole gradualmente più raffinate di individuazione e correzione dell’errore.
Una volta avviata l’azione, informazioni di ritorno (feedback sensoriale) sono confrontate con il
riferimento di correttezza individuale. In caso di errore di esecuzione, il feedback consente di
apportare, entro certi limiti, aggiustamenti all’azione in corso, come può avvenire dopo uno
squilibrio nel superamento di un ostacolo: il rapido recupero dell’equilibrio dell’assetto corporeo
è reso possibile dalla modulazione delle contrazioni muscolari in risposta ad un segnale di
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errore derivante dal confronto fra riferimento personale di correttezza e feedback sensoriale.
Errori di selezione della risposta sono invece riferiti alla scelta inappropriata del programma di
azione rispetto alle circostanze e richiedono tempi di correzione relativamente lunghi (oltre
200-250 ms). Le finte negli sport situazionali, quando riescono, hanno l’effetto di indurre
nell’avversario false anticipazioni ed il conseguente avvio di programmi motori inadeguati di
difficile correzione.
In azioni relativamente lunghe, che durano più di 250 ms, è dunque possibile produrre
aggiustamenti durante l’esecuzione mediante il confronto fra feedback sensoriale reale e
modello mentale di riferimento. In azioni più brevi, invece, tale controllo non è realizzabile, in
quanto le potenziali modifiche non troverebbero il tempo per essere portate a termine. In tal
caso è il feedback finale sul risultato raggiunto, piuttosto che il feedback durante l’azione, a
fornire indicazioni su come affrontare un futuro evento.
Bibliografia
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