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Corriere del Trentino Giovedì 7 Gennaio 2016
TN
Cultura
& Tempo libero
Lunedì cinema
«Quarto potere»
Il capolavoro di Welles
proiettato a Arco
Miglior film americano di sempre per l’American
film institute, «Quarto potere» è il primo
lungometraggio di Orson Welles, girato all’età di
soli venticinque anni e liberamente ispirato alla
biografia del magnate dell’industria del legno e
dell’editoria William Randolph Hearst, che compare
già vecchio e malato anche nel libro autobiografico
Educazione di una canaglia di Edward Bunker
(l’ispiratore delle Iene di Tarantino). Uscito nelle
sale il primo maggio 1941, il film apre lunedì con
Cento anni con Orson Welles, il terzo ciclo tematico
della quinta edizione di Lunedì Cinema. Il
cineforum è organizzato dal centro culturale La
Firma di Riva del Garda insieme ad Altogarda
Cultura, il servizio di attività culturali di Arco e Riva
del Garda, in collaborazione con la Federazione
italiana cineforum, per la cura di Ludovico Maillet.
Proiezione nell’auditorium del Conservatorio a
Riva del Garda con inizio alle 21.
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Etnografia Il ritratto nella ricerca dell’Archivio di Stato
Migranti stagionali, avevano ricevuto la patente del kaiser
di Giordana Anesi
La storiografia del passato ci
ha spesso consegnato un’immagine secondo la quale le comunità di antico regime sarebbero
state statiche, autosufficienti e
impermeabili a quanto succedeva al di fuori del loro microcosmo; questa situazione di completa chiusura, inoltre, avrebbe
avuto carattere ancor più marcato in un contesto come quello
trentino, contraddistinto da un
aspro ambiente montano. Tuttavia, l’avanzare della ricerca storica ha finalmente permesso di
abbandonare simili tesi: gli uomini «di una volta», infatti, erano propensi ad allontanarsi dalle loro piccole patrie con maggiore frequenza di quanto si sarebbe comunemente portati a
credere. E questo non deve stupire, dato che l’uscire dai confini
del proprio villaggio poteva rappresentare per gli abitanti delle
vallate alpine l’unica concreta
opportunità di migliorare una
situazione economica tutt’altro
che florida.
Ecco quindi che, per far quadrare i conti familiari, una volta
conclusi i lavori agro-silvo-pastorali, erano in molti a decidere
di emigrare stagionalmente (di
solito durante il periodo invernale, quando il gelo e le nevi impedivano il lavoro nei campi),
dedicandosi a svariate attività. In
area trentina, ad esempio, erano
emigranti stagionali: i ramai e
calderai della val di Sole (paroloti), gli spazzacamini nonesi e del
Banale, i carbonai del Bleggio, i
fabbricanti e riparatori di seggiole di Sagron e Mis, i maiolini e
gli arrotini della val Rendena, i
commercianti di stampe del Tesino (perteganti), nonché i krumer della valle del Fersina.
L’avventura di questi piccoli
commercianti ambulanti provenienti da una delle valli più suggestive del Trentino sarebbe iniziata intorno a metà Settecento.
Generalmente nel giorno di
Ognissanti, i krumer mòcheni,
con le loro kraks (o craizere) in
spalla, e organizzati in gruppi di
quindici-trenta persone, partivano alla volta dell’Impero
asburgico, dove potevano rifornirsi della mercanzia che successivamente sarebbe stata venduta
«porta a porta» ai ceti meno abbienti. Solo intorno a Pasqua, e
Professione
«krumer»
GIROVAGHI CON UN MESTIERE
ECCO GLI AMBULANTI MOCHENI
quindi con il riprendere della
bella stagione, poi, facevano ritorno ai propri masi.
Per diverso tempo i «trafficanti girovaghi» mocheni commerciarono fragili dipinti di santi su vetro dai colori molto vivaci
destinati a incontrare un gusto
popolare e realizzati in terre lontane come la Boemia, l’Austria
superiore e la Baviera superiore;
in seguito, e più precisamente a
partire da metà Ottocento, tuttavia, a causa di un mercato ormai
saturo dopo decenni di vendita
di dipinti a tema sacro e per via
della censura operata dal governo asburgico impegnato a ostacolare la circolazione di immagini potenzialmente contrarie alla
pubblica morale, cominciarono
a distribuire soprattutto piccoli
oggetti (come ferramenta, passamaneria, bottoni, bigiotteria)
conservati in una kraks speciale
dotata di cassetti (kurzvorkraks)
e a spingersi in territori ancora
più lontani. Ormai, complici anche le nuove linee ferroviarie, si
arrivava a raggiungere persino
l’Impero russo. Inoltre, il diverso
tipo di merce trattata permetteva un più facile rifornimento
presso i grossisti delle grandi città, quali i Fischer a Innsbruck e a
Vienna, o gli Junger a Salisburgo.
Grazie alla patente imperiale
del 4 settembre 1852 emanata
dall’imperatore Francesco Giuseppe I, rispetto ad altri ambulanti, i krumer mocheni godevano di alcuni privilegi, in quanto
annoverati tra quegli individui
che incontravano particolari
«difficoltà a procacciarsi i mezzi
di sussistenza» perché abitanti
in zone fortemente «disagiate»:
così, oltre a essere autorizzati a
praticare il «traffico girovago»
già a partire dai 24 anni (invece
che dai 30 anni previsti negli altri casi), beneficiavano anche del
vantaggio di poter commerciare
senza limitazione alcuna all’interno dei territori asburgici.
Nonostante quindi fossero
previste importanti facilitazioni
nei riguardi dei piccoli commercianti girovaghi della valle del
Fersina, secondo quel che emerge da alcuni documenti conservati nel fondo del capitanato distrettuale di Trento presso l’Archivio di Stato del capoluogo
trentino, la comunità mochena
non doveva ritenersi comunque
del tutto soddisfatta. Tra il 1869 e
il 1870, ad esempio, il fierozzano
Giovanni Pompermajer, viste le
difficoltà economiche, decise di
avanzare un’istanza a più livelli
per ottenere un ulteriore vantag-
❞
Miti sfatati
Uomini di una volta,
fuori dalla piccola patria
Non erano mendicanti:
alcuni avevano reddito
gio a favore del figlio, vale a dire
un permesso straordinario affinché questi potesse, malgrado
la giovane età di soli 20 anni,
praticare il mestiere del krumer:
«Di ottima condotta sì morale
che civile», egli, grazie a un «tirocinio di 4 anni», era infatti già
pronto a esercitare la professione dell’ambulante. La richiesta
non venne peraltro esaudita, in
quanto Giovanni, dichiaratosi
vecchio e ormai inabile al traffico, era stato smentito circa la sua
condizione fisica dal Capo-Comune di Fierozzo.
Il caso dei krumer sembra
mettere in qualche modo in discussione l’idea secondo la quale gli emigranti stagionali, sovente assimilati a semplici mendicanti, nell’allontanarsi da casa
non avrebbero fatto altro che
mettere in pratica una «strategia
dell’assenza» con l’intento di limitare le bocche da sfamare durante un periodo poco produttivo come quello invernale. Se
questa tesi però può forse avere
una qualche validità in presenza
di emigranti dequalificati (manovalanza giovane e/o priva di
professionalità), questa non pare poter essere adottata nel caso
degli ambulanti mocheni: in
più punti, infatti, i documenti
sembrano suggerire come quel
mestiere fosse comunque una
buona fonte di reddito: del resto, come afferma l’antropologo
Pier Paolo Viazzo, sarebbe scorretto credere che «tutti gli emi-
granti fossero ugualmente poveri». Tutto questo, inoltre,
sembra anche trovare conferma
nelle testimonianze di alcuni
ex-krumer, visto che — sarà bene ricordarlo — questa professione in valle dei Mocheni è stata esercitata per tutto il Novecento e, sebbene con modalità
diverse, è sopravvissuta fino ai
giorni nostri.
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