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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 5 APRILE 2015
Le storie
Bergamo senza confini
L’iniziativa
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza
confini» promosso da «L’Eco di Bergamo». Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la
propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
«Parlando di vini
sono diventato
francese. E sono
iniziati gli affari»
DI CARLO DIGNOLA
Cosa può, a volte, il caso. Anzi, «quella serie di coincidenze che guardandole poi,
a posteriori, pensi che ci sia una specie di disegno benevolo». Quando Mirco
Iadarola si è iscritto alle scuole medie negli anni ‘70, alla «Giuliano Donati
Petteni», fu «estratto a sorte tra gli studenti inviati obbligatoriamente alla classe
di francese: e io volevo fare inglese!». Poi, tre anni dopo passa al liceo Lussana
roprio quando
sono arrivato io
­ racconta ­ una
circolare (l’an­
no dopo subito abrogata) stabili­
va che chi aveva fatto francese alle
medie doveva per forza continua­
re con la stessa lingua al liceo».
Oggi Iadarola, nato a Bergamo 54
anni fa, è da 11 anni il Segretario
generale della Camera di com­
mercio italiana di Lione. Vive in
Francia ormai da 25 anni, ci fu
spedito nel 1990 dalla allora Ban­
ca Popolare di Bergamo «che vo­
leva aprire delle filiali all’estero».
Erano i tempi dell’ingresso del
Credito Bergamasco nell’orbita
del Crédit Lyonnais e gli affari
delle imprese bergamasche ol­
tralpe erano vivaci. «Pensavo di
restare tre o quattro anni e sono
ancora qui. Pensavo di fare il
commerciale, invece ho dovuto
mettere in piedi una banca: occu­
parmi dei cantieri, dello sviluppo
del sistema informatico, della
contabilità. Si prevedeva di rag­
giungere l’equilibrio in cinque
anni, dopo due eravamo già in
utile».
Ha deciso subito di vivere stabil­
mente in Francia, di non fare il
pendolare: «Per come sono fatto
io, rientrare il venerdì sera per
ripartire il lunedì mattina non era
pensabile: rischi di non vivere più
né nel posto da cui vieni né nel
posto in cui vai». Aveva conosciu­
to Eloisa Granata, nata in Svizze­
ra da famiglia italiana, che ­ guar­
da caso ­ parlava già francese pure
lei: «Ci siamo sposati e da subito
casa nostra è diventata Lione».
Oggi hanno tre figli, la prima è
laureata (a Milano) in Fisica.
Entrare nella mentalità del suo
Paese di adozione non è stato im­
mediato, ammette: «Si dice spes­
so che i francesi sono un po’ scio­
vinisti, che guardano dall’alto in
basso chi viene da fuori. In realtà
non è disprezzo per gli altri, qui
c’è un livello di passione, amore,
stima per la propria storia tale,
che viene prima di qualsiasi altra
cosa».
Per chi arriva da fuori però può
essere un ostacolo. Negli affari
«c’era sempre una grandissima
«P
La scheda
Mirco Iadarola
SEGRETARIO GENERALE
DELLA CAMERA DI
COMMERCIO ITALIANA DI
LIONE
Nato a:
Bergamo, 54 anni fa
Vive a:
Lione
Di Bergamo gli manca:
«Su questa scelta di vivere
all’estero non ho rimpianti.
Però ogni tanto mi capita di
ripensare volentieri a certe
passeggiate a San Vigilio, da
cui stavo a guardare a lungo
Città Alta...»
cordialità, gli inviti si ripetevano
ma non si riusciva a concretizza­
re, dal punto di vista operativo
nella rete non restava nulla». Un
giorno improvvisamente qualco­
sa cambia: «Ero invitato a pranzo.
In Francia a un pranzo di lavoro
non si parla mai di lavoro, dunque
cominciano a discutere di vini,
ovviamente francesi, da abbinare
al pesce. Allora, anche per rompe­
re il ghiaccio, oso: “Perché non
prova il Picpoul, è un bianco della
Linguadoca, gradevole, fresco…”.
Non lo conosceva. “La ringrazio,
prendo nota”. Rientro in ufficio
e mezz’ora dopo quella stessa
persona mi chiama e fissa un ap­
puntamento con a tema il busi­
ness. Cosa era cambiato? Di colpo
non ero più lo straniero, ero di­
ventato uno di loro».
Iadarola nella vita del Paese che
lo ospita è entrato a fondo, tanto
da essere eletto in una consulta­
zione amministrativa, in un Ar­
rondissement di Lione, dove ha
governato per 7 anni, «unico stra­
niero ­ senza doppia cittadinanza
­ eletto in una grande città france­
se». In fatto di tempismo bisogna
dire che ha un certo talento: «Era
il 2000, il primo anno in cui gli
stranieri alle amministrative po­
tevano votare e anche essere elet­
ti. La campagna “porta a porta”,
o come lo chiamano qui, “metodo
Tupperware”, mi ha permesso di
conoscere realmente il quartiere
in cui vivevo, dai notabili alle case
popolari. Ho ricevuto una delega
sulla scuola, sulle associazioni,
sulla “vita internazionale” ­ è un
quartiere di consolati».
Lione – racconta Mirco Iadarola
­ dal punto di vista della dimen­
sione e del dinamismo è una Mila­
no: è il secondo polo economico
francese. Ma la gente va ancora al
lavoro anche a piedi, e assomiglia
di più a quella di Bergamo: «Ho
trovato una grande intrapren­
denza e attivismo economico; il
divertimento per un lionese spes­
so si riduce a un ristorante ­ è la
capitale gastronomica della Fran­
cia – la sera o a un cinema». Come
il bergamasco il lionese «è carat­
terizzato dalla voglia di fare e da
una grande dedizione al lavoro. I
rapporti umani sono a volte diffi­
cili e lunghi da conquistare, ma
poi rimangono fedeli nel tempo».
Nel 2004 la svolta: «Con la nasci­
ta di Bpu banca hanno deciso di
chiudere la nostra filiale di Lione.
Avevo due strade: o rientrare a
Bergamo o cambiare mestiere.
Una decisione difficile. Ho preso
un periodo di ferie per pensarci
su, con la mia famiglia, ma quasi
subito si è presentata l’opportu­
nità della Camera di commercio
italiana che cercava un nuovo Se­
gretario generale. Ho presentato
la mia candidatura, come italiano
che lavorava in Francia da anni,
conosceva il mondo delle nostre
aziende, e sono stato scelto».
È stata «una scommessa innanzi­
tutto con me stesso e con chi mi
assumeva: mi proponevano uno
stipendio che era un terzo di
quello che prendevo in banca:
“Non possiamo permetterci di
più”. Ho accettato, ma chiedendo
da subito degli adeguamenti se i
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Mirco Iadarola, Segretario generale della Camera di commercio italiana a Lione
1. Mirco Iadarola a Bruxelles con Emma Bonino, allora ministro degli Esteri italiano, in occasione della
presentazione di un progetto sulle biotecnologie; 2. Con la moglie Eloisa Granata; 3. Con l’ex premier
Mario Monti, l’anno scorso a Lione
risultati fossero stati buoni: nel
giro di cinque anni abbiamo rad­
doppiato il fatturato». Spaziando
dall’agroalimentare alle imprese
aerospaziali, dalla meccanica alle
biotecnologie.
Ma sono arrivati anche tempi du­
ri: «Un tempo il contributo dello
Stato italiano era anche sopra il
50%, oggi è circa il 12%. L’ultima
finanziaria ha penalizzato ulte­
riormente la nostra attività, il ca­
pitolo di spesa di tutte Camere di
commercio è stato ulteriormente
ridotto del 60 per cento, 3,5 milio­
ni in meno sulle 81 Camere italia­
ne all’estero, che fanno attività di
sostegno alle aziende italiane, so­
prattutto medio­piccole e picco­
le, quelle che pur avendo prodotti
interessanti di solito non hanno
al proprio interno una gamma di
servizi e di attività che permetta
di affrontare in modo ragionevole
e ragionato l’avventura del­
l’export».
Iadarola torna spesso anche in
Italia, e non solo a Bergamo. Tie­
ne seminari per spiegare a chi
vuole esportare chi si troverà da­
vanti: «Per me il francese è un
italiano che si prende per un te­
desco. È uno a cui piace mangiare,
il buon vino, la compagnia. Ama
profondamente la vita come noi.
Ma nel momento in cui comin­
ciate a parlare di lavoro, attenzio­
ne: è un tedesco. Vi parlerà di
business plan, sarà attentissimo
al rispetto delle scadenze ed
estremamente vigilante sul man­
tenimento della qualità nel tem­
po».
La sua Camera di commercio –
attraverso quella bergamasca ­
appoggia anche molte aziende
nostre, ad esempio nel partecipa­
re a grandi fiere francesi come
Sirha, il Salone internazionale
dedicato a ristorazione, alimen­
tazione e ospitalità alberghiera.
In occasione di Expo sta organiz­
zando incontri di operatori fran­
cesi con le nostre aziende. A Lio­
ne hanno appena presentato
Expo 2015, su un battello attrac­
cato a bordo Rodano, con più di
300 persone invitate e una degu­
stazione di prodotti tipici italiani:
«Sono distrutto» risponde di sa­
bato notte, ancora al lavoro. «La­
vorare con gli italiani ormai è di­
ventata una cosa complicata…
Nonostante questo, la rappresen­
tante di Expo, che in questi mesi
ne ha fatte centinaia di serate del
genere, ha detto che la nostra era
la migliore che avesse visto».
L’orgoglio del lavoratore berga­
masco ­ pardon: lionese ­ come si
vede è intatto. n
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