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29 L’ECO DI BERGAMO DOMENICA 23 NOVEMBRE 2014 Le storie Bergamo senza confini L’iniziativa Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della Comunità Bergamasca. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected]. DalleMuraaParigi conlasuaLeica OraportainItalia lefotoinmovimento DI ELENA CATALFAMO Nato in Città Alta, Francesco Acerbis, 45 anni, è fotografo da 15 anni in Francia I suoi scatti sono pubblicati su giornali come «Le Monde» e «Libération» Ora torna nel Belpaese come direttore di un evento unico nel suo genere Mostrerà a Bologna photo slideshow di professionisti da tutto il mondo L’evento si apre giovedì con una narrazione sulla «Città» di Gabriele Basilico «Portare in Italia novità si può, ma solo se si supera politica e burocrazia Il mio sogno? Aprire le aree dismesse di Bergamo alle narrazioni per immagini» «Solo, piano» di Anthony Sherin (Usa), locandina di «Transizioni», il festival ideato da Francesco Acerbis l suo «ufficio» – quando rientra a Bergamo – è il bar della Funicolare dove si può intrattenere fino a tarda notte a chiacchierare con gli amici. L’appuntamento è sulla terrazza esterna anche se siamo a novembre inoltrato. Dalle ta sche del giaccone tira fuori le sigarette e la Leica e li appoggia sul tavolo, ordina un caffè e ti travolge di idee e di sensazioni sull’Italia e sulla Francia dove vive ormai da molti anni. Francesco Acerbis è nato lì tra le Mura di Città Alta, in piazza Mercato del Fieno. A Bergamo ha mosso i suoi primi passi co me fotoreporter per poi studia re filosofia a Milano e fondare lì la sua prima agenzia fotogra fica. Su e giù dai Balcani duran te la guerra con la Caritas, poi in Africa con Amref, molti foto reportage in chiave sociale sulla città. E poi la realizzazione del sogno di sempre: trasferirsi a Parigi, la capitale della fotogra fia. Lì vive ormai da almeno 15 anni con la compagna Isabelle, photoeditor a «Libération» e il piccolo Paolo di 4 anni. In Italia pubblicava foto per i più impor tanti quotidiani dal «Corriere della Sera» al nostro «L’Eco di Bergamo», e in Francia le sue foto sono apparse su «Le Mon de» e «Libération» e sono di stribuite dall’agenzia Signatu res, maison de photographes. È a Parigi che i suoi scatti hanno iniziato a incrociarsi con la sua passione per la letteratura e a diventare narrazione del mon do, quello che sfugge ai fatti di I La scheda Francesco Acerbis FOTOGRAFO, 45 ANNI Nato a: Bergamo Vive a: Parigi (Francia) Una certa idea d’Italia: «Gli italiani sono sempre stati fatalisti, ora sono pessimisti. In passato il loro bicchiere era mezzo vuoto e loro lo vedevano mezzo pieno, adesso invece lo vedono solo vuoto. Ma così non si va da nessuna parte» cronaca. È così che ha dato un’immagine alle Città invisibi li di Italo Calvino o ha scoperto il Louvre quando spegne le luci ai milioni di visitatori. E ancora ha percorso e ripercorso Piazza Vecchia attraverso i passi e le traiettorie di chi la vive e attra versa, ha trasformato la città della Tour Eiffel in un safari andando a caccia degli animali dipinti un po’ ovunque sui muri della capitale francese. Lavori che sono diventati mostre, libri, laboratori e che gli hanno per Bergamo senza confini è un progetto de messo di farsi strada nella città che ha prodotto dei fotografi come Henri Cartier Bresson e Robert Doisneau. È lì che vive ed è lì che vuole restare ma proprio in questi giorni torna in Italia come di rettore artistico dell’edizione 0 di «Transizioni» con cui tra sforma la città di Bologna in una homepage ideale su cui proiet tare cortometraggi fotografici provenienti da tutto il mondo. Un numero zero di una città digitale aperta alla fotografia in movimento che aprirà il 27 no vembre con la proiezione di «Città» di Gabriele Basilico al l’Urban Center in piazza Mag giore e la presenza di un critico come Giovanna Calvenzi. Venticinque proiezioni internazio nali, 11 spazi disponibili, tre giorni di dialoghi sulla narrazione foto grafica e la sua presenza nei nuovi media: che cos’è esattamente «Transizioni»? «Transizioni nasce da un’idea mia e di Irene Pancaldi, 33enne bolognese, esperta di comuni cazione culturale, conosciuta a Parigi, dove entrambi lavoria mo e viviamo. Vuole essere un’occasione di dialogo e rifles sione tra addetti ai lavori ma anche curiosi sulla fotografia in movimento e la sua capacità di narrare lo stato delle cose, il mondo così come lo vediamo oggi, in questo momento, dai vari angoli del pianeta». Che cosa si intende per fotografia in movimento? in collaborazione con Gli esordi come fotoreporter in Kosovo e in Africa con la Caritas po alla narrazione nel montag gio. Io ho avuto modo di cono scere e apprezzare i lavori di alcuni di loro e ho pensato di contattarli per questo evento. Ci hanno creduto e mi hanno concesso di proiettare le loro opere». Perché proporlo in Italia? «A Bergamo ho fatto delle proposte ma sono cadute nel vuoto» «La fuga di cervelli non è una perdita ma una risorsa per far crescere il Paese» «Negli ultimi anni mass media online e social network ci han no inondato di video e di photo gallery ma anche di foto monta te in una sequenza che scorre. Si tratta spesso di immagini so vrapposte l’una all’altra senza una sequenza narrativa e di ogni genere e qualità. Ma il pub blico ha imparato a guardare il mondo e la realtà attraverso quelle immagini in movimento. Ebbene diciamo che in tutto il mondo ci sono alcuni professio nisti che invece utilizzano lo slide show in movimento per raccontare la realtà attenti alla cura della foto e allo stesso tem «Parigi è la capitale della foto grafia, da qui si guarda e si ha contatti con il mondo, qui ci sono centinaia di mostre ogni giorno. Solo così ho potuto coinvolgere artisti da tutto il mondo e di alto livello, ma an che critici della fotografia. Da Parigi con Irene abbiamo crea to l’intero evento ma entrambi abbiamo pensato di proporlo subito in Italia perché c’è un tessuto culturale molto ricetti vo, aperto, curioso che può es sere coltivato. Infatti il Comune di Bologna ci ha aperto le porte. Credo abbia funzionato però perché siamo arrivati con il pacchetto chiavi in mano sal tando quindi tutti i passaggi di raccolta del consenso politico e della burocrazia che in Italia bloccano spesso qualsiasi ini ziativa privata e non calata dal l’alto». Perché Bologna e non Bergamo? «Bologna è la città di Irene e poi, se devo dirla tutta, in passato ho proposto delle cose a Bergamo ma non ho avuto molte risposte, anzi non ho avuto risposte. Po ter fare qualcosa nella mia città resta un grande sogno anche perché si presta molto: penso ad alcuni spazi dismessi che sareb bero delle location perfette per la fotografia». Che impressione fa l’Italia quando si rientra da Parigi? «Gli italiani in linea di massima sono stati sempre fatalisti, ora sono pessimisti. Diciamo che vedono il bicchiere vuoto anche se è mezzo pieno, invece in pas sato lo vedevano mezzo pieno anche se magari era mezzo vuo to. Manca soprattutto entusia smo. Credo sia dovuto al fatto che c’è poco spazio per l’emer gere di idee dal basso. Mi dispia ce soprattutto per i più giovani anche perché un 25enne italia no ne ha da vendere a un coeta neo francese, ve lo assicuro. Ha un naturale background cultu rale e una carica creativa e di flessibilità che altri non hanno: fattori ancora poco valorizzati in Italia». Che cosa significa tornare nel pro prio Paese come direttore artistico di un festival internazionale? «Significa che viaggiare fa bene e che la fuga di cervelli può esse re letta come una perdita per il Paese ma anche un’opportunità di maturare nuove esperienze, avere contatti con il mondo, crescere e anche riportare in Italia quello che si è appreso». n ©RIPRODUZIONE RISERVATA Sul sito web TUTTE LE STORIE DAL MONDO LE PUOI TROVARE SU: l www.ecodibergamo.it