«Faccio il medico senza frontiere con gli anziani in reparto a Lione»

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«Faccio il medico senza frontiere con gli anziani in reparto a Lione»
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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 11 OTTOBRE 2015
Le storie
Bergamo senza confini
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza
confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della Comunità Bergamasca. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per
tre mesi l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
L’iniziativa
«Faccio il medico
senza frontiere
con gli anziani
in reparto a Lione»
Giuseppina Lanfranchi. Da Sovere geriatra in Francia
Sognava di entrare nell’organizzazione internazionale
«Poi ho capito che preferivo curare le fragilità qui»
MARCO BARGIGIA
Per i suoi 18 anni, gli
amici le regalarono un libro
dell’organizzazione interna­
zionale «Medici senza frontie­
re»: l’idea originaria era infatti
diventare un medico dell’ur­
genza, con la possibilità di par­
tire in missione umanitaria.
Poi, durante il corso di studi in
Medicina all’Università «Alma
Mater» di Bologna, Giuseppina
Lanfranchi, originaria di Sove­
re, ha scoperto la sua passione
per l’aspetto clinico e le pecu­
liarità di ogni paziente di fronte
a una stessa malattia, deciden­
do così di intraprendere la spe­
cializzazione in Geriatria.
Due esperienze negli ospe­
dali francesi durante il percor­
so accademico emiliano le han­
no permesso di apprezzare il
sistema d’Oltralpe, e nel 2007
ha ottenuto una posizione da
geriatra a Parigi. Nella «città
delle luci», si è trasferita con il
compagno Davide, al tempo
dottorando in Biologia dei tu­
mori, e nel 2011, superato il
concorso, ha ottenuto un posto
da titolare. Ma la ricerca del­
l’incastro perfetto tra affetti e
professione non è finita qui: da
circa due anni, dopo la nascita
della figlia Marta, è approdata
all’Hopital geriatrique Antoine
Charial di Lione, città in cui
Davide attualmente lavora per
l’Organizzazione mondiale
della sanità.
Geriatria e lato umano
«Anche se al tempo non fu una
scelta facile perché la Geriatria
non corrisponde all’idea di una
medicina nobile, a distanza di
anni posso affermare con sod­
disfazione che sia tra le specia­
lità più umanitarie e complesse
che l’esercizio della medicina
contemporanea possa offrire –
racconta Giuseppina –. Nel mio
reparto a Lione, accogliamo pa­
zienti anziani che a fronte di un
problema acuto sono troppo
fragili o gravi per poter tornare
a casa. I casi sono alquanto ete­
rogenei e mi confronto con la
complessità di molte malattie
nello stesso paziente. Oltre a
n n A Parigi gli studenti
in Medicina si misurano
con molti tirocini in corsia
Esperienza fondamentale»
GIUSEPPINA LANFRANCHI
GERIATRA, 39 ANNI, ALL’HOPITAL CHARIAL
quello scientifico, il lato umano
diventa capitale in Geriatria:
spesso le persone anziane non
sono più in grado di esprimere
correttamente i disturbi e le
loro necessità. Il compito del
medico è riuscire a cercare gli
indizi importanti in alcuni det­
tagli per poter richiedere gli
accertamenti necessari e stabi­
lire le priorità di cura».
I passi verso la Francia
La scoperta del sistema ospe­
daliero francese è avvenuta
passo per passo: «Nel 2000 ho
frequentato un semestre al­
l’Università di Grenoble. In
Francia si impara molto di più
sul campo: gli studenti di Medi­
cina hanno subito un ruolo at­
tivo, cominciando a frequenta­
re i reparti già al terzo anno.
Credo che anche l’Italia si stia
attrezzando in questo senso. È
stata un’esperienza importan­
tissima per il mio futuro tanto
che, tornata a Bologna, per tre
anni ho frequentato assidua­
mente un reparto di Medicina
interna: lì ho incontrato il mio
mentore, un professore che mi
ha trasmesso l’arte di essere un
medico». Un’altra pratica ar­
ricchente, è stata uno stage
specialistico di tre mesi al­
l’ospedale parigino Pitié­Sal­
pêtrière: «Rimasi estrema­
mente stupita di scoprire come
lì la Geriatria fosse una branca
relativamente giovane, costi­
tuita da medici entusiasti e di­
sponibili, spesso specialisti in
altri campi. Ero nella “Stroke
Unit”, un reparto che mi ha
permesso di imparare la gestio­
ne in urgenza di un paziente
colpito da ictus». Al termine
della specialità (novembre
2006) si è inserita per qualche
mese nel reparto di Medicina
interna in un ospedale emilia­
Bergamo senza confini è un progetto de
no: «La piccola struttura di
provincia è certamente meno
entusiasmante del grande
ospedale parigino, soprattutto
per una neo­specializzata. A
Castel San Pietro coprivo turni
di guardia e ho migliorato la
gestione delle urgenze in caso
di problemi acuti. Non avevo
però la possibilità di seguire
veramente i pazienti. Mi man­
cavano l’energia e gli stimoli
percepiti in Francia. Complice
il fatto che il mio compagno
aveva l’intenzione di fare
un’esperienza all’estero, ho
mandato il mio curriculum ai
primari di alcuni reparti di Ge­
riatria a Parigi. Ho avuto tre
risposte positive e ho scelto
l’Ospedale di Bicêtre, dove già
lavorava un’amica italiana. Co­
sì è iniziata la nostra avventu­
ra».
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Da Parigi a Lione...
Per ottenere il trasferimento
dalla capitale alle sponde del
Rodano, oltre alle capacità pro­
fessionali, è servita anche una
«congiunzione astrale»: «Non
serviva solo l’accordo con il ca­
po dipartimento e con il prima­
rio del nuovo ospedale – spiega
Giuseppina – ma anche un po­
sto libero. Fortuna ha voluto
che una collega di Lione avesse
a sua volta chiesto un trasferi­
mento». Nella nuova città sem­
bra trovarsi molto bene: «Lione
non ha il fascino di Parigi ma
essendo meno caotica offre una
qualità di vita migliore ed è
abbastanza grande da proporre
molte attività per il tempo libe­
ro. Lavorando 10 ore al giorno
da lunedì al venerdì e compreso
qualche sabato, io e la mia fami­
glia siamo ancora nella fase di
scoperta: nel week end visitia­
mo in bicicletta diversi quar­
tieri, parchi e musei; a volte
in collaborazione con
1.Giuseppina Lanfranchi, 39 anni, originaria di Sovere, con la figlia Marta di due anni; 2. Con il marito
Davide durante un viaggio in Giordania: entrambi hanno vissuto a Parigi e poi a Lione. Giuseppina
lavora all’Hopital Charial specializzato in geriatria mentre Davide, specialista in Biologia dei tumori
lavora per l’Organizzazione mondiale della sanità; 3. Davide con la figlia Marta durante una passeggia­
ta a Mont d’Or nei dintorni di Lione
prendiamo la macchina, avven­
turandoci nei dintorni: ci sono
colline con vigneti, valli, fiumi
e montagne molto belle. Tutto
questo con nostra figlia Marta
di due anni, che sta crescendo
bilingue: in casa le parliamo in
italiano, mentre quando va al­
l’asilo o siamo con amici si uti­
lizza il francese».
Bologna mon amour
Ormai sono passati più di otto
anni dalla sua partenza, ma
Giuseppina non dimentica il
Belpaese e in particolare il ca­
poluogo emiliano: «Torniamo
in Italia 3­4 volte l’anno. Mi
mancano la famiglia e alcune
care amicizie della quotidiani­
tà, che ancora sopravvivono al
tempo e alla distanza. Oltre a
un’ottima formazione, Bologna
mi ha regalato un decennio bel­
lissimo: 19 anni fa ho conosciu­
to il mio compagno Davide, poi
è una città accogliente e resa
molto vivace dal gran numero
di studenti che vengono da ogni
parte d’Italia. Inoltre mi sono
dedicata ad alcune attività di
impegno civile come l’assisten­
za ai malati senza permesso di
soggiorno e all’attività del
gruppo locale di Emergency; in
Francia non ho ancora avuto
modo di impegnarmi in asso­
ciazioni simili».
Il suo ritorno appare al mo­
mento improbabile: «Per otte­
nere un posto da titolare dovrei
ricominciare a frequentare un
reparto e aspettare un concor­
so ad hoc. Personalmente non
ho in programma di tornare in
Italia, perché professional­
mente non potrei avere la posi­
zione che ho qui in un ospedale
pubblico».
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