la finanza araba alla conquista di europa e stati uniti

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la finanza araba alla conquista di europa e stati uniti
LA FINANZA ARABA ALLA CONQUISTA DI EUROPA E STATI UNITI
Mercoledì 24 Settembre 2008 14:30
di Marco Montemurro
L’ultimo investimento degli sceicchi non è passato inosservato. La squadra di calcio Manchester
City è stata comprata dalla società di investimento Abu Dhabi United Group per 250 milioni di
euro. La stampa britannica ha parlato molto della recente acquisizione, poiché all’arrivo dei
nuovi proprietari ha fatto seguito un altro evento straordinario, l’acquisto del giocatore Robinho
per la cifra di 40 milioni di euro, la somma più alta mai pagata per un trasferimento nel calcio
inglese. Il gruppo di Abu Dhabi non si limiterà solo a sanare i debiti della società, è intenzionata
a comprare presto i migliori giocatori per formare la squadra più forte del mondo. L’artefice
dell’investimento è il giovane Sulaiman Al Fahim, amministratore delegato della società di
costruzioni Hydra Property. “Nei prossimi quattro mesi rinforzeremo il City in modo tale da
renderlo irriconoscibile”, così ha dichiarato il nuovo presidente. Nessun acquisto sembra ora
impossibile per il club calcistico più ricco del mondo. L’ingresso di una compagnia araba nella
Premier League inglese è solo uno dei più recenti acquisti condotti in Europa dai capitali del
Golfo Persico. Negli ultimi anni società e fondi d’investimento arabi hanno rilevato di continuo
quote di importati società e di listini di borsa. Secondo gli analisti economici, tali mosse servono
per connettere le piazze d’affari del Medio Oriente con i più importanti mercati finanziari
mondiali. Infatti, quando nel mese di giugno la borsa del Qatar ha stretto un accordo con il
gruppo Nyse Euronext, holding alla quale appartiene la borsa di New York, il primo ministro
qatarino Hamad bin Jassem al-Thani ha commentato così l’affare: “I nostri mercati finanziari
faranno parte integrante di un gruppo che collega insieme i maggiori centri finanziari mondiali
attraverso Europa e Stati Uniti ed ora anche attraverso il Medio Oriente”.
I capitali arabi sono sempre più interconnessi alle borse mondiali grazie ai numerosi
investimenti condotti nelle compagnie statunitensi ed europee. Quando nel marzo 2006 la
società Dubai Ports World comprò la britannica P&O, colosso mondiale nel settore portuale, la
polemica politica negli Usa fu accesa. Una conseguenza dell’acquisizione sarebbe dovuto
essere il controllo da parte della società araba dei maggiori porti della costa atlantica
americana. L’arrivo del capitale di Dubai fu visto allora come un “problema di sicurezza
nazionale” e il governo dovette bloccare l’investimento degli arabi relativo ai porti americani.
Quella polemica è stata però un eccezione poiché, dal 2006 fino ad oggi, le società del Golfo
Persico hanno compiuto senza ostacoli molte acquisizioni. Negli Stati Uniti e in Europa hanno
portato ingenti liquidità, denaro che è stato accolto senza alcun rifiuto.
Un colosso finanziario che ha investito in società straniere è il fondo sovrano dell’emirato di
Adu Dhabi, la Mubadala Development Company. Sono numerose le sigle che fanno parte del
suo portafoglio, quote diffuse in molti settori. Il fondo dell’emirato è presente nei capitali di
influenti compagnie americane in quanto possiede l’8% della Amd, la società che produce
processori per computer, ha acquistato il 7,5% della Carlyle Group, l'importante firma del
private equity, e ha stretto una joint venture con la General Electric. La Mubadala in Olanda ha
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investito nel settore automobilistico ottenendo il 17% della casa Spyker Cars e il 25% della
LeasePlan Corporation, società di noleggio auto. In Italia ha comprato il 2% di Mediaset e il
35% di Piaggio Aero, l’azienda ligure di aeronautica.
L’acquisto che ha reso noto il fondo Mubadala nel nostro paese è però la quota del 5% nella
Ferrari e la progettazione di un parco tematico dedicato alla casa di Maranello, Ferrari World,
che sorgerà ad Abu Dhabi. Il fondo sovrano nel settore aeronautico ha stretto un accordo di
collaborazione con il colosso aerospaziale statunitense Northrop Grumman e, nel campo
dell’aviazione civile, è diventato azionista di maggioranza della SR Technics, società svizzera di
manutenzione aerei. Per lo sviluppo edile della città di Abu Dhabi la Mubadala ha avviato
legami con famose sigle straniere. Assieme all’americana Mgm Mirage, società che gestisce
numerosi hotel a Las Vegas, sta progettando un MGM Grand Abu Dhabi. Inoltre si è rivolta
all’Imperial College London e alla Cleveland Clinic per la realizzazione di moderne strutture
ospedaliere.
Il governo di Abu Dhabi infatti, per arricchire la città con edifici capaci di attirare l’attenzione
internazionale, ha stretto affari con celebri nomi, luoghi simbolo della cultura mondiale.
Nell’emirato é già attiva una sede dell’università francese Sorbonne. Nell’area di Saadiyat
Island, l’isola della felicità, sorgerà poi il più grande fra tutti i musei Guggenheim e sarà costruito
il secondo museo Louvre. Quest’ultimo accordo è stato stipulato nonostante che in Francia oltre
5000 intellettuali abbiano firmato una petizione dal titolo “I musei non sono in vendita”.
Con i fondi degli emirati del Golfo però niente sembra impossibile. Anche i simboli della cultura
america posso essere comprati con facilità, come è avvenuto lo scorso luglio quando la Abu
Dhabi Investment Council è diventata la proprietaria del Chrysler Building, lo storico grattacielo
di New York. La concorrenza degli arabi sta arrivando anche in un settore nel quale gli Usa
sono leader mondiali, l’industria dei media. In futuro non ci sarà solo Hollywood ad ospitare le
produzioni cinematografiche. La Abu Dhabi Media Company ha comprato quote della Warner
Bross e, per la coproduzione di film, ha fondato la società Imagination Abu Dhabi, mentre nella
vicina Dubailand è in programma la costruzione degli Universal Studios Dubai.
L’attenzione degli economisti è stata attirata proprio dai molti investimenti provenienti dagli
Emirati Arabi Uniti verso le grandi compagnie americane. Lo scorso anno la Abu Dhabi
Investment Authority ha rilevato il 4,9% di Citigroup, azienda in difficoltà dopo la crisi dei mutui
subprime. Il colosso bancario ha gradito l’arrivo di 7,5 miliardi di dollari, somma che rappresenta
il secondo investimento arabo nella compagnia poiché anche il principe saudita Walid bin Talal
possiede una quota vicina al 5%. Il governo di Abu Dhabi ha inoltre stretto joint ventures con
giganti del settore energetico come Exxon Mobil e Shell.
Un altro colosso finanziario proveniente dal Golfo Persico che ha avviato acquisizioni all’estero
è il fondo sovrano Dubai International Capital, uno dei rami della Dubai Holding. Negli ultimi
anni ha comprato il 4,9% della Sony, prima compagnia nel mondo per l’elettronica di consumo,
e il 9,9% di Och-Ziff Capital Management Group, società americana che gestisce investimenti. Il
fondo arabo ha rilevato quote di importati società come la banca inglese Hsbc, il gruppo
automobilistico DaimlerChrysler, il gruppo produttore di componenti per la meccanica
Doncasters Plc e gli alberghi dell’inglese Travelodge Hotels. Nel settore dell’aeronautica la
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Dubai International Capital è fortemente entrata nel mercato mondiale acquistando il 3,12% di
Eads, il colosso aerospaziale europeo che controlla il consorzio Airbus. Quest’ultima società si
è mostrata interessata all’affare poiché uno dei suoi maggiori clienti è proprio la Emirates,
compagnia che le ha commissionato 55 velivoli del modello A380, il nuovo aereo di lusso con
suites, letti e docce.
Non solo Abu Dhabi e Dubai sono i protagonisti di tali manovre economiche, anche i vicini stati
si muovono nella medesima direzione. La Qatar Investment Authority ha acquistato il 5% della
banca svizzera Credit Suisse e quote del gruppo finanziario Barclays, mentre il fondo sovrano
del Kuwait è entrato nel capitale del colosso americano Merrill Lynch. I mercati finanziari del
Golfo Persico sono dunque sempre più interconnessi alle piazze d’affari mondiali. Il fenomeno è
stato reso evidente in particolare quando lo scorso anno la borsa di Dubai ha acquistato il 28%
del Nasdaq e nello stesso periodo la Qatar Investment Authority ha rilevato il 20% della borsa di
Londra e il 9,98% di Omx, la società che gestisce i listini azionari dei paesi scandinavi e baltici.
Per le piazze d’affari i capitali dei paesi del Golfo Persico sono ovunque benvoluti. Soprattutto
negli ultimi tempi di crisi finanziaria negli Stati Uniti e in Europa, dopo il crollo dovuto ai mutui
subprime, le recenti nazionalizzazioni di Fannie Mae e Freddie Mac e la bancarotta della
Lehman Brothers, il bisogno di liquidità sembra oggi più che mai una risorsa essenziale. “Una
boccata d’ossigeno”, proprio così molti analisti hanno definito ogni investimento proveniente dal
Medio Oriente. E se senza ossigeno non si può vivere, probabilmente in futuro crescerà sempre
di più l’influenza di banche e fondi del Golfo Persico sull’economia mondiale.
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