Presentazione - Provincia di Ancona
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Presentazione - Provincia di Ancona
L’autocostruzione sociale A cura di Micol Bronzini Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali Università Politecnica delle Marche Lo scenario: la domanda di abitazioni e il disagio abitativo - - - Il 72% della popolazione italiana è proprietario dell’immobile in cui vive (la media europea è del 62%), il 18% vive in affitto ed il 10% ha un altro titolo di godimento dell’abitazione (usufrutto, uso gratuito) (Istat 2009); la percentuale di famiglie in affitto si è notevolmente ridotta nel tempo (erano il 40,8% nel 1978) ma il passaggio alla casa di proprietà non ha riguardato tutti nello stesso modo (tra le famiglie operaie e nel quinto di reddito più basso la % di famiglie in affitto è ancora pari, rispettivamente, al 39,8% al 48,2%) (Indagine Banca d’Italia 2008); minore accessibilità alla casa di proprietà: aumenta il n° di annualità di reddito necessarie per acquistare casa; il 13,8% dei proprietari paga un mutuo (il cui importo e la cui durata negli ultimi anni sono aumentati in maniera significativa); Lo scenario: la domanda di abitazioni e il disagio abitativo - le spese per l’abitazione (mutui o affitti, escluse le utenze) pesano per oltre un quarto dei consumi (26% nel 2006 secondo il Rapporto Nomisma), ma con una incidenza maggiore per le famiglie unipersonali (38% per le persone sole di 65 anni e più, 28% per una persona sola con meno di 35 anni); - Il rapporto della spesa media mensile per abitazione sul reddito medio mensile è del 14,1% ma con differenze significative: - abitazioni in affitto 27,8% abitazioni in proprietà 11,7%; Lo scenario: la domanda di abitazioni e il disagio abitativo - secondo l’indagine Sunia nei comuni fino a 250.000 abitanti i canoni di locazione rappresentano il 41% dei bilanci familiari, per le famiglie con redditi fino a 10.000 euro ed il 30% per le famiglie con redditi tra 10.000 e 15.000 euro (si consideri che la soglia del 30% viene generalmente individuata come riferimento per definire il disagio economico dovuto alle spese per l’abitazione); Lo scenario: la domanda di abitazioni e il disagio abitativo - il 4,2% famiglie è in arretrato con il pagamento dell’affitto o del mutuo; percentuale che sale al 12,7% nel caso di famiglie monogenitoriali con figli minori (dati Istat 2008); - aumentano i provvedimenti di sfratto per morosità emessi (+17,6% nel 2009 rispetto al 2008). Lo scenario: il sostegno pubblico all’abitare Patrimonio di edilizia pubblica: 1.000.000 di alloggi nel 2000, 800.000 nel 2007 Spesa pubblica per l’housing sociale: in Italia 0,02% del Pil (in Europa è il 2,2%) La quota di alloggi di edilizia pubblica 4% (36% in Olanda, 17,5% in Francia, 18,5% nel Regno Unito, 20% media UE) Edilizia sovvenzionata: da 34.000 nuovi alloggi (1984) a 1.900 (2004); edilizia agevolata o convenzionata: da 56.000 a 11.000 Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione: 335,70 (mln di euro) nel 2001, 33,55 (mln di euro) nel 2011 Lo scenario: i fattori di pressione sul mercato abitativo - Parcellizzazione dei nuclei familiari per effetto dell’invecchiamento della popolazione e delle trasformazioni nella struttura famigliare (separazioni e divorzi): i nuclei unipersonali dal 1978 al 2008 sono passati dal 8,5% al 26,4% - Processi migratori (3.891.295 stranieri residenti nel 2009, +13,4%) - Crisi economica e impoverimento della popolazione (nel 2008 il 32% della popolazione ha dichiarato di non riuscire a far fronte ad una spesa imprevista di 750 euro) - Flessibilizzazione mercato del lavoro Le forme del disagio abitativo Mancanza di una abitazione o rischio di perderla Sovraffollamento o inadeguatezza dell’abitazione Incapacità economica di far fronte alle spese per l’abitazione o esposizione eccessiva (% costi per l’abitazione sul reddito familiare) (affordability) Cambiano le forme del disagio abitativo e le richieste avanzate: è aumentata la platea di quanti, pur disponendo di un reddito dignitoso, faticano ad accedere al mercato (sia per la locazione che per l’acquisto) Le categorie del disagio abitativo Famiglie povere o a rischio di povertà Famiglie monoreddito Famiglie giovani dual earning ma con contratti precari Famiglie monogenitoriali Anziani con pensioni minime Immigrati Disoccupati Giovani in uscita dai nuclei famigliari d’origine (43,8% dei giovani nella fascia d’età 25-34 anni nel 2009 viveva in famiglia) Studenti universitari Problema della dispersione urbana e della fuga dalle città Evitare l’abbandono dei centri urbani (con problemi di sostenibilità ambientale dovuti ai trasferimenti quotidiani, oltre che di impoverimento della qualità delle vita) Evitare la segregazione sociale nel caso degli anziani con minori possibilità di muoversi Impoverimento del capitale sociale Il social housing “Alloggi e servizi, con forte connotazione scoiale, per coloro che non riescono a soddisfare il proprio bisogno abitativo sul marcato, cercando di rafforzare la loro condizione” (Cecodhas-Comite Europeen de Coordination de l’Habitat Social) Definizione di edilizia residenziale sociale (decreto interministeriale 28-3-2008) “L’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. Rientrano in tale definizione gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche destinati alla locazione temporanea per almeno otto anni ed anche alla proprietà (…) perseguendo l’integrazione di diverse fasce sociali” Novità del social housing Sotto il profilo economico-finanziario: sussidiarietà orizzontale e partnership pubblico-privato-non profit anche attraverso strumenti finanziari inediti (fondi immobiliari etici per il social housing). Sotto il profilo sociale: marcata connotazione sociale, la finalità non è solo quella di assicurare il diritto all’abitare ma di promuovere l’interesse generale alla coesione sociale tra le diverse fasce sociali. Destinatari non sono solo i “poveri” ma una fascia più ampia di soggetti. Integrazione tra le politiche abitative e le politiche sociali in una logica di accompagnamento all’abitare Interventi innovativi di social housing Agenzie sociali per l’affitto con funzioni di supporto o accompagnamento Strumenti di pianificazione urbanistica per incentivare la disponibilità di edifici per l’affitto a canone moderato Alloggi con servizi di tipo comunitario (Cohausing) Progetti che promuovono la partecipazione dei futuri residenti: autocostruzione e autorecupero Il progetto di autocostruzione In un simile scenario, risulta di particolare interesse monitorare quei programmi che possono affiancare gli interventi tradizionali di edilizia pubblica. Da questo punto di vista l’intervento di autocostruzione associata ed assistita in corso di realizzazione nella regione Marche, promosso dalla Provincia di Ancona e rivolto a cittadini italiani ed extracomunitari, si configura come un importante case study, nonché un interessante “laboratorio di analisi sociale” per molteplici ragioni. Il progetto di autocostruzione In primo luogo, il progetto interviene a fornire una prima, seppure parziale, risposta al fabbisogno abitativo di quella fascia di popolazione con un reddito non così basso da avere accesso all’edilizia residenziale pubblica, ma allo stesso tempo con una situazione economica tale da incontrare difficoltà nel contrarre un mutuo per l’acquisto a prezzi di mercato di una abitazione adeguata. Il progetto di autocostruzione In secondo luogo, il progetto di autocostruzione si configura come un possibile strumento di integrazione e di coesione sociale, non solo perché il 50% degli alloggi viene espressamente riservato a cittadini extracomunitari, ma soprattutto perché il fatto che gli autocostruttori lavorino per alcuni mesi fianco a fianco favorisce la condivisione di esperienze e l’inclusione sociale. Il progetto di autocostruzione Infine, il progetto di autocostruzione si inserisce all’interno di un più ampio piano di sviluppo della zona del Cesano che prevede la realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata e di edilizia agevolata in locazione con patto di futura vendita. Tale molteplicità di interventi, tra loro differenti quanto a target di destinazione, dovrebbe contrastare la creazione di quartieri “ghetto” per le fasce più marginali della popolazione e promuovere, al contrario, la convivenza tra diverse tipologie famigliari: anziani, extracomunitari, giovani coppie e famiglie provenienti da altre zone d’Italia, stanziatesi a Senigallia. Le ricadute sociali attese dal progetto di autocostruzione Integrazione sociale tra cittadini italiani ed extracomunitari Rafforzamento del capitale familiare e del capitale sociale (relazioni fiduciarie, legami sociali) Promozione dell’empowerment e della democrazia partecipativa Attenzione alla qualità dell’abitare Sul versante istituzionale: rafforzamento del network locale e della partenership: Provincia, Comune, Ati La ricerca Indagine quantitativa: 100 interviste agli attuali abitanti del quartiere Cesano Indagine qualitativa: interviste in profondità agli attori istituzionali interviste in profondità ai soci autocostruttori osservazione partecipante agli incontri della Cooperativa “Le mani” Il quartiere: cosa ne pensano gli abitanti Forte legame con il quartiere: pari a 7, su una scala da 1 a 10. Il 64% dei rispondenti ha dichiarato che avrebbe difficoltà a spostarsi a vivere in altri quartieri. Il 73% si è detto d’accordo con l’affermazione “questo per me è un quartiere ideale” Tra gli aspetti più graditi del quartiere al primo posto figura la tranquillità (79%), seguita dalle relazioni con i vicini (53%) e dal paesaggio (36%); I rapporti di vicinato: per il 60% questi sono generalmente buoni, per il 34% cordiali, ma non approfonditi; il 51% degli intervistati ha dichiarato di conoscere più di 100 persone nel quartiere. Il quartiere: cosa ne pensano gli abitanti In conclusione, emerge l’immagine di un quartiere con una propria identità ben definita, coeso al suo interno, con una forte attenzione sia alla dimensione comunitaria, che agli aspetti ambientali. Da questo punto di vista, la previsione dell’autocostruzione con il suo carico di relazioni sociali sembra quanto mai coerente con la filosofia del quartiere. La presenza del cantiere, con il cerimoniale e la ritualità del processo edilizio, si presta ad essere l’occasione per organizzare momenti di aggregazione, in cui far conoscere il progetto di autocostruzione e le nuove famiglie al resto degli abitanti, superando anche la diffidenza residua (la metà dei rispondenti non sa in cosa consista l’autocostruzione) Le interviste con gli autocostruttori: l’integrazione sociale “È un modo bello di costruire casa, di conoscere già i vicini, lavorando a contatto per alcuni mesi, subentra un’amicizia ed è bello anche per quello. È un progetto che a me piace tantissimo, è bello non vedo l’ora di cominciare… i rapporti sono perfetti, siamo un gruppo veramente…non c’è nulla da dire si va d’accordo, non c’è nessuna problematica, siamo un bel gruppo, c’è il rispetto reciproco anche quando facciamo le cene, c’è rispetto delle altre religioni, a fare attenzione nei cibi…” “…la forza della Cooperativa è quella di appianare le divergenze e formare gruppo…di favorire l’integrazione” Le interviste con gli autocostruttori: la costruzione della nuova comunità Sono tutte persone che incontriamo in giro, quando si fa spesa, …C’è una bella atmosfera tra noi” “La domenica mattina la passiamo all’oratorio a parlare della casa, i bambini giocano e noi chiacchieriamo… siamo frementi” “La finalità del progetto è anche quella di creare un gruppo che viva bene insieme e le basi le abbiamo messe anche durante le cene…si parla con tutti, ci si conosce…non pensavamo di trovare tante affinità…Praticamente si stanno gettando le basi per una famiglia allargata…ci sono tanti bambini…” Le interviste con gli autocostruttori: l’integrazione sociale “Ero molto scettica, all’inizio, sull’idea dell’autocostruzione, ma adesso mi sto rendendo conto che sta andando bene, che è positiva questa cosa. (…) Già dalla prima riunione in cui ho partecipato, in cui eravamo già in 15, mi sono rassicurata, poi adesso sono completamente convinta. Ho visto arrivare altre persone, giovani convinti e fiduciosi, conoscevamo già alcuni extracomunitari i cui figli vanno all’asilo con i nostri…I bambini tutto sommato accorciano le distanze e agevolano l’integrazione soprattutto a Senigallia, dove si tende comunque ad avere un atteggiamento critico verso tutto. E comunque le difficoltà di integrazione non si possono pensare soltanto verso gli stranieri ma anche tra noi italiani. È un progetto molto bello, se dovessi consigliarlo lo farei” Le interviste con gli autocostruttori: la casa costruita con le proprie mani “E poi quando avremo dei figli sarà bello poter dir loro che l’abbiamo costruita noi, è una bella soddisfazione, un motivo di orgoglio. Anche questo ci fa escludere l’idea di rivenderla, il fatto che uno ci ha messo tempo e fatica e ha un valore grande” “Saremo incoscienti, forse, ma il discorso di costruire ci piace, il fatto di stare lì insieme, vederla crescere…domani puoi dire “l’ho costruita io ci ho messo il mio sudore” è bello anche per quello” Le interviste con gli autocostruttori: la casa costruita con le proprie mani “quando dai il tuo pezzo di vita, costruisci, sei più legata a questa casa. Quando mi sono sposata, quando non hai niente, che dovevi comprare anche il cucchiaio ti dà grande gioia che costruisci la famiglia da capo, da sola, questo si apprezza dopo, collega, unisce, se compri la casa non si sa che ambiente è, questo sappiamo che è il nostro ambiente, che lo facciamo noi” Le interviste con gli autocostruttori: il capitale familiare “Io ho due sorelle e lei una sorella, ne abbiamo parlato con loro e con altri amici e tutti sono stati interessati e curiosi e sembra partecipino anche loro per quante volte ci chiedono come va” “(in famiglia) ci hanno creduto tanto, anche mio papà ha partecipato alle riunioni quando ha deciso di aiutarci in cantiere, ha fatto il corso per accedere ai lavori…non vede l’ora di cominciare” Le interviste con gli autocostruttori: il capitale familiare “verrà su mio padre per aiutare in cantiere, è il coadiuvante, papà ha fatto la battuta “io l’ho già fatto tanti anni fa”, perché lui la casa se l’è costruita da solo, sono stati contenti, poi è coinciso che è andato in pensione, tanto loro la possibilità di aiuto al momento hanno quella, la forza umana, e papà mi ha detto ti darò quella, le ora di lavoro” Le interviste con gli autocostruttori: la conclusione del progetto migratorio “Era come un sogno, non ci arrivavi come le case popolari, fai domanda e sei l’ultimo… Qua te la sogni una casa così bella, così grande, una posizione buonissima.. Nuova casa, nuovi mobili, è un sogno appena mi hanno detto “la casa è tua”, adesso non mi muovo più” L’osservazione partecipante: l’evoluzione della cooperativa I (lunghi) mesi di preparazione al cantiere hanno consentito di vedere crescere la Cooperativa “Le mani, per vivere insieme”, non solo dal punto di vista dimensionale (non tutti i soci erano stati ancora trovati nelle prime fasi), ma soprattutto sotto il profilo sociale, come comunità di intenti e come espressione di una cittadinanza attiva e competente, esempio concreto di democrazia partecipativa. La progettazione partecipata Particolarmente curata è stata la progettazione partecipata delle abitazioni, nella quale si è chiesto agli autocostruttori di proiettare i propri desiderata sui progetti realizzati dall’Architetto. Il coinvolgimento dei destinatari nel processo di progettazione consente di tenere maggiormente conto delle esigenze di funzionalità e di vivibilità degli spazi, nella prospettiva dei futuri fruitori. Si tratta di una prassi di vera e propria negoziazione di alcune soluzioni architettoniche, che ha l’obiettivo di pervenire ad un equilibrio tra le esigenze legate all’uso degli spazi e criteri di ordine estetico o tecnologico. La progettazione partecipata È un esempio interessante di confronto e dialogo tra il sapere professionale ed il sapere “profano” di cui sono portatori i cittadini, in cui questi ultimi, resi competenti, rivendicano una piena legittimità a colloquiare con il primo anche attraverso l’uso degli stessi strumenti. La riduzione della distanza tra le aspettative del professionista e quelle del “profano” non può che avvenire attraverso una pratica discorsiva. L’empowerment degli autocostruttori La capacità degli autocostruttori di discutere autonomamente, anche in assenza dell’Ente gestore, e di rapportarsi con lo stesso alla pari, avanzando domande o perplessità e proponendo suggerimenti, può considerarsi uno degli esiti attesi del processo. Le occasioni di confronto, anche acceso, tra la Cooperativa “Le mani” e l’Ati testimoniano l’elevato grado di maturità raggiunta dalla Cooperativa e di dimestichezza con le regole dei processi decisionali ed istituzionali che la riguardano. Considerazioni (provvisorie e) conclusive Volendo proporre alcune riflessioni finali, vale la pena ribadire come, fino a questo momento, il progetto abbia raggiunto appieno gli obiettivi che si proponeva, sia sul versante dell’integrazione e della costruzione di capitale sociale comunitario, sia sotto il profilo dell’empowerment dei destinatari. Inoltre, il progetto ha avuto molte ricadute positive indirette su altri ambiti, come il mercato del lavoro, favorendo ad esempio in alcuni casi il passaggio da un’occupazione a tempo determinato ad una a tempo indeterminato. Considerazioni (provvisorie e) conclusive Rispetto ad altre misure di mero sostegno al reddito per l’acquisto dell’abitazione, l’autocostruzione consente di innescare alcuni processi virtuosi, promuovendo l’empowerment dei beneficiari e favorendo la costruzione di capitale sociale. Considerazioni (provvisorie e) conclusive Abbandonato un approccio meramente assistenzialistico, nella fase attuale le politiche sociali, intendendo queste ultime in una accezione il più possibile estesa - che si tratti di politiche orientate al lavoro, alla salute o alla casa –, si stanno orientando verso una logica che non è più quella della protezione di un soggetto passivo rispetto ad un evento limitante (la perdita di un lavoro, la mancanza di una casa, il venir meno della salute, ecc.), ma di affiancamento e sostegno delle capacità dei soggetti, fornendo loro gli strumenti per renderle spendibili (o convertibili). Considerazioni (provvisorie e) conclusive L’autocostruzione è espressione di quell’active welfare che mira a valorizzare il ruolo attivo del cittadino e “comporta anzitutto una concezione promozionale o abilitante dell’intervento pubblico, che è diretto ora a favorire una maggiore responsabilità e un maggior empowerment del cittadino” (Paci 2005, 32). Considerazioni (provvisorie e) conclusive È chiaro, però, che tali politiche abilitanti non possono sostituire gli strumenti tradizionali di protezione sociale che garantiscano agli individui il godimento di diritti fondamentali. Nel caso specifico, si è lontani dal pensare che l’autocostruzione possa evitare l’intervento diretto del pubblico nella costruzione di alloggi per categorie svantaggiate, o le altre misure di edilizia sociale, ma può costituire una risposta efficace per la domanda di abitazioni espressa da una fascia intermedia, composta soprattutto da giovani e da giovani adulti. Considerazioni (provvisorie e) conclusive Nel campo delle politiche abitative si evidenzia più che altrove il carattere familistico del sistema di welfare italiano, che tende implicitamente a scaricare sulla famiglia, attraverso meccanismi di compensazione e trasferimenti intergenerazionali (solidarietà intergenerazionale), la tutela e la garanzia del diritto all’abitare. In un simile modello di welfare la famiglia rappresenta un attore fondamentale, non tanto come beneficiario delle politiche di welfare, quanto come soggetto erogatore di assistenza. Considerazioni (provvisorie e) conclusive Il protagonismo familiare è però all’insegna di una ambiguità di fondo tra delega e sussidiarietà, ossia tra il trasferimento della responsabilità e degli oneri dell’assistenza e la valorizzazione delle risorse familiari. Affinché si operi in un’ottica di sussidiarietà alle politiche pubbliche (sanitarie, sociali, educative, abitative) si chiede di offrire un supporto reale alle famiglie, affinché queste possano diventare soggetti “competenti” nella gestione di problematiche complesse e integrarsi nella rete dei servizi. Considerazioni (provvisorie e) conclusive In quest’ottica, in controtendenza con l’orientamento prevalente, il sostegno offerto da parte delle istituzioni pubbliche all’esperienza di autocostruzione costituisce il riconoscimento esplicito del ruolo che la famiglia ha da sempre giocato, informalmente, nell’agevolare l’accesso alla casa, e la valorizzazione del capitale relazionale e della reciprocità che si sviluppa al suo interno. Considerazioni (provvisorie e) conclusive Dal punto di vista dell’analisi delle politiche pubbliche, l’autocostruzione rappresenta un buon esempio di welfare mix, nella misura in cui prevede il coinvolgimento dell’attore pubblico a diversi livelli (Ministero, Regione, Provincia, Comuni), in qualità di soggetto promotore, del Terzo settore e del privato sociale in qualità di Ente gestore, del privato (imprese edilizie, fornitori ecc.) e della comunità civile (autocostruttori) in qualità di realizzatori. Considerazioni (provvisorie e) conclusive I Requisiti imprescindibili per la riuscita di un progetto di autocostruzione: - la cooperazione a tutti i livelli: sia all’interno del gruppo di autocostruttori, sia tra questi e l’Ente gestore, sia, infine, tra i diversi attori istituzionali coinvolti, è l’elemento centrale del processo di autocostruzione. - la partecipazione costante degli autocostruttori: intesa nell’accezione più alta del termine, come assunzione di responsabilità diretta nei processi decisionali ed auto attivazione - la disponibilità all’apprendimento: non solo rispetto all’acquisizione di nuove competenze tecniche, ma anche, e soprattutto, rispetto alle dinamiche relazionali ed ai processi decisionali (apprendimento di altre culture, ma anche di modalità di interazione più o meno formalizzate, si pensi alla gestione delle riunioni, alla modalità con cui assumere le decisioni, ai processi comunicativi, ecc.). Comunità presunte e comunità costruite Si assiste nei discorsi pubblici a una nuova enfasi sulla “comunità”, cui si guarda come panacea di tutte le difficoltà che il sistema di welfare incontra in termini di sostenibilità economica, nella prospettiva di un ritrarsi del pubblico e di una delega in toto a presunti processi comunitari della cura del bene pubblico. Comunità presunte e comunità costruite Esempi come quello qui presentato aprono, invece, uno scenario differente, in cui la società attiva e la comunità non siano una premessa (scontata) per l’abbandono del welfare, ma una conseguenza di un diretto investimento pubblico, da parte del sistema complessivo dei servizi, nella crescita dei territori, nella capacitazione dei soggetti e nella costruzione di reti di solidarietà. Considerazioni (provvisorie e) conclusive In ultimo, il filo conduttore che lega l’esperienza degli Amministratori, del Terzo settore e della società civile, di cui sono espressione gli autocostruttori, nei confronti di questo progetto è l’aver creduto in una politica non individualistica, che si basa sulla cooperazione e l’inclusione, una modalità di intervento vista ancora da molti come un’utopia.