Presentazione - Provincia di Ancona

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Presentazione - Provincia di Ancona
L’autocostruzione
sociale
A cura di Micol Bronzini
Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
Università Politecnica delle Marche
Lo scenario: la domanda di abitazioni
e il disagio abitativo
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Il 72% della popolazione italiana è proprietario dell’immobile in cui
vive (la media europea è del 62%), il 18% vive in affitto ed il 10%
ha un altro titolo di godimento dell’abitazione (usufrutto, uso
gratuito) (Istat 2009);
la percentuale di famiglie in affitto si è notevolmente ridotta nel
tempo (erano il 40,8% nel 1978) ma il passaggio alla casa di
proprietà non ha riguardato tutti nello stesso modo (tra le famiglie
operaie e nel quinto di reddito più basso la % di famiglie in affitto è
ancora pari, rispettivamente, al 39,8% al 48,2%) (Indagine Banca
d’Italia 2008);
minore accessibilità alla casa di proprietà: aumenta il n° di
annualità di reddito necessarie per acquistare casa;
il 13,8% dei proprietari paga un mutuo (il cui importo e la cui durata
negli ultimi anni sono aumentati in maniera significativa);
Lo scenario: la domanda di abitazioni
e il disagio abitativo
- le spese per l’abitazione (mutui o affitti,
escluse le utenze) pesano per oltre un quarto
dei consumi (26% nel 2006 secondo il
Rapporto Nomisma), ma con una incidenza
maggiore per le famiglie unipersonali (38%
per le persone sole di 65 anni e più, 28% per
una persona sola con meno di 35 anni);
- Il rapporto della spesa media mensile per
abitazione sul reddito medio mensile è del
14,1% ma con differenze significative:
-
abitazioni in affitto 27,8%
abitazioni in proprietà 11,7%;
Lo scenario: la domanda di abitazioni
e il disagio abitativo
- secondo l’indagine Sunia nei comuni fino a 250.000
abitanti i canoni di locazione rappresentano il 41%
dei bilanci familiari, per le famiglie con redditi fino a
10.000 euro ed il 30% per le famiglie con redditi tra
10.000 e 15.000 euro
(si consideri che la soglia del 30% viene
generalmente individuata come riferimento per
definire il disagio economico dovuto alle spese per
l’abitazione);
Lo scenario: la domanda di
abitazioni e il disagio abitativo
- il
4,2% famiglie è in arretrato con il
pagamento
dell’affitto
o
del
mutuo;
percentuale che sale al 12,7% nel caso di
famiglie monogenitoriali con figli minori (dati
Istat 2008);
- aumentano i provvedimenti di sfratto per
morosità emessi (+17,6% nel 2009 rispetto al
2008).
Lo scenario: il sostegno pubblico
all’abitare
Patrimonio di edilizia pubblica: 1.000.000 di alloggi nel
2000, 800.000 nel 2007
Spesa pubblica per l’housing sociale: in Italia 0,02% del
Pil (in Europa è il 2,2%)
La quota di alloggi di edilizia pubblica 4% (36% in
Olanda, 17,5% in Francia, 18,5% nel Regno Unito, 20%
media UE)
Edilizia sovvenzionata: da 34.000 nuovi alloggi (1984) a
1.900 (2004); edilizia agevolata o convenzionata: da
56.000 a 11.000
Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle
abitazioni in locazione: 335,70 (mln di euro) nel 2001,
33,55 (mln di euro) nel 2011
Lo scenario: i fattori di pressione sul
mercato abitativo
- Parcellizzazione
dei nuclei familiari per effetto
dell’invecchiamento
della
popolazione
e
delle
trasformazioni nella struttura famigliare (separazioni e
divorzi): i nuclei unipersonali dal 1978 al 2008 sono
passati dal 8,5% al 26,4%
- Processi migratori (3.891.295 stranieri residenti nel
2009, +13,4%)
- Crisi economica e impoverimento della popolazione (nel
2008 il 32% della popolazione ha dichiarato di non
riuscire a far fronte ad una spesa imprevista di 750
euro)
- Flessibilizzazione mercato del lavoro
Le forme del disagio abitativo
Mancanza di una abitazione o rischio di perderla
Sovraffollamento o inadeguatezza dell’abitazione
Incapacità economica di far fronte alle spese per
l’abitazione o esposizione eccessiva (% costi per
l’abitazione sul reddito familiare) (affordability)
Cambiano le forme del disagio abitativo e le richieste
avanzate: è aumentata la platea di quanti, pur
disponendo di un reddito dignitoso, faticano ad
accedere al mercato (sia per la locazione che per
l’acquisto)
Le categorie del disagio abitativo
Famiglie povere o a rischio di povertà
Famiglie monoreddito
Famiglie giovani dual earning ma con contratti precari
Famiglie monogenitoriali
Anziani con pensioni minime
Immigrati
Disoccupati
Giovani in uscita dai nuclei famigliari d’origine (43,8%
dei giovani nella fascia d’età 25-34 anni nel 2009
viveva in famiglia)
Studenti universitari
Problema della dispersione urbana e
della fuga dalle città
Evitare l’abbandono dei centri urbani (con
problemi di sostenibilità ambientale dovuti ai
trasferimenti quotidiani, oltre che di
impoverimento della qualità delle vita)
Evitare la segregazione sociale nel caso degli
anziani con minori possibilità di muoversi
Impoverimento del capitale sociale
Il social housing
“Alloggi e servizi, con forte connotazione
scoiale, per coloro che non riescono a
soddisfare il proprio bisogno abitativo sul
marcato, cercando di rafforzare la loro
condizione”
(Cecodhas-Comite Europeen de Coordination
de l’Habitat Social)
Definizione di edilizia residenziale sociale
(decreto interministeriale 28-3-2008)
“L’unità immobiliare adibita ad uso residenziale in
locazione permanente che svolge la funzione di
interesse generale, nella salvaguardia della coesione
sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e
nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di
accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato.
Rientrano in tale definizione gli alloggi realizzati o
recuperati da operatori pubblici e privati con il
ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche destinati
alla locazione temporanea per almeno otto anni ed
anche alla proprietà (…) perseguendo l’integrazione
di diverse fasce sociali”
Novità del social housing
Sotto il profilo economico-finanziario: sussidiarietà
orizzontale e partnership pubblico-privato-non profit
anche attraverso strumenti finanziari inediti (fondi
immobiliari etici per il social housing).
Sotto il profilo sociale: marcata connotazione sociale, la
finalità non è solo quella di assicurare il diritto all’abitare
ma di promuovere l’interesse generale alla coesione
sociale tra le diverse fasce sociali.
Destinatari non sono solo i “poveri” ma una fascia più
ampia di soggetti.
Integrazione tra le politiche abitative e le politiche
sociali in una logica di accompagnamento all’abitare
Interventi innovativi di social housing
Agenzie sociali per l’affitto con funzioni di
supporto o accompagnamento
Strumenti di pianificazione urbanistica per
incentivare la disponibilità di edifici per l’affitto
a canone moderato
Alloggi con servizi di tipo comunitario
(Cohausing)
Progetti che promuovono la partecipazione
dei futuri residenti: autocostruzione e
autorecupero
Il progetto di autocostruzione
In un simile scenario, risulta di particolare interesse
monitorare quei programmi che possono affiancare gli
interventi tradizionali di edilizia pubblica.
Da questo punto di vista l’intervento di autocostruzione
associata ed assistita in corso di realizzazione nella
regione Marche, promosso dalla Provincia di Ancona e
rivolto a cittadini italiani ed extracomunitari, si configura
come un importante case study, nonché un interessante
“laboratorio di analisi sociale” per molteplici ragioni.
Il progetto di autocostruzione
In primo luogo, il progetto interviene a fornire una
prima, seppure parziale, risposta al fabbisogno
abitativo di quella fascia di popolazione con un
reddito non così basso da avere accesso
all’edilizia residenziale pubblica, ma allo stesso
tempo con una situazione economica tale da
incontrare difficoltà nel contrarre un mutuo per
l’acquisto a prezzi di mercato di una abitazione
adeguata.
Il progetto di autocostruzione
In secondo luogo, il progetto di autocostruzione
si configura come un possibile strumento di
integrazione e di coesione sociale, non solo
perché il 50% degli alloggi viene espressamente
riservato a cittadini extracomunitari, ma
soprattutto perché il fatto che gli autocostruttori
lavorino per alcuni mesi fianco a fianco favorisce
la condivisione di esperienze e l’inclusione
sociale.
Il progetto di autocostruzione
Infine, il progetto di autocostruzione si inserisce
all’interno di un più ampio piano di sviluppo della
zona del Cesano che prevede la realizzazione di
alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata
ed agevolata e di edilizia agevolata in locazione con
patto di futura vendita. Tale molteplicità di interventi,
tra loro differenti quanto a target di destinazione,
dovrebbe contrastare la creazione di quartieri
“ghetto” per le fasce più marginali della popolazione e
promuovere, al contrario, la convivenza tra diverse
tipologie famigliari: anziani, extracomunitari, giovani
coppie e famiglie provenienti da altre zone d’Italia,
stanziatesi a Senigallia.
Le ricadute sociali attese dal progetto
di autocostruzione
Integrazione
sociale
tra
cittadini
italiani
ed
extracomunitari
Rafforzamento del capitale familiare e del capitale
sociale (relazioni fiduciarie, legami sociali)
Promozione dell’empowerment e della democrazia
partecipativa
Attenzione alla qualità dell’abitare
Sul versante istituzionale: rafforzamento del network
locale e della partenership: Provincia, Comune, Ati
La ricerca
Indagine
quantitativa: 100 interviste agli
attuali abitanti del quartiere Cesano
Indagine qualitativa:
interviste in profondità agli attori istituzionali
interviste in profondità ai soci autocostruttori
osservazione partecipante agli incontri della
Cooperativa “Le mani”
Il quartiere: cosa ne pensano gli
abitanti
Forte legame con il quartiere: pari a 7, su una scala da 1
a 10.
Il 64% dei rispondenti ha dichiarato che avrebbe difficoltà
a spostarsi a vivere in altri quartieri.
Il 73% si è detto d’accordo con l’affermazione “questo per
me è un quartiere ideale”
Tra gli aspetti più graditi del quartiere al primo posto
figura la tranquillità (79%), seguita dalle relazioni con i
vicini (53%) e dal paesaggio (36%);
I rapporti di vicinato: per il 60% questi sono generalmente
buoni, per il 34% cordiali, ma non approfonditi; il 51%
degli intervistati ha dichiarato di conoscere più di 100
persone nel quartiere.
Il quartiere: cosa ne pensano gli
abitanti
In conclusione, emerge l’immagine di un quartiere con
una propria identità ben definita, coeso al suo interno,
con una forte attenzione sia alla dimensione
comunitaria, che agli aspetti ambientali. Da questo
punto di vista, la previsione dell’autocostruzione con il
suo carico di relazioni sociali sembra quanto mai
coerente con la filosofia del quartiere. La presenza del
cantiere, con il cerimoniale e la ritualità del processo
edilizio, si presta ad essere l’occasione per organizzare
momenti di aggregazione, in cui far conoscere il
progetto di autocostruzione e le nuove famiglie al resto
degli abitanti, superando anche la diffidenza residua (la
metà dei rispondenti non sa in cosa consista
l’autocostruzione)
Le interviste con gli autocostruttori:
l’integrazione sociale
“È un modo bello di costruire casa, di conoscere già i
vicini, lavorando a contatto per alcuni mesi, subentra
un’amicizia ed è bello anche per quello. È un progetto
che a me piace tantissimo, è bello non vedo l’ora di
cominciare… i rapporti sono perfetti, siamo un gruppo
veramente…non c’è nulla da dire si va d’accordo, non
c’è nessuna problematica, siamo un bel gruppo, c’è il
rispetto reciproco anche quando facciamo le cene, c’è
rispetto delle altre religioni, a fare attenzione nei cibi…”
“…la forza della Cooperativa è quella di appianare le
divergenze
e
formare
gruppo…di
favorire
l’integrazione”
Le interviste con gli autocostruttori: la
costruzione della nuova comunità
Sono tutte persone che incontriamo in giro, quando si fa
spesa, …C’è una bella atmosfera tra noi”
“La domenica mattina la passiamo all’oratorio a parlare
della casa, i bambini giocano e noi chiacchieriamo…
siamo frementi”
“La finalità del progetto è anche quella di creare un
gruppo che viva bene insieme e le basi le abbiamo
messe anche durante le cene…si parla con tutti, ci si
conosce…non
pensavamo
di
trovare
tante
affinità…Praticamente si stanno gettando le basi per
una famiglia allargata…ci sono tanti bambini…”
Le interviste con gli autocostruttori:
l’integrazione sociale
“Ero
molto
scettica,
all’inizio,
sull’idea
dell’autocostruzione, ma adesso mi sto rendendo conto
che sta andando bene, che è positiva questa cosa. (…)
Già dalla prima riunione in cui ho partecipato, in cui
eravamo già in 15, mi sono rassicurata, poi adesso
sono completamente convinta. Ho visto arrivare altre
persone, giovani convinti e fiduciosi, conoscevamo già
alcuni extracomunitari i cui figli vanno all’asilo con i
nostri…I bambini tutto sommato accorciano le distanze
e agevolano l’integrazione soprattutto a Senigallia,
dove si tende comunque ad avere un atteggiamento
critico verso tutto. E comunque le difficoltà di
integrazione non si possono pensare soltanto verso gli
stranieri ma anche tra noi italiani. È un progetto molto
bello, se dovessi consigliarlo lo farei”
Le interviste con gli autocostruttori: la
casa costruita con le proprie mani
“E poi quando avremo dei figli sarà bello poter dir loro
che l’abbiamo costruita noi, è una bella
soddisfazione, un motivo di orgoglio. Anche questo
ci fa escludere l’idea di rivenderla, il fatto che uno ci
ha messo tempo e fatica e ha un valore grande”
“Saremo incoscienti, forse, ma il discorso di costruire
ci piace, il fatto di stare lì insieme, vederla
crescere…domani puoi dire “l’ho costruita io ci ho
messo il mio sudore” è bello anche per quello”
Le interviste con gli autocostruttori: la
casa costruita con le proprie mani
“quando dai il tuo pezzo di vita, costruisci, sei più
legata a questa casa. Quando mi sono sposata,
quando non hai niente, che dovevi comprare anche il
cucchiaio ti dà grande gioia che costruisci la famiglia
da capo, da sola, questo si apprezza dopo, collega,
unisce, se compri la casa non si sa che ambiente è,
questo sappiamo che è il nostro ambiente, che lo
facciamo noi”
Le interviste con gli autocostruttori: il
capitale familiare
“Io ho due sorelle e lei una sorella, ne abbiamo
parlato con loro e con altri amici e tutti sono stati
interessati e curiosi e sembra partecipino anche
loro per quante volte ci chiedono come va”
“(in famiglia) ci hanno creduto tanto, anche mio
papà ha partecipato alle riunioni quando ha deciso
di aiutarci in cantiere, ha fatto il corso per accedere
ai lavori…non vede l’ora di cominciare”
Le interviste con gli autocostruttori: il
capitale familiare
“verrà su mio padre per aiutare in cantiere, è
il coadiuvante, papà ha fatto la battuta “io l’ho
già fatto tanti anni fa”, perché lui la casa se l’è
costruita da solo, sono stati contenti, poi è
coinciso che è andato in pensione, tanto loro
la possibilità di aiuto al momento hanno
quella, la forza umana, e papà mi ha detto ti
darò quella, le ora di lavoro”
Le interviste con gli autocostruttori: la
conclusione del progetto migratorio
“Era come un sogno, non ci arrivavi come le
case popolari, fai domanda e sei l’ultimo…
Qua te la sogni una casa così bella, così
grande, una posizione buonissima.. Nuova
casa, nuovi mobili, è un sogno appena mi
hanno detto “la casa è tua”, adesso non mi
muovo più”
L’osservazione partecipante:
l’evoluzione della cooperativa
I (lunghi) mesi di preparazione al cantiere
hanno consentito di vedere crescere la
Cooperativa “Le mani, per vivere insieme”,
non solo dal punto di vista dimensionale (non
tutti i soci erano stati ancora trovati nelle
prime fasi), ma soprattutto sotto il profilo
sociale, come comunità di intenti e come
espressione di una cittadinanza attiva e
competente, esempio concreto di democrazia
partecipativa.
La progettazione partecipata
Particolarmente
curata è stata la progettazione
partecipata delle abitazioni, nella quale si è chiesto agli
autocostruttori di proiettare i propri desiderata sui
progetti realizzati dall’Architetto.
Il coinvolgimento dei destinatari nel processo di
progettazione consente di tenere maggiormente conto
delle esigenze di funzionalità e di vivibilità degli spazi,
nella prospettiva dei futuri fruitori. Si tratta di una prassi
di vera e propria negoziazione di alcune soluzioni
architettoniche, che ha l’obiettivo di pervenire ad un
equilibrio tra le esigenze legate all’uso degli spazi e
criteri di ordine estetico o tecnologico.
La progettazione partecipata
È un esempio interessante di confronto e dialogo tra
il sapere professionale ed il sapere “profano” di cui
sono portatori i cittadini, in cui questi ultimi, resi
competenti, rivendicano una piena legittimità a
colloquiare con il primo anche attraverso l’uso degli
stessi strumenti. La riduzione della distanza tra le
aspettative del professionista e quelle del “profano”
non può che avvenire attraverso una pratica
discorsiva.
L’empowerment degli autocostruttori
La
capacità degli autocostruttori di discutere
autonomamente, anche in assenza dell’Ente gestore,
e di rapportarsi con lo stesso alla pari, avanzando
domande o perplessità e proponendo suggerimenti,
può considerarsi uno degli esiti attesi del processo.
Le occasioni di confronto, anche acceso, tra la
Cooperativa “Le mani” e l’Ati testimoniano l’elevato
grado di maturità raggiunta dalla Cooperativa e di
dimestichezza con le regole dei processi decisionali
ed istituzionali che la riguardano.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
Volendo proporre alcune riflessioni finali, vale la pena
ribadire come, fino a questo momento, il progetto
abbia raggiunto appieno gli obiettivi che si
proponeva, sia sul versante dell’integrazione e della
costruzione di capitale sociale comunitario, sia sotto il
profilo dell’empowerment dei destinatari. Inoltre, il
progetto ha avuto molte ricadute positive indirette su
altri ambiti, come il mercato del lavoro, favorendo ad
esempio in alcuni casi il passaggio da
un’occupazione a tempo determinato ad una a tempo
indeterminato.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
Rispetto ad altre misure di mero sostegno al
reddito
per
l’acquisto
dell’abitazione,
l’autocostruzione consente di innescare
alcuni processi virtuosi, promuovendo
l’empowerment dei beneficiari e favorendo la
costruzione di capitale sociale.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
Abbandonato
un
approccio
meramente
assistenzialistico, nella fase attuale le politiche sociali,
intendendo queste ultime in una accezione il più
possibile estesa - che si tratti di politiche orientate al
lavoro, alla salute o alla casa –, si stanno orientando
verso una logica che non è più quella della protezione di
un soggetto passivo rispetto ad un evento limitante (la
perdita di un lavoro, la mancanza di una casa, il venir
meno della salute, ecc.), ma di affiancamento e
sostegno delle capacità dei soggetti, fornendo loro gli
strumenti per renderle spendibili (o convertibili).
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
L’autocostruzione
è
espressione
di
quell’active welfare che mira a valorizzare il
ruolo attivo del cittadino e “comporta anzitutto
una concezione promozionale o abilitante
dell’intervento pubblico, che è diretto ora a
favorire una maggiore responsabilità e un
maggior empowerment del cittadino” (Paci
2005, 32).
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
È chiaro, però, che tali politiche abilitanti non
possono sostituire gli strumenti tradizionali di
protezione sociale che garantiscano agli individui il
godimento di diritti fondamentali.
Nel caso specifico, si è lontani dal pensare che
l’autocostruzione possa evitare l’intervento diretto del
pubblico nella costruzione di alloggi per categorie
svantaggiate, o le altre misure di edilizia sociale, ma
può costituire una risposta efficace per la domanda di
abitazioni espressa da una fascia intermedia,
composta soprattutto da giovani e da giovani adulti.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
Nel campo delle politiche abitative si evidenzia più
che altrove il carattere familistico del sistema di
welfare italiano, che tende implicitamente a scaricare
sulla
famiglia,
attraverso
meccanismi
di
compensazione e trasferimenti intergenerazionali
(solidarietà intergenerazionale), la tutela e la
garanzia del diritto all’abitare. In un simile modello di
welfare la famiglia rappresenta un attore
fondamentale, non tanto come beneficiario delle
politiche di welfare, quanto come soggetto erogatore
di assistenza.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
Il protagonismo familiare è però all’insegna di una
ambiguità di fondo tra delega e sussidiarietà, ossia
tra il trasferimento della responsabilità e degli oneri
dell’assistenza e la valorizzazione delle risorse
familiari. Affinché si operi in un’ottica di sussidiarietà
alle politiche pubbliche (sanitarie, sociali, educative,
abitative) si chiede di offrire un supporto reale alle
famiglie, affinché queste possano diventare soggetti
“competenti” nella gestione di problematiche
complesse e integrarsi nella rete dei servizi.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
In
quest’ottica,
in
controtendenza
con
l’orientamento prevalente, il sostegno offerto da
parte delle istituzioni pubbliche all’esperienza di
autocostruzione costituisce il riconoscimento
esplicito del ruolo che la famiglia ha da sempre
giocato, informalmente, nell’agevolare l’accesso
alla casa, e la valorizzazione del capitale
relazionale e della reciprocità che si sviluppa al
suo interno.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
Dal punto di vista dell’analisi delle politiche
pubbliche, l’autocostruzione rappresenta un buon
esempio di welfare mix, nella misura in cui
prevede il coinvolgimento dell’attore pubblico a
diversi livelli (Ministero, Regione, Provincia,
Comuni), in qualità di soggetto promotore, del
Terzo settore e del privato sociale in qualità di
Ente gestore, del privato (imprese edilizie,
fornitori ecc.) e della comunità civile
(autocostruttori) in qualità di realizzatori.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
I Requisiti imprescindibili per la riuscita di un progetto di
autocostruzione:
- la cooperazione a tutti i livelli: sia all’interno del gruppo di
autocostruttori, sia tra questi e l’Ente gestore, sia, infine, tra i diversi
attori istituzionali coinvolti, è l’elemento centrale del processo di
autocostruzione.
- la partecipazione costante degli autocostruttori: intesa
nell’accezione più alta del termine, come assunzione di
responsabilità diretta nei processi decisionali ed auto attivazione
- la disponibilità all’apprendimento: non solo rispetto
all’acquisizione di nuove competenze tecniche, ma anche, e
soprattutto, rispetto alle dinamiche relazionali ed ai processi
decisionali (apprendimento di altre culture, ma anche di modalità di
interazione più o meno formalizzate, si pensi alla gestione delle
riunioni, alla modalità con cui assumere le decisioni, ai processi
comunicativi, ecc.).
Comunità presunte e comunità
costruite
Si assiste nei discorsi pubblici a una nuova
enfasi sulla “comunità”, cui si guarda come
panacea di tutte le difficoltà che il sistema di
welfare incontra in termini di sostenibilità
economica, nella prospettiva di un ritrarsi del
pubblico e di una delega in toto a presunti
processi comunitari della cura del bene pubblico.
Comunità presunte e comunità
costruite
Esempi come quello qui presentato aprono,
invece, uno scenario differente, in cui la società
attiva e la comunità non siano una premessa
(scontata) per l’abbandono del welfare, ma una
conseguenza di un diretto investimento
pubblico, da parte del sistema complessivo dei
servizi, nella crescita dei territori, nella
capacitazione dei soggetti e nella costruzione
di reti di solidarietà.
Considerazioni (provvisorie e)
conclusive
In ultimo, il filo conduttore che lega
l’esperienza degli Amministratori, del Terzo
settore e della società civile, di cui sono
espressione gli autocostruttori, nei confronti
di questo progetto è l’aver creduto in una
politica non individualistica, che si basa
sulla cooperazione e l’inclusione, una
modalità di intervento vista ancora da molti
come un’utopia.