l Vinovese di Dicembre 2016 2016

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l Vinovese di Dicembre 2016 2016
Anno XXV
Numero 4
Dicembre 2016
RITIRIAMO
IL VOSTRO
ORO USATO
IN CAMBIO MERCE
Dott.ssa
Vanessa Brunetto
Biologa
Nutrizionista
NOTIZIARIO DELLA FAMIJA VINOVÈISA
Periodico trimestrale d’informazione e di cultura
Copia gratuita
Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 4463 del 1° Aprile 1992
L'EDITORIALE
Il Vinovese
allarga
il proprio
orizzonte
Per soddisfare le molte
richieste pervenute dai
nostri Lettori, il giornale
uscirà per la prima volta
dall’ambito cittadino, dando
spazio ad altre realtà locali.
Cominceremo con Candiolo e
la nostra corrispondente sarà
la sig.ra Angela Lanzetti Faule,
appassionata studiosa di storia
piemontese, da tutti conosciuta
come Angioletta, che entra a far
parte della redazione.
Auguro alla signora Lanzetti,
anche a nome della Famija
Vinovèisa, buon lavoro.
Sono orgoglioso nell’annunciare
che i nostri Lettori hanno
voluto premiare ancora una
volta la Famija Vinovèisa
con il 5‰; la scelta da loro
compiuta nella dichiarazione dei
redditi ha fruttato alla nostra
Associazione ben 1.700,00 euro,
che serviranno per pagare i
corsi biennali di aggiornamento
sull’uso del defibrillatore da
parte degli Operatori volontari.
Amici Lettori continuate a
sostenere la Famija Vinovèisa!
In via del tutto eccezionale
desidero esprimere tutta la mia
gratitudine al prof. Lodovico
Griffa, il redattore più anziano
de “Il Vinovese”. I suoi scritti
sono sempre originali, pieni di
poesia, appaganti nella lettura e
danno gran lustro al giornale.
E’ consuetudine chiudere
l’ultimo numero dell’anno con
i tradizionali ringraziamenti
ai Redattori del giornale,
all’Editore, ai Soci sovventori, a
tutti coloro che collaborano per
la buona riuscita dell’impresa
e infine agli amici Lettori e
simpatizzanti: a tutti giungano i
nostri migliori auguri di Buone
Feste.
Il Direttore
Pì
onestà
Pì agi
cor
Meno
fàussità
P
rispeìt
Pì
giustissia
Meno
miseria
Menuora
pa
Pì
amor
Meno
sagrin
Men
busìeo
Meno
silensi
Me
baldannsoa
gene Pì
rosità
Nella speranza che
i nostri desideri si avverino
nell’anno a venire
Meno
guère
Pì
pas
AUGURI!
La nascita di una passione
Attraverso l'arpa
bella musica classica
Vinovo, 29 ottobre 2016. La Prof.ssa Marciana Petrila presenta la
manifestazione e la sua allieva Eleonora Savio.
classica.
La terza edizione del 2016 è dedicata interamente all’arpa e ha
come obiettivi:
1. rendere omaggio all’arpa, far
conoscere al pubblico la magia e
la versatilità di questo bellissimo
strumento e il suo sterminato universo sonoro;
2. promuovere i giovani talenti;
3. valorizzare i punti storici e culturali della nostra città;
4. educare i ragazzi dei corsi di
musica, di strumento e di canto
dall’Associazione Culturale MusichiAMO e non, ad un percorso
didattico attraverso l’ascolto della
Gli artisti Vanja Contu all'arpa e Paolo Bianchi alla chitarra classica, con la
Prof.ssa Marciana Petrila alla fine del concerto in San Bartolomeo.
musica classica dal vivo.
La rassegna 2016 è stata organizzata in collaborazione con la
Famija Vinovéisa e con il Parroco
di Vinovo don Enrico Perucca.
I concerti hanno riscontrato un
grandissimo successo di pubblico
e hanno avuto come cornice la
preziosa Chiesa dei Batù (Santa
Croce) per il concerto del 29 ottobre e la Chiesa Parrocchiale di San
Bartolomeo per il concerto del 12
novembre, due gioielli simbolo di
cultura e arte a Vinovo. Vi diamo
appuntamento a settembre 2017
con la 4° rassegna concertistica
“Glissando”.
Eleonora Savio nel concerto d'arpa
presso la Confraternita di Santa Croce.
La Rassegna Concertistica “Glissando” è stata creata nel 2014
dall’arpista Marciana Petrila. Il
progetto nasce dall’ idea di creare
sul territorio una realtà musicale
di grande impatto artistico e culturale e per ampliare le possibilità di
svago per gli amanti della musica
Paolo Bianchi e Vanja Contu durante il concerto.
I CANTI DELLA
NOVENA DI
NATALE
Pag. 5
Lo “zloty” bucato ritorna al “vecio”
4
L’addio a Gigi Benso 6
È tempo per iscriversi alle “Nozze d’oro” 7
Il ricordo di Renzo Viola
21
Spettacolo solidale
21
La lunga vita di Rosina Gonella 24
Il dinamico ottantenne Bruno Cavallaro27
Le doti carismatiche di San Diego
29
I nostri morti
32
2 IL VINOVESE
LA TRAGEDIA
DEL 13 DICEMBRE 1916
Pag. 7
venti concorso
nove di cultura
simo piemontese
LA MISERICORDIA
NELL’ANNO GIUBILARE
Pag. 18
LE PREMIAZIONI
DEL XXIX
PREMIO DI POESIA
Pag. 8
L’ALLUVIONE
DEL 1951
NEL POLESINE
Pag. 22
IL PRESEPE
IMMAGINARIO
DI GOZZANO
Pag. 25
Di ritorno da Katsika
Quella settimana trascorsa
tra lezioni di vita e amore
per gli altri
Ormai è storia passata, nessuno
ne ha un minimo ricordo, solo
i non più giovani come il sottoscritto, che ha fatto ancora in
tempo ad ascoltare i racconti dei
vecchi reduci della campagna di
Grecia del 194O, ricordano i luoghi dai nomi pieni di reminescenze classiche come IGOUMENITZA,
KATSIKA, IOANNINA ecc. Oggi
questi nomi, dopo 76 anni (il
trascorrere del tempo è terribile)
ritornano puntuali alla mia mente, non più come luoghi di quella
sciagurata guerra dei nostri alpini, fanti e bersaglieri, ma per
fortuna attraverso gli occhi della
cara e simpatica Giulia Zerbin.
Questo è il diario scritto da
Giulia, che un paio di mesi fa
ha partecipato con i genitori, alla missione di pace organizzata
dalle suore Giuseppine di Vinovo
( le brave suore dell’ Asilo Rey) in
aiuto ai rifugiati e profughi siriani
in Grecia.
Gervasio Cambiano
I
l 27 ottobre 2016 io e la mia
famiglia, le suore ed altre persone
siamo partiti da Vinovo alle 4 del
mattino a bordo di pulmini e furgoncini con destinazione i campi
profughi della Grecia.
Siamo arrivati ad Ancona verso
le ore 12 e ci siamo imbarcati sul
traghetto che ha impiegato 16 ore
per arrivare ad IGOUMENITZA, un
porto dell’EPIRO.
La prima destinazione è stata il
magazzino vicino al campo profughi di KATSIKA e qui abbiano
scaricato gli scatoloni.
Abbiamo impiegato tutto il giorno
ed alla fine siamo andati a visitare
il campo li vicino.
All’ ingresso c’era l’Esercito greco
che controllava la sicurezza del
campo, in un altro angolo c’era
un hangar utilizzato come magazzino e dentro c’era il negozio
di indumenti vari, la Biblioteca,
l’area bambini e l’area breafing
dove i volontari organizzavano le
loro attività.
Il campo è un ex aeroporto militare ed il terreno è ricoperto di
pietre.
Era principalmente composto da
tende dove le persone ci vivevano
e quando pioveva si allagavano.
C’erano siriani scappati dalla guerra, alcuni anche a piedi, vivevano
con poco cibo, senza riscaldamento e con pochi vestiti.
Nel campo c’erano diverse aree
come ad esempio:
la scuola, l’area bellezza per le
donne, l’area dell’allattamento dei
Giulia Zerbin nel capannone deposito del campo di Katsika.
C'erano siriani
scappati
dalla guerra,
vivevano con
poco cibo, senza
riscaldamento e
con pochi vestiti.
neonati, l’area per pregare dove
c’era una moschea fatta a tenda.
Il secondo giorno ci siamo divisi in
2 gruppi; uno era andato ad aiutare nel campo, l’altro a riordinare il
magazzino.
Il terzo giorno il gruppo di cui facevo parte è andato a portare indumenti in un campo distante molti
kilometri, un hotel abbandonato
occupato da persone che arrivavano da PALMIRA e siamo andati in
un altro campo a consegnare altri
indumenti ed anche quello era in
un hotel abbandonato e poi siamo
ritornati a KATSIKA.
Lunedì ultimo giorno, alcuni hanno finito di riordinare il magazzino, altri sono andati ad acquistare
cibo.
Nel pomeriggio siamo andati a visitare l’ultimo campo a IOANNINA.
Ed anche questo era in una strut-
tura abbandonata occupata dalla
minoranza etnica degli IATZITI
per metà bambini.
La sera siamo ripartiti con destinazione porto di IGOUMENITZA e
da qui con il traghetto marittimo
siamo ritornati ad Ancona.
Siamo arrivati a VINOVO alle ore
1 del mattino dopo un lungo viaggio in autostrada e tangenziale.
Mi ha colpito aver incontrato persone che erano come noi ed erano
ricchi come noi ma, a causa della terribile guerra nei loro paesi
d’origine hanno perso tutto; ho
visto persone bisognose di affetto
ed erano contente di aver ricevuto
vestiti per trovare la dignità.
Mi hanno molto colpito i bambini
che mi hanno accolto e mi hanno
fatto giocare con loro, mi hanno
baciata ed abbracciata e mi hanno
reso felice.
Giulia
UN BARON ËD CANTON
Ëd vòte a l’é franch assè ciupì j’euj
che ‘nt un moment a së spataro ij feuj
ch’a l’han cujì minca pass ëd la vita
lassand pianà marcà come na scrita.
Arcòrd mossant a torno dun-a an ment
ch’a fan arvive ‘l cheur con fé content
tant pì che boneur e maleur gropà
a la bonora a peulo vnì arcordà.
Come ‘n seugn mascheugn mia gioventù,
svicia, a torna a tambusseme ‘nt ël cheur
për viseme ‘d tut lòn ch’i l’hai godù.
Tèra Monfrin-a, cun-a ‘d mi masnà,
ch’i l’hai lassate con ponta ‘d maleur...
i stanto ij tò canton ch’i l’hai chità.
Carlin Pòrta
Villar Perosa (TO)
IL VINOVESE 3
Candiolo, 25 settembre 2016. La sfilata dei Gruppi ANA per le vie del paese imbandierato a festa.
Per i loro ottant'anni di fondazione gli Alpini invadono Candiolo
Il portafortuna dello "zloty bucato"
ritorna nella tasca del "vecio"
Presenti sul palco le nostre due
Madrine P. Bevione Meina e M.
Mina Audero e il Reduce di Russia
(cl. 1916) Giovanni Alutto che ha
recitato la Preghiera dell’Alpino.
Per finire due momenti significativi.
La consegna di una moneta uno
“zloty bucato” da parte del Col. G.
Pezzo al suo legittimo proprietario,
il vecchio Alpino G. Alutto.
Moneta che era stata donata come
portafortuna per una missione in
Afghanistan.
Il colonnello e il Reduce si sono
di nuovo incontrati e lo “zloty
bucato” è tornato nel vecchio portamonete.
Il secondo momento riguarda la
consegna, da parte del Pres. Sez.
G.F. Revello, di una targa riguardante la nomina a Capogruppo
Onorario dell’Alpino Tarcisio
Bianchin, per il suo impegno, per
l’ attaccamento al Gruppo e per il
suo forte senso dell’Alpinità.
La festa è terminata col pranzo alpino dove nel corso del quale sono
state consegnate 18 pergamene
per omaggiare i Soci Alpini con più
di 50 anni di iscrizione all’ANA.
In conclusione, unitamente al C.D.
Il Gruppo Alpini ANA di Candiolo ritratti durante un momento di pausa dei
festeggiamenti per l'80° di fondazione.
Il Consiglio Direttivo del Gruppo
ha voluto festeggiare l’80° di fondazione con alcuni momenti significativi.
Si è iniziato il venerdi con una
rappresentazione teatrale comico-brillante della compagnia di
Moncalieri “il Siparietto”, con la
presenza del Consigliere sezionale
Elio Bechis.
Al sabato alle 16,30 al Cimitero è
stata scoperta e benedetta una lapide a ricordo dei Soci “Andati avanti” con la presenza del Consigliere
sezionale Ardemio Pavan e numerosi Soci del Gruppo.
Sempre nella giornata di sabato,
alla sera, la nostra Filarmonica A.
Vivaldi ci ha voluto omaggiare con
un concerto che si è concluso con
alcuni brani alpini e l’Inno d’Italia.
Alla domenica, con un inizio di
giornata all’insegna del bel tempo,
si è svolta la cerimonia ufficiale.
Presenti il Vessillo Sez. di Torino,
il Vessillo Sez. di Pinerolo e numerosi Gagliardetti in rappresentanza
4 IL VINOVESE
delle due Sezioni.
Numerose le Autorità: il nostro
Presidente Sezionale G.F. Revello
con alcuni Consiglieri, il Sindaco
di Candiolo S. Boccardo, con
altri Sindaci dei paesi vicini, il
presidente del Consiglio Com.
A. Spatrisano, il Consigliere naz.
Mauro Buttigliero, il col. G. Pezzo
Comandante la caserma M. Fiorito
di Candiolo.
Tutta la cerimonia si è svolta con
l’impeccabile organizzazione dei
cerimonieri sez. B. Marietta e L.
Defendini, sostituiti all’ultimo momento da R. Bratta e G. Balla.
Alzabandiera, onori ai Caduti al
Monumento, poi la sfilata con in
testa l’impareggiabile Filarmonica
A. Vivaldi, sosta al Nuovo Oratorio
con lo scoprimento e benedizione
di un gruppo statuario raffigurante
San G. Bosco, San D. Savio e un
bambino.
L’opera è stata realizzata da uno
scultore di Boves, Aldo Pellegrino.
La statua è stata donata dal
Gruppo di Candiolo, al Nuovo
Oratorio per l’occasione dell’ 80°
di Costituzione.
Un folto pubblico composto e
partecipante, formato da civili
e Alpini, ha assistito alla Santa
Messa celebrata all’aperto dal nostro Parroco Don Carlo.
ringrazio tutti i Soci e in modo particolare le Patronesse del Gruppo,
che hanno collaborato per la buona riuscita della ricorrenza.
W gli Alpini.
Il Capogruppo
Stefano Dalmasso
Piccolo mondo antico
I canti della
novena di Natale
di una volta
I
canti della novena di Natale,
presentati in latino, erano per lo
più incomprensibili, ma avevano
un loro fascino sottile, impalpabile, perché la loro indeterminatezza lasciava spazio, come voleva
Leopardi, alle immaginazioni della
fantasia, che è il pregio maggiore
della poesia.
Le profezie che si cantavano non
erano, contrariamente a quanto
direbbe il nome, testi di profeti
dell’Antico Testamento, ma frasi,
talvolta anche un po’ arbitrarie e
rozze, di scrittori dell’era cristiana
avanzata, estratte da testi antichi
e mal usate, le quali minacciavano
sterminio a chi sa quali immaginari nemici del popolo di Israele e vagheggiavano tutte una prospettiva
di predominio politico e militare,
e non la redenzione morale degli
uomini di tutte le razze, o una
aspettativa di vita eterna; quindi
preannunziavano un Messia politico e forse condottiero militare.
Prima della
novena ci si
scaldava un po'
nelle stalle in
un'atmosfera
intiepidita dal fiato
degli animali.
Noi le cantavamo senza comprendere bene che cosa volessero dire,
ma sentivamo una strana suggestione e con la fantasia vagheggiavamo una realtà ben diversa da
quella che esse prospettavano.
Intanto nel clima di attesa di quei
giorni pregustavamo la gioia della
grande festa imminente, che prometteva non predominio politico
e guerre, ma pace e serenità per
tutti gli uomini.
La gente del nostro villaggio contadino partecipava in massa alla
novena, forse l’unica celebrazione
che si tenesse a sera inoltrata.
Siccome d’inverno si cenava molto
presto, in attesa della funzione
religiosa ci si scaldava per un paio
d’ore nelle stalle, in cui l’atmosfera
era intiepidita, non dalle irradiazioni dei termosifoni, ma dal fiato
degli animali, proprio come nel
presepio.
Poi, all’ora dovuta, le donne, che
fino ad allora avevano sferruzzato
in cerchio attorno ad un lume a
petrolio o ad una lampadina di po-
Il presepe dei Commercianti e Artigiani di Vinovo allestito da Chiara Vallero,
Francessa ed Elisabetta Porporato.
chi watt, spesso spettegolando un
po’ (peculiarità che distingue gli
uomini dagli animali), si avvolgevano negli scialli e gli uomini, che
avevano sonnecchiato sdraiati sul
pajon, si coprivano con i mantelli
(le umili mantline!) e tutti ci recavamo in chiesa, portandovi insie-
me al sentimento religioso anche
il lezzo delle stalle, di cui eravamo
impregnati noi e i nostri abiti.
Il buon Giaculin Pipino dava il là
con l’organo e la volenterosa, anche se non sempre intonatissima,
cantoria, dispiegata su quella spe-
ËL SILENSI DËL NATAL
Ant un-a sèira d’un gris pì carià,
i vëdoma aussesse maestos l’erbo
che a arsèiv sota ij càud brass
la fé dj’òmini pien-a dë speransa.
Da l’àut ëd sò respir, na stèila,
an guida sicura ant ël silensi përdù
projetand na lus vers lë sconossù.
Varda-là! La gròta dla cantà pì bela.
Cola imagin d’un etèrn messagi,
dël fieul ëd Dé, n’òm ecessional
ant la preghiera d’un neuv linguagi.
Ant ël silensi chet ëd na sèira special,
noi is costudioma ant un përsonagi
che ant la Santa Neuit, an don-a ‘l Natal.
Giovanni Teti
Rivalta (TO)
cie di balconata, tuttora esistente, che chiamavano “orchestra”
distorcendo il vero significato di
questo termine, intonava il Regem
venturum Dominum venite adoremus, destinato a diventare il
ritornello cantato dai fedeli per
separare una profezia dall’altra.
Però molto spesso invece di regem
venturum si sentiva regem ventorum, variazione che involontariamente trasformava in re dei venti
il Bambino che stava per venire.
Poteva sembrare una deformazione un po’ blasfema agli occhi degli
uomini, ma non all’infinita bontà
del buon Dio, che vedeva quanto
fosse genuina la nostra buona volontà e quanto grande la nostra
ignoranza della lingua, che pure
cantavamo con religioso trasporto.
L’ultima profezia della serie, la più
gravida di roboanti e minacciose
promesse politiche, costituiva un
assolo ed era riservata di volta in
volta ad un singolo elemento della
cantoria (con quanta tenerezza
ricordo la bella voce baritonale di
Talino Aliberti o quella di Giovanni
Rena, alias Giuan dël Paté).
Era un pezzo di bravura esecutiva, in cui risaltavano con grande
evidenza i pregi del canto gregoriano, quel tesoro musicale che
i maldestri soloni della riforma
liturgica hanno sconsideratamente
buttato via.
Veniva poi l’inno En clara vox, che
chiaramente non ha grande valore
letterario, ma che con quell’aggettivo clara e con il succesivo
obscura quaeque personans, erroneamente interpretati dalla nostra
fantasia, ci suggeriva l’immagine
della miracolosa notte illuminata
da un chiarore soprannaturale.
Per finire ecco l’ultimo pezzo, l’unico tratto veramente dalle Sacre
Scritture: il solenne Magnificat che
possiamo leggere nel Vangelo di
Luca.
Qui sembra che i pregi del testo e
quelli delle musica gregoriana si
alleino per conferire grandiosità e
solennità all’inno, specie nell’intonazione iniziale.
Con questo canto corale la parte
veramente dedicata alla novena
cedeva il posto alla Benedizione
Eucaristica, durante la quale un’
ultima eco delle precedenti emozioni la sentivamo nella melodia,
tutta natalizia, del Tantum ergo,
intonato dalla voce, sempre un
po’ incerta e tremolante, di don
Aghemo, il tradizionale celebrante
di turno di tutte le Benedizioni.
Lodovico Griffa
IL VINOVESE 5
Luigi Benso in un momento felice della vita.
L'addio a Gigi Benso, un giovane amante della vita
Una pagina gloriosa
il volontariato
nella Croce Verde
Lo scorso mese di ottobre è prematuramente mancato presso l’Ospedale di Orbassano, Luigi Benso di
soli 41 anni dopo ben 7 anni di
malattia.
I Benso sono una delle famiglie
del ceppo più vecchio del paese,
stimati costruttori edili ad iniziare
dal nonno Mario.
Nel passato la famiglia fu già molto
colpita dalla sventura: prima la
scomparsa del fratello Franco nel
1996 in un incidente stradale, poi
il padre Beppe due anni fa.
Gigi fu apprezzato milite della
Croce Verde dal 1992 appena compiuto la maggiore età.
In questa Associazione spese moltissimo del proprio tempo.
Qui conobbe la cara Giorgia che
sposò poi nel 2013. Al funerale
una Chiesa strapiena come è raro
vederla. La Famija Vinovèisa senza parole si stringe alla mamma
Gabri rimasta sola e porge sentite
condoglianze.
Così lo ricorda
la moglie Giorgia
Mi avevano detto fin da piccola,
che la vita sarebbe stata dura, ma
non pensavo fino a questo punto.
Insieme ne abbiamo passate tante
belle e brutte, ma quelle indelebili
sono quelle belle, perché tu mi
hai insegnato così ... vivere ogni
istante della vita, correre e sfrecciare ai cento all'ora, perché non
si sa mai quanta benzina si ha
fino all'ultimo. Hai vissuto così
e questo ti fa onore, tu hai insegnato a noi cosa vuol dire non
arrendersi mai.
La forza per affrontare la vita senza di te la troverò seguendo i tuoi
insegnamenti e so che tu sarai
sempre al mio fianco. Grazie per
tutto quello che ci hai insegnato,
ora dobbiamo seguire i tuoi consigli ... quindi vivi la vita sempre
... perché è una sola, grazie per
l'amore che mi hai dato. Ti amo.
Giorgia
La Caritas di Vinovo:
beneficenza in vetrina
La CARITAS venne fondata nel
1971 per volontà di quel grande Papa che fu Paolo VI. A
Vinovo venne ufficialmente organizzata alla metà degli anni '80
dello scorso secolo per iniziativa
di don Gerardo Russo l’allora
Parroco di San Bartolomeo. Un
gruppo composto da una decina di donne e qualche uomo
costituì il primo nucleo attivo.
Furono aiutate le prime famiglie
con pacchi viveri, abiti usati,
ecc. Poi la collaborazione con
le Parrocchie di Candiolo e di
Garino (fino al 1997 aveva don
Rota come Parroco). Negli anni
'90 avvenne il collegamento con
l’iniziativa della Diocesi del Banco
Alimentare che rese più razionale
la distribuzione dei pacchi di alimentari.
'L CANTON
DEL BARBOTON
‘L BARBOTON
A BORBOTA PERCHÉ...
'L barboton brontola perché nei riti sacri, invece delle dolci melodie
e delle frasi rituali, magari misteriose ma cariche di fascino, sentiamo
testi di una banalità deprimente e musiche rockeggianti, la cui sede
naturale sarebbero le discoteche o le tumultuose adunate giovanili,
destinate alle barbariche urla dei cantanti moderni e ai contorcimenti
di chitarristi tarantolati, i quali, come suole dire sorridendo un mio
vecchio conoscente, parruccone come me, suonano ( o, meglio, credono di suonare) dimenando animalescamente il fondoschiena e le
parti meno nobili del corpo.
Lodovico Griffa
6 IL VINOVESE
Un giorno insieme
dopo sessant'anni di vita
Con immenso piacere ho aderito
alla festa organizzata domenica 30 ottobre per festeggiare i
nostri 60 anni. La festa è iniziata
con la Santa Messa delle ore
11,15 celebrata da Don Enrico
che ci ha fatto gli auguri. La giornata è proseguita al ristorante
“SILVANA” a Piobesi dove abbiamo gustato un ottimo pranzo
accompagnato da una musica
che ha coinvolto tutti. A ricordo della festa abbiamo
ricevuto una rosa e un calendario dei ricordi relativo all'anno
della nostra nascita che abbiamo
apprezzato con molta gioia. Un
ringraziamento doveroso e meritevole alle organizzatrici Lucia
Ranieri e Anna Natascia Galli. Arrivederci!
Rosanna Bergamasco Usan
Venerdì 13 dicembre 1916
Le slavine si abbatterono su
10.000 soldati italiani
al fronte
E
sattamente 100 anni fa mezzo
mondo ed in particolare la vecchia
Europa era dilaniata da quell’atroce guerra da tutti conosciuta come
Grande, ma che di grande aveva
solo l’immenso numero di poveri
uomini (ed anche donne) coinvolti.
Per l’Italia, paese unito in una sola
Nazione da soli 55 anni, in pratica
solo due generazioni, povero di
risorse e ricco solo di una stentata
agricoltura, il fronte passava dal
Veneto, Trentino e Friuli.
Nel dicembre 1916 qualcosa come
un milione di uomini, tra i venti
anni (di leva) ed i trenta anni (gli
ultimi richiamati) erano travolti
dalle tre storiche maledizioni del
soldato: la fame, il freddo e la paura sopportate nella trincee piene di
fango, topi e pidocchi.
Sul fronte alpino cioè in alta montagna la natura che sempre fa il
suo corso senza guardare gli uomini, in quel dicembre 1916 si fece sentire con fortissime nevicate
seguite da brevi micidiali momenti
di improvvisi alzamenti della temperatura.
Questo provocò enormi valanghe
e slavine che si abbatterono sulle
trincee, baraccamenti, postazioni
ecc. e sulla povera umanità che li
presidiava.
Venerdì 13 dicembre il giorno di
Santa Lucia, il giorno della luce,
caro alla tradizione cristiana, fu il
più terribile: le slavine si abbatterono su circa 10.000 soldati italiani (ma anche dall’altro lato della
linea del fuoco sugli austriaci),
quel giorno passò alla storia come
il venerdì bianco.
I luoghi più colpiti in quel disgraziato 13 dicembre furono il Monte
Castelletto nella zona delle Tofane,
un po’ tutta la Val Travenanzes,
la zona del Padeon-Valgrande e
del Monte Forame, e poi la Valle
Andraz, il Pian di Stanzon, la
Malga Ces-Colbricon, e la Malga
Lavedole.
Non fu risparmiato neanche il
Monte Baldo, la località di alta
quota detta Baita Forgnuncolo nella Va di Viso a quota 2100 sull’Adamello. In quest’ultimo luogo al
Passo della Lobbia Alta sui 3000
metri c’era anche il ten Guglielmo
Canavero di Vinovo al comando
delle salmerie del Battaglione alpino Monte Mandrone trasportate su
slitte trainate dai cani.
Nella zona del Pasubio le valanghe colpirono Cima Palon, il Coni
Messa sulla Marmolada per gli austriaci. Sullo sfondo il Sassolungo e il passo Sella.
Le copiose nevicate
con improvvisi
sbalzi termici
provocarono
valanghe sulle
trincee.
Zugna e Passo Buole nel Trentino
meridionale diventati poi tristemente celebri per le migliaia
di morti, il Monte Novegno e la
Bocchetta di Campiglia. Sul famoso monte Castelletto delle Tofane
l’immane valanga provocò ben 95
morti in un colpo solo: tutti artiglieri alpini della 3ª batteria del 1º
reggimento Artiglieria Alpina. Le
povere vittime furono recuperate
solamente in primavera e sepolte
in un cimitero appositamente creato. Tra questi morti c’erano giovani alpini di Cantalupa, Bruino,
Almese, Scalenghe, Pecetto e parecchi canavesani.
Sulla Marmolada una valanga travolse cinquecento uomini in un
colpo solo e ben trecento morirono soffocati sotto la bianca coltre.
La strada delle Dolomiti interrotta da decine di metri di neve, fu
faticosamente riaperta da immani
fatiche di alpini che scavarono una
trincea alta più di quindici metri.
Dall’altro lato di quel fronte anche 300 poveracci soldati austriaci
morirono asfissiati sotto la neve
caduta in egual quantità.
Ma nonostante tutto questo la
guerra continuò ancora per quasi
due anni.
Gervasio Cambiano
comunicare il loro nominativo,
entro il 30 marzo 2017 a:
Giardino Fiorito, via Marconi 35
o telefonando a Marco Magliano
(tel. 011 9656335), o a Dino Sibona (tel. 339 7576096).
Le sottoscrizioni
sono ossigeno
per la nostra
associazione
Tornano le nozze
d'oro: è tempo
per iscriversi
Anche nel 2017 la Famija Vinovèisa intende festeggiare le
coppie che si sono unite in matrimonio nel 1967 e anni precedenti.
Alcune di esse sono già state
contattate, ma altre non riusciamo a rintracciarle.
L'appuntamento è fissato per
domenica 28 maggio p.v. nella Chiesa di S. Bartolomeo a
Vinovo, dove alle ore 11,15 verrà
celebrata una S. Messa a loro
riservata.
Invitiamo tutti coloro che raggiungono il prestigioso traguardo delle nozze d'oro o che hanno superato i 50 anni di matrimonio e che non siano state
contattate a voler cortesemente
In questo periodo i nostri incaricati sono impegnati nella campagna di tesseramento 2017.
Si tratta di un impegno molto
importante, perché, oltre al rinnovamento tessere per i vecchi
Soci, è di vitale importanza la
ricerca di nuove adesioni.
Oggi la nostra associazione sopravvive grazie al finanziamento
sostenuto dai Soci.
L’obolo minimo richiesto ai Soci
è di € 20 che detratte le spese
per il giornale e il calendario
(distribuiti gratuitamente a tutti i
Soci) rimane poco per le attività
dell’Associazione che sono tutte orientate a scopo benefico.
Ancora una volta dalle pagine
del giornale, vogliamo porgere un ringraziamento a tutti i
contribuenti che con la scelta a
favore della “Famija Vinovèisa”,
ci hanno consentito di usufruire
anche quest’anno del contributo erariale del “5 x Mille”.
IL VINOVESE 7
venti concorso
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nove di cultu
simo piemontese
venti
nove
simo
Alla Biblioteca comunale una serata dedicata alla cultura
Le premiazioni del
XXIX concorso di poesia e
cultura piemontese
L
a XXIX edizione del Concorso
vinovese è stata caratterizzata
dalla forte attualità dei temi trattati negli elaborati che sono pervenuti dall’Italia e dall’estero.
Già nel 2015 il concorso aveva
“svoltato pagina” perché i temi proposti coglievano anche le
problematiche della realtà che
stiamo vivendo e quest’anno ha
ancora allargato i propri orizzonti e, la risposta è stata la forte
partecipazione di tanti autori di
prose e di poesie, decisamente
ancora incrementata rispetto agli
scorsi anni.
Il tema delle migrazioni di ieri,
raccontate sia in italiano che in
piemontese, di cui sono stati protagonisti molti nostri nonni, sin
dalla metà del 1800, che hanno
visto i piemontesi percorrere le
strade del mondo per cercare lavoro, casa ed una vita migliore, si
affianca alle migrazioni dei giovani di oggi così come descritte dal
CREOLA
Un viso dolce
che unisce tratti somatici
dell'Amazzonia
e dell'Asia
incerta e mitica terra d'origine.
Ogni movimento
ricorda i gesti sacerdotali
degli antichi riti
prima di quella che molti
hanno denominato civilizzazione.
Gli occhi uniscono dolcezza e timidezza
ma lasciano trasparire
una fierezza indomita
che ha i sapori della foresta
dopo una grande pioggia.
L'assessore alle Manifestazioni di
Vinovo Maria Teresa Mairo, nel
suo intervento di saluto durante la
serata.
Rapporto Migrantes 2016.
Questi flussi dall’Italia nel mondo si intrecciano ai flussi, verso
l’Italia, altrettanto intensi e con
quasi le stesse motivazioni che
Riti magici pieni di spiritualità
che invocano la cadenza del tempo
i colori che ne coprono il corpo
sono l'auspicio di pace
e di amore verso l'universo.
SEZIONE: POESIA IN ITALIANO
Premio
Vincitore/trice
Opera vincente
Località di residenza
del vincitore
1° Premio
Gabriella Savarino
2° Premio
Pina Meloni
3° Premio
Maria Accorinti
4° Premio
Antonio Fania
4° Premio
Walter Olivetti
Piemontesi popolo di
emigranti ora come
allora
Di cielo e di mare
Antica filastrocca
Creola Sbuffi di fumo
Val della Torre (TO)
PARI MERITO
Natalia Bertagna
Luigi Umberto Casetta
Pina Meloni
Gianalberto Miglio
Attilio Rossi
Marisa Sacco
Giovanni Teti
Virgilio e Teresita /
Fili d'erba
È la sera l'ora / Anima
Notte stellata
Panama
Lo sguardo
dell'emigrante /
L'ultima speranza
Uomini senza fede
Natale / Nozze d'oro
È nata una pianta
Moncalieri (TO)
PREMIO Elodie Maria Melano
SPECIALE
internazionale
Motivazione
Per l'impegno profuso e
la felice combinazione
tra arte e fantasia
Migrare / Sentore di Castagnole Piemonte (TO)
luna / Il giglio marino
Nichelino (TO)
Nichelino (TO)
Vinovo (TO)
Vinovo (TO)
Villafranca Piemonte (TO)
Nichelino (TO)
Poirino (TO)
Carmagnola (TO)
Moncalieri (TO)
Rivalta (TO)
Attilio Fania
Vinovo (TO)
scatenarono quelli “di ieri”, e in
parte, motivano quelli di oggi che
portano “i Millennials” a cercare
fortuna all’estero.
La Commissione valutatrice,
composta anche quest’anno da
Vera Miletto Scuero, Gervasio
Cambiano, Censin Pich, Giuseppe
Perrone e Graziella Pace, ha esaminato gli elaborati in numerose
riunioni ed ha colto quanto ricorresse, frequentemente, il “fil
rouge” delle migrazioni.
Quelle di oggi che vedono il nostro Paese in primo piano, sono
caratterizzate da dolore, sofferenza ma anche da tanta speranza e coraggio dato dalla forza di
chi crede nel futuro e negli esseri
umani.
Da Argentina e Francia sono
giunti tre degli elaborati premiati: Geneviève Bardin, parigina e veterana del Concorso
cui partecipa da moltissimi anni, è stata premiata per “Il caffè dell’integrazione”, Giordano
Regina, anche lei residente in
Francia, è stata premiata per
“Arcòrd” e Silvana Neuman, argentina, ha avuto il premio per
“Generazioni”.
Una particolare menzione ha
8 IL VINOVESE
concorso
di cultura
piemontese
ANTICA FILASTROCCA
La Sig.na Elodie Melano ritira il premio speciale della Giuria, assegnatole
per l'impegno profuso e la felice combinazione tra arte e fantasia.
PIEMONTESI POPOLO DI
EMIGRANTI ORA COME ALLORA
Nel lontano passato ancora bambini
il nonno materno più volte parlava
tenendoci sulle ginocchia vicini vicini
di una famiglia parente che più non tornava.
Ci mettevano in silenzio in ascolto
era un racconto lungo e toccante
calde stille rigavano il suo volto
si percepiva in lui un dolore straziante.
Indicava se non erro e ricordo ancora
fine ottocento inizio novecento quando essa è partita
in cerca di fortuna era in estrema povertà allora
desiderava migliorar soltanto la loro vita.
Le poche cose possedute raccolte in valigie di cartone
non rammento dove il Piroscafo sia salpato
il nonno lo descrive ricolmo di persone
diretto in America dove in seguito è arrivato.
Chi sa, chi lo sa,
chi sa, chi lo sa,
ritorna alla mente
questa antica filastrocca,
il giorno era grigio,
e il cielo oscurato dalle nuvole.
Seduto sotto il pergolato
mio nonno sonnecchiava,
mi raccontava dei suoi giorni incerti
della sua vita faticosa
e del tempo passato troppo in fretta,
mi raccontava del suo sogno di partire
per un viaggio lontano,
sognava il cielo azzurro dell’Argentina
ma scoppiò la guerra e quel cielo
non gli sembrò più tanto azzurro
gli sembrò incerto e non partì,
col pensiero intrecciava
filigrana di dubbi
e il suo sguardo accarezzava
il mio stupore,
la sera seduti attorno al braciere
alla luce di un lume
guardavo le sue mani, segnate dalla fatica
mentre recitava piano le sue preghiere.
Fuori il vento raspava sui vetri
e il freddo aveva già spento
il rosso delle rose,
stasera il tempo è vento,
cigolano le porte rugginose
e arginano il cuore
da quel giorno lontano,
chi sa, chi lo sa, “ripeteva”
non lo sapremo mai,
chi sa, chi lo sa,
mio nonno aveva ragione
meglio una delusione
che vivere tutta la vita
con un rimpianto nel cuore.
Maria Accorinti
Nichelino (TO)
Negli anni successivi fitta corrispondenza
non era certamente come si era pensato
o si sognava di trovare prima della partenza
niente era facile neanche in quello Stato.
Gradatamente le lettere si fecero più rare
fino a scomparire dopo qualche lustro
il nonno pensò felice stanno per tornare
hanno delle radici rimpianto e rinvenire è giusto.
Per questi suoi parenti provava immensa nostalgia
ma nel nostro bel paesino non sono più tornati
il ricordo si è fermato a quando andaron via
a quell'ultimo istante che li ha abbracciati.
Il nonno è mancato da molti ormai decenni
di questi suoi parenti nulla si è più saputo
ma i suoi racconti son tutt'ora indenni
con la speranza che la fortuna essi abbiano avuto.
Ora ad emigrare sono i miei nipoti
ora come allora in cerca di lavoro
i perché son tanti e tristemente noti
si riprende quindi a soffrir per loro.
Piemonte da sempre Patria di emigranti
ora tocca i tuoi giovani talenti a dover partire
fa che a tornare alle tue radici siano poi in tanti
e questa situazione di incertezza abbia a finire.
Gabriella Savarino
Val della Torre (TO)
2ª classificata per la poesia in italiano, la Sig.ra Pina Meloni.
IL VINOVESE 9
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MIGRARE
Brilla e tintinna quest'ultimo giorno
terso d'autunno pungente e dorato
di sole e vento. Con l'occhio abbagliato
scruti la luce che pervade intorno:
alberi, campi e strade. Tutto è adorno
di preziosi raggi l'abitato
bianchi e sottili. L'addio accorato
a chi par non farà mai più ritorno
non stringe tanto violento alla gola
come l'incognito partir di stormi
da questa terra che l'umido adora
veli danzanti nel cielo enormi
abbandonano il bosco che scolora.
Sussurra Ottobre alla terra: "Ora dormi".
Elodie Maria Melano
Castagnole Piemonte (TO)
Gervasio Cambiano premia il 4° classificato per la poesia in italiano
il Sig. Attilio Fania di Vinovo.
SBUFFI DI FUMO
Le "migrazioni"
più che mai
attuali sono il
tema centrale del
concorso.
Il tempo scorreva in balìa degli eventi
nell’Italia avvilita dei primi anni venti,
oziavo distesa sui gradini di casa
con la mente confusa e dai pensieri pervasa,
lo sguardo esitante si perdeva nel vuoto,
il futuro era incerto il domani era ignoto.
meritato la giovanissima vinovese Erika Prencipe che ha meritato il Premio Speciale della
sezione “Prosa in Italiano” per
il suo elaborato “Il mio eroe
preferito”; la giovane ha partecipato al Concorso anche con l’elaborato “Un incontro da paura”.
Erika rappresenta il futuro del
Nutrire speranze era sempre più vano
la vita era ardua e sfuggiva di mano,
giunto ad un bivio cercavo il coraggio
per sfuggire dall’ansia che mi teneva in ostaggio,
lasciare gli affetti del mio antico passato,
le radici profonde a cui ero legato.
Un sogno di carta, illusione o promessa,
dove la vita è diversa a non è più la stessa,
inseguivo distante, oltre già l’orizzonte,
una meta lontana dal mio amato Piemonte,
l’oceano era immenso, una grande piscina,
attirato e sedotto da una terra latina.
Senza più indugi la valigia era pronta,
qualche foto sbiadita che lasciava l’impronta,
la nave salpava e si allontanava dal molo,
la speranza cresceva, non mi sentivo più solo,
non poteva svanire un domani migliore
tra gli sbuffi di fumo d’un battello a vapore.
Walter Olivetti
Vinovo (TO)
Il vinovese Walter Olivetti mentre ritira il premio come 4° classificato per la
poesia in italiano.
DI CIELO E DI MARE
Calda, dorata...
"Sembra il disco del sole
la pizza, appena sfornata".
Pensa Yassir, e sorride: alla
gente che ordina e mangia.
Un'ombra di tristezza
infinita è nei limpidi occhioni
quando sente parlare
dell'ennesima tragedia dei Barconi.
L'impasto di acqua e farina cresce
lievita, sale sale ... sorride Yassir,
ma una sete impellente l'assale
e rivive l'angoscia di quei giorni
di cielo e di mare.
Maria Accorinti 3ª classificata per la poesia italiana.
10 IL VINOVESE
Pina Meloni
Nichelino (TO)
concorso
di cultura
piemontese
2° premio per la prosa in italiano alla Sig.ra Alessandra Forlani.
Concorso e questo è stato sottolineato nella consegna del premio.
Le “voci” della premiazione sono state Giuseppe Perrone e
Gervasio Cambiano ma la vera
interprete degli elaborati da cui
sono stati estratti alcuni passi
e sintesi per raccontare tracce
di vita e testimonianze, è stata
Graziella Pace che, con la sua
sensibilità, ha dato vita ed anima
ai personaggi descritti.
Le storie si sono così materializzate ed i personaggi sono diventati vere e proprie presenze.
Un grazie particolare va alla
Responsabile della Biblioteca
Comunale, che ha ospitato la
premiazione, Eliana Littarru che
SEZIONE: PROSA IN ITALIANO
Premio
Vincitore/trice
Opera vincente
Località di residenza
del vincitore
1° Premio
Santi Maimone
2° Premio
Alessandra Forlani
3° Premio
Enzo Aliberti
4° Premio
Attilio Rossi
Carmagnola (TO)
Bra (CN)
Il prodigio di Fatima
Barolo-Buenos Aires andata e ritorno
Migrante per ventura
Il dolce tempo delle mele
Canelli (AT)
Carmagnola (TO)
PARI MERITO Per uno o più elaborati inviati
Agnese Casetta
Un'avventura triste/
Borgaretto (TO)
il mio amico Cro Cro
Giuseppe Mario Cerra
Storia d'emigrazione di Carmagnola (TO)
una famiglia del
Piemonte
Giovanni Cianchetti
Correvano gli anni...
Grugliasco (TO)
La storia si ripete
Angioletta Faule
Storie d'emigrazione
Candiolo (TO)
a Candiolo
Mario Lovisolo
Tunen e le crepe /
Nizza Monferrato (AT)
Séra a Pinot
Giannalberto Miglio
L'università della pizza/ Poirino (TO)
Vuoti d'aria / Storie di
casa mia / La passiensa
a lè la virtù du fòrt...
Luciana Rizzotti
Esuli
Bra (CN)
Mariuccia Sandrone
La mia vita
Orbassano (TO)
Valentina Scandalitta
Storie d'emigrazione dei Nichelino (TO)
piemontesi nel mondo
Giovanni Teti
La sentinella /
Rivalta (TO)
Nettare di vita
V. Alfredo Zanellato
Venezuela
Pralormo (TO)
PREMIO SPECIALE
internazionale
Motivazione
La dott.ressa Graziella Pace ha
brillantemente presentato la
manifestazione.
3° classificato per la prosa in italiano il Sig. Enzo Aliberti
Geneviève Bardin
Il caffé dell'integrazioneParigi (Francia)
Silvana Neuman
Generazioni
Argentina
Il mio eroe preferito.
Un incontro da paura
Vinovo (TO)
Per la costante volontà
di mantenere le tradizioni
Piemontesi all'estero
PREMIO Erika Prencipe
SPECIALE
Motivazione
Con l'augurio di
proseguire sulla strada
della prosa poetica
IL VINOVESE 11
venti concorso
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simo piemontese
venti
nove
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Il mio eroe preferito: gli eroi veri sono quelli in
carne ed ossa, quelli che con il loro esempio
e i loro piccoli o grandi esempi ci suscitano
ammirazione e gratitudine
Fin dai tempi più remoti l'uomo ha bisogno di modelli positivi
cossiché, imitandoli, possa migliorare se stesso.
Ulisse, Achille, Re Artù, Lancillotto, sono personaggi della
letteratura creati così coraggiosi, altruisti, generosi, in gamba,
forti, astuti, che gli uomini non potevano resistere al desiderio
di imitarli.
Ogni ragazzino al giorno d'oggi ha un super-eroe preferito,
quello che stima di più, o che ha dei super-poteri; ogni ragazzino ha visto almeno una volta il film o il cartone animato di cui
il super-eroe è il protagonista o, ha comprato un giocattolo che
ne riproduce la fattezze.
La maggior parte di questi eroi sono "super", cioè fuori dal normale, persone non reali, frutto di una fervida immaginazione.
Ma se noi togliamo dalla parola super-eroe il prefisso "super",
uscirà eroe, cioè una persona speciale sì, ma allo stesso tempo
"normale", senza poteri soprannaturali.
Per molte persone gli eroi sono coloro che compiono qualcosa
di straordinario e che per questo finiscono sotto i riflettori,
individui che non passano inosservati.
Invece, secondo me, i veri eroi sono persone nascoste fra la
gente, sono coloro che pensano che quello che fanno sia un
dovere, che le loro azioni siano comuni.
Io parlo delle mamme, donne forti, coraggiose, che non si
aspettano ricompense, che non vengono pagate.
Le mamnne hanno una festa dedicata a loro, ma secondo me
dovrebbero essere festeggiate in altre due feste: quelle dei lavoratori e quella delle donne, anzi, dovrebbero essere festeggiate
con riconoscenza ogni giorno!
Le mamme fanno i lavori in casa, accudiscono i figli, e perfino
lavorano fuori casa!
Ovviamente il mio eroe preferito è la mia mamma: una persona
magnifica che mi fa crescere e spera che diventi una splendida
adulta, che mi aiuta a coltivare i miei sogni; la mamma è la mia
valvola di sfogo, è l'unica persona che, se chiedi un consiglio, ti
suggerirà la scelta più giusta, perché non ha secondi fini.
Mia mamma mi ha regalato molte cose di lei e sono orgogliosa
quando mi dicono che sono la sua fotocopia.
Vorrei farle capire che io le voglio bene per davvero, anche
quando sembro svogliata, poco partecipe, sopratttto a casa.
Per me la mamma è come un grande architetto: costruisce i
grandi monumenti, enormi, visti da tutti, ma nei libri di storia
raramente appare. I grandi monumenti siamo io e mio fratello:
lei realizza i progetti, materiale e voglia di fare, io e mio fratello
siamo i muratori che (alla fine) portano a termine l'opera,
guidati dall'architetto.
Le grandi persone sono fra noi e lottano ogni giorno per raggiungere degli ideali e non si fermano davanti ad alcun ostacolo.
Queste persone meritano l'appellativo di "eroe", o anche un
nome che non c'è nella lingua corrente.
Per concludere desidero dedicare questo testo a mia mamma
perché, dopo aver parlato così bene di lei, non potrei non farlo,
sia perché questo è uno dei pochi modi per ringraziarla, sia per
dirle un grande "ti voglio bene".
offre sempre la sua totale disponibilità per l’iniziativa.
Ovviamente l’organizzazione è
stata, come sempre perfetta, come ha sottolineato l’Assessore alla
Cultura Maria Teresa Mairo, già
più volte Sindaco di Vinovo che
sente profondamente “suo” il territorio vinovese.
1° premio per la prosa in italiano a Santi Maimone di Carmagnola.
Erika Prencipe
Vinovo (TO)
nergia e di collaborazione fattiva
in cui tutti sono parte integrante
di un perfetto ingranaggio.
Questi sono gli elementi che permettono alla Famija di essere una
forza trainante, sotto il profilo
culturale e non solo, del territorio vinovese, tant’è, che ogni
mese dell’anno, viene realizzata
La Famija Vinovéisa, presieduta una manifestazione che fa da
da anni con grande oculatezza da calamita per Vinovo e dintorni.
Dino Sibona, è un esempio di si- Poi, come ogni anno, la Famija
12 IL VINOVESE
Premio speciale a Erika Prencipe qui con la mamma, con l'augurio di proseguire sulla strada della prosa poetica.
Attilio Rossi 4° classificato per la poesia in italiano.
concorso
di cultura
piemontese
SEZIONE: PROSA EN PIEMONTEIS
Premio
Vincitore/trice
Opera vincente
1° Premio
Giannalberto Miglio
2° Premio
Luciano Milanese
3° Premio
Daniele Anna Bossone
4° Premio
Giuseppe Sanero
5° Premio
Luciano Ravizza
PARI MERITO Con uno o più elaborati
Gian Antonio Bertalamia
Agostino Bruno
Maria Teresa Cantamessa Andrina
Italo Cavalli
Adriano Cavallo
Roberto Forcherio
Mary Novaria
Carlin Pòrta
Candida Rabia
Attilio Rossi
Giovanni Teti
Luigi Vaira
PREMIO Riccardo Ortolano
SPECIALE
internazionale
Motivazione Per l'impegno dimostrato
nell'apprendimento e
nella divulgazione della
Lingua Piemontese
lievo sarà la Mostra dei Presepi,
che ha raggiunto una notorietà
interregionale; dall’8 dicembre
al’8 gennaio, presso la Chiesa
dei Batù, o Chiesa di Santa
Croce, verranno esposti presepi
di tutti i tipi e di tutti i generi
Località di residenza
del vincitore
Leu dla memoria Poirino (TO)
Ël miracòl ëd le nòsse Poirino (TO)
'd Cana a l'incontrari o
o 'l vin anmascà
Valis ëd cartron, barconCuneo
ëd tòla: le stra dla
spernasa sun sempre
le midesme
La rasura du Brossaj Carmagnola (TO)
L'apcà Castell'Alfero (AT)
Flipòt, ël mèdic condòt Carmagnola (TO)
Nòno matè e so nvdod Nichelino (TO)
Carleto
Na scàtola 'd cartron
Ivrea (TO)
La ca da Steila
Mia veja casòta...
Che carli-a fieuj!
El viagi ëd Gian (ant
la parlada canavsan-a)
Cand as dev fè fagòt
Un linseul dla regi-a
për fàrdel
Le vigne ... dë dlà dël mar
El castel
El barba dl'America /
Mia ca / Mnestra ëd
rave / La negossianta
Me nvod
che spaziano dal classico al più
originale realizzati con materiali
usuali e molto originali e soprattutto da artisti, perché così
devono essere chiamati gli autori
di queste opere d’arte, di tutte le
età e anche molto molto giovani.
Gianalberto Miglio di Poirino ritira il 1° premio per la prosa in lingua piemontese dal Prof. Pino Perrone.
Torino
Cuneo
Collegno (TO)
Borgofranco d'Ivrea (TO)
Claudio Balbi alla chitarra in accompagnamento di Claudio Caracciolo.
edita il ben noto Calendario,
giunto alla XX Edizione e che
quest’anno riporta i piloni votivi
del vinovese cui è molto legata
sia la tradizione popolare che la
devozione dei fedeli. Il tutto è
“condito” con massime e detti in
italiano e piemontese.
Il prossimo evento di grande ri-
Villar Perosa (TO)
Cuneo
Carmagnola (TO)
Rivalta (TO)
Sommariva del Bosco (CN)
Vinovo (TO)
Il cantante folk piemontese Claudio
Caracciolo nella performance durante la manifestazione.
Una Famija Vinovèisa sempre in
movimento alla ricerca di nuove
motivazioni per sviluppare integrazione sul territorio e spunti
per diffonderne la bellezza e le
peculiarità.
A conclusione, la funzionaria
della Regione Piemonte ha consegnato alla giuria, al Presidente
della Famija Vinovèisa Dino
Sibona alcuni omaggi a testimonianza dell’apprezzamento dell’
Amministrazione per il lavoro
svolto, da sempre, per diffondere
2° classificato per la prosa in piemontese il Sig. Luciano Milanese.
IL VINOVESE 13
venti concorso
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nove di cultu
simo piemontese
ANT LA CORT ËD LA CA DIJ MÉ
Riccardo Ortolano di Vinovo ritira il premio speciale della Giuria per la
prosa in piemontese assegnatogli con la motivazione per l'impegno dimostrato nell'apprendimento e nella divulgazione della lingua piemontese.
Con ël biròcc da ‘n bianch tendon quatà
al tir d’un caval ësbors e dësfiancà,
nunsià dal breugg përfond d’un còrn da cassa,
d’un bòt ël mërcandin la stra a lassa,
intra ‘nt la cort ëd la borgià “Brisà”
deurb ël tendon, ancamin-a ‘l mërcà.
“Lingerìe, liasse, boton da camise,
spose, madame i l’heu ‘dcò le frìse!”
Sò arciam l’é ‘nciarmant, seurt feura la gent
a s’ampiniss la cort an pòchi moment;
dle fomne marcandiso, son decise,
nen tròp veulo spende për pòche frise.
Le pì giovo a sërco ‘d lingerìe
a la mòda, nompà ‘d folatarìe,
a fogno ‘ntrames brajëtte e pissèt
prové veuolo ‘dcò ‘d vaporos corslèt;
slanso d’ociade fin tròp birichin-e
dontrè masnà motobin birbantin-e.
Për la dòta ste mariòire ‘nmatisso
com parpajole danton a svolasso
serno ij linseuj, mantij e fodrëtte
da buté ‘nt ël còfo con le sërviëtte.
Manca nen chi a cus opur ricama,
diaj, gucie, tut ël mërcandin declama:
“a-i son ëscàmpoj tisòire e gormisej
as peul fé dij faudaj, cotin e mantej!”.
Tòst sò mërcà l’ha finì ‘l mërcandin,
ancros ëd salut, svolassé ‘d cotin
jë strop as dësparpajo dle madamin;
come d’oslòt artorno a sò camin.
Luciano Milanese
Poirino (TO)
LA BARACA ANT L'AUTIN
Giuseppe Sanero di Carmagnola ritira il premio per il 4° classificato per la
prosa in lingua piemontese.
IJ TAJARIN ËD MARE GRANDA
Mare granda, quand a fasìa ij tajarin,
prinsipiava a ‘mpasté euv e farin-a,
ant l’èrca gròssa, già da ‘d bon matin,
ël faudal bianch gropà daré dla schin-a;
noi cit, ambajà stasìo a vardela
spetand ch’a tireissa ij feuj col lasagnor
për peu tajeje a liste fin-e ‘ma ‘d filsela
che a spantiava sël suvaman a fior.
Con na dëspovrà ‘d farin-a, spatarà
come la fiòca sël presepi ‘l di ‘d Natal,
mach për tenìe fresch e dëstacà,
a-j dasìa al travaj ‘l crep final:
ma a tacava mach adess për noi masnà
lë speté ‘d mangeje con argal!
LE TAGLIATELLE DELLA NONNA
Nonna, quando faceva la tagliatelle,/ cominciava a
impastare uova e farina,/ nella madia grande già di buon
mattino,/ il grembiule bianco legato dietro la schiena;/ noi bambini, a bocca aperta, stavamo a guardarla/
aspettando che facesse i fogli col mattarello/ per poi
tagliarli a liste fini come una cordicella/ che spargeva su
una tovaglia a fiori./ Con una spolverata di farina, sparsa/
come la neve sul presepio il giorno di Natale,/ solo per
tenerli freschi e ben divisi/ dava al lavoro il colpo finale:/
ma cominciava solo ora, per noi bambini,/ l’attesa di
mangiarle con piacere!
Vittorio Gullino
14 IL VINOVESE
Racconigi (CN)
A-i era na baraca ant la campagna,
vardava ‘l sol da ‘n mes a na taragna,
quat muraje quatà ‘d cop a na cioenda,
na taula ‘d bosch për disnè e marenda.
Na part sarà për ardrissè la sapa,
ën let d’ass con ansima na pajassa;
pontajà a la muraja na grupia ‘d bosch,
na brassà ‘d fen për al caval deje ristòr.
L’avia fala mè nòno con soe man
sansa esse murador, ma mach paisan
e mi da giovo ansema a mè parin
sapava l’èrba ant la tòpia ‘d col autin.
Quand la fam as fasìa sente bruta
a mancavo nen ëd piante da fruta:
pèsse d’autin, pruss, cerese e quei pomèt
e për gavé la sèi, eva ant ël barlèt.
Bej moment quand as vëndëmmiava,
vësin, amis, na combricola as giontava;
finì ‘l travaj tuti ansema na marenda
sla taula ‘d bosch da para a la cioenda.
Peui torné a ca sul chèr con l’erbi pien,
strach mòrt, ma content con ël cheur seren,
vej e masnà con la facia ‘n po’ andurmìa
mentre ‘l ciòché batìa l’Ave Maria.
Ma ven ël temp che l’autin a serv papì,
ansema la baraca tut ven demolì,
via cioenda, taula, let e muraje
e i cavaj ant ij trator a l’han saraje.
Costa a l’é na part ëd la mia stòria,
na foto fërma ant la memòria,
im vèjo ancor con la sapa là ant l’autin
sansa pressa, seren-a gnun sagrin.
A-i era na baraca ant la campagna,
vardava ‘l sol da ‘n mes a na taragna,
ades a-i é pì nen, ma për boneur
mi l’hai tenula sarà ‘ndrint a mè cheur.
Anna Maria Giustetto
Castagnole Piemonte (TO)
venti
nove
simo
concorso
di cultura
piemontese
SENTÉ
SEZIONE: POESIE EN PIEMONTEIS
Premio
Vincitore/trice
Opera vincente
1° Premio
Pierangela Tapparo
Località di residenza
del vincitore
La viëtta Borgaro Torinese (TO)
2° Premio pari merito Vittorio Gullino
U tajarin ëd mare
granda
3° Premio pari merito Rino Serra
Barcon ëd tòla
4° Premio
Candida Rabia
Staca Dòr
5° Premio
Anna Maria Giustetto
La baraca ant l'autin
6° Premio
Luigi Vaira
Emigrant PARI MERITO
Laura Bertone
L'alba dësmetià /
Ant ël silensi nësuard
Maria T. Cantamessa Brich doleuri
Andrina Italo Cavalli
El Berlandin taxista ëd Turin
Angioletta Faule
A Candiòl
Antonina Galvagno
J'emigrant
Sergio Gondolo
Scapà da ca!
Vittorio Gullino
Arcòrd / Sèira a la vigna
Gianalberto Miglio
Luciano Milanese
Giuseppe Mina
Fabrizio Livio Pignatelli
Daniele Ponsero
Carlin Pòrta
Attilio Rossi
Marisa Sacco
Rino Serra
Franco Tachis
Giovanni Teti
Paolo Tomei
Luigi Vaira
V. Alfredo Zanellato
PREMIO SPECIALE Regina Giordano
Motivazione
Che a cudissa sempre la
gòi d'ësprimse ën nostra
lenga
la cultura del Piemonte sia sul
territorio che nel mondo.
La cultura si diffonde anche attraverso il restauro di antiche
chiese andate in rovina per incuria, come quella dei Batù,
che è risorta a nuova vita grazie
al restauro, davvero splendido,
reso possibile grazie a tutti i
componenti l’associazione che
ha voluto riportare alla luce un
prezioso monumento Sacro di
strordinaria bellezza; un vero
tesoro dell’architettura piemontese del 1600.
Racconigi (CN)
Poirino (TO)
Cuneo
Cuneo
Sommariva del Bosco (CN)
Cuneo
Ivrea (TO)
Torino
Candiolo (TO)
Monteu Roero (CN)
Cuneo
Racconigi (CN)
Dëspers / An balua du Poirino (TO)
vent / Le doe miserie
Ant la cort ëd la ca
Poirino (TO)
du mè/ Abandon /
Cesa ampërsonà
El giardin dël prim
Ancona
basin
La fontan-a dë stich- Torino
berich / Odor ëd
naftalin-a
Për nen dësmenté /
Torino
Feuje sècche / Làver
dle fio
Ciambra anciarmanta Villar Perosa (TO)
/ Un baron ëd canton
Cost a lìè 'l mè pais! Carmagnola (TO)
/ Dëdla dël mar
Un Papa Piemontèis Moncalieri (TO)
Sentè / Valis 'd carton Poirino (TO)
An sël sentè di Poirino (TO)
arcòrd/ d'autri temp
/ da le nòstre part
El silensi dël Natal / Rivalta (TO)
Vin bianch e Tajarin
"Sël leturil"
Pinerolo (TO)
La salita dla paròchia Sommariva del Bosco (CN)
/ Mè pais
Lontan a travajè
Pralormo (TO)
Arcòrd
Escatalens (Francia)
La Giuria e l’Associazione Famija
Vinovèisa si sono congedate dando appuntamento per il prossimo
anno ringraziando tutti i partecipanti, premiati e non, che
hanno permesso il successo di
tutte le edizioni e di questa XXIX
ribadendo che la cultura è il vero “mezzo d’integrazione” tra i
popoli e che è uno strumento da
usare per capire che si possono
creare sinergie utili per unire le
popolazioni del mondo al di là di
preconcetti e pregiudizi.
LÀVER DLE FIOR
Son lì a tèra
ij làver dle fior ëd reusa
anfiapì
che ‘l vent
dëstribuis
daspërtut...
Per coloré d’amor
l’àtim pen-a scapà...
Andova ‘l profum
Resta për noi
ancora n’istant.
Daniele Ponsero
Torino
Col bel senté lagiù
Vers la campagna
S’andrinta an mes ai camp
Ëd gran madur.
Quand che a la matin
Rosà a soagna
Ij bej verd pra dantorn
Ai ragg dël sol,
Gnente a-i é ‘d pì bel
Che sta campagna
Pronta a donete tut
Sò grand amor.
Ël vej senté che cit
Mi përcorìo
Strenzend an man un tòch
Ëd pan e bur,
Anvers ël camp ëd gran
Andova as cujìo
J’ultimi spì lassà
Al ragg dël sol;
A son passaine
D’ani da col di
Ma ìl mè vej senté
L’é sempe lì.
Ancor j’é ‘n tòch ëd la
Veja bussonà
Ch’a l’era divisor
Fra camp e stra,
Quand ën vers sèira al
Ragg dël sol si fòrt
Mi am portava randa
Ëd coj busson,
Savend che dòp un pòch
Lì pian pianòt
Sarìo portassie tui
Coj dël mësson;
L’avrìo slargà arlongh
A la bissonà
Na quàich tovaja e peui...
Che bon mangé
Lì a l’ombra dij busson
Fianch al senté.
A son passàine d’agn
Da col bel dì,
Ma ògni vòlta che
Vard la campagna
Lest ël mè euj scapa
E sempe lì,
Vers col senté ch’as perd
Là a l’ambrunì!
Rino Serra
Poirino (TO)
CIABRA
ANCIARMANTA
Ant ël silensi tranquil
ëd la prima matinà,
ant un bris moment d’arlass
sël plian con i’euj ciupì,
i l’hai sentù ‘d bòt an blan
un consert, squasi na ciabra,
ëd ciusionada ‘nciarmanta
d’osej a fé soa obada
come s’a fèisso ciambrea
vajanta, tuta për mi.
- Sent che argal, sent che gòj dun-a i son dime tra ‘d mi,
- Lor a ciusion-o a la prima
con le noanse fiorìe
ch’a blago la matinà
tant ‘me s’a vorèisso di:
duverta le fnestre al mond
che noi soma si për ti Nen passà ‘l temp d’un pensé
ch’a son andasne për sò destin.
Dëlcò mi i son surtì
për gòde tuta natura
e vempime j’euj ëd bej color.
Carlin Pòrta
Villar Perosa (TO)
IL VINOVESE 15
venti concorso
ra
nove di cultu
simo piemontese
ARCÒRD
Pierangela Tapparo 1° classificata per la poesia in lingua piemontese riceve il
premio ed i complimenti dalla dott.ssa Paola Taraglio.
MEMÈ JETA E GHITIN
A j’ero quasi ‘n simbul, per nuj d’la Cunfignà:
sempre ‘nsema, as truvavo tuti i dì
per i soliti duj pas, en cumpagnia di’ eterni discurs
ch’a parlavo d’n temp ormai luntan:
tre vejote, en cit e en can...
El so mund, ormai, ormai finija lì,
ai rastej d’la ferrovia.
Ma a j’era nà cosa, ‘n mes ‘a tanti bei ricord
Che aj fasija prope rije, na cosa da gnente,
ma ‘npurtanta per lur: a l’avijo l’età d’n papa,
en president e en ditatur.
Poi, en silensio, cum’a l’an vivù,
sensa deje disturbe a gnun, a sun andasne tute tre:
a l’è mac pì staje el cit...
E anche adess che a l’è venù grand
As ricorda ancura quande, cun trepidasiun,
aj ciamava a una ‘d lur:
“Memè, e se ‘n dì an ciamo a fè ‘l suldà,
cume et-fas poi sensa mi?.
“Pensie-nen mè picinin,
mi t’stermo en tel taulin!”.
Angioletta Faule
Candiolo (TO)
Al prim ciairor,
Ël canton del Gieugh dla bala
A deurm ancor.
Na matin d’invern, grisa e frèida,
L’aria del Sangon am sgiafela.
La montagne pòch a pòch as descheurvo.
A l’orizont, la punta bianca dij Tredent
A bërlusa aj prim ragg del sol.
La tor del vej castel,
A surveja ël pais con orgheuj
E ël cioché rùstich
A domina ij cop dla borgà.
La cassin-a ‘g Gioannin
A l’é ancor tuta andurmìa
A l’é pa pì na cassin-a,
A l’é na ca con doi alogg a pogieuj.
Ant la cort, pì niente a rabel.
Machinon e automobil
Al pòst dij animaj.
Gnun cunij an libertà né pito ch’a fa la roa,
As sent pì nen ël chirichichi dij gaj
Né ël cocodé dle galine american-e.
Ant lë stabi, pì gnune vache né caval gris,
ch’a speto ‘l fen profuma e gustos.
Davzin al cancel, al pòst dla pantalera giàuna,
Na cormà për j’ardriss.
La cassin-a sensa vita, a l’ha cambià color,
Pòch a pòch a duverta ij so finestròt,
sensa fé scapé l’odor del cafè lait matutin.
Ël temp a l’é passà,
Am resta mach la nostalgìa del mé pais
E l’arcòrd dla mia brava gent.
Regina Giordano
Escatalens (Francia)
ABANDON
Vardand da la ponta dël brich, nen lontan,
lagiù a l’abandon as vëddo ij varèj,
sbilaucio sota ‘l sol ch’a sponta pian pian
mach pì d’erbass, ëd bosson e ‘d rovèj.
Ël ciabòt ëd Vigin un temp bin goernà,
sosta e arpar ëd l’operos campagnin,
l’é mach pì ‘n drocheri ‘d mon dëscrostà
l’arfugi ‘d bisse, ratass e moschin.
Ghërgojand a scorìa ‘n fond a la valà
sèmper frësca e sclinta n’eva ‘d sorgiss
che la sèj at pasiava con dontrè golà;
a-i son ancheuj mach pì ‘d nita e mnis.
Brombo e taragne un temp bin fornìe
ëd rape madure ‘d giuss bin pien-e
da sti varèj dan ‘n pess a son sparìe;
mach pì ‘d ninsolé a quato ste colin-e.
As sent pa pì ciaciaré ‘d vëndumiòire
ch’a ciaramlo tra ‘d lor sensa gnun sust,
a taso dij brindor le conte grignòire
che ‘d sèira la vijà arlegravo con gust.
A l’é dcò dësparì col boschèt ombros
arpar da la caudura dj’istà pì afoà,
arfugi stërmà për sfojòire e moros
susta ‘d carësse e basin arcambià.
Mi sto leu i l’hai sot j’euj con sagrin
con ant ël cheur lë splin dij temp passà
cand ij coltiv a smijavo ‘d giardin.
coma ‘d tesòr tnì da cont e soagnà
Vittorio Gullino di Racconigi ritira il premio per il 2°classificato per la
poesia in piemontese dalla dott.ssa Paola Taraglio segretario della Regione
Piemonte.
16 IL VINOVESE
malgré sacrifissi, fatiga e sudor
përchè dle famije sostegn e valor.
Luciano Milanese
Poirino (TO)
venti
nove
simo
concorso
di cultura
piemontese
EMIGRANT
Pior e sospir as mës-cio
con ël romor ëd le onde,
le lus d’un paisòt lontan
a marco la stra dla speransa.
Fieuj d’un Dè divers
a porto l’istessa cros dël nòstr,
ma gnun o l’ha deurbije col’eva
ch’a l’ha travonduij-ne i seugn.
Le lerme dij pì cit as perdo
ant l’immensità dël mar giassà,
përduve, coma che përdu a son ij còrp
ëd coj ch’a l’han nen fàila.
Anna Maria Giustetto di Castagnole Piemonte ritira il premio per il
5° classificato in poesia piemontese dai giudici Gervasio Cambiano e
Giuseppe Perrone.
Còs’a sperav-ne ‘d trové a la fin dël viagi?
Fòrsi gnente dë special
solament cola strasordinaria pas
che nojàutri is n’arcorzima manch d’avèj.
Luigi Vaira
VIN BIANCH E PAJARIN
Sommariva del Bosco (CN)
A s’avsin-a ‘n doss gavanate,
butà andrinta a gir ant la botelia,
as leva l’essensa ch’a bësbija,
a gatija e a monta sparand le nate.
Fòrt sò përfum ëd color pajarin,
a l’é emanà da ‘n càles lì davzin,
ël savor miminèt ëd l’odor nasal
a s’avsin-a a na beivuà ch’a val.
A scor d’incant a fium ël vin
e la beivuà a rinfrësca l’ideal
ëd na sensassion assè mental,
d’una bevanda da palà soprafin.
Oh! Doss fërvor ëd fragransa vèra,
at farà tramblé për n’ora antera.
Sarà, ant una bota, a sapia artrové
la Bin për ën gust da solecité.
Giovanni Teti
Rivalta (TO)
LA VIËTTA
Luigi Vaira 6° classificato per la poesia in piemontese.
A-i é ‘n mond fòra dël mond, un pòst dla memòria,
ch’a aparten a l’età dl’òr, un temp d’àutri temp,
quand a la fin dl’invern,
al pé dij murèt ëd pera, le violëtte a fiorìo
e nojàutre cite a gara ‘ndasìo
a chi a-j cheujìa prima sij bòrd d’erbëtta neuva.
An mes a j’òrt e ai giardin
co ‘ij sò tesòr ëd fior e fruta tant bondosa
a corìa na viëtta ‘d tèra batùa
visin a na bialera pen-a seurtùa da sota ‘n pont
a con na larga sponda erbosa.
A l’era - bin ëstërmà a j’euj dij grand un mond ancantà për noi masnà,
che anmaginand d’esse chissà ‘ndova
i-i passavo ij dì dla stagion bela
a core ‘n boco, a nascondse, a fé comunela,
fin che, përfumà, a calava nen la sèira
con j’avàit, ij crij, le ijade
e ‘l cel tut na stèila.
Un temp col-lì finì prima dël temp,
quand për un-a ‘d noi e për soa sorela
a l’é rivà improvisa l’ùltima primavera
e - dòpo - la viëtta a l’era pì nen cola.
A-i é ‘n mond fòra dël mond, un pòst dla memòria,
ch’a aparten a l’età dl’òr, un temp d’àutri temp,
na stgion përdùa ...
Për ognun un moment important ëd soa stòria.
Pierangela Tapparo
Borgaro (TO)
BARCON ËD TÒLA
L’é bel mè vej barcon
L’é fàit ëd tòla
Naviga e viagia fòrt
Ant ij mè pensé,
M’arcòrda ìl di lontan
Cand magna suòra
Le vnùita neuit ëd Natal
Vnulo a porté;
Mi j’ero gagno antlor
E ‘l bon Bambin
L’era l’aspetativa ‘d mi...
Dël regalin,
A j’ero pòchi ij sòld
Ma ‘l bon Gesù
Col ani ‘l bel barcon...
Portam-lo giù.
Oh quante vire
Cariand la mòla
Ant un sëbròt pien d’eva
Viagiava mè barcon ëd tòla
Son costi ij bej arcòrd
Dij temp andà
Veje dësmore ‘d tola
Mai dësmentià!
Rino Serra
Poirino (TO)
FEUJE SÈCCHE
Ancheuj ël vial
l’é un tapis
ëd feuje
che ‘s parlo
tra ‘d lor...
Ier, l’han nen podù,
ël vent je mugiava
dë dsà e dë dlà
sensa deje da ment!
Adess, sota ij mè pé
quaicòsa a scherzina
sensa che,
comprenda le parole.
Darmagi!
Le feuje son sècche!
Daniele Ponsero
Torino
Un messaggio importante che,
proprio in questo periodo, deve
essere inteso come un atteggiamento di vitale importanza per
creare quella Pace di cui tutti
sentiamo il bisogno.
apt/gf
IL VINOVESE 17
Un viaggio a Roma vissuto intensamente tra fede e storia
Sulle tracce
della misericordia di Dio
S.Bartolomeo.
La seconda giornata è stata dedicata interamente allo scopo del viaggio: l’udienza con Papa Francesco.
E’ stato veramente emozionante
vedere questa enorme massa di
persone proveniente da ogni parte
del mondo, come abbracciati dallo
splendido colonnato di piazza San
Pietro, attendere per oltre due
ore, e sentire l’esplosione di gioia
quando il Santo Padre ha iniziato
ad attraversare i vari settori della
piazza.
Il discorso del Papa, come sua
consuetudine è stato chiarissimo
e comprensibile per tutti, incentrato su un passo di una lettera di
Roma, 18 ottobre 2016. Papa Francesco saluta la folla di pellegrini in piazza San Pietro.
U
n folto gruppo di Vinovesi ha
partecipato al pellegrinaggio organizzato dalla Famija Vinovèisa e
dalla Parrocchia di San Bartolomeo, guidati dal nostro parroco
Don Enrico e dal Presidente Dino
Sibona.
Raggiunta Roma con un comodo
viaggio in treno “freccia rossa” abbiamo iniziato il pellegrinaggio con
una visita della Roma imperiale,
la Roma dei Cesari, efficacemente
descritta dalla guida ammirando le
rovine dei Fori imperiali, immaginando così la vita, la cultura dei
romani prima del diffondersi del
cristianesimo.
La visita è proseguita sulla magnifica piazza del Campidoglio ammirandone i palazzi, la statua di
Marco Aurelio e tutto il complesso
dell’insieme così ben progettata
dal grande Michelangelo.
Dopo una sosta per ammirare l’Altare della Patria, il monumentale omaggio al primo re d’Italia
e luogo della tomba del Milite
Ignoto, con una passeggiata lungo
i Fori imperiali abbiamo raggiunto
il Colosseo, simbolo, oltre che della grandezza dell’Impero Romano,
del martirio di molti cristiani, che
qui hanno versato il loro sangue
per la loro fede.
Nella serata abbiamo avuto la gradita visita di don Marco Ghiazza
il nostro Parroco precedente che
ora ricopre un importante incarico alla sede Nazionale dell’Azione
Cattolica, e del nostro concittadino Padre Mario Ramello dell’ordine dei Camilliani che qui svolge
la sua missione pastorale, l’unico
ad aver ricevuto l’ordinazione sacerdotale a Vinovo nella chiesa di
Il clero vinovese nella Città Eterna: don Enrico (al centro) con don Marco
(a sinistra) e padre Ramello.
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18 IL VINOVESE
di questi splendidi giardini sorge
un monastero di suore; qui ospitano il Papa emerito Benedetto XVI.
Dai giardini la visita è passata
attraverso alcune sale dei Musei
Vaticani, tra cui la più ammirata è stata la Sala delle Carte
Geografiche con affreschi che risalgono al 1580 e sono un vero
saggio di geografia con ben 40
affreschi murali che rappresentano tutta l’Italia, alla visita della
Cappella Sistina, dal nome del
Papa Sisto IV Della Rovere che la
fece costruire tra il 1477 e il 1480
su una cappella preesistente.
Ma fu Papa Giulio II Della Rovere
che commissionò, tra il 1508 e il
1512, a Michelangelo l’affresco del
soffitto che illustra tutta la storia
della Genesi, tra cui spicca sicuramente la creazione di Adamo.
Fu ancora lo stesso Michelangelo
che tra il 1536 e il 1541 realizzò
quello che è considerato il capolavoro dell’arte pittorica il Giudizio
La comitiva dei vinovesi in piazza del Campidoglio.
un percorso particolare ricorda,
con statue e piloni, le varie apparizioni della Madonna terminando
con una ricostruzione della grotta
di Lourdes.
San Giacomo apostolo: non serve la fede se non accompagnata dalle opere, e nell’anno della
Misericordia ecco l’invito a soccorrere chi ha bisogno ed è in difficoltà, rispondendo così a due opere di
Misericordia, dar da mangiare agli
affamati e dar da bere agli assetati.
Riflettendo sulle parole del Santo
Padre, nel pomeriggio si è iniziato
il percorso del giubileo, che partendo da Castel Sant’Angelo, percorrendo via della Conciliazione
guidati nelle riflessioni e nella
preghiera dal nostro Don Enrico
siamo giunti sino alla Basilica, per
attraversare la Porta Santa del
Giubileo, e concludere la preghiera sulla tomba di San Pietro.
L’ultimo giorno è iniziato con
la passeggiata negli splendidi
Giardini Vaticani.
Viali alberati, prati verdi aiuole
fiorite, si alternano tra fontane,
reperti e statue dell’antica Roma,
Papa Francesco:
non serve la
fede se non
accompagnata
dalle opere.
Tra le diverse costruzioni che si
incontrano nella passeggiata spicca per la sua ricchezza artistica la
casina di Pio IV struttura rinascimentale di Pirro Logorio del 1558
con una facciata ricca di decorazioni, statue e mosaici.
In un angolo discreto e tranquillo
Visita ai Fori imperiali, don Enrico in primo piano.
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IL VINOVESE 19
L'Armanach
2017 ha scelto
i nostri
piloni votivi
La Famija Vinovéisa ha pubblicato e
messo in vendita il suo tradizionale
Armanach dedicato alla cultura e
lingua piemontese.
Questa edizione 2017 oltre ai proverbi bilingui cioè in piemontese con
la traduzione in italiano, ha dedicato
l’anno (che speriamo felice e sereno
per tutti) ai principali piloni votivi
vinovesi.
Cioè a quelle caratteristiche costruzioni che punteggiano le nostre
campagne e paesi e sono l’espressione più genuina e popolare della
religiosità dei nostri padri.
Questa bella tradizione è però andata progressivamente scomparendo
tanto che negli ultimi decenni, ahimè, più nessuno ha pensato ad edificare un Pilone votivo. Sul territorio
vinovese di queste costruzioni dette
anche edicole votive ne esistono
oltre una decina.
Dalla apposita Commissione della Famija Vinovèsia composta da
Foto di gruppo in Piazza San Pietro al termine del percorso giubilare.
Universale.
La conclusione del nostro pellegrinaggio è stata la visita della chiesa
di Santa Maria del Popolo, scelta
non casuale, infatti oltre che per
il valore artistico, qui sono visibili
due tele capolavori del Caravaggio
la crocifissione di San Pietro e la
conversione di San Paolo, per i
legami con la storia di Vinovo, la
chiesa fu commissionata dalla famiglia Della Rovere e nella cappella omonima si trova la tomba del
cardinale Domenico Della Rovere,
nato a Vinovo fratello di Martino
signore e committente del castello
di Vinovo.
Sull’altare maggiore della chiesa si può ammirare l’icona della
Madonna Consolata; il cardinale
Domenico ne fece commissionare
una copia uguale che poi donò
a Torino e oggi la veneriamo nel
santuario della Consolata.
A conclusione del viaggio, come ha
detto don Enrico l’augurio che possiamo farci è questo: come idealmente il raggio di luce così ben raf-
figurato sulla tela del Caravaggio
colpisce e converte Paolo, le parole
e le esortazioni di papa Francesco
convertano tutti noi per costruire
una società più fraterna e più solidale con chi è in difficoltà.
Tutti i partecipanti hanno ringraziato Don Enrico, Don Marco, padre Ramello per la loro presenza
e l’assistenza spirituale, e il presidente Sibona per l’ottima organizzazione del viaggio.
Franco Brunetto
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Gervasio Cambiano ricercatore di
storia, Rino Visconti fotografo e
Giovanni Alessiato grafico ne sono
stati scelti sei ritenuti meglio conservati e più significativi e quindi più
adatti alla pubblicazione.
Il Pilone dedicato a don Bosco in via
Padre Aliberti ovvero zona Brayda,
quello detto di Martinengo in via
La Loggia, quello dedicato a San
Giuseppe in via Piobesi, e quello della Madonna Addolorata nei campi
della regione Ongarea, quello molto
significativo della Madonna Regina
della Pace in frazione Tetti Grella ed
infine il Pilone della Madonna della
Consolata detto anche di Sandrone
in via Sestriere.
Il ricordo di
Renzo Viola
vive nel cuore
del suoi cari
L’8 gennaio ricorre il secondo anniversario della scomparsa del caro
Renzo Viola. I familiari lo ricordano
con immutato affetto. La redazione
de “Il Vinovese”, certa di interpretare il pensiero dell’intera comunità,
si unisce al ricordo dei suoi cari
rivolgendo a Renzo un sorriso di
sincera e continua gratitudine, per
i servizi ai quali si è dedicato per
lunghi anni con umiltà e dedizione.
Spettacolo teatrale e musicale a favore del "Giglio Onlus"
Una sera sotto il segno della solidarietà
Gli artisti sul palco al termine dello spettacolo ricevono gli applausi del pubblico in sala.
La serata di venerdì 11 novembre
è stata organizzata grazie al contributo degli artisti vinovesi che
si sono prestati, con la loro arte,
alla realizzazione di uno spettacolo variegato e gradevole, di teatro,
musica e canzoni.
Hanno voluto così dimostrare il loro sostegno al nuovo progetto della
Giglio Onlus che è rivolto alla creazione della Casa Solidale Giglio
presso il Polo Teologico di via XX
Settembre a Torino: verrà ristrutturato l'ultimo piano dell'edificio
dato in comodato d'uso alla Giglio
e saranno create 11 unità abitative per ospitare altrettante famiglie che abbiano i bimbi ricoverati
all'ospedale Regina Margherita di
Torino.
In questo modo, l'ospitalità che
il Giglio ha sempre offerto nei
12 anni di attività sul territorio
diverrà inclusione in un contesto
comunitario e famigliare poiché
si condivideranno spazi comuni
come la cucina, la lavanderia e la
sala soggiorno/gioco per i bambini
e le loro famiglie.
La ristrutturazione richiederà un
ingente dispiego di energie e di
contributi economici: chiunque
voglia collaborare sarà il benvenuto!
Ringraziamo tutti gli attori: il
duo musicale composto da Lilli
Franzolin e Marlon Crispatzzu, i
Tribula, Andrea Germano, Alessandro Cora, Arcoscenico, Claudio
Balbi e Claudio Caracciolo, la
compagnia della Croce Verde di
Vinovo, Giampiera Manzo, Francesco Pieretto, Marta Pieretto e
Andrea Rossi.
A nome della Giglio Onlus ringraziamo inoltre la Famija Vinovèisa
e L’Amministrazione Comunale
per l’accoglienza del nostro spettacolo: “La solidarietà è di scena”.
Lorella Garbossa
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IL VINOVESE 21
Avvenne il 14 novembre del 1951
Un viaggio fotografico
nel tempo con le storie a
ricordare l'alluvione del Polesine
Così titolava la Gazzetta-sera del 20 novembre 1951.
Mostra fotografica sull'alluvione del Polesine del 1951. Il taglio del nastro.
I
n questo momento in cui il
nostro Paese vive le tragedie
che i ripetuti sismi hanno causato alle popolazioni dell’Italia
Centrale, l’Associazione “Polesani
Piemontesi” e la Famija Vinovèisa,
con il Patrocinio del Comune di
Vinovo, hanno unito le loro forze
per ricordare al meglio una delle
più grandi alluvioni che ha devastato la Terra veneta e che accadde
in Polesine il 14 novembre 1951,
esattamente 65 anni fa.
A seguito della devastazione molti
polesani scelsero di emigrare in
altre regioni del Nord Italia dan-
La Sig. Cecilia mentre illustra la Mostra alle autorità civili.
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22 IL VINOVESE
do vita al primo flusso migratorio
interno che ha caratterizzato lo
scorso secolo.
La Mostra è stata inaugurata sabato 12 novembre 2016, nell’ Ala
Comunale Don Donadio e, il taglio del nastro, è avvenuto alla
presenza del Sindaco di Vinovo
Gianfranco Guerrini e degli assessori Giuseppe Alessiato e Nerio
Usai; molti i presenti appartenenti
ad associazioni vicine agli organizzatori.
La Mostra, che è stata già un
grande successo in altre località
del Piemonte dove è stata esposta, nel corso degli ultimi anni,
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dediche molto struggenti sul volume che raccoglie le firme ed i
commenti dei visitatori e ciò ha
riempito d’orgoglio gli organizzatori che hanno “colpito nel segno”
anche questa volta facendo capire
come la Natura può essere matrigna quando l’uomo non considera
la sua straordinaria potenza.
Ciò è accaduto ieri ed accade, purtroppo, ancora oggi.
Nel corso della settimana d’apertura la mostra è stata visitata, oltrechè da visitatori dell’area vinovese
anche da quattordici classi delle
scuole Medie inferiori.
I ragazzi, unitamente ai loro docenti, sono stati accompagnati nella visita dalla Segretaria dell’Associazione Polesani Piemontesi
Cecilia Binello, che non solo ha
curato la mostra insieme al marito il Presidente dell’Associazione Benito Cassetta, Polesano in
Piemonte, ma ne è l’illustratrice
piacevole e dotta anche perché si
Fotografia che riprende i primi soccorsi dei Vigili del fuoco di Rovigo.
Una mostra
itinerante che
sottolinea lo
strazio di un
popolo ieri come
oggi.
Il dott. Gervasio Cambiano illustra i pannelli della Mostra ad una classe delle Scuole Medie di Vinovo.
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perché ha rappresentato il tema
della diaspora dalle Terre d’origine
per molti componenti la Comunità
piemontese, consta di oltre 350
gigantografie originali dell’epoca,
di una ricchissima rassegna stampa ed è completata da un filmato
realizzato proprio nel 1951 che
sempre emoziona ed entusiasma
i visitatori.
Lo stesso entusiasmo emotivo
ha colpito i moltissimi visitatori
vinovesi che hanno espresso il
loro sentito apprezzamento con
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IL VINOVESE 23
deve a lei la realizzazione del volume “Polesani e Piemontesi: dal
1951…….. ne è passata di acqua
sotto i ponti del Po” che racconta
tutta l’alluvione con testimonianze
commoventi e toccanti.
Gervasio Cambiano ha accompa-
gnato alcune classi durante la visita.
Una mostra di grande attualità
perché sottolinea lo strazio di un
popolo colpito da una grande tragedia, ieri come oggi, purtroppo.
apt/cbc
Dopo il gioioso maggio del 1946
Una lunga vita dedicata
ai figli e alla solidarietà
E la vita, la vita...
Spettacolo della Compagnia
del Ciglio
I coniugi Bertero mentre festeggiano il 50° di matrimonio. Al centro della
cornice la fotografia del loro matrimonio.
Lo scorso mese di ottobre è mancata all’affetto dei propri cari
Gonella Rosina vedova Bertero
alla bella età di 93 anni. La sua famiglia era originaria di Savigliano
dove era nata. Poi diventando il
padre Ufficiale Postale di Piobesi,
la famiglia si trasferì in questo
paese. Nel 1940 venne assunta
come impiegata presso la tessitura dei fratelli Bertero ancora
in via Roma. Da Piobesi tutto
il periodo della guerra raggiungeva il posto di lavoro a Vinovo
in bicicletta Poi il 1° maggio del
1946 il matrimonio con uno dei
titolari della ditta Michele Bertero
e quindi l’abitazione nella casa di
piazza del Municipio dove la famiglia fu allietata dalla nascita della
figlia Ornella e dei due figli Dario
e Filiberto. La signora Bertero
era molto conosciuta nel paese e
quando c’era ancora il marito non
mancava mai alle manifestazioni delle Associazioni locali come
la Famija Vinovéisa, l’Avis, l’ANA
ecc. Ai figli, le condoglianze della
Famija Vinovèisa.
Benso
Legnami
Venerdì 25 novembre, presso
l’Auditorium di Vinovo, è andato
in scena un nuovo ed esilarante
spettacolo della “Compagnia del
Ciglio”. Come per le occasioni passate, non possiamo che
complimentarci con il bravissimo Alessandro Cora. La capacità nel selezionare e rielabora-
re con cura e singolarità celebri
brani d’autore, rivela la passione
con la quale l’artista interpreta
e si interpreta. Elena Poncina,
al pianoforte e Tiziana Venuti,
alle percussioni, con altrettanta
bravura, hanno accompagnato
il bravo Alessandro durante la
performance canora e teatrale.
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Un presepio in poesia
Guido Gozzano e il suo
presepio immaginario
che si apre ai nostri occhi
P
arliamo di un presepio, degno
di comparire nella mostra, che
ogni anno si allestisce con tanta
passione nella venerata chiesa dei
Batù, se fra quei materiali fosse
possibile collocare un presepio immaginario, non composto di statuette, ma descritto con parole, e
non per questo meno poetico ed
evocatore di dolci emozioni rispetto a quelli reali.
Si tratta di un pezzo di bravura, in
stile apparentemente dimesso, ma
scritto, invece, con finissimo gusto e consumata arte di letterato,
dal poeta torinese Guido Gozzano,
morto giovane cento anni fa,
nell’agosto 1916 (ma la Rai, dove
l’Italia a nord di Roma, esclusa
Milano, non conta assolutamente
nulla, non l’ha neppure ricordato
nella rubrica I giorni e la storia, in
cui ogni sera si rievocano anniversari di personaggi che dovrebbero
essere illustri, e che, invece, spesso sono semplici cantanti sguaiati
e chitarristi da strapazzo).
Il poeta parte dal racconto, abbastanza scarno, dell’evangelista
Luca e lo arricchisce di particolari fantasiosi, tutti anacronistici e
volutamente ingenui, tratti dalla
vita a noi familiare, che entrano
qui come nei tradizionali presepi
materiali.
Chi agisce e dialoga con i vari personaggi del racconto è Giuseppe
al suo arrivo a Betlemme insieme
con Maria prossima al parto.
A prima vista appare Betlemme,
Ed ecco il primo poetico anacronismo: Il campanile scocca – lentamente le sei.
Ai tempi di Gesù in Palestina non
c’erano né campane né campanili,
e neppure chiese, perché l’unico
tempio era quello di Salomone a
Gerusalemme, mentre nelle città e
nei villaggi del contado, esistevano
solo le sinagoghe, in cui maestri
(rabbi, che i latini tradussero con
doctores) leggevano e spiegavano i
testi sacri.
Qui però la sinagoga diventa la
chiesa, centro spirituale e materiale del villaggio, affiancata dal
suo campanile, come nelle nostre
campagne.
Segue l’elenco degli alberghi, a cui
bussano Giuseppe e Maria: Oste
del Caval Grigio – Oste del Moro
– Oste del Cervo Bianco – Oste di
Cesarea, nomi che ci richiamano
alla memoria le osterie di campagna del secolo scorso (e in qualche
paese si legge ancora “Osteria della posta vecchia” oppure “Osteria
dei tre Mori” mentre a Vinovo ricordiamo la vecchia “Osteria della
Rocca di Cavour”).
Questa è una attualizzazione poetica, anacronistica e inverosimile,
perché Giuseppe e Maria hanno
cercato alloggio non negli alberghi
che allora non c’erano, ma nel
caravanserraglio, il diversorium,
(una specie di capannone destinato ad alloggiare in grande promiscuità i viaggiatori e gli animali
da soma di cui si servivano come
Il poeta di origini torinesi Guido Gozzano.
ornata di trofei, cioè piena di luci
e di festeggiamenti, dei quali il
poeta, con sottile accorgimento,
non dice qui il perché né a noi
né ai due pellegrini, ma ce lo farà
capire più tardi nell’elenco dei
vari alberghi ed osterie a cui essi
si rivolgono in cerca di ospitalità
per la notte.
E’ la presentazione panoramica
della città, quale la vediamo nei
presepi meccanici nella fase di
completa illuminazione, prima
dell’oscuramento parziale.
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IL VINOVESE 25
mezzi di trasporto). Lo dice chiaramente Luca: non erat eis locus
in diversorio: per loro non c’era
posto nel diversorio.
L’elenco dei vari alberghi, locande
ed osterie, è ripetitivo: ma che cosa
non è ripetitivo nei presepi, in cui si
vede un fabbro che nel cuore della
notte picchia infaticabilmente senza sosta sull’incudine, oppure un
fornaio che sforna pani in continuazione in mezzo ad un prato, o una
massaia che, noncurante dell’ora,
lava, a non finire, i suoi panni al
buio, e via di questo passo?
Si tratta di
un presepio
immaginario
senza statuette
ma descritto con
parole poetiche.
Però questa non è monotonia, ma
semplice fantasia, falsamente ingenua, proprio di questa e di altre
poesie gozzaniane, che sono invece arte finissima e consumata di
un letterato formatosi sui testi di
Carducci e di D’Annunzio.
Nel bel mezzo di questo racconto
di peregrinazioni tra un albergo e
l’altro (ma Gozzano che abitualmente abitava a Torino, ma che
ben conosceva la vita dei villaggi,
perché passava le estati in campagna ad Agliè, continua a chiamarli
osterie), tra lo scandire puntuale
delle ore proveniente dal campanile, la scena muta improvvisamente
e il villaggio rustico di Betlemme
diventa una cittadina ridente,
con un lussuoso albergo, (quello
che nei presepi reali è un grande
palazzo tutto illuminato, sempre
collocato su un’altura dominante
il resto del panorama), dotato di
elegante ballatoio, su cui si affollano, tra grandi luci, ricchi turisti
26 IL VINOVESE
LA NOTTE SANTA
- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
- ll campanile scocca
lentamente le sei.
- Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po’ di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe
- Il campanile scocca
lentamente le sette.
- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.
- Il campanile scocca
lentamente le otto.
- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.
- Il campanile scocca
lentamente le nove.
- Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…
- Il campanile scocca
lentamente le dieci.
- Oste di Cesarea… – Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell’alta e bassa gente.
- Il campanile scocca
le undici lentamente.
La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?
– Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!
Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…
Maria già trascolora, divinamente affranta…
- Il campanile scocca
la Mezzanotte Santa.
Alleluia, alleluia,
è nato il sovrano Bambino!
La notte che già fu sì buia
risplende di un astro divino!
curiosi e uomini di scienza di ogni
nazionalità, con gli occhi puntati
verso il cielo per vedere o studiare
il fenomeno della cometa.
In questo scenario di mondanità
stile liberty il poeta insinua molto
accortamente, la spiegazione dei
trofei, di cui ha parlato nell’apertura della poesia: Ma fin sui tetti
ho gente: attendono la stella - Son
negromanti, magi, persiani, egizi,
greci - L’albergo è tutto pieno di
cavalieri e dame (dame che naturalmente dobbiamo immaginare
con i vestiti sgargianti e gli orribili
cappelli della bella epoque, l’epoca
in cui il poeta scrive).
Finalmente, come nei presepi reali, arrivano la neve, l’asino, ed il
bue, particolari che nel racconto
di Luca mancano del tutto.
Poi la conclusione con una frase
raffinatamente letteraria: Maria
già trascolora divinamente affranta, e subito dopo il ritorno al
tono dimesso del campanile che
scocca la Mezzanotte Santa e lo
squillo di gioia finale: Alleluia,
alleluia, – è nato il sovrano
Bambino!. – La notte che già fu
si buia – risplende di un astro
divino. Il tutto come nei presepi
reali, quando lo scenario si apre
e si presenta ai nostri occhi nella
fase di piena illuminazione.
Lodovico Griffa
Magìa
del presepe
Mentre state sfogliando questo numero de “Il Vinovese”, nella Chiesa
dei “Batù”, prosegue l’esposizione
dei presepi.
Quest’anno vogliamo chiedervi, se
possibile, di rivolgere ai presepi
un’attenzione in più: osservateli con
riguardo e, se ne avrete il tempo,
tornate una seconda volta, magari
nei giorni meno affollati e soffermatevi sui particolari.
Bruno Cavallaro si racconta ... e ci racconta...
La grinta e lo spirito sportivo
di un dinamico ottantenne
Nato a Bosaro (Rovigo) il 6 ottobre 1936, Bruno ha raggiunto il
Piemonte per la prima volta durante l’alluvione che ha colpito il
Polesine nel 1951.
Dopo una permanenza di circa
cinque mesi nella nostra regione è
tornato al paese natio per terminare gli studi di avviamento al lavoro.
Nell’autunno del 1956 è tornato
per la seconda volta in Piemonte,
in questo caso per una gita di piacere e per far visita a parenti.
All’epoca Bruno era in attesa di
essere assunto nella campagna
saccarifera, ma grazie a un caro
cugino, che si è attivato per dargli
una mano, in pochi giorni ha trovato occupazione in una fabbrica
torinese. Così, nel giro di qualche
settimana, si è trasferito con tutti i
suoi bagagli, in Piemonte.
Grande appassionato di sport, fin
da ragazzino si è dedicato al gioco
del calcio.
A 14 anni partecipava ai tornei
con la squadra dello “Schiesano” ,
mentre una volta presa residenza
a Torino è entrato a far parte del
“Vanchiglia” con il quale, tra un
palleggio e l’altro, è rimasto fino
all’età di 32 anni.
Smessa l’attività sportiva e messi
su un paio di chili, ha sentito il
bisogno di rimettersi in forma,
lasciandosi alle spalle la vita sedentaria, che proprio non gli si
addiceva.
Consigliato dall’amico “Leno”
(Professore ISEF), si è avvicinato al nuoto; trascorsi 5-6 mesi
e apprese le tecniche fondamentali, ancora una volta spronato
dall’amico, è stato invogliato a
prendere il brevetto di insegnante.
Una volta ottenuta l’abilitazione,
pur continuando a lavorare in fab-
Bruno Cavallaro in sella alla sua
bicicletta in partenza per i viaggi in
giro per l'Italia.
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brica, si è lanciato in questa nuova
esperienza, dando lezioni serali.
Dopo un periodo di rodaggio in
alcune piscine del circondario, si è
stabilito alle Pleiadi di Moncalieri.
Andato in pensione a 51 anni,
avendo più tempo a disposizione,
oltre all’insegnamento ha accettato l’incarico di capo vasca.
Questo impegno, che lo vedeva
all’opera già di prima mattina,
comprende tutt’oggi il controllo
delle acque e richiede una specifica conoscenza sia dal punto di
vista degli impianti sia da quello
igienico-sanitario.
Nell’ultimo periodo di permanenza alle Pleiadi, in seguito ad un
cambio ai vertici della proprietà,
l’impianto sportivo subì migliorie
e ampliamenti per quanto riguarda
i campi da tennis a scapito della
piscina, che sembrava passare in
secondo piano.
Rilevando delle anomalie durante
il controllo dell’acqua e vedendo
che non venivano presi provvedimenti, Bruno, essendo comunque
responsabile della firma degli appositi registri, decise di gettare la
spugna e si licenziò, mettendo la
parola fine ad un impegno durato
oltre un ventennio.
Dopo questa lunga esperienza si
è concesso tre anni di completo
riposo.
Fino a che un bel giorno il figlio
Valter, anche lui allenatore di nuoto, lo ha convinto a dare una mano, almeno qualche ora al mattino,
per seguire i bambini al Centro
Nuoto Torino.
Di lì a poco, il part-time è diventato tempo pieno, infatti anche
nel pomeriggio Bruno si fermava
in piscina per seguire i corsi per
anziani…e giorno dopo giorno, so-
no trascorsi altri dieci anni.
Ammalatosi di tumore al fegato
nel 2009, ha trascorso un anno di
convalescenza al termine del quale
ha ripreso servizio presso il Centro
Nuoto nelle ore serali, per un altro
biennio. Purtroppo nel 2011 il male è tornato a farsi sentire, tanto
che è stato necessario sottoporsi a
un nuovo intervento.
Bruno ha affrontato la malattia
prendendola di petto; fin da subito
ha esternato a tutti, parenti e amici, il suo problema, convinto che
parlandone, avrebbe letteralmente
“sbattuto fuori il brutto male”,
come egli stesso ama sottolineare,
pur essendo consapevole che il tumore al fegato è meno invasivo di
altri. Riprese le forze e sentendosi
bene fisicamente, con l’approvazione del suo medico curante, ha
ripreso ad andare in bicicletta, sua
altra grande passione.
Già nel 1983 aveva percorso, con il
figlio secondogenito Diego, un tragitto di tre giorni da Diano Marina
a Padova, passando per il passo
delle Cento Croci, in Liguria.
Dopo la malattia ha ripreso ad allenarsi, fino a percorrere 3-4 mila
chilometri ogni anno.
Da allora, ogni estate, messa a
punto la bicicletta, firmata “Castagnone” e indossati i panni del
ciclista, raggiunge da solo il suo
paese natale.
Durante questi trasferimenti, articolati in tre tappe, non ha mai
dovuto affrontare nessun genere
di difficoltà, salvo il dover prestare
particolare attenzione sulla statale
Cremona-Mantova, molto trafficata da autovetture e mezzi pesanti.
Giunto a destinazione trova ad
attenderlo l’amico d’infanzia “Crescentino” con il quale condivide la
grande passione per lo sport.
Trascorsi presso di lui alcuni giorni e scambiate due “ciacole”, riposato nel fisico e rigenerato nello spirito, Bruno si appresta ad
affrontare il viaggio di ritorno, in
attesa della prossima volta.
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IL VINOVESE 27
La rosa canina
protagonista
contro le
malattie da
raffreddamento
Confettura di rose
300 g di petali di rosa,
300 g di gelatina di mele,
600 g di zucchero,
1 limone.
Mettere i petali in una casseruola
con il succo del limone ben coperti
d’acqua.
Far cuocere per pochi minuti e
frullare.
Pesare il composto ottenuto, calcolare un egual peso di gelatina di
mele e mescolare gli ingredienti. In
un’altra casseruola versare ½ litro
di acqua e unire lo zucchero facendolo sciogliere a fiamma bassa.
Dopodiché fate bollire lo sciroppo,
unire il composto di petali e la gelatina di mele. Mescolare e bollire per
10 minuti.
Lidia Magliano Bosco
NATALE
Si vedono le prime luci per strada.
La gente nel giorno dell’Immacolata
addobba alberi, presepi e la loro casa.
Restando insieme attorno al focolare,
si sentiranno di volere bene e amare.
Ci sembrarà un presupposto normale,
adorare con gioia il giorno del Natale.
Coccolando la famiglia e immaginare...
Un mondo traboccante di serenità,
senza lotte di guerra, odio e rancore,
escludendo la fame, morte e dolore.
Cercando nel profondo del nostro cuore
quella vera sensazione avida d’amore
che cio eleverà esplodendo di felicità.
Giovanni Teti
Rivalta (TO)
Hanno festeggiato
il Santo di Assisi
Pianta ad arbusto suffruticoso a foglie caduche di altezza variabile. Era
nota già all’età della pietra. Il nome
deriva da quello che si riteneva fosse l’uso fondamentale come rimedio
contro la rabbia dei cani!
In generale è considerata un antidoto contro le malattie da raffreddamento.
La leggenda dice che in Germania si
usi mangiare un cinorrodo la notte di
capodanno per essere immunizzati
contro le infezioni.
E’ di una bellezza semplice e schiva, quasi il brutto anatroccolo della
famiglia delle Rosacee.
Non ha infatti né la bellezza, né il
profumo delle altre rose, ma con
notevoli proprietà salutari e cosmetiche.
Ottima la tisana di cinorrodi con
radice di zenzero per tosse, raffreddore ed influenza.
Il Gruppo Alpini di Candiolo, con
i famigliari, amici e parenti, ritratti
CLERICO
MARCO
MANUTENZIONE
davanti alla Basilica Superiore di
Assisi il 4 ottobre, in ricorren-
za della festa di S. Francesco,
Patrono d'Italia.
Servizi
per la
sicurezza
industriale
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28 IL VINOVESE
Un povero frate la cui carità ebbe modo di risplendere agli occhi di tutti
Umiltà, carità, altruismo
sono le doti di San Diego
San Diego rappresentò la speranza
anche per chi non aveva nulla, né
beni materiali né doti intellettuali,
in compenso possedeva una grande umiltà.
Pronto a rendere qualunque servizio al prossimo è ricordato per la
sua infinita bontà.
Nacque in Andalusia intorno al
1400; da giovane condusse una
vita solitaria nei pressi del paese
nativo, forgiando con le proprie
mani piccoli oggetti di uso domestico che scambiava con pezze da
rattoppare e trasformare in capi di
vestiario.
Per nutrirsi gli bastavano i prodotti
del suo piccolo orto.
Raccoltosi in meditazione e preghiera finì per attirare intorno a
sé molti donatori per sottrarsi ai
quali si rifugiò presso Cordoba,
sotto la regola dei francescani di
Arizafe, dove compì il noviziato
come fratello laico.
Nel 1441 venne inviato come missionario nelle isole Canarie.
Diego lavorò con zelo e obbedienza tanto che solo dopo pochi
anni gli fu affidata la carica di
“Guardiano”, ossia di superiore,
nonostante la sua figura di laico.
La sua predicazione parve dare
molto fastidio ai colonizzatori, che
tenevano gli indigeni nella condizione di schiavi.
Nel 1449 tornò in Spagna e nel mese di maggio dell’anno successivo
giunse a Roma per il Giubileo e per
la canonizzazione di Bernardino
da Siena.
A causa di una grave epidemia di
peste, Diego posticipò la data del
ritorno per assistere gli ammalati,
unendo la carità ai doni carismatici di cui era dotato.
La peste, oltre a bloccare l’afflusso
di pellegrini, provocò un fuggifuggi tra i vertici ecclesiastici.
Diego però non fuggì, al contrario
si prodigò per alleviare le pene dei
confratelli appestati e si adoperò
con tanta dedizione per organizzare la distribuzione di viveri tra gli
ammalati e i poveri della città.
Tornato poi in Spagna, continuò
a svolgere il suo servizio in varie
comunità, l’ultima delle quali nel
convento di Alcalà de Henares,
presso Madrid ove si spense il 12
novembre 1463.
San Diego in un dipinto di Francisco de Zurbaràn
Fu canonizzato da papa Sisto V nel
1588, per intercessione di Filippo
II di Spagna.
San Diego d’Alcalà è uno dei Santi
più popolari della Spagna e delle
Americhe, dove portano il suo nome fiumi, baie, canali e varie città.
Viene rappresentato nelle vesti di
un umile converso francescano,
con saio di panno tessuto in modo
grossolano (tipico di alcuni ordini
religiosi), cordone e chiavi, per
indicare le sue mansioni nel convento.
L'umile e obbediente Diego, trattandosi di far del bene alla povera
gente, non esitava a privarsi del
suo stesso pane per portarlo di nascosto a qualche mendicante.
Nelle immagini popolari, frequenti
nelle chiese francescane spagnole,
viene spesso ricordato il prodigio
secondo il quale Dio, gradendo la
sua benevolenza nei confronti dei
più bisognosi, lo ricambiò facendogli trovare un panierino colmo
di rose.
In Italia è protettore di Canicattì.
Secondo una leggenda popolare, si narra di una statua di San
Diego portata in viaggio verso
Caltanissetta, su un carro trainato da buoi. Gli uomini alla guida
del carro, sopraffatti dalla sete, si
fermarono per dissetarsi ad una
sorgente, apparsa miracolosamente ai loro occhi (quella che ora si
chiama “Fontana dello stretto o
Fontana di San Diego, all’altezza
dello stretto di Naro).
Giunti nei pressi di Canicattì, i
buoi sarebbero caduti in ginocchio dinanzi alla chiesa di San
Sebastiano, senza volersi più rialzare; questo fatto venne interpretato come fosse volontà di San
Diego restare in quella chiesa, di
cui ora è il titolare, e in quella città, di cui è diventato il protettore.
In realtà il culto del Santo fu
principalmente diffuso grazie al
fervore e alla devozione dei frati
minori osservanti, suoi confratelli;
l’entusiasmo del popolo fu tale da
accendere la fantasia e far nascere
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IL VINOVESE 29
leggende e detti sulla sua figura.
A lui si rivolsero i canicattinesi nel
terremoto del 1693. In tale calamità Catania fu distrutta e una larga
parte della Sicilia gravemente danneggiata ma Canicattì rimase illesa
e gridò al miracolo.
Il suo nome si era diffuso tra la
gente e a tanti bambini veniva imposto al battesimo.
Lo aveva assunto anche la confraternita di San Sebastiano, denominandosi Confraternita dei Santi
Sebastiano e Diego.
Nella metà del Seicento si celebrava una festa solenne e venne istituita la “fiera franca di San Diego
glorioso”, una fiera di nove giorni
durante la quale nessun mercante
doveva pagare gabelle a parte la
tassa di posteggio, da versare alla Confraternita a beneficio della
chiesa.
Nel 1825 il Comune si accaparrò
questa tassa e la fiera fu ridotta
a cinque giorni, finché nel 1860
non scese a tre. Vi si praticava il
commercio di tanti prodotti tipici
dell’artigianato siciliano.
Poco distante si teneva invece
l’animata fiera del bestiame.
Anticamente gli organizzatori della
festa erano i mugnai, con il concorso del popolo, perché tutti erano devoti al Santo e fiduciosi nella
sua protezione contro ogni flagello.
Un tempo, la sera della vigilia della
festa, durante i Vespri, si poneva su un tavolo, all’ingresso della
chiesa, una statuetta di San Diego,
davanti alla quale venivano accesi
piccoli falò, mentre lanterne di
carta colorata venivano appesi al
campanile, alla facciata della chiesa, ai rami degli alberi, alle finestre
e alle porte delle case circostanti.
Il giorno della festa poi, tra tanta
folla, si svolgevano spettacoli, giochi vari, tornei, giostre e corse di
cavalli.
La fiera di San Diego divenne
una delle più attese e più grandi
della Sicilia e fu fissata nell’ultima
domenica di agosto, al fine di favorire le attività socio-economiche,
invece che a novembre, mese in
cui cade la ricorrenza onomastica.
L’evento, un tempo tanto ricco
di folklore, oggi è notevolmente
ridotto anche se un comitato organizzativo si sta adoperando per
ripristinare, almeno in parte, l’antico splendore.
Maria Grazia Brusco
LA FONTAN-A DË STICH-BËRLICH
Pen-a fòra dle meison ëd Val Nos
longh la carzà ch’a pòrta a la rivera
it treuve un pòst dròlo, motobin fros
un gërpass, butà sna nèira rochera.
E pròpe belelì stermà ‘nt le frasche
a cantërla na fontan-a raminga
che la stòria a gropa s-ciass a le masche
a cola ombra, seiran-a e guardinga
Cola ombra che da sempe a viroja
quand la lun-a a lus al cel ëd campagna
e j’arson dantorn a smijo na lagna...
Gnun sa deje stòria a col son ëd froja
ch’a miton-a pian, longh dë sta baragna.
Peui sta masca as na va, con soa cavagna...
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30 IL VINOVESE
Gila Stefano:
il ricordo di un
grande nonno
Il 7 ottobre 2016 il nostro caro nonno Stefano ci ha lasciati portandosi
dietro un grosso pezzo del nostro
cuore…
Nonno fin da piccole ci ha sempre raccontato tutte le tradizioni
di Vinovo, suo paese di nascita. In
particolare teneva molto alla storia
del Santuario di San Desiderio, in
quanto in periodo di guerra, rifugiandosi all’interno della Chiesa,
rimase illeso dai ripetuti bombardamenti. Infatti, in memoria di quel
episodio, nonno ha sempre detto
che gli avrebbe fatto piacere ricevere la sua ultima funzione religiosa proprio al Santuario…e così è
stato.
Nonno era anche un cantante
“Doc”, le sue corde vocali hanno
risuonato per parecchi anni dalla
Parrocchia di San Bartolomeo alla
Cappella di San Rocco, situata nel
suo borgo d’appartenenza. “Steü”,
così veniva chiamato dai suoi conoscenti, era un grande lavoratore,
portato per il giardinaggio, per l’orticoltura, per la produzione del vino
e per i lavori edili; a dimostrazione
di questo fu uno dei tanti che andò
ad aiutare i muratori nella manutenzione dell’Asilo di Vinovo. Era un
nonno che dava tutto se stesso per
le proprie nipoti…cercava sempre
di essere presente nelle nostre vite,
nelle nostre attività scolastiche e
lavorative. Con questo ricordo ci
auguriamo che da lassù, insieme
alla cara nonna Lena, vegli sempre
su di noi e su tutta la nostra famiglia.
Grazie di tutto Nonno… un abbraccio dalle tue nipoti Michela e
Stefania
Il valore
del fagiolo nella
cucina povera
Originario dell’America centrale, in
Italia non esiste allo stato spontaneo. Si semina in primavera, si
usano i baccelli e i semi. Si racconta che quando nel 1533 Caterina
de’ Medici si sposò con Enrico II
di Francia, il fratello di lei regalò
alla coppia reale dei fagioli. Può
sembrare una cosa bizzarra, ma
all’epoca il fagiolo era realmente
una rarità.
Quando iniziarono a studiare il legume, scoprirono le proprietà diuretiche del baccello. I fagioli legarono
il loro nome alla cucina povera
e contadina, questo in virtù del
loro valore energetico; infatti possono sostituire carne e pane e per
questo sono chiamati “carne dei
poverelli”.
Conviene mangiarli ancora freschi
o al massimo dopo un anno dal
raccolto. E’ bene cuocerli a lungo,
magari con bicarbonato di sodio
nell’acqua di cottura oppure con
salvia, rosmarino, finocchio, prezzemolo che agiscono contro la fermentazione.
Onestà, rispetto, puntualità,
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rigorosamente italiani.
Crema di fagioli
300 g di fagioli (se secchi metterli
a bagno),
4 fette di pancarrè,
3 tazze di brodo,
1 bicchiere di latte,
1 ciuffo di prezzemolo,
2 filetti di acciuga,
4 cucchiai di olio, sale, pepe.
Cuocere i fagioli per 40 min. circa,
tagliare il pancarrè e farlo rosolare
nell’olio dove si sono fatte sciogliere
i filetti di acciuga. Passare al passaverdure i fagioli, regolare di sale e
pepe. Quindi diluire il purè ottenuto
con il latte, aggiungere il brodo,
cospargere di prezzemolo tritato e
far bollire per 5 minuti. Servire con
i crostini.
Lidia Magliano Bosco
La donna più longeva di Vinovo
e dintorni
Leva del 1936, il ricordo
Due belle fotografie della leva del
1936. La prima nei giorni della
visita medica, avvenuta nel lontano febbraio del 1956 del secolo
scorso; la seconda è stata invece
Il 19 novembre la sig.ra Maria
Burzio Navone ha raggiunto
la bella età di 105 anni. Per
festeggiare solennemente questo importante traguardo, è
stata celebrata, presso la sua
abitazione, una S. Messa di ringraziamento, officiata dal nostro
Prevosto Don Enrico.
Al termine della funzione una
bella e golosa torta ha deliziato il
palato di amici e parenti presenti
al compleanno.
La cara Maria, che ha conservato
una buona lucidità, negli ultimi
tempi, ha recuperato in parte
l’uso della parola; questo piccolo
miglioramento riempie di gioia la
figlia Maria Rita, che da sempre
l’assiste con amore e dedizione.
scattata il 23 ottobre del 2016
durante i festeggiamenti per gli
80 anni dopo la S. Messa per
vivi e i defunti della leva e il rituale
pranzo a Piobesi Torinese.
È NATA UNA PIANTA
È nata una semplice pianta,
spunta al di sopra del cemento.
È stato sufficiente un sussulto,
un tiepido e consistente lamento
un artefatto avvolto sentimento
si è aperto vicino al suo virgulto.
Sono state due gocce di rugiada,
lacrime scaldate dai raggi di sole,
con un sorpreso, bianco stupore,
è
nato un sensibile amore.
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IL VINOVESE 31
CI HANNO LAsciati...
Il 27 ottobre è mancato all’età di 100 anni Giacomo Colletti. Era nato a Burgio, in
provincia di Agrigento, il 26 febbraio 1916.
Aveva festeggiato con gioia il raggiungimento
di questo importante traguardo, circondato
dall’affetto dei suoi famigliari, con la partecipazione dell’Amministrazione Comunale.
Anche la Famija Vinovéisa aveva voluto
esprimergli gli auguri più sinceri, raccontando i trascorsi della sua lunga vita in un
articolo a lui dedicato e pubblicato nel mese
di giugno. Giacomo, indebolito nel fisico,
Giacomo Colletti
pur non avendo patologie particolari, in
questi ultimi mesi si è spento pian piano. La
sua scomparsa ha lasciato un grande vuoto ai suoi figli, che lo hanno
sempre accudito con amore. Tutti i suoi famigliari ringraziano di cuore
quanti hanno reso onore alla memoria del loro caro papà.
Il 31 ottobre è mancata Molinario Primina,
di anni 94, nata a Vidracco, nel Canavese,
il 19 luglio 1922. A 14 anni si era trasferita
a Vinovo perchè la mamma, aveva trovato occupazione come portinaia al Molino
locale. Fin da subito ha stretto numerose
amicizie ed è stata entusiasta del nostro paese, perché a confronto con il suo paesello
natale, nonostante amasse definirlo il “Bel
Canavese”, era già a quei tempi più allegro
e vitale, con il mercato settimanale, la festa
Patronale e il ballo in piazza. Appena arrivata, ha iniziato a lavorare presso lo jutificio
Primina Molinario
sito nel Castello comunale. A Vinovo ha
conosciuto Chiaffredo Peretti e dopo il fidanzamento ha coronato il
suo sogno d’amore convolando a giuste nozze. Insieme hanno condiviso
una lunga vita, rallegrandosi delle gioie semplici e genuine nell’amore
della propria famiglia. Dopo la nascita della figlia Anna ha smesso di
lavorare per dedicare tutta se stessa ai suoi cari. Ha cresciuto i nipoti,
Simone e Claudia, con impegno e dedizione ed ha accolto con immensa
gioia la nascita dei bisnipoti Camilla e Lorenzo. Era legata alla sorella
Fosca, tanto da poterle definire “inseparabili”; con lei, per molti anni,
ha trascorso molte ore della giornata, chiacchierando, sostenendosi reciprocamente e dedicandosi al cucito la grande passione, che ha saputo
destarle interesse fino alla fine dei suoi giorni. Si è spenta così come è
vissuta: serenamente nella sua casa.
Gli
Alpini Vinovesi
augurano
ai loro concittadini
Buon Natale
e un festoso
e appagante 2017
Tipica cucina
piemontese
Pranzi e cene
a tema con musica
Battesimi, comunioni,
cresime, compleanni,
anniversari,
riunioni,
e cene di lavoro.
Alla fine del mese di ottobre è mancata
Antonietta Ruffino di anni 92. Nata in una
vecchia famiglia di Piobesi Torinese, era la
prima di 5 figli. A 10 anni restò orfana di
padre e quindi con la cara mamma dovette
provvedere alla cura ed alla crescita degli
altri fratelli. Nel 1947 venne il matrimonio
con Giovanni Griffa di Vinovo dal quale
ebbe poi due figli. Per parecchi anni
fu impiegata alla FIAT di Torino. Lavoro
che mantenne fino agli inizi degli anni 60
dopo di ché si dedicò ad aiutare il marito
Antonietta Ruffino
nell’attività di commercio di carni a Torino.
Antonietta era molto conosciuta e benvoluta
nella Comunità vinovese specialmente dal momento della pensione
Negli ultimi anni era facile vederla con il gruppo delle sue care amiche.
La Famija Vinovèisa porge sentite condoglianze ai figli, nuora e genero.
Il 10 novembre è mancato presso l’ospedale di Moncalieri Claudio Ponte. Era nato a
Palmanova, in provincia di Udine, da una
Famiglia di piastrellisti, il 5 agosto 1939.
All’età di 18 anni è venuto a Vinovo per lavoro. Nei momenti di pausa dal lavoro, quando
andava a spasso con amici e colleghi, ha conosciuto Maria Peretti (nativa di Vinovo) che
presto è diventata sua moglie. Si è sposato
il 6 agosto del 1961; dal matrimonio sono
nati quattro figli maschi. Appena sposato,
Claudio, manteneva la famiglia lavorando alla
FIAT: ferriere alti forni, per ben dieci anni.
Claudio Ponte
Successivamente, ha fondato la ditta Fratelli
Ponte (ditta edile), per garantire lavoro e futuro ai suoi figli. È sempre
stato un gran lavoratore, ha vissuto per il lavoro e la famiglia. Alla moglie, ai figli e a tutti i suoi cari le più sincere e sentite condoglianze.
Lo scorso 8 novembre all’età di 84 anni è
mancato presso la propria casa Maurizio
Ferrero dal vecchio ceppo vinovese conosciuto come “Re cit” come peraltro era già conosciuto suo padre Giuseppe. Da giovane aveva
fatto diversi lavori: contadino come tanti
altri, muratore e poi nell’industria legname
di Garis ed infine alla FIAT. Nel 1962 si era
sposato con la cara Francesca originaria di
Cuneo andando ad abitare prima alla Rocca
e ultimamente in via Cottolengo. Mauro era
persona buona, socievole e simpatica, molto
conosciuta da tutto il vecchio ceppo vinoveMaurizio Ferrero
se anche se da alcuni anni aveva limitato le
uscite per il paese. La Famija Vinovéisa porge sincere condoglianze.
La Famija Vinovèisa unitamente alla redazione de “Il Vi­no­vese”
porge le più sentite con­doglianze alle famiglie dei defunti.
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Editore:
Famija Vinovèisa Onlus
Presidente:
Dino Sibona
Direttore responsabile:
Giovanni Ameglio
Redazione: Gervasio Cambiano, Vera
Miletto Scuero, Mario Bernardi, Maria
Grazia Brusco, Giovanna Franchino, Angela
Lanzetti Faule, Michelina Alessiato, Tersilla
Sola, Rino Visconti, Marilena Benso.
Progetto grafico: Giovanni Alessiato
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Stampa: Tipografia Artigiana Vinovese
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