LA COMUNICAZIONE FISICA A PARTIRE DAI FENOMENI E DAGLI

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LA COMUNICAZIONE FISICA A PARTIRE DAI FENOMENI E DAGLI
LA COMUNICAZIONE FISICA A PARTIRE DAI FENOMENI E DAGLI
OGGETTI TECNICI
M. Vicentini
"Il mondo esterno è come un attore
sul palco: sta lì ma è un'altra cosa"
(Pessoa)
1. La fisica, il mondo dei fenomeni, la tecnologia
La fisica, si dice, ed è scritto nei libri di testo, è la disciplina scientifica che si occupa
delle leggi fondamentali del mondo naturale. Ormai anche i fenomeni chimici e biologici
fondamentali sono spiegati da leggi fisiche. Nello stesso tempo, quasi tutti gli oggetti
tecnologici che usiamo nella vita quotidiana funzionano in base a principi fisici. È
ragionevole pertanto chiedersi con quali informazioni sul mondo fisico possiamo
comprendere alcuni fenomeni dell’esperienza ordinaria e il funzionamento di alcuni
oggetti prodotti dalla tecnica.
Come abbiamo già detto, parlando della differenza tra linguaggio scientifico e lingua
ordinaria, ci sono vari modi di descrivere ciò che avviene attorno a noi. I modi di dire
che sono normalmente usati, fanno parte del nostro mondo culturale e sono appresi
insieme all’apprendimento della lingua. Descrivere i fenomeni dal punto di vista fisico
richiede invece istruzioni linguistiche fornite da un ‘esperto’: spesso accade, tra
l’altro, che le descrizioni ‘ingenue’ debbano poi scontrarsi con i principi fisici da
apprendere.
Possiamo fare un elenco di alcune frasi un essere umano usa normalmente per
descrivere fenomeni che noi sappiamo essere rilevanti dal punto di vista fisico::
A. siamo circondati dall’aria che respiriamo e possiamo muovere l’aria agitando le mani,
cambiare l’aria in una stanza…
B. quasi tutte le cose tendono a cadere, alcune sono pesanti, altre leggere;
C. il fuoco, il fumo e i palloncini tendono ad andare verso l’alto…
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D. in alto nel cielo vi sono oggetti (le nuvole, il Sole, la Luna, le stelle) che sembrano
‘sospesi’ (a parte le stelle ‘cadenti’), e continuano a muoversi senza mai fermarsi
lassù nel cielo;
E. i ritmi della nostra vita sono scanditi dalla alternanza di giorni e notti, di stagioni
calde e stagioni fredde;
F. Ci sono cose calde e cose fredde;
G. Il Sole è caldo e ci riscalda, le lampadine scottano;
H. per difenderci dal freddo ci dobbiamo coprire, per difenderci dal caldo possiamo
fare un bagno, oppure agitare l’aria con un ventaglio
I. si può fare luce con le candele o con le lampadine;
J. la pioggia e i fulmini cadono dalle nuvole, le nuvole e il mare sono mossi dal vento…
K. un mare agitato è pieno di onde
L. ……
Queste frasi sono semplici e chiare: parlano di oggetti, azioni, fenomeni. Chiunque
parli la nostra lingua ne comprende il significato. Eppure, noi che abbiamo studiato
fisica, sappiamo che ‘dietro’ c’è tanta fisica (a volte anche troppa).
Si potrebbe discutere i fenomeni suddetti dal punto di vista della fisica: dobbiamo
però aspettarci che il nostro discorso sarebbe compreso da pochi. Per esempio,
dovremmo ‘scomporre’ una gran parte dei fatti che abbiamo descritto in precedenza in
fatti più elementari, che magari non si vedono direttamente. Dovremmo stabilire
alcuni presupposti, dovremmo introdurre alcuni principi fisici particolari, e via
discorrendo.
Ad eccezione delle lampadine e dei palloncini, frasi come quelle elencate in precedenza
potevano essere dette anche dagli antichi. Sappiamo che i miti sono forme iniziali di
espressione di conoscenze acquisite soprattutto sui comportamenti umani. Ma
l’atteggiamento scientifico ‘naturalistico’ nacque quando i primi ‘filosofi’ cominciarono
a cercare di ricondurre l’estrema varietà dei fatti a cui assistiamo a principi ‘primi’, di
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validità universale. È così che i ‘filosofi’ antichi hanno cominciato a cercare
spiegazioni, a trovare le ‘vere’ cause, e hanno quindi cominciato a produrre ipotesi e
teorie, che forse ci appaiono oggi molto fantasiose e che facciamo ormai fatica a
comprendere.
L’atteggiamento ‘filosofico’ verso la natura è mutato nel corso del tempo. Con la
nascita della scienza moderna, è nato anche un nuovo modo di vedere il mondo e un
nuovo modo di cercare una spiegazione dei fenomeni naturali. Per esempio, si è
affermata la tendenza a trovare le leggi che regolano i fenomeni. Questo ha
comportato l’uso del linguaggio matematico e quindi l’esecuzione di misure sempre più
accurate. L’attenzione ai fenomeni dell’esperienza quotidiana è stata soppiantata dalla
progettazione ed esecuzione di esperimenti in laboratorio; le teorie, formulate
matematicamente, sono diventate sistemi logico-deduttivi rigorosi.
La fisica ha quindi delimitato i campi di osservazione e di esperienza e ha imposto un
linguaggio particolare per descrivere i fenomeni. Per esempio, i principi e leggi fisiche si
manifestano in maniera più evidente studiano fenomeni prodotti in condizioni controllate e
semplificate. Per questo nella comunicazione scientifica ci si rivolge quasi sempre a congegni,
oggetti idealizzati, situazioni artificiali, dimenticando l’importanza dei fenomeni della vita
quotidiana. Il risultato è che troppo spesso , parafrasando il titolo di un libro di Frova,
“non si sa perché accade ciò che accade” [libri utili per riflettere sui fenomeni
quotidiani, oltre al libro di Frova, sono indicati in bibliografia].
In realtà, molti fenomeni fisici a cui assistiamo nella nostra esperienza di tutti i
giorni, hanno una spiegazione che può essere talvolta molto complicata. Ciò vale anche
per il funzionamento di molti oggetti tecnologici che usiamo abitualmente. La
tecnologia affronta problemi di vario tipo e deve tener conto dell’utilizzazione del
‘prodotto’: non basta certo sapere la fisica per capire come mai un’automobile è fatta
così. Tuttavia, nel progettare un’automobile, occorre comunque essere esperti di
aerodinamica, di termodinamica, di elettronica e via discorrendo. Alcuni oggetti
tecnici sono così complicati che occorrono équipes di ingegneri. Basti pensare ai mezzi
di locomozione (automobili, tram, treni, aerei ma anche tricicli, biciclette, monopattini,
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pattini a rotelle o da ghiaccio), ai mezzi di comunicazione (telefono, fax, televisione,
radio, telegrafo, computer), agli elettrodomestici (macchine per lavare panni o piatti,
frigoriferi e fornelli, sistemi di riscaldamento per acqua e ambienti, condizionatori
d'aria)…Però, apprendere la descrizione fisica dei fenomeni e degli oggetti tecnici che
ci circondano è necessario saper vedere, saper osservare, ossia possedere un bagaglio
di conoscenze che ci permettere di cogliere il principio fisico che ciò che osserviamo
‘sta recitando’.
Nei due paragrafi che seguono vi proponiamo alcuni esempi di osservazione di
fenomeni (§ 2) e di oggetti tecnologici (§ 3).
A. Esempi di fenomeni
Abbiamo accennato al fatto che, nella costruzione del sapere scientifico, ha
avuto un ruolo importante, in particolare per la fisica, il passaggio dai fenomeni che si
manifestano nel mondo dell’esperienza quotidiana ai fenomeni prodotti in laboratorio.
Capire tale passaggio è essenziale per comprendere la formulazione delle teorie
scientifiche e la loro successiva applicazione alla spiegazione del mondo.
1° esempio - Il flusso dei liquidi.
Sappiamo fin dall’infanzia che l’acqua è un liquido che ‘scorre’ nei fiumi (nei
ruscelli, negli impianti di irrigazione…); sappiamo quindi che l'acqua pesa e tende a
scorrere verso il basso: per fare ‘salire’ l'acqua verso l’alto è infatti necessaria una
pompa. L’acqua scorre (o ‘fluisce’) a volte con un movimento regolare, a volte con
vortici più o meno disordinati. Chiaramente il movimento regolare è più facile da
studiare: già nel ‘700 ne è stato fatto un modello basato sui principi di Newton (i moti
turbolenti sono ancora oggi oggetto di ricerca).
Tuttavia, ci sono in cui, costruendo un pozzo, l’acqua sale spontaneamente verso l’alto.
Prima ancora di Newton era stato stabilito il principio dei vasi comunicanti…
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Il fenomeno può essere facilmente studiato, dal punto di vista fisico, con un
apparato sperimentale costituito da un tubo ad U in cui si stabilisce un iniziale
dislivello dell’acqua contenuta nei due rami (come si fa?). L'osservazione qualitativa
del fenomeno ci fa vedere subito che il flusso del liquido tende a far sì che esso
assuma una configurazione di equilibrio. Ci possiamo però chiedere anche come avviene
il processo che porta a questa situazione di equilibrio? La ricerca della legge di
variazione di una grandezza (in questo caso il livello h dell’acqua in funzione del tempo)
è tipica della fisica.
Lasciando il liquido libero di fluire si può osservare, a seconda del diametro del
tubo, un movimento oscillatorio smorzato o un movimento asintotico verso l'equilibrio
Il desiderio di darne anche una descrizione quantitativa ci spinge a individuare le
variabili rilevanti (h versus t), misurando le quali possiamo determinare alcune
caratteristiche temporali del fenomeno (periodo e tempo di smorzamento).
Domanda tecnologica: come funziona un orologio ad acqua?
2° esempio - I pendoli.
Restando nell'ambito delle cose che oscillano (di cui si possono trovare vari
esempi nel mondo naturale e anche oggetti costruiti per il diletto dei bambini) un
fenomeno semplice da studiare è dato dai pendoli. Basta un filo cui attaccare un
oggetto pesante per realizzare vari tipi di movimenti: si può far eseguire all'oggetto
un movimento circolare, oscillazioni in un piano verticale, oscillazioni dovute alla
torsione del filo. L'osservazione qualitativa comunica l'importanza di definire un
sistema di riferimento, le variabili necessarie a descriverlo e come ridurle ad una sola
per le oscillazioni in un piano verticale, alcune caratteristiche temporali (nuovamente il
periodo e la costante di smorzamento). Domanda tecnologica: come funzionano le
vecchie pendole?
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3° esempio - I barattoli.
Ancora oscillazioni: questa volta ottenute facendo cadere su una guida
semicircolare dei barattoli più o meno riempiti di qualche sostanza. Si ha nuovamente
un moto oscillatorio più o meno smorzato (domanda: lo smorzamento dipende dal peso
e come?).
L'osservazione qualitativa del confronto fra barattoli più o meno pieni comunica
che lo smorzamento è principalmente dovuto a ciò che sta all'interno dei barattoli
(domanda: perché il movimento di oggetti di questo tipo non viene proposto nei corsi di
meccanica?).
Il fenomeno è anche un esempio di composizione di un moto traslatorio del
barattolo verso il basso e della rotazione intorno a se stesso. Quali variabili sarebbero
necessarie per descriverlo?
4° esempio - Immergersi nell'acqua.
La leggenda (o storia) di Archimede (con l'Eureka per la corona del re) può
essere letta come la comunicazione ricevuta da uno scienziato dal mondo dei fenomeni.
Anche noi riceviamo la stessa comunicazione, quindi il principio di Archimede dovrebbe
esserci ovvio. Se fossimo capaci, come Archimede, di riflettere sui dati raccolti dalla
nostra percezione.
Provate quindi a rispondere a questa domanda: "Se state pesando un recipiente
contenente acqua su una bilancia cosa succede se, per caso, immergete un dito nel
recipiente? (Ovviamente mantenendo il dito ben attaccato al vostro corpo).
5° esempio - I cubetti di ghiaccio
Supponiamo di porre due cubetti di ghiaccio (estratti dal congelatore) l'uno su
una tavoletta di legno e l'altro su una tavoletta di alluminio. Quale si scioglie prima? E
quanto prima?
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Generalmente si tende a rispondere a queste domande facendo ricorso a quanto
si crede di sapere. Le risposte possono essere diverse: se si attribuisce la velocità di
scioglimento alla temperatura delle due tavolette e, ignorando il principio zero della
termodinamica, si ritiene che la tavoletta di legno sia più calda, si risponderà che si
scioglie prima il cubetto sul legno. Se invece si ritiene che la velocità di scioglimento
sia dovuta alle diverse proprietà di conduzione del calore (e si sa che il metallo è un
buon conduttore) si risponderà che si scioglie prima il cubetto sull'alluminio. La
differenza dei tempi è tuttavia difficile da stimare. Vediamo tuttavia cosa ci
comunica il fenomeno.
Prendiamo i due cubetti (è un esperimento facilmente attuabile in cucina) e
mettiamoli al centro delle due tavolette. E osserviamo. Si nota subito una tendenza ad
un movimento del cubetto sull'alluminio col formarsi di un velo (poi strato) di acqua.
L'altro cubetto non accenna minimamente a muoversi. Se tocchiamo l'alluminio con un
dito lo sentiamo freddo (ma ci possiamo fidare della sensazione come indice che la
temperatura del metallo è diminuita? Dopotutto il metallo sembra sempre più freddo
al tatto!). Dopo poco tempo sul metallo c'è solo acqua mentre l'altro cubetto attende
pazientemente. Quanto bisognerà aspettare perché si sciolga? (Provateci).
6° esempio - Ombre e ombre colorate.
Viviamo in un mondo di luci e ombre. Vediamo le ombre allungarsi e accorciarsi
nel corso di una giornata di sole. Nelle assolate giornate estive cerchiamo refrigerio
sotto l'ombra di alberi, palazzi, ombrelloni. Eppure molti, alla domanda se un'ombra sia
una figura geometrica piana o solida tendono a rispondere che è una figura piana.
Evidentemente la comunicazione visiva di ombre su un pavimento o una parete tende a
prendere il sopravvento sulla comunicazione ricevuta da tutto il corpo che cerca
refrigerio.
Come si fa a "colorare" un'ombra? Provate a pensarci, magari mentre ballate in
discoteca.
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B. Alcuni esempi di analisi di oggetti tecnologici
Molti degli artefatti tecnologici di uso comune nella nostra vita quotidiana sono
stati costruiti in base a conoscenze scientifiche. Dobbiamo però ricordare che gli
sviluppi della tecnologia hanno accompagnato l'evoluzione culturale degli esseri umani
forse in base a prove e riprove finalizzate ad ottenere particolari risultati e
comunque in base a conoscenze che oggi sono spesso denominate prescientifiche.
Ne sono esempi la ruota, i forni per la manipolazione dei materiali, lenti e
telescopi e, in tempi più recenti, la macchina a vapore.
Esaminando le caratteristiche costruttive e il funzionamento di alcuni oggetti si
possono ricavare informazioni sulla conoscenza scientifica alla base di tale
funzionamento. Uno schema utile per tale analisi è lo schema ingresso-uscita (o usando
termini inglesi Input-Output).
Ogni oggetto ha bisogno di un ingresso che fornisce l'energia per la produzione
dell'effetto desiderato. Per una buona utilizzazione è necessario conoscere l'ingresso
(spesso elettrico: le pile per orologi, computer portatili… o la rete) e seguire le
istruzioni d'uso (purtroppo tali istruzioni sono spesso comunicate con un linguaggio
adeguato più ai tecnici specialisti degli oggetti che non al cittadino comune - provate a
leggere un manuale di istruzione e a tradurlo per l'uso di una persona di cultura
media). Per il resto l'oggetto può essere considerato una "scatola nera" che da un
ingresso A produce l'uscita B.
Proviamo ad usare lo schema su oggetti particolarmente semplici e di largo uso.
1° esempio - La macchina da caffè moka
Caratteristiche costruttive: è composta da tre parti: un serbatoio inferiore in
cui inserire l'acqua, un imbutino in cui mettere la polvere di caffè, un serbatoio
superiore con al centro una sorta di tubo aperta in alto.
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Guardando meglio osserviamo una valvola di sfogo nel serbatoio inferiore e un
filtro retto da una guarnizione sotto al serbatoio superiore.
Funzionamento: si mette la macchina pronta sul fornello (l'ingresso è quindi il
calore fornito dal fornello acceso) e dopo un po' dal tubo del serbatoio superiore
comincia a uscire il caffè a temperatura alta. Tutta la macchina è a temperatura alta
tanto che nessuno penserebbe a toccarla.
Riflettiamo: la macchina - scatola nera - è in grado di produrre la risalita di un
liquido contro la gravità. Il calore dell'ingresso deve quindi generare la causa di tale
risalita. Ora sappiamo che l'acqua scaldata tende a trasformarsi in vapore, che il
vapore prodotto tende ad occupare uno spazio maggiore del liquido e se costretto in
un volume fisso aumenterà la sua pressione. La forma dell'imbutino, da inserire nella
parte inferiore e la valvola ci aiutano a capire: la valvola è una sicurezza che permette
la fuoriuscita del vapore nel caso di intaso del tubo mentre l'imbutino raccoglie dal
basso il liquido spinto in alto dall'aumento di pressione.
Possiamo concludere che le conoscenze necessarie per capire il funzionamento
riguardano essenzialmente le proprietà di liquidi e gas e la transizione tra le due fasi.
L'oggetto d'altra parte ci comunica l'esistenza di tali proprietà.
2° esempio - La pentola a pressione
Caratteristiche: una comune pentola con un coperchio a tenuta dotato di uno
sfiatatoio e una valvola di sicurezza. Nella pentola vi è una tacca per il livello massimo
dell'acqua che vi può essere introdotta.
Funzionamento: messa la pentola sul fornello (ancora un ingresso di calore) con
lo sfiatatoio chiuso e il coperchio ben chiuso dopo un po' si sente un sibilo che diventa
via via più intenso. Ogni tanto si possono osservare sbuffi di vapore.
Riflettiamo: l'ingresso è il calore del fornello, l'uscita l'aumento di pressione
che facilita la cottura dei cibi. La valvola di sicurezza serve a impedire che la pentola
scoppi. Lo sfiatatoio serve per far uscire il vapore al termine della cottura. Come
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nell'esempio precedente l'acqua scaldata tende a trasformarsi in vapore che,
costretto in un volume fisso, aumenta di pressione con conseguente aumento della
temperatura di ebollizione. Se, al termine della cottura, si lascia chiuso lo sfiatatoio il
vapore in assenza dell'ingresso di calore si trasforma nuovamente in liquido e la
pressione diminuisce.
3° esempio - Il frigorifero
Ora la situazione è più complicata. Per le caratteristiche è necessario osservare
bene la parte posteriore: un motore, una serpentina…… Il funzionamento è tuttavia
semplice: l'ingresso è dato dalla rete elettrica, l'uscita è il raffreddamento della
parte interna. Durante il funzionamento la parte posteriore si scalda (perciò viene
consigliato di lasciare spazio tra il frigorifero e la parete per la circolazione di aria di
raffreddamento). Le pareti del frigorifero sono di materiale isolante termico e la
chiusura dello sportello deve essere a tenuta.
Riflettiamo: nei fenomeni naturali è molto facile scaldare (basta avere una
sorgente di energia) più difficile raffreddare in quanto si ottiene solo per contatto
con un corpo più freddo (alcuni sistemi primitivi di ottenere il freddo d'estate si
basavano sul conservare la neve dell'inverno).
La possibilità di ottenere una diminuzione di temperatura con una sorgente di
energia si ha solo dopo lo sviluppo della termodinamica e pertanto il frigorifero ci
comunica l'utilità di tali conoscenze.
Potremmo continuare ma, mentre è chiaro che la possibilità di smontare gli
apparecchi nei vari pezzi costituenti potrebbe permettere una comunicazione più
efficace su come i vari pezzi contribuiscano in una catena al funzionamento generale
(e anche come ciascun pezzo possa contribuire al malfunzionamento) dovrebbe essere
anche chiaro come il bagaglio delle conoscenze necessarie aumenti per gli oggetti della
tecnologia più avanzata.
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Restando sulla tecnologia di base può essere utile riflettere sui seguenti brani
relativi alla manutenzione di una motocicletta (Pirsig 1981).
"Ai fini dell'analisi razionale classica una motocicletta si può scomporre in base
alle sue parti o in base alle sue funzioni. Se la si scompone in base alle sue parti, la
distinzione fondamentale è quella tra apparato propulsore e apparato di marcia. A sua
volta l'apparato propulsore si suddivide in motore e sistema di trasmissione.
Il motore è una struttura chiusa che contiene una macchina termica, un sistema
di alimentazione aria-carburante, un sistema d'accensione, un sistema retroattivo di
distribuzione e un sistema di lubrificazione. La macchina termica è composta di
cilindri, pistoni, bielle, albero a gomito e volano.
Le componenti del sistema di alimentazione, che fanno parte del motore,
consistono in serbatoio del carburante e filtro, filtro dell'aria, carburatore, valvole e
tubi di scappamento.
Il sistema di distribuzione è composto da: catena della distribuzione, albero a
camme, punterie e spinterogeno.
Il sistema di lubrificazione consiste in: pompa dell'olio e canali di distribuzione
dell'olio nel corpo motore.
Il secondo, il sistema di trasmissione, consiste in una frizione, un cambio e una
catena.
L'apparato strutturale che accompagna l'apparato propulsore consiste in un
telaio che include i pedalini, il sedile e i parafanghi; lo sterzo; gli ammortizzatori
anteriori e posteriori; le ruote; le leve e i cavi di controllo; le luci e il clacson; il
tachimetro e il contachilometri.
E così abbiamo una motocicletta scomposta secondo le sue parti. Per sapere a
cosa servono le parti è necessaria una suddivisione in base alle funzioni tra cui si
distinguono le funzioni di marcia normali e le funzioni speciali controllate dal
guidatore.
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Tra le funzioni di marcia normali si possono distinguere quelle che si svolgono
durante i quattro tempi: aspirazione, compressione, scoppio e scarico. E così via."
"Ieri parlavo proprio di questi concetti, quando dicevo che una motocicletta può
essere divisa in base ai suoi componenti e in base alle sue funzioni. Mentre lo dicevo,
ho creato tutto d'un tratto un insieme di scatole disposte nel modo seguente:
motocicletta
componenti
funzioni
E mentre dicevo che i componenti possono essere suddivisi in apparato
propulsore e apparato di marcia, ecco apparire all'improvviso altre scatolette:
motocicletta
componenti
Apparato propulsore
funzioni
Apparato di marcia
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E' evidente che a ogni nuova divisione aggiungevo altre scatole, finché mi trovai
ad averne un'enorme piramide. E finalmente capirete che mentre dividevo la moto in
pezzi sempre più piccoli, costruivo anche una struttura."
"A dire il vero non ho mai visto un problema di manutenzione della motocicletta
abbastanza complesso da richiedere un vero e proprio metodo scientifico formale. I
problemi di riparazione non sono tanto difficili. Quando penso al metodo scientifico
formale a volte mi si presenta alla mente l'immagine di un enorme bulldozer - lento,
tedioso, ingombrante, laborioso, ma invincibile. Ci vuole il doppio del tempo che non
applicando le tecniche empiriche di un meccanico, ma puoi star sicuro che alla fine ce
la farai.
Per seguire il metodo scientifico si tiene un quaderno di lavoro. Bisogna
scriverci tutto con precisione, in modo da avere sempre il quadro della situazione. A
volte basta annotare i problemi per chiarirsi le idee.
Gli enunciati logici da annotare sul quaderno sono da dividere in sei categorie: 1.
Enunciato del problema; 2. Ipotesi sulle cause del problema; 3. Esperimenti destinati a
verificare ciascuna ipotesi; 4. Risultati probabili degli esperimenti; 5. Risultati
effettivi degli esperimenti; 6. Conclusioni sulla base dei risultati degli esperimenti.
Questa elaborazione non è diversa da quella delle esercitazioni di laboratorio di molte
scuole e università, ma qui lo scopo non è solo quello di fare esercizi astratti. Lo scopo
qui è di orientare il pensiero in modo preciso.
Il vero scopo del metodo scientifico è quello di accertare che la natura non ti
abbia indotto a credere di sapere quello che non sai. Non esiste un solo meccanico,
scienziato o tecnico che non sia stato soggetto a quest'illusione tanto da stare
istintivamente in guardia. E' soprattutto per questo che i trattati scientifici e le
istruzioni meccaniche sembrano così noiosi e pedanti. Le negligenze e le fantasie
romantiche in campo scientifico fanno dei brutti scherzi, e la natura imbroglia già
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abbastanza da sola senza che gliene diamo noi l'occasione. Alla prima deduzione falsa
riguardo al motore, ci si ritrova irrimediabilmente bloccati.
Per quanto riguarda il punto 1 (enunciato del problema) l'abilità principale
consiste nel non dire assolutamente più di quanto non si sia sicuri di sapere. E' molto
meglio un'annotazione del tipo: "Problema: perché la motocicletta non funziona?", che
sembra poco furba ma è corretta, che scrivere: "Problema: cos'è che non va
nell'impianto elettrico?" se non si è assolutamente sicuri che il guasto sia nell'impianto
elettrico. La cosa giusta da scrivere è: "Problema: cos'è che non va nella moto?", e poi
mettere al primo posto al punto 2: "Ipotesi Numero 1: il guasto è nell'impianto
elettrico". Si pensa al maggior numero di ipotesi possibile, poi si progettano gli
esperimenti per verificarle e vedere quali sono vere e quali sono false.
Questo cauto approccio alle domande iniziali vi impedirà di imboccare la strada
sbagliata risparmiandovi una settimana di lavoro o addirittura una impasse totale.
Spesso le domande scientifiche sembrano a tutta prima poco furbe proprio per questa
ragione, ma si formulano al fine di evitare errori poco furbi in seguito.
La sperimentazione (il punto 3) viene vista a volte dai romantici come la scienza
nel suo complesso, perché è la più appariscente: loro si immaginano un mucchio di
provette, attrezzature bizzarre e gente affaccendata a far scoperte. Non vedono
l'esperimento come parte di un più vasto processo intellettuale, e confondono spesso
esperimenti e dimostrazioni, i quali, in effetti, si somigliano. Uno scienziato da
baraccone
che,
con
una
attrezzatura
alla
Frankenstein,
faccia
sensazionali
"esperimenti scientifici", sa in anticipo i risultati dei suoi tramestii e quindi non fa
affatto un lavoro scientifico. In compenso, un meccanico che suona il clacson della
moto per vedere se la batteria è carica, fa, in modo informale, un vero e proprio
esperimento scientifico, poiché verifica un'ipotesi facendo la domanda direttamente
alla natura. Lo scienziato televisivo che borbotta tristemente: "L'esperimento è un
fiasco; non siamo riusciti ad ottenere quello che speravamo" è vittima di un copione
scadente. Un esperimento che non ottenga i risultati previsti non è un fiasco. Lo è solo
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quando non fornisce alcuna conclusione valida, in un senso o nell'altro, rispetto alle
ipotesi di partenza.
A questo punto l'abilità sta nel valersi di esperimenti che verifichino solo le
ipotesi formulate, niente di meno e niente di più. Se il clacson suona, e il meccanico
conclude che tutto l'impianto elettrico funziona, trae una conclusione illogica. Il suono
del clacson dimostra solo che funzionano la batteria e il clacson. Per programmare un
esperimento in modo adeguato, il meccanico deve porsi, in modo estremamente
preciso, il problema delle cause: cioè di cosa provoca direttamente qualcos'altro. E
questo lo può stabilire in base alle gerarchie. E' nelle candele che l'impianto elettrico
causa direttamente l'accensione del motore, e se non si fa una verifica in quel punto
non si potrà mai sapere veramente se il guasto è di origine elettrica o no.
Per una verifica precisa il meccanico toglie le candele e le appoggia al motore in
modo da stabilire un contatto elettrico, preme la leva dell'avviamento e guarda la
candela in attesa di una scintilla azzurra. Se la scintilla non scocca, ci sono due
possibilità: a) c'è un guasto elettrico; oppure b) il suo esperimento è mal fatto. Un
meccanico esperto lo ripeterà ancora un paio di volte, verificherà i contatti e
cercherà in tutti i modi di far scoccare la scintilla. Se non ci riesce, arriverà alla
conclusione che a è corretto, cioè che c'è un guasto elettrico, e l'esperimento è
concluso: egli ha verificato la sua ipotesi.
Per quanto riguarda il punto finale, le conclusioni, l'abilità sta nel non affermare
più di quanto l'esperimento non abbia dimostrato. In questo caso, ad esempio, esso non
ha dimostrato che, una volta riparato l'impianto elettrico, la motocicletta partirà. Ci
può essere qualcos'altro che non funziona. Ma il meccanico sa per certo che la
motocicletta non funzionerà finché non funzioni l'impianto elettrico, per cui formulerà
la seguente domanda finale: "Problema: cos'è che non va nell'impianto elettrico?".
Poi formulerà delle ipotesi in base a questa domanda e le verificherà. Facendo
le domande giuste, scegliendo le verifiche giuste e traendo le giuste conclusioni il
meccanico si farà strada attraverso i vari gradi della gerarchia della motocicletta fin
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quando non troverà la causa o le cause specifiche del guasto al motore, e poi le
sopprimerà in modo che non causino più il guasto.
Un osservatore inesperto vedrà solo il lavoro fisico, ma questo non è che
l'aspetto più banale. La parte di gran lunga più impegnativa è l'attenta osservazione e
il rigore operativo. Questo è il motivo per cui i meccanici al lavoro hanno un'aria così
scostante: non vogliono essere distratti perché si stanno concentrando su immagini
mentali, su gerarchie, e non sulla motocicletta nella sua materialità. Stanno usando gli
esperimenti per allargare la gerarchia della loro conoscenza della motocicletta guasta
e paragonarla alla gerarchia corretta che hanno in testa. Stanno guardando la forma
soggiacente."
Bibliografia
A. Frova - Perché accade ciò che accade, Bur, Milano, 1995
B.S. Chandrasckar - Perché il vetro è trasparente, Il Saggiatore, Milano 2001
S. Perkowitz - La teoria del cappuccino, Garzanti, 2001
C. Bruce - Sherlock Holmes e i misteri della scienza, Cortina, Milano, 1997
R.M. Pirsig - Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, Adelphi, Milano
1981
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