La Carta europea dei diritti del malato ed il Codice di deontologia

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La Carta europea dei diritti del malato ed il Codice di deontologia
La Carta europea dei diritti del malato ed il Codice di deontologia
della professione medica
Parole chiave: diritti della persona, Carta europea dei diritti del malato, Codice di deontologia
medica.
Cembrani Fabio, Direttore della Unità Operativa di Medicina Legale dell’ Azienda provinciale per i
Servizi sanitari di Trento 1
Teresa Petrangolini, Segretario generale di Cittadinanza attiva
Cembrani Veronica, Dottore in Scienze e Tecniche di Psicologia cognitiva applicata
Charlotte Roffien, Direttore di Active Citizenship Network
Pietro Fabbri, Segretario provinciale di Cittadinanza attiva del Trentino
Sommario: l’ affidare i diritti della persona umana a Carte, a Codici, a Dichiarazioni ed a
Raccomandazioni è una prospettiva non nuova che, spesso, nel vissuto medico viene interpretata
come una sovra-struttura che si và ad affiancare, senza nulla aggiungere, ai tradizionali
riferimenti che regolano l’esercizio professionale. La Carta europea dei diritti del malato,
presentata a Bruxelles il 15 novembre 2002, propone una svolta rispetto ai precedenti documenti
approvati livello internazionale. Essa rappresenta uno strumento-guida trans-nazionale che non
si rivolge alla sola persona malata ma a tutte le Parti sociali attivamente coinvolte nella garanzia
solidaristica del bene salute; ad essa i medici devono saper guardare senza pregiudizio e con
attenzione, ricercandone attivamente i collegamenti logici con il Codice di deontologia medica.
1. Introduzione
L’ affidare i diritti della persona umana a Carte, a Codici, a Dichiarazioni ed a
Raccomandazioni è una prospettiva non nuova che si inserisce nel solco ideale di una
lunghissima tradizione iniziata, subito dopo la fine del 2° conflitto bellico, con l’
approvazione del Codice di Norimberga (1947) e con la proclamazione, nel 1948, della
Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo da parte dell’ Assemblea generale delle
Nazioni Unite cui ha fatto seguito, in successione cronologica, la promulgazione della
Dichiarazione adottata dalla 18^ Assemblea medica mondiale tenutasi ad Helsinki nel
1964, del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali concluso a New York
il 16 dicembre 1966, della Dichiarazione adottata dalla 35^ Assemblea medica mondiale
tenutasi a Venezia nel 1983, della Dichiarazione approvata ad Alma Ata nel 1978, della
Dichiarazione sulla promozione dei diritti dei pazienti in Europa approvata al Amsterdam
nel 1994, della Carta di Lubiana sulla riforma dell’ assistenza sanitaria approvata nel 1996,
della Dichiarazione di Jakarta sulla promozione della salute nel 21° secolo approvata nel
1997 e della Carta dei diritti fondamentali varata dall’ Unione Europea il 7 dicembre 2000
in occasione del Consilio Europeo di Nizza.
Ciò nonostante, la Carta europea dei diritti del malato, presentata a Bruxelles il 15
novembre 2002 come risultato del lavoro promosso da Active Citizenship Network e
sottoscritta da organizzazioni civiche di 11 Paesi europei [12], è un documento di estremo
interesse per almeno tre ordini di fattori: a) perché essa concretizza, in una brillante
1
Indirizzo per la corrispondenza: Cembrani Dr. Fabio, Unità Operativa di Medicina Legale dell’
Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento, Centro per i Servizi sanitari, Viale Verona,
38100 Trento [tel. 0461-904541; fax 0461-904553; e-mail: [email protected]]
1
sintesi, i diritti fondamentali della persona a più riprese enunciati dall’ Organizzazione
mondiale della sanità, dall’ Unione Europea e dal Consiglio d’ Europa; b) perché essa
indica le coordinate entro le quali, coerentemente con la nostra Carta costituzionale (art.
32), deve essere promossa la tutela della salute del singolo nell’ interesse collettivo; c)
perché essa esorta, infine, i professionisti sanitari di tutti i Paesi dell’ Unione Europea a
pensare ed a riflettere con rinnovato interesse, orientandoli ad una responsabilità
modulata autenticamente sull’ adagio della scienza e della coscienza che non sterotipizza la
pratica professionale ma che le conferisce slancio e vigore.
La Carta europea dei diritti del malato sintetizza in 14 articoli quanto previsto in
numerose Dichiarazioni e Raccomandazioni internazionali.
Essa, nella prima parte, richiama i “diritti fondamentali” della persona umana,
indicati: a) dalla Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione Europea in cui si affermano i
diritti cosiddetti “universali” che riguardano la persona umana in quanto tale, esplicitati
nel diritto alla prevenzione sanitaria, nel diritto ad ottenere cure mediche alle condizioni
stabilite dalle legislazioni e dalle prassi nazionali, nella inviolabilità della dignità umana,
nel diritto alla vita, nel diritto alla integrità, nel diritto alla sicurezza, nel diritto alla
protezione dei dati personali, nel diritto alla non discriminazione, nel diritto alla diversità
culturale, religiosa e linguistica, nei diritti dei bambini e degli anziani, nel diritto a
condizioni di lavoro giuste ed eque, nel diritto alla sicurezza ed all’ assistenza sociale, nel
diritto alla protezione dell’ ambiente, nel diritto alla protezione dei consumatori, nella
libertà di movimento e di residenza; b) dalle Dichiarazioni, dalle Carte e dalle
Raccomandazioni elaborate dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Consiglio d’
Europa (il riferimento esplicito è alla Dichiarazione sulla promozione dei diritti dei
pazienti in Europa approvata ad Amsterdam nel 1994, alla Carta di Lubiana sulla riforma
dell’ assistenza sanitaria approvata nel 1996, dalla Dichiarazione di Jakarta sulla
promozione della salute nel 21° secolo approvata nel 1997, alla Convenzione sui diritti
umani e la bio-medicina approvata ad Oviedo nel 1997 ed alla Raccomandazione
Rec(2005)5 per lo sviluppo di istituzioni per la partecipazione dei cittadini e dei pazienti
nei processi di decisione riguardanti l’ assistenza sanitaria).
Nella seconda parte la Carta europea declina i 14 diritti dei pazienti: il diritto a servizi
appropriati a prevenire le malattie (art. 1); il diritto di accesso ai servizi sanitari, senza
discriminazioni sulla base delle risorse finanziarie, del luogo di residenza, del tipo di
malattia o del momento di accesso al servizio (art. 2); il diritto di accedere a tutti i tipi di
informazione che riguardano lo stato di salute e i servizi sanitari e come utilizzarli, nonché
a tutte le informazioni che la ricerca scientifica e l’ innovazione tecnologica rendono
disponibili (art. 3); il diritto di accedere a tutte le informazioni che mettono la persona in
grado di partecipare attivamente alle decisioni che la riguardano (art. 4); il diritto di
scegliere liberamente tra differenti procedure ed erogatori di trattamenti sanitari sulla base
di adeguate informazioni (art. 5); il diritto alla confidenzialità delle informazioni di
carattere personale, incluse quelle che riguardano lo stato di salute e le possibili procedure
diagnostiche o terapeutiche, così come alla privacy durante l’ attuazione di esami
diagnostici, visite specialistiche e trattamenti medico-chirurgici (art. 6); il diritto a ricevere
i necessari trattamenti in un periodo di tempo veloce e predeterminato (art. 7); il diritto di
accedere a servizi sanitari di alta qualità, sulla base della definizione e del rispetto di
precisi standard (art. 8); il diritto di accesso a servizi ed a trattamenti sanitari che
garantiscano elevati standard di sicurezza (art. 9); il diritto a procedure innovative, incluse
quelle diagnostiche secondo gli standard internazionali ed indipendentemente da
considerazioni economiche o finanziarie (art. 10); il diritto di evitare quanta più sofferenza
possibile in ogni fase della malattia (art. 11); il diritto a programmi diagnostici o terapeutici
quanto più possibile personalizzati (art. 12); il diritto di reclamare ogni qual volta abbia
sofferto un danno e di ricevere una risposta (art. 13); il diritto, infine, di ricevere un
sufficiente risarcimento in un tempo ragionevolmente breve ogni qual volta abbia sofferto
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un danno fisico, morale e psicologico causato da un’ attesa eccessiva e/o da un errore (art.
14).
La proclamazione dei 14 diritti dei pazienti è preceduta da alcune interessanti
puntualizzazioni che meritano la nostra attenzione. Nella Carta si precisa, innanzitutto, che
questi diritti si prefiggono “… di rendere i diritti fondamentali applicabili e appropriati
alla attuale fase di transizione dei servizi sanitari” essendo mirati “… a garantire un alto
livello di protezione della salute umana … assicurando l’ alta qualità dei servizi erogati
dai diversi sistemi sanitari nazionali” e si fissano i seguenti assunti generali: a) la
definizione dei diritti implica che sia i cittadini che gli attori della sanità assumano le
proprie responsabilità; b) la Carta si applica a tutti gli individui, riconoscendo il fatto che le
differenze, come l’ età, il genere, la religione, lo status socio-economico, il livello di
alfabetizzazione, ecc. possono influenzare i bisogni individuali di assistenza sanitaria; c) la
Carta non intende prendere posizioni su questioni di tipo etico e definisce diritti che sono
validi negli attuali sistemi sanitari europei (essa potrà essere quindi rivista e modificata per
tenere conto della loro evoluzione, nonché dello sviluppo della ricerca scientifica e
tecnologica; d) i 14 diritti sono una concretizzazione di diritti fondamentali e, come tali,
devono essere riconosciuti e rispettati indipendentemente da limitazioni finanziarie,
economiche o politiche, tenendo conto dei criteri di appropriatezza; e) il rispetto di questi
ultimi implica il soddisfacimento sia di requisiti tecnici e organizzativi, sia di modelli
comportamentali e professionali (la realizzazione di questi diritti richiede, perciò, una
riforma globale dei modi in cui operano i sistemi sanitari nazionali); f) ogni articolo della
Carta si riferisce a un diritto e lo definisce illustrando, senza la pretesa di prevedere tutte le
possibili situazioni, ciò a cui esso si riferisce.
2. La Carta europea dei diritti del malato ed il Codice di deontologia
medica
I 14 diritti proclamati dalla Carta europea dei diritti del malato non rappresentano
enunciati astratti ma, dando concretezza ai diritti fondamentali della persona enunciati
dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, dall’ Unione Europea e dal Consiglio d’ Europa,
promuovono un elevato livello di protezione della salute umana e la qualità dei servizi
sanitari erogati a tutti i cittadini.
Se questo è il “filo conduttore” che ha ispirato la stesura della Carta presentata a
Bruxelles il 15 novembre 2002, essa rappresenta uno strumento-guida trans-nazionale
che non si rivolge, uni-lateralmente, alla persona malata per renderla consapevole riguardo
ai suoi irrinunciabili diritti quanto, invece, a tutte le Parti sociali attivamente coinvolte
nella garanzia solidaristica del bene-salute: le istituzioni politiche, i professionisti sanitari,
i cittadini e le loro associazioni rappresentative.
La Carta europea dei diritti del malato non è, dunque, una nuova “sovra-struttura”
che si và ad aggiungere alle tante altre Carte, Direttive, Dichiarazioni e Raccomandazioni
emanate a livello internazionale ma il documento che, dando concreta attuazione ai diritti
fondamentali della persona, funge da perno sul quale devono sinergicamente convergere le
azioni correttive del nostro sistema sanitario che, per quanto efficiente, deve essere in
grado di farsi garante delle profonde istanze etiche oggi espresse a livello sociale e di
promuovere un’ idea di salute che, trascendendo la sola sfera biologica, si confronta
sempre più con i connotati che la caratterizzano sul piano psichico, relazionale e sociale.
E, per i professionisti medici, ciò significa la capacità di trovare, nella Carta europea
dei diritti del malato, spunti originali di riflessione e confronto in grado di offrire ulteriore
slancio e vigore ad un esercizio professionale che, oggi, anche a fronte dei condizionamenti
economici e della spinta assiomatizzazione (proceduralizzazione) della cura [9], trascina
con sé un rischio del tutto evidente: quello di esercitare una medicina del tutto anonima ed
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astratta, sostenuta sui soli “mezzi” (le disponibilità scientifiche e le disponibilità
economiche) e non anche sui “modi” (i valori e la personalizzazione della cura), che,
privilegiando la “scienza” rispetto alla “coscienza”, riduce le effettività esistenziali della
persona malata all’ interno degli schemi analitico-classificatori del sapere positivo
appiattendo, in ultima analisi, i valori di riferimento che debbono ispirare il corretto
esercizio professionale.
La Carta europea dei diritti del paziente rappresenta – dunque - una forte occasione
di richiamo alla “coscienza” rivolta a tutti i professionisti sanitari e non un’ ulteriore
asettica elencazione di diritti declinati, come è spesso accaduto, in una prospettiva di tipo
uni-laterale; per i medici, in particolare, essa costituisce un’ importante occasione per
riflettere riguardo alla loro identità professionale ed un’ esortazione altrettanto forte,
ancorché non esplicita, a (ri)-cercare attivamente, con fiducia e senza pregiudizi, i
collegamenti logici che esistono tra i principi in essa contenuti e quelli indicati dal Codice
di deontologia medica approvato nel 1998.
Nel tentativo di facilitare questo percorso, saranno di seguito esaminati i diritti
elencati nella Carta europea dei diritti del malato analizzandoli in riferimento alle
previsioni deontologiche con l’ obiettivo di evidenziarne i punti di forza, le convergenze e le
eventuali asimmetrie.
L’ art. 1 della Carta europea dei diritti del malato sancisce il diritto a misure
preventive e, in particolare, il diritto della persona di usufruire di servizi appropriati non
solo alla diagnosi ed alla cura delle malattie ma anche alla loro prevenzione.
Di questo diritto il Codice di deontologia medica non fornisce un’ indicazione
testualmente esplicita anche se, in alcune parti del medesimo (Tabella n. 1), sono contenuti
opportuni richiami ad un’ attività informativa doverosamente ampia ed orientata anche gli
aspetti di tipo preventivo (art. 30) nonchè ad una prassi professionale particolarmente
attenta riguardo la prevenzione della dipendenza da sostanze d’ abuso (art. 79); prassi che
deve essere sostenuta da un forte impegno e che deve esprimersi con una forte tensione
solidaristica e con la forza della partecipazione e della responsabilizzazione di cui ciascun
medico deve farsi interprete e promotore.
Tabella n. 1: il diritto a misure preventive
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 1 (Diritto a misure preventive) Ogni Art. 30 (Informazione al cittadino) - … Il
individuo ha diritto a servizi appropriati per medico deve, altresì, soddisfare le richieste di
prevenire le malattie.
informazione del cittadino in tema di
prevenzione. ....
Art. 79 (Prevenzione, assistenza e cura della
dipendenza da sostanze d’ abuso) –L’ impegno
professionale del medico nella prevenzione,
nella cura e nel recupero clinico e reinserimento
sociale del dipendente da sostanze d’ abuso
deve, nel rispetto dei diritti della persona e
senza pregiudizi, concretizzarsi nell’ aiuto
tecnico e umano, sempre finalizzato al
superamento della situazione di dipendenza, in
collaborazione con la famiglia e le altre
organizzazioni sanitarie e sociali pubbliche e
private che si occupano di questo grave disagio.
L’ art. 2 della Carta europea dei diritti del malato fissa il diritto di accesso ai servizi sanitari
che deve essere garantito in maniera equa e senza alcuna discriminazioni; questo anelito,
ancorché in primis in capo a chi ha la responsabilità politico-programmatoria in campo
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sanitario, trova puntuale conferma nelle indicazioni del Codice di deontologia medica
(Tabella n. 2).
Tabella n. 2: il diritto di accesso ai servizi sanitari senza discriminazioni
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 2 (Diritto all’ accesso) -Ogni individuo ha il Art. 3 (Doveri del medico) -Dovere del medico
diritto di accedere ai servizi sanitari che il suo è la tutela della vita, della salute fisica e psichica
stato di salute richiede. I servizi sanitari devono dell’ uomo e il sollievo dalla sofferenza nel
garantire eguale accesso a ognuno, senza rispetto della dignità e della libertà della
discriminazioni sulla base delle risorse persona umana, senza discriminazioni di età, di
finanziarie, del luogo di residenza, dl tipo di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di
malattia o del momento di accesso al servizio.
condizione sociale, di ideologia, in tempo di
pace come in tempo di guerra, quali che siano le
condizioni istituzionali o sociali nelle quali
opera. La salute è intesa nell’ accezione più
ampia del termine, come condizione cioè di
benessere fisico e psichico della persona.
Il diritto di accesso a servizi sanitari appropriati e senza alcun livello di discriminazione di
cui all’ art. 2 della Carta europea trova, pertanto, piena corrispondenza nel dettato
deontologico; questo, all’ art. 3, allarga, a ben vedere, il concetto di discriminazione
interpretandolo in una maniera più ampia rispetto a quanto previsto nella Carta, (ri)comprendendovi le cause legate all’ età, al sesso, alla razza, alla religione, alla nazionalità,
alla condizione sociale ed alla ideologia sia in tempo di pace che in tempo di guerra,
indipendentemente dalle condizioni istituzionali e sociali nelle quali il medico si trova
effettivamente ad operare.
Gli artt. 3, 4 e 5 della Carta europea dei diritti del paziente definiscono,
rispettivamente, il diritto all’ informazione, il diritto al consenso (all’ autodeterminazione) ed il diritto alla libera scelta; tutti questi diritti, che possiamo analizzare
congiuntamente perché l’ informazione è propedeutica all’ auto-determinazione del
paziente pur avendone una portata più ampia, trovano piena e puntuale conferma in
numerosi articoli del Codice di deontologia medica (Tabella n. 3).
Tabella n. 3: il diritto all’ informazione, al consenso ed alla libera scelta
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 3 (Diritto alla informazione) -Ogni Art. 18 (Competenza professionale) -… Nel
individuo ha il diritto di accedere a tutte le rilasciare
le
prescrizioni
diagnostiche,
informazioni che riguardano il suo stato di terapeutiche e riabilitative deve fornire, in
salute, i servizi sanitari e il modo in cui termini comprensibili e documentati, tutte le
utilizzarli, nonché a tutte quelle informazioni idonee informazioni e verificarne, per quanto
che la ricerca scientifica e l’ innovazione possibile, la corretta esecuzione. …
tecnologica rendono disponibili.
Art. 30 (Informazione al cittadino) -Il medico
deve fornire al paziente la più idonea
informazione sulla diagnosi, sulla prognosi,
sulle prospettive e le eventuali alternative
diagnostico-terapeutiche
sulle
prevedibili
conseguenze delle scelte operate; il medico nell’
informarlo dovrà tenere conto delle sue
capacità di comprensione, al fine di promuovere
la massima adesione alle scelte diagnosticoterapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di
informazione da parte del paziente deve essere
soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le
richieste di informazione del cittadino in tema
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di prevenzione. Le informazioni riguardanti
prognosi gravi o infauste o tali da poter
procurare preoccupazione e sofferenza alla
persona, devono essere fornite con prudenza,
usando terminologie non traumatizzanti e senza
escludere elementi di speranza. La documentata
volontà della persona di non essere informata o
di delegare ad altro soggetto l’ informazione
deve essere rispettata.
Art. 4 (Diritto al consenso) -Ogni individuo ha il
diritto di accedere a tutte le informazioni che
possono metterlo in grado di partecipare
attivamente alle decisioni che lo riguardano.
Queste informazioni sono un prerequisito per
ogni procedura e trattamento, ivi compresa la
partecipazione alle sperimentazioni.
Art. 32 (Acquisizione del consenso) –Il medico
non deve intraprendere alcuna attività
diagnostica e/o terapeutica senza l’ acquisizione
del consenso informato del paziente. Il
consenso, espresso in forma scritta nei casi
previsti dalla legge e nei casi in cui per la
particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o
terapeutiche o per le possibili conseguenze delle
stesse sull’ integrità fisica si renda opportuna
una manifestazione in equivoca della volontà
della persona, è integrativo e non sostitutivo del
processo informativo di cui all’ art. 30. Il
procedimento diagnostico e/o il trattamento
terapeutico che possono comportare grave
rischio per l’ incolumità della persona, devono
essere intrapresi solo in caso di estrema
necessità e previa informazione sulle possibili
conseguenze, cui deve far seguito una
opportuna documentazione del consenso. In
ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di
persona capace di intendere e di volere, il
medico deve desistere dai conseguenti atti
diagnostici e/o curativi, non essendo consentito
alcun trattamento medico contro la volontà
della persona, ove non ricorrano le condizioni
di cui al successivo art. 34.
Art. 5 (Diritto alla libera scelta) Ogni individuo
ha il diritto di scegliere liberamente tra
differenti procedure ed erogatori di trattamenti
sanitari sulla base di informazioni adeguate.
Art. 24 (Libera scelta del medico e del luogo d
cura) –La libera scelta del medico e del luogo di
cura costituisce principio fondamentale del
rapporto medico-paziente. ….
La Carta europea dei diritti del paziente, molto opportunamente, pone su piani del tutto
distinti l’ informazione ed il consenso che, del tutto appropriatamente, non è stato
tautologicamente aggettivato come “informato” [9] e, analogamente alle previsioni della
deontologia medica, assegna all’ informazione una portata ben più ampia rispetto a quella
attribuita al consenso; la prassi informativa, infatti, non è propedeutica al solo consenso [5,
6 e 7] e, fungendo da risposta alla crescente istanza etica di autonomia della persona, deve
avere per oggetto non solo lo stato di salute della persona, ma anche i servizi sanitari e il
modo in cui utilizzarli, nonché tutte quelle informazioni che la ricerca scientifica e l’
innovazione tecnologica rendono al momento disponibili.
Del tutto convergenti a tali previsioni sono le indicazioni della deontologia medica in
punto di informazione e di consenso che [9: a) riconoscono il valore, innanzitutto morale,
del consenso (art. 30) che, più opportunamente, dovrebbe essere chiosato con l’ aggettivo
“comunicato” e non già “informato” (“Il medico non deve intraprendere attività
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diagnostica e/o terapeutica senza l’ acquisizione del consenso informato del paziente …”);
b) rendono il medico consapevole della circostanza che informazione e consenso sono due
processi distinti, ancorché tra loro, a volte, inter-connessi e che quest’ ultimo “… è
integrativo e non sostitutivo del processo informativo” (art. 32); c) riconoscono che, per
essere effettivamente “informato”, l’ espressione del consenso deve essere preceduta da
una “… più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le
eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte
operate …”; d) ammettono il limite (art. 32) alla potestà di cura nel caso di documentato
rifiuto espresso da persona capace di intendere e di volere ( “… In ogni caso, in presenza di
un documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve
desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun
trattamento medico contro la volontà della persona …”); e) sostengono –e promuovono- il
valore e la riconosciuta validità (art. 34) delle direttive anticipate (“Il medico, se il paziente
non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo per la vita, non
può non tener conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso”),
coerentemente a quanto previsto dalla legge n. 145 approvata il 28 marzo del 2001 con la
quale è stata ratificata, nel nostro Paese, la Convenzione di Oviedo 2; f) riconoscono il
limite all’ informazione a terzi, ivi compresi i familiari della persona, che è “… ammessa
solo con il consenso esplicitamente prestato dal paziente …” (art. 31); g) responsabilizza
riguardo la necessità di prestare l’ assistenza e le cure necessarie “… allorché sussistano
condizioni di urgenza e in caso di pericolo per la vita di una persona, che non possa
esprimere, al momento, volontà contraria” (art. 35); h) esortano il medico ad un dovere di
informativa nei confronti dell’ Autorità giudiziaria “… in caso di opposizione da parte del
legale rappresentante al trattamento necessario ed indifferibile a favore di minori o di
incapaci” (art. 33) [4], ovviamente quando non sussistano le condizioni di urgenza; i)
invitano a raccogliere documentalmente il consenso nei soli casi previsti dalla legge
(trasfusione di sangue, sperimentazione clinica e trapianto di rene da persone viventi) e
nelle “… situazioni in cui si renda opportuna una manifestazione in-equivoca della
volontà della persona” (art. 32).
L’ art. 6 della Carta europea dei diritti del malato sancisce il diritto alla privacy
durante l‘ effettuazione di esami diagnostici, visite mediche e trattamenti medicochirurgici ed il diritto alla confidenzialità delle informazioni di carattere personale; sono,
questi, diritti che trovano puntuale conferma nel Codice di deontologia medica (Tabella n.
4) che affronta, separatamente anche se in maniera del tutto coerente, il tema del segreto,
della riservatezza e della tutela dei dati sensibili (privacy).
Tabella n. 4: il diritto alla privacy ed alla confidenzialità
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 6 (Diritto alla privacy e alla confidenzialità) Art. 9 (Segreto professionale) Il medico deve
Ogni individuo ha il diritto alla confidenzialità mantenere il segreto su tutto ciò che gli è stato
delle informazioni di carattere personale, confidato o che può conoscere in ragione della
incluse quelle che riguardano il suo stato di sua professione; deve, altresì, conservare il
salute e le possibili procedure diagnostiche o massimo riserbo sulle prestazioni professionali
terapeutiche, così come alla privacy durante l’ effettuate o programmate, nel rispetto dei
attuazione di esami diagnostici, visite principi che garantiscano la tutela della
specialistiche e trattamenti medico-chirurgici
riservatezza.
La rivelazione assume particolare gravità
quando ne derivi profitto, proprio o altrui, o
Sottolineando la centralità della tutela della dignità ed identità della persona, la Convenzione di
Oviedo attribuisce, all’ art. 9, particolare rilievo ai desideri precedentemente espressi dal paziente,
stabilendo che essi saranno presi in considerazione.
2
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nocumento della persona o di altri.
Costituiscono giusta causa di rivelazione, oltre
alle inderogabili ottemperanze a specifiche
norme legislative (referti, denunce, notifiche e
certificazioni obbligatorie):
a) la richiesta o l’ autorizzazione da parte della
persona
assistita
o
del
suo
legale
rappresentante, previa specifica informazione
sulle conseguenze o sull’ opportunità o meno
della rivelazione stessa;
b) l’ urgenza di salvaguardare la vita o la salute
dell’ interessato o di terzi, nel caso in cui l’
interessato stesso non sia in grado di prestare il
proprio consenso per impossibilità fisica, per
incapacità di agire o per incapacità di intendere
e di volere;
c) l’ urgenza di salvaguardare la vita o la salute
di terzi, anche nel caso di diniego dell’
interessato, ma previa autorizzazione del
Garante per la protezione dei dati personali.
La morte del paziente non esime il medico dall’
obbligo del segreto.
Il medico non deve rendere al giudice
testimonianza su ciò che gli è stato confidato o è
pervenuto a sua conoscenza nell’ esercizio della
professione. La cancellazione dall’ albo non
esime moralmente il medico dall’ obbligo del
presente articolo. …
In maniera del tutto convergente a quanto previsto dall’ art. 6 della Carta europea dei
diritti del malato, le indicazioni della deontologia medica [10]: a) rilevano che il concetto di
segreto non può essere individuato con un criterio obiettivo, in quanto solo l’interessato
può valutare se sia o meno opportuno mantenere celata una data notizia (pertanto deve
essere considerato segreto tutto, in quanto solo il paziente può vagliare se dal fatto può
derivare nocumento e non rientra nella sfera di responsabilità del professionista valutare
autonomamente se una certa notizia sia da considerare segreta); b) indicano che l’ aver
notizia si riferisce a tutto quanto si sia appreso, direttamente od indirettamente, a
prescindere da comunicazioni formali; c) escludono l’anti-giuridicità della rivelazione del
segreto professionale quando questa avvenga per giusta causa (si possono distinguere due
tipologie di giuste cause di rivelazione, qualificabili come legali e, rispettivamente,
morali/sociali. Le giuste cause legali si identificano o con i doveri, che discendono da
specifiche norme di legge, di comunicare a specifiche autorità pubbliche determinati fatti o
con la richiesta consapevole o comunque con l’autorizzazione della persona interessata a
rivelare un dato fatto a qualcuno); d) ricordano che i dati da segnalare nelle comunicazioni
doverose per legge sono solo e soltanto quelli di carattere strettamente tecnicoprofessionale di volta in volta richiesti o dalla normativa di riferimento che esplicita il
contenuto della denuncia o dalla apposita modulistica ufficiale (analogamente, in caso di
richiesta del paziente, vanno manifestati a terzi solo e soltanto i dati che al professionista è
stato richiesto di comunicare); e) ammettono, nell’ ipotesi in cui ci sia contrasto tra il
segreto e l’ interesse di terzi la rivelazione anche se prevedono, tuttavia, l’ autorizzazione
(previa) fornita dall’ Autorità garante per la protezione dei dati personali che mal sembra
adattarsi all’ urgenza di salvaguardare la vita e la salute di terzi che ricorre in tali distinte
situazioni.
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L’ art. 7 della Carta europea dei diritti del paziente sancisce il diritto al rispetto dei
tempi e, più opportunamente, il diritto a ricevere i trattamenti sanitari in tempi brevi e
pre-determinati (Tabella n. 5); questo diritto non trova esplicito e diretto riscontro nel
Codice di deontologia medica.
Tabella n. 5: il diritto al rispetto dei tempi
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 7 (Diritto al rispetto dei tempi dei pazienti) Art. 5 (Esercizio dell’ attività professionale) Il
Ogni individuo ha il diritto di ricevere i medico nell’ esercizio professionale deve
trattamenti sanitari in tempi brevi e pre- attenersi alle conoscenze scientifiche ed
determinati. Questo diritto si applica ad ogni ispirarsi ai valori etici fondamentali, assumendo
trattamento sanitario.
come principio il rispetto della vita, della salute
fisica e psichica, della libertà e della dignità
della persona; non deve soggiacere a interessi,
imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura.
La deontologia medica non sembra, dunque, considerare, prima facie, il diritto al rispetto
dei tempi anche se, in più parti, il Codice identifica, tra i doveri generali del medico, il
rispetto della dignità e della libertà della persona umana (art. 3 e art. 5): diritti, questi, di
carattere fondamentale e di portata così ampia che (ri)-comprendono, evidentemente,
anche il diritto esplicitamente sancito dalla Carta europea dei diritti del malato.
L’ art. 8 della Carta europea dei diritti del malato sancisce il diritto al rispetto degli
standard di qualità; è anche questo un diritto che trova un’ indiretta conferma nel Codice
di deontologia medica (Tabella n. 6) che, a rafforzo di quanto previsto dalla Carta europea,
individua nella “scienza” e nella “coscienza” il binomio di riferimento sul quale modulare il
corretto esercizio professionale.
Tabella n. 6: il diritto al rispetto degli standard di qualità
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 8 (Diritto al rispetto di standard di qualità) Art. 12 (Prescrizione) - … In nessun caso il
Ogni individuo ha il diritto di accedere a servizi medico dovrà accedere a richieste del paziente
sanitari di alta qualità, sulla base della in contrasto con i principi di scienza e coscienza
definizione e del rispetto di standard ben allo scopo di compiacerlo, sottraendolo alle
precisi.
sperimentate ed efficaci cure disponibili. …
Non è questa, evidentemente, una “formula magica” che il Codice di Deontologia medica
introduce nella pratica professionale in maniera asettica ma una linea d’ insieme che
tratteggia quello che appare come l’ obiettivo generale che il dettato deontologico si
prefigge: quello di educare il professionista alla responsabilità modulata (art. 12) sull’
adagio della scienza e della coscienza.
Non è, questa, la sede propizia per parlare della scienza ma sul termine coscienza
qualche precisazione semantica si impone.
La parola coscienza ha, come tanti altri lemmi, una lunga storia.
Nella lingua greca la parola syn-eidenai non era usata con una specifica accezione
morale mentre, nella lingua latina, il termine conscientia significa testimonianza e,
secondo Cicerone (De Officiis), la coscienza è quanto di più divino è stato concesso all’
uomo. La coscienza può essere, dunque, intesa come un’ attestazione della nostra esistenza
e, per dirla con un filosofo esistenzialista (Hannah Arendt), essa è un insieme: a) di
testimonianza; b) di facoltà di giudizio, ossia la capacità di distinguere il bene dal male, il
giusto dall’ ingiusto, il vero dal falso; c) di ciò che in mè stesso emette un giudizio su mè
stesso; d) di una voce che è in mè ma che proviene dall’ esterno.
Così interpretata la coscienza preserva dai clichés, dalle frasi fatte, dall’ aderenza alle
convenzioni, dai luoghi comuni, dai codici standardizzati di espressione e di
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comportamento, dall’ assiomatizzazione e dalla proceduralizzazione spinta della cura: da
tutti quei sistemi che, sul piano cognitivo, hanno la funzione di schermare i professionisti
della salute dalla realtà ossia dall’ invito a pensare ed a riflettere che proviene,
costantemente, da ogni evento e da ogni circostanza della pratica professionale.
L’ adagio della scienza e della coscienza non è, pertanto, una parola magica che
sottende la credibilità professionale ma è un adagio che esorta tutti i professionisi medici
alla necessità di pensiero ed alla formula della responsabilità. Responsabilità che, ben oltre
i luoghi comuni, gli stereotipi, i chichès ed i paradigmi formativi, è una sola: quella dell’
impegno e della solidarietà, delle scelte adeguate e dell’ operare nel solo interesse di salute
della persona senza ricorrere a frasi fatte, a formalismi, ad opportunismi o, ancor peggio,
alla pre-costituzione di quelle giustificazioni sulle quali si fonda, purtroppo, l’ agire
professionale in termini sempre più spesso difensivistici. Una responsabilità – dunque dei valori e della loro proiezione nella pratica professionale che si contrappone, con forza e
rigore, al formalismo delle parole ed alla prassi stereotipata.
L’ art. 9 della Carta europea dei diritti del malato sancisce il diritto alla sicurezza,
esplicitato nel diritto di non subire danni derivanti dal cattivo funzionamento dei servizi
sanitari e da errori medici e nel diritto di accedere a servizi ed a trattamenti sanitari che
garantiscano un elevato standard di sicurezza; questo diritto, ancorché accennato nel
Codice di deontologia medica (Tabella n. 7), deve essere commentato insieme al diritto al
risarcimento esplicitato, dalla stessa Carta europea, nel diritto di ricevere un risarcimento
adeguato, in tempi ragionevolmente brevi, ogni qual volta il malato abbia subito un danno
fisco, morale o psicologico causato dai servizi sanitari (art. 14).
Tabella n. 7: il diritto alla sicurezza ed al risarcimento
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 9 (Diritto alla sicurezza) Ogni individuo ha Art. 12 (Prescrizione) –La prescrizione di un
il diritto di non subire danni derivanti dal accertamento diagnostico e/o di una terapia
cattivo funzionamento dei servizi sanitari e da impegna la responsabilità professionale ed etica
errori medici e ha diritto di accedere a servizi e del medico e non può che far seguito ad una
trattamenti sanitari che garantiscano elevati diagnosi circostanziata o, quantomeno, a un
standard di sicurezza.
fondato
sospetto
diagnostico.
Su
tale
presupposto al medico è riconosciuta
autonomia nella programmazione, nella scelta e
nella applicazione di ogni presidio diagnostico e
terapeutico, anche in regime di ricovero, fatta
salva la libertà del paziente di rifiutarle e di
assumersi la responsabilità del rifiuto stesso …
Art. 18 (Competenza professionale) –Il medico
deve garantire impegno e competenza
professionale, non assumendo obblighi che non
sia in condizione di soddisfare. Egli deve
affrontare i problemi diagnostici con il massimo
impegno, dedicandovi il tempo necessario per
un approfondito colloquio e per un adeguato
esame obiettivo, avvalendosi delle indagini
ritenute necessarie. Nel rilasciare le prescrizioni
diagnostiche, terapeutiche e riabilitative deve
fornire, in termini comprensibili e documentati,
tutte le informazioni e verificarne, per quanto
possibile, la corretta esecuzione. Il medico che
si trovi di fronte a situazioni cliniche alle quali
non sia in grado di provvedere efficacemente
deve indicare al paziente le specifice
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competenze necessarie al caso in esame.
Art. 14 (Diritto al risarcimento) Ogni individuo
ha il diritto di ricever un risarcimento adeguato,
in tempi ragionevolmente brevi, ogni qual volta
abbia subito un danno fisco, morale o
psicologico causato dai servizi sanitari.
È, probabilmente, questa la parte meno speculare dei due documenti.
Mentre il Codice di deontologia medica si limita a declinare il profilo della
responsabilità in una accezione del tutto ampia, (ri)-comprendendovi, accanto alla
componente “professionale”, anche quella di pertinenza “etica”, la Carta europea dei diritti
del malato sancisce in maniera del tutto esplicita: a) il diritto di usufruire di servizi dotati
di elevati standard di sicurezza; b) il diritto, contestuale, di ottenere un risarcimento
adeguato nel caso di errore medico e/o di cattivo funzionamento dei servizi sanitari.
Non è certo questa la sede per riprendere, in maniera strutturata, quell’ ampio
dibattito che esiste oggi nel nostro Paese riguardo le politiche di prevenzione dell’ errore in
campo sanitario e riguardo i correttivi da porre in essere, anche sotto il profilo della
conciliazione stra-giudiziale, per comporre le vertenze tra i cittadini ed i professionisti
sanitari [3] e per accorciare i tempi della giustizia civile che, purtroppo, sono notoriament
troppo elevati; dibattito che, sfortunatamente, pecca di un evidente ritardo rispetto alle
indicazioni a più riprese fornite dalla letteratura internazionale e che rischia, oggi, di
creare un’ ulteriore “moda” (o un clichè solo apparente) coinvolgendo in maniera ancora
troppo sfumata le istituzioni pubbliche che delegano alle Compagnie di assicurazione la
gestione di ogni singolo sinistro senza un coinvolgimento diretto delle strutture del
Servizio sanitario nazionale (i Servizi di Medicina legale delle Aziende sanitarie locali) che,
sul punto, possono giocare un ruolo di non trascurabile rilievo, a garanzia degli interessi
delle parti e con assoluta terzietà.
L’ art. 10 della Carta europea dei diritti del malato sancisce il diritto alla innovazione
che, come molti dei precedenti, trova una conferma puntuale nel Codice di deontologia
medica (Tabella n. 8).
Tabella n. 8: il diritto alla innovazione
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 10 (Diritto alla innovazione) Ogni individuo Art. 16 (Aggiornamento e formazione
ha il diritto di accedere a procedure innovative, professionale permanente) Il medico ha l’
incluse quelle diagnostiche, in linea con gli obbligo dell’ aggiornamento e della formazione
standard internazionali e indipendentemente professionale permanente, onde garantire il
da considerazioni economiche o finanziarie.
continuo adeguamento delle sue conoscenze e
competenze al progresso clinico scientifico.
Le previsioni deontologiche, nel rafforzare questo diritto e nel dargli concreta attuazione,
sanciscono, dunque, la doverosità dell’ aggiornamento e della formazione professionale
finalizzata al continuo adeguamento delle conoscenze e delle competenze del medico al
progresso clinico-scientifico: ciò al fine di garantire l’ accesso del paziente a servizi di
diagnosi e cura in linea con gli standard nazionali ed internazionali che non dovrebbero
risentire, come oggi sempre più avviene, dei limiti imposti da esigenze economiche e/o
finanziarie.
L’ art. 11 della Carta europea dei diritti del malato sancisce il diritto ad evitare le
sofferenze ed il dolore non necessari; diritto che viene confermato, in maniera del tutto
puntuale, nel Codice di deontologia medica (Tabella n. 9).
Tabella n. 9: il diritto a evitare le sofferenze ed il dolore non necessari
11
Carta europea dei diritti del malato
Art. 11 (Diritto a evitare le sofferenze e il dolore
non necessari) Ogni individuo ha il diritto di
evitare quanta più sofferenza possibile, in ogni
fase della sua malattia.
Codice di deontologia medica
Art. 3 (Doveri del medico) -Dovere del medico
è la tutela della vita, della salute fisica e psichica
dell’ uomo e il sollievo dalla sofferenza nel
rispetto della dignità e della libertà della
persona umana, senza discriminazioni di età, di
sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di
condizione sociale, di ideologia, in tempo di
pace come in tempo di guerra, quali che siano le
condizioni istituzionali o sociali nelle quali
opera. …
Art. 20 (Continuità delle cure) - … Il medico
non può abbandonare il malato ritenuto
inguaribile, ma deve continuare ad assisterlo
anche al solo fine di lenirne la sofferenza fisica e
psichica.
Art. 37 (Assistenza al malato inguaribile) –In
caso di malattie a prognosi sicuramente
infausta o pervenute alla fase terminale, il
medico deve limitare la sua opera all’ assistenza
morale e alla terapia atta a risparmiare inutili
sofferenze, fornendo al malato i trattamenti
appropriati a tutela, per quanto possibile, della
qualità della vita. ….
La deontologia medica, a rafforzo e ad ulteriore esplicitazione del principio sancito dalla
Carta europea dei diritti del malato, fissa, tra i doveri generali del medico, il sollievo dalla
sofferenza in tutte le fasi di ciascuna malattia (art. 3) ed indica, contestualmente (art. 37), i
principi ispiratori dell’ attività medica nel caso di malati in fase terminale. Fermo restando
il divieto all’ accanimento diagnostico-terapeutico (art. 14) ed alla pratica eutanasia (art.
36), il medico, nel caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase
terminale, deve, nel rispetto della volontà della persona, limitare la sua opera all’
assistenza morale ed alle terapie palliative atte a risparmiare inutili sofferenze ed a
migliorare, per quanto possibile, la qualità della vita; il richiamo operato dal Codice di
deontologia medica ad un comportamento professionale non circoscritto alle sole
competenze tecniche quanto, invece, allargato ad un’ assistenza di tipo morale è di tutta
evidenza e recupera l’ idea di una medicina che, anche con l’ accompagnamento alla morte,
si (ri)-colloca, a pieno titolo, al servizio (e sostegno) della persona malata.
L’ art. 12 della Carta europea dei diritti del malato sancisce il diritto ad un
trattamento personalizzato, diritto che, solo apparentemente, non trova conferma nelle
indicazioni fornite dal Codice di deontologia medica (Tabella n. 10).
Tabella n. 10: il diritto ad un trattamento personalizzato
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 12. (Diritto ad un trattamento Art. 5 (Esercizio dell’ attività professionale) Il
personalizzato) Ogni individuo ha diritto a medico nell’ esercizio professionale deve
programmi diagnostici o terapeutici il più attenersi alle conoscenze scientifiche ed
possibile adeguati alle sue esigenze personali.
ispirarsi ai valori etici fondamentali, assumendo
come principio il rispetto della vita, della salute
fisica e psichica, della libertà e della dignità
della persona; non deve soggiacere a interessi,
imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura.
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Art. 20 (Continuità delle cure) –Il medico deve
garantire al cittadino la continuità delle cure. Il
caso di indisponibilità, di impedimento o del
venir meno del rapporto di fiducia deve
assicurare
la
propria
sostituzione,
informandone il cittadino e, se richiesto,
affidandolo a colleghi di adeguata competenza.
…
Art. 62 (Medico curante e ospedaliero) –Tra
medico curante e medici operanti nelle
strutture pubbliche e private, anche per
assicurare la corretta informazione all’
ammalato, deve sussistere, nel rispetto dell’
autonomia e del diritto alla riservatezza, un
rapporto di consultazione, di collaborazione e di
informazione reciproca al fine di garantire
coerenza e continuità diagnostico-terapeutica.
Il Codice di deontologia medica, pur non prevedendo esplicitamente il diritto della persona
al trattamento personalizzato, rafforza quanto previsto dalla Carta europea dei diritti del
malato, prevedendo non solo un esercizio professionale particolarmente attento al rispetto
della vita, della salute (fisica e psichica), della libertà e della dignità della persona ma
improntato ad un rapporto di massima e fattiva collaborazione tra i medici curanti ed i
medici ospedalieri al fine di consentire, oltre alla coerenza informativa, la continuità
diagnostico-assistenziale modulata in relazione ai reali bisogni della persona:
personalizzandola, dunque, in relazione alle diverse situazioni ed alle specifiche esigenze
della persona malata.
L’ art. 13 della Carta europea dei diritti del malato sancisce, infine, il diritto al
reclamo ogni qual volta il paziente abbia subito un danno ed il diritto, contestuale, di
ricevere una risposta; questo diritto non trova una diretta conferma nel Codice di
deontologia medica anche se l’ art. 17, nell’ esortare il medico ad un comportamento
particolarmente attento al rispetto dei diritti fondamentali della persona, ne riconosce,
implicitamente, il diritto al reclamo ed il pari diritto di ricevere una risposta (Tabella n.
11).
Tabella n. 11: il diritto al reclamo
Carta europea dei diritti del malato
Codice di deontologia medica
Art. 13 (Diritto al reclamo) Ogni individuo ha il Art. 17 (Rispetto dei diritti del cittadino) Il
diritto di reclamare ogni qual volta abbia subito medico nel rapporto con il cittadino deve
un danno e di ricevere una risposta.
improntare la propria attività professionale al
rispetto dei diritti fondamentali della persona.
3. Conclusioni
Tra i molti ed ampi problemi che, indipendentemente dalle forme ordinamentali dei
sistemi sanitari, caratterizzano –oggi- la medicina moderna in tutti i Paesi industrializzati
ne esistono alcuni di tutta evidenza, riconducibili a diversi fattori: i condizionamenti
imposti dai vincoli economici, il (ri)-pensamento dei fondamenti della scientificità medica,
il pluralismo etico e le profonde trasformazioni sociali che hanno messo in discussione lo
statuto ontologico del malato.
La soluzione di questi problemi richiede scelte coraggiose, forti alleanze ed una
sinergia di azioni finalizzate a recuperare il ruolo di prossimità tra le istituzioni ed il
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cittadino ed a sviluppare l’ idea di un esercizio professionale che deve saper esprimere
valori più autentici rispetto a quelli colti dal professionista della salute sulla spinta dell’
attuale diffuso processo di giuridizzazione del rapporto medico-paziente e di
assiomatizzazione della cura.
La Carta europea dei diritti del malato rappresenta, in quest’ ottica, una straordinaria
opportunità perché essa, nel rafforzare le puntuali indicazioni della deontologia medica,
indica la strada che deve essere percorsa per evitare che il sistema valoriale che deve
animare l’ esercizio professionale sia una mera enunciazione di principio, con due richiami
forti ma pertinenti: il richiamo ad una riforma globale dei modi in cui operano i diversi
sistemi sanitari con l’ adozione di modelli comportamentali e professionali finalizzati al
loro rispetto ed il richiamo, contestuale, alla responsabilità di tutti i soggetti coinvolti che
si concreta nell’ esercizio di diritti e nel pari esercizio di doveri.
Ad una responsabilità che per i professionisti della salute, ben oltre i clichèes ed i
luoghi comuni, è una sola: quella dell’ impegno e della solidarietà, delle scelte adeguate e
dell’ operare nel solo interesse di salute della persona senza ricorrere a frasi fatte, a
formalismi, ad opportunismi o, ancor peggio, alla pre-costituzione di quelle giustificazioni
sulle quali si fonda, purtroppo, l’ agire professionale in termini sempre più spesso
difensivistici.
Una responsabilità – dunque - dei valori solidaristici e della loro proiezione nella
prassi che deve contrapporsi, con forza e rigore, al formalismo delle parole ed ai
comportamenti stereotipati e che deve saper trovare nuova linfa vitale nell’ adagio della
“scienza” e della “coscienza” cui, come correttamente indicato dal Codice di deontologia
medica, deve costantemente conformarsi la pratica professionale.
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13. Rodriguez D., Codici deontologici delle professioni sanitarie a confronto, in Benci L., Le
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