Avvenire - padova islam

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Avvenire - padova islam
Pagina di Avvenire, 27.10.2016, 12
A Palazzo Madama confronto a più voci
In occasione della 15ª Giornata per il dialogo cristiano-islamico sono molte le iniziative nella diocesi
italiane. Nella Chiesa di Padova sono due gli appuntamenti per oggi: alle 20 nella sala di preghiera di
via Bernina a Padova il confronto fra Mustapha Toumi di Ravenna e don Giuliano Zatti; e nel teatro
di Thiene il dialogo fra il sociologo Stefano Allievi e il docente Habiba Zerifa. L’evento centrale si
terrà a Roma, in Senato. Oggi alle 15 la sala “Caduti di Nassirya” di palazzo Madama ospiterà
l’incontro dal titolo “Il nuovo mosaico culturale e religioso della città. Il ruolo delle nuove generazioni”
organizzato dalla rivista Confronti. Dopo i saluti del senatore Gianpiero Dalla Zuanna e degli
onorevoli Khalid Chaouki e Luigi Lacquianiti, interverranno – moderati dal direttore della rivista
Claudio Paravati – il pastore Luca Anziani, vicemoderatore della Tavola Valdese, Claudio
Cianfaglioni del movimento dei Focolari, la giornalista Karima Moual e la giurista Ilaria Valenzi.
La misericordia, via di dialogo con l’islam
Riccardo Maccioni
All’inizio era il tempo dell’attacco alle Torri gemelle, della caccia a Bin Laden, della spiacevolissima
scoperta di sentirsi insicuri a casa propria. Oggi sono i giorni della terza guerra mondiale “a pezzi”,
della crisi che alza i muri contro i migranti, della paura che rende i poveri, “nemici” di chi ha meno
di loro. Nel mezzo, il tragico elenco delle tante, troppe volte in cui la violenza ha bestemmiato il
nome di Dio, ma anche il rinnovato impegno per la pace, la testimonianza silenziosa dei molti che,
passo dopo passo, si sono impegnati a cambiare il male in bene, la volontà di conoscersi, il lavorìo
dei vertici delle comunità per incontrarsi senza pregiudizi. La Giornata per il dialogo cristianoislamico compie 15 anni e li festeggia oggi, nel 30° anniversario del primo incontro di preghiera per
la pace promosso ad Assisi da Giovanni Paolo II. Un appuntamento che nel 2016, e probabilmente
non poteva essere altrimenti, mette a tema, nella visione cattolica, i contenuti dell’Anno Santo.
“Misericordia e diritti: presupposti per un dialogo costruttivo” è infatti il titolo scelto dagli
organizzatori.
«Un argomento quasi obbligato – riflette don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio nazionale Cei
per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso – che leggo in modo positivo. Indica la volontà di
sottolineare, pur nelle reciproche differenze, un patrimonio comune, che arricchisce sia me che
l’altro. Più concretamente sapere come l’islam interpreta e vive il concetto di misericordia penso
possa aiutare la cristianità. E viceversa». La misericordia, dunque, come valore trasversale, che
mette in dialogo tra loro cristianesimo, islam, ebraismo, ma anche, volendo, altre espressioni
religiose. La sfida semmai è vedere come viene vissuta. «Occorre verificare come si concretizza
nel quotidiano, a cominciare dal rapporto con gli altri. Perché a livello di teologia, nella teoria, ci
troviamo tutti d’accordo. Dio è il misericordioso, quindi la misericordia non è un’invenzione
dell’uomo, ma un valore che egli vive, per così dire, di riflesso, in quanto creato a immagine del
Padre». Quindici anni di cammino significano, se non proprio tradizione, almeno consuetudine
virtuosa. Malgrado questo, la Giornata fatica a essere sentita come momento importante, ad avere
un ruolo di primo piano nell’agenda delle comunità. «È proprio così, però un primo risultato
l’abbiamo avuto: l’appuntamento è entrato nella coscienza delle istituzioni – sottolinea Bettega –,
nel senso che, sparsi in giro per l’Italia, ci sono centri diocesani più o meno grandi che organizzano
appuntamenti, iniziative o che hanno avviato bei progetti di dialogo e collaborazione con la realtà
islamica locale». Un cammino che appare imprescindibile se si vuole fare i conti con la società di
oggi, dove la presenza musulmana riguarda tutti gli ambiti della convivenza civile. Dalla scuola, al
lavoro, allo svago, allo sport. «L’indiscutibile e numerosa presenza islamica in Italia impone quasi
naturalmente una riflessione. Però il dialogo non va visto solo come un ripiego, obbligato perché
non possiamo farne a meno. In una prospettiva cristiana, consapevoli che lo Spirito Santo non
agisce per magia ma attraverso gli uomini, dobbiamo leggere questa presenza come un segno dei
tempi». Si tratta ora di passare dal livello istituzionale e degli addetti ai lavori a uno più popolare, di
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base. «Vale sia per noi cristiani sia per i musulmani. Sono convinto che se le rispettive comunità,
gli oratori, le parrocchie, le Caritas da una parte, i centri islamici, le moschee dall’altra, vedono che
le loro guide, cioè gli imam, i preti, i vescovi, si incontrano, dialogano, fanno delle cose insieme,
saranno a loro volta invogliate a fare altrettanto. Un passaggio che però fatica a concretizzarsi».
Un salto di qualità che è anche antidoto alle incomprensioni, alle chiusure, alle false informazioni
che generano convinzioni sbagliate.
Un impegno che ha un testimone d’eccezione in papa Francesco. Non a caso nel presentare la
Giornata, i promotori fanno esplicito riferimento alle «coraggiose prese di posizione» del Pontefice
dopo la brutale uccisione di padre Jaques Hamel in Francia. Grazie ai suoi interventi «appare
sempre più evidente che la religione non c’entra nulla con la guerra in corso e che è sempre più
necessario rafforzare il dialogo» tra le fedi. «Penso – conclude don Bettega – che il primo grande
merito del Papa sia quello di “battere il chiodo”, di continuare a martellare sul tema. Il fatto che
Francesco, senza essere obbligato, non perda occasione per rilanciare il dialogo ecumenico e
interreligioso impone a ciascuno di noi di riflettere, di confrontarsi con le sue parole. Spero, anzi
sono convinto, che alla lunga questo suo continuo spendersi, con discorsi e gesti, rafforzerà le
ragioni del dialogo e le convinzioni di chi ci crede».
Coreis
«Dal male può nascere il bene»
Dal male può nascere il bene. È il messaggio che si legge in controluce nella storia della Giornata
per il dialogo cristiano-islamico, giunta alla sua 15ª edizione. Come scrive il Comitato promotore
infatti, «tutto è iniziato l’11 settembre del 2001». Una data che ricorda l’attacco alla Torri gemelle di
New York e a Washington, tragedie usate «per dare inizio a quella che oramai tutti riconoscono
essere la terza guerra mondiale, sia pure “a pezzi”». Ma anche giorni che «furono usati per
rilanciare il dialogo tra le religioni e l’impegno per la pace».
«Effettivamente – sottolinea l’imam Yahya Pallavicini vicepresidente della Coreis (Comunità
religiosa islamica) – l’11 settembre, nella sua incommensurabile tragicità, costituì paradossalmente
l’occasione per l’islam di reagire esso stesso all’assedio dei movimenti radicalisti e violenti che nel
corso del XX secolo cercarono di limitarne ed alterarne la portata spirituale, testimoniando una
grande sintonia anche attraverso documenti ufficiali quali il “Messaggio di Amman” del 2004, la
“Lettera aperta a sua santità papa Benedetto XVI” del 2006, ma soprattutto l’appello “Una parola
comune tra noi e voi”, del 2007, nella forma di una lettera aperta indirizzata a tutte le autorità
cristiane del mondo».
C’è un filo rosso a unire questi testi?
Un senso che emerge forte da tutti questi documenti è il riconoscimento, da parte di noi firmatari
musulmani, della piena dignità di religione del cristianesimo, che viene riconosciuto sulla base del
deposito sacro ricevuto in custodia, del quale naturalmente si danno due presupposti fondamentali:
il primo, che sia il deposito di una Rivelazione proveniente da Dio; il secondo, conseguenza del
primo, che tale Rivelazione abbia una portata salvifica. È in quest’ottica che va visto il dialogo fra
islam e cristianesimo, un’ottica di pari dignità senza la quale ogni confronto risulta sterile o
controproducente.
In questo senso il tema scelto per la Giornata odierna è particolarmente significativo.
Può essere un ottimo punto di partenza: la misericordia infatti è un tema fondamentale sia per
l’islam che per il cristianesimo e rappresenta l’aspetto di Dio che noi musulmani invochiamo più
frequentemente, sia durante le nostre preghiere rituali che prima di ogni azione nel mondo.
Quale la chiave per superare pregiudizi e incomprensioni?
Viviamo in una situazione oggettivamente complessa, che può essere superata solo se si dialoga
con pari dignità, senza sincretismi, “buonismi” o compromessi teologici volti ad annullare le
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differenze (che invece, come recita il Sacro Corano, sono una benedizione). Noi crediamo che la
ricerca fraterna di una profonda fede e di un profondo rispetto rappresentino alcuni dei punti di
partenza che la Coreis insieme ai musulmani di altre associazioni e le organizzazioni cattoliche
quali la Cei desiderano sviluppare.
Firenze
«È urgente conoscersi, oltre i luoghi comuni»
Andrea Fagioli
Definisce la Giornata nazionale per il dialogo cristiano-islamico «una giornata molto importante». E
l’imam di Firenze, Izzedin Elzir, presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia (Ucoii),
aggiunge: «Da quando Giovanni Paolo II volle condividere con i musulmani un momento di digiuno
e di preghiera è nata questa iniziativa portata avanti in particolare dal periodico online ildialogo.org
che ha voluto proporre un approfondimento su argomenti che aiutino tutti noi, cristiani e
musulmani, a vivere meglio questo momento che si realizza nelle grandi città (Roma, Milano,
Torino, Venezia, Firenze…) proprio per coinvolgere più direttamente le nostre comunità sul
territorio. Il dialogo, infatti, non può avvenire solo a livello di leader, ma deve coinvolgere i fedeli di
entrambe le religioni». Il tema, spiega ancora il presidente dell’Ucoii, «viene deciso all’interno di un
gruppo composto da cristiani e musulmani. Quest’anno, essendo per i cattolici l’Anno giubilare,
abbiamo scelto il tema del- la misericordia sul quale abbiamo inserito il discorso dei diritti.
Misericordia e diritti sono infatti i presupposti per un dialogo costruttivo».
Izzedin Elzir, palestinese, originario di Hebron, vive da molti anni a Firenze dove è uno dei
protagonisti del dialogo, non solo con i cristiani, ma anche con gli ebrei. Lui e il rabbino Joseph
Levi partecipano insieme a moltissimi incontri. Hanno anche organizzato uno scambio di viste
guidate alla sinagoga e al centro islamico che il caso vuole siano a pochi metri l’una dall’altro nel
centro storico del capoluogo toscano.
«Per quanto riguarda la partecipazione alla Giornata per il dialogo cristiano-islamico, devo dire –
racconta l’imam – che è stata negli ultimi anni molto superiore alle aspettative e quindi è di buon
auspicio anche per questa quindicesima edizione. La grande partecipazione sta a significare che i
nostri fedeli, cristiani e musulmani, sentono il bisogno di approfondire la conoscenza reciproca,
non accettano i luoghi comuni, vogliono capire e dialogare».
Spreafico: vincere i pregiudizi senza rinunciare alle identità
Giacomo Gambassi
«La Giornata per il dialogo cristiano-islamico non è, come qualcuno sospetta, una rinuncia alla
nostra identità. Anzi, ha proprio lo scopo di incontrarsi, parlarsi, ascoltarsi a partire dalle reciproche
differenze». Il vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, Ambrogio Spreafico, presidente della
Commissione episcopale Cei per l’ecumenismo e il dialogo, parla di un’«opportunità». «In un
tempo segnato da guerre e incomprensioni, la Giornata è un invito a conoscersi. Per vincere le
paure occorre sapere chi è l’altro, oltre ad avere uno sguardo di misericordia verso chi soffre,
come i numerosi migranti che bussano alle porte dell’Italia».
Spreafico considera l’appuntamento un «richiamo all’accoglienza». Poi cita l’iniziativa dell’Ufficio
Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso che ha realizzato una serie di schede per spiegare
l’islam. «Non possiamo vivere di pregiudizi», avverte il presule. E il dialogo si costruisce partendo
dal basso. «Fra le schede dell’Ufficio nazionale – afferma il vescovo – ce n’è una dedicata alla
presenza musulmana negli oratori. Sono molti gli islamici che partecipano alle proposte della
Chiesa che ha sempre le porte aperte verso tutti. La relazione è fondamentale. Senza relazione
non ci può essere dialogo. E non c’è dialogo senza una mutua conoscenza. Ecco perché occorre
scommettere sull’educazione da entrambe le parti». La Giornata è anche un monito contro i
fondamentalismi. «Nel mondo islamico c’è una coscienza sempre più chiara del radicalismo
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religioso. Tanti lo hanno condannato. Al fondo di ogni religione c’è la pace. Come ha ricordato
papa Francesco lo scorso settembre ad Assisi, solo la pace è santa: la guerra non è mai santa».
Incontrarsi anche con la Costituzione
Andrea Galli
Fratel Ignazio De Francesco il dialogo con l’islam l’ha vissuto e lo vive in prima persona. Torinese,
da 26 anni monaco della Piccola Famiglia dell’Annunziata, fondata da Giuseppe Dossetti, oggi è di
stanza alla comunità di Montesole (Bologna) ma è stato per dodici anni in Medio Oriente: Territori
Palestinesi, Siria, Giordania, Egitto. L’arabo l’ha imparato sul campo – «ho iniziato a studiarlo a 42
anni» racconta, «mi dicevano che era troppo tardi, ma non è vero». La profonda conoscenza della
lingua e della cultura islamica oggi gli permette di essere un ponte tra musulmani e cristiani anche
a Bologna. Per esempio nella casa circondariale “Dozza”. «Lì faccio un servizio di presenza»
spiega il religioso, «parlo con i musulmani, che su 600 detenuti sono ben 200: un terzo. Per due
anni abbiamo organizzato un corso rivolto a loro dal titolo “Diritti, doveri, solidarietà”. Abbiamo letto
insieme la Costituzione italiana, insieme ad altre Costituzioni moderne, quelle di Tunisia, Marocco,
Egitto. Perché questo? Abbiamo voluto attirare l’attenzione su questa legge fondamentale, che
vale per tutti e la cui conoscenza è di grande importanza anche per loro come islamici. Per
esempio è bene che sappiano che l’articolo 19 garantisce la libertà religiosa, però allo stesso
tempo secondo la Costituzione se un musulmano vuole farsi cristiano ha diritti di farlo e non deve
essere perseguitato. E se una ragazza di fede islamica vuole sposare un non musulmano deve
poterlo fare senza che questo comporti dei pericoli». Non è che il dialogo si risolva in questioni
“costituzionali”, ovviamente, vale piuttosto una triade: «Religioni, civiltà e costituzione come punto
d’aggancio». «Il dialogo tra le religioni – continua il monaco – trova presto un ostacolo invalicabile,
che sono i dogmi. Quello che allora si può e si deve fare è un dialogo tra civiltà, perché l’islam è
anche una civiltà: letteratura, poesia, medicina… una civiltà in cui c’è molto di ebraico e molto di
cristiano». La Costituzione dev’essere come un «punto di aggancio». Fratel De Francesco ripensa
ai detenuti che frequenta, ascolta, consola e sottolinea una cosa: «Non si può ignorare il pericolo
di radicalizzazione per tanti musulmani in carcere, però non va nemmeno dimenticato che la
religione resta una grande risorsa. Ho visto ragazzi finiti dentro per traffico di droga, che
guadagnavano 30 o 40mila al mese, uscire e cambiare: cercando un lavoro, dedicandosi a una
vita onesta, in modo quasi miracoloso. E la forza è venuta loro dalla religione».
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