Nella culla della musica elettronica
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Nella culla della musica elettronica
Nella culla della musica elettronica. Questa volta vi parlerò di un argomento, anzi di uno strumento, a me molto caro: il sintetizzatore. Questa apparecchiatura fa parte della famiglia degli elettrofoni, ossia strumenti che originano una fonte sonora tramite l’elettricità. Nacque nel 1950, inizialmente costituito da moduli separati (con lo scopo di studiare le varie caratteristiche del suono come l’ampiezza, la frequenze e le armoniche) venne poi assembalto in un unico corpo completo di tastiera. In particolare si cercava di analizzare il suono degli strumenti acustici tramite l’oscilloscopio e altre diavolerie per poi, una volta comprese le componenti sonore, ricrearle con il sintetizzatore. A dire il vero questi esperimenti rimasero dei tentativi, in quanto il suono degli strumenti reali non fu mai riprodotto fedelmente o se ci riuscirono fu con scarsi risultati. Da questi “fallimenti” nacquero però le sonorità tipiche della musica elettronica, ancora una volta nella musica come nella scienza, la serendipia ha giocato le sue carte e “cercando qualcosa, si è trovato qualcos’altro”. Negli anni successivi ci fu una vera corsa all’armamento di sintetizzatori ma il loro costo proibitivo ne placò la diffusione finchè il grande, il solo, l’irripetibile Bob Moog non creò il primo sintetizzatore portatile e acquistabile a costi “terrestri”: il “MiniMoog” (foto a destra). Il sintetizzatore prese a girare nelle case di noi normali essere umani ed entrò presto nella musica rock, correva l’anno 1970. La scena musicale fu inflazionata da sonorità “sintetiche”, creando anche prodotti di dubbio gusto quali reinterpretazioni modulate da effetti e filtri spazialoidi di brani classici di Bach e Beethoven. Se dovessi descrive il suono del sintetizzatore, potrei dirvi che assomiglia a un suono proveniente dallo spazio ma non solo, con il Synth (abbreviazione dall’inglese) si possono creare svariate sonorità, da quelle simili ai violini e ai pianoforti, fino ad arrivare al suono di una cascata o di una batteria da discoteca. Proprio così, i suoni che si sentono in “pista” sono generalmente creati da drum machine, ossia sintetizzatori costruiti a doc per la produzioni di suoni percussivi. Pensate inoltre agli anni 80’ in cui imperavano quei tastieroni sui palchi dei Duran Duran, dei Depache Mode e dei Cure, altro non erano che synth in versione compatta. Tornando poi alla musica di oggi, posso tranquillamente affermare che l’80% della musica commerciale è fatta con l’ausilio di computer e sintetizzatori. Insomma, questo strumento portentoso ci circonda oramai da anni tant’è che si potrebbe parlare di SYNTH INVASION.