Genitorialità a tutto campo

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Genitorialità a tutto campo
Genitorialità a Tutto Campo
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Genitorialità a Tutto Campo
Comune
Livorno
di
Centro Donna
del comune di livorno
Ippogrifo
Associazione
Genitorialità a
Tutto Campo
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Genitorialità a Tutto Campo
Cura editoriale e web:
Ufficio U.R.P. - Pubblicazioni - Rete Civica
Grafica, impaginazione e stampa:
Centro Stampa del Comune di Livorno
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Genitorialità a Tutto Campo
(Intervento Assessore Cantù)
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Genitorialità a Tutto Campo
Ciclo vitale della famiglia
Famiglia - Famiglie
Maria Giovanna Ulivieri Papucci
Responsabile del Centro Donna del Comune di Livorno - Presidente dell’Associazione Ippogrifo
I
l pensiero va alla vita quotidiana dei nuclei familiari nelle nostre case, alla realtà delle “famiglie allargate”, formula di vita sempre più praticata rispetto alla tradizionale famiglia “perfetta” così pubblicizzata
dai mass media. A partire dal XX secolo si sono verificate significative modifiche che hanno assunto proporzioni impensabili solo cinquanta anni fa. Sono sopravvenuti cambiamenti sociali caratterizzati da nuove
tipologie di relazioni che hanno avuto ricadute su stili di vita all’interno dei nuclei familiari.
È in questa cornice che, presso il Centro Donna del Comune di Livorno, l’Associazione Ippogrifo ha promosso il percorso di analisi e di riflessione sulla famiglia in un luogo - quello del Centro - aperto a tutte e a
tutti dove si sono sviluppate idee, dove si è suscitato l’interesse di un “pubblico” eterogeneo e ampio, dove
si è realizzato un laboratorio, officina culturale, che ha favorito il confronto, l’incontro-scontro, attraverso i
meccanismi di elaborazione e metabolizzazione dei pregiudizi fino alla formulazione di proposte concrete.
Nel corso dei numerosi incontri, tematica centrale è stata quella della relazione genitori figli e figlie attraversata da emozioni, contrasti, comportamenti, che sono stati individuati quali “misura” delle trasformazioni
in atto.
La fase dell’adolescenza che segna un passaggio di status dalla fanciullezza alla adultità irrompe in una
società “in confusione”, poiché tutto è cambiato: non più famiglia, ma famiglie, non più fondamento etico,
ma fondamento amorevole, non più ruoli definiti ma spesso rovesciati nella genitorialità materna-paterna.
C’è una informazione-riflessione che avverto opportuna in questa prefazione sul ciclo vitale della famiglia:
attraverso un significativo dibattito di giovani uomini prende corpo e cresce un movimento che si costituisce
in associazione il giorno 25 novembre 2011, L.U.I. [Livorno Uomini Insieme]. Emerge una presa di coscienza
critica rispetto al patriarcato, una volontà di praticare una politica ispirata dal femminismo della differenza.
Questi giovani uomini si interrogano sulla situazione maschile e sul tema della “crisi dell’autorità maschile
e paterna” nel ruolo da giocarsi giorno dopo giorno nella vita familiare.
La realtà quotidiana mette in evidenza che nelle famiglie si consumano maltrattamenti e violenza, comportamenti maschili che denunciano uno spaesamento degli uomini, un disordine mentale che produce aggressività e qualche volta irresponsabilità. Dai questionari della ricerca che accompagna il percorso del ciclo vitale
emerge soprattutto un certo silenzio e assenza del padre nella condivisione dei compiti genitoriali.
Incontro dopo incontro, l’esito è stato quello di aver dato un contributo per trasformare i pregiudizi in
concetti portatori di modalità alternative di ragionamento, affinché scaturiscano nuove visioni e nuove letture
sulla e della famiglia, sulla e della società. Al centro degli interventi di esperti ed esperte viva è l’attenzione
per i bambini e per le bambine. Significativo l’evento “Tutti bambini tranne uno”, in cui è stata presentata
una esperienza di istruzione domiciliare nel contesto della disabilità grave; tale esperienza dimostra come sia
possibile praticare l’integrazione scolastica. Aver realizzato questa attività educativa significa che l’istruzione
domiciliare può essere componente indispensabile per affermare l’unicità della persona e favorire così la strada che porta alla costruzione di una società giusta in una città ideale dove poter vivere con agio.
Si sono succeduti interventi di psicologi, psicologhe, psicoterapeuti, psicopedagogiste in un percorso che
considero innovativo, perché ha saputo nel suo svolgersi utilizzare strumenti diversi. Esperti ed esperte con il
dibattito hanno coinvolto il pubblico e hanno approfondito le varie tematiche via via proposte. La presenza attiva delle scuole, con l’indispensabile partecipazione degli studenti, genitori, insegnanti e operatori ha accompagnato un lavoro che ha viaggiato anche nel tempo per riallacciarsi a percorsi già tracciati, con rivisitazioni
e nuovi contributi aderenti allo stato attuale dei bisogni e alla concretizzazione di azioni efficaci.
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Genitorialità a Tutto Campo
Indice
Presentazione................................................................................................................................................. 07
Introduzione................................................................................................................................................... 09
Relazioni.........................................................................................................................................................11
1. Formazione della coppia - Matrimonio e/o convivenza...............................................................11
1. 1 Come si forma il legame di coppia? ........................................................................................11
1. 2 Scelta del partner .................................................................................................................... 12
1. 3 Come funziona la coppia? ...................................................................................................... 12
1. 4 Convivenza.............................................................................................................................. 12
1. 5 Matrimonio.............................................................................................................................. 13
2. Famiglie: dalla coppia alle famiglie con neonati.......................................................................... 13
3. Famiglie con bambini e bambin dalla genitorialitàallcogenitorialità........................................ 14
3. 1 Cogenitorialità......................................................................................................................... 15
3. 2 La gravidanza........................................................................................................................... 27
3. 3 La nascita: il neonato............................................................................................................... 29
3. 4 I primi anni di vita................................................................................................................... 20
4. Famiglie con pre-adolescenti e adolescenti adolescenza di figlie e figli...................................... 21
5. Significato sociale della famiglia “lunga”e del “nido vuoto”...................................................... 21
6. Famiglie separate, divorziate, ricostituite.................................................................................... 25
6. 1 Famiglie separate divorziate ricostituite.................................................................................. 25
6. 2 Trasformazioni nel tempo della coppia e della famiglia . ....................................................... 25
6. 3 La separazione e il divorzio..................................................................................................... 26
6. 4 Compiti di sviluppo della famiglia divisa................................................................................ 26
6. 5 Dopo il divorzio: le famiglie ricostituite................................................................................. 27
Ricerca ........................................................................................................................................................ 29
Metodo ........................................................................................................................................................ 29
Soggetti................................................................................................................................................ 29
Questionario........................................................................................................................................ 29
Procedura............................................................................................................................................ 29
Risultati e discussione......................................................................................................................... 30
Conclusioni..................................................................................................................................................... 45
Sitografia........................................................................................................................................................ 47
Bibliografia..................................................................................................................................................... 47
Filmografia...................................................................................................................................................... 47
Allegato 1........................................................................................................................................................ 49
Allegato 2........................................................................................................................................................ 51
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Presentazione
I
ppogrifo, associazione non profit presente sul territorio livornese dal 1987, opera per la promozione culturale e sociale, per
lo sviluppo delle risorse umane e la formazione. È accreditata
nel sistema formativo della Regione Toscana e certificata dal 2003 nel
Sistema Qualità ISO 9001:2000. In funzione della politica volta a ottenere prestazioni adeguate alle esigenze di tutti i soggetti, sia pubblici
che privati, si impegna a mantenere il proprio Sistema di Gestione
come strumento di miglioramento continuo di tutte le attività.
Dal 2003 l’agenzia è responsabile del Centro Donna e dal 2009 è
titolare del Nido delle Meraviglie che è un servizio educativo rivolto a
bambini e bambine fino a tre anni, accreditato e convenzionato con il
Comune di Livorno. Dal 2011 è partner della “Rete Antiviolenza Città
di Livorno” che opera nel territorio, insieme a Comune, Questura,
Arma Provinciale dei Carabinieri, Azienda USL6, per la prevenzione
e il fronteggiamento di ogni forma di violenza in particolare quella
contro donne e minori.
Ippogrifo negli anni ha implementato competenza sulle tematiche
femminili e nella lotta alle discriminazioni attraverso la realizzazione
di azioni positive e la trasmissione di buone prassi, nell’ottica delle
politiche di mainstreaming e del valore di empowerment. Gli obiettivi sono quelli di contribuire all’inclusione sociale e alla diffusione
dell’esercizio di cittadinanza attiva, per l’affermazione delle pari opportunità in ogni luogo di vita e lavoro. La centralità della persona
costituisce il plus valore per raggiungere, nell’operare quotidiano, la
sostenibilità sociale che rappresenta uno dei valori etici agiti costantemente e diffusi attraverso la “Carta dei Valori ALICIA” (Allegato 1).
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Genitorialità a Tutto Campo
Introduzione
Serenella Frangilli
Psicologa - Psicopedagogista, Coordinatrice Pedagogica - Il Nido delle Meraviglie
N
el triennio 2009 - 2011 è stato realizzato il progetto “Genitorialità a tutto Campo” sviluppatosi attraverso pubbliche iniziative e somministrazione di questionari ai genitori. Nel percorso sono stati
coinvolti in modo significativo operatori ed operatrici dell’ambito socio-sanitario ed educativo, con
esito complessivamente positivo.
La partnership di progetto è stata costituita da Ippogrifo, Comune di Livorno (Centro Donna e Centro
Infanzia Adolescenza Famiglia - CIAF), Consultori Familiari dell’Azienda U.S.L. 6, essendo il coordinamento dei lavori affidato a Serenella Frangilli e Jacopo Piampiani.
Il progetto si è realizzato al Centro Donna perché: le storie delle donne sono indissolubilmente legate ai
cambiamenti della famiglia, delle relazioni tra i componenti; le storie delle donne sono intrise dei compiti di
cura, i figli hanno rappresentato la sostanza prevalente del ruolo sociale delle donne; i cambiamenti in atto
nelle famiglie e nelle relazioni tra i partner rispetto ai figli, al loro accudimento ed alla loro educazione, traducono in modo diffuso, capillare nel quotidiano, i cambiamenti della società.
In questo percorso il Centro Donna, nelle sue attività e nelle sue pratiche d’incontro, è testimone del bisogno di condividere, le difficoltà le fatiche e talvolta le soddisfazioni che provano tante persone.
All’interno delle problematiche relative alla genitorialità si sono confrontati esperti ed esperte, psicologi
e psicologhe, avvocate che operano presso il Centro Donna, contribuendo all’analisi e all’individuazione di
soluzioni delle criticità che caratterizzano le relazioni familiari.
La famiglia è un “sistema vivente” il cui sviluppo avviene per stadi all’interno della dimensione tempo:
ogni gruppo familiare passa attraverso una serie di eventi che richiedono dei cambiamenti di ruolo al suo interno, con il coinvolgimento di altri sistemi sociali come scuola, mondo del lavoro, dello sport, etc.. Quindi alla
dimensione rappresentata dall’accoglienza e dall’ascolto delle storie personali, si sono aggiunte iniziative per
approfondire le conoscenze e il confronto.
“Evento parto - spazi e tempi” è stato il primo progetto, si è concretizzato nella ricerca di significati comuni attraverso tavoli di lavoro ed ha avuto in un convegno tematico il suo momento di sintesi.
Il tema della gravidanza e della nascita mantiene il fascino del mistero della vita e questa tensione emotiva
e culturale ha rappresentato il “filo rosso” del progetto: abbiamo recuperato e valorizzato anche la pratica del
racconto e questo ha ricreato la situazione affettiva di condivisione, di continuità antropologica delle donne,
propria dei crocchi di seggiole davanti ai portoni e/o delle sale d’attesa delle levatrici…
Guardando agli universi affettivi e ponendosi il quesito se sia possibile conciliare il concetto di famiglia
con quello di genitorialità, si è avviata, una prima fase, attraverso una serie di incontri istituzionali dedicati a
donne in gravidanza e a giovani mamme, colloqui individuali di accoglienza e orientamento relativamente a
problematiche quali:
• la scelta-accettazione della gravidanza: il motore psicologico - la condivisione con il compagno - le
tutele ginecologiche - le tutele giuridiche
• la gravidanza: la trasformazione del corpo - i cambiamenti nella coppia - le fantasie e le proiezioni - le
paure
• il parto: i racconti - le ansie - il dolore - la separazione dalla neonata/neonato
• il post parto: i cambiamenti - il timore di inadeguatezza nella cura del neonato/della neonata - il rapporto fra fantasie, proiezioni e realtà
• essere madri e padri: crescere in un progetto educativo - costruire alleanze educative con le scuole - la
progressiva autonomia dei figli - l’uscita dal nucleo familiare - il nido vuoto…
Questo progetto, ha rappresentato una risposta a bisogni che sono di senso, di orientamento e di sicurezza
del sé, della consapevolezza femminile in una società complessa.
Il Centro Donna del Comune di Livorno, in continuità con questa positiva esperienza, ha avviato un percorso di incontri: “Il Ciclo Vitale della Famiglia” – che ha visto una numerosa partecipazione della nostra
comunità – con una serie di nuovi appuntamenti, per l’informazione e la sensibilizzazione sulle pratiche familiari, da un punto di vista psicologico e legale.
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Genitorialità a Tutto Campo
Gli incontri, seminari con cadenza mensile che affrontavano le fasi salienti di una coppia nel suo divenire
genitori “per tutta la vita” centrati quindi sul tema della “genitorialità consapevole”, sono stati caratterizzati
da momenti di riflessione, seminari di studio e momenti di scambio.
Dei contenuti frutto di approfondimenti tematici di giovani psicologhe/gi e di avvocate e delle riflessioni
condivise con i partecipanti, rappresentano una sintesi le relazioni di questa pubblicazione.
I vari interventi si sono articolati attraverso la stretta collaborazione delle professionalità che operano presso il Centro Donna, nell’approfondire i temi di sviluppo delle diverse fasi del ciclo di vita in cui la famiglia è
coinvolta anche per i diversi tipi di dinamiche che si sviluppano al suo interno.
Il percorso si è così articolato:
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Formazione della coppia - Matrimonio e/o convivenza, Dott.ssa Olivia Della Vista - Avv. Francesca
Salvadorini, Avv. Rita Baldi
Famiglie: dalla coppia alle famiglie con neonati, Dott.ssa Claudia Intorcia e Dott.ssa Milly Caschili Dott.ssa Monica Baronti dell’Azienda U.S.L. 6 di Livorno
Famiglie con bambini e bambine dalla genitorialità alla cogenitorialità, Dott.ssa Valentina Barsotti Avv. Silvia Di Martino
Famiglie con pre-adolescenti e adolescenti adolescenza di figlie e figli, Dott. Mauro Pardini CIAF
Centro Infanzia Adolescenza e Famiglie - Avv. Rita Baldi
Significato sociale della famiglia “lunga” e del “nido vuoto”, Dott. Jacopo Piampiani - Avv. Silvia Di
Martino
Famiglie separate, divorziate, ricostituite, Dott.ssa Dunja Di Biagio - Avv. Francesca Salvadorini.
Al termine di questa serie di incontri è emerso il desiderio di organizzare un evento dedicato alle famiglie
che hanno figli con gravi problematiche e multi-handicap. Questa idea è nata da una proposta avanzata dalla
“mamma di Guglielmo”, la quale ha proposto di organizzare una giornata in cui si potesse affrontare il tema
del multihandicap.
L’attenzione alla genitorialità, prestata con l’ottica particolare delle trasformazioni che vive la persona e
quindi partendo, per quanto possibile dal racconto, ci ha consentito di proporre anche situazioni dove le famiglie vivono la più grande delle difficoltà: avere un bambino che rischia l’esclusione dal suo diritto a vivere
secondo i bisogni e i desideri propri dei coetanei.
La specificità del tema ha trovato l’interesse del Comune che ha inserito l’iniziativa nel programma del
Settembre Pedagogico 2011 con il titolo:
“Tutti i bambini tranne uno - L’esperienza dell’istruzione domiciliare, verso l’integrazione scolastica”.
L’evento è stato impostato come tavolo aperto, al quale hanno partecipato la Regione Toscana, l’Ufficio
Scolastico Provinciale, l’Azienda U.S.L. 6 di Livorno, il VII Circolo G. Carducci, IPPOGRIFO. Questo per
diffondere i risultati del progetto pilota che, costruito intorno a Guglielmo, può essere trasferito in altri contesti scolastici.
“Genitorialità a tutto campo “ continuerà a caratterizzare una serie d’iniziative presso il Centro Donna
anche in futuro.
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Relazioni
1. Formazione della coppia - Matrimonio e/o convivenza
Dott.ssa Olivia Della Vista, Avv. Francesca Salvadorini, Avv. Rita Baldi
L’amore che tiene legati due adulti può essere considerato un processo di attaccamento, analogo a quello
che lega il bambino alla madre (Bowlby, 1969, 1973, 1980) ovvero un processo che alla base ha bisogno sia di
protezione sia della propensione a prendersi cura dell’altro. È doveroso sottolineare che interpretare il rapporto di coppia secondo la teoria dell’attaccamento non significa presupporre che l’essere umano ami il proprio
partner come se fosse il/la proprio/a padre/madre. Secondo la teoria dell’attaccamento l’amore è un processo
biologico disegnato dall’evoluzione per facilitare l’attaccamento tra partner sessuali (Hazan e Shaver, 1987).
1. 1 Come si forma il legame di coppia?
Per chiarire il passaggio dall’attrazione al legame di attaccamento propriamente detto è utile considerare
le reazioni chimiche che vengono innescate da un contatto fisico ravvicinato. Dopo il rapporto sessuale sia
negli uomini che nelle donne si verifica un rilascio di ossitocina, una sostanza che induce uno stato di calma
e di appagamento e che determina il passaggio dall’eccitamento al coccolarsi che segue l’atto sessuale. Il desiderio di mantenere il contatto fisico e di abbracciarsi, stimolati dall’ossitocina, promuovono inevitabilmente
la possibilità che si formi una relazione sentimentale. Liebowitz (1983) per spiegare il passaggio dall’eccitazione sessuale al senso di conforto che segue il fare l’amore e per dar conto dello sviluppo in questi contesti
di una relazione sentimentale invoca il concetto di condizionamento oppiaceo. Lo stato di calma che segue il
rapporto sessuale sarebbe da ricondurre alla produzione e al rilascio di endorfine (morfine endogene), le quali
hanno gli stessi effetti delle droghe oppiacee: l’esperire in maniera ripetuta il conforto che segue il rapporto
sessuale fa sì che l’amante inizi ad essere associato con la riduzione dello stress e con uno stato di benessere,
di calma e di tranquillità.
Certamente, definire l’amore come un processo di attaccamento non implica che fin dalle prime fasi di
una relazione venga stabilito un legame di attaccamento. Hazan e Zeifman (1999) propongono un modello
basato su un processo a quattro tappe per spiegare la fenomenologia del legame di coppia adulto. La prima
tappa si definisce di “pre-attaccamento” ed è permeata dall’attrazione e caratterizzata da comportamenti di
corteggiamento e flirting: si tenta da subito di mantenere il più possibile la vicinanza e i contatti sono eccitanti.
Il piacere collegato ad essi è da ricondurre all’attivazione del sistema sessuale. Quando il flirtare non ha come
solo scopo una sporadica e immediata gratificazione sessuale, ma si pone in termini di fase iniziale di una
relazione potenzialmente più duratura, all’eccitazione dell’infatuazione si accompagna il piacere reciproco
e a determinare la scelta del partner ci sono fattori ulteriori al di là della mera attrazione sessuale. In questo
caso, i segnali che indicano nel partner la disponibilità a prendersi cura dell’altro e a considerarlo speciale
diventano cruciali. Nel momento in cui i due partner hanno la sensazione di avere a che fare con la persona
giusta dall’attrazione si passa all’ “innamoramento”. Gli stati mentali e psicologici che accompagnavano l’infatuazione della fase precedente sono ancora presenti e sono quelli che determinano l’innalzamento dell’eccitazione, allo stesso tempo, però, il contatto fisico assume una connotazione di tenerezza. In pratica, appena
la relazione si stabilizza, ciascun membro comincia a funzionare per l’altro come risorsa affettiva ossia come
rifugio emotivo. All’attivazione del sistema sessuale si accompagna, ora, l’attivazione del sistema di attaccamento e del sistema dell’accudimento. In una fase ancora successiva subentra l’ “amore”. Solitamente in questa fase la frequenza dell’attività sessuale diminuisce, mentre aumenta sempre più l’importanza del supporto
emozionale e la capacità dell’altro di porsi come rifugio sicuro e come figura che offre accudimento. Dalla
passione si passa all’intimità in senso lato, ovvero si passa ad una fase in cui le emozioni e le sensazioni predominanti sono quelle di calore, di affetto e di fiducia. È proprio in questa fase che comincia ad essere presente
una dimensione fondamentale dell’attaccamento: l’ansia da separazione. Essa si può descrivere come quello
stato dell’anima e della mente che si prova quando il partner è lontano e che deriva dal sapere che, qualora si
presentasse un pericolo o ci fosse da affrontare un dolore, l’altro non c’è. L’ultima tappa descritta dalle autrici
è stata definita “post-romantica” e caratterizza la vita quotidiana della coppia. Ad un occhio estraneo potrebbe
sembrare che l’amore sia finito: la frequenza degli scambi sessuali diminuisce, il contatto fisico e il guardarsi
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Genitorialità a Tutto Campo
negli occhi sono rari. Di fatto esiste ormai tra i partner una tale interdipendenza emozionale da rendere praticamente indissolubile il loro legame. La coppia è legata ora dall’impegno e ciascun partner funziona come
base sicura per l’altro. L’attaccamento profondo tra partner rende il desiderio sessuale una formadi conoscenza, caratterizzato (forse) da un minor eccitamento, ma da un più profondo coinvolgimento.
1. 2 Scelta del partner
L’amore non è affatto cieco, bensì ci si sceglie con cognizione di causa e occorre valutare quali variabili
siano state inconsce o chiare alla consapevolezza, quali biologiche o ambientali. Alcune scelte che pensiamo
ci appartengano e che siano guidate dal nostro libero arbitrio, risultano invece essere l’esito della nostra storia.
Numerosi studi sottolineano la tendenza delle persone a scegliere partner simili ai propri membri familiari per
caratteristiche fisiche, socio-economiche, culturali e psicologiche. Avere la sensazione che ci sia una conoscenza pregressa incrementa la percezione di prevedibilità dei comportamenti attesi da una persona favorendo
così il vissuto soggettivo di sicurezza. Tratti come la novità, la non familiarità di fatto sono incompatibili con
la funzione di figura di attaccamento. Tuttavia, un legame familiare inibisce l’attrazione fisica poiché l’interesse sessuale è aumentato proprio dalla novità e dalla non familiarità. Spesso i partner hanno configurazioni
simili, o quantomeno compatibili, in cui ciascuno soddisfa le aspettative dell’altro ossia si selezionano partner
che sono simili a noi. È altrettanto vero, però, che gli opposti si attraggono. Una scelta basata sul criterio di
“somiglianza ottimale” che sembra rappresentare il compromesso più adatto tra potenziale per un legame di
attaccamento e interesse sessuale (ossia tra familiarità e novità).
1. 3 Come funziona la coppia?
La relazione di coppia comporta l’integrazione dei sistemi motivazionali e di comportamento che regolano l’attaccamento, la sessualità ed il caregiving ovvero l’accudimento. Soprattutto nei rapporti di coppia
duraturi il sistema di attaccamento e quello del caregiving sono difficili da separare. Nell’età adulta questi due
convergono in un solo sistema: il partner qualche volta può sentirsi particolarmente stressato, preoccupato e
quindi bisognoso di supporto da parte dell’altro; altre volte sarà lui stesso ad essere più empatico, protettivo
e disponibile a fornire cure e attenzioni all’altro. Il sistema dell’attaccamento regola la ricerca di vicinanza
protettiva alle figure di attaccamento principali quando ci si trova in condizioni di sofferenza, pericolo e
vulnerabilità. La ricerca di vicinanza e le richieste di accudimento sono funzionali alla probabilità soggettiva
di sicurezza, rassicurazione e regolazione del disagio. Il sistema sessuale regola la formazione della coppia
sessuale attraverso il corteggiamento e il rapporto sessuale. Infine, il sistema dell’accudimento predispone
ad accogliere le richieste di vicinanza protettiva e organizza le offerte di conforto, aiuto e protezione. È noto
come i comportamenti sessuali possono manifestarsi al di fuori di relazioni consistenti sul piano affettivo.
La sola dimensione sessuale, però, non è in grado di garantire quella pienezza relazionale che caratterizza i
rapporti più significativi e duraturi. Mentre è vero che una relazione che abbia raggiunto un certo grado di
intimità e stabilità può vedere nell’attivazione più o meno ripetuta del sistema sessuale un’ulteriore occasione
di consolidamento, l’interazione di carattere sessuale non connota di per sé una relazione in termini reciproci
di fiducia, intimità e stabilità. La sessualità e l’attrazione sono funzionali all’attaccamento: la maturazione
sessuale funziona da catalizzatore per far sì che la predisposizione all’interazione sociale venga indirizzata
all’accoppiamento; nel contempo gli accoppiamenti cementano la relazione di coppia. A sua volta, un legame
potenziale di attaccamento innesca e promuove le dinamiche del desiderio e dell’amore. Se con il tempo i
partner non riescono a soddisfare reciprocamente il bisogno di conforto e sicurezza subentrerà un senso di insoddisfazione e la sopravvivenza stessa della relazione sarà messa in discussione. In conclusione, l’attrazione
reciproca e l’interesse sessuale possono dar luogo alla formazione delle coppie, ma con il tempo se i partners
non riescono a soddisfare reciprocamente il bisogno di conforto e di sicurezza subentrerà un senso di insoddisfazione e la sopravvivenza stessa della relazione sarà verosimilmente messa in discussione.
1. 4 Convivenza
Non possiamo sottrarci dall’evidenziare come i cambiamenti culturali, che hanno portato a una maggiore
estensione del periodo tra maturazione fisica e assunzione dei ruoli adulti, abbiano determinato anche una
liberalizzazione dei costumi sessuali, soprattutto per quanto riguarda la dimensione femminile. Le conoscenze
sulla sessualità sono state ampliate e i metodi di contraccezione sono sempre più diffusi, e tutto questo ha finito per modificare in gran parte il vissuto soggettivo della sessualità e, conseguentemente, il comportamento
sessuale stesso sganciandolo dal matrimonio e dalla procreazione. Alcuni sociologi distinguono quattro tipi
diversi di convivenze, ognuna delle quali è in aumento per svariati fattori. Ci sono innanzitutto le “convivenze
pre-matrimoniali” sostitutive del periodo di fidanzamento. Solitamente queste rappresentano la scelta tipica
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Genitorialità a Tutto Campo
di giovani adulti che valutano la possibilità di sposarsi in futuro, generalmente per mettere al mondo dei figli.
La convivenza, in questo caso, rappresenta spesso un “collaudo” (della durata media di due-cinque anni) il
quale, a fronte di un eventuale esito negativo, conduce a risoluzioni più o meno estreme. La scelta della convivenza qui è spesso dettata da fattori decisivi quali il desiderio di sperimentare una vita autonoma e indipendente dai genitori unito al desiderio di stare insieme. Ci sono poi le “coppie di fatto dovute a impossibilità a
contrarre matrimonio” ossia: adulti già sposati e non ancora divorziati; persone di mezza età (se non anziani)
che non vogliono perdere con un nuovo matrimonio vantaggi pensionistici, fiscali o patrimoniali ovvero non
intendono stabilizzare l’unione per motivi pratici che hanno a che fare con il fisco, con il patrimonio e con la
sistemazione futura dell’eredità o per non perdere l’assegno di mantenimento proveniente da un precedente
matrimonio; infine, le coppie omosessuali le quali per legge in Italia non possono sposarsi. La terza tipologia
è rappresentata da quelle unioni più o meno libere o aderenti un certo “stile di vita”. In questo caso, spesso il
matrimonio viene spesso descritto come una catena, un vincolo, una limitazione alla libertà personale o magari come una pura formalità contrattuale. Certamente, l’impressionante quantità di divorzi odierna rafforza
la credenza che il matrimonio sia un passo difficile e ricco di ostacoli.
1. 5 Matrimonio
Il matrimonio è una istituzione dinamica e in continua trasformazione, il che significa che cambia nel corso
del tempo e con lei cambiano le persone in essa coinvolte.
Per capire perché veramente ci si continua a sposare, bisogna guardare al passato e al valore simbolico
del matrimonio. Il matrimonio è nato almeno 4500 anni fa e ha avuto la funzione di creare un ordine sociale
e di promuovere il benessere delle persone. A tal scopo, non si è basato su un sentimento così “volatile”
come l’amore: c’erano questioni economiche e familiari che veicolavano la scelta dei giovani in direzione di
una possibilità o l’altra. Un tempo gli sposi non dovevano scegliersi in quanto erano i membri della famiglia
a controllare gli incontri e a stabilire le regole. Erano proprio loro, infatti, che valutavano le qualità del potenziale partner e le affinità che questi aveva con il membro della propria famiglia che si erano incaricati di
“sistemare”.
Le coppie così formatesi avevano come unico progetto quello di mettere al mondo dei figli, considerati alla
stregua di un bene pubblico, e di restare uniti per il resto della loro vita.
L’amore romantico praticamente non esisteva: l’amore era più che altro una forma di rispetto e devozione
verso il partner, qualcosa che somigliava più al dovere che a un sentimento. Il matrimonio “per amore”, del
resto, si è affermato in tutte le classi sociali solo nel secolo scorso. Con questo genere di matrimonio i due
partner si scelgono unicamente sulla base del sentimento che li lega, considerando come elementi di secondo
piano i “valori” che i due sposi portano alle famiglie acquisite. Perché oggi ci si sposa? Fondamentalmente
perché la famiglia è ancora sentita come un luogo sicuro della vita, un rifugio nel quale trovare solidarietà e
affetti. Certo, il matrimonio è anche un impegno di dedizione al partner e ai figli (eventuali) che verranno, ma
è qualcosa che offre anche sicuri vantaggi, di tipo sia economico sia sociale. Sommariamente, le principali
motivazioni che portano alla decisione di contrarre il matrimonio posso essere ridotte a quattro: si decide di
sposarsi perché così è dettato dalla propria fede religiosa che vede il matrimonio come un sacramento; oppure,
ci si sposa per assecondare i desideri e le aspettative proprie della famiglia d’origine con mentalità più “tradizionale”; per altri, invece, il matrimonio è motivo di celebrazione festosa da condividere con parenti e amici
più o meno stretti e spesso, tra questi, è abituale optare per il rito civile; infine, le coppie possono decidere di
sposarsi in vista della nascita più o meno programmata di un figlio; solitamente, la scelta di queste ultime è
dettata dal desiderio di assicurare maggiori garanzie (sia economiche sia emotive) ai figli e, presumibilmente,
a loro stesse.
Certamente si può affermare che sia la convivenza sia il matrimonio condividono gli stessi compiti di sviluppo all’interno della coppia. In ambedue i casi i partners si impegnano nel cercare di realizzare un equilibrio
tra la lealtà verso la famiglia d’origine e quella verso il compagno, nel tentativo di negoziare su vari aspetti
della vita quotidiana e nella costruzione e ri-costruzione continua della loro identità di coppia (Malagoli
Togliatti, Lubrano Lavadera, 2002; Tafà, 2007).
La qualità di un rapporto di coppia è dettata in gran parte dai comportamenti stessi dei membri che la costituiscono, dalle loro scelte di vita quotidiana.
Se la qualità del rapporto è buona (comprensiva di alti e bassi), se ci sono equilibrio e armonia la coppia
può riuscire a costruirsi e ri-costruirsi continuamente in modo sano, consapevole e soprattutto condiviso sia
all’interno di un matrimonio sia all’interno di una convivenza.
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Genitorialità a Tutto Campo
2. Famiglie: dalla coppia alle famiglie con neonati
Dott.ssa Claudia Intorcia, Dott.ssa Milli Caschili, Dott.ssa Monica Baronti - Azienda U.S.L. 6 di Livorno
1. Dott.ssa Milli Caschili (USL n°6 Livorno): attività svolte al consultorio, sostegno alla gravidanza e
corsi preparto, sostegno alla nascita, gruppo per donne immigrate.
2. Dott.ssa Claudia Intorcia (Centro Donna): da coppia a genitori nel mondo globalizzato, assetto mentale
dell’essere genitori.
3. Dott.ssa Monica Baronti (USL n°6 Livorno): il ritorno a casa dopo la nascita, esperienze diverse tra
famiglie livornesi e famiglie di immigrati, rapporto con la famiglia di origine e confini generazionali da
ricontrattare, rapporto con le suocere, con le nonne.
Le profonde trasformazioni economiche, politiche, culturali, i cambiamenti nella famiglia, nella scuola,
nel lavoro, sono aspetti del mondo globalizzato e tecnologico, in cui emerge una profonda crisi di valori e
certezze e dove l’individuo ha perso i principali punti di riferimento.
I comportamenti, i valori, gli atteggiamenti che per secoli hanno scandito il quotidiano di generazioni e
regolato i loro rapporti sociali, stanno cambiando, con il cambiamento delle condizioni di vita e del modo di
rappresentarsi le varie stagioni della vita e i rapporti tra le generazioni.
La prevedibile sequenza di studi, impiego, matrimonio e figli seguita dai giovani adulti in passato si sta
diversificando in una grande varietà di percorsi, che, almeno nella fantasia, sono più flessibili.
Inoltre il prolungarsi della scolarità, la mancanza di opportunità lavorative, le difficoltà abitative, sono tutti
fattori che hanno portato un cambiamento nelle modalità e nei tempi di uscita dalla famiglia.
L’abolizione dei riti di passaggio, in particolare del passaggio alla maturità, all’assunzione di responsabilità, crea un vuoto, che si riempie di paure, incertezza, insoddisfazione.
Oggi la società si presenta caratterizzata da un quadro di complessità, nel quale è difficile orientarsi e dare
significato a molti aspetti della vita dell’uomo.
Un tempo, la nascita dei figli era l’ovvia conseguenza del matrimonio e la scelta riguardava la coniugalità,
non la genitorialità. Ora, invece, le coppie vogliono decidere se, quando e come diventare genitori. La modificazione degli atteggiamenti si riflette nell’espressione “fare” piuttosto che “avere” un bambino.
La conoscenza e la diffusione delle pratiche contraccettive, l’aumento delle possibilità riproduttive nelle
coppie infertili, l’opportunità diffusa di test genetici e di screening prenatali hanno fatto sì che generare un
figlio possa essere non più un vincolo biologico, ma il frutto di una scelta individuale.
Il desiderio di essere genitore è stato spesso identificato con l’istinto materno/paterno e considerato, quindi, come una “qualità innata”, un dato psicobiologico di base, ma appare più completa la definizione di “sentimento materno/paterno”, poiché comprende anche l’ambivalenza propria dei sentimenti umani.
Anche dare alla luce un figlio suscita di per sé sentimenti ambivalenti, perché ambivalente è qualsiasi
relazione umana, e soprattutto quelle che presuppongono livelli di grande intimità.
La nascita di un figlio è un evento che rimanda al passato e proietta verso il futuro e che rappresenta un
momento di crisi, nel senso evolutivo del termine, e di passaggio. È un evento colmo di significati latenti, di
conflitti, di immaginari.
La scelta di fare un figlio non è libera da conflitti, e comporta una riorganizzazione del mondo interiore in
particolare della donna ma anche dell’uomo e la creazione di spazi mentali per accogliere il bambino.
Oggi l’evento della nascita è rivalutato, con maggiore attenzione alle componenti psicologiche coinvolte
in tale processo. I corsi di preparazione e accompagnamento al parto offrono un supporto, anche psicologico,
alla coppia, fin dall’inizio della gravidanza e hanno allargato i loro orizzonti al di là del semplice controllo
del dolore, perseguendo altre finalità, come quella di aumentare il senso di sicurezza e di autostima, di fornire
un’articolata informazione, non solo sulla gravidanza e sul parto, ma anche sulle implicazioni psicologiche di
queste esperienze, sull’evoluzione delle dinamiche di coppia e, infine, sulle “competenze” del bambino, cui
sono riconosciute precise capacità sensoriali e cognitive, fin da quando è nel ventre materno.
La scelta di fare un figlio può dipendere da una combinazione di motivi: il desiderio di affermare la vita
e di proiettarsi nel futuro con l’apertura ad un nuovo progetto, alla capacità creativa e generativa. Infatti un
figlio consente di andare oltre la propria condizione di caducità, di vincere la morte creando una nuova vita.
Il bisogno di affermare la vita, tuttavia, non deve sfociare nel desiderio narcisistico di una gravidanza per
colmare un vuoto, per alleviare stati depressivi o per sfuggire a problematiche personali, o ancora per tentare
di risolvere problematiche di coppia.
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A volte invece è proprio il bisogno di colmare una mancanza la motivazione principale che produce il
desiderio di fare un figlio. Ma può essere anche determinante il desiderio di costruire qualcosa di nuovo e,
contemporaneamente quello di decostruire un assetto già dato, per portare un cambiamento.
La scelta di fare un figlio è scesa nella scala delle priorità sociali e individuali, per paura delle possibili
conseguenze, tra cui la diminuzione del tenore di vita, la necessità di ridimensionare viaggi, vacanze, acquisto
di beni voluttuari, vita sociale, la paura di rinunciare al divertimento, ma anche l’incapacità di assumersi la
responsabilità di mettere al mondo un bambino.
Il figlio rappresenta un nuovo ambito di possibilità, ma comporta anche la rinuncia ad altri progetti di
vita.
Le rappresentazioni culturali della genitorialità non sempre coincidono con i reali vissuti delle madri e dei
padri.
Diventare genitori rappresenta una sorta di “convalida” dello stato di adulto, fornisce una conferma
dell’identità personale e attesta l’adeguatezza fisica e psicologica, così come i bambini sono percepiti come
fonte di gioie e gratificazioni. La nascita di un bambino è spesso rappresentata come un evento gioioso e
circondata da aspettative talvolta idilliache, mentre le madri e i padri riferiscono spesso come tale evento sia
accompagnato da esperienze stressanti, quali l’aumento del carico di lavoro e di responsabilità, la stanchezza
e la riduzione di sonno, la perdita della propria libertà, la mancanza di tempo da dedicare a se stessi, la necessità di essere sempre disponibili e attenti.
Questo può far riflettere su quanto complesso e articolato sia essere genitori, sia a livello concreto, per le
risorse necessarie che sono richieste, sia a livello emotivo, poiché tale passaggio da uomo/donna a genitore
comporta una importante riorganizzazione dell’identità personale.
Diventare madre e diventare padre comporta il mutamento delle rappresentazioni di Sé come persona,
moglie/marito, figlio/figlia, madre/padre.
In particolare, la perdita dell’identità di “figlio di” per assumere quella di “genitore di”, comporta nuove
aspettative, non più il prendere, il ricevere, ma il dare. E in questo stravolgimento del dare e dell’avere, in
questa riconsiderazione di sé, può succedere di incarnare il fantasma del proprio genitore per farsi a lui uguali
o per contrapporsi.
Diventare madri e padri significa anche ridefinire l’intesa organizzativa e affettiva con il partner e ricomprendere il legame con le proprie figure parentali.
In ogni fase, in ogni “punto di transizione”, non c’è una sola generazione che cambia, ma sono tre le generazioni che si trovano a dover cambiare insieme.
La nascita di un bambino è una vicenda che coinvolge a livello di fantasia tre generazioni.
La gestazione è infatti un accadimento del corpo, ma anche un tempo interno, accompagnato da dinamiche
psichiche. Durante la gravidanza si assiste ad un orientamento verso il mondo interiore e alla preparazione di
un posto fisico (la pancia della mamma) ma anche di un posto mentale. Tali dinamiche riguardano in primo
luogo la donna, ma sono fortemente condivise anche dal partner e dalla famiglia. Tutti infatti si preparano ad
accogliere il bambino, si creano delle aspettative, hanno dei timori.
3. Famiglie con bambini e bambine dalla genitorialità alla cogenitorialità
Dott.ssa Valentina Barsotti - Avv. Silvia Di Martino
3. 1 Cogenitorialità
Diario di bordo: “I bambini imparano quello che vivono”, Dorothy Law Nolte
La dottoressa Frangilli nella sua introduzione all’incontro ha invitato ad una riflessione riguardo alla consapevolezza come strumento per comprendere la dimensione di realtà della relazione genitoriale: questa riflessione è stata la nostra linea guida nella giornata dedicata alle famiglie, per definire circolarmente gli aspetti
che sinergicamente definiscono la dimensione cogenitoriale e le dinamiche familiari.
Ho deciso di rompere il ghiaccio con un video della National Child Protection Week, un’iniziativa annuale
della National Association for Prevention of Child Abuse and Neglect (NAPCAN) in Australia: “Children
see, children do” è l’oggetto dell’incontro della National Child Protection Week del 2008. La scelta è stata in
parte provocatoria, così da poter soffermare l’attenzione sul ruolo della responsabilità che hanno i genitori nei
confronti dei bambini e quindi sottolineare il potere che hanno gli adulti di essere esempi per i bambini e di
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influenzarli continuamente nella relazione e a ripensare come l’educazione avvenga giorno per giorno, azione
nell’azione e non rimane sospesa nella mera regola.
Il filmato, propone scene di vita quotidiana e mostra in maniera esasperata come l’azione del genitore – dal
gettare rifiuti per terra fino a quelle violente – diventi esempio per il figlio e da lui venga emulata. L’auspicio è
che, sulla scia di questa riflessione, l’influenza del genitore sul figlio, possa essere un’influenza positiva, così
come si vede nell’ultima scena.
Questo video è stato il primo passo di questo percorso di riflessione, affiancato dalla professionalità giuridica dell’avvocata Silvia Di Martino, con la quale sono state ripercorse le tappe della famiglia nella transizione dalla condizione diadica a quella triadica.
L’orientamento multidimensionale ha permesso di descrivere i vari passaggi attraverso i ruoli e le posizioni di ciascun interlocutore della famiglia.
Immaginare i vari componenti della famiglia come attori di questo sistema interattivo, immedesimandoci
in ciascuno di essi, rende più facile la comprensione delle dinamiche che si attivano nella relazione e quindi
ci permette di ripensare al legame in termini di interazione: a partire dalla coppia che acquisirà il nuovo stato
di genitore e assumerà il ruolo di caregivers, con essa la responsabilità e la consapevolezza, dei nonni e della
famiglia allargata, sino ad immergerci nella dimensione del bambino, che in un’ottica ribaltata non è soltanto
un figlio, ma un individuo reale che si inserisce con le proprie caratteristiche personologiche all’interno di un
contesto preesistente.
La Convenzione sui diritti dell’infanzia è stata la linea conduttrice che ha permesso di guardare alla condizione della famiglia come sistema e all’interno del sistema, con uno sguardo di tutela verso il bambino, “il cui
interesse, la protezione e le cure necessarie al suo benessere devono essere tenuti in primaria considerazione
in ogni circostanza” (art. 3): nero su bianco è stato espresso il diritto del minore alla salute, al benessere,
alla cura, alla libertà di espressione e di pensiero, all’istruzione, al gioco e alla protezione e tutela rispetto a
qualsiasi forma d’abuso.
Le nazioni firmatarie si impegnano a garantire alle madri adeguate cure prenatali e postnatali, a fare in
modo che i genitori e i minori ricevano informazioni ed un’educazione alla salute: nutrizione, igiene e salubrità dell’ambiente, prevenzione degli incidenti; così che beneficino di un aiuto che consenta loro di mettere
in pratica tali informazioni, anche in termini di prevenzione oltre che di sostegno alla pianificazione familiare.
Di nostro interesse è stato sottolineare come l’obiettivo comune sia la tutela dell’individuo e della famiglia e
il sostegno da parte della società, soprattutto nel caso in cui si presentino delle disabilità o patologie, e come
questo intervento di prevenzione possa declinarsi sotto forma di scaffolding all’agire genitoriale, metafora
dell’intervento di un esperto nello svolgimento di compiti complessi.
Questo incipit ha funzionato da contenitore ad una riflessione più ampia che vede l’individuo parte di
un macrosistema gerarchicamente strutturato e ci ha permesso di ripensare alla famiglia all’interno di un
sistema societario, intrisa in una rete sociale oltre che intergenerazionale, è racchiusa nel più piccolo sistema
familiare, scomponendo ancora di più, guardandolo nella sua dimensione triadica, frazionandolo nella diade
ed infine scrutandone la dimensione intrapersonale (il soggetto nella sua dimensione individuale), oltre che
quella interpersonale fin qui citata.
La struttura della matrioska ci permette di comprendere come la società abbia la funzione contenitiva e di
sostegno per l’individuo, esplicitando l’interattività tra il sistema più ampio e l’individuo stesso, quindi l’interazione tra questi sistemi.
Alla luce di questo sono state declinate le varie fasi della famiglia: dal momento dell’attesa del primo figlio, alla sua ristrutturazione in attesa del suo arrivo, l’accoglienza, la crescita e il sostegno. Abbiamo trattato
i vari passaggi di status, le emozioni legate a questi, le esperienze e quindi le possibili difficoltà, traducendoli
in nomi, definizioni, con l’aiuto di autori che hanno fatto la letteratura, richiamando concretamente la realtà
territoriale e quindi i servizi sociali e sanitari, pubblici, che proprio sul territorio livornese sono presenti.
Il nucleo primo dal quale si origina tutto il sistema è il legame, inteso come determinante della relazione,
dalla quale è a sua volta determinato. Abbracciando il paradigma relazionale che ci propone la Scabini, che
utilizza tre dimensioni chiave per indagare il livello relazionale: Valori, Legami e Temporalità, li riparafrasiamo e andiamo a declinare i vari aspetti che significano sia il legame in termini di coppia che di famiglia:
Il legame come funzione, pensandolo in termini di agiti, dinamiche, di interazione e relazione.
Citando McHale, direttore del Centro Studi sulla Famiglia presso l’Università di South Florida St.
Petersburg, abbiamo potuto riflettere su come la cogenitorialità sia “la capacità all’esercizio coordinato delle
relazioni genitoriali”, su come sia quindi un’abilità che si dispiega nell’azione quotidiana e richieda per tanto
un esercizio continuativo e sinergico tra i due genitori.
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Ardone, attualmente a capo del Laboratorio Clinico di Mediazione Familiare presso la Facoltà di Medicina
e Psicologia di Roma, in poche parole declina nella quotidianità quest’esercizio: “il costrutto di coparenting
rimanda all’alleanza supportiva tra i genitori, nella cura, nei compiti di allevamento e nell’educazione dei
figli”.
Cura, allevamento ed educazione, l’immagine del legame come funzione, come agire genitoriale, ci rimanda l’immagine del genitore come agente attivo della relazione. Il termine agire ci restituisce infatti significati
di movimento, dinamismo; dal greco “guidare, portare, allevare, osservare, assumere un incarico”, quindi
produrre un effetto.
Il legame come status e condizione generazionale, da ripensare in termini verticali delle genealogia, sia in
termini giuridici, di diritti e doveri reciproci, ma anche semplicemente in termini di relazione.
”Un rapporto di coparenting esiste quando almeno due individui hanno aspettativa di trovare un accordo
comune così da avere la responsabilità condivisa nell’ottica del benessere del bambino. Con questa definizione, il coparenting è una dimensione genitoriale sia nel matrimonio, che tra i genitori mai sposati, divorziati
o coppie, indipendentemente dall’orientamento sessuale, e indipendentemente dal fatto che il bambino sia
biologicamente legato ai suoi caregivers”.
Questa è la definizione che Van Egeren e Hawkins, due specialiste nel campo della cogenitorialità, hanno
prodotto e che esplica la dimensione cogenitoriale non necessariamente determinata dal legame biologico, in
quanto agire genitoriale condiviso e come il rapporto cogenitoriale non sia altro che un focus su un obiettivo
comune, un agire concreto e orientato al benessere del bambino che esula dalla relazione di altro tipo tra i
caregivers e mette in gioco le variabili quali l’unione della coppia, non necessariamente eterosessuale. Nella
separatezza, quindi nella separazione e nel divorzio.
L’esprimere la cogenitorialità in questi termini permette di comprendere la multidimensionalità della famiglia nelle sue particolari forme e ci permette di concretizzare la coparentalità come agire eterodiretto, “in
primis” nei confronti del bambino ma comunque rivolto verso l’altro inteso come interlocutore genitoriale.
In ultima battuta abbiamo guardato il legame in termini temporali: spogliandolo della sua veste assoluta e
scoprendolo dinamicamente in un “continuum” temporale.
Il legame nel passato, nella storia personale: l’origine, che si racconta attraverso gli eventi, le motivazioni
e i bisogni, nell’”hic et nunc”, il qui e ora, scattando un’istantanea delle risorse e delle vulnerabilità attuali
della famiglia, per poter comprendere a fondo le possibilità di intervento di prevenzione e sostegno, quindi
nel futuro, tenendo sempre presente come la dimensione futura della famiglia sia in gran parte prodotto del
presente.
Abbandonare la volontà di darne una definizione assoluta che priverebbe di dinamismo, ci ha permesso di
ripercorrere alla moviola le tappe evolutive più significative del percorso di strutturazione della famiglia.
Affidandoci alla linea del tempo, abbiamo cominciato il nostro percorso proprio dalla gravidanza.
3. 2 La gravidanza
Ci siamo detti che la storia di vita inizia ancora prima della gravidanza, spesso anche prima del concepimento e ci siamo soffermati a pensare alle circostanze in cui questo può accadere, poiché la motivazione con
cui prende vita la gravidanza determina in parte la storia di vita dell’individuo.
Può accadere che il concepimento scaturisca da un incontro occasionale, da una relazione di coppia appena
avviata, può accadere che la coppia sia ormai insieme da tempo, che la coppia abbia incontrato delle difficoltà
ad avere quel figlio o che la gravidanza non sia comunque attesa, alla base delle scelte che spingono a portare
avanti la gravidanza c’è una storia sociale, una tradizione, può esserci un credo religioso, ma anche più semplicemente una motivazione personale.
Riprendendo una riflessione fatta nel primo incontro di questo ciclo, riprendendo le parole del dottor
Pardini e di rimando quelle della dott.ssa Frangilli, si deve ripensare alla motivazione che alimenta la scelta di
portare avanti la gravidanza, fare un distinguo tra il bisogno di genitorialità e il desiderio di genitorialità.
“Si tratta ora di sapere se la genitorialità in qualche modo scaturisca dalla sessualità tramite l’incontro
di due persone, oppure ha radici più antiche.”
Il desiderio si distingue dal bisogno poiché il primo include l’affetto con cui ci si rivolge verso qualcosa
che non si possiede e che ci piace, mentre il secondo implica una necessità.
Questi aspetti sono tutte determinanti sia della futura relazione con il figlio e sia con l’altro genitore, ma
soprattutto della dimensione intrapersonale dell’individuo che si proietta in questa nuova esperienza evolutiva,
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che crea un’immagine di sé come genitore. Emozioni, rappresentazioni, sentimenti si attivano negli individui
e fanno da “humus” e sono già predittori della relazione.
Terremo di conto dei vari piani su cui va a posare le fondamenta la genitorialità: dal mero piano biologico
che impegna più la donna che l’uomo – si pensi alle trasformazioni fisiologiche e fisiche – a quello psicologico, che impegna tanto la madre quanto il padre, quanto più la dimensione interpersonale che coinvolge o
almeno dovrebbe i genitori in un’interazione di un confronto continuativo fatta anche dal reciproco riconoscimento nei nuovi ruoli.
Come dicevamo, la fusione non avviene solo su di un piano biologico, tra i gameti, ma abbraccia anche
il piano personale, legato quindi alla storia delle due famiglie d’origine, alla storia personale della famiglia
e delle famiglie (si pensi alle famiglie ricostituite), alle tradizioni, alla cultura e alla religione, a tutti quegli
aspetti che se pur secondari sono edificanti la persona oltre che la relazione.
Citando Poussin, che richiama i modelli di riferimento della genitorialità, si può dire che “si diventa genitore con l’immagine dei propri genitori”; da questo si evince come l’influenza storica dei modelli interni si
possa manifestare sia nella decisione di rifiutare il modello genitoriale, sia nella scelta di attenervisi in maniera pedissequa, sia nella spontaneità della generazione di un nuovo agire genitoriale.
Il modello della famiglia d’origine riporta nella relazione le vecchie relazioni, riaffiorano dinamiche e
emozioni che spesso i genitori pensano essere ormai seppellite o superate.
Per questo la rappresentazione intrapersonale dell’essere genitore è alimentata sia dalla storia che dalla
tradizione familiare, quanto dal desiderio, dall’ambizione e dall’immaginazione soggettiva.
Tutte queste componenti della relazione andranno a confrontarsi con il bambino reale e con la quotidianità
genitoriale e pertanto dovranno ridimensionarsi, essere (ri)comprese, rielaborate, in funzione di una relazione
sufficientemente sana.
Il bambino deve essere pensato quindi come frutto di matrici biologiche, relazionali e socioculturali che
vanno a fondersi, per cui il bambino è già nei genitori e tra i genitori.
Pensieri, rappresentazioni, emozioni che scaturiscono nella gravidanza accompagnano il genitore, sin dai
primi momenti, siano esse positive – come gioia e felicità, che negative – come rifiuto, tristezza, ed è bene che
i genitori abbiano in mente che la compresenza di entrambi è più naturale di quello che si possa pensare.
Come del resto l’acquisizione dello “stuatus” co-genitoriale inizia subito dai primi giorni della gravidanza, con le prime visite, le prime ecografie, con la presenza di entrambi i genitori. Determinata sia dalla volontà
a parteciparvi da parte del padre, sia dalla disponibilità e dall’apertura e all’accoglienza del padre da parte
della madre; inizia qui il riconoscimento del reciproco nella coppia genitoriale oltre che da parte del contesto
sociale e dal più stretto contesto familiare.
I due genitori iniziano a riconoscersi nel “noi” genitoriale, che porta con sé l’accoglienza, il riconoscimento, la reciprocità, oltre che quelli che Ardone e Chiarolanza definiscono i “building blocks”, sentimenti
dinamicamente centrali per la vita affettiva, quali intimità, apertura di sé, fiducia, empatia, sicurezza, sostegno, impegno, “mattoni su cui poggia la relazione”, costitutive della relazione diadica e necessari anche nella
relazione genitoriale, che ha come focus il benessere del figlio.
È fondamentale che già nei primi mesi di gravidanza avvenga la ridefinizione dei ruoli secondo cui la coppia diventa coppia di genitori e i genitori della coppie a loro volta diventano nonni; le relazioni si rimodellano
in funzione della persona che sta per arrivare e non soltanto sulla carta, questo passaggio evolutivo deve avvenire anche in termini psichici di responsabilità, di distanziamento e individuazione affinché la ristrutturazione
sia definita e non permetta ambiguità tra le parti.
La generatività, utilizzando un termine Eriksoniano, è ”il core della famiglia: essa lega indissolubilmente
insieme due generi che non potranno più “uscire” dalla relazione parentale (non si può diventare ex genitori
o ex nonni) e attraverso di loro lega le famiglie d’origine producendo una differenza di generazione”.
Questo aspetto genealogico ci permette a sua volta di comprendere come il legame generativo sia da comprendersi nella duplice valenza del generare ed essere generati.
L’esercizio genitoriale è in parte prodotto di un superamento naturale delle tappe evolutive, sempre più
spesso si vede come la struttura nucleare della famiglia abbia portato ad una sorta di isolamento della triade, e
che sempre di più sia importante agire forme di prevenzione e/o sostegno della famiglia. Il territorio livornese
vanta la collaborazione dei servizi del Comune, con progetti quali “Genitori in attesa”, “Musica in fasce”
“Memorabilia. Passato e presente”, “Emozioni e distanze, Emozioni e parole” e “Perché non mi ascolta?”
e quelli dell’Asl 6, “Corsi di accompagnamento alla nascita”, Il “Post-partum”, i “Punti mamma” e l’esperienza dell’Home visiting, tutti servizi orientati a rispondere ai bisogni delle famiglie, promuovendo degli
interventi mirati sia di prevenzione che di intervento e sostegno nel corso di vita della famiglia.
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La criticità nell’evoluzione della relazione di coppia, sia durante la gravidanza che nel corso di vita della
coppia e della famiglia è una possibilità da non escludere, data la sempre maggiore percentuale di separazioni
e divorzi, oltre che di famiglie ricostituite. Pertanto l’Azienda Sanitaria Locale propone dei servizi di prevenzione secondaria quali lo Spazio Famiglie e la Mediazione Familiare, spazi all’interno dei quali gli utenti
possono trovare una via alternativa di risoluzione di momenti critici. Nel caso più specifico della Mediazione
Familiare, in cui un terzo neutrale, il mediatore ha il ruolo di sostenere la coppia orientandola alla gestione
del conflitto, con lo scopo di riaprire canali comunicativi per trovare accordi riguardo i figli, una volta che la
coppia coniugale si è sciolta e che il legame genitoriale deve essere ridefinito per la tutela dei figli.
La comprensione di questo duplice piano è necessaria per tenere sempre presente – come nella citazione
di Scabini – che la relazione genitoriale è un vincolo inscindibile dalla nascita del figlio, come per la coppia,
così la relazione parentale per le famiglie d’origine, anche quando la relazione di coppia viene meno.
3. 3 La nascita: il neonato
Il sistema dei servizi locali, Asl e Comune, può essere un significativo sostegno per la famiglia durante la
gravidanza, così come i primi mesi di vita, dove avviene in passaggio alla concretezza e dalla famiglia immaginata, si passa alla famiglia reale.
All’Io dei singoli genitori, si accoda quello del bambino, con le sue emozioni e primitive sensazioni.
Il neonato si inserisce nel contesto del Noi con le sue modalità e le sue caratteristiche.
Il temperamento è stato a lungo studiato nei bambini per comprendere la matrice biologica e distinguerla
dall’influenza sociale, a tal proposito Bates lo definisce “nelle differenze individuali a base biologica rilevabili nel comportamento che compaiono molto precocemente e sono relativamente stabili nel corso del tempo
e in situazioni (sociali) diverse.” Questo ci lascia già pensare al bambino come una persona con delle proprie
caratteristiche.
Thomas e Chess, due luminari, hanno definito il temperamento attraverso dei paramenti come la soglia di
responsività agli stimoli lievi, l’intensità come livello di energia delle reazioni, umore positivo o negativo, il
grado e durata dell’attenzione e della distraibilità; è evidente come tutti questi aspetti influenzino e determino
la relazione del soggetto con i caregivers, con i genitori e con l’ambiente sociale più esteso.
Si pensi alle abitudini alimentari, al ciclo sonno-veglia, all’intensità dell’attività motoria, alla capacità
attentive e come tutto questo vada a influenzare la relazione col genitore, che ha ritmi diversi e impegni lavorativi. Con la nascita, la coppia genitoriale si imbatte con il bambino reale che si confronta/scontra immancabilmente con l’immagine del bambino fantasticato.
La concretizzazione fisica del figlio, i suoi bisogni, l’interazione, rendono a tutti gli effetti il bambino l’attore terzo di questa rappresentazione familiare. Questa nuova identità scatena delle emozioni, delle riflessioni,
sensazioni, non soltanto positive nei genitori, che devono imparare ad interagire con il bambino e accomodarsi nel loro “abitus” genitoriale.
Il bambino di per sé si immerge in questo nuovo contesto, fatto di volti, di suoni e parole, odori, sapori e
ha inizio il suo viaggio di esplorazione, che avviene nei primi mesi, per lo più, per mano dei genitori o di chi
si prende cura di lui, allo stesso tempo i genitori si esperiscono come guide.
Come sosteneva Guy De Maupassant “i padri amano solo più tardi”.
I padri al di là del sostegno dato alla madre durante la gravidanza, della presenza fisica, della cura e dei
piccoli contatti tramite il movimento intrauterino percepito con le mani attraverso la pancia, soltanto con la
nascita potranno godere della relazione diretta e fisica col figlio.
Nei giochi di specchi, nel riconoscersi nei tratti del volto o fisionomie del corpo, attribuire somiglianze e
immaginare su quello che sarà, i genitori entrano in profondo contatto con questa nuova persona e con l’Altro
genitoriale, il partner. Nel riconoscere e riconoscersi, ma ancora di più nella cura e nella presa in carico effettiva del figlio, prende vita la relazione affettiva: tramite la coccola, la carezza, la vicinanza e il contatto visivo,
nelle più piccole azioni quotidiane.
L’allattamento, così come l’alimentazione successivamente, possono essere punti critici per la relazione
con il bambino, per i genitori e soprattutto per la madre (quando ha difficoltà ad allattare, quando con difficoltà riesce a interrompere), per questo la cooperazione nella coppia, il sostegno reciproco e la collaborazione
sono agiti cogenitoriali necessari affinché il benessere del bambino possa essere anche quello dei genitori.
Il termine “nostro figlio” fa parte del linguaggio cogenitoriale che viene promosso all’interno dei servizi,
comprendere profondamente che il figlio è parte della coppia e pertanto nella coppia si condivide emotivamente, rende ancora più compatto il sistema familiare.
Bornstein declina l’agire genitoriale in quattro punti focali: “l’allevamento del bambino”, facendo
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riferimento alle cure mediche, alla cura del corpo, all’attenzione ai cicli sonno-veglia, all’alimentazione e
all’attività, “la cura affettiva” che si esplica nella coccola, nel gioco, nell’attenzione, nello scambio affettivo
fatto di sguardi e di attenzioni, “gli insegnamenti” in campo cognitivo, l’educazione al “problem-solving,
decision making”, alla praticità, così all’aspetto normativo, alla regola e il rispetto di essa, ed infine le cure
materiali, non meno importanti, determinate dall’ambiente che viene offerto al figlio, dagli strumenti, ai giochi, alle esperienze esplorative, al mantenimento economico.
La collaborazione da parte di entrambi i genitori rende più leggero e armonioso il rapporto con il figlio,
rende maggiore respiro ai singoli e la condivisione di responsabilità rinnova e fortifica il patto genitoriale.
Una delle risorse fondamentali è saper negoziare nella differenza, saper gestire il conflitto, sapersi sostenere nella divergenza, così da poter offrire al figlio in valore aggiuntivo dato dalle diversità tra i due genitori.
3. 4 I primi anni di vita
I primi anni di vita del bambino, lo vedranno aderire ad un nuovo contesto sociale, che non è più soltanto quello familiare ma anche quello della scuola, in un certo senso il primo contesto di vita privata del
bambino.
Contesti diversi iniziano a intersecarsi e dalla diversità nasce il confronto.
Il bambino, così come la famiglia, si interfaccerà con realtà diverse dalla sua: altri bambini e altre tipologie
di famiglie e si inizierà a porre le prime domande che rivolgerà ai genitori.
L’inserimento al Nido o alla Scuola Materna sono entrambi dei passaggi significativi per la famiglia, tanto
per il bambino quanto per i genitori: il primo distacco reale, fisico, che avviene per tempi lunghi. La modalità
con cui si affronta questo cambiamento porta con sé aspetti fondanti la relazione genitoriale, come il legame di
attaccamento e rispetto a questo -nel caso in cui sia un passaggio critico per la famiglia- il sistema scolastico
potrà fare da cuscinetto alla prima vera separazione tra madre e bambino.
Come in un telaio, i legami che si vanno a creare si intersecano tra loro e diventano costitutivi della rete
sociale che gradualmente si amplifica e che può sostenere la famiglia, proprio come una rete di sicurezza.
Dal primo anno di vita in poi il bambino acquisisce abilità di linguaggio, motorie e rispetto alle regole
sociali, tutte abilità che hanno sì un fondamento biologico, ma che in gran parte sono determinate anche nella
relazione con l’adulto di riferimento.
Il bambino inizia ad esplorare il mondo, attraverso la sensorialità ma anche attraverso il canale sociale,
l’interazione è il mezzo, la crescita è il fine. In questi primi anni il supporto della famiglia è fondamentale
alla strutturazione della personalità. I “co-genitori” dovranno imparare a rendere presente l’altro nella sua
assenza, dovranno confrontarsi con la divisione del lavoro, con la gestione del conflitto, tra di loro e con il
bambino. Si confronteranno con la gestione del tempo, per loro come coppia, perché non sono solo genitori,
ma compagni, marito e moglie, amanti e individui, dovranno confrontarsi con la frustrazione, con la gestione
del letto matrimoniale -che spesso diventa un letto a tre o più-, con le prime regole da dare, i primi “no”, le
prime infrazioni alle regole. Dovranno imparare ad essere genitori, senza scordare di essere una coppia, senza
scordare di essere delle persone con bisogni ed interessi.
Il trascorrere del tempo insieme, avere dei momenti di gioco condiviso, aprirsi alla frequentazione di altre
famiglie, instaurare delle amicizie, mantenere contatti con i servizi, avere il sostegno di un buon pediatra, essere inseriti per il tempo del nido e della materna all’interno del contesto scolastico, partecipare ad attività che
creino spazi per la relazionalità sono tutti piccoli mattoni che vanno a rinforzare costruttivamente la struttura
famigliare e le proprie dinamiche.
Il territorio labronico, oltre ai servizi prima citati, offre servizi come le ludoteche, spazi aperti e chiusi a cui
poter accedere facilmente e trovare un contesto di gioco protetto per i figli e dove si avviano inolte laboratori
aperti ai genitori che possono condividere l’attività con i figli e confrontarsi con altri genitori, in presenza di
educatori.
Quest’agire genitoriale deve essere perpetrato anche nella separatezza della coppia maritale, affinché al
bambino possa comunque essere restituita un’immagine solida della propria identità e beneficiare delle proprie risorse familiari.
Il nostro incontro al Centro Donna si è concluso con la poesia che ha dato il titolo a questa riflessione, che
ambisce a guardare con ottimismo alla (co)genitorialità e che con poche parole la declina nel comportamento
e nelle dinamiche quotidiane.
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Genitorialità a Tutto Campo
Perché: “I bambini imparano ciò che vivono”.
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Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare
Se i bambini vivono con l’ostilità, imparano a combattere
Se i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensivi
Se i bambini vivono con la pietà, imparano a commiserarsi
Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi
Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidia
Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli
Se i bambini vivono con l’incoraggiamento, imparano a essere sicuri di sé
Se i bambini vivono con la tolleranza, imparano a essere pazienti
Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare
Se i bambini vivono con l’accettazione, imparano ad amare
Se i bambini vivono con l’approvazione, imparano a piacersi
Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano che è bene avere un obiettivo
Se i bambini vivono con la condivisione, imparano a essere generosi
Se i bambini vivono con l’onestà, imparano a essere sinceri
Se i bambini vivono con la correttezza, imparano cos’è la giustizia
Se i bambini vivono con la gentilezza e la considerazione, imparano il rispetto
Se i bambini vivono con la sicurezza, imparano ad avere fiducia in se stessi e nel prossimo
Se i bambini vivono con la benevolenza, imparano che il mondo è un bel posto in cui vivere.
Dorothy Law Nolte1
4. Famiglie con pre-adolescenti e adolescenti - Adolescenza di figlie e figli
Dott. Mauro Pardini - CIAF Centro Infanzia Adolescenza e Famiglie, Avv. Rita Baldi
L’adolescenza, in termini di tempo, è quel periodo tra l’infanzia e l’età adulta, in cui ci sono rapide trasformazioni biologiche, combinate a nuove richieste e aspettative, un’altalena tra un umore e l’altro con i
turbamenti emotivi che l’accompagnano.
È il periodo in cui il fanciullo e la fanciulla stanno imparando a rinunciare alla dipendenza dagli adulti tipica dell’infanzia per avviarsi all’indipendenza e alle responsabilità della vita adulta. Si cresce di fronte a nuove
dinamiche, situazioni, sfide e a nuove prove e si sente che ci si sta avvicinando a un momento importante della
vita. Per quasi tutti, ragazzi e ragazze, significa soprattutto dimostrare che non si è più “piccoli”. Ma, man
mano che cresciamo e ci distacchiamo dalle nostre “radici” possiamo scoprire che le nostre aspirazioni sono
in conflitto con le aspettative dei nostri genitori.
5. Significato sociale della famiglia “lunga” e del “nido vuoto”
Dott. Jacopo Piampiani - Avv. Silvia Di Martino
Prima di iniziare il mio intervento, desidero innanzitutto ringraziare Maria Giovanna Papucci, presidente
dell’Associazione Ippogrifo e responsabile del Centro Donna del Comune di Livorno per avermi dato l’opportunità di collaborare alla progettazione e al coordinamento degli incontri riguardanti il Ciclo Vitale della
Famiglia Normale, lavorando insieme con la psicopedagogista Serenella Frangilli, professionista affermata e
stimata nel nostro territorio e oltre. Grazie a entrambe, per avermi accompagnato in questo mio percorso di
crescita professionale.
1. Harris R., Nolte Law D., I bambini imparano quello che vivono, Rizzoli 2008
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Genitorialità a Tutto Campo
L’idea del Ciclo Vitale nasce da una serie di favorevoli situazioni che ci hanno condotto a interrogarci sul significato e sulla forma della famiglia, oggi, soprattutto alla luce dei notevoli cambiamenti sociodemografici-economici.
Quando parlo di “favorevoli situazioni”, faccio riferimento al fatto che Ippogrifo recentemente ha aperto
un asilo, “Il Nido delle Meraviglie”, questo evento ha generato grande fermento all’interno dell’agenzia coinvolgendo tutti noi che collaboriamo.
Quindi, tra un caffè e un piano operativo, abbiamo iniziato a interrogarci, come dicevo prima, sull’impatto
che i complessi cambiamenti in atto hanno avuto sulla struttura della famiglia.
Ci siamo trovati concordi sulla necessita di approfondire su due livelli. Il primo livello è quello dell’elaborazione di un sondaggio, che si prefigga di indagare e delineare le nuove figure genitoriali. Questa ricerca è
in corso di svolgimento e appena ultimata ne diffonderemo i risultati.
L’altro livello è stato quello di organizzare un percorso seminariale, svolto presso il Centro Donna del
Comune di Livorno, che ha posto al centro il tema la famiglia, vista attraverso due chiavi di lettura, una psicologica e l’altra legale. A questo percorso hanno attivamente partecipato le psicologhe e le avvocate che in
forma volontaria operano al Centro Donna.
Secondo me è opportuno mentalizzare la famiglia come un organismo vivente che si adatta e si modifica
in funzione dell’ambiente in cui si colloca.
Esiste un’interazione complessa, tra comportamenti sociodemografici e forme familiari, che viene ad assumere una dinamica circolare; infatti i cambiamenti di questi ultimi decenni si ripercuotono sull’idea stessa
della famiglia e ne sono nello stesso tempo l’esito.
Il nucleo familiare di base è la coppia, unità fondamentale di una costruzione, per cui i nostri incontri sono
partiti dalla coppia, intesa come “concepimento della famiglia”.
Se consideriamo la famiglia, attraverso la successione delle fasi del ciclo di vita, come un organismo che
nasce, cresce e infine muore (in corrispondenza di tappe quali matrimonio, nascita dei figli e loro crescita, fino
all’età anziana dei genitori), possiamo subito osservare che si tratta di una sequenza immutabile ed eternamente ripetibile, la quale però ha subito negli ultimi decenni una notevole modificazione per quanto riguarda la
durata delle rispettive fasi. La fase che attualmente risulta essersi dilatata ampiamente nella sua durata è quella
di cui parlerò in questo mio intervento, quella della famiglia con figli giovani-adulti, da cui la sua accezione
di famiglia “lunga”.
I giovani sono un soggetto collettivo da tempo conosciuto e studiato, tuttavia minore attenzione è stata
posta all’analisi delle relazioni che li legano alle generazioni.
Dunque, diviene centrale la situazione di una giovane o di un giovane non ancora impegnato tra due
famiglie, quella d’origine e quella di elezione, mettendo in risalto il processo di separazione che il giovane è chiamato a compiere prima di instaurare un nuovo legame familiare. Un processo di differenziazione
che viene a svolgersi in una situazione di distacco anche fisico dalla famiglia d’origine. Stiamo parlando di
un giovane comunemente identificato come “bamboccione” (termine sdoganato dall’economista Tommaso
Padoa-Schioppa).
Vi è una seconda prospettiva, sintetizzabile con l’espressione “famiglia trampolino di lancio (launching
children)” in cui è la famiglia tutta a collaborare al “lancio” del giovane, rispondendo come gruppo ai compiti di sviluppo che l’uscita di casa dell’ultima generazione comporta.
Il lancio evoca l’idea di un passaggio rapido da una condizione a un’altra; al contrario, assistiamo a una
decelerazione del cammino della famiglia proprio in questa fase. Il “lancio è al rallentatore”, il salto oggi si
è trasformato in una transizione prolungata.
Questo ha indotto a definire la famiglia, in questo momento del suo ciclo, come la famiglia “lunga” del
giovane-adulto, o della giovane-adulta (Scabini e Donati, 1989).
Modello di transizione affermato soprattutto nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, Italia, Spagna
e Grecia, anche se si sta diffondendo anche in altre parti del mondo. In America è stato mutuato il termine
“bamboccions” dall’italiano per identificare il medesimo fenomeno.
Il termine giovane-adulto, è un ossimoro, un’espressione che contiene aspetti discordanti. Ciò che viene
accostato è una duplicità di condizioni di vita: quella dell’adolescente/giovane, di un essere in fase di crescita
che non ha ancora raggiunto il suo stato definitivo, e quella di adulto, di colui che è già stato nutrito e ha raggiunto il suo sviluppo completo.
Non si tratta di un’estensione dell’adolescenza né della prima fase dell’età adulta, quanto di un tempo della
vita che ha la sua specificità nell’essere un ponte, un passaggio, tra due condizioni.
Il passaggio all’età adulta, nella società odierna, ha subito una tale decelerazione temporale da configurarsi
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Genitorialità a Tutto Campo
come uno stadio. Oggi siamo in una situazione diversa rispetto ad un recente passato, nel quale la transizione
era segnata da alcuni indicatori precisi (termine degli studi, inserimento nel mondo del lavoro e formazione di
una famiglia) che apparivano in successione e secondo uno scadenzario sociale ben definito.
Oggi questi marcatori perdono il loro carattere a fronte di un percorso di vita più improntato alla possibilità di ripensamento delle scelte a livello personale e professionale, il passaggio allo stato adulto si sta
frammentando.
La situazione in cui si viene a trovare il giovane-adulto tende a trasformarsi da periodo di passaggio/transizione ad una condizione dotata di una sua stabilità
Le cause sono molteplici, solo per citarne alcune:
1. dilatazione dell’iter formativo del giovane-adulto, della giovane-adulta;
2. precarietà professionale ed economica;
3. difficoltà di reperire alloggi a condizioni accessibili;
4. insufficiente mobilità del mercato del lavoro;
5. politica del lavoro che non garantisce pari opportunità a svantaggio delle generazioni più giovani;
6. compresenza di due generazioni adulte caratterizzate da scarsa conflittualità e ampi margini di libertà;
7. i giovani-adulti, le giovani-adulte possono avventurarsi ad esplorare il mondo senza dover rendere
conto più di tanto;
8. i genitori sono sollevati dalle responsabilità educative rispetto al passato.
L’ “uscita dalla casa parentale”, si configura come l’evento-obiettivo che domina questa fase, segno del
passaggio allo status adulto/adulta, che ha assunto la caratteristica di un evento lontano, allontanato.
Vi è un particolare incastro di bisogni che dà ambigua stabilità a questa fase sia per il giovane-adulto che
per la famiglia lunga.
Lo slogan per definire tale incastro potrebbe essere rappresentato dal titolo della canzone di Rod Stewart:
“Forever young”.
La condizione del giovane-adulto/adulta si costruisce dentro le mura domestiche, in una zona franca di
autonomia e di privato a partire dalla quale fare esperienza controllata del mondo adulto. È l’attività lavorativa
la principale preoccupazione per il giovane, per la giovane; mettere su famiglia non è un obiettivo previsto
nel breve periodo, ci si vuole garantire un’ulteriore margine e spazio di prova, un tempo di preparazione e
addestramento all’impegno definitivo.
Forever young, sogno che seduce anche i genitori, che oltre che apprezzare l’aspetto di tregua relazionale
che connota questa fase, si trovano a goderne di riflesso gli effetti illudendosi, a loro volta, di poter essere
“eternamente genitori di un giovane”.
I genitori si identificano con i loro figli poiché questi godono di una condizione di vita che essi non hanno
potuto avere pur desiderandola. Inoltre i genitori comportandosi secondo modalità di dialogo comprensivo,
realizzano un ideale di relazione genitori-figli che era loro precluso quando erano figli.
Essi sono i loro figli giovani-adulti (il loro desiderio) e contemporaneamente sono i genitori che avrebbero
voluto avere e che non hanno potuto avere (il loro bisogno).
Ciò che viene soddisfatto, è il proprio ideale circa il rapporto genitori-figli.
Chi avverte il pericolo della stagnazione è il giovane-adulto, che percepisce nei genitori bisogni insistenti
di protezione eccessive attenzioni nel prevedere e tamponare possibili rischi. Viene così meno la spinta che
dà la mancanza all’uscita di casa.
Il compito di sviluppo familiare è e rimane quello che i figli raggiungano la piena responsabilità adulta e
che vengano autorizzati e spinti verso questo obiettivo dai genitori.
Interesse suscita l’influenza delle differenze di genere sulle modalità di compimento della transizione
all’età adulta.
I giovani sembrano percepire maggiore attenzione, accoglienza e facilità di comunicazione con le madri,
e appaiono desiderosi di instaurare un rapporto analogo con i padri. I padri adottano uno stile di relazione
maggiormente paritetico, “da uomo a uomo”, rispetto alle madri più propense a rispondere ad esigenze di
ordine strumentale. Dalle ricerche emerge che i figli, percepiscono il rapporto con i padri come caratterizzato
da emozioni positive rispetto a quello con le madri, che si connota per una frequenza più elevata di comportamenti positivi messi in atto da queste verso i figli.
Le giovani appaiono invece più “sensibili” rispetto ai giovani, indicando con frequenza più elevata e in
riferimento a entrambi i genitori, la presenza di emozioni, inoltre si evidenzia un rapporto più soddisfacente
con il padre da parte delle figlie femmine.
Le relazioni padri-figli risultano maggiormente complesse rispetto a quelle degli stessi padri con le figlie
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Genitorialità a Tutto Campo
femmine, il rapporto che viene ad instaurarsi tra padre e figlia è più affettuoso e stabile rispetto a quello col
figlio maschio.
Le mutate condizioni socioculturali collocano le giovani-adulte all’incrocio tra due concezioni difficilmente conciliabili. Da un lato abbiamo la collocazione “tradizionale” della donna, intesa come moglie e madre,
centrata al’interno della famiglia: dall’altro emerge in maniera sempre più decisa la figura di donna impegnata
nel mondo del lavoro, disposta a rinunciare o, come più spesso accade, a ridurre i propri impegni familiari e il
numero dei figli. Sempre più frequentemente appare una figura di donna lavoratrice con figli piccoli, figlia, a
sua volta, di donne che lavorano o hanno lavorato. Analogamente a quanto già accade tra padri e figli, anche
il rapporto madre-figlia andrà incontro a un processo che andrà sempre più complicandosi, accompagnato da
maggiori conflitti e possibilità di allontanamento.
Quanto detto fin’ora, altro non è che il preludio a quello che viene comunemente conosciuto e definito
l’ “esperienza del nido vuoto”. La fase del “nido vuoto” consiste nell’evento critico dell’uscita dei figli da
casa.
Tra i vari cambiamenti che hanno toccato la struttura della famiglia in questi anni, la progressiva contrazione del numero di figli e la tendenza delle generazioni più giovani a posticipare l’esperienza della paternità/
maternità, con tutte le ambivalenze precedentemente analizzate, fa dell’esperienza del nido vuoto, un evento
differente rispetto a quello che poteva essere nel passato.
Nelle famiglie numerose l’uscita di un figlio di casa avveniva all’interno di una struttura familiare che
consentiva e favoriva un equilibrio tra ingressi e uscite dei componenti della famiglia. L’uscita di un figlio
trovava una sorta di compensazione nella presenza di altri figli nel nucleo d’origine; quando anche l’ultimo
figlio, o figlia, usciva di casa, la probabile presenza di una nuova generazione, con la nascita dei nipoti, rendeva evidenti l’interconnessione e la continuità generativa all’interno della famiglia.
La fase di “nido vuoto” era spostata nel tempo, finendo per coincidere con l’ingresso nella vecchiaia.
La separazione tra le generazioni avveniva in un contesto che contribuiva a rendere psicologicamente
meno faticosa e più graduale questa transizione sia per i genitori sia per i figli.
Vi era “nido vuoto”, nel senso che i figli erano tutti usciti di casa, ma non vi era un vuoto generativo, cioè
la mancanza di una terza generazione.
Oggi, l’uscita di casa si inserisce in una situazione di vuoto generativo che la rende più drammatica e fa sì
che risulti più faticosa la gestione dei compiti evolutivi sia per i genitori che per i figli. Sta cambiando il rapporto figura-sfondo, nel senso che è lo sfondo ora ad apparire più spoglio, più incerto, poiché vengono meno
le presenze (i figli ancora in casa) e le speranze (i figli della nuova generazione) in grado di dare continuità,
di rinnovare e di riconnettere i legami tra le generazioni. Inoltre l’uscita di casa può coincidere con il periodo
del pensionamento o della menopausa-andropausa dei genitori, fasi della vita di per sé «problematiche» e non
facili da gestire.
Ai membri della coppia di mezza età sono richiesti una rinegoziazione e un reinvestimento nella relazione
di coppia, fondamentali per superare i possibili esiti depressivi che i genitori sperimentano all’uscita di casa
dei figli.
Il legame matrimoniale, può evolversi nella direzione di una maggiore intimità e compagnia reciproca.
Una differenza riscontrata tra donne e uomini nell’affrontare questo evento, si ha in termini di vissuto e in
capacità di coping. Se affrontato in modo positivo, questo periodo viene vissuto come periodo di maggiore libertà; per l’uomo, libertà da responsabilità finanziarie; per la donna maggiore libertà dagli impegni casalinghi,
con maggiore possibilità di occuparsi di sé, avere più tempo per una relazione coniugale più distesa. In quanto
genitori sarà richiesto di rinegoziare il rapporto con i figli, aprendo il proprio campo relazionale coniugale per
includere nuore e generi.
Il compito relazionale della generazione dei figli e figlie è quello di ridefinire le relazioni con la famiglia
estesa mediante l’inclusione del coniuge e della relazione coniugale. Quando i figli sono sposati prevale una
dinamica di allontanamento tra le due generazioni, e di marcatura dei confini da parte della giovane coppia,
funzionale al consolidamento dell’identità di coppia della nuova generazione. Quando tale identità si è affermata, nelle fasi successive si assiste in genere ad un riavvicinamento tra le generazioni che può far evolvere
il legame familiare all’insegna di una maggiore e consapevole interdipendenza.
L’interdipendenza è l’obbiettivo comune in cui tutti sono chiamati a raggiungere in questa fase. Il ricongiungimento del figlio/figlia alla famiglia d’origine secondo modalità corrispondenti allo status adulto, può
contribuire a far sviluppare nei genitori quel senso di interezza e di continuità che l’uscita di casa dei figli
mette alla prova.
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Genitorialità a Tutto Campo
6. Famiglie separate, divorziate, ricostituite
Dott.ssa Dunja Di Biagio - Avv. Francesca Salvadorini.
6. 1 Famiglie separate divorziate ricostituite
L’ultimo secolo, il secolo breve, è stato caratterizzato da veloci e profonde modificazioni socioeconomiche
e culturali in tutto il mondo. Nello specifico anche nel nostro paese negli ultimi 60 anni sono avvenuti cambiamenti importanti, abbiamo infatti assistito al passaggio dalla predominanza dell’agricoltura a quella dell’industria con relativo aumento del reddito, abbiamo partecipato all’acculturazione di massa ed al conseguente
aumento dell’occupazione femminile, ed infine abbiamo visto la predominanza del terziario con l’esplosione
delle tecnologie della comunicazione e la conseguente globalizzazione.
Tale modificazioni hanno trasformato usi e costumi della società portando a trasformazioni importanti
anche all’interno della struttura della famiglia, modificazioni non solo strutturali ma anche organizzative, che
hanno influito sulla famiglia nel suo essere luogo di scambio tra le generazioni.
Ad oggi vediamo come le famiglie si costituiscono e si disgregano in tempi sempre più ristretti e da operatori rileviamo come sempre più spesso a richiedere un aiuto psicologico sono “coppie ricostituite” che
portano in dote figli nati da relazioni precedenti.
Le attuali costellazioni familiari ricomposte sono quindi una metafora delle società multietniche nelle
quali viviamo e presentano le stesse difficoltà di integrare le differenze culturali e le appartenenze multiple
(Vetere, 2010).
6. 2 Trasformazioni nel tempo della coppia e della famiglia
La trasformazione della famiglia a cui abbiamo assistito nel corso del tempo è andata di pari passo con la
trasformazione dell’idea di coppia, sua cellula fondante..
Nel corso del tempo, infatti, si è passati dall’idea di coppia all’interno della “famiglia patriarcale” in cui
matrimonio e sentimento amoroso spesso non coincidevano e non erano alla base di una relazione di coppia,
all’idea di coppia nella famiglia moderna dove invece diventa fondamentale la scelta del partner e il sentimento che ad esso vi lega.
Nella coppia all’interno della famiglia patriarcale i partner rimanevano figli a vita e i confini tra la coppia
e la famiglia di origine erano di difficile disegno.
Al contrario, nella “famiglia moderna”, grazie anche alla trasformazioni sociali e alla migrazione verso le
città, la famiglia estesa lascia il posto a quella nucleare.
In questo tipo di famiglia, ci si sposa per scelta, matrimonio e sentimento amoroso coincidono, anzi il
matrimonio diventa il coronamento dell’amore. Come nella famiglia patriarcale, nella famiglia moderna differenze di genere e di generazione sono ancora i pilastri fondanti, ma all’interno della coppia, e quindi della
famiglia, si fa sempre più largo l’importanza dell’autonomia e dell’auto-realizzazione personale.
Questa famiglia, in cui i coniugi si sono scelti, seppur riesca a mettere dei confini più strutturati intorno al
proprio nucleo, trova maggiori difficoltà nella gestione contemporanea dei vari ruoli, moglie, marito, madre,
padre, lavoratore, lavoratrice, donna, uomo. In questa fase storica, a sostegno del nucleo in difficoltà, nascono
e si sviluppano servizi sociali e forme di terapia che coinvolgono l’intero sistema familiare.
Nella “società contemporanea” si assiste ad ulteriori modificazioni all’interno della famiglia, il sistema
familiare, infatti, non è più definito solo dai legami biologici e da quelli derivanti dal matrimonio, ma si definisce, in via privilegiata, attraverso i legami affettivi che vi si annodano e si sciolgono. Esso si fonda sull’importanza dei sentimenti e dell’autonomia individuale.
La famiglia, oggi, esiste solo nella misura in cui i membri la sentono come tale per cui, da cellula permanente quale è stata per secoli, è progressivamente diventata sempre più un organismo transeunte (Scabini,
1995).
La pluralità delle famiglie, oggi, deriva da relazioni che sono nate per scelta e che possono concludersi,
più o meno a discrezione di una delle parti, in qualsiasi momento. La relazione di coppia, oggi, si fonda soprattutto sull’importanza dei sentimenti e dell’autonomia individuale. In una società in trasformazione come
la nostra, la coppia è fragile e forte contemporaneamente: fragile perché non sono più in uso i rituali tradizionali (fidanzamento e coabitazione) che ne legittimavano agli occhi degli altri l’esistenza; forte perché proprio
l’assenza di questi aspetti esteriori, la obbliga a trovare al suo interno i motivi della legittimazione (Caille,
2007).
Sono proprio la libertà e l’autenticità della scelta reciproca, così come l’importanza ed il valore che i partner attribuiscono al legame, a far sentire la coppia più forte (Vetere, 2011).
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Genitorialità a Tutto Campo
6. 3 La separazione e il divorzio
I cambiamenti avvenuti nel corso del tempo all’interno della coppia hanno condotto negli ultimi anni ad
un aumento esponenziale di separazioni e divorzi.
Come riportano anche dati Istat, seppur la propensione degli italiani è sempre quella di sposarsi a partire
dagli anni ’70 questo avviene sempre meno e, l’instabilità coniugale e la rottura del legame attraverso la separazione e il divorzio iniziano ad assumere una sua rilevanza.
C’è da sottolineare come una buona percentuale di chi si separa non giunga mai al divorzio per il costo sia
economico che psicologico che questo comporta; possiamo quindi dire che è la separazione a rappresentare
l’evento che corrisponde alla fine di un matrimonio, visto che un buon numero di separati non sente il bisogno
di andare oltre questo procedimento.
La crisi del matrimonio è data, infatti, non solo dalla scelta meno frequente di questo stato di vita, ma
anche dalla sempre più possibilità di rottura del legame quando esso sia stato scelto. Scabini (1995) sottolinea
come nonostante la crescente diffusione del fenomeno questo non ci autorizza tuttavia a inserire questo evento
tra le fasi normative del ciclo di vita della famiglia solo per il fatto che ricorre sempre più frequentemente
(Scabini, 1995). Per l’autrice non necessariamente la frequenza di un fenomeno è sinonimo della normalità
dello stesso. È preferibile considerarlo un evento paranormativo che rappresenta l’esito possibile di una crisi
interna alla relazione coniugale, che sfocia nella rottura della relazione stessa (Scabini, 1995).
La separazione coniugale è considerata, dunque, un’esperienza che muove alla sofferenza giacché il divorzio, non è solo una separazione dall’altro ma è una separazione da aspetti della propria storia di vita.
Se quindi consideriamo il divorzio come un evento critico all’interno della storia della famiglia, come
ogni evento critico, soprattutto se segnato da perdita, porta con sé disorganizzazione e sofferenza, mettendo
in gioco la rete di relazioni in cui l’ individuo è inserito.
Separazione e divorzio sono la conseguenza di una frattura che, come tale, lascia inevitabilmente tracce
profonde nella vita di un nucleo familiare; ciò richiede un faticoso processo di copying, che, se da una parte
apre alla possibilità di un superamento della crisi, dall’altro porta con se il rischio della fuga, della risposta
involutiva o del crollo psichico.
Ma come affrontare questi eventi? Negli ultimi anni si è fatta strada una concezione della separazione non
come evento puntuale, ma come processo a più fasi all’interno delle quali è possibile distinguere sentimenti
dominanti, bisogni, obiettivi, compiti di sviluppo specifici e interventi differenziati. Durante questo percorso
le persone dovrebbero elaborare interiormente quanto accaduto, ristrutturare le proprie relazioni e raggiungere
una nuova organizzazione familiare.
Bohannan ad esempio individua 6 fasi nel processso di divorzio: divorzio emotivo, divorzio legale, divorzio economico, divorzio genitoriale, divorzio dalla comunità, ed infine il divorzio psichico che corrisponde
alla separazione di se stessi dalla personalità e dall’influenza dell’ex coniuge. L’individuo deve imparare a
vivere senza una persona accanto, per divenire di nuovo emotivamente indipendente.
Il divorzio psicologico chiede di affrontare di nuovo il problema dell’autonomia personale, ossia di assumere in prima persona le proprie responsabilità senza condividerle con l’altro partner. Quando il divorzio psichico
non viene portato a termine i due rimarranno emotivamente legati nel tempo, ma in modo disfunzionale come
accade nel caso di un legame conflittuale vissuto in una continua tensione. Per Bohannan il processo di separazione giunge positivamente alla fine se i due partner hanno accettato la divisione e se, hanno preso coscienza
sia delle cause che sono alla base di quanto hanno contribuito personalmente al fallimento della loro unione.
6. 4 Compiti di sviluppo della famiglia divisa
Se come abbiamo detto fin ora il divorzio rappresenta un evento critico per la famiglia ci dobbiamo chiedere come sia possibile affrontare positivamente questa situazione così difficile per la coppia e per l’intera
famiglia, in altre parole ci dobbiamo chiedere quali sono i compiti di sviluppo della famiglia divisa che
chiaramente riguarderanno sia aspetti “coniugali” che aspetti “genitoriali”.
Come citato anche precedentemente, il compito chiave che la coppia di ex coniugi è chiamata ad attuare,
a livello di relazione coniugale è quello di realizzare il cosiddetto “divorzio psichico” che implica principalmente l’elaborazione e la comprensione del fallimento del legame.
Obiettivo di questo lavoro psichico è quello di definire in maniera non ambigua i confini del proprio legame mantenendo un equilibrio di distanze che non ecceda nei due estremi dell’attaccamento confusivo o
dell’esasperato conflitto.
Se i due coniugi hanno saputo portare a termine in modo non traumatico la conclusione della loro unione,
operando il divorzio psichico e riuscendo a gestire il conflitto saranno poi capaci di intraprendere anche uno
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Genitorialità a Tutto Campo
stile co-genitoriale operativo infatti il primo impegno che spetta alla coppia in crisi è quello di ristrutturare il
proprio legame in modo da essere buoni genitori.
La separazione e il divorzio, infatti, pongono fine alla relazione coniugale, ma non al compito genitoriale, che congiuntamente i due partner hanno nei confronti dei propri figli. Riuscire a separarsi come marito e
moglie e tuttavia continuare a essere padre e madre “salvando” la genitorialità è pertanto un compito molto
impegnativo spesso assolto a prezzo di grandi difficoltà e sofferenze.
Scabini e Cigoli scrivono che l’obiettivo fondamentale della transizione al divorzio è quella di affrontare
la fine del patto sapendo portare in salvo il legame medesimo. Questo implica che i due coniugi non interrompano la relazione. Per il bene dei figli è bene che i due ex-coniugi sappiano mantenere il proprio legame in
modo maturo e costruttivo. Per questo devono essere in grado di proteggere e valorizzare tutte le parti buone
del legame, costruite insieme nonostante il fallimento.
È un compito non facile in cui c’è bisogno che i due abbiano superato il processo dinamico del divorzio
e giungano al termine di questa esperienza avendo consapevolezza delle cause che hanno fatto saltare il matrimonio, valutando le responsabilità personali di entrambi. Tutto ciò comporta un lavoro non indifferente, a
livello psicologico, di ricostruzione e revisione delle vicende del rapporto di coppia, delle proprie aspettative
in relazione all’altro, dei propri atteggiamenti e comportamenti.
È proprio questa fase liminale tra la frattura del legame e la conferma del suo valore che si gioca gran parte
del destino della transizione.
La spartizione delle responsabilità come genitori implica la non facile accettazione della reciproca appartenenza, almeno passata, ad uno stesso sistema familiare, con i vincoli e le opportunità che esso porta con sé.
Solo se ciascuno dei partner riesce ad accettare la propria parte di responsabilità nell’aver contribuito al fallimento del matrimonio e si rimette alla propria appartenenza familiare la crisi potrà dirsi affrontata e superata.
Visto che coniugalità e genitorialità non sono due dimensioni inseparabili occorre che i due partner ridefiniscano senza ambiguità i confini coniugali con la finalità di collaborare sul fronte genitoriale. Quanto più
il loro rapporto sarà corretto e reciprocamente rispettoso tanto più la relazione genitoriale con il figlio sarà
salvaguardata. È necessario anche che i due ex coniugi mantengano una certa stima e comprensione dell’altro
in modo che ognuno legittimi l’altro nel suo ruolo genitoriale. A questo proposito il genitore affidatario avrà
un ruolo centrale nel favorire l’accesso del figlio alla relazione con l’altro genitore e alla sua storia familiare.
Recenti studi affermano che la possibilità dei figli di accedere alle proprie origini, relative sia alla stirpe materna che a quella paterna, sia cruciale per il loro sviluppo mentale. Garantire l’accesso alla storia familiare
consente l’assolvimento degli aspetti di lealtà e di giustizia come fondamentali nelle relazioni familiari. Il
genitore ha il doveroso compito di non interrompere la catena che lega il proprio figlio alle generazioni della
sua famiglia. La separazione dal coniuge porta i partner a superare delicati compiti di sviluppo anche in relazione ai propri genitori anziani.
Il primo compito è quello di ridefinire le distanze tra se e la propria famiglia di origine. Spesso infatti la
separazione coincide con il ritorno del figlio a casa, numerose ricerche hanno evidenziato come le famiglie
d’origine sono tutt’altro che tenute in disparte durante il processo di separazione. Nei casi di alta conflittualità tra ex coniugi si può giungere fino al punto in cui è addirittura la famiglia d’origine il vero sostituito del
partner per il genitore affidatario e non affidatario, sicché sono i nonni ad esercitare la funzione coparentale,
venendo chiamati in causa nell’accudimento dei figli anche quando vengono contemporaneamente sentiti
responsabili delle incomprensioni tra i coniugi e del fallimento del loro rapporto.
Il rischio è quello che la relazione possa regredire alla fase della famiglia con un figlio giovane adulto.
Ciò che occorre invece è che il figlio separato, pur usufruendo della solidarietà dei propri genitori, riesca a
mantenere il proprio status di adulto.
Oltre all’appoggio che la generazione anziana può offrire garantendo stabilità e continuità alla famiglia
disgregata, si possono però verificare anche difficoltà per la famiglia d’origine. La generazione anziana si trova di fronte ad una realtà lontana dalla propria esperienza e quindi fuori dal proprio sistema di valori e dalla
propria cultura familiare inoltre non è da sottovalutare la portata di un ritorno del fallimento coniugale sui
genitori anziani, che spesso lo avvertono anche come proprio fallimento genitoriale.
6. 5 Dopo il divorzio: le famiglie ricostituite
L’aumento quindi di separazioni e divorzi come operatori ci fa scontrare in modo sempre maggiore a lavorare con famiglie ricostituite, termine nato per indicare famiglie in cui i partner hanno già un’esperienza
matrimoniale alle spalle e talvolta figli di primo letto e anche di secondo.
Se come abbiamo già visto fino a pochi anni fa il matrimonio si scioglieva solo con la morte del coniuge
27
Genitorialità a Tutto Campo
oggi è sempre più frequente che l’unione sia interrotta da un divorzio. Di conseguenza se un tempo ricostruire
la famiglia significava sostituire il genitore scomparso, oggi nella nuova famiglia nata dopo il divorzio non si
devono sostituire padri o madri bensì si devono attuare processi di costruzione e ricostruzione. Costruzione
di una nuova identità familiare fondata su regole proprie e di nuovi rapporti prima inesistenti, ricostruzione di
rapporti che si confrontano con una nuova realtà relazionale.
All’interno delle famiglie ricostituite il rischio maggiore che viene identificato è quello di una confusione di ruoli.
A questo proposito Vetere (2010) nel lavoro che con le coppie ricostituite, per cercare di comprendere il
ruolo di ognuno all’interno di ogni costellazione familiare, propone un percorso all’interno del quale ci sia
spazio per una riflessione sullo sviluppo del legame nella precedente relazione che può far accedere alla consapevolezza che tutte le persone con le quali abbiamo avuto una relazione significativa ci hanno permesso di
percorrere un tratto di strada verso lo scopo ultimo che è quello di pervenire ad un’identità più matura.
“Nel caso di “coppie ricostituite”, suggerisco di partire dall’attrazione che ha dato vita al primo matrimonio fino alla crisi dell’attuale rapporto, passando attraverso le modalità di gestione della fine del primo
matrimonio e mettendo in relazione analogie e cambiamenti nella scelta del partner, così come nelle modalità
di risoluzione dei compiti evolutivi che come coppia si è trovata a dover affrontare (Vetere, 2010).
I tempi che vanno rispettati non sono più solo quelli della coppia, ma riguardano i tempi individuali di elaborazione del dolore legato al lutto della separazione e, soprattutto, i tempi di elaborazione di cui necessitano
i figli prima di poter investire, senza eccessivi sensi di colpa, su nuove figure adulte.
Il non aver voluto e/o potuto portare nulla in salvo dal rapporto precedente, così come il non rispetto dei tempi
del lutto dei figli, possono essere indici prognostici sfavorevoli per la relazione con il nuovo partner del genitore.
Secondo Vetere è attraverso la misura in cui si può recuperare l’utilità dei rapporti precedenti che si pongono le basi perché ciascuno vada ad occupare la sua posizione nella costellazione ricomposta ed a ciascuno
venga riconosciuta la propria utilità nel lavoro di crescita con i minori. Il problema centrale dei nuclei familiari delle famiglie ricostituite consiste nel processo di legittimazione dei nuovi partner.
Si tratta di un processo che investe tutti i membri della costellazione familiare ricomposta e che, nel passato, non è mai stato di facile soluzione.
Il fatto che un bambino nella sua crescita sia guidato da qualcuno che non è suo padre o sua madre non è un
fatto nuovo, si pensi ad esempio ai matrimoni dopo la morte di un coniuge, e alla presenza di matrigne e patrigni.
Il problema maggiore nel nostro sistema di parentela è rappresentato dal fatto che esso non accetti che ci sia
intorno ad un bambino più di un uomo, in posizione di paternità e più di una donna in posizione di maternità.
Gli antropologi dicono che in alcune culture la plurigenitorialità non è cosa così straordinaria.
Le famiglie ricostituite pongono la questione della possibilità/necessità di aprire il sistema di parentela a
nuove figure che non sono in rivalità con i genitori, non li sostituiscono ma che si potrebbero aggiungere.
Il problema centrale per i nuovi partner è che non possono legittimarsi da soli. Per quanto facciano avranno
sempre bisogno di altri che ne riconoscano spazi e funzioni.
D’altra parte per quanto paradossale possa sembrare solo la sicurezza della gerarchia dei legami può offrire spazio ad un terzo.
Solo un padre che non tema circa la propria paternità potrà permettere al nuovo compagno dell’ex moglie
di esercitare anche egli funzioni di guida sostegno per i propri figli. Solo figli sufficientemente sicuri dei loro
legami con i genitori biologici possono facilmente usufruire di altri riferimenti genitoriali. Laddove invece in
seguito ad una serie di nefaste collusioni tra i partner si realizzi il fantasma della sostituzione di un genitore
con un altro avremo una fonte certa di dolore generazionale.
Il presupposto per essere legittimati è che i nuovi partner rinuncino alla fantasia di sostituirsi al genitore
biologico dello stesso sesso e considerarsi invece una risorsa aggiuntiva.
Quindi se il rischio per il nuovo partner è quello di oscillare paurosamente tra la fantasia di sostituirsi e
quello di chiamarsi fuori disinteressandosi al destino del figlio dell’altro, per i genitori biologici il rischio
consiste nel diventare sostenitori fissi dei figli anche quando questi fossero indifendibili.
Di fronte a questi rischi il lavoro terapeutico con le famiglie ricostituite appare significativo e ricco di stimoli.
Tra due genitori biologici può capitare di non condividere come rapportarsi al figlio, ma di solito questo si
traduce nell’essere protettivi con il figlio in modo alterno.
I nuovi nuclei familiari non possono avvalersi di questa organizzazione a “sostenitore alternato”. Capita spesso,
infatti, che il genitore biologico diventi il sostenitore fisso dei figli confinando il nuovo partner nell’angolo del cattivo.
Se vuoi che qualcuno ti riconosca qualcosa devi riconoscere qualcosa all’altro. Come nuovi partner non ci
si può legittimare da soli, ma per essere autorizzati dal genitore biologico dello stesso sesso, si può cominciare
riconoscendo a quest’ultimo di essere il vero ed unico titolare della genitorialità.
28
Genitorialità a Tutto Campo
L
Ricerca
’Associazione IPPOGRIFO, ha avviato un’indagine di tipo sperimentale attraverso la somministrazione di un questionario che ha avuto lo scopo di gettare luce su come stia cambiando la genitorialità e
come si stiano definendo le nuove figure all’interno della famiglia, alla luce anche dei nuovi cambiamenti sociali che la coinvolgono.
Serenella Frangilli, psicopedagogista e Jacopo Piampiani psicoterapeuta, hanno strutturato il questionario
che si propone di sondare le seguenti tematiche:
essere genitori oggi;
confronto tra soggetti diversi per età, condizione sociale e culturale.
Tale indagine è stata condotta allo scopo di raccogliere informazioni utili al confronto per far emergere punti forti o deboli dell’essere genitori oggi, riflettendo in modo partecipativo attraverso incontri aperti. Nella realizzazione di questo strumento l’IPPOGRIFO si è avvalsa della collaborazione tecnica della
Giunti Organizzazioni Speciali (Giunti O.S.), azienda leader in Italia per quanto riguardano i test psicologici
(Allegato 1).
Metodo
Soggetti
Il campione coinvolto nel sondaggio è di 85 genitori, 77 donne e 8 uomini.
Già da questo primo dato emerge l’assenza di disponibilità maschile a rispondere al questionario. Di conseguenza nell’elaborazione dei dati non è stato possibile mettere in evidenza un differente comportamento dei
generi nella compilazione vista l’esiguità del campione maschile.
Questionario
Il questionario è di tipo auto-valutativo, costituito da una prima parte anagrafica e un’altra formata da 20
aree di indagine costituite ciascuna da 7 item, per un totale di 140 item.
Le 20 aree si prefiggono l’obiettivo di gettare luce sul tipo di rapporto stabilito dal genitore con il figlio, la
figlia, (domande 1, 3, 4, 5, 11, 12, 13 e 17), con il proprio partner (domande 6 e 7), con le famiglie d’origine
(domanda 8 e 9), fra genitori (domande 10, 15 e 16) e con il contesto sociale (domande 2, 14, 18, 19 e 20).
Ai soggetti viene chiesto di indicare su una scala a cinque livelli di risposta (scala Likert) quanto spesso
incorrono nei diversi comportamenti indicati da ciascun item del questionario.
Le categorie di risposta sono costituite dagli indicatori: sempre (5), spesso (4), occasionalmente (3), raramente (2), mai (1).
Il punteggio totale è ottenuto dalla somma delle risposte agli item.
Il punteggio ottenibile è compreso quindi tra un massimo di 700 e un minimo di 140.
La versione del questionario è riportata in Allegato 3.
Procedura
Per poter rintracciare un campione rappresentativo della popolazione, in particolar modo livornese, ci si è
avvalsi della rete sociale di IPPOGRIFO, sviluppata nel corso di anni di esperienza sul territorio. Il questionario è stato distribuito anche attraverso il passa parola, coinvolgendo le persone disponibili a collaborare. È
stato inoltre distribuito presso asili nido, presso il Centro Donna del Comune di Livorno, presso Villa Serena
e presso G. Pascoli, R.S.A. del Comune di Livorno, grazie alla collaborazione della Dott.ssa Valeria Cattaneo,
psicologa, che ha coinvolto il personale delle strutture.
Successivamente i questionari sono stati caricati su una piattaforma informatizzata elaborata attraverso la
collaborazione con Giunti O.S., che ha estrapolato i dati statistici.
Serenella Frangilli e Jacopo Piampiani hanno elaborato il presente report che descrive i risultati ottenuti e
individua nuovi spunti di interesse.
29
Genitorialità a Tutto Campo
Risultati e discussione
L’identikit prevalente della persona che ha compilato il questionario è quello di una donna con cittadinanza italiana, (96% italiane), sposata (69%), di età compresa tra 36-37 anni (19%), con diploma di maturità
(45%), lavoro dipendente (69%) e almeno un figlio (54%) di sesso femminile (52%).
Genere
F. & M.
9%
Maschi
Femmine
1
91%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1
Maschi
Femmine
9%
91%
Percentuali
Il 75% ha risposto che trascorre sempre la domenica con i propri figli e figlie, mentre in contesti come la
colazione, sempre presente per il 53%, occasionalmente a pranzo 34%, sempre a cena per il 74%, spesso il
pomeriggio 34%, sempre per il 72% la sera e sempre per il 62% il sabato.
Emerge una situazione in cui i genitori trascorrono prevalentemente con i figli le ore serali e in particolar
modo la domenica.
Quando uno dei genitori non c’è i figli stanno sempre con l’altro partner (39%), spesso con i parenti (35%),
mai con i servizi educativi (44%), mai con amici (64%) mai con i vicini (92%), mai con baby-sitter (75%),
mai con conoscenti (89%).
Dal campione preso in considerazione, si può quindi avanzare l’ipotesi che la famiglia d’oggi non si senta
più così sicura ad affidare i propri figli e figlie a contesti sociali o contesti aperti verso l’esterno, anzi si sta
verificando una chiusura, in quanto prevalentemente sono affidati al partner o a parenti. Quindi la prole viene
gestita quasi esclusivamente da una cerchia stretta di familiari e tenendo conto che la maggior parte delle
persone che hanno risposto al questionario sono donne, è probabile che le madri abbiano la gestione quasi
esclusiva della prole.
Alla domanda: “Quando si sente in difficoltà con suo figlio/a”, il 46% del campione ha risposto che nel
dialogo non si trova mai in difficoltà, così come non ci sono mai difficoltà di comprensione dei bisogni (33%),
mentre c’è occasionalmente difficoltà nel prevenire il mancato rispetto delle regole stabilite in famiglia (31%),
mai in difficoltà quando è maleducato o maleducata (36%), mai nel parlare dell’uso di: sostanze stupefacenti/
sessualità (74%), mai nelle abitudini alimentari (41%) mai nel parlare della scuola (66%).
Tutto questo che cosa può significare? Si può avanzare l’ipotesi che all’interno della odierna famiglia
italiana e livornese, ci sia un buon livello di comunicazione, tra genitori e figli, ammesso e concesso che nella
compilazione del questionario non si sia verificato un fenomeno di desiderabilità sociale da parte di chi ha
30
Genitorialità a Tutto Campo
compilato il questionario per dare un’immagine di sé come persona aperta. Si può comunque dire con buona
certezza che la mancanza di difficoltà riscontrata nel parlare di sostanze stupefacenti, non è attendibile né
veritiera, infatti la media del campione ha figli di età media compresa tra i 2 e 3 anni. Quindi si deduce che
la risposta della maggioranza del campione, che dice di non avere difficoltà a parlare di questo in famiglia,
è data come proiezione virtuale in quanto nella realtà non c’è occasione di parlarne con bimbi e bimbe
piccole.
Per quanto riguarda la domanda 4, così formulata: “Quando impartisce delle regole suo figlio/a le rispetta
se:” date da lei, ha risposto il 49% sempre, mentre spesso (41%) se date dal/dalla partner, se date dagli insegnanti (40%), se le regole vengono condivise con la prole la risposta più frequente è spesso (34%), mentre,
date da lei e dal/dalla partner insieme, sempre per il 44% dei casi; se date dai nonni la risposta più frequente
è occasionalmente (36%) e mai (38%) se date da amici.
Sembra quindi emergere un quadro in cui il partner è considerato al pari di un insegnante e in cui i nonni
vengono tenuti occasionalmente di conto. Sembra che le regole vengano date in maniera diffusa, da più persone senza una percentuale significativa, se non per la persona che compila il questionario la quale ottiene la
percuentuale più elevata nel confronto con gli altri item.
La serata media del campione, appare piuttosto frenetica dato che la sera si occupa di suo figlio/a per
giocare con lui/lei sempre per il 39% dei casi, fargli lavare i denti per il 47%, cambiarlo/a sempre per il 54%,
mandarlo/a sempre a letto (42%), addormentarlo/a sempre (41%), riaddormentarlo/a sempre se si sveglia
durante la notte (42%). Il 29% dice che non rimanda mai a dormire nel suo letto il figlio, figlia quando viene
nel lettone.
L’ipotesi interpretativa è duplice: che a rimandare il figlio a letto intervenga il partner o che il figlio/a rimanga a dormire nel letto con i genitori.
Proseguendo nell’analisi dell’item: “Il partner condivide l’educazione nei confronti del figlio/figlia” emerge una rilevante presenza dell’altro genitore nel menage familiare, poiché il 49% del campione ha risposto
sempre. Il 41% risponde che l’altro genitore collabora nella gestione del figlio/figlia sempre, il 51% di chi
compila, ha risposto che l’altro permette sempre di trascorrere del tempo con il figlio/figlia. Il 47% di chi risponde al questionario ritiene che l’altro genitore trascorra spesso del tempo con il figlio/figlia. Per il 52% del
campione, le regole familiari vengono sempre condivise, mentre (29%) il partner non cura i rapporti con gli/
le insegnanti e solo occasionalmente se ne occupa così come raramente si occupa del rapporto con pediatri,
medici, ecc. (25%).
Sembra delinearsi l’altro genitore come figura presente da un punto di vista di autorevolezza, collaborativo nella gestione della prole, che lascia autonomia all’altro, nella relazione con figli/figlie, scarsamente
presente però in tutto ciò che riguarda la famiglia fuori dalle mura domestiche.
Con la domanda 8 si continua a sondare la percezione dell’immagine del partner ed emerge che spesso
(29%) collabora nelle faccende domestiche, dialoga (38%) con il partner sempre anche per cose non inerenti
il figlio/la figlia; spesso (42%) trascorrono il tempo tutti insieme, mentre occasionalmente trascorrono del
tempo da soli i genitori come coppia (48%), ma spesso (39%) il partner sostiene reciprocamente nelle attività;
occasionalmente (29%) il partner coltiva degli hobbies al di fuori della famiglia; contribuisce sempre (71%)
alle vari spese.
Si può dire quindi che emerge un partner che sostiene la famiglia nell’aspetto economico, che ha scarsi
interessi sociali, politico, culturali, che è poco collaborativo in casa e nelle altre attività familiari.
Cosa si può sottolineare? Dalle differenti frequenze dei dati, emerge che è il partner maschile quello che
maggiormente sostiene economicamente la famiglia quindi ancora oggi l’uomo è più centrato sul “fare”,
piuttosto che sullo “stare con”. Questo comportamento tradizionale può essere rassicurante nella gestione
del ruolo maschile, limitando lo sperimentare forme comunicative incentrate maggiormente su un registro di
tipo emotivo.
31
Genitorialità a Tutto Campo
I suoceri: influenzano il suo comportamento nei confronti di suo figlio/a
60%
50%
40%
Percentuali 30%
20%
10%
0%
1
Mai
53%
Raramente
15%
Occasionalmente
27%
Spesso
1%
4%
Sempre
Risposte
I suoceri: trascorrono del tempo con suo figlio/a
40%
35%
30%
25%
Percentuali 20%
15%
10%
5%
0%
1
Mai
20%
Raramente
13%
Occasionalmente
36%
Spesso
25%
Sempre
6%
Risposte
32
Genitorialità a Tutto Campo
I suoceri: contribuiscono alle spese sostenute per la famiglia
40%
35%
30%
25%
Percentuali 20%
15%
10%
5%
0%
1
Mai
35%
Raramente
29%
Occasionalmente
22%
Spesso
9%
4%
Sempre
Risposte
I suoceri: influenzano il suo comportamento nei confronti di suo figlio/a
60%
50%
40%
Percentuali 30%
20%
10%
0%
1
Mai
53%
Raramente
15%
Occasionalmente
27%
Spesso
1%
Sempre
4%
Risposte
33
Genitorialità a Tutto Campo
I suoceri: trascorrono del tempo con suo figlio/a
40%
35%
30%
25%
Percentuali 20%
15%
10%
5%
0%
1
Mai
20%
Raramente
13%
Occasionalmente
36%
Spesso
25%
6%
Sempre
Risposte
I suoceri: contribuiscono alle spese sostenute per la famiglia
40%
35%
30%
25%
Percentuali 20%
15%
10%
5%
0%
1
Mai
35%
Raramente
29%
Occasionalmente
22%
Spesso
9%
Sempre
4%
Risposte
34
Genitorialità a Tutto Campo
Passando ad anaIizzare i rapporti con le rispettive famiglie d’origine, risulta che i suoceri non condizionano mai chi compila il questionario nel comportamento verso il figlio/la figlia (53%). Solo occasionalmente
trascorrono del tempo con il nipote/la nipote (36%). Il 35% risponde che i suoceri non trascorrono mai del
tempo nella casa di chi risponde né influenzano mail il comportamento del partner (39%), così come non
influenzano mai il comportamento del/della nipote (42%). Non contribuiscono mai alle spese sostenute per la
famiglia (55%); spesso apprezzano il ruolo di genitore (41%) svolto da chi compila il test.
Possiamo avanzare l’ipotesi di significativa esclusione dei suoceri dalla famiglia? Ci sono paure nascoste
in queste risposte?
35
Genitorialità a Tutto Campo
36
Genitorialità a Tutto Campo
La famiglia di origine risulta non influenzare mai (40%) il comportamento di chi compila il questionario
nei confronti della prole. I nonni trascorrono spesso (33%) del tempo con il nipote/la nipote; occasionalmente
(33%) trascorrono del tempo in casa della neo famiglia, mentre non influenzano mai il comportamento del
genero o della nuora (58%), così come non influenzano mai il comportamento del nipote/della nipote (45%),
non contribuiscono mai alle spese sostenute per la famiglia (39%); apprezzano spesso il ruolo di genitore di
chi risponde al questionario.
Anche in questo caso, si delinea una situazione in cui la famiglia di origine sembra tenuta lontana dalla
neofamiglia perdendo la funzione di riferimento che in passato i nonni avevano tradizionalmente all’interno
della famiglia.
Analisi dell’item 10. Come genitori: quanto tempo trascorrete insieme a vostro figlio/figlia? Il 54% ha risposto spesso. Quanto vi preoccupate insieme dei luoghi che frequenta? Il 53% ha risposto: sempre. Scegliete
insieme i programmi TV da guardare? Il campione in oggetto ha risposto sempre (39%). Quanto tempo
trascorrete insieme ad ascoltare le necessità e bisogni di vostro figlio/figlia? Sempre il 39%. Lasciate degli
spazi di autonomia a vostro figlio/figlia? Il campione ha risposto: spesso (41%). Vi occupate dell’andamento
scolastico di vostro figlio/figlia? Il 49% ha risposto: sempre. Avete dei momenti di condivisione su ciò che
riguarda vostro figlio/figlia? Sempre il 46%.
La famiglia odierna appare presente nella vita dei figli e attenta nel verificarne abitudini e
frequentazioni.
Nelle diverse attività che quotidianamente il genitore svolge, c’è quella di accompagnare il figlio/figlia a
scuola (sempre: 45%) e riprenderlo (sempre: 33%); avere rapporti con gli /le insegnanti (sempre: 46%); spesso trascorre del tempo libero con il figlio/figlia nell’arco della giornata (42%), conosce i luoghi che frequenta
la prole (sempre il 54%), così come conosce gli amici che frequenta (51%); infine lascia il figlio/figlia liberi
di muoversi nell’ambiente (spesso: 32%).
Nel rispondere a questo item, il campione conferma la presenza attenta nella vita dei figli e un’educazione
improntata all’autonomia.
Nel dodicesimo item si chiede: se disubbidisce suo figlio/figlia quali sono i metodi di punizione, nell’ipotesi in cui ci siano? Il 67% ha risposto che non usa mai punizioni fisiche; dà una punizione occasionalmente
(35%); non fa intervenire il partner per punire (mai: 52%). L’88% non fa mai dare punizioni dai nonni; spiega
sempre l’errore e il motivo della punizione (51%); non sceglie con il/la partner la punizione più adeguata
(mai: 34%). Non crede che le punizioni possano servire a qualcosa (mai: 34%).
37
Genitorialità a Tutto Campo
Se disubbidisce suo figlio/a: lo/la picchia
2%
1%
Sempre
Spesso
Occasionalmente
Raramente
Mai
Risposte
6%
1
24%
67%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
Percentuali
Se disubbidisce suo figlio/a: lo/la mette in punizione
8%
15%
Risposte
35%
1
16%
25%
0%
5%
10%
15%
20%
Percentuali
38
25%
30%
35%
40%
Sempre
Spesso
Occasionalmente
Raramente
Mai
Genitorialità a Tutto Campo
Se disubbidisce suo figlio/a: fa intervenire il partner per punirlo
1%
7%
Sempre
Spesso
Occasionalmente
Raramente
Mai
Risposte
29%
1
11%
52%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
Percentuali
Se disubbidisce suo figlio/a: lo/la fa punire dai nonni
4%
0%
Sempre
Spesso
Occasionalmente
Raramente
Mai
Risposte
4%
1
5%
88%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
Percentuali
39
Genitorialità a Tutto Campo
Se disubbidisce suo figlio/a: gli/le spiega l'errore
51%
28%
Sempre
Spesso
Occasionalmente
Raramente
Mai
Risposte
11%
1
1%
9%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
Percentuali
Se disubbidisce suo figlio/a: non crede che le punizioni possano servire a qualcosa
12%
8%
Risposte
34%
1
13%
33%
0%
5%
10%
15%
20%
Percentuali
40
25%
30%
35%
Sempre
Spesso
Occasionalmente
Raramente
Mai
Genitorialità a Tutto Campo
I dati confermano il ruolo periferico dei nonni all’interno della famiglia e il marginale coinvolgimento
del/della partner nell’intervento punitivo o nella decisione in merito.
Nella tipologia dlle punizioni adottate, si rileva che il 94% del campione non sceglie mai di mandare a letto
senza cena, non dà mai sculaccioi (38%), non decide mai di non far vedere la televisione (36%), non sceglie
mai insieme al figlio/figlia la punizione (66%), non lo/la priva mai di vedere gli amici e e le amiche (60%9;
alza spesso la voce (34%); nessuna punizione (mai: il 64%).
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: dare qualche sculaccione
A quali
delle seguenti
seguenti
punizioni
affida
più:
andare
a letto
senza cena
A delle
quali
delle
punizioni
sididi
affida
di più:
andare
a letto senza cena
A quali
seguenti
punizioni
sisiaffida
più:
dare
qualche
sculaccione
Spesso
1%
Spesso
Occasionalmente
Sempre
1%
2%
Spesso
4%
Raramente
8%
Occasionalmente
2%
2%
Raramente
2%
Spesso
8%
Sempre
4%
Sempre
0%
Sempre
0%
Mai
37%
Mai
37%
Occasionalmente
31%
1
2
3
4
5 1
2
3
4
5
Raramente
Mai
95%
20%
Occasionalmente
31%
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
Raramente
20%
Mai
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: dare95%
qualche sculaccione
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: dare qualche sculaccione
Spesso
8%
Spesso
8%
Sempre
4%
Mai
37%
Sempre
4%
Mai
37%
Occasionalmente
31%
Occasionalmente
31%
Raramente
20%
Raramente
20%
1
2
3
4
5 1
2
3
4
5
41
Genitorialità a Tutto Campo
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: non vedere la televisione
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: non vedere la televisione
Sempre
8%
Spesso
12%
Mai
36%
Sempre
8%
Spesso
12%
Mai
36%
Occasionalmente
31%
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
Raramente
13%
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: decidere la punizione insieme a suo/a figlio/a
Occasionalmente
31% A quali delle seguenti punizioni si affida di più: decidere la punizione insieme a suo/a figlio/a
Raramente
13%
Sempre
1%
Spesso
6%
Occasionalmente
12%
Occasionalmente
12%
1
2
3
4
5
Sempre
1%
Spesso
6%
Raramente
15%
Mai
66%
1
2
3
4
5
Raramente
15%
Mai
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: non facendogli/le vedere i suoi amici66%
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: non facendogli/le vedere i suoi amici
Spesso
6%
Sempre
5%
Occasionalmente
16%
Spesso
6%
Occasionalmente
16%
42
Raramente
13%
Raramente
1
2
3
4
5
Sempre
5%
Mai
60%
1
2
3
4
5
Mai
60%
Genitorialità a Tutto Campo
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: alzando la voce
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: alzando la voce
Sempre
13%
Mai
22%
Sempre
13%
Mai
22%
Spesso
34%
Raramente
11%
1
2
3
4
5
1
2
3
4
5
Occasionalmente
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: 20%
nessuna punizione
Raramente
11%
Spesso
34%
A quali delle seguenti punizioni si affida di più: nessuna punizione
Occasionalmente
11%
Occasionalmente
11%
Raramente
19%
Raramente
19%
Spesso
6%
Sempre
1%
Spesso
6%
Sempre
1%
Occasionalmente
20%
1
2
3
4
5
Mai
63%
1
2
3
4
5
Dalle risposte appare che come oggi l’educazione nei confronti dei figli/figlie quandoMaisbagliano si limiti
63%
ad alzare il tono della voce. Emerge inoltre che come nessuna, del tipo di punizioni elencate nell’item, nessuna sia adottata come metodo punitivo. Quindi se il partner non viene preso in considerazione, i nonni non
sono chiamati in causa, altre figure esterne non sono contemplate, c’è da domandarsi con quali altri metodi
oggi la famiglia riesce ad educare?
Sulla scia di questa riflessione alla domanda su chi delle seguenti persone sostiene il genitore nel suo ruolo
educativo emerge che è sempre il partner (54%), occasionalmente i nonni (34%), mai i suoceri (39%), mai i
familiari (48%), mai gli amici (46%), occasionalmente gli insegnanti (33%), mai altri educatori (79%).
Queste figure non vengono indicate nelle risposte come figure di riferimento per i figli e figlie, quindi sulla
base di questo si conferma il dato precedente.
Andando ad indagare ulteriormente la qualità sociale della vita della famiglia di oggi, si riscontra dalle
risposte che la famiglia non si sente sostenuta nel ruolo genitoriale dalle parrocchie (mai: 87%), dalla scuola
(spesso: 39%), da associazioni (mai: 82%), da società sportive (mai: 62%), da parenti occasionalmente (38%),
dai servizi del Comune (mai: 71%), dall’Azienda U.S.L. (mai: 71%).
Una riflessione attenta deve essere fatta in proposito, perché da quanto emerge dal sondaggio la famiglia
è molto chiusa e rivolta verso l’interno. Si evince dunque una grande difficoltà di comunicazione tra il sociale
e la famiglia, come se queste due realtà viaggiassero su binari paralleli che non permettono un incontro.
43
Genitorialità a Tutto Campo
I momenti piacevoli che la famiglia trascorre insieme sono a colazione (occasionalmente: 32%), a pranzo
(occasionalmente: 41%), a cena sempre (65%), la sera sempre (60%), il fine settimana sempre (69%), sempre
nelle vacanze (78%), tutti insieme nel lettone (sempre: 27%).
I momenti piacevoli che la famiglia condivide sono ristretti alle ore serali e nei momenti di relax, come il
fine settimana e le vacanze.
Tra le varie azioni ritenute importanti per svolgere al meglio il ruolo di genitore emerge che ci deve essere
sempre l’accompagnare a scuola e riportare a casa (36%), preoccuparsi sempre del rendimento scolastico
(51%), preoccuparsi sempre di come viene trascorso il tempo libero (48%), trascorrere sempre del tempo insieme (61%), lasciare spesso libero il figlio/figlia di fare le proprie esperienze (44%), farsi sempre raccontare i
momenti vissuti all’asilo, a scuola, nello svago (51%), non intervenire nelle sua vita perché ne parlerà il figlio/
figlia quando vorrà (occasionalmente: 39%).
Si conferma l’immagine di una famiglia molto chiusa in sé, una famiglia “chioccia”, ben attenta all’aspetto della socializzazione intesa come immagine da trasmettere all’esterno.
Continuando l’analisi della domanda: “Pensa che a suo figlio/figlia possa essere di aiuto, per diventare autonomo/autonoma, trascorrere del tempo con i genitori?” Il 45% del campione ha risposto spesso; può farcela
da solo (occasionalmente: il 40%), frequentando centri educativi (spesso: il 41%), stando insieme al partner
del campione (spesso: 40%), con il campione (occasionalmente: 33%), con amici (spesso:36%), con i fratelli/
sorelle (mai: 38%).
Per raggiungere l’autonomia i figlie/figlie hanno soprattutto bisogno del sostegno della famiglia e poi
delle relazioni con l’esterno.
Gli ultimi due item mirano a sondare l’immagine che i genitori hanno del figlio/della figlia per il loro
futuro.
Pensa che suo figlio/figlia da grande lavorerà nel mondo dello spettacolo? Il 67% risponde mai. Non lavorerà mai nel mondo dello sport (47%). Troverà lavoro? Il 66% risponde affermativamente. Ritiene che potrà
lavorare nel settore che preferisce (sempre: 47%), non farà mai un lavoro qualunque (40%), andrà a lavorare
all’estero (mai: 33%), farà la sua stessa professione (mai: 55%).
Il campione pensa che suo figlio/figlia dovrà andare bene a scuola (spesso: 45%), riuscire a realizzarsi
nel lavoro (sempre: 44%), laurearsi (spesso: 33%), sposarsi (spesso: 41%); avranno figli e figlie a loro volta
(spesso: 40%); dovranno avere successo nella vita (sempre: 28%), essere alla moda (mai: 45%).
Si conferma la tendenza del campione a pensare a scenari futuri come proiezioni della vita del presente.
Un futuro idealizzato con alte aspettative.
44
Genitorialità a Tutto Campo
N
Conclusioni
el presente lavoro si è considerata l’appartenenza al genere in termini relazionali, verificando come
alle donne vengano attribuite stereotipate caratteristiche femminili e agli uomini stereotipate caratteristiche maschili e come la differenza di genere costituisca una pratica sociale che posiziona le persone
in contesti di potere asimmetrico. Sulla differenza di genere si fonda non il valore ma la disuguaglianza di
opportunità sociali, il maschile e il femminile sono concettualizzati come dimensioni emergenti dalle relazioni quotidiane agite in determinati contesti sociali, attraverso cui vengono riprodotte o si tenta di cambiare
determinate asimmetrie di potere.
Questo lavoro non è certamente esaustivo del tema “genitorialità”, siamo convinti tuttavia che coglie delle
dinamiche familiari una fase di passaggio da riconoscere come determinante per affrontare situazioni assolutamente impensabili anche nel recente passato.
Come è mutato il «fare famiglia» nella società contemporanea? Quanto i modelli educativi proposti dai
genitori orientano i figli verso l’autonomia e verso la vita adulta? In che modo la nuova partecipazione delle
madri al mercato del lavoro e l’invecchiamento della popolazione hanno cambiato i modelli di solidarietà e
di cura, di genere e generazione?
Se fino ad alcuni decenni fa il modello familiare dominante era quello di tipo più tradizionalmente “autoritario” – conta veramente solo il capo di famiglia – imperniato sulla disciplina e l’obbedienza, ritenuti elementi
fondanti di ogni sistema familiare, le famiglie attuali, secondo i risultati del campione, sembrano invece aver
perso questa assoluta rigidità per lasciare maggiore spazio agli affetti e ai bisogni individuali: entra in gioco
la mamma come soggetto che conta non più solo il babbo.
La tradizionale famiglia nucleare di tipo autoritario si basava sull’assoluta divisione di ruoli fra il padre,
“leader strumentale” addetto al sostentamento materiale della famiglia e alla cura dei rapporti con l’esterno,
e della madre, “leader espressivo” volta alla cura degli affetti e all’accudimento dei figli e delle figlie. Anche
l’educazione era trasmessa rigidamente sulla base di una concezione di disciplina sostanzialmente punitiva
fondata sul rispetto delle regole, sul senso di colpa e la paura del dolore fisico o mentale della punizione.
Questo modello veniva definito male breadwinner. Vale a dire il padre di famiglia, impiegato a tempo
pieno nella costruzione del proprio successo lavorativo e, in generale, a realizzarsi nella sfera pubblica, attribuendo alla sfera maschile le attività del lavoro retribuito, il gioco con i figli e la socialità slegata dalla loro
cura, compatibili con un ordine di genere basato su forti asimmetrie di potere.
Negli ultimi decenni, con i profondi mutamenti che la società ha attraversato, la famiglia ha subito numerose trasformazioni rendendosi più fluidi i confini fra i vari ruoli e meno rigide le sue regole di condotta,
ponendo maggior attenzione all’affettività e al benessere dei suoi membri e configurandosi, per questo, come
famiglia “affettiva” in opposizione al tradizionale modello autoritario.
La composizione degli attuali nuclei familiari non è più necessariamente nucleare; con l’introduzione
del divorzio e di una nuova concezione dell’amore e dell’unione di coppia fondata più sulla realizzazione
affettiva e personale che sull’assolvimento di obblighi e doveri, sono sempre più numerose anche a Livorno
le famiglie monoparentali, ricomposte (dove coesistono figli del primo e del secondo matrimonio) o allargate
(dove si mantengono contatti e frequentazioni sia con l’ex coniuge che con i nuovi compagni e gli eventuali
figli di questi).
Parallelamente sono cambiati i ruoli uomo - donna: entrambi si prendono cura sia dell’accudimento dei
figli e delle figlie che del sostegno economico della famiglia. Le donne sono più spesso inserite nel mondo del
lavoro e i padri sempre più direttamente coinvolti nell’educazione e nella crescita dei bambini e delle bambine. Questa maggiore fluidità di scelte e questa maggiore circolazione degli affetti fra tutti i vari membri della
famiglia hanno contributo a modificare il modello autoritario a favore di un modello educativo che si vorrebbe
più attento alle esigenze emotive di bambini e bambine, e al loro benessere personale e sociale.
Infatti, dal questionario, sembra che il breadwinner model, non sia stato abbandonato dai padri e dalle
madri livornesi ma anzi, si evince l’esistenza di un modello di maschilità in cui le disuguaglianze di genere
vengano riprodotte, ma secondo modalità meno evidenti e apparentemente più accettabili per la società contemporanea. Il modello dell’aiutante, nonostante continui a legare a doppio filo “il maschile” alla sfera lavorativa e “il femminile” alla sfera riproduttiva e di cura, permette un’entrata parziale dei padri in quest’ultima
e, quindi, viene ritenuto maggiormente legittimo se paragonato al breadwinner model, nonostante si evinca
45
Genitorialità a Tutto Campo
che la figura maschile è ancora molto lontana da una “pari opportunità” rispetto al femminile, all’interno
delle mura domestiche.
Da quanto sopra riportato, emerge inoltre come la famiglia odierna livornese si stia lentamente richiudendo su se stessa, “atrofizzandosi”, arrivando anche ad escludere i propri familiari più stretti. Infatti, si evidenzia come la famiglia d’oggi non si senta più così sicura ad affidare i propri figli e figlie a contesti sociali
o contesti aperti verso l’esterno. Si evince dunque una grande difficoltà di comunicazione tra il sociale e la
famiglia, come se queste due realtà viaggiassero su binari paralleli che non permettono l’incontro.
Parliamo di binari paralleli perché da quanto riportato anche dalle istituzioni sembra che i servizi per la famiglia non siano mai abbastanza rispetto alla domanda. Domanda, forse spinta da un apparente atteggiamento
di desiderabilità sociale e di alte aspettative nei confronti dell’esterno, visto che i dati emersi dalla ricerca
fanno pensare che la famiglia non è interessata da questi aspetti in quanto molto rivolta verso se stessa.
Si evince inoltre come questo impoverimento dei rapporti si sia diffuso anche nei confronti delle famiglie
di appartenenza. Infatti, relativamente alle rispettive famiglie d’origine, risulta che i suoceri non condizionano
mai chi compila il questionario nel comportamento verso la prole. Occasionalmente trascorrono del tempo
con il nipote/la nipote anche perché non trascorrono mai del tempo nella casa di chi risponde non influenzandone mai il comportamento verso il partner. Non contribuiscono mai alle spese sostenute per la famiglia;
spesso apprezzano il ruolo di genitore svolto da chi compila il test. Vale lo stesso per le rispettive famiglie di
appartenenza di chi compila il questionario. Trend che sembra rispecchiarsi anche sotto l’aspetto normativo.
Ci auguriamo con “questa provvisoria conclusione” che la nostra ricerca abbia permesso di mettere in
maggior evidenza la condizione della famiglia di oggi qui a Livorno, scoprendo che le dinamiche di fondo
non sono molto distanti da quanto emerge da ricerche a livello nazionale (v. bibliografia). Siamo convinti
che il lavoro possa contribuire a fare approfondimenti e ad aprire squarci per nuove riflessioni su aspetti del
vivere oggi la genitorialità, cogliendone la continua evoluzione. Quindi la conclusione è solo temporanea, si
risolve in un impegno a non chiudere il “quaderno”, un impegno a studiare e ben osservare con l’obiettivo di
un ulteriore lavoro sul tema della genitorialità.
46
Genitorialità a Tutto Campo
Sitografia
http://www.aifs.gov.au/nch/pubs/sheets/fs1/fs1.html
http://www.unicef.it/doc/584/convenzione-onu-sui-diritti-dellinfanzia.htm
http://demo.istat.it/altridati/separazionidivorzi/index.html
Bibliografia
Andolfi M. La crisi della coppia”, Raffaello Cortina Editore, Milano 1999
Ardone R., Chiarolanza C. Relazioni affettive, Il Mulino 2007, p.74
Bowen M. Dalla famiglia all’individuo, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1979
Bowlby J. Attachment and Loss. Vol. 1: Attachment. New York: Basic Books. 1969 Tr. It. Attaccamento e
perdita. Vol. 1: L’attaccamento alla madre. Torino: Boringhieri 1972.
Bowlby J. Attachment and Loss. Vol. 2: Separation anxiety and anger. London Hogarth Press. 1973 Tr. It.
Attaccamento e perdita. Vol. 2: La separazione dalla madre. Torino: Boringhieri 1978.
Bowlby J. Attachment and Loss. Vol. 3: Loss, Sadness and Depression. New York: Basic Books. 1980 Tr. It.
Attaccamento e perdita. Vol. 3: La perdita della madre. Torino: Boringhieri 1983.
Harris R., Nolte Law D. I bambini imparano quello che vivono, Rizzoli. 2008
Hazan C., Shaver, P.R. Romantic love conceptualized as an attachment process. Journal of Personality and
Social Psychology, 28 (3) 511-524. 1987 Tr. It. L’amore di coppia inteso come processo di attaccamento. In L.
Carli (a cura di), Attaccamento e rapporto di coppia (pp. 91-126). Milano: Raffaello Cortina Editore 1995.
Hazan C., Zeifman D. Pair Bonds as Attachments: Evaluating the Evidence. In Cassidy J., Shaver P.R. (a cura
di), Handbook of Attachment: Theory, Research and Clinical Applications. New York: The Guilford Press.
1999 Tr. It. I legami di coppia come attaccamenti: valutazione dei dati. In Cassidy J., Shaver P.R. (a cura di),
Manuale dell’attaccamento: Teoria, ricerca e applicazioni cliniche (pp. 382-403). Roma: Giovanni Fioriti
Editore. 2002
Law Nolte D. Children Learn What They Live. 1972
Liebowitz, Michael R. The Chemistry of Love. Boston: Little, Brown, & Co. 1983
Malagoli Togliatti M., Lubrano Lavadera A. Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia, Il Mulino,
Bologna, 2002
Malagoli Togliatti M., Lubrano Lavadera A. L’adolescente come elemento dinamico di cambiamento nelle
cause di separazione e divorzio. PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO, vol. 3; p. 443-463, ISSN:
1824-0784. 2002
McGoldrick M., Carter B. I mutamenti nel ciclo di vita della famiglia: una prospettiva sulla normalità. In (a
cura di) Walsh F., Ciclo vitale e dinamiche familiari, Franco Angeli, Milano, 1995
McHale J. P., La sfida della cogenitorialità, Raffaello Cortina Editore. 2010
47
Genitorialità a Tutto Campo
Poussin G. Psicologia della funzione genitoriale - Per una formazione al “Mestiere” di genitore, Centro
Scientifico Editore
Scabini E., Cigoli V., Il Famigliare - Legami, simboli e transizioni, Raffaello Cortina Editore. 2000
Scabini E., Donati P. Vivere da adulti con genitori anziani. Studi interdisciplinari sulla famiglia, II Milano:
Vita e pensiero. 1989
Scabini E. Psicologia sociale della famiglia. Sviluppo dei legami e trasformazioni sociali. Bollati Boringhieri.
2002
Tafà M. Il ciclo vitale della famiglia: un costrutto utile per la lettura del funzionamento familiare. In Mazzoni
S., Tafà M. (a cura di), L’intersoggettività nella famiglia. Procedure multimetodo per l’osservazione e la valutazione delle relazioni familiari (pp. 33-52). Franco Angeli, Milano. 2007
Vetere M. Il lavoro clinico con le coppie ricostituite, Storie e geografie familiari numero 4-5, Settembre
2010
Filmografia
Tanguy diretto da Etienne Chatiliez (2001)
Immaturi diretto da Paolo Genovesi (2010)
48
Genitorialità a Tutto Campo
Allegato 1
Alicia
Carta dei Valori in 10 punti
I
valori guida che sottendono e orientano il nostro lavoro sono riportati in questa “carta simbolica”. Si
tratta di un documento in continuo divenire, vivo, visibile, praticabile, da ri-discutere con attenzione, ogni
volta che decidiamo di rimodellare sistemi di comportamento e di pensiero.
La carta esprime ciò che siamo e ciò che intendiamo essere: si può dunque considerare punto di partenza
e insieme acquisizione.
Per noi è molto importante che, a partire dai principi ispiratori, si costruiscano confronti. La discussione
della carta è infatti occasione di ri-meditazione su percorso fin qui fatto e di proiezione nel futuro.
1. LA CENTRALITà DELLA PERSONA
La principale risorsa è rappresentata dalla persona. L’impegno costante è quello di valorizzare, stimolare e
riconoscere la creatività, la professionalità, la capacità di lavorare su obiettivi condivisi.
2. LA CULTURA DELLA DIFFERENZA
Permangono stereotipi e pregiudizi di stampo sessista. Il pensiero della differenza invece fonda la sua
motivazione nell’esigenza di attribuire valore e autorità al soggetto femminile, in rapporto a sé e alla responsabilità di ciascuna persona ad agire nel mondo
3. L’ ETICA CENTRATA SULLA RESPONSABILITÀ
L’Etica attiene alla responsabilità di ogni persona di vivere la propria libertà tenendo sempre presente gli
effetti del suo agire nei confronti dell’altro e dell’altra.
4. LA SOLIDARIETÀ
La “visione sociale” rappresenta un ponte per entrare in relazione con altre persone. La solidarietà è un
valore non scontato e strettamente congiunto al senso di appartenenza. È la manifestazione di un sentimento
dal quale nasce il desiderio di condividere obiettivi, vantaggi, risultati.
5. IL VALOREDEL CAMBIAMENTO
Crediamo nel cambiamento. Di più: consideriamo un valore educare ed educarsi al cambiamento con atteggiamento di disponibilità e apertura al confronto e al dialogo continuo.
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Genitorialità a Tutto Campo
6. LA CREATIVITÀ
Per noi, la creatività è un elemento essenziale del cambiamento
1. la ricerca continua di soluzioni
2. la progettazione e la sperimentazione di nuovi modelli
3. la capacità di affrontare i mutamenti
4. la disponibilità a dare risposte concrete alle nuove esigenze che emergono dal contesto
7. LE REGOLE
È difficile riuscire ad ottenere risultati positivi, costanti nel tempo, senza darsi delle regole. La costruzione
di regole condivise richiede l’impegno di un atteggiamento attivo i cui elementi principali sono la capacità di
migliorarle e il rispetto di tutte le persone che sono direttamente coinvolte.
8. IL VALORE DEL TEMPO
Consideriamo il tempo come una grande opportunità e uno strumento per disseminare proposte e occasioni di cambiamento. I cambiamenti richiedono tempo per poter portare benefici, per riflettere sul senso del
nostro vivere e dare un significato al nostro impegno di ogni giorno.
9. LE RETI
Non si ha sviluppo di reti, formali o informali che siano, senza la comunicazione e condivisione di valori
guida come la trasparenza, la correttezza, la responsabilità. L’alleanza con differenti persone e differenti realtà
stimola la messa in gioco di punti di vista, capacità, competenze, saperi e professionalità assai diversificate.
10. LA CONSEGNA DEL TESTIMONE
In un mondo complesso come quello attuale, condividere le responsabilità è un modo per predisporre il
passaggio del testimone alle giovani generazioni, non dissipare il passato ma trarre insegnamenti dell’esperienza per contribuire a creare un futuro migliore possibile.
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Genitorialità a Tutto Campo
Allegato 2
Gentile Signora, Gentile Signore
Ippogrifo, associazione no profit, ha promosso il Progetto dal titolo “Nuova Genitorialità”, che si propone le seguenti finalità:
•
•
sondaggio nell’ambito dell’essere genitori oggi
confronto e conoscenza reciproca tra soggetti diversi per età, condizione fisica, sociale, culturale.
Nell’ambito di tale Progetto, Ippogrifo sta conducendo un sondaggio allo scopo di raccogliere informazioni utili al confronto interculturale e punti forti o deboli dell’essere genitori oggi sui quali soffermarsi a
riflettere in momenti di aggregazione sociale organizzati dall’associazione.
La Sua opinione è per noi preziosa.
Le chiediamo pertanto cortesemente di rispondere ad alcune domande, seguendo le istruzioni contenute in
questo questionario del sondaggio.
La informiamo che il presente questionario non deve essere firmato e che le risposte ottenute saranno
ritenute confidenziali.
La ringraziamo anticipatamente per l’attenzione e le auguriamo buon lavoro.
Per rispondere al sondaggio apporre una crocetta sulla risposta che si intende dare:
Cittadina/o:
□ Italiana/o
□ Peruviana/o
□ Albanese
□ Ucraina/o
□ Dominicana/o
□ Moldavia
□ ALTRO .................................
Stato Civile:
□ Sposata/o
□ Convivente
□ Separata/o
□ Divorziata/o
□ Nubile/Celibe
□ Vedova/o
Sesso:
□ Femmina
□ Maschio
Età: ...............................................................
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Genitorialità a Tutto Campo
Ruolo: □ Madre
□ Padre
Titolo di studio:
□ Nessuno
□ Licenza elementare
□ Licenza media inferiore
□ Superamento del biennio superiore
□ Diploma di qualifica professionale
□ Diploma di maturità/diploma di scuola superiore
□ Laurea di I livello
□ Laurea di II livello/ laurea magistrale
□ Corso di alta formazione
SPECIFICARE, IN STAMPATELLO IL DETTAGLIO DEL TITOLO DI STUDIO ..............................................
.............................................................................................................................................................................
Che lavoro svolge:
□ Lavoro dipendente
□ Libero professionista
□ Casalinga
□ Disoccupata/o
□ ALTRO .................................
Quanti figli ha?
□0
Quanti maschi?
□0
Quante femmine?
□0
□1
□1
□1
□2
□2
□2
□3
□3
□3
□4
□4
□4
□5
□5
□5
Data di nascita del primo figlio GG/MM/ANNO............................ /................................ /...............................
Data di nascita del secondo figlio GG/MM/ANNO........................ /................................ /...............................
Data di nascita del terzo figlio GG/MM/ANNO.............................. /................................ /...............................
Data di nascita del quarto figlio GG/MM/ANNO........................... /................................ /...............................
Data di nascita del quinto figlio GG/MM/ANNO........................... /................................ /...............................
Data di nascita della prima figlia GG/MM/ANNO......................... /................................ /...............................
Data di nascita della seconda figlia GG/MM/ANNO..................... /................................ /...............................
Data di nascita della terza figlia GG/MM/ANNO........................... /................................ /...............................
Data di nascita della quarta figlia GG/MM/ANNO........................ /................................ /...............................
Data di nascita della quinta figlia GG/MM/ANNO........................ /................................ /...............................
52
Genitorialità a Tutto Campo
Risponda a ciascuna domanda utilizzando la scala sotto riportata:
Numero
1
2
3
4
5
6
Mai
Raramente
Occasionalmente
Spesso
Sempre
1
2
3
4
5
Domanda
In quale occasione trascorre del tempo con suo figlio/a?
a colazione
a pranzo
a cena
il pomeriggio
la sera
il sabato
la domenica
Quando lei non c’è, suo figlio/a con chi si trova?
con il/la partner
con i servizi educativi
con parenti
con amici
con vicini di casa
con baby-sitter
con conoscenti
Quando si sente in difficoltà con suo figlio/a?
nel dialogo
nella comprensione dei bisogni
nel mancato rispetto delle regole stabilite in famiglia
quando è maleducato
nel parlare dell’uso di: sostanze stupefacenti/sessualità
nelle abitudini alimentari
nel parlare della scuola
Quando impartisce delle regole suo figlio/a le rispetta se:
date da lei
date dal/dalla partner
date dagli insegnati
condivise con lui/lei
date da lei e dal/dalla partner insieme
date dai nonni
date da altri amici
La sera si occupa di suo figlio/a per
giocare con lui/lei
fargli lavare i denti
cambiarlo/a
mandarlo/a a letto
addormentarlo/a
riaddormentarlo/a se si sveglia durante la notte
mandarlo/a a dormire nel suo letto quando viene nel lettone
Il suo/la sua partner
condivide l’educazione nei confronti del figlio/a
collabora nella gestione del figlio/a
le permette di trascorrere del tempo con suo figlio/a
trascorre del tempo con il figlio/a
condivide le regole familiari
si occupa dei rapporti con gli insegnanti
si occupa delle relazioni con pediatri, medici, ecc.
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7
8
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10
11
12
13
54
Il suo/la sua partner
collabora nelle faccende domestiche
dialoga con lei anche di cose non inerenti il figlio/a
trascorrete del tempo tutti insieme
trascorrete del tempo voi due da soli
la sostiene nelle sue attività
coltiva hobbies al di fuori della famiglia
contribuisce alle vari spese
I suoceri
influenzano il suo comportamento nei confronti di figlio/a
trascorrono del tempo con suo figlio/a
trascorrono del tempo in casa sua
influenzano il comportamento del suo/a partner
influenzano il comportamento di suo figlio/a
contribuiscono alle spese sostenute per la famiglia
apprezzano il suo ruolo di genitore
I componenti della sua famiglia di origine
influenzano il suo comportamento nei confronti di figlio/a
trascorrono del tempo con suo figlio/a
trascorrono del tempo in casa sua
influenzano il comportamento del suo/a partner
influenzano il comportamento di suo figlio/a
contribuiscono alle spese sostenute per la famiglia
apprezzano il suo ruolo di genitore
Come genitori
quanto tempo trascorrete insieme a vostro figlio/a
quanto vi preoccupate insieme dei luoghi che frequenta
scegliete insieme i programmi TV che può guardare
quanto tempo trascorrete insieme ad ascoltare le necessità ebisogni di vostro figlio/a
lasciate degli spazi di autonomia a vostro figlio/a
vi occupate dell’andamento scolastico di vostro figlio/a
avete dei momenti di condivisione su ciò che riguarda vostro figlio/a
Quali delle seguenti azioni lei svolge nella vita quotidiana?
accompagnare il figlio/a a scuola
riprendere il figlio/a da scuola
avere rapporti con gli insegnanti
trascorrere del tempo libero con il figlio/a nell’arco della giornata
conoscere i luoghi che frequenta
conoscere gli amici di suo figlio/a
lasciare il figlio/a libero di muoversi nell’ambiente circostante
Se disubbidisce suo figlio/a
lo/la picchia
lo/la mette in punizione
fa intervenire il partner per punirlo
lo/la fa punire dai nonni
gli/le spiega l’errore
sceglie insieme al suo partner la punizione più adeguata
non crede che le punizioni possano servire a qualcosa
A quali delle seguenti punizioni si affida di più
andare a letto senza cena
dare qualche sculaccione
non vedere la televisione
decidere la punizione insieme a suo/a figlio/a
non facendogli/le vedere i suoi amici
alzando la voce
nessuna punizione
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Genitorialità a Tutto Campo
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Chi delle seguenti persone la sostiene nel suo ruolo educativo
partner
nonni
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familiari
amici
insegnanti
altri educatori
Il suo/la sua partner e lei vi sentite sostenuti nel ruolo genitoriale da
oratori parrocchiali
scuole
associazioni
società e gruppi sportivi
parenti
Comune
Azienda U.S.L.
Quali sono i momenti piacevoli che trascorrete come famiglia
a colazione
a pranzo
a cena
la sera
il fine settimana
nelle vacanze
a letto
Quali delle seguenti azioni sono per lei importanti per svolgere al meglio il ruolo di genitore
accompagnarlo/la a scuola e riportarlo/la a casa
preoccuparsi del suo rendimento scolastico
preoccuparsi di come trascorre il tempo libero
trascorrere del tempo insieme
lasciare libero suo figlio/a di fare le proprie esperienze
farsi raccontare i momenti di asilo, scuola, gioco, svago che trascorre senza di lei
non interferire nella sua vita, quando vorrà sarà suo figlio/a a parlarle
Pensa che a suo figlio/a possa essere di aiuto per diventare autonomo/a trascorrere del tempo
con i genitori
da solo
in centri educativi
con il suo/a partner
solo con lei
con amici
con i fratelli/le sorelle
Pensa che suo figlio/a da grande
lavorerà nel mondo dello spettacolo
lavorerà nel mondo dello sport
non troverà lavoro
lavorerà nel settore che più gli piace
farà un lavoro qualunque
andrà a lavorare all’estero
farà la sua stessa professione
Pensa che suo figlio/a dovrà
andare bene a scuola
riuscire a realizzarsi nel lavoro
laurearsi
sposarsi
avere dei figli
avere successo nella vita
essere alla moda
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Genitorialità a Tutto Campo
Finito di stampare nel mese di Novembre 2012
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Genitorialità a Tutto Campo
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